martedì 31 agosto 2010

mammamsterdam: Post 1111: when I grow up

Graz, hai due figli in età fertile, quindi che tu ti tinga i capelli o meno, nonna potenziale lo sei e lo resti.

Post 1111: when I grow up



Il post 1000 mi è sfuggito, il 1100 pure, mi sembrava carino festeggiare la compagnia che ci facciamo di blogger in blogger con una pietra miliare. Poi scopro che ci manca poco al 1111 e lì mi blocco un pochino, perché volevo un argomento interessante per festeggiare.

Niente, non mi viene.

Allora lascio tutti con questo video di Michelle Shocked, che adoro e cercatevene delle altre di canzoni, perché questa qui non è nemmeno la mia favorita (On the greener side, oppure God is a Real Estate Developer, tanto per dirne due che come argomento mi sembrano appropriate.

E poi niente, ho incontrato sabato queste signore qui e volevo dedicare la foto a Graz, in attesa che metta su il chapter torinese. Così poi, fra un paio d'anni mi iscrivo pure io.)

Perché, non ce lo scordiamo, noi madri bloggeristiche stiamo tanto a farla lunga, ma sono le nonne che hanno favorito l'evoluzione, perché dopo la menopausa si consuma di meno e si ha più energia ed erano le nonne non cacciatrici ma cercatrici a nutrire i bambini della comunità e le loro mamme incinte e allattanti con il surplus di cibo che non consumavano direttamente. Perché le madri dovendo scegliere mettono i propri, di figli, davanti agli altri, mentre per le nonne un bambino è un bambino, non necessariamente il loro.

Viva le nonne, e speriamo di arrivarci con energia fisica, mentale e voglia di farsi qualche risata.

domenica 29 agosto 2010

Tempus fugit

No dico: erano così.



Adesso sono così.



Ma io dove sono stata in questi 4 anni?

Amersfoort di sabato e pure di domenica

Ieri con Marina e Roberto siamo stati al festival di teatro da strada Spoffin, ad Amersfoort. Quello che abbiamo fatto e le foto vedetevelo pure qui, che ne vale tanto la pena.

Poi oggi, siccome il compleanno a cui doveva andare Ennio non era dalle 14 alle 17 come pensavo io, ma dalle 10.00 ("Vi stiamo aspettando, che viene Ennio?" "Azz") alle 14, siccome alle 11 ha chiamato don Stalin di passaggio ad Amsterdam che ho invitato al volo così ho avuto la scusa per un pranzo domenicale di carne e patate e zucchine gratinate al forno, poi mi sono caricata tutti in macchina, tranne il capo che saggiamente, visto il tempo è rimasto in casa e ci siamo ritornati con i bambini allo Spoffin.

Ci siamo allagati d'acqua che non ne potete avere idea, ma è stato bellissimo, e poi siamo andati ad Almere a prendere la bici nuova di Ennio, comprata su Markplaats a € 25.

Che poi avevano accanto una di quelle macchinine di tubi in metallo e pedali che qui chiamano skelter e Orso l'ha guardata e ha chiesto alla signora: "Ma vendete pure questa?"

La vendevano (non so perché ma a questo punto mi risuona nelle orecchie: la sventurata rispose).

Siamo tornati a casa con due bambini legati con una cintura di sicurezza su un unico sedile, altri 4 sedili smontati e ripiegati e infilati dove si poteva, la macchinina, la bici e la prova che la legge dell'incompenetrabilità dei corpi in fondo potrebbe solo essere una leggenda urbana.

Domani se un momento non piove fotografo la macchinina e capirete.

E devo pure rendere a don Stalin tutti i soldi che gli ho estorto un po' alla volta per arrivare a pagare lo skelter, che hanno voluto € 50.

Poi che dico che io la domenica come massima aspirazione ho quella di poltrire a letto leggendo, maiala.

sabato 28 agosto 2010

Last will

Quest'estate il capo ha preso di nuovo dei gran begli audiolibri da ascoltare durante i trtti in macchina delle vacanze. Tra gli altri per noi, con lezioni di letteratura, mitologia ecc., anche un classico della sua infanzia, Kruistocht in spijkerbroek ovvero La crociata in jeans, su un ragazzo che torna per sbaglio indietro nel tempo, perde l'appuntamento per tornare nel suo e non gli resta altro da fare che unirsi a una crociata di bambini dalla Germania per liberare Gerusalemme e la Terrasanta.

Un bel racconto con un grosso vizio logico all'inizio, ma cosa vuoi che sia. Tempeste, epidemie di scarlattina, superstizione, dispute teologiche, accuse di eresia, molte spegazioni sulla mentalità medevale paragonazta a quella odierna,, veramente avvincente. A un certo punto Carolus, il piccolo re di Gerusalemme nominato per la spedizione, muore di scarlattina e lascia un testamento per distribuire gli oggetti preziosi e le insegne regali. Questa parte del testamento ha molto impressionato Ennio.

"Papa ma ti ricordi il testamento di Carolus che ha lasciato l'anello a Nicholas eccetera?"
"Si".
"Ma quando tu muori mi lasci i CD di Metallica?"

venerdì 27 agosto 2010

Amicizia

Certe volte mi dispiace non aver avuto più occasioni di conoscere meglio la migliore amica di mia madre. Sono stae bambine insieme a scuola, e poi adolescenti, andavano a teatro e al cinema, una volta addirittura in gita sociale sul Caucaso, con l'associazione dei giovani comunisti di cui nessuna delle due faceva parte, ma un amico di lei si, ascoltavano le canzoni di Brecht e traducevano i dischi che mandava mio padre dall'Italia

con la cinquecento di papàaa
"Che dice?"
"Il numero, vabbé quello si sa, poi Cinquecento, periodo storico es. "le volte del cinquecento""
"Naaa, e che c'entra?"
"Senti, ma forse vuol dire che quando esce il papà gli da cinquecento lire per le piccole spese?"
"E quante sono cinquecento lire?"
"Boh".
"Però, dì quello che vuoi, non ci si capisce niente, ma l'italiano, ah, che bella lingua".

