lunedì 31 dicembre 2007

Brutta cosa la malafede

Ma il mio retroterra Dietro la cortina di ferro mi rende molto difficile credere alle versioni ufficiali e i comunicati stampa. A casa mia tutte le notizie dei media si leggevano in trasparenza tra le righe (un'ottima e sana pratica anche nell'Italia degli anni 70, 80 e 90) e da bambina guardavo i miei genitori commentare i fatti con scetticismo e versioni alternative con l'aria di chi guarda un prestigiatore eseguire un trucco che tu neanche sai se c'è: ma come faranno mai?

Il tutto per dire che se qualcuno un giorno mi proverà indiscutibilmente che Benazhir Bhutto è morta sbattendo la testa incidentalmente, potrei anche crederci. Ma in questo momento sono scettica anch'io.

Per dire che vorrei anche crederci che domani il TG manderà prima gli auguri del presidente della Repubblica, come normale e giusto in uno stato laico, ma mi sa che ci sarà prima quello del papa.

Per dire che spero che nel 2008 ci siano grandi rivolgimenti per la giustizia, l'ambiente, la democrazia. Ma mi sa che l'ennesimo responsabile del G8 a Genova riceverà una promozione.

Però nel mio piccolo sono contenta di quello che ho realizzato fino al 2007, che spero di andare avanti così, crescere, migliorarmi, amare, sopportare con pazienza le persone moleste e creare qualcosa che lasci un segno anche nel 2008.

E così spero anche di tutti voi.

Il mio natale ideale

Quest'anno devo aver dormito circa 20 delle 24 ore che dura il 25 dicembre. Ogni tanto veniva qualcuno a scocciarmi, ma tanto mi riappisolavo. Ho fatto una splendida colazione di Natale, con tutti i prosciutti, salsicce e coppa in gelatina fatte in casa da una signora in campagna, e con le salse di rafano che ho comprato apposta per Flavia e devo pure provarle, no? poi sono andata a farmi un pisolino, il pomeriggio siamo andati a forza a fare un giretto, ma siamo rientrati che volevo andare a letto presto.

Il che conferma che una mamma di cuccioli dorme al meglio quando c'è la sua mamma nei paraggi a tenerle il forte, e c'è anche il papà dei cuccioli a evitare che i suddetti straniscano la povera nonna stanca e fresca di trasloco.

Perché mia madre è così, per pura cocciutaggine ha costretto tutti a finirle la ristrutturazione della casa mezz'ora prima del nostro arrivo. Inutilmente le spiegavo che se c'era un minimo di riscaldamento e un gabinetto, per il resto ci arrangiavamo con i materassi per terra e andavamo a fare il bagno dalla zia. Macché, ci ha accolti con i suoi muri tinteggiati in color magnolia, tutti i mobili al loro posto tra cui un fantastico divanone-letto king-size, in cui per 6 notti mi perdevo l'orsone della mia vita (ci dormivamo dentro come due parallele che non si incontrano mai) e la cucina quasi completa.

Bella la sua prima casetta autonoma nella vita, che si sta aggiustando come vuole lei, alla tenera età di 64 anni. Così spero anche di me, ma un po' prima, please.

Nel suo miniappartamentino da una stanza e mezza, con l'albero di Natale in un angolo, il divanone e il tavolone per la cena della vigilia, stretti stretti come nella stalla a betlemme ho festeggiato il mio natale ideale con i miei orsi e la mia mamma.

domenica 30 dicembre 2007

Ab ovo

Forse veramente potrei diventare madre di due mammoni. Ma per ora non ho tempo di preoccuparmene, semmai ci penseranno i/le loro partner futuri, che tanto sono sempre loro che ne pagano le spese. Per ora sono due mammole.

Per adesso il nostro gioco preferito per i momenti di pigrizia (i miei momenti di pigrizia, quando ho freddo, vorrei starmene a letto e loro invece pretendono di coinvolgermi in tutte attività che prevedano alzarsi, vestirsi e muoversi in giro) è quello di mamma gallina. Loro si avvoltolano sotto le coperte più o meno in grembo o intorno al grembo, o addosso alla mia pancia con vari gomitini aguzzi che si infilzano nelle parti molli (forse facevo meglio ad alzarmi, vabbé, ormai è tardi) e io devo cominciare a chiocciare, chiedendomi a voce altissima, sennò non vale, quanto tempo devo ancora covare le mie uova. A quel punto, prima l'uno, poi l'altro fa "crack", no anzi fa "craaaack" ed esce dall'uovo, comincia a pigolare chiamando "mamma, mamma" e io li accarezzo, li bacio e li coccolo. Con questa mega-incubatrice si fanno una ventina di covate in un quarto d'ora finché non ci siamo stufati ed è ora di cambiare gioco.

Orso in queste sessioni si definisce "un pulcellino" che non so se è una pulce pulzella, un porcello est-asiatico, ma no, è la sua interpretazione di "piccolo pulcino". Un pulcellino, per l'appunto.

Ma chi lo avrebbe mai detto che proprio io diventavo una mamma chioccia?

venerdì 28 dicembre 2007

Figli di mamma

Era l'espressione preferita della mia prozia Vittoria, diceva "Poveri figli di mamma" così come un altro direbbe "povere creature" o io "povere stelle". adesso invece ha per me un'altro significato, illustrato dalla parabola che segue.

Partiti alle 7 di mattina e arrivati alle 21 a Cracovia, nonostante un tratto di strada in Germania completamente ghiacciato, dove procedevamo a 20 all' ora e i bambini si distraevano a guardare tutte le auto tamponate, slittate e diversamente incidentate da entrambi i lati dellla strada. Niente di veramente serio, ma per un po' ci siamo chiesti se fosse il caso di continuare.

Nel tentativo di distrarre i bambini, il capo continuava con la sua tiritera biblica dei progenitori (Ennio ormai li sa tutti a memoria, ed e' la prima cosa che ha riferito alla nonna appena arrivati) cercando di convincere Orso che anche lui era figlio di Berend ecc.

"No, ha interrotto il mio treenne deciso, "io sono figlio di mamma". e non c'e' stato verso di convincerlo che l' uno non esclude l' altro. Un bel regalo di Natale, devo dire. Ma mia madre si chiede se non stia crescendo un figlio mammone.

sabato 22 dicembre 2007

Parto (parto?)

... ma dove arrivo se parto? Con un giorno di ritardo sto finendo di far valige e vado a Cracovia dalla mamma. Auguratemi buon viaggio.

venerdì 21 dicembre 2007

Partenza per la Polonia

Domani si chiude casa (chiude: ce n'è di gente in giro provvista delle mie chiavi che verrà a fare bagordi in nostra assenza, di cosa mi illudo), recupero i cuccioli dai nonni e poi si parte per Cracovia.

Vado a fare Natale dalla mamma e dalla zia, com'è giusto per noi povere madri indaffarate. Non cucino, al massimo apparecchio e lavo piatti, e mi preparo spiritualmente a tutte le cosine buone e nostalgiche ch mangerò in questa settimana natalizia. Perché tutti i nostri Natali sono sempre stati nel segno della vigilia di magro polacca, anche quando vivevo in Italia.

Quindi: cappelletti ai funghi con la minestrina agra di rape rosse, carpa, aringa alla panna acida e cipolle, kompot, davvero neanche ci voglio pensare che già ingrasso. Se trovo una connessione aggiornerò il blog in tempo reale, altrimenti mi arrangio al ritorno.

Ma la cosa più importante è che spero che le mie belve ricevano l'imprinting del vero Natale italo-polacco con cui sono cresciuta io, e farò certo fatica a decidere se abbandonarmi al favoloso maiale alle prugne di mia zia, o imporre un bollito misto.

Per tacere dei miei dolci preferiti. Signore, dammi la forza di accontentarmi di piccole porzioni.

giovedì 20 dicembre 2007

Al freddo e al gelo

Ieri sera il mio Orsetto come Gesù bambino a Betlemme. Abbiamo fatto la festa di Natale della scuola di Ennio, loro in classe a cenare tutti insieme con tavolate imbandite e colorate, noi genitori e fratelli piccoli in cortile in stile Dickens diceva l'invito, con tre bracieri, tanti lampioncini e Gluhwein. Ovviamente ho proposto una superminestrona corroborante e altrettanto ovviamente tutti hanno accettato.

Arriviamo alle 17:30 in bici da carico carica: 3 pentoloni di minestra avvolti in piumini e cuscini, tre thermos di Gluhwin senza vino per gli astemi, mestoli e un Ennio giubilante che annunciava a tutti da sotto il piumino "Ho tre pentole di minestra e le ha fatte la mia mamma" (se un giorno dovessi decidere di commercializzare le minestre al mercato userò lui come imbonitore).

Orso, prontamente ritirato dall'asilo e infilato in un paio di calzamaglie e pile extra ("ho i pantaloni di Peter Pan" annunciava, che è stata una mia trovata geniale per riconciliarlo con le calzamaglie che non metteva da tanto) era contento della festa, ma neanche his usual self.

"Non è proprio stata la sua giornata" mi avverte la favolosa maestra Bianca/nera, che per l'occasione si è fatta fare una serie di treccine a salsicciotto che sono una meraviglia. (Anche le maestre dell'asilo hanno la festa di Natale stasera, solo loro stanno dentro al caldo). "A me mi sa che non è la sua giornata da tre settimane", replico e Bianca/nera concorda.

La maestra Bianca/nera e Noa sono state all'inizio motivo di discussioni serie all'asilonido sul fatto che alcuni hanno la pancia nera, altri ce l'hanno rosa, che non si comincia mai abbastanza presto ad abituarcisi.

Alla festa Orso non smentisce le previsioni: è affascinato come sempre dalle fiamme, ma stavolta ne ha paura, anche se sta in posizione strategica, dall'alto del castelletto-scivolo a guardarle. Mangia una ciotolona di riso tiepido, poi ha sete, poi piange, poi ha freddo alle mani, poi piange, poi andiamo a scaldarci le mani al termosifone e ci mettiamo i guanti, poi piange che non gli entrano i pollici nei guanti, poi che le sue dita sono troppo corte per riempire i pollici dei guanti. "Mamma, voglio i pollici lunghi" urla.

Messaggio chiarissimo: "Orso amore della tua mamma, vogliamo metterci nel cassone della bici sotto le coperte al caldo?"

Vuole, per fortuna. Lo metto sopra i cuscini, ancora caldi delle pentole, lo arrotolo nel piumino, in 30 secondi dorme. Poi arrivano Oma e Opa a prelevarli tutti e due per un soggiorno nonni prenatalizio, lui ancora dorme, si è svegliato lì stamattina e al telefono ci ha comunicato che dai nonni è già Natale, perché c'è l'albero.

Però per un'oretta, nel cortile della scuola, dormiva pacifio al gelo come il bambinello. Che anche quello, e non solo l'albero, fanno tanta atmosfera di Natale.

Radio di Natale

Un grazie pubblico e sentito a coloro che ci hanno fatto compagnia martedi scorso al programma di Natale di Radio Onda Italiana. Si è parlato dei piatti italiani delle feste, di cibi simbolici, del valore emotivo di certi profumi e certi sapori e di tutto quello che può minacciare questo paradiso felice.

Sto parlando di Andrea Matranga (www.andramatranga.blogspot.com) che ci ha raccontato come fa i panettoni, trattandoli come teneri neonati da avvolgere nella copertina perchénon prendano freddo durante la lievitazione, di Sigrid Verbert (www.cavolettodibruxelles.it) che ci ha spiegato come ha fatto a farsi prendere sul serio, lei belga, dagli italiani in fatto di cucina e come vengono accolte e sue proposte fusion. Il bello di Sigrid è che naturalmente ha parlato direttamente in olandese per il programma in questa lingua, con il suo tenerissimo accento belga, che io trovo tanto bello. Grazie inoltre a Marina Vizzinisi, che, buttata allo sbaraglio in studio ha dato prova del suo talento giornalistico sia con Andrea che con Sigrid, e che ha spiegato cosa sia il Gambero Rosso agli ascoltatori olandesi, che povere anime, bisogna dirgli proprio tutto.

Infine, in absentia, in quanto si trattava di un'intervista registrata precedentemente, un grazie di cuore a Giorgio Locatelli, che oltre a ricordarci con grande passione come tutta l'industria agro-alimentare moderna abbia buon gioco nel convincerci che cucinare è un problema, anzi, un grande problema, che però loro ci risolvono con le scatolette e i prodotti precotti (e dopo avercele vendute vanno a mangiare alla Locanda Locatelli spendendo 900-1000 sterline per una bottiglia di vino), ci ha ricordato con un frizzante esempio, che non solo l'uomo è quello che mangia, ma anche che quello che mangiamo, diventa indissolubilmente parte di noi.

Cito da King George: "Cioè, se io mi compro un paio di mutande di Armani, io sono Giorgio Locatelli con le mutande di Armani. Se invece mangio del culatello, quel culatello diventa Giorgio Locatelli, è tutta qui la differenza".

Auguro quindi a tutti noi che nei prossimi giorni di festa, tante cose buone e cucinate con amore diventino parte di noi, come è giusto che sia.

lunedì 17 dicembre 2007

Il sangue non è acqua

... perché in questo momento Orso, figlio di Berend, figlio di Eli, figlio di Berend eccetera eccetera mi sta ronfando accanto, abbracciato al suo papà che ronfa un po' di meno, e sono la donna più felice del mondo.

