lunedì 26 gennaio 2009

Del femminismo (non so proprio che titolo dargli)

Approfitto delle famigerate esternazioni del nostro PdC, per sviscerare in tutte le direzioni che mi pare un argomentino a cui per tanti motivi sono sensibile. Più che altro perché riconducibile a un paio di post recenti che parlano di tutt'altro.

Allora, il bello di fare respirazione, o qualsiasi altra attività di autocoscienza e crescita personale è che a un certo punto ti accorgi di come cose che tu sai benissimo che ti dicevano da piccola, una tantum o al basso continuo, cose che addirittura racconti come aneddoto di lessico familiare, improvvisamente ti ascolti dirle e ti rendi conto: 'azzo, è da lì che mi viene.

E a me viene da zia Filomena, la mia prozia monaca di casa, zoppa e gobba, ex-maestra e presidente dell'associazione donne cattoliche. Una di quelle cattoliche doc che negano l'esistenza del corpo, in quanto dobbiamo aspirare alla spiritualità e alla santità, per meno del paradiso il gioco non vale la candela.

Zia Filomena non esce dal vuoto, è un tipico prodotto della sua epoca, della sua storia familiare e del suo ambiente. Ho capito davvero alcune delle fisse sue e di mia nonna solo quando ho letto un libro fantastico, Santa pazienza, di Marta Boneschi, ovvero la storia dell'emancipazione femminile in 100 anni di storia patria. Lì ho capito tante cose e mi sono covata una gran rabbia per tutto quello che ci hanno fatto a noi donne nel corso della storia.

Meglio così, che a mia madre l'anno scorso quel libro ha fatto capire veramente da dove veniva mio padre e cosa pensava davvero delle donne e dell'emancipazione. Lei che è cresciuta in un posto dove grazie al socialismo reale se non altro in teoria (e poi perché non era bon ton dire altrimenti) la parità und uguaglianza tra i sessi era un dogma di partito e si cercava di comportarsi di conseguenza. Poi il polacco che si ubriaca e mena alla moglie esisteva prima e purtroppo esiste adesso, e non è secondo a nessun popolo in questo.

Per dire che mia madre quando è venuta in Italia si sentiva talmente uguale a chiunque che certe battute alla PdC di mio padre, lei le prendeva per battute e basta. Divertenti o cretine, riuscite o meno, ma ha passato gli anni della mia adolescenza a cercare di convincermi che non me la dovevo prendere, che lui diceva così ma la pensava assolutamente all'opposto, che con lei lui parlava diversamente. Povera donna, come ci illudiamo delle volte sul conto dei nostri cari.

Ma io che in quell'ambiente ci ero cresciuta e me lo ero assorbita tutto, conoscevo i miei polli e in più c'è questa cosa, che io e mio padre ci leggevamo nel cervello. Lui con me non aveva neanche bisogno di finirla una frase che già sapevo dove andava a parare, e (anni adolescenziali, quanti ormoni in circolo) lo cazziavo a sangue. Lui in compenso mi faceva incazzare oltre ogni limite dandomi della femminista. Che io non ero femminista, ero una persona normale, non uno stronzo in malafede come lui, e quindi pretendevo una parità che, guardiamoci in faccia seriamente, né mio padre, né il mio ambiente, né il mio paese potevano offrirmi.

Infatti me ne sono andata. E poi mi sono messa a lavorare su me stessa a costo di patirci, ma questo è un altro discorso. Il discorso è che la parità ce la diamo da sole, a costo di comportamenti non paritari, che la pelle è nostra e non ce la protegge una legge per delitti contro la morale. Che ad aspettare la legge stiamo fresche. Però intanto la legge la pretendiamo e guai a chi la tocca.

Comunque zia Filomena è stata la mia prima formatrice in senso morale e intellettuale. Per me è stata sempre in un certo senso il mio grande modello di emancipazione. Emancipazione come quella delle ragazze musulmane che per poter andare all'università senza farsi dare della troia indossano il velo, emancipazione secondo il massimo che ti permettevano le circostanze. Ma comunque il massimo.

Mia zia è nata nel 1900, da un padre come tutti i padri dell'epoca autoritario e chiuso di mente, e da una madre straordinariamente illuminata, che ha fatto studiare come poteva tutte le figlie. È diventata maestra, nonostante la malattia e l'handicap fisico, è sempre stata autonoma finanziariamente, ha sempre avuto una forte autorità morale in famiglia e in paese e non si è mai sposata, in parte per via della malattia e dell'handicap, ma in parte, temo, anche per un'esagerata sensibilità nei confronti della carne che l'hanno portata a rifugiarsi nella religione e nello spirito.