Poi mamma è venuta in Italia e si è sposata, e anche l'amica si è sposata, e hanno avuto un figlio quasi in tandem, io e lui, di pochi mesi più grande. Per anni non si sono più viste, perché non c'erano i low cost, non c'era niente, non c'erano neanche i soldi a dirla tutta, e così si sono riviste, secondo me, solo la mitica estate che io, mamma e mio fratello ce ne siamo andati a fare una full-immersion di Polonia, io avevo appena fatto le elementari, e ho conosciuto questa mitica signora che si chiama come me, cosa che mio padre ha sempre borbottato contro, perché a lui gli amici, i parenti e il retroterra di mia madre li vedeva sempre come una cosa nebulosa e vagamente minacciosa, e comunque incomunicabili.

Mia madre dice di non averci neanche pensato, al nome dell'amica, quando si è trattato di battezzarmi, e ci credo, perché queste associazioni hanno vie sotterranee.

E quell'anno l'ho conosciuta, e ho conosciuto anche suo figlio, un ragazzino dolce, educatissimo, gentile, sembrava finto, io che ero abituata ai mini-pescatori bestemmianti di Tortoreto, così perfetto e gentile quel ragazzino che mi imbarazzava.

E anche lei mi adora, perché in fondo su alcune cose abbiamo gli stessi gusti ("Inutile, tu ti vesti proprio come Baska" fa mia madre quando tiro fuori la vena etnica), i libri, quanti libri formativi non mi ha regalato questa donna, solo che erano in polacco e io non li leggevo, fino a che non mi ha messo in mano Bridget Josen in traduzione che avevo già letto e ho mandato giù di corsa, e poi altri che finalmente un pelo li seguivo, perché quando una lingua non la sai bene, è inutile darsi alla letteratura, l'intrattenimento si capisce molto meglio.

Che adesso lo so, e in fondo l'ho sempre capito, che quando hai un figlio maschio ci si affeziona per forza alle figlie delle amiche, specie quelle che senti affini, ma allora mi imbarazzava anche quello. Eh, le crisi di lealtà dei figli, che brutta cosa. Toccherebbe rimproverare a mio padre e sua madre tutta quella loro diffidenza emotiva verso l'altra parte di vita di mamma che loro non condividevano e di cui erano forse gelosi, ma che ci vogliamo fare.

Lei questo figlio l'ha tirato su con tutte le sue passioni culturali, teatro, libri, musica, cinema, musei (lei ci ha lavorato una vita al museo) e il padre che era un appasionato di aria aperta, andava in montagna, nei boschi, per funghi, riportava quantitativi innominabili di lamponi e mirtilli con cui lei faceva succhi che poi nessuno beveva e allora, se poco poco eravamo nei paraggi, arrivavano a noi, che a me si che piace il succo di lamponi fatti in casa, una mia madeleine tutta polacca di quando zia Tosia lo faceva con i lamponi del loro appezzamento di città e ce lo allungava col selz, che da allora la voglio pure io una bombola da seltz vintage in colori pastellosi (le bombolette di carica le ho già, perché in un mio tentativo di cucina molecolare per il mio quarantesimo compleanno ho fatto fuori la bombola che mi ero regalata).

Poi un anno Kuba è stato da noi un'estate, lavoravamo insieme, era sempre educatissimo e un pelo estraniato dal mondo, le altre ragazze polacche che lavoravano con noi a volte ridacchiavano quando lui al mattino le salutava:
"Buongiorno mie belle signore" e io ci avevo sempre poca confidenza e non lo conoscevo più di tanto, ma il fatto è anche che lavoravo un sacco pure io in quel periodo, 18 ore al giorno a nervi tesi e intanto prepravo 3 esami, che erano la mia unica speranza di fuga da tutto questo, e non avevo tempo per l'emancipazione altrui perché la mia veniva prima.

Poi è saltata fuori la bomba e l'ho capito pure io perché sembrava così estraniato dal modno e da sé stesso, lui ha avuto un sacco di rogne di salute, riabilitazioni varie, un'epatite che l'ha stroncato. Però aveva una ragazza che viveva con lui e la madre che viveva per lui, poveri figli unici, pensi, delle volte, vivono di aspettative altrui. Insomma, è stato l'unico che si è finito tutto il percorso di svariati anni, forse perché si era stufato pure lui.

Aggiustava di tutto, stereo, computer, aggeggi. L'anno che non poteva quasi uscire di casa se non per andare a fare la terapia, una cosa massacrante in culo al mondo con i mezzi tre volte la settimana, e lui già così debole, e la madre che di nascosto al padre gli comprava tutte le medicine costosissime che la mutua non gli passava, ho fatto una raccolta tra tutte le aziende mie clienti di computer e attrezzature che non utilizzavano più, che qui per motivi fiscali gli uffici cambiano attrezzature ogni volta che possono, e lui se li sistemava, li aggiustava, li vendeva, ma soprattutto finalmente ne aveva uno suo per collegarsi al mondo.

Poi niente, ha superato i quaranta, ma giusto quelli. E verso la fine è toccato dirglielo, al padre, cosa avesse di preciso, che io non lo so, ma sono sempre quelle cose che fai fatica a dire a un padre che per una vita cercava di interessare suo figlio alla montagna, alla pesca, alla raccolta di funghi, ma niente, lui era proprio un ragazzo di città.

E questo suo padre, che io non ci credo che non sapesse o immaginasse proprio niente, ma ci sono delle famiglie così, che per quieto vivere finché non salta fuori qualche casino grosso stanno più sereni a non parlarne, ma io non li capisco lo stesso, però ognuno ha i suoi percorsi come dice il mio di migliore amico, e allora ognuno se li percorre come può. Insomma, il punto è che il padre soffriva spaventosamente di cuore e per quello lo tenevano un po' all'oscuro.

Però il cuore è una brutta bestia e adesso se ne è andato pure lui. Subito dopo.

Cosa rimane?

Be, rimangono le cose pratiche, il riconoscimento all'obitorio, il funerale, il post funerale, i tranquillanti. Tutte cose per cui è meglio avere un'amica a fianco.

Che ti porta a mangiare al baretto con trattoria vicino alla vecchia scuola
"perché questa usanza italiana, di portare il pranzo cucinato alle persone in lutto, è buona, uno depresso cosi non mangia il pasto caldo da giorni".

Insomma, l'amica di mia madre non ce l'ho ma ho la mia, e lei ha sua figlia che riempio di vestiti, mutande a cuoricini e calzette rosa tutte le volte che posso, perché questi percorsi di amicizia attraverso i figli, non ci possiamo niente.

E più di un matrimonio, delle volte, ci sono per te nella buona e nella cattiva sorte, e meno male che è così.

giovedì 26 agosto 2010

Che fate il 16 di ottobre in Piemonte?