Chi siamo, da dove veniamo

Questa sera, durante la sessione igienica collettiva in bagno, Ennio ci ha fatto una domanda che dal tono gli stava molto a cuore, ma non ci abbiamo capito niente. Gliela abbiamo fatta ripetere 4 volte, e poi ci siamo arresi. cominciava con: Ma come è possibile che tutte le mamme e i papà e tutti i signori [mumble mumble] i bebè, come è possibile?"

Secondo me si chiedeva come è possibile che un bebè prima non c'è, e poi di colpo le mamme e i papà riescono a farlo arrivare? Ottima domanda, me lo chiedo anch'io a volte.

Ed è lì che il capo mi ha sorpreso: con la massima serietà lo ha guardato negli occhi, quel grumo irrefrenabile del suo sangue e della sua carne e gli ha detto: "Tu lo sai chi sei? Tu sei Ennio, figlio di Berend, figlio di Eli, figlio di Berend, figlio di Jilt, figlio di Wiebe, figlio di Berent, figlio di Maarten, figlio di Lubbert, figlio di Jan".

Biblico, non c'è che dire. Un ateo biblico, che a me in quel momento mi veniva da pensare "E Abramo generò Isacco generò Giacobbe ecc. ecc.".

Ho sposato un boscimane, un ottentotto, cosa sono poi mai, uno di quelli in grado di citare tutti i propri antenati. E mentre scrivo questo, e i tre maschi di casa accanto a me stano guardando Tom e Jerry su youtube, sento dire: "Aspetta, forse so anche come si chiama il padre di Jan" apre una finestra tra grandi proteste dei figli, va sul sito con l'albero genealogico, e si, di quel Jan c'è anche il patronimico. Sappiamo quindi che è figlio di Jan.

I miei figli possono citare i loro dieci antenati. Il che è più di quello che posso fare io. Ma proprio un archivista informatico mi dovevo sposare?

sabato 15 dicembre 2007

Segni del cielo

Poi quando le cose cominciano a diventare più di quelle che umanamente puoi gestire, ti si ammala un bambino. e le tue priorità si rimettono al posto giusto.

Si è trattato di un febbrone notturno, preceduto il pomeriggio prima da mal di pancia e mal di testa. Un giorno a casa e passa la paura. Adesso tocca a me.

giovedì 13 dicembre 2007

Sempre di corsa, druk druk druk

Ma perché prima delle due grandi vacanze annuali deve esserci sempre questa corsa contro il tempo? Come è possibile che mi si accumuli di tutto e non riesco a combinare nulla? Devo imparare a dire più spesso di no? E come faccio a dire di no a tutto se ci sono tante cose belle al mondo.

In tutto ciò ieri Ennio e il suo amichetto ADHD mi hanno coperto di impronte un muro, e Orso ha pensato bene durante gli ultimi tre minuti di cena, mentre ero a prepararmi per uscire e suo padre ancora non rientrava, di svuotare il barattolo di zucchero per tutta la stana da pranzo e portarselo dietro attaccato ai vestiti e alle scarpe per mezza casa. Sta ancora lì, esco per una giornatona di lavoro, e confido in santa Karolina che senza di lei ero ricoverata. Speriamo me la perdoni.

A volte vorrei chiudermi la porta alle spalle e rientrare il 2 genaio, ma ancora non posso. Mi manca l'aperitivo della scuola porca miseria, all'aperto nel solito cortile ventoso alle 18 di mercoledi, meno male che quando ho proposto di fare la zuppona calda per 100 persone nessuno mi ha detto di no. Spero di potermi portare dietro uno scaldaletto di rame e sedermici sopra.

mercoledì 12 dicembre 2007

Radio Anema e core

Ieri seconda trasmissione in olandese con Gilberto per Radio Onda Italiana, e abbiamo deciso che ci piace lavorare insieme, che di per sé è una bella cosa. Abbiamo anche deciso uno schema di format, ci siamo divisi le competenze e vogliamo mettere su un blog per interagire meglio con gli ascoltatori.

Come musica, è venuta un po'da sé, ma ci piace, abbiamo deciso che trasmettiamo tutto quello che non ha una data di scadenza. Molta musica-folk-etnica (avete notato quanti etnomusicologi in giro per l'Italia trasformano in musica viva le loro ricerche?), il nostro canone classico (Jannacci, de André, Gaber, Fo) un tot di cantautori, ma anche tutta una serie di autori cult-camp di gioventù (La vita l'è bela, di Cochi e Renato, una riscoperta recente grazie ai bambini, per i quali compro sempre i libri di una serie deliziosa, canzoni illustrate.

Così capita in effetti che mio figlio in bici attacca con "e sempre allegri, bisogna stare che il nostro piangere fa male al re" (ma le canzoni di Fo gli piacciono da quando ha due anni, e anche i Blues Brothers).

A me di Radio Onda limita un po' la scelta di musica esclusivamente italiana, perché sono altri gli artisti che ascolto per me (o che mi fa scoprire il capo). Molte donne, ora che ci penso: An Pierlé (bello, la settimana prossima ho il cavoletto in trasmissione e le dedico An Pierlé, si, devo invitare più belgi cosi ho la scusa), Fiona Apple, Michelle Shoked, Tori Amos etc. E il gospel classico anche, ma quello non lo imporrei a nessuno, è un vizio privato.

Così, dati i rispettivi interessi miei e di Gilberto, i due temi onduttori saranno teatro e cibo, con tutte le sovrapposizioni tra i due (come evento simbolico, come patrimonio antropologico-culturale e quakcos'altro che ci inventeremo per strada.

Scappo a portare numero 1 a scuola, sperando che numero 2 nel frttempo decida di svegliarsi, che oggi l'asilo gli tocca.

martedì 11 dicembre 2007

Piccoli maschi crescono

Una volta l'anno succede anche a casa nostra: si passa il sabato sera sparapanzati sul divano a guardare un film, de casu Notting Hill regalatomi dal capo, con i cuccioli tra i piedi che però si fanno distrarre da treni e accrocchi vari da maschi.

Ogni tanto però il cucciolo 5enne commenta passaggi del film degni di nota. Julia Roberts bacia Hugh Grant, e lui commenta: "Sono innamorati, vero?" e poi torna a uno svincolo ferroviario particolarmente complesso.

A un certo punto, al momento in cui lei si porta lui in albergo per scoprire che il suo fidanzato (di lei) era arrivato a farle una sorpresa mi viene da commentare ad alta voce: "oh povero"!"

Perché, si informa Railroad Man?

Come si spiega il tradimento mancato a un ingegnere di 5 anni? "Beh, perché lui era innamorato, ti ricordi, però adesso lei ha un altro" mentre lui si guarda bene lo schermo e io mi chiedo se non sia diseducativo Notting Hill a quest'età.

"Beh, capita" filosofeggia grattandosi la testa con un binario di legno. Poi torna al suo ponte.

sabato 8 dicembre 2007

Il nome della cosa

Dura la vita delle madri di maschi. Ho appena superato il trauma della fase pipitto del mio grande, che la primavera scorsa solo di quello parlava e sempre a sproposito, e già mi ritrovo con le domande difficili.

Mentre lo aiuto in bagno dalla logopedista, che fra un attimo dobbiamo riuscire e c'è un tempo da lupi, e si va in bici fino a casa ed urge quindi infilare la canottiera nelle mutande, la maglietta nei pantaloni ecc. mi parla del suo pipitto.

Io dall'epoca del trauma, sono sempre parecchio laconica, in proposito. Incoraggiante ed entusiasta si, che non si dica che l'ho represso, il complesso di castrazione eccetera, il tuo pipitto amore è bellissimo ma è una cosa tua privata, ma sono sempre dell'idea che nel momento in cui un maschio al bagno si arrangia da solo, sua madre deve intromettersi il meno possibile con suo pipitto, salvo motivi igienico-sanitari.

Insomma, mi descrive i fenomeni mutatori del suo pipitto per chiedermi a bruciapelo: perché tu no? Poi ci ripensa e fa: ah già, tu non hai il pipitto. Ma come si chiama quello che hai?

Gesù, e come si chiama quella che ho? Io non ho avuto la mamma italiana, quindi in italiano non la chiamavamo (anzi non si nominava, devo dire l'innominata?) Cosa dicono le mie amiche madri di femmine? Ecco, Daniela dice passerina.

"Si chiama passerina", dico poco convinta. Al maschio viene da ridere di cuore. "O rosellina" aggiungo debolmente, che sto pensando a 3000 e mi ricordo mia nonna diceva così e a me rompeva tanto come nome. Ma almeno è letterario, rosafrescaulentissima prima o poi glielo devo leggere. Ma già non mi dà più retta ed esce dal minibagno.

Vabbé, sono una madre pedagogicmente incapace. Però meglio così. In fondo il suo amichetto N. anni fa in una fase in cui il nostro manco faceva le frasi di due parole, o le faceva a fatica, ma N. aveva già tre anni, ci spiegò un giorno, sempre in bagno che sono ambienti che stimolano la conversazione: il mio papà ha il pipitto e la mia mamma la vagina.

Io e il capo ci guardammo, un po' ci veniva da ridere, un po' ammiravamo l'enorme proprietà linguistica del cucciolo. Ma vagina ha dei suoni tanto freddi e duri, porca miseria, proprio non posso, non mi viene con mio figlio di 5 anni.

Di qui un appello: femmine italiane, voi quando non la chiamate vagina, come ve la chiamate?

venerdì 7 dicembre 2007

Ricetta indonesiana: oblok oblok

Vivere ad Amsterdam mi ha aperto orizzonti culinari inaspettati, non mi stancherò mai di ripeterlo. E allora tanto vale ondividere questa ricetta di un piatto che quel vegetariano di mio marito aveva scoperto al nostro asporto indonesiano preferito di un po'di anni fa, fatto con il tempeh e il latte di cocco. Per un po' ci siamo limitati ad ordinarlo ogni volta che capitava, poi una volta mi sono fatta dare la ricetta da un paio di colleghi indonesiani.

Grazie a quest'unica ricetta sono riuscita a dare una collocazione agli infiniti ingredienti misteriosi del supermercato cinese in Nieuwemarkt, e da allora fare esperimenti è diventato più semplice. Roba strana in casa ne ho comunque, talvolta guardo ome mi si sedimenta nella pentola. Consideriamo questa ricetta come una guida ragionata a nuovi ingredienti.

Premesso che qui vale la regola della cucina Thai secondo mio marito: quando mentre mangi ti tiri fuori dal piatto mano a mano un sacco di ingredienti e foglie legnosi e coriacei, che danno un sapore buonissimo in cottura ma che non si lasciano masticare, allora è originale e non è fatto con le basi pronte di spezie.

Ingredienti:
- olio di sesamo (quello vero, non quello dove se guardate bene c'è scritto flavoured)
- 2 scalogni o una cipolla grande a pezzettini
- due fettine di zenzero (non si mangia)
- un paio di cm. di laos (o galanga) che assomiglia un po' allo zenzero ma è più smilzo e senza pellicina sopra, e ha un'altro sapore
- mezzo stelo di lemon grass o sereh, intero o a fettine (non si mangia)
- alcune foglie di lauro indonesiano o salam. Meglio non mettercelo che sostituire con lauro nostro perché ha comunque un'altro sapore. Come le melanzane thai, che la prima volta mi sembravano dei piselli cresciuti.
- 1 peperoncino rosso lungo a fettine (se troppo piccante, ridurre la quantità o eliminare i semi, o sostituirne una parte con fettine sottilissime di peperone rosso, che fa un bel vedere)
- un cucchiaino da the o un blocchettino tipo dado di trassi, polvere o pasta secca di gamberetti
- una manciatina di gamberetti secchi che rinvengono in cottura

Tutte queste belle cose le mettete insieme o quasi a soffriggere nell'olio di sesamo, cominciando dallo scalogno/cipolla e proseguendo in ordine e tempi di pulizia e taglio con tutti gli altri ingredienti. Nel frattempo vi tagliate in blocchetti poco più grandi di una zolletta di zucchero:
- 1 panetto di tempeh (o tempè) da 400 gr. circa, che è un derivato dalla soia. A differenza del tofu il tempeh mostra tutti belli i chicchi interi di soia tenuti insieme da uno strato bianco lattigginoso. Insomma, l'idea è della saponetta di chicchi di grano, se doveste vederlo nei negozi di cibi naturali;

che poi aggiungerete a tutto il resto finchè non prende il sapore di tutto. A questo punto si unisce:
- 1 lattina di latte di cocco
- 1-2 cucchiaini di zucchero di palma o gulahmerah
- salsa di pesce thai per aggiustare di sapore salato, q.b.

Servire con riso a grano lungo o vermicelli lessati.

Il riso a grano lungo tipo basmati o altro, si cuoce in abbodate acqua salata o meno, a seconda dei gusti (a me piace senza, se ho già una bella salsetta gustosa da metterci sopra), si scola, si rimette in pentola senz'aqua e con il coperchio sopra si fa asciugare alcuni minuti a fiamma bassissima (o 10 minuti senza fiamma se usate un tegame bello isolato e con il fondo spesso).

Io davvero non ho idea in Italia dove procurarsi gli ingredienti, anche se vedo che nelle grandi citta con molti immigranti ci sono sempre negozi etnici che hanno tutte queste cose. Se questo weekend ci riesco faccio un pò di foto agli ingredienti e spezie. Ma non prometto niente, che fuori dal blog ho almeno tre vite parallele che mi impegnano.