Erano gli anni che l'Azione Cattolica dava un ruolo sociale alle donne fuori casa grazie alla totale segregazione dei sessi, che Khomeini ha avuto poco da insegnarci.

Mia zia avrebbe voluto farsi suora, ma la madre, pragmatica come sempre, la convinse a farlo in casa: perché andare ad aiutare i figli degli altri, quando con otto sorelle e i nipoti poteva già fare tanto bene in famiglia? E fece la matriarca di un mucchio di gente, lei senza figli.

Mia nonna restò prestissimo vedova e andò a vivere con la sorella, farle da serva, in cambio dell'aiuto nell'educazione dei figli e lo stipendio fisso in casa. Mio padre dice sempre che zia Filomena è stata la sua vera figura paterna. Ma diciamoci pure che a quell'epoca una vedova, senza padri e senza fratelli che ne proteggessero l'onore o potessero farlo potenzialmente, era poco meno della donna di tutti, e provati a ribellarti. Meglio vivere nell'aura di santità di zia.

Anche questo l'ho capito, come tante cose, dalla letteratura. Non se abbiate letto Il mandolino del Capitano Corelli, non la sciacquetta di film che ne hanno fatto, il libro. Il libro dove lui, consigliandosi con il padre della sua amata, decide di non sposarla prima che la guerra e le circostanze li separino, perché, come dice il padre greco, se lui dovesse morire in guerra, una vedova da noi è come una prostituta. Il primo che passa se la prende.

Altre vedove nella mia famiglia ci sono state. Due, dell'epoca di mia nonna, si sono risposate, una con un tizio che giocava e beveva, la picchiava e viveva del suo stipendio di maestra (quanto è stata lungimirante quella mia bisnonna che mirava all'emancipazione economica di quelle figlie senza fratello protettore) e forse, si sussurra, le ha anche molestato la figlia adolescente.

L'altra ha sposato un ex-innamorato, che per anni ha costretto la figlia di primo letto a chiamare la madre zia, perché si vergognava che sua moglie avesse avuto un altro uomo, cioè, non lui, che lo sapeva benissimo quando l'ha sposata, gli altri. Che l'uccello è la misura di tutte le cose e guai, quando un uomo non è contento della misura che si ritrova.

Tutto sommato a mia nonna e a tutte le donne della mia famiglia che hanno fatto della repressione sessuale una strategia di sopravvivenza sociale è andata bene. Ma il loro prezzo l'ho pagato anch'io, che in fondo sarei di un'altra epoca.

Però, come diceva sempre la mia coach: "tutto quello che ti hanno inculcato e di cui ti vuoi liberare, ricorda che è sempre stato fatto per amore. Per proteggerti con i mezzi migliori che conoscevano. Sta a te proteggerti con quelli che invece ti vanno bene".

Zia Filomena non era una santa. Era anche una donna dura, severa, con un gran senso della propria autorità e guai a metterla in discussione. Ma ha voluto un gran bene a tutti noi, e questo l'ho sempre saputo.

E così, per insegnarmi a proteggermi, quando avevo forse meno di 4 anni, un giorno mi spiegò. Mi spiegò che non bisognava mai farsi toccare da un uomo. Neanche la mano. Perché dalla mano sarebbe passato al braccio, dal braccio al corpo e poi, poi "diventa il tuo padrone".

E io alla parola padrone mi dissi (con altri termini che avevo pur sempre manco quattro anni e venivo cresciuta ad essere una perfetta signorina ben educata), mi dissi: col cazzo che diventa il mio padrone (e mentalmente devo essermi anche fatta il gesto dell'ombrello, che all' epoca non conoscevo). Così sono diventata femminista ad oltranza. Non di certo un percorso regolare, ma insomma, tutto fa.

Anche per questo ho sviluppato troppo presto questa paura degli uomini, della carnalità e del sesso come mezzo per schiavizzarmi. Magari ce l'ho di mio l'intelletto ipertrofico, ma negare di avere un corpo aiuta tanto. Mettiamoci anche la timidezza patologica, che le bambine ben educate si creano così, reprimendole e creando loro un gran senso di vergogna inutile.

Leggere non aiuta. Mi capitò per mano Dalla parte delle bambine davvero troppo presto. Ancora di più la rabbia e la consapevolezza che il mondo era fatto in modo sbagliato. Io reagivo menando tutti i maschi con comportamenti prevaricatori, che quello è l'ambiente in cui sono cresciuta io. Non aiuta molto a fidanzarsi quel paio di anni dopo, ma almeno non ti scoccia nessuno.