Io ve lo anticipo, poi mano a mano che definiamo i dettagli se ne riparla.

Davide Gamba, che gestisce il Circolo degli Amici, una trattoria fuori Ivrea, mi ha invitata a presentare una serata con cena abruzzese da loro il 16 ottobre. Ci saranno foto, racconti, piatti tipici ragionati e per me è un'utile deadline per far conoscere anche il mio pargolo, un libro di ricette e racconti abruzzesi, una guida etnogastronomica, per capirci.

A me piacerebbe, in questa occasione, non so dovecomequandoma mi piacerebbe uguale, metter su anche un piccolo workshop per cucinare cose abruzzesi tutti insieme. Lo so che è una cosa masochista, perché io ho il mito della cucina piemontese (non per nulla il test di Facebook mi ha decretata Gianduia) e nonostante ciò ne ho sempre mangiata troppo poca, però mi piacerebbe uguale. Anche perché secondo me la filosofia culinaria dell'Abruzzo interno è un po' una cosa contriaria ma uguale.

Poi, già che ci sono e che lo scorso anno ha funzionato così bene, se qualcuno non troppo lontano da lì (credo che volerò a Orio, quindi diciamo Padania e dintorni) avesse idee su come organizzare cose simili più o meno nello stesso periodo in zone limitrofe, fatemelo sapere che ci inventiamo qualcosa.

Per cose simili intendo: parlare dell'Abruzzo, della Statale 17 e dintorni, del prima e del dopo e del sempre, cucinare, mangiare, guardar foto e documentari, insomma, incontri abruzzesi a tutto tondo. Sempre con l'idea mia fondamentale, ovvero che l'Abruzzo se lo conosci ti prende per il lato selvaggio e i grandi spazi degli altopiani, ma questa zona purtroppo i più che non la conoscevano prima l'hanno conosciuta solo in occasione del terremoto, e questo, a mio avviso, è riduttivo.

Poi ci possiamo inventare di tutto, possiamo far venire i Discanto che sono l'espressione musicale di quello che ho fatto io con le pagine scritte, possiamo farci un girotondo, possiamo imparare a ballare il saltarelo (che io non so ballare, ve lo dico subito, ma potrei imparare).

Vi dico anche, tanto per dare un'idea, come ci sono arrivata al circolo degli amici.
È cominciata lo scorso anno con questa donna qui, e anche quest'altra qui che mi hanno invitata a Torino, proposto il mio libro a Odilia che con il negozio equo e solidale di Carignano già stava attivando un aiuto dal basso, ovvero proponendo prodotti abruzzesi, e serate con documentari sull'Abruzzo.

E da una cosa ne nasce un'altra, quet'estate mi hanno fatto conoscere Davide, a cui ho lasciato una copia e 30 minuti dopo mi mandava un sms per dirmi che anche lui ha una nonna abruzzese e che si stava divertendo un sacco a leggere.

Ecco, queste cose qui. Ne sono successe tante, tutte per caso, tutte per blog o quasi e che mi hanno permesso di conoscere tante belle persone e scambiarci storie, che cosa dirvi, io ci ho preso gusto e potendo ripeterei.

Mi date una mano?

Ma che bella la scuola

Secondo noi a Orso piace un sacco stare nel gruppo tre con la maestra Laura.

"È un gruppo piccolo con dei banchi piccoli", ci ha informati ieri.

Il gruppo è piccolo perché la scuola sta crescendo, quindi è la prima volta che abbiamo due terze. Finora tutte le classi erano o singole o accorpate (tipo la 5-6-7 e 8 tutti insieme di qualche anno fa). Poi lo scorso anno sono aumentate le classi della materna, da cui quest'anno si sono formate due terze. Orso è finito con il gruppo nuovo, non il suo vecchio, perché ci sembrava (a noi e alle altre maestre)che Laura forse lo sa prendere meglio. (Ma sono bambini che conosce bene comunque).

Probabilmente si, adesso è più al suo post e la classe piccola significa anche meno casino, che lui è sensibile a certi rumori e prima o poi toccherà lavorarci. Anche se lo scorso anno, quando ha avuto la fase di opposizione a oltranza, Laura stessa si preoccupava se sarebbe maturato abbastanza da reggere la disciplina e il lavoro di terza.

Secondo me quello che funziona è proprio la sfida. Orso è curioso, gli piace scoprire cose nuove e secondo me lo scorso anno, nella classe con i bambini più piccoli, si annoiava e distraeva troppo. E quest'estate è talmente maturato, che ha capito che tocca anche stare alle regole comuni, al mondo.

O, come mi è toccato spiegargli lo scorso anno, in piena crisi esistenziale:
"IO a scuola non ci voglio andare".
"Peccato, perché non si può fare diversamente. Tutti i bambini vanno a scuola e se non ti ci mando mi metterebbero in prigione perché non so curare i miei bambini. E io francamente in prigione non ho voglia di andarc, perché mi mancheresti troppo".
"Ma la maestra è troppo severa". (Ma quando mai, povera donna. Laura comunque lo è il triplo).

Allora l'ho guardato negli occhi:
"Ascolta Orso, la cosa importante è capire come funziona il sistema e usarlo a tuo vantaggio. In fondo la maestra da te pretende solo due o tre cose: che non dai fastidio agli altri, stai seduto quando devi e stai attento quando devi. Se lo fai da te, lei non ha più bisogno di controllarti tutto il tempo e a te rimane lo spazio per fare quello che vuoi negli altri momenti. E lei può occuparsi meglio dei bambini piccoli".

Proprio mentre mi dicevo: ma quanto sei cretina, che senso ha dire: usa il sistema a un bambino di manco sei anni che manco parla perfettamente italiano, cosa capirà mai, in quel momento preciso ho visto un lampo di intelligenza nei suoi occhi.

Proprio una cosa tangibile.

Aveva capito benissimo. E da quel giorno i problemi di disciplina sono immediatamente diminuiti e poi scomparsi.

La mia amica Monica, una fantastica insegnante, ha salvato a ripetizioni una serie di liceali sfaticati, appassionandoli alla letteratura con quello che gli poteva interessare. Al cannarolo metteva in mano Baudelaire e Verlaine, per esempio, finché il reprobo non scopriva che leggere può anche essere appassionante, e gli faceva scoprire così il sistema.

Io in fondo l'ho sempre pensato che con uno autonomo, anarchico e sovversivo basta fare leva sui punti giusti. Da allora ha smesso persino di perdersi per strada.