Però a parte la soddisfazione di farsi un giro in un negozio dove di solito non comprate niente per vedere se finalmente si riconosce qualcosa, essa è seconda solo a quella di ritrovarsi a Kuala Lumpur, che sarà pure in Malesia ma sempre Bahasa parlano come in Indonesia, e riuscire senza fallo a identificare la bustina dello zucchero (dal creamer, sale, peperoncino ecc. ecc.) perchè sopra c'è scritto "gulah".

Che se permettete per una povera europea limitata è pure una bella soddisfazione.

Un colpo di vento

Gli olandesi non hanno un carattere facile, sicuramente per noi italiani. Certe volte li trovo arroganti, troppo assertivi, so-tutto-io, incapaci di gestire anche le minime deviazioni dal programma che hanno in testa. Con tutte le regole e regolette che li mandano avanti, la loro ossessione per la privacy che si esprime in case dalle finestre enormi senza tende che tanto mandano fuori di testa gli italiotti in visita, cose così.

Però sono poi gli stessi gentili e capaci di gesti dolcissimi nei confronti di perfetti sconosciuti. In nome dello stesso spirito di contraddizione che li porta a darti aiuto se glielo chiedi ma mai ad importelo per non metterti in imbarazzo. Lo stesso aiuto che ti danno, se beninteso non gli impiccia il programma.

Per esempio mia madre alcune volte si sconvolgeva se qualcuno per strada inciampava e cadeva tra l'indifferenza dei passanti che rallentavano, ma non si fermavano. Lei si sarebbe precipitata a fare la gru, io la trattenevo, lei si incazzava a tanta indifferenza. Io le facevo notare che almeno trenta persone stavano in "red alert" ma si sarebbero fatte avanti solo in caso di effettiva necessità (e in quel caso tre avrebbero sostenuto il ferito, il quarto avrebbe chiamato l'ambulanza, il quinto avrebbe trattenuto l'autobus per non farlo perdere ai samaritani, il sesto e il settimo sarebbero accorsi con un bicchiere d'acqua e una sedia anche in mezzo al deserto). Ma non prima di aver accertato l'effettivo stato di bisogno. Per non imbarazzare il povero caduto, che magari si sente un po' scemo se ha il culo di non essersi fatto niente.



Insomma, la vedete la foto? Quello piccolissimo colorato in basso a sinistra è l'edificio provvisorio della nostra scuola, asilo e doposcuola. In alto ci sono due palazzi e in mezzo la pista ciclabile. Quel punto li tra i palazzi, dove la ciclabile si affaccia sulla stradona e sul ponte, è una vera e propria galleria del vento. Certi giorni, se ti azzardi ad arrivarci in bici magari con un bambino davanti e uno dietro, non tieni l'equilibrio, e se va bene c'è sempre qualche pedone che corre a sostenerti.

Una volta ho dovuto portare a mano l'amichetto di mio figlio da scuola all'inizio della pista ciclabile, perché la babysitter richiava le volasse via la carrozzina con la bimba di un anno dentro. Le ho trovate con la carrozzina incastrata tra la nicchia del muro e il corpo della Lous. Un punto così, anche quando non c'è vento, lì resta il vortice.

Oggi niente di così grave, stavo attraversando la strada e mi è volato il cappello sul ponte. Mollo la bici contro la stessa nicchia di Lous la volta scorsa e corro verso la strada per recuperarlo prima che mi voli in acqua. Non c'è bisogno. Una macchina si è fermata all'imbocco del ponte, dal lato del passeggero è scesa una signora che me lo porta a metà strada e la macchina dietro attende pazientemente che finiamo e si riparta.

Insomma, queste cose mi inteneriscono, anche dopo tanti anni. E compensano le spaventose incazzature che mi prendo il resto del tempo.

mercoledì 5 dicembre 2007

Sinterklaas, the real thing (fine)

Se dio vuole Sinterklaas con tutti gli Zwarte Piet al seguito stanotte rimonta sul vapore, torna in Spagna e si leva di torno fino all'anno prossimo, che non se ne può più. Prima però porta i regali, che da noi sono stati abbondantemente anticipati, quindi stanotte una robina simbolica e fine.

Oggi però è venuto a scuola e all'asilo, ed è stato un bel vedere. Il bello di tutta la Sintomania olandese è che tutta la nazione più o meno regge il gioco, quindi non solo i sindaci che lo accolgono con le chiavi della città in mano, il telegiornale di Sinterklaas che per un paio di settimane va avanti, ma anche associazioni, gruppi, volontari di tutti i tipi che si danno da fare per il prossimo e per i bambini.

Come appunto le scuole superiori che per raccogliere fondi per qualche opera pia si affittano come Sint e Piet. Per esempio quelli che stamattina sono arrivati alla nostra scuola ed asilo. Alle 8,30 eravamo tutti fuori, ogni classe nel suo riquadro disegnato per terra con il gesso, i genitori in quello contrassegnato genitori ("Che cosa cretina, sbuffa Monique, ma pensano che non ci arriviamo da soli?") e l'asilo in quello con su asilo.

Dopo mezz'ora di congelamento chiappe al freddo, che non pioveva ma piovigginava che è molto peggio, e tirava vento perché la scuola sta su un promontorio ventoso che detto così fa tanto Donna del Tenente Francese, ma non è male, si vede una barchetta giungere in lontananza. Ovvio che tutti i 15 metri di molo di fronte alla scuola erano occupati da un barcone. Sulla barchetta della gran roba rossa e nera.

Il rosso sono il mantello e la mitria di Sinterklaas, che armato di pastorale e barbona e riccioloni candidi che neanche Gandalf, viene tirato sul molo dai Piet riuniti, nei loro vestitini in velluto da paggio e la faccia dipinta color nerofumo, che i Piet sarebbero nell'ordine:

- o schiavetti neri (dicono quelli che considerano Sinterklaas una festa di sporhi colonialisti)
- forse rappresentazione del diavolo (dicono gli antropologi, infatti i Cechi hanno anche Sinterklaas vestito da vescovo, accompagnto da un angelo e da un diavolo)
- chiunque siano, gente che bazzica i camini per portare i regali e logicamente si sporca di fuliggine).

I bambini, qualcuno vestito da Zwarte Piet con il berretto con la piuma di struzzo e i calzoni a sbuffo, la 1/2 A con delle mitrie di cartoncino rosso in testa, la 1/2 B con delle specie di cappelloni da ussaro tutti decorati, i grandi esenti da copricapi, che forse neanche ci credono più ma reggono il gioco per avere i dolci e i regali, che mi sembra la ragione più umana per credere (o far finta di credere) in qualcosa. E poi domani hanno dalla terza in su il test di metà anno e quindi tempo da perdere a fare lavoretti non ne avranno avuto.

Per tutta la mezz'ora di attesa hanno cantato le canzoni di Sinterklaas, abbondantemente appoggiati dai genitori che erano ovviamente quelli che si divertivano più di tutti e come tutti i genitori scattavano foto. Avevamo persino la mamma regista con telecmera professionale, che se so come funziona la vita dei liberi professionisti, anche se ha uno studio di post-production in casa non arriverà mai a farsi il montaggio dei filmini dei figli. Ma spero per me che ci riesca.

Arriva Sinterklaas preceduto dai Piet che distribuivano dolcetti a casaccio (e fateci caso, c'è sempre il bambino timido sfigato che 10 volte su 10 viene sorpassato, mentre c'e quello tenero che per tutta la vita gli metteranno cosine buone in mano anche se non gliene importa nulla, da tanto che ci è abituato. So ist das Leben). Sinterklaas stringe la mano a tutti i bambini uno a uno e li precede dentro la scuola. Ennio mi implora di non lasciarlo, ma devo consegnare Orso all'asilo con gli altri e gli prometto che passerò a fargli un salutino dietro il vetro della porta.

Rientrati all'asilo, troviamo, come da tradizione, le scarpe che avevano esposto piene di un sacchetto di panpepatini e con un mandarino avvolto in carta stagnola, tutte le sedie per terra e impronte colorate di mani e piedi su tutto il pavimento e le porte. che i Piet porteranno anche i regali, ma tradizionalmente lasciano un gran casino dietro.

Orso comincia a raddrizzare tutte le sedie e metterle intorno al tavolo, poi si siede e fa la guardia alla propria scarpa. La sposta dal centro del tavolo al suo lato. Mi indica la pala di stagnola "È un mandarino" mi spiega. Mentre le maestre spogliano i grandi che sono usciti e recuperano i piccoli che sono rimasti dentro, ognuno si dirige verso la propria classe, mentre io vado a controllare che il mio grande sopravviva al trauma della visione di Sinterklaas. Che fa finta di niente ma secondo me ha la coda di paglia, sa benissimo che non è affatto stato bravo come avrebbe potuto.

Oggi dopo la scuola è stato incredibilmente laconico in proposito, l'unica cosa che è riuscito a dire è che il Sint leggendo nel librone ha chiesto se c'era qualcuno che abitava al nostro indirizzo e forse gli ha detto di si. solo il giorno dopo ho coperto che gli ha anche regalato un pirata playmobil.

Orso invece è sopravvissuto benissimo, ultimo bambino ritirato dall'asilo (che tutto chiude alle 17 oggi, per andare a casa ad aprire i regali, tranne casa nostra, lo ritiro come al solito alle 18:20, pelo pelo). Mi fa vedere orgoglioso il trenino e gli altri regali che Sint ha portato all'asilo (anche al doposcuola hanno fatto fare una lista ai bambini e hanno scelto due o tre regaloni da lì. Tra cui un nuovo blocco cucina in legno ("Per giocare a mamma e papà" ci ha spiegato ieri Ennio, "Ah,si, chiede suo padre, e tu sei la mamma o il papà?", "Io sono il gatto" ci fa).

Che belli i misteri spaventosi dei bambini, quest'anno la cosa l'ho organizzata alla sanfasò come mio solito, ma l'anno prossimo mi dò da fare meglio per non contraddirmi e non farci beccare. Perchè in fondo è una cosa così carina che mi piace farla durare il più possibile. Per me, più che per loro.

martedì 4 dicembre 2007

4 dicembre: santa Barbara

Santa Barbara che va per campi
va cogliendo le rose bianche
chiama Cristo e san Giovanni
che ci scampi dai tuoni e dai lampi


Oggi è santa Barbara, mio onomastico, come mi hanno appena ricordato la mia mamma e mia zia, e dedico questea poesiola che diceva sempre mia nonna Peppina, a tutte le omonime co-festeggianti.

Che con il catechismo preconciliare con cui sono stata cresciuta da nonna e zia Filomena (sono l'ultima della mia generazione, credo, ad aver sempre e regolarmente recitato il rosario in latino dall'età della ragione, e non me ne ricordo quasi nulla, tranne un paio di litanie) e l'accento abruzzese che chi non lo conosce non si perde molto, io capivo sempre Santa Barbara va peccando che foneticamente aveva più senso, e logicamente, forse anche, con tutti quei santi che peccavano, poi fulminati sulla via di Damasco si pentivano e diventavano santi.

Per dire, questo è il mio imprinting sulla santità. Che si fa ancora a tempo a diventarlo, mica ci si deve nascere. E proprio in un paese di calvinisti sono andata a finire. Il mio problema con l'Olanda si gioca tutto sulla predestinazione. Deo gratias.

PS: fiori, cioccolatini, auguri e regalini vari, che la jella di essere quella che fa i regali di Sinterklaas a tutti è che poi nessuno li fa a me, sono ovviamente tanto graditi. Ringrazio commossa per il pensiero.

lunedì 3 dicembre 2007

Sinterklaas preview


È solo il 3 dicembre, Sinterklaas arriva il 5 a portare regali ai bambini e io ne ho già fin sopra ai capelli. Sabato festa con le due amichette preferite e rispettivi 4 genitori. Tre madri straniere che facevano del proprio meglio per integrarsi ed integrare i figli. La mamma polacca niente di che, san Nicola lo festeggiano anche loro. Ma la più convinta era la mamma iraniana. Lei, se le avesssimo dato retta era pronta ad affittare un costume e metter di mezzo qualcuno che si prestasse a fare il Sinterklaas con il librone dei buoni e dei cattivi. L'abbiamo ignorata finché non ci ha ripensato.

Il pomeriggio ho spedito i maschi di casa a fare la spesa (con la lista scritta da me, che a che serve una donna per una volta che non ci va lei?) così ho potuto impacchettare tutti i regali, precedentemente sempre da me comprati. E sono orgogliosa di me stessa perché ho pure scritto le rime in olandese per tutti, compresi i parenti che invece sono venuti domenica.

Perché quella di Sinterklaas, prima che il serpente si mangiasse la cosa e il marketing und consumismo prendessero il sopravvento, era la festa con cui gli olandesi hanno inventato il marketing. Famiglie povere che una volta l'anno volevano fare qualcosa di bello per i bambini con i mezzi che avevano e molta fantasia nel presentarli.

La cosa funziona così: il regalo vero e proprio costa poco, però va presentato con la cosiddetta surprise che non è una sorpresa. È una specie di conto profitti e perdite dell'anno passato. La susprise e relativa rima devono riferirsi ad alcuni aspetti del ricevente, con cui lo si vuole prendere in giro bonariamente (!) e/o fargli notare aspetti del suo comportamento, fisico, modo di fare ecc. suscettibili di revisione. Che dirvi, noi cattolici la confessione la facciamo in privato, qui gli sputtanamenti sono pubblici. O altrimenti a cosa credete che tutte quelle case olandesi con finestre enormi e senza tende a che servissero?