La cosa che ancora mi sorprende è che in fondo io ho sempre avuto davanti agli occhi il matrimonio dei miei genitori che è davvero stato un bellissimo matrimonio felice. Come ho fatto ad assorbire tutta la negatività dei rapporti tra i sessi trasmessomi da due donne anziane, senza marito e che non hanno mai sentito la mancanza di una sessualità felice, ma al contrario sono cresciute con questo binomio corpo=peccato, proprio non lo so.

Eppure a parte zia Filomena, con cui pure da piccola dividevo il letto e mi rendeva felice dormire con qualcuno, io vengo da una famiglia straordinariamente affettuosa fisicamente. Baci, coccole, carezze, dormire tutti insieme nel lettone genitori, figli, zie, cugini, nonni, come cuccioli in un cesto. Ma ho negato per anni qualsiasi cosa del mio corpo che potesse vagamente aver a che fare con la sessualità. Il sesso è una cosa astratta che non ha nulla a che fare con il mio corpo, guarda un po' che ragionamento sensato.

Mi ci voleva il sant'uomo e i figli che mi ha fatto per togliermi tante paturnie. Perché sarà che con le gravidanze i miei ormoni danno il meglio di sé, sarà che forse non a caso ho avuto una bella depressione post-natale mai diagnosticata, sarà che in quel periodo oltre ai figli ho cominciato a fare teatro (ho debuttato con Orso di otto mesi nella pancia) insomma, l'ho capito tardi che avere un corpo è meglio che fingere di non averlo.

Per cui che Berlusconi faccia certe dichiarazioni a me non scandalizza né ferisce più di tanto, perché non è mio padre e il mio parricidio rituale in questo senso l'ho già consumato per le vie intellettuali che so. Mi dà semplicemente la triste percezione che come parla lui la pensano in molti e che c'è n'è parecchia di strada da fare.

Dico però, in nome della moralità bacchettona con cui sono stata cresciuta per proteggermi, che un padre di figlie femmine dovrebbe stare molto, ma molto attento a quello che fa nel creare l'immagine degli uomini e della sessualità nelle proprie figlie. Un po' quello che pensavo all'epoca di Clinton e della Levinsky, mi sono sempre chiesta che effetto potesse fare a una ragazzina adolescente, poco più giovane della stessa Levinsky in fondo, sapere certe cose di suo padre spiattellate in faccia al mondo da un'aula di tribunale.

Concludo con una frase da una recensione del libro della Boneschi:
"In conclusione si può dire che quel movimento minoritario e impopolare, che viene definito "femminista", oggi così in declino, ha comunque raggiunto un obiettivo: una donna è una persona e lo sa, nessuno più mette in discussione tale asserzione".

Purtroppo no, ma ci stiamo lavorando. E io sono nonostante me stessa, ancora una femminista. Maschi prevaricatori, non azzardatevi a venirmi vicino che vi dò un pugno. Che vabbé signorine di buona famiglia con pianoforte represse e ben educate, ma quanno ce vo' ce vo'.

(Di Camille Paglia e dello stupro parlo in un prossimo post).

4 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie

Anonimo ha detto...

che bello questo post.
dev eggerlo almeno un'altravolta x scrivere qualcosa di sensato.
ma che hadett berlusca stavolta?
io nn seguo il gossip ehehehe

graz ha detto...

Bello il post, ricco di temi ed accorato. Vale la pena rifletterci prima di dire fesserie.

Al brucio però voglio lo stesso dire una cosa. Le battute del PdC non scandalizzano nè feriscono. Il punto non è quello. Il punto è che la battuta cretina e/o mandare a casa lo stupratore confesso perchè 'si è pentito' altro non fanno se non legittimare quel sottobosco di pensiero che non percepisce lo stupro come un problema VERO. Più una esagerazione, un comportamento eccessivo, e sì signora mia, decisamente poco elegante. Una cosa di cui ci si può pentire, una cosa che ci sono le belle ragazze e ce ne sono troppe, come cavolo si fa a difenderle tutte (e quelle brutte? si fottano. Anzi no, le fottano).

Poi io sono del parere che se ti ammucchi in macchina e lo fai in mezzo ad una delle meglio zone degradate che conosci, allora sei un'idiota. Una coppia di idioti, mi vien da aggiungere.

"Che ad aspettare la legge stiamo fresche. Però intanto la legge la pretendiamo e guai a chi la tocca"

/graz

sonia ha detto...

Bellissimo. Ho letto questo post tutto d'un fiato e non posso dire altro che bello.
Tante riflessioni e tanto personale.
Grazie
sonia