Ho ancora una vita davanti per pentirmene.

martedì 24 agosto 2010

Siamo tutti traduttori

Non c'è neanche bisogno di mettere di mezzo un testo tradotto con Google perché sarebbe come sparare sulla Croce Rossa (e poi, devo ammetterlo, questi autotraduttori stanno notevolmente migliorando).

Però santo cielo, che stanchezza, quando il primo arrivato decide che no, un traduttore professionista non serve perché il professionismo è una cosa sospetta, facciamo fare al primo che capita.

Così la povera Carla Bruni, che le si può dire quello che vogliamo, ma non sospettarla di analfabetismo di ritorno, si vede mettere in bocca queste frasi, pur nell'ambito di una iniziativa lodevole come la manifestazione di solidarietà alla pseudo adultera iraniana condannata a morte.

"Dal fondo della vostra cella, sappiate che mio marito difenderà la vostra causa senza sosta e che la Francia non vi abbandonerà", scrive la Bruni. "Come si può tacere davanti alla notizia della sentenza che è stata pronunciata contro di voi? Spargere il vostro sangue, privare due bambini di una madre, ma perché? Perché avete vissuto, perché avete amato, perché siete una donna, un'iraniana?"

Fa molto Madame Bovary, lo ammetto, ma ci vogliamo ricordare che in Italia ci si dà correttamente del lei? Che il voi ha avuto un breve diritto di cittadinanza sotto il nome di voi fascista, ma evidentemente ce lo siamo dimenticati.

E una cosa che racconto sempre ai miei studenti di italiano è che è stata proprio l'introduzione del voi fascista a sbloccare un pochino la formalità di rapporti della nostra intelligentsja interbellica. Per cui colleghi di lavoro che avevano passato una vita a darsi del lei, e avrebbero continuato volentieri, al'imposizione del voi, che molti rifiutavamo per questioni squisitamente formali, stilistiche e perché in fondo suona tanto cafone, alla faccia dei fumetti della Bonelli che ce l'hanno inculcato a sangue, ecco, quelle persone lì decisero tra colleghi di cominicare a darsi del tu.

Cari redattori di Repubblica, a Napoli lo so pure io che darsi del voi è un segno di inclusione anche tra persone istruite, un riconoscere che si è dei nostri. Però io continuo a sperare che almeno un quotidiano nazionale offra un esempio almeno di stile e vi ricordo che esiste una figura professionale come quella del traduttore, che certi scivoloni non li fa. Mica come i giornalisti, che chiunque è capace.

Primi giorni di scuola


Ieri è cominciata la scuola in un modo da volermi far rintanare subito in una grotta e riuscirne a primavera. Per cui questa foto serve per ricordarmi che nessuna giornata è troppo buia da impedirmi di godermi questi miei buffi, bellissimi, teneri figli. Anche se mi tocca uscire dal letto e poi buttarli fuori con la gru.

Tempo grigio, buio, acqua a catinelle che già a 10 mt. di distanza vedevi come in mezzo alla nebbia, freddo, ventaccio (ha buttato giù l'albero di Anna Frank, per dire). E noi alzarci presto e ricominciare, mah.

Ennio è in classe al secondo piano adesso, e appena entrati c'erano un tavolo strapieno di maschi, due tavoli di femmine ognuno con uno o due posti liberi e un tavolo da 4 con un solo ragazzino che non conosco. Lui si guardava intorno indeciso.

"Ma vai dalle bambine, ci sono tutte le tue amiche".
Lui continuava a guardare incerto. Poi tre maschi si sono trasferiti in massa al tavolo da 4 e Arman lo ha chiamato al volo per il posto accanto al suo:
"Ennio, vieni qui".

Io mi sono baciata con un paio di madri, mi sono informata come fossero sopravvissute a SAIL sotto casa (e non sanno quanto le invidii) e abbiamo scambiato uno sguardo d'intesa con la maestra.
"Proprio forte questa divisione maschi-femmine".
"Si, ma io non ne sono una sostenitrice, poi ci sistemiamo meglio".

Ho baciato Ennio che manco mi si filava più e mentre scendevo da Orso saliva il capo. Orso l'ho visto dalle vetrate perché la porta era già chiusa, stava fissando come tutti la maestra Laura, ma mi ha vista, ha sorriso, salutato e mandato un bacetto con la mano e poi si è rivoltato di nuovo a guardare la maestra.

Stamattina invece c'era il sole Orso stranamente si è svegliato prima del fratello, a malincuore ma no arrabbiato, anzi, a colazione mi ha raccontato cosa ha fatto a scuola ieri ("Ho letto qualcosa" "Ah si, topo e cosa hai letto?" "Ho letto Io" e poi mi ha fatto vedere un libriccino in cui dovevano cerchiare e colorare i loro cibi, sport e giochi preferiti, mentre al centro c'era spazio per disegnarne uno non previsto.)

"Quarda, qui ho disegnato il kibbeling (ovvero i bocconcini di merluzzo panati e fritti che vendono al chiosco delle aringhe davanti casa). Ho disegnato un pesce e poi un pezzo di kibbeling".

Che se lo chiedete a me è geniale, perché chiedermi di disegnare un kibbeling riconoscibile, non so, manco Andy Wharol secondo me.

Questo è un anno importante per lui, sta nel gruppo 3 che corrisponderebbe alla nostra prima elementare, ma già nei due anni precedenti hanno fatto diverse cosette di prelettura e prescrittura. Orso sa scrivere il suo nome in stampatello e anche in corsivo e conosce tutte le lettere, ma non legge ancora davvero, però si ipnotizza come tutti in questa famiglia se sta leggendo qualcosa, un fumetto nel suo caso.

Il gruppo 3 è l'anno pesante in cui imparano a leggere e scrivere, quando è toccato a Ennio a novembre conoscevano tutte le lettere e lui leggicchiava, e abbiamo fatto la festicciola dell'alfabeto. In cui devono imparare a stare in fila per tre, a dire sempre di si e a comportarsi da persone civili. e come si discuteva ieri su Genitori crescono, nulla di strano che tra i sei e sette anni spesso i bambini diventino dei piccoli bastian contrari. Perché per i bambini all'inizio è stancante.