Insomma hai un nasone? Il regalo te lo avvolgono nel depliant di un chirurgo plastico e lo impacchettano in un nasone di cartapesta (e magari già che ci siamo ti regalano direttamente un Pinocchio o un elefante di marzapane) e ti scriveranno una rima otorinolaringoiatrica. Tanto per dare un'idea. Che tu magari abbia già per fatti tuoi il complesso del nasone e che avrebbero fatto meglio a farti la colletta per il terapeuta non conta, tanto è Sinterklaas.

Devo dire che le rime più perfine mi sono venute per i due padri. Quello in dolce attesa ha ricevuto un coniglio di marzapane, l'altro che è stato a sbronzarsi a Barcellona con gli amici una bottiglia di Martini, che era l'unica bottiglia intonsa che avevo in casa. Cose così.

Sul Sinterklaas con i parenti mi dilungherò un'altra volta.

venerdì 23 novembre 2007

Rottamazione vibratori inadeguati

Si, certe cose possono succedere solo ad Amsterdam, e meno male che le fanno. Dopo le aziende con una coscienza che decidono di ritirare prodotti perché non adeguati, decisamente pericolosi, non funzionano ecc., poteva mancare la rottamazione vibratori? Che è vero che gli olandesi il marketing fondamentalmente lo hanno inventato loro a partire da come si gestiscono la festa di Sinterklaas, ed è vero che credono di avere una coscienza sociale e un istinto emancipatorio nei confronti di tutto e tutti, anche di chi non vuole essere emancipato, ed è vero che sono famosi nel mondo più che altro per quei sex-shop con cazzoni di plastica spaventosi in vetrina che stanno su tutti i percorsi turistici, che poi la gente se gli chiedi cosa hanno visto ad Amsterdam pare che vedano il quartiere a luci rosse e le vetrine del sex-shop e poco più (tipo la casa di Anna Frank o il Van Gogh), ed hanno questo alto tasso di Internettizzazione che ormai anche il barbone a momenti ha la sua webpage, ma mettere tutto ciò insieme ha del genio.

Onore al genio, quindi. Si comincia con un sito dedicato (vedi link), in cui un testo di un equilibrio splendido tra marketing, coscienza sociale, uso e funzioni del dildo e vari altri aspetti che ora mi sfuggono, che non sono stata mica a farci l'esegesi, che io sono di quelle che le vetrine dei sex-shop mi mettono l'ansia da prestazione e allora evito di soffermarmi sulla cosa, dicevo il sito che spiega la faccenda.

Premettere, l'iniziativa parte da un negozio di vendite per corrispondenza dedicato soprattutto, anche nel nome, alla clientela femminile, che si sa, non siamo tutte proprio così tanto emancipate da andarcene belle fresche nel sex-shop dietro l'angolo a vedere le primizie della nuova stagione quando ci gira di fare shopping. Per dire che come minimo, se ci dobbiamo comprare le palline quelle per fare yoga, diciamo che dobbiamo fare un regalo a una che ha appena partorito e deve rifarsi il pavimento pelvico duramente provato dalla cosa. Signora mia, che secoli di repressione della sessualità femminile ancora si fanno sentire.

Allora, l'azienda ci informa che purtroppo è un settore ancora selvaggio e non autoregolamentato, per cui esistono tante ditte che si improvviano, tanti prodotti proprio inadeguati, nel senso che non fanno effetto, o ne fanno di meno di quello che ci piacerebbe, o non sono ergonomici, o sono fatti di materiali inadatti o dio ne liberi, decisamente tossici. Al che mi viene la nostalgia per il dildo d'avorio con i bassorilievi del Kamasutra di cui ho letto in Fanny Hill. L'avorio non è tossico e da quello che ho letto quello lì di Fanny Hill manteneva proprio tutte le promesse. EEEh, i prodotti di massa non sono più quelli di una volta che facevano per le elite.

E per ovviare a tutto ciò, dicono, hanno deciso di dare avvio ad un'azione di rottamazione dei vibratori vecchi, in cambio di uno nuovo. Hanno creato un furgoncino fattapposta con il logo di "scambia il tuo vibratore" che, esattamente come il furgoncino per la raccolta dei rifiuti chimici, si troverà in date stabilite in determinati posti (a cominciare da piazza Dam) dove le donne potranno accorrere in massa a far rottamare il vibratore vecchio in cambio del nuovo. Bello, non vedo l'ora, che ho sempre sospettato che il mio - regalo per Sinterklaas - fosse una ciofeca. Mi pare fosse stato comprato proprio da loro, ma prima che acquisissero la coscienza sociale. Buttarlo via non avevo il coraggio, era un regalo e poi praticamente nuovo. Rottamarlo mi sembra un'opzione responsabile ed ecologica, valà che mi decido. Vado a leggermi come funziona la cosa.

Non finisce qui: ci sarà una festona di scambio, bisogna iscriversi che le richieste sono maggiori di quello che pensavano, e poi vai alla loro festa nell'unico punto vendita fisico che hanno (in Vijzelsgracht, se interessa), con il tuo bravo numerino di prenotazione che hai fatto su Internet, consegni alla hostess il vecchio e nel corso della festa ti consegneranno il nuovo, che non si sa com'è, che è una sorpresa, ma tratto dalla nuova collezione di The Fun Factory, che ha anche un bel sito tradotto in Italiano, il che la dice lunga. I siti della maggior parte degli altri paesi sono in inglese. Fosse che c'è mercato, da noi, e per questo investono nella traduzione del sito.

La cosa che dicono en passant è che ci sarà tanta stampa, e quindi si faranno riprese e foto. Che è il motivo che mi ha decisamente scoraggiata dal partecipare, che per una volta che sono stata in TV a commentare sulla cattura di Provenzano, in orario tardissimo, con il cappello in testa che mi mimetizzava, ancora incontro gente che dice di avermi vista.

Meglio non rischiare di dovermi sentir dire "Ma sai che ti ho vista in TV a farti cambiare il vibratore, com'è, funziona bene, no che anch'io pensavo di prendermene uno ma l'Associazione consumatori ancora non lo fa il test comparativo e allora volevo chiederti come ti sei trovata con questo, che se ne sentono tante". Ecco, ribadisco, io continuo a essere la bimba tirata su dalla prozia monaca di casa, la mia emancipazione in proposito è all'anno zero e lo stomaco per mettermi in una cosa del genere non ce l'ho. Però per dovere d'informazione, ve la dovevo raccontare, spero qualcuno me ne sia grato un giorno, che una coscienza sociale ce l'ho anch'io.

Ah, stavo per dimenticare la cosa migliore: che ci fanno con tutti i vibratori rottamati? Un'opera d'arte di non so chi, che faccio fatica ad imaginarmela, l'unica cosa che ci farei io di artistico è un gigantesco Mobile con tutti i vibratori accesi contemporaneamente, da appendere all'obelisco di piazza Dam. O a una di quelle carrucole tipiche per porte i mobili nelle case sui canali, magari giusto quella che sporge dalla casa di Anna Frank.

PS Vedi amichetta mia tenera, tu te ne vai un paio di settimane ai Caraibi di novembre e ti perdi tutte queste belle cose. Poi mi tocca aggiornarti, contenta che lo faccio?

Mi è venuta la madre (lievito madre)

Finalmente, dopo due splendidi figli, mi è riuscito di nuovo di produrre una cosa viva che mi è venuta benissimo. Un lievito madre fantastico, stasera ci ho fatto panini e focaccia e mi vengono da dio.

Diciamo che ogni tanto ci provavo e mi venivano delle cose dubbiose, che però speravo che facendoci la pasta e rinnovandole di volta in volta, entro un paio di mesi mi sarebbe venuto il Blob che si dimena fuori dalla ciotola dell'impasto scodinzolando non appena gli fai ventilare una proposta di lievitazione. Macché. Un paio di volte me lo sono infornata, scordandomi di salvarne abbastanza. Insomma, di quelle cose che mi vengono come i maglioni di lana.

Stavolta invece una robina bella gommosa, appiccicosa, con tutti i buchini e buconi da spugna che ci vogliono, che basta darle un po' di farina ed emerge vittoriosa. L'ho scoperto per puro caso, ormai avevo da un paio di giorni un barattolone copertoin cucina ma non avevo avuto tempo di guardarlo.

Nell'entusiasmo della scoperta ne ho proposto un po' a Lily, che però ha preferito portarsi via un paio di panini belli e pronti.

Non mi cominciate a chiedere quantitativi e metodi di riproduzione. Non lo so. Mi è venuto. La botta finale, ovviamente me l'ha data Flavia, che mi ci ha fatto mettere zucchero, miele ed acqua calda. Io tentavo con i metodi "pure nature" che pure, considerato lo stato igienico della mia cucina dovrebbe far riprodurre per partenogenesi pure le uvette per i maritozzi e far crescere i porcini al primo acquazzone autunnale, evidentemente bisogna dare un calcio in culo a tutti, nella vita, se vuoi ottenere qualcosa.

Non so se sia stato il freddo (io credevo funzionasse il caldo e stavo per rimandare all'estate), che nella mia cucina il termosifone sta spento. Quello che è, preferisco affidarmi alla fede e non alla scienza, qindi inneggio al mistero dei saccaromiceti e lattobacilli ed evito di farmi domande.

Siamo italiani, piangiamoci addosso

Cito dalla newsletter di Paolo Marchi, noto e attivissimo giornalista, esperto e guru eno-gastronomico, perché mi sembra ponga un interessante problema di interculturalità. Intanto parla delle nuove guide Michelin e pare che a Tokyo i ristoranti tre stelle siano otto.

"Giusto o sbagliato che sia, è inutile che noi italiani ci chiediamo perché la Michelin ci penalizzi perché i suoi responsabili non pensano affatto di mortificarci, al di là del gusto tutto francese di guardarci dall'alto verso il basso. Sono infatti perfettamente convinti che noi nell'alta cucina, per come la intendono loro, si vale meno della Germania e di Tokyo, altrimenti ci darebbero altri voti. Siamo noi i grulli che ci aspettiamo generosità totale da una realtà francese, il cui fine ultimo è contribuire alla gloria della cucina di Francia (e non della nostra)."

Scusatemi, ma a me sembra che la Michelin cuochi italiani fuori dall'Italia li premi, o no? Allora, siamo noi i grulli forse che non sappiamo fare sistema, siamo noi i grulli che preferiamo la mangiatona abbondante alla trattoria della Sora Cecia a 4 soldi piuttosto che aprire il naso e le papille a qualcosa di nuovo e migliore pagandolo il giusto, siamo noi che per primi non sappiamo apprezzare la cucina come una forma d'arte. Guardiamoci anche i vantaggi di ciò: abbiamo una cucina casalinga e popolare di ottimo livello. Siamo fortunati. Per questo ci accontentiamo. Sbagliamo.

A me non sembra che la Michelin, pur con tutti i presupposti per cui è nata e come funziona, stia lì per contribuire alla maggior gloria della cucina di Francia. È lì per distinguere professionisti che lavorano in un certo modo (un ristorante Michelin, sicuramente un tre stelle, non è solo per la cucina) e se da noi non ci sono ce ne possiamo dispiacere o possiamo chiederci se quel certo modo di fare ristorazione ci interessa davvero, ma non stiamo per favore a dire: tu non mi fai giocare e allora mi invento io un giochetto mio. Non rendiamoci ridicoli pensando a inventarci la contro-Michelin solo per questo. Per altri motivi migliori magari si, ma non per questo.

Anche la ristorazione italiana, vogliamo farla diventare adulta?

Da evitare come la peste

Stasera, non dico come e ospite di chi che non è carino, perché in fondo la compagnia è stata piacevolissima, ho finalmente cenato da Pasta e Basta, sullo Spieghelgracht, nella stradina degli antiquari di fronte all'ingresso principale (ora chiuso causa restauri) del Rijksmuseum. Meglio specificare, che sennò magari qualcuno si sbaglia e ci finisce dentro.

Vuoi che non avessi già sentito parlare di questa formula di ristorazione che prevede camerieri/e che cantano pezzi d'opera tra una portata e l'altra? Tra l'altro un paio di anni fa ci è andata a mangiare mia suocera con le sue amiche dell'hockey e le era piaciuto molto, quindi già un buon motivo per sapere che doveva essere una schifezza. Nulla contro mia suocera, che è una santa donna, la ammiro e le voglio un gran bene, ma tanto è notorio che su cibo e ristoranti, anche se spesso ci piacciono le stesse cose, abbiamo una filosofia di fondo diversa.

Io benedico anzi mia suocera e le bacio i piedi devotamente, perché frequentando lei capisco chi sono i miei polli quando devo scrivere un'articolo. Sempre utile conoscere il proprio pubblico, cosa che con il blog funziona un pelo giusto con chi mi lascia commenti, (del che ringrazio).

Poi di Pasta e Basta, francamente, un altro episodio ci aveva suggerito di dubitare anche della part II della formula, ovvero la musica. A tutt'altra cena di gala, il proprietario che manco so chi sia (dio lo perdoni per i soldi che si sta facendo alle spalle dei fessi, perché c'è da dire che è un ristorante ben frequentato e recensito, che devo dire, chi è causa del suo mal pianga sé stesso) dicevo si era portato dietro una sbarba e come supplemento a sorpresa dell'intrattenimento di quell'altra cena, dopo averci detto brevemente chi era e che faceva, l'ha fatta cantare. La sbarba, giovane, bionda, bellina e in abito da sera, ha annunciato che avrebbe cantato l'aria "XXX" di Verdi e il mio capo ha immediatamente corretto, a mio esclusivo uso e consumo "Rossini", che voglio dire, la differenza tra Verdi e Rossini la capisco persino io. Anche lì, saremo noiosi, ma o sai fare un mestiere e sai quello che fai, o resta a casa. Che poi non cantava PROPRIO male, ma tanto per dire che tipo di locale è.