Per Ella, la grande dei vicini, è l'ottava, quindi ultimo anno. A maggio hanno fatto i pre-test di ammissione alle superiori, che servono, insieme al risultato del CITO che è il test standard che gli fanno un paio di volte l'anno, a fare una scelta e avere un consiglio dall'insegnante. Lei l'ha fatto malissimo.
"Guarda, ci siamo chiesti dove avesse lasciato la testa in quei cinque giorni" mi fa la madre.
"Cosa le hanno suggerito, il vmbo-indirizzo pratico?" che sarebbero le supermega professionali scaciate, quelle giusto per dire che arrivi a 16 anni avendo fatto una qualche scuola dell'obbligo, ma ne puoi uscire virtualmente analfabeta che non sai riempire un mpodulo con i tuoi dati personali.

No, le hanno dato il teorico, che sempre professionale è, però è anche il refugium peccatorum di chi potrebbe migliorarsi e a botte di anni integrativi potrebbe passare alle tecniche, o alle commerciali o financo al liceo, toh. Ci metti degli anni, ma teoricamente potresti. E altrimenti niente università, che di mangiapane a ufo ce ne sono già nel mondo.

Che poi magari è questa selezione alla fonte che permette un tasso di laurea di chi si iscrive al politecnico o all'università più alto dei nostri, dove cominciano cani e porci, ai miei tempi magari puramente per rimandare di un po' il militare (mi sono davvero trovata gente a magistero che non era in grado di riempire una domanda con i propri dati, e neanche di esprimersi a parole se non in un dialetto sconnesso) e poi chi davvero arriva alla fine è una frazione delle matricole.

Però a me se da un lato la preselezione alla fine del penultimo anno sembra utile, perché mette in luce i tuoi punti deboli e hai poi un anno per rinforzarli, questa selezione che costringe bambini tra gli undici e i dodici anni a fare scelte abbastanza determinanti per il futuro e i loro genitori appresso, un po' fa paura. Sono ancora così piccoli, che ne sai come crescono e che interessi e capacità hanno ancora da sviluppare.

È vero anche che a differenza che da noi qui esiste molto di più la mentalità di dare un cambio radicale alla tua vita in qualsiasi momento e non sono pochi gli adulti che alle età più improbabili si rimettono a studiare, magari con il curriculum part-time per cui ci metti il doppio degli anni, come la mia collega che a 45 anni si è messa a studiare legge.

E anche la vicina lo ha detto: a 35 anni e con quattro figlie, l'ultima cammina da poco, ha deciso che adesso vuole fare qualcosa per sé ed eventualmente riiscriversi all'università.

Che insomma, alla fine i primi giorni di sucola, se una ci mette un po' di buona volontà, se li può portare dietro per tutta la vita perché quello che conta è la voglia di mettersi in gioco.

lunedì 23 agosto 2010

Stasera: Ennio e Cecile Landman a Radio Onda Italiana

Se alle 20 vi sintonizzate qui:
http://www.salto.nl/streamplayer/radio/live_wereld.asp

ci sentirete parlare con Cecile Landman del suo nuovo libro, con le selezioni musicali di Ennio.

mi raccomando le 20, perché prima di noi ci sono i filippini e subito dopo i cinesi. No, tanto per avvertirvi.

Il feticista marittimo (com'è finita SAIL)


No, che questo weekend di SAIL ho fatto tante foto che stanno su Facebook, ma qualcuna posso metterla già qui. Quello però che è emerso, chiaro, inequivocabile, è che il mio secondogenito è un feticista. Un feticista che stavolta ha avuto culo.

Perché il primo giorno siamo andati a fare un giro e la Kri Dewaruci dietro l'angolo di casa era aperta al pubblico, così siamo saliti. E c'era il banchetto ricordini e lui si è innamorato perso di una nave in bottiglia. Ma eravamo usciti così, sotto casa, senza soldi, quindi nulla.

"Te la puoi comprare con i tuoi soldi".
"Andiamo a prenderli".
"No, adesso facciamoci un giro, tanto sta qui, abbiamo ancora tre giorni per tornarci".

Abbiamo avuto 4 sere di fuochi d'artificio, la seconda, venerdì, con l'idea romantica di metterci su una coperta sul prato e guardarli da sdraiati (ma a me, come mi vengono certe idee? Folla che spintona da tutti i lati e noi sdraiati sulla coperta? Eccetto che era un'idea buona e il punto che avevo in mente io non era poi così sbagliato, ma se ne vedevano solo una parte quella più a destra, dietro c'era l'angolo del palazzo, e poi non cominicavano, e poi io a raccontare una storia complicata sull'artificiere, che prima gli cadono in acqua i fiammiferi e gli tocca tornare a riva per riprenderli, poigli cadono anche gli altri e in più gli occhiali, e poi li pesta e poi rompe una lente e non ci vede e per questo, dopo uno sparo uno i fuochi hanno smesso, a un certo punto siamo tornati a casa con le pive nel sacco e improvvisamente, sotto al portico del palazzone del supermercato, eccoli che ricominicano, quasi fuori tempo massimo, e ce li guardiamo dall'alto della scalinata, che non sarà romantico e distesi ma si vedono benissimo, la miglior vista da qui comunque).

"Vedi, ha ritrovato gli occhiali alla fine".

Onore al merito al capo, che rientrato stravolto come tutti i padri di famiglia rientrano dal lavoro il venerdì sera, ha detto: ma si, vengo, e ci ha seguiti.

(Due sere però i fuochi ce li siamo visti dalla finestra della camera di Orso e sono andati bene lo stesso. Le foto manco ci ho provato a farle).

La barca in bottiglia alla fine siamo andati ieri a prenderla, di ritorno stanchi morti dalla gita sociale a Java-Eiland, dov'era il grosso della manifestazione, ma sempre su scala minore della scorsa volta, che già era meno della precedente nel 2000, che si vede che c'è crisi e gli sponsor disertano, anche se quelli che c'erano troppo hanno fatto stavolta.


E tornavamo distrutti che la barca, mi avevano detto, era aperta fino alle 15, poi invece scopriamo che era fino alle 14.30, e stavano tutti scendendo e a parte che non ci lasciavano, prova a salire tu controcorrente una passerella piena di gente che fa la fila per scendere, e Orso, dopo aver superato ben due transenne commuovendoli con la storia del salvadanaio svuotato, stava lì, ai piedi della scaletta con gli angoli della bocca verso il basso e i soldi in mano, gli ultimi soldi spicci racimolati tra me e capo perché il bancomat non funzionava.

E allora dal basso ho chiesto a una signora in fila sulla passerella di comprarcela lei, cosa andatta ottimamente a buon fine e abbiamo le prove.