Insomma, stasera entriamo in ottima e numerosa compagnia, soffitti bassi e opprimenti ma in fondo bel localino, ci sediamo, tutti camerieri/e giovani e belli e una tipa bionda, giovane e mostruosamente decisa alla porta che ci mette a sedere e ci azzittisce per microfono quando qualcuno canta. C'è un piano a coda con il coperchio alzato che ospita una selezione i antipasti. Scommetto che è solo l'involucro e al posto dei tasti bianchi e neri c'è una tastiera Roland o simili. Che date le premesse....

Ci portano una serie di antipasti, OK, più o meno commestibili. Le coZZe, in questo paese vegono bene per forza se non cominciano a sputtanarle con il porro, e infatti si fanno mangiare, funghetti trifolacchiati, verdurine al dente, una fettina di salame, buono. cioè, ok, commestibile, si ciacchiera e mi distraggo. poi annunciano la pasta al pollo e tutti gli/le italiani/e presenti li vedo storcere il labbro, del tipo "Ma ho capito bene?", purtroppo si.

Arriva un piattone con poca pasta scotta, un mucchio di pollo a tocchetti, pomodori secchi, prezzemolo tritato e altre puttanate, che bastava lo dividessero in due e tenessero il dente avevi fatto pasta aglio olio parmigiano grattato con i buchi grossi della grattugia quadrata e prezzemolo e un secondo di pollo e pomodori secchi cum puttanate che però in quel modo andava bene. Invece no, me li hanno dovuti mettere insieme. Piatto di dessert misti con tiramisu (buono ma un cucchiaio a testa), bigné scongelati, una fettina di parfait anch'èeso scongelato e alcune fruttine qui e lì per far scena.

Torno allegra a casa in bici, che oggi è stato un pomeriggio splendido e una notte dolcechiaraesenzavento che quando pedali lungo il canale e vedi l'acqua ferma e immobile rendi grazie al signore o chi per esso. Mi metto a letto. Ne esco di corsa raggiungendo a malapena il bagno al piano di sopra. Mi fermo qui, ma era peggio della maledizione di Tutankamon. Col che mi convinco definitivamente che Pasta e Basta per me è un capitolo chiuso. E così spero anche di voi.

domenica 18 novembre 2007

Arriva Sinterklaas

Non mi parlate di sicnretismo che il discorso si fa complesso. Io ve la racconto come la sanno gli olandesi, poi tirate voi le vostre conclusioni. E i baresi per favore non si incazzino.

Ieri Sinterklaas è arrivato in Olanda, come tutti gli anni. Sinterklaas, che sarebbe san Nicola, vescovo di Myra, porta i regali ai bambini buoni. Quelli cattivi vengono frustati sul sedere con un fascio di cannucce dall'aiutante di Sinterklaas, Zwarte Piet. Non so, a orecchio direi che se ne potrebbe fare una prestazione SM per chi ha dei traumi infantili da risolversi. Ma così, magari qualcuno nei vari sex-theatre già lo fa, che tuttele mie idee geniali s scopre sono già da tempo commercializzate. Comunque se qualcuno lo fa, voglio i diritti, siamo d'accordo?

Comunque, i dettagli tecnico-antropologici ve li potete tranquillamente leggere qui che lo spiegano tanto bene:
http://en.wikipedia.org/wiki/Sinterklaas

L'arrivo di Sinterklaas in Olanda significa che oggi ariva ad Amsterdam con il battello a vapore e tutti gli Zwarte Piet vestiti da paggio, approda al Museo marittimo, prosegue verso l'adiacente terreno della Marina dove attendono tutti i carri, le fanfare e il seguito del corteo, da lì riemerge a cavallo seguito da: gli Zwarte Piet nei colori della nostra banca che regalano bandierine e biscottini alle spezie (pepernootjes, se parliamo di dolci tradizionali 1000 volte meglio il torrone fratelli Nurzia, ma vabbé), una iciletta assurda a 22 posti guidata da un branco di Zwarte Piet che suonano gli ottoni, altre varie fanfare, certi anni arrivano del Beglio e altri posti remoti, il cocchio con cocchiere, carico di pachi, che fa pubblicità a uno dei grandi magazzini d'Olanda (fornitori ufficiali di Sinterklaas), ecc. ecc. ecc. In genere c'è anche una fanfare di Highlanders on gonnellino scozzese e un caporalmaggiore con la faccia incazzata che li guida agitando il bastone.

Se ne vanno tutti al Dam e poi al Leidseplein fra due ali di folla festante e poi non so bene. Visto che abitiamo vicino all'approdo, ci siamo sempre saggiamente astenuti dal seguire il corteo. Ci piazziamo in loco all'ora X, aspettiamo che Sinterklaas arrivi, guardiamo il corteo uscire dai cancelloni della Marina e quando si sono allontnati tutti rianiamo a casa.

Stavolta ci attende la nostra prima cosa organizzata: ci vediamo con tutta una serie di amichetti e genitori, per poi venire a mangiare da noi una pasta e fagioli che ho appena avviata nel pentolone delle feste. Ennio arriva in treno con il suo migliore amico traslocato in campagna, da cui ha dormito stanotte (da loro Sinterklaas c'era ieri) e mi arriverà vestito da vescovo: mantellone e mitria di felpa rossa (e i guanti bianchi con l'anellone che ho ritrovato qui.) Orso invece ha riesumato i calzoncini da paggio, ma ci siamo persi il berretto. Speriamo bene.

Comunque ho tempo fino al 5 dicembre per ricattari e avviare una serie di cambiamenti nelle abitudini di questa casa, con la minaccia che Sinterklaas non gli porterà i regali. Da stasera: ci si mette il pigiama da soli prima di lavarsi i denti. si va a letto senza storie e senza litigare dopo la canzone, la favole e/o il cartone di barbapapa su youtube. La mattina ci si veste da soli. La sera si mangia seduti composti tutte le cose buonine che mamma ha preparato con tanto amore. Sennò comincio a darvi una scatoletta e un apriscatole e vi arrangiate.

Dura la vita della mamma: meno male che c'è Sinterklaas che aiuta a creare i cambiamenti epocali di abitudini.

lunedì 12 novembre 2007

San Martino in Olanda

A San Martino l'Olanda festeggia in un modo molto carino. I bambini, verso le 5-6 di pomeriggio, come fa buio, vanno casa per casa con dei lampioncini a cantare canzoncine e in cambio ricevono dolci, mandarini o soldini. Questa la tradizione.

In realtà tutti comprano un megapack di Mars, caramelle gommose o schiumose, insomma le peggio schifezze e via. Altri invece escono fuori a cena perché non sopportano i bambini che cantano, ma non hanno neanche lo stomaco di fingere di non essere in casa.

È stata una delle prime tradizioni olandesi che ho conosciuto, forse perché la più vicina al cuore del capo. Per gli anni che lui abitava in una via difficile a Gro (proprio un ghetto, con tossici, spacciatori - tutti residenti - un paio di omicidi nel settore, ma anche studenti del conservatorio che avevano una serie di appartamentini isolati acusticamente, famiglie che vivevano del sussidio, noi, cose così) e quindi io compravo regolarmente le schifezzette, i bambini non venivano (forse perchè eravamo sul lato in ombra della strada, i lampioni erano di fronte) e poi il capo se le faceva tutte fuori da solo.

Perché il mio capo è una perla d'uomo: vegetariano, astemio, non fuma, è antimilitarista, femminista, le femmine che fanno le sexy lo irritano e le altre non le nota perchè ama solo me, ma se abbiamo dolci in casa non ha pace finché non li ha finiti. Quindi gli unici dolci che i miei figli vedono sono quelli delle feste degli altri. Io mi compro solo un po' di cioccolata di nascosto per i momenti di depressione (giuro, lo faccio per il magnesio che c'è dentro, ce n'è davvero tanto).

Era così anche da piccolo. Per lui Sint Maarten era quindi una festa bellissima, dolci a gogo senza il controllo materno. In genere i bambini fanno il giro con il lampioncino fino a 12 anni. Poi passano alle superiori e si vergognano un po'. Non così il capo: lui ci ha provato fino al primo anno di superiori. Se ne è andato in giro con gli amici del fratello piccolo, non del mediano, proprio i piccoli di sei anni più giovani. E sapendo che quella era davvero l'ultima volta che gli toccava, l'ha fatto per il bottino: è rientrato dopo le 23:00 (ieri noi alle 19:00 eravamo già tra gli ultimi, siamo rientrati verso le 20:30 e non c'era un lanternino in giro), in certi posti neanche cantava, arraffava i dolci e via, indirizzo successivo. È stato malissimo, il giorno dopo, raccontava. Forse per questo che è diventato astemio: anche lì, se non stai attento, il giorno dopo stai malissimo.

Ieri io non c'ero, la MIA tradizionale festa di san Martino con cstagne e vino l'ho fatta sabato e ieri appunto ero a Utrecht per uno spettacolo con gli 'Otti (andato benissimo, un mucchio di complimenti e ci hanno pagati, bene che abbiamo bisogno di fondi per il prossimo pezzo teatrale serio che facciamo a marzo).

Rientro incazzata, che nel frattempo tutti i genitori di tutti gli amici telefonavano a me sul telefonino per sentire se andavamo, e io ero bloccata nel traffico. Rientro, casa buia e silenziosa, io a cercare di decidere: mi ficco a letto che sono distrutta, metto in ordine che ho ancora i cadaveri della festa di ieri in giro, o mi vesto calda e li raggiungo? Meno male che decido di salire a vestirmi calda: sono tutti e due nella vasca con le barchette e le papere. Bastardo di un padre, è la TUA tradizione e manco mi porti i figli fuori. Io divorzio. Per fortuna sono stata zitta.

Chiedo a Ennio? Vuoi farti ancora il bagno e poi andiamo a letto, o ti vesti VERAMENTE in fretta e raggiungiamo un pezzetto i tuoi amici? Lui esita. Lo capisco, anch'io vorrei solo ficcarmi nella vasca calda ma in quel momento arriva il padre bastardo, ancora incazzato con me che gli ho sbolognato i figli tutto il weekend (amore della mia vita, quand'è che lo abbiamo deciso esplicitamente che tu ti dedicavi esclusivamente alla carriera dal lunedi al venerdi e io facevo la custode del fuoco sacro da sola in questi giorni, oltre al mio lavoro? Mai, vero? È successo così. Allora succede anche che io il weekend me lo organizzo partendo dal presupposto che ai figli ci pensi tu. Aiuto, dobbiamo parlarne seriamente al più presto) arriva incazzato in bagno, dicevo, dichiarando: il bagno adesso lo faccio io. Io divorzio, ripeto il mio mantra silenzioso.

Per fortuna in quel momento tutta la band di amichetti suona alla porta e il capo mi ficca in mano una busta di schifezze dicendo apri tu, e io scendo dal terzo piano ancora con i tacchi da presentatrice e un freddo cane che sono vestita da sera mentre qui ci vuole un maglione e un paio di calzettoni, clima infernale che mi fa fuori spontaneamente qualunque velleità di vestirmi sexy, Ennio mi raggiunge di corsa con addosso un asciugamano troppo grande per lui per sentire i suoi amici, e a quel punto gli viene voglia, si veste (ci vestiamo) caldissimi in fretta, scopro che le giacche dei tre maschi sono bagnate fradice (allora sono poi usciti davvero? Sotto la pioggia battente e l'infame ventaccio freddo tipico di san Martino, che al povero J. l'anno scorso è volato il lampione nel canale e lui povero, che già è un bimbo tenero e timido, non gli veniva proprio da cantare alle porte, piangeva dalla delusione e basta). Scusami amore, mi rimangio tutto sul padre bastardo e le tradizioni (ma la discussione sulla divisione dei ruoli quella non te la toglie nessuno) e adesso che finalmente non piove ci facciamo un giro con l'amichetta A., il cui padre in carriera ha un giubbotto pieno di macchie di fango.

"Lo vedi quanto si è divertito a Barcellona con gli amici dell'Università?" chiede allegra la mamma di A. indicandomi le machie ("Sono scivolato" spiega lui, Si, proprio, facciamo noi in coro). Lo vedo, infatti i padri e le madri olandesi in carriera se lo fanno ogni tanto un weekend con gli amici/le amiche per conto loro. Il mio invece no. Forse lo devo spedire una volta a Barcellona anche a lui, che anche se è astemio e fedele nei secoli qualcosa da fare forse la trova.

E anche questo san Martino la nostra parte l'abbiamo fatta. Ora in fretta dal cinese a prenderci qualcosa da mangiare, che io ho fame e anche se non sembra, questo weekend ho lavorato e non ho voglia di cucinare.