Ha baciato me, la barca, quasi la signora, gli ho promesso che metteremo in camera sua una vetrinetta a muro perché una barca in bottiglia così bella merita uno show-case adatto.

Che io ero stanca e stravolta, per darmi la forza di andarlo a vedere, SAIL, oltracqua mi sono inventata che saremmo andati a messa sulla Vespucci, perché non è campanilismo ma le barche più belle erano la Vespucci e la Dar Mlodziezy, la nave scuola della marina polacca, tutta bianca con il fregio oro.

Che poi non siamo saliti né sull'una né sull'altra perché per SAIL, soprattutto se vieni da oltracqua, bisognerebbe partire 3 ore prima e non le avevamo le tre ore. E per la messa siamo arrivati tardi.

E il capo tutta questa voglia non l'aveva, quindi anche lo shanty-choir, che io li adoro gli shanty-choirs, l'ho visto solo di spalle, passando.

Però siamo saliti sulla ruota panoramica, svuotandoci le tasche, da cui poi il racimolio pro-barchetta in bottiglia.

Epperò è stato bello, abbiamo rivisto il vecchio quartiere, i compagni di scuola, le ex-vicine, l'amichetto preferito al nido traslocato 4 anni fa, anche loro inNostalgy-tour, che ha annunciato entusiasticamente di aver visto all'isola dei pirati (da noi saltata, causa coda) il principe ereditario Willem Alexander con erede al trono Amalia.

"Ed erano senza scorta'.
Sssaaa, ta credi.

E comunque già che ci eravamo, sotto al ponte, abbiamo giocato un po' come allora, solo che adesso si arrampicano molto meglio.


E abbiamo goduto degli ottimi servizi, qualcuno issato a peso, qualcuno che ci ha provato con le proprie forze.

Che comunque anche se meno delle altre edizioni c'era un puttanaio di gente e di barche e a me fa proprio piacere, quando è possibile, vederlo questo porto di Amsterdam esattamente as it is meant to be. Ogni cinque anni, ma meglio di niente.

Poi stamattina un tempo da suicidio, scrosci di pioggia a catinelle, grigio, buio e il primo giorno di scuola (Mi raccomando, partite prima per arrivare in orario causa ponte chiuso, diceva la lettera a luglio). Perché per SAIL, prima il ponte non c'era, poi l'hanno progettato in modo che si possa toglierne un pezzo, che ci rimettaranno fra qualche giorno.

Tornata a casa sentivo le sirene che salutavano la flotta in partenza, mi sono precipitata sul molo, e lì stavano, le mie eroiche vecchie signore appostate per salutare la flotta. Perché a queste signore olandesi, che hanno fatto la guerra e l'inverno della fame, cosa vuoi che gli faccia un po' di maltempo?

Con il vento che gli strappava via gli ombrelli mi hanno informata che la Vespucci era partita alle 7, la Kruzhenstern era anche via (mi hanno detto) e ce n'erano rimaste giusto un paio, di barche. E finalmente si ricominciavano a vedere i barconi da carico, gli abituali natanti di queste acque.

Sono rimaste solo le bandiere che per tutto l'evento hanno voluto ricordare che si, sarà Noord, ma è Amsterdam anche questa sponda qui. Con noi, orgogliosi di abitare a Noord, anche se prima eravamo oltracqua.

venerdì 20 agosto 2010

Il divo

Prende gli strumenti



Si aggiusta l'asta del microfono



Attacca col tamburello



Ha preso l'avvio



e ci da dentro



canta




e ringrazia il gentile pubblico




Non so dove, non so quando, non so da chi, ma le mosse ce le ha tutte. Adesso dovrebbe imparare a cantare però.

giovedì 19 agosto 2010

Aborto

Italia primi anni '70:
Donna sposata, due figli, il secondo non previsto e che prevedibilmente ha significato una battuta d'arresto nei piani di emancipazione della famiglia. Lei per questo figlio ha rinunciato all'università, si è trovata senza poter lavorare e si tira avanti, male, con uno stipendio tanta buona volontà e lavoretti extra. Si scopre incinta, è disperata, con un terzo non ce la faranno mai. Non sa che fare, è straniera, non conosce nessuno.

Poi per puro caso, in macelleria (of all places), sente sussurrare dalle altre donne un nome, un medico nel paese accanto. Questa famiglia sceglie per un aborto clandestino. Lui lo rimpiangerà per sempre, questo figlio mancato, lei sceglie per i figli che ha già.

Poi andrà all'estero per farsi prescrivere la pillola prima (che la ammazza di emicranie), poi la spirale che la ammazza di emorragie.

In Italia il referendum per la 194 ci sarà soltanto nel 1978.

Olanda, 1991
"Hai una bici da prestarmi per stasera?"
"No mi dispiace, dove devi andare?"
"Ma, non è lontano però tocca passare per una stradina un po' buia che non mi piace molto, ma non fa niente".
"Se vuoi ti accompagno a piedi".

Per strada mi ha raccontato che andava a farsi un controllo. Una ragazzina 19enne come me allora, che durante le vacanze in Italia è uscita con gli amici di sua cugina. È girata cocaina, lei ha avuto un black-out e si è detta: mai più, sono stata una cretina. Tre mesi dopo, appena arrivata all'estero per l'Erasmus, si scopre incinta, e ci mette anche un bel po' a capirlo.

"Insomma, era la prima volta che facevo sesso e non mi ricordo neanche niente".
Per fortuna studia a medicina, ha fatto lo stage in una ASL in Belgio, in Belgio puoi abortire entro il quarto mese, si fa fare le carte dai cononoscenti della ASL e abortisce. Poi quella sera con me va a controllare se è andato tutto bene. Ne esce sollevata, tutto a posto.

Io sono troppo giovane, troppo incapace per trovare qualcosa che la consoli, sotto la leggerezza superficiale con cui mi raccontava il fatto. Pensava anche lei che forse la trovavo una cretina svaporata, io invece soffrivo per una situazione tanto di merda. E la cosa migliore che mi venne in mente fu:

"Vuoi provare a parlarne con F.?"

Perché anche F., qualche tempo prima, mi aveva raccontato di una sua interruzione di gravidanza, di come fosse stato inumano e umiliante il modo con cui l'avevano trattata a Venezia, come andando in bagno, nel cestino dei rifiuti, aveva trovato un feto buttato via così. In una struttura pubblica.