Il più carino però è stato il signore della casa all'angolo sul canale a fianco al nostro, che anche se stava vedendo la partita è sceso di corsa dal secondo piano, ci ha dato dei dolci e ha rinunciato ad ascoltare le canzoni che aveva fretta di risalire per vedere se avevano fatto goal. Lui mica ha fatto finta di non esserci. Allora dopo vado a lasciargli un biglietto gentile firmato san Martino, dicendogli che ci metterò una buona parola con il collega san Nicola, che arriva ad Amsterdam la settimana prossima e che il 5 dicembre porterà i regali.

venerdì 9 novembre 2007

Utilità dei cuochi mediatici

Andrea Matranga, cuoco siculo, chiede sul suo blog un parere sui cuoci mediatici e il loro contributo all'arte culinaria. Un argomento che mi stuzzica molto.

Ultimamente ho intervistato Giorgio Locatelli della Locanda Locatelli a Londra e tra le tante belle cose che ha detto c’era questa: che secondo lui un cuoco deve dimostrare cosa sa fare in cucina e non sui media. Se pubblichi un libro l’anno, quand’è che fai il cuoco? (Tanto per non nominare Jamie Oliver per nome e cognome). Giustissimo. Però mettiamolo nel contesto.

A me vivere in Olanda, una terra di missione dal punto di vista culinario (nel senso che imperano i valori sbagliati, ovvio sbagliati secondo me, come prezzo basso, rapidità, medietà e salse che danno sapore a tutto) ha però aperto un mondo di sapori e ingredienti nuovi. Proprio perché la cucina tipica olandese è una cosa che gli olandesi per primi non gradiscono più di tanto, qui trovi cucine di tutto il mondo. Chiunque ha cucinato almeno una volta, non dico una ricetta francese o italiana, ma indonesiana, cinese, giapponese, africana. Un cous-cous e un babi ketjap non si negano a nessuno.

In tutto questo, una buona parte l’hanno avuta i cuochi che scrivono ricette, fanno programmi in TV (quelli li conosco poco, in quanto non ho TV dal 1996). I cuochi divi mediatici insomma. Così è successo che in un supermercato qualsiasi olandese trovo dal latte di cocco alla pasta de Cecco. Bello. Poi non trovo una mela che sappia di mela, del pane che sembri pane e un fegatino di pollo che sia uno, e mi tocca sbattermi per mercati, negozi biologici carissimi e la macelleria Halal. Faccio una fatica a fare una spesa poco poco decente. Bruttissimo.

Tornando al contesto, rendiamoci conto di quello che in Gran Bretagna sono riusciti a fare i media per la riscoperta della cucina come piacere per sé stessi. Ragazzi, non ci scordiamo che quando sono andata io a 14 anni in Inghilterra tutto era stracotto (le verdure grigioline servite nel fondino di acqua gocciolante, signore benedetto) ecc. ecc. e andiamo adesso in un qualsiasi Marks & Spencer (non Fortnum e Mason quindi) e guardiamo come promuovono i prodotti con argomenti tipo: rispetto per l'ambiente, sapori, prodotti locali, produzione responsabile, verdure antiche riesumate con pazienza certosina perché hanno un sapore migliore della bio-industria che ci compriamo al supermercato. Questo nel supermercato più di massa che possiamo immagiarci (sempre nel suo contesto).

Il britanno medio ha in cucina una biblioteca di ricettari, magari giusto quelli dei divi chef televisivi, ma se il risultato è che la gente scopre il piacere di cucinare e mangiare, scopre prodotti e ricette che non conosceva prima, ben vengano i cuochi mediatici. Se sono anche dei/delle bonazzi/e (pensiamo alle tette di Nigella che piacciono tanto ai telespettatori maschi, che poi si mettono a cucinare, ma anche al naked chef quando era giovane e magro) questa è la legge dei media, ma le ricette non mentono. Sono buone, fattibili, spiegate bene (che anche scrivere una ricetta è un’arte, ho imparato con il tempo) e la gente, il pubblico le gradisce. Oppure no. Si arriva alle esagerazioni divistiche, ma preferisco questo tipo di eccessi mediatici a Big Brother o alle veline seminude.

Io non capisco nulla di arte figurativa, ma se una cosa mi piace da mangiare me ne accorgo. Così tutti. La cucina e il cibo sono la forma d’arte più vicina a chiunque, e trovo che uscire ogni tanto delle solite minestrine e fettine della mamma sia un dovere educativo di ogni genitore, che con i mezzi e le possibilità che ha deve insegnare ai figli a riconoscere sapori nuovi e a goderne il più possibile.

giovedì 8 novembre 2007

Proprio un macellaio

Io mi ricordo ancora la macelleria di Ginetta al mio paese quando ero piccola. In certi giorni c'è un mezzo vitello appeso per il garretto a un gancio, all'ingiù. a volte sotto c'era una piccola macchiolina di sangue, a volte invece un catino.

La cosa più spaventosa ed eccitante era la segaossa nel retro. Il retro era un buchino con la porta della cella frigorifera da cui usciva la nebbia e in cui cercavo sempre di dare un'occhiata di sguincio, un lavandino piccolo per le mani, un tagliere rosso tutto scheggiato e un banco con su la segaossa. Il nome dice tutto. Per le bistecche con l'osso, per esempio (ci sono cresciuta, e tanto bene) Ginetta o Mario afferravano da un gancio nella cella un bloccone di carne, lo stendevano sulla segaossa, e ziiinc, ziiinc, ziiinc tagliavano l'osso, per poi finire di tagliare la bistecca a mano.

La carne costava tantissimo, perlomeno ricordo che se non la volevamo mangiare mia nonna ci diceva subito quanto costava. Ma non c'era rischio, la mangiavamo volentieri in genere. La carne macinata, bisognava prima ordinare lo spezzatino e poi fartelo macinare, non prendere quello già pronto nella vaschetta. La tritacarne stava invece sul banco, insieme alla pressa per gli hamburger, che venivano pressati tra due dischetti trasparenti di cellophan.

Per dire che io ho sempre saputo da dove viene la carne che mangio. Viene da un animale. Morto. Me ne faccio una ragione e dico una prece, ringraziando per il sacrificio. Ci sono interi sistemi di fede che si basano su questo meccanismo. Sacrificio, cannibalismo, gratitudine. Per dire, siamo abbastanza basilari in tutti i nostri processi intellettuali. Quello che conta è la panza piena.

Magari faccio più fatica a mangiare animali che ho conosciuto da vivi. Tipo i piccioni, o le papere, che a volte facevamo. Non tanto per il legame affettivo - non c'era - ma in qualche modo mi facevano impressione. Da spennati erano più lividi dei compagni nella vetrina del macello, da cotti più duretti. Insomma, viva il macellaio, che mi fa vedere da dove viene quello che mangio, ma non mi obbliga a macellarmelo da me (una volta però ho spellato un coniglio).

Tutto questo l'ho perso venendo in Olanda, dove la regola è che tutto costi poco, che il prezzo fa la qualità (se costa tanto è buono per definizione, se costa poco lo si sommerge si salse e spezie e passa la paura) e che bisogna ignorare da dove viene la carne.

La carne non ha interiora, non ha cuore né cervello, poco fegato, ossa il meno possibile, solo se esotiche (ossobuco) ed è tutto un filetto, uno spezzatino, un marinato, precondito, precotto, premasticato, predigerito.

Da un macellaio asettico di questi mi passa la fantasia. Tutto sembra uguale, in versione maiale, manzo, vitello, pollo. Come nei ristoranti cinesi di qui: scegli che bestia vuoi e che salsa ci vuoi. Le stesse salse per tutte le bestie, con lo stesso sapore tutte quante, dal gambero al pollo. Cambia un pelino il prezzo.

Adesso invece ho scoperto il macellaiomacellaio, con in vetrina si l belle fettine, filetti, bistecche eccetera, ma anche rognoni, stomaci, testicoli, cervelli e un paio di teste d'agnello sanguinolente.

potrei qusi dire: un macellaio del tipo "del maiale non si butta via nulla" solo che è un macellaio turco e giusto il maiale lo scarta per intero. Ma è già un primo passo.

mercoledì 7 novembre 2007

Creatività

I giorni cupi autunnali mi stroncano, ho passato giorni da un attacco di pelandrite all'altro. Per fortuna mi vengono delle botte creative e mi sono messa a far feltro.

Fare sciallini in feltro è un'arte che ho appreso da Cristina Pacciani, che ha un atelier sull'Overtoom e con cui ci siamo fatte subito simpatia. Eh, noi povere mamme italiane ad Amsterdam, se non ci si consola tra di noi. Lei è un'artista dei colori pastello, io cerco di fare colorini più forti.

Però per un'esposizione per cui doveva fare dei pannelli da 5 metri voleva lavorare in bianco e nero. Un'allegoria della giustizia. Una prova di bravura enorme per una feltraia. Per fortuna ci ha ripensato e ha fatto una serie di pannelloni bellissimi color pastello con dei piccoli inserti che a me sembravano delle vulvette (a domanda precisa ha risposto sibillina, ah questi artisti) e avevao un qualche tema d'amore.

Questi giorni, quindi, per scacciare il winter blues già in autunno (meno male che non vivo sopra al circolo polare, mi suiciderei in inverno) ho feltrato. Un cappello con Lily, che non avevo mai provato forme tridimensionali e infatti non è venuto un granché, ma lo considero sempre un lavoro in corso.

Uno scialle bianco da un lato e lilla, turchese con tocchetti di verdino e arancione acceso dall'altro. Uno scialle antracite con tocchetti in bianco e nero, e la scritta musa in rosso da un lato. L'ho regalato a Samila Bayat, artista iraniana in visita in questi giorni, che due anni fa ha fatto questa mostra da me con quadri sognanti e deliziosi per bambini. Il più bello era la bimba che decide di lucidare la luna, e sale su una scaletta altissima più in alto delle case, degli aquiloni e delle nuvole, tutto sfumato nei toni del blu notte. A Ennio è piaciuta tanto la megalumaca verde, sempre in attesa di essere appeso in camera sua. Una pittrice dovrebbe sempre avere la musa a portta di mano.

Poi: ho elaborato con Ruvy un act sul tema del mecenate, ce se ci lavoriamo un po'meglio viene bene per una prossima occasione.

Abbiamo scelto il pezzo che reciteremo a marzo: Signorina Papillon di Stefano Benni, che dovremo implorare di illuminarci, che è un pezzo tanto ermetico.

E domenica, andiamo ad esibirci per il Lize, l'organismo decisionale per `gli europei del sud in Olanda. Grazie a M-A, ho trovato dei pezzi di Machado, che negli anni '70 erano stati musicati da tale Joan Manuel Serrat, catalano. Leggerò questi, oltre ai nostri soliti pezzi.

Insomma, adesso mi resta solo da cucinare per la festa di san Martino di sabato, domani ci diamo alle torte di zucca con Monique, e poi ho finito.

Cosa non tocca fare per tenersi su quando il clima ti uccide.

giovedì 25 ottobre 2007

ho degli amici meravigliosi

Che in questi giorni di impietosa e lucida autoanalisi, come l'ha chiamata don Stalin, io sia cresciuta, e tanto, non c'è dubbio. Ma è grazie a tutti i miei meravigliosi amici che ne vengo fuori più forte e serena di prima. Mi avete coccolata, consolata, consigliata, sofferto con me, aiutata a relativizzare e a ridere sopra le mie paturnie, e nessuno, dico nessuno, si è sottratto. Vi siete indignati, incazzati, avete reagito con un tempismo incredibile.

Vi amo, siete splendidi (ehi, mica è per caso che siete i miei amici) siete la prova che devo essere una persona fantastica anch'io per avere amici come voi. E le pompe e i pompini funebri di Corepeloso resteranno negli annali (o anali? Questo correttore ortografico delle volte....)

E nessuno neanche per un'attimo mi ha chiesto se non pensassi di stare esagerando. Sono la donna più fortunata del mondo. Tutto quello che dò lo ricevo decuplicato. Ho gli amici migliori del mondo. Per favore mettetelo nella mia orazione funebre (già che siamo in tema per via dei pompini).

mercoledì 24 ottobre 2007

Silvia santa subito

Abbiamo deciso di costituire il comitato Silvia santa subito per la betificazione di Silvia. Lei gradisce, vuole essere santificata come vergine e martire e non ho dubbi abbia in questo momento tutte le caratteristiche del caso.

Ma per ora ad agiografie sto messa bene, quindi penso a un martirologio. Devo pensarci bene. Una parodia di Jacopone. In fondo tra umbri si capiscono bene.

Per ora l'originale, di ispirazione a tutti i lettori
O Segnor, per cortesia,
manname la malsania,

A me la freve quartana,
la contina e la terzana,
la doppia cotidïana 5
co la granne etropesia.

A me venga mal de denti,
mal de capo e mal de ventre,
a lo stomaco dolor pognenti,
e 'n canna la squinziana. 10

Mal degli occhi e doglia de fianco
e l'apostema dal canto manco;
tiseco ma ionga en alco
e d'onne tempo la fernosia.

Aia 'l fecato rescaldato, 15
la milza grossa, el ventre enfiato,
lo polmone sia piagato
con gran tossa e parlasia.

A me vegna le fistelle
con migliaia de carvoncigli, 20
e li granchi siano quilli
che tutto repien ne sia.

A me vegna la podagra,
mal de ciglio sì m'agrava;
la disenteria sia piaga 25
e le morroite a me se dia.

A me venga el mal de l'asmo,
iongasece quel del pasmo,
como al can me venga el rasmo
ed en bocca la grancìa. 30

A me lo morbo caduco
de cadere en acqua e 'n fuoco,
e ià mai non trovi luoco
che io affritto non ce sia.

A me venga cechetate, 35
mutezza e sordetate,
la miseria e povertate,
e d'onne tempo en trapparia.

Tanto sia el fetor fetente,
che non sia null'om vivente 40
che non fugga da me dolente,
posto 'n tanta ipocondria.

En terrebele fossato,
ca Riguerci è nomenato,
loco sia abandonato 45
da onne bona compagnia.

Gelo, granden, tempestate,
fulgur, troni, oscuritate,
e non sia nulla avversitate
che me non aia en sua bailia. 50

La demonia enfernali
sì me sian dati a ministrali,
che m'essercitin li mali
c'aio guadagnati a mia follia.

Enfin del mondo a la finita 55
sì me duri questa vita,
e poi, a la scivirita,
dura morte me se dia.

Aleggome en sepoltura
un ventre de lupo en voratura, 60
e l'arliquie en cacatura
en espineta e rogaria.

Li miracul' po' la morte:
chi ce viene aia le scorte
e le vessazione forte 65
con terrebel fantasia.

Onn'om che m'ode mentovare
sì se deia stupefare
e co la croce signare,
che rio scuntro no i sia en via. 70

Signor mio, non è vendetta
tutta la pena c'ho ditta:
ché me creasti en tua diletta
e io t'ho morto a villania.

martedì 23 ottobre 2007

Minigonne

Le minigonne sono un mio trauma di gioventù. Cioè, più che mio, di mio padre, che era capace di farsi venire un attacco isterico se mi beccava con addosso quella che a suo parere fosse una minigonna. Indipendentemente dall'effettiva lunghezza della gonna in questione, il che era una cosa che mi confondeva molto le idee. Con i calzoncini corti non aveva invece nessun problema. Strana cosa, la psicologia paterna.

Quindi per me il primo atto di emancipazione è stato quello di comprarmi e mettermi minigonne alla faccia di mio padre. Peccato, perché io la minigonna la vedo come un capo tipicamente infantile e adolescenziale, nel senso che è a quell'età lì che sta benissimo a chiunque, ma proprio in quegli anni formativi lì non potevo metterla serenamente. In compenso una volta a 16 anni mi sono quasi rapata a zero, anche lì mio padre ha rischiato il coccolone, ma non poteva dirmi niente perché non c'erano potenziali allusioni sessuali. Perché diciamocelo pure, quello era il problema fondamentale di mio padre. Che mi violentassero perché portavo la minigonna, o cose del genere.

A 29 anni ne ho comprata una bellissima di Stefanel dicendomi che visto che stavo per arrivare ai trent'anni, forse sarebbe stata l'ultima e che ne dovevo approfittare. Si, perché a quell'età lì tentavo di darmi coraggio con il mito della "power suit", che assicuro, funziona benissimo. Mai avuto tanti tailleur severi come tra i 22 e i 30 anni. La mia amica Bowine uguale: una comincia a lavorare, cerca di farsi prendere sul serio e mette tailleur su tailleur.

Adesso invece che entrambe siamo femmine di gran carriera, mogli e madri esemplari e soprattutto non sentiamo di dover dimostrare niente a nessuno, tantomeno ai nostri padri, ce ne andiamo bellamente a culo al vento. Tanto sotto portiamo i fuseaux.

E dall'estate (subito dopo i miei 30 anni) in cui ho visto mia suocera in mini jeans, ho concluso che il mio prossimo limite lo sposto a 50 anni. Per ora.

- to be continued fra 10 anni -

lunedì 22 ottobre 2007

"La mia Olanda", aa.vv.

È uscita sabato scorso ad Amsterdam una raccolta bilingue di ritratti e ricordi di/sulla mia bellissima città da parte di diversi scrittori italiani. Si tratta di un libro commemorativo dei 30 anni di esisteza della Libreria Bonardi, l'unica, splendida inimitabile libreria italiana.

Bonardi e le sue signore sono un'istituzione. A parte che ci trovo tutti i titoli di cui ho bisogno, ma ho scoperto molti più autori interessanti nella mia vita nei relativamente pochi anni che la frequento, che non nelle più lunghe ed ampie frequentazioni di librerie e biblioteche in Italia.

Un nome per tutti, Paolo Nori. E poi Sandrone Dazieri, che adesso tutte le Feltrinelli te lo buttano dietro, ma quando e davvero uscito, chi se lo filava il Gorilla? Da Bonardi ho intervistato Sandro Veronesi appena uscito da un brutto periodo personale, ho letto i miei primi libelli e venduto ben una copia (o forse due) del mio manuale della perfetta fattucchiera. Che anche queste sono soddisfazioni.

Insomma, dipendesse da me Bonardi potrebbe festeggiare un trentennale l'anno, corredato di relativa pubblicazione. E ne "La mia Olanda" tutti i ritratti della città ne escono fuori leggeri e vaganti, come il riflesso delle nuvole sui canali.

domenica 21 ottobre 2007

L'amica immaginaria

Oggi ho perso un'amica. Fa la stessa sensazione di un buco da qualche parte. Un buco che sto riempiendo di lacrime. Perché non avrei voluto perderla, questa amica.

Avrei voluto divertirmici, giocarci, ascoltarla, raccontarle, esserci per lei quando è giù e poterla chiamare quando lo sono io. Avrei voluto continuare a costruirci i nostri favolosi castelli immaginari. Avrei voluto continuare a volerle bene. Così com'è, con tutto il suo libretto di istruzioni complicato, i suoi lati negativi, i suoi percorsi, le sue sovrastrutture tanto inutili e stancanti.

Perché la mia amica è bella, è generosa, è calda, è vorticosa, ha tante idee carine, è energica, è tenera ma non vuole lo si sappia in giro, è proprio una ragazzina commovente. Sa fare tante cose, chiacchiera tanto, è una diva. È ipocondriaca, somatizza. Riesce a convincere chiunque di qualunque cosa. La mia amica è una persona fantastica.

È autolesionista e non se ne accorge. È egocentrica, insopportabile, non ascolta nessuno, urla, ti aggredisce quando ti fa un torto (e te ne fa tanti, ma va bene anche così, non è che se ne accorga, è veramente una ragazzina commovente). È dominante, duplice, stronza, ti smerda convinta di aiutarti, non ti ascolta, ti mette continuamente sotto i piedi, non rispetta le tue scelte, il tuo tempo. È una manipolatrice. La mia amica sa tutto meglio di chiunque altro, per questo non ascolta nessuno. Non ne ha bisogno. C'è già lei.

Non telefona, convoca, manda mail dicendo: telefonami. Sparisce, latita, poi ritorna per convocarti di nuovo.

Se cominci ad ignorarla, si fa viva, circuisce, rientra a forza nel giro che ha appena snobbato. Si capisce, ha il terrore che il mondo possa fare a meno di lei. Le voglio tanto bene per questo. Perché voglio in qualche modo rassicurarla, che lei è importante per me, che vedo i suoi piccoli trucchi ingenui in trasparenza, ma che non importa, non ha bisogno di farne. La capisco lo stesso. La sento nelle sue fragilità, e sto sempre a attenta a girarci intorno.

Ogni tanto provo anche a dirlo. Sento che a volte si lascia ingoiare dai dettagli e perde di vista lo scopo primario delle cose e vorrei salvarla da se stessa, dirle, torna indietro, non serve, riposati, ci sono qui io. Ma lei tanto non ascolterebbe. Questo me lo dimostra sempre. È coerente, la mia amica, ma solo in questo. Non ascolta mai gli altri, solo sé stessa. E quello è il suo metro.

Adesso so esattamente come prenderla la mia amica. Da una settimana. Giuro che funziona. Ma mi costa un po' troppo. Non il tempo, che per lei l'ho sempre trovato. Non le frustrazioni, quelle ci sono abituata. Non le sfuriate, non mi piacciono ma avrei dovuto dirlo anch'io sempre, ogni volta e con coerenza. Non l'ho fatto, capita.

Quello che mi costa è un piccolo pezzo di dignità. Il dover fare il suo gioco, identico e speculare. Quello con lei funziona benissimo. Ma è un gioco che non mi piace, tutto qui il problema.

E poi mi ha rovinato un pezzetto di me, una cosa che avevo scritto con affetto e con piacere. L'ha appiattito. Banalizzato. Gli ha tolto la musicalità. Mi ha diseredata. Non capisce perché mi arrabbio per questo. Secondo lei il testo l'ha migliorato. Ma nessuno ha diritto a migliorare una cosa mia. Mi sfregia in una cosa importante a fin di bene, perché secondo lei io non sono capace. Lei si. Io non sto al gioco. non ci sto più a questo gioco.

E lei rifà la sua cosa prevedibile. Grida. Analizza le cose sbagliate. Dice: ma guardatele le due versioni, io ho solo migliorato. Invece lei delira. Lei sta facendo un linciaggio morale. Lei si rifiuta di stare al mio gioco. Allora non gioco più neanch'io.

Ho un figlio di 3 anni che queste cose le dice tutte le settimane: "Non gioco con te perchè non sei più mio amico". A me invece viene la nausea. Perchè 3 anni non li ho più da un pezzo.

Io oggi ho perso un'amica. Ma era un'amica immaginaria. Come Hobbes lo è per Calvin, secondo i genitori di Calvin. E i genitori ne sanno più dei bambini.

Ma io mi sento tanto piccola e mi viene da piangere. Perché l'ho persa davvero e nel mio cuore adesso non c'è più posto per lei, resta solo il buco.

venerdì 19 ottobre 2007

come srotolarsi le vertebre lombari

Non ci credo nemmeno io, ma ieri mi sono srotolata una ad una le vertebre lombari fino al coccige e me le sono sentite tutte. Ora, capisco che ad altra gente possa sembrare una stupidaggine, ma io le ho sempre avute formato obelisco di Trafalgar Square. Tutte d'un pezzo, per dire. E francamente, fin da quando ero giovane ed andavo regolarmente in palestra, era per me un mistero di come certa gente riuscisse a srotolarsi tutta, tipo pitone che fa i gargarismi. Io ho sempre avuto l'intima certezza che sarei andata a pezzi se ci avessi provato. Un po' come fare la spaccata, mai riuscita.

Le mie vertebre lombari e la loro mancanza di attività autonoma è il motivo fondamentale del perché non sia mai riuscita a ballare la Lambada, non perché zia Vittoria mi aveva fatto promettere di non farlo. Ora, cosa ne sapeva zia Vittoria della Lambada? Beh, che quando ero giovane il parroco una domenica dal pulpito ha fulminato contro certe pratiche e quindi lei si è tanto impressionata e mi ha fatto giurare che. Un giuramento che peraltro non mi era costato la minima fatica.

Invece adesso mi ha presa in mano Margherita, che mi fa fare tanti esercizi massacranti e carini. Ma oltre a quello, mi sono presa in mano io, che è ora che faccia qualcosa per la carrozzeria, rpima di ridurmi come mia madre. Vabbé, come mia madre non mi riduco, perché i genitori per certe cose sono i migliori deterrenti. Però bisogna tenersi su.

E devo dire, che se fare ginnastica è una cosa profondamente noiosa, avere un personal trainer è una figata. Non solo perchè ti monitora ogni millimetro del corpo che non sta in asse, "scoop your belly", mi rocorda di respirare, che è una cosa che delle volte mi sfugge, ecc. ma perché da una soddisfazione enorme. Il tono vittorioso con cui mi fa: "si, così", quando per un secondo tutto va, mi danno la sensazione di essere riuscita a scalare l'Everest senza bombole di ossigeno. Mentre magari mi sono solo riuscita a spingere l'ombelico verso le vertebre. Ma anche questa è un'impresa che va festeggiata.

In fondo è come la teoria dei baby steps. Fare le grandi rivoluzioni siamo capaci tutti, tanto poi torna tutto come prima per pura forza d'inerzia. Ma i veri cambiamenti uno riesce a farli se sa trionfare di ogni singolo piccolo passo che ce l'ha portato.

Allora, un peana alle mie vertebre lombari. Se poi qalcuno vuole invitarmi per una Lambada, riesumerò il mio carnet da ballo.

giovedì 18 ottobre 2007

La campagna di Russia (1)

Veni, vidi, vici. Il mio megarapido viaggetto di 2,5 gg. a Mosca è stato una grande soddisfazione. Innanzitutto, il mio russo, benché potentemente arrugginito e bisognoso di tanto lubrificante, non è del tutto defunto. E ho notato (ma questo praticamente sul piede di partenza, ovvero al caffé dell'aeroporto, dove ho pranzato) che se mi limito a parlare con il pilota automatico, ho persino un gran bell'accento convincente. Solo quello, ma è un inizio. Un te, una tartina e una zuppa posso ancora ordinarli (e ciò vuol dire che non morirò di fame).

Ho riscoperto il mito dei brindisi: quanti se ne riescono a fare in un'unica cena. Che si beva o no, l'importante è che i bicchierini di wodka trillino e che ci si bagnino le labbra. E non tutti i russi bevono ad fundum.

Sono entrata ai Magazzini GUM, grande mito della mia gioventù, e al Paradiso dei Bambini e ne sono uscita subito. Che dire, i danni che il capitalismo fa a certi miti storici.

Ho visto al volo la Piazza Rossa e il Cremlino, con la cattedrale dell'Assunzione. Ho ascoltato un'orchestra zigana e una folk (a tutte le cene c'era un ensemble che rallegrava l'ambiente e ammazzava la conversazione, meglio, che così apprezzavamo pienamente le pause). Cavolo, a colazione ci hanno dato un'arpista in abito da sera rosa che suonava moderni classici, come i Beatles.