Ma lei e il suo ragazzo, studenti, con famiglie difficili ed economicamente precarie non avevano avuto scelta.
"Io appena mi laureo e ho un lavoro per mantenermi, lo faccio subito un figlio".

Poi so che ne hanno parlato, e forse hanno trovato un modo di consolarsi. Per quanto poi a una festina in casa tra di noi, mentre F. e io la portavamo a letto sbronza persa, lei che beveva così poco in fondo, la sentii piangere:
"F., ma perché? In fondo ho solo fatto uno sbaglio, una volta".

Anche lì mi si è spezzato il cuore per lei, ma non avevo parole.

Italia, 2010
Sono passati 20 anni, adesso le parole le troverei. È cambiato qualcosa? Ma neanche per sogno.

E leggendo questa notizia mi chiedo perché: perché alle donne tocca pagare in proprio e in prima persona, perché le istituzioni e l'assistenza previsti dalla legge non aiutano, perché a 32 anni da quella legge esiste ancora un obbrobrio come l'obiezione di coscienza che paralizza in molte regioni la possibilità di scelta di donne che non hanno scelta.

Ma cavolo, se non vuoi effettuare aborti, specializzati in geriatria. In neonatologia. Nel cavolo che ti pare, ma stà fuori per cortesia da ginecologia e ostetricia. O mi toccherà pensare che per un ostetrico obiettore la priorità è salvare il figlio e nn la madre, se posto davanti a una scelta.

A me chi specula sulla necessità altrui fa schifo, premettiamolo subito. A me chi sentenzia sull'autodeterminazione di donne che non conosce a proprosito di vita e morte e il proprio corpo, a chi fa dei bizantinismi sulla pillola abortiva, che ce la siamo inventata apposta per facilitare una scelta difficile a chi se la deve fare in proprio, gli toglierei i diritti civili.

Però le strutture già non funzionano in modo dignitoso per le italiane, figuriamoci per le clandestine. Questo medico ha compiuto un abuso di ufficio bello e buono, speculando sulle difficoltà delle sue pazienti.

Solo che adesso dove dovranno andare a sbattere la testa queste povere criste non lo so. E mi chiedo perché nel 2010, superato il concetto di peccato, superato quello della donna come strumento del demonio, superate tante pippe mentali e non, mi chiedo perché tocca ancora farsi massacrare. E perché questo tocca sempre alle donne.

In fondo nella maggior parte dei casi stiamo parlando solo di soldi. Negli esempi che ho portato io, di donne che conosco personalmente, tutte e tre, ad avere l'autonomia economica necessaria, questo figlio lo facevano.

Invece di tante chiacchiere e di tanti soldi spesi male, invece di riempirci la bocca di politica per le famiglie, facciamole queste politiche. Che le famiglie poi seguono da sole.

Darsena, porto, nave, SAIL


Oggi cominica SAIL e io da stamattina vado in giro a fare foto. Il corteo di velieri è salpato stamattina da Ijmuiden, all'imbocco del mare del Nord, e arriverà in giornata/primo pomeriggio ad Amsterdam.

Le strade intorno casa mia sono bloccate da stamattina dagli ometti fischiettomuniti che hanno isolato le parti più vicino agli sbarchi dei traghetti, e portare i bambini`a sport è stata un'impresa (ma perché la mia bici ha dato forfait proprio in questi giorni?

Qui intanto un assaggio dalla zona della darsena NDSM.

mercoledì 18 agosto 2010

Ecche la tenghe


Il titolo sopra era la frase con cui un amico di mio padre, indicando la macchina fotografica, annunciava di avere le prove che la tale bonazza da spiaggia veramente prendeva il sole in topless. Erano gli anni 70 e a Tortoreto già oggi tutto questo topless si fa fatica a vederlo, figuriamoci allora, anche se i costumi infrachiappe nel frattempo sono aumentati, il che mi rassicura sull'evoluzione dei costumi. (Sorvolo su quello che pensavo e penso di uomini che tra amici si fanno le battute sulle bonazze da spiaggia, lì mi sa che i tempi ancora non si evolvono).

Però se si considera che i primi due giorni, quando andavo a prendere Orso dallo skate e toccava insistere e trascinarlo, mentre suo fratello derelitto ci aspettava sotto la pioggia al campo di calcio e il massimo che gli vedevo fare era la scivolata di chiappa o lo slittino, il grido esultante me lo concedete?

Oggi che non c'era la fretta del ritiro, perché causa pioggia torrenziale Ennio ha deciso di non andare a calcio (in realtà voleva partecipare allo skate e dopo averlo chiesto gentilmente - tanto a questi corsi ci sono tutti i giorni dei ragazzini che no vengono per tanti motivi- ha tranquillamente potuto) ce la siamo presa con calma.

E io ho le prove. Fotografiche.
Prego notare la souplesse della rincorsa e la sicurezza nello scatto.









Anche nr. One che oggi per una volta ha imitato lui il fratello, non se la cava male. Anche se Orso un paio di giorni fa, alla domanda se avesse imparato a fare una roba del genere, sollevare lo skate standoci sopra, diceva con sufficenza:
"Il maestro dice che è solo per lo show". Con il sottinteso: scusatemi, ma qui si sta facendo sul serio. Ma stavolta il principiante è il fratello e lo scusiamo.

Poi quando la cara amica mi chiede perché non prendo il sole in topless posso solo rispondere che io in genere il sole lo prendo a Tortoreto e conosco i miei polli, ma che dalla settimana prossima la famiglia Diga la domenica mattina la si troverà alla pista di skate, madre compresa. Che gli skeeler di seconda mano me li sono già comprata e figuraccia per figuraccia vado a fare un po' di allenamento e poi mi vedrete sfrecciare sulle piste ciclabili pure a me. Che con quei caschetti lì ho risolto pure il problema capelli sotto la pioggia.

Adesso, tanto per concludere, io e nr. Two ci stiamo godendo la casa silenziosa mentre nr. One sta qui:

martedì 17 agosto 2010

Io sono io

"Signora, è di la", mi indica gentilmente la signora anziana al caffé De Drie Graefjes dove oggi ci siamo fatti una rimpatriata postvacanziera con Ruvy e Corepeloso, e dove Orso appena ci ha messo piede ha cominciato a cercare il bagno.