E a tutte le cene (due, vabbé) mi presentavo barcollante in tacchi da 12, mai messi prima, perché vivaddio in Rome do like Romans do, in Russia mettiamoci i tacchi e le robine belline che si mettono le russe, non potendo in breve tempo farmi i capelli e le unghie (la manutenzione ordinaria non si improvvisa, quella straordinaria si).

Ho dormito nel mitico Hotel Metropol, ma non sono riuscita a farci la sauna (e cavolo, bisogn pur lavorare).

Ho comprato i biscottini di marca "Bolshevik" al supermercato SPAR e il caviale di salmone al duty free. E rimpango il latte che sa di vero latte e la meravigliosa panna acida che non troverò mai qui. Spero solo che la Ue ci metta tempo ad arrivare lì, almeno per quanto riguarda latte e affini.

Ho risentito quel mix di profumo di aneto, salamoia e carne affumicata che da solo mi porta ad Est, e il fanstastico pane di segale a lievitazione naturale, con quel fondino di acido dentro.

Mi sono ricordata che la sentimentale anima slava non è un cliché, ma mi appartiene. Come la nostalgia per un mondo fittizio in cui non ho mai vissuto, ma che mi sa tanto di casa.

Perché questo era il mio primo viaggio in Russia.

venerdì 12 ottobre 2007

fatemi mettere in moto

Stamattina ci siamo messi in moto tutti sul tardi ed Ennio andava ancora svegliato. Vado a fargli due coccole, e nel momento in cui gli scosto la coperta, lui se la ritira sulla testa dichiarando con voce perfettamente sveglia: devo un attimo mettermi in moto.

Oddio, adesso comincia anche lui.

Le mattine sono una cosa difficile. Il capo ha bisogno di un'oretta di rincoglionimento solitario davanti a computer e un caffé prima di arrivare a farsi la doccia, Orso è perennemente incazzato per le prime due ore, ma finora Ennio era la mia unica soddisfazione (perché anch'io avrei tanto bisogno di potermi mettere in moto con dolcezza, ma non mi si fila nessuno, però nel weekend mi lasciano in pace se dopo colazione mi rimetto a letto), perché con un po'di dolcezza e la promessa di qualcosa di interessante, dopo 10 minuti si sveglia come un grillo e salta su pieno di energia incontro alle promesse della giornata (di solito si comincia con quella di fargli il caffé d'orzo con il latte).

Adesso invece bisogna resettargli l'accensione. Mah. I bimbi crescono, le mamme invecchiano e nulla resta mai uguale.

giovedì 11 ottobre 2007

Caviale iraniano

Certe cose non succedono per caso: a giugno ho ordinato alla sorella di M. che sarebbe venuta in visita dall'Iran del caviale. Per motivi di visto arrivano solo adesso, proprio oggi che ho appena trovato il burro da latte non pastorizzato al negozio turco Genco.

Purtroppo una considerazione di ordine estetico mi blocca dal precipitarmi sull'ambito vasetto: è troppo carino, così impachettato in carta stampata a caratteri persiani e la cordicella fermata dal piombino. Devo prima fotografarlo, e prima o poi spero di riuscire a trovare il sistema per appiccicare foto su questi post, non ne vengo a capo.

E lunedi vado a Mosca, chissà non riesca a procurarmi il caviale di salmone, che mi piace tanto e quello dell'Ikea proprio non c'è paragone con i caviali clandestini che hanno nutrito la mia infanzia.

Ma adesso esco, e la foto deve aspettare. Chi ha una ricetta di blini o altri usi nobili del caviale? Anche se per me la cosa migliore è scucchiaiarmelo direttamente dal vasetto, e poi un giro di leccata sul fondo.

lunedì 8 ottobre 2007

la bakbicicletta

Tempo fa dicevo dell'importanza della bici per integrarsi come mamma olandese. Queste madri che col vento e la pioggia torrenziale si scarrozzano un tot di figli in giro, tutti con la loro cerata. È una cosa genetica, devo dirlo, che a me certe cose neanche vengono in mente. Anni fa mi sono comprata la supercerata con i pantaloni, gialla così mi vedono anche nella nebbia, ma chi la usa? Io mi sono creata apposta una ditta in casa proprio per poter fare a meno di uscire quando piove, se non è proprio necessario.

Poi sono arrivati i figli e ogni mattina a scuola di devo portare, che ci sia bel tempo o no (di solito no). Ed essendo i miei figli, refrattari all'umido meterologico (ma non a quelllo delle fontane, ieri Orso mi si è allagato due volte) devo anche avere l'asciugamano pronto per asciugare i sellini, che è vero che ci sono i fattapposta ma figurati se io li uso. L'altro giorno arrivo umida a scuola (e meno male che abito vicino, c'era una madre che sembrava la Medusa e ai suoi bambini hanno cercato dei vestiti di riserva che erano fradici fino alla vita) e mi vedo Anita, sempre elegante con i suoi tacchetti per andare in ufficio, con una doppia giacca e pantaloni cerati. Io i miei non so neanche dove sono, lei li tiene fissi nella borsa della bici. Le madri olandesi, pronte a tutto, beate loro. Io le borse non le ho, causa seggiolino posteriore del tipo che non le vuole.

Insomma, dopo un anno di ripensamenti (esclusivamente una questione di prezzo, e il capo vuole prima sapere il perché, il percome e l'assoluta necessità della cosa, ovviamente, ma lui va sempre in giro con il culo sulla macchina, questa è la differenza) abbiamo tagliato la testa al toro e ordinato una: Long Cargo bike (vedi foto se si vede). http://www.workcycles.com/bakfiets-verhuur/bakfiets-cargobike-lang.html

È il modello lungo di un biciclo che davanti si porta un cassone di legno, dotato di seggiolini e cinture di sicurezza, fino a 3 bambini ci trasporti (stringendoli un po'). E se piove ci monti la tenda trasparente, tu ti bagni, i bimbi no (e adesso aspetto che si inventino l'accessorio che ripari anche me, porca miseria).

C'è anche il triciclo, più stabile e capiente, ma molto più pesante. Quindi fra 10 giorni, non sarò solo una mammamsterdam perfettamente integrata nell'ambiente: sarò una mammamsterdam trendy. Meglio di un passaporto olandese, secondo me.

martedì 2 ottobre 2007

il Meetup di Beppe Grillo ad Amsterdam

Non solo notizia degna di nota, ma così faccio anche la prova su come inserire i link a questo blog. Perché sarà anche vero che è il primo progetto informatico tutto mio autonomamente dal capo, ma tecnicamente ho tanti di quei limiti.

Quindi, si annuncia (ta-tatataa-squilli di tromba e rullo di tamburi).

Niente.

Intanto il tag si è bello che capito che non me lo accettano, troppi codici HTML che non gli piacciono. Comincio a pensare che non posso davvero fare a meno del capo, che è un SGML-ista, così come altri sono grillisti. Alla faccia dell'emancipazione. Spero solo che anche lui non possa fare a meno di me, anche se è vero che da un po'di mesi il bucato di tutti lo fa lui. Che uomo, tuuttooo sa fare.

giovedì 13 settembre 2007

È tornata la Sturni und Drang

Dio benedica le amiche che dopo un anno di Messico e una breve telefonata per annunciare visita domani, mi manda un secondo dopo questa mail, che mi ricarica.

"Mi ripeto,se non ci fossi bisognerebbe inventarti...mi fai respirare un boccone di aria anche oggi che mi escono piu' lacrime che CO2 dalla bocca...."

Laura, guarda che anche tu sei stata una gran bella trovata del creatore. Sono contenta che tu sia rientrata ad Amsterdam e adesso ce la spassiamo (tu comunque più di me, scommetto che sei già stata a farti vedere dai salseri locali).

Ragazzi, allegri, la Sturni è in città.

venerdì 31 agosto 2007

complimenti

Che meraviglia i figli che ci fanno i complimenti. Così piccoli, ci diciamo, non possono essere che sinceri. Mah, io sono così convinta delle persuasioni occulte che non credo più né alle coincidenze né all'innocenza.

Ieri però il mio orsetto treenne mi ha detto che la sua mamma è bellissima. Concordo commossa. E allora oggi ho trovato grazie a Nella un macellaio splendido e ho preso al volo le fettine, anche se ho il freezer pieno di parti varie della mucca di oma e opa, che hanno appena fatto macellare da uno macellaio dell'entroterra olandese che sono due anni che non riusciamo a fargli capire cosa sono le fettine e mi fa del carpaccio. E tutto questo perché Ennio trova che la carne che fa mamma è la più buonissima del mondo.

Ho proprio i figli più splendidi del mondo.

lunedì 9 luglio 2007

Rieccoci online

Caro Blogger, ma quanti casini mi crei cambiando le carte in tavola. Per fortuna che Nella capisce di cose elettriche, elettroniche ed elettrotecniche e mi ha detto come rientrare a bordo.

In questi mesi ne sono successe di cose. Ennio a furia di ciucciarsi il pollice si è fatto cadere il primo incisivo di sotto, l'ha perso immediatamente e abbiamo dovuto fare una dichiarazione sostitutiva per la fata del dente che per fortuna ha accettato. E io che da quando sono incinta posseggo uno scatolino in legno per conservare il primo dentino da latte caduto (me l'ha ricordato il capo) che continua ad essere vuoto. A Orso abbiamo finalmente festeggiato il compleanno all'asilo oggi pomeriggio, tanto è nato a metà marzo ma io non avevo tempo per star dietro alla cosa, quindi ci siamo ridotti ad oggi. Una festina a casa ci sono riuscita però a fargliela verso aprile.

Non è che oggi fosse la giornata ideale: domani parto per l'Italia con figli e bagagli in collo e devo fare un percorso mostruoso per arrivare via Malpensa a un "orendo" lido ravennate. I due stagisti appena dimessi venivano a pranzo e sono persino riuscita a procurarmi due scatole di sigari ricordo (i miei primi stagisti fumatori, devo pensarci io a togliergli il vizio? Non sia mai). Dodo ha fatto uno splendido risotto alla milanese, la prossima volta li metto subito a cucinare, altro che ultimo giorno. Dovevo far bagagli, lasciar le consegne a mamma-stamina che tiene il forte in mia assenza, organizzare con Ruvy il marketing dei corsi di italiano a settembre (e abbiamo fatto dei poster bellissimi), preparare al capo che ci segue fra tre settimane le cose da portare in Italia (fondamentalmente i vuoti della passata di pomodoro dello scorso anno da rifare quest'anno, + una tonnellata di bottiglie di ex- succo di mela biologico salvate apposta e alcune di queste andavano lavate, oltre a doverle recuperare tra casa e rimessa. Si, lo so che sembro deficiente, ma la passata fatta in casa è una delle cose migliori che mi sono messa in testa negli ultimi anni, me la concedete? Che mica è colpa mia che posso farla solo in Italia e consumarla solo ad Amsterdam?), riprendere Ennio dal doposcuola estivo a casa del diavolo, ovvero la sua vecchia scuola, per cui il povero quando stamattina ci siamo arrivati mi ha detto "Sai mamma, questa è proprio una scuola stupida" al che ho dovuto tranquillizzarlo che la sua vecchia maestra non c'era, ma c'erano le maestre carine del doposcuola e i suoi amici. Gesù, perché ce l'ho tenuto dei mesi prima di capire che non era cosa? in tutto ciò ci sono stati due temporali con lampi tuoni e fulmini, della serie: è ora che vada in vacanza!

E nei ritagli di tempo entro le 15.30, festa di Orso all'asilo da preparare. Per fortuna ho avuto un lampo di genio e ho fatto preparare a santa Karolina che me l'ha fatto vedere lei per prima al mio compleanno le coppettine di carta plissé colorata per fare le pastarelle piene di fragole, lamponi, melone, cetrioli mini e Smarties, con tutte le bandierine e ombellini che mi giravano per casa. Una macedonia asciutta, gran successo, specialmente tra i piccolissimi che sono persino riusciti a non ficcarsi gli stecchini nell'occhio. Orso era seduto sul trono del compleanno, con una corona di carta in testa decorata con il suo nome, un grosso tre e pastrocchi vari, tutto orgoglioso. Il regalo che gli hanno fatto è bellissimo, una lenza di legno e spago per pescare dei topini di legno con una calamita in testa, proprio quello che mi serve per tenerli buoni in aereo e treno domani. Ovviamente NON ho neanche pensato di riuscire a fare il solito regalino, da mettere in un sacchettino, con il nome del festeggiato in 15 esemplari per tutti i bimbi della sua classe. Tanto chi ha bisogno dell'ennesima gomma, macchinina o scarafaggio di plastica violacea?

Dio me la mandi buona domani per strada, in ogni caso ho in borsa due cinte di stoffa da usare come guinzaglio quando in stazione centrale, carica come un cammello, devo cercare di non perdermi i figli tra la folla o sotto i binari. E al capo, che ha passato la serata con il mal di testa e di un umore feroce ad aggiornarmi il sito con i nuovi corsi per settembre, ho preparato un barattolone da 1,5 kg. di melanzane grigliate e condite con aglio, prezzemolo e capperi tritati, sott'olio, e due megaporzioni di ragu alle verdure. L'idea originaria era di fare una parmigiana di melanzane, ma sono due giorni che la cosa è in corso, diciamo che ci ho rinunciato, tanto i singoli elementi li può mangiare seprati. Quella che si chiama "Dieta dissociata", che fa tanto bene, signora mia.