Stavolta lo infilo subito al bagno delle femmine prima di qualsiasi discussione, che mi sono stufata di stare in posizioni precarie con quest'uomo junior che fa cacche laboriosissime, e sempre appollaiato sui due piedi sulla ciambella per controllare lo status dell'operazione, con tutte le complicazioni del caso quando siamo alla toilette degli uomini, lui rifiuta di chiudere la porta e io sto lì in bilico col terrore di incrociare questi maschi adulti piscianti negli orinatoi che magari mi guardano pure male per l'invasione, come, per fare un esempio recente, ieri al circolo tennis (si capisce, vero, che ciò lo stress del figlio che deve andare al bagno non apena metti piede fuori casa?)

"Mi devo sedere" constata tranquillo.

Io per stare tranquilla faccio un giro propedeutico di asciugamano di carta sulla ciambella.
"Si".
"Nella mia scuola un sacco di bambini la fanno in piedi", mi informa.
"Infatti tu sei un signore. Un gentleman".
"Io non sono un signore".

Riflette.

"Io sono una persona".

(E dopo tale profonda riflessione gli vuoi negare un cupcake con un ricciolo di glassa azzurra sopra che manco il parrucchino di Wilders? Di nuovo mi sono rovinata con questa mani.)

lunedì 16 agosto 2010

Sport Week Illustrated


"Vai".
Avevo appena finito di dire: allora, vado sul palco a guardarti, però poi a un certo punto ho promesso a tuo fratello di andare a vedere se ha trovato il campo e il gruppo, quindi ti guardo, ma poi se non mi vedi sai che sono andata, ma poi torno a prenderti e tu aspettami sulla panchetta dove sta il tuo zaino e....
Mi spinge via.

(Marò, sono una madre chioccia pure io. Ieri sera mentre con le ritardatarie del mio pranzo di Ferragosto stavamo mangiando avanzi e tirando tardi, è sceso in pigiama con la scusa del bicchiere d'acqua, che ha avuto con contorno di bacini, per poi uscire, chiudere la porta e mandarmi un altro bacino da dietro al vetro. E le amiche single che sfottono che emanavo cuoricini dagli occhi nel corso del'interazione. Che poi stavamo pure parlando di sesso e dell'influsso di piercing e apparecchi ai denti sul sesso orale, ma sorvoliamo, sono andata a letto all'una.)

Però poi mi chiama forte "mamma" da in mezzo alla pista quando gli danno lo skateboard per farmelo vedere mentre se lo stringe sulla pancia, quasi più grosso di lui, mentre intorno sfrecciano innumerevoli ragazzini sugli skeeler.

Poi esco, poi mi chiama Ruvy per aggiornamenti, poi raggiungo Lily al mercato come promesso, una scarpa infelice mi spella tutto il tallone e zoppico per tutto il mercato.

Poi torno a prenderlo e il suo casco e le protezioni sono a terra e lui corre, scivola dalle rampe come se fossero uno scivolo, sale sulle rampette meno ripide, si siede sulla tavola e scende giù. Mi stresso per riportarmelo dietro e non tirare tardi che Ennio è solo altrove, ma lui è tutto preso, poi mi sfreccia a fianco e scende. E arriviamo di corsa a prenderci Ennio che con santa pazienza ci aspettava.

Quest'anno siamo tornati prima del solito dall'Italia perché finalmente avevo deciso di iscrivere i bambini ai corsi settimanali per le vacanze organizzati dall'assessorato Sport e Gioventù del municipio di Amsterdam Noord.

Che bisogna sapere dove cercarlo (vedasi link) oppure andare allo sportello Sport presso la piscina di Florapark e informarsi. Cosa che ho fatto, e ho pure iscritto i bambini a calcio e tennis (Ennio) e skate (Orso). Per meno di € 20 a corso vanno per 5 giorni, due ore e mezzo al giorno, forniti di attrezzatura se non ce l'hanno e con istruttori devoti a fare un mucchio di cose interessanti. Tipo anche vela, survival, hockey, ecc.

Un'altra cosa bellissima da fare in estate e costano pochissimo anche loro, basta superare le liste d'attesa o decidersi per tempo, che se ci fosse un minimo di certezza su un'estate un pochino asciutta e non con i monsoni, sono le colonie diurne che li portano alle dune, in spiaggia, come ha fatto l'amichetto J. Scusate se è poco, ma davvero non è la prima volta che penso che ZAmsterdam in estate sia godibilissima, pioggia a parte. Che è la cosa che mi frega, mi fa partire e poi tanto ha piovuto pure al mare.

L'unica fregatura è che tutti i corsi cominciano insieme alle 10.00 o alle 13.30, ma in posti diversi. Così oggi siamo usciti in macchina alle 9.30, ho scaricato Ennio al calcio affidandolo a un altro padre (sconosciuto) e sua figlia e a un tizio che forse era l'allenatore, forse no, non ho avuto tempo di approfondire, ma comunque era l'addetto. Com'era il tutto e cosa ha fatto lo scoprirò domani.

("Hai detto che tornavi ma non ti ho vista" mi farà dopo.
"Amore, proprio non ce l'ho fatta, sono andata al mercato a fare la spesa per il pranzo" (frutta, cornetti ecc.).

Poi mi sono precipitata con Orso alla darsena NDSM, noto centro culturale nonché parcheggio acquatico della barca dei pancake (che ci abbiamo fatto due compleanni uno in proprio), di un sottomarino ex sovietico che non so cosa sia, del Botel, che sarebbe il motel su barca ed è carinissimo, e quando è in zona, del Rainbow Warrior di Greenpeace. Più una distesa sterminata di officine, garage, capannoni, edifici commerciali moderni e svariato altro panorama portuale.

L'indirizzo era vago sulla lettera del comune: skatepark sul terreno della darsena. Boh. Il telefono non era valido. Ariboh.

Incrocio una madre con due figli in bici:
"Scusi, sa dov'è la scuola di skate?"
"No, la stiamo cercando anche noi".

Poi ho incrociato un ragazzino in bici con cuffia da skater, di 16-17 anni forse, e dove ha parcheggiato lui ho parcheggiato anch'io. Nel frattempo è arrivata l'altra madre, in soprabito di ART, che già questa comunanza di stilisti me la rendeva simpatica.

Ci hanno indicato una porta di ferro in un panorama graffitato, ma manco eccessivamente. Saliamo una scalinata, cammino su una piattaforma ("Ma tu la sai la strada?" mi fa. "No, ma intanto andiamo a vedere") da cui si vede il resto del capannone con alcuni cubicoli, tra cui uno rosa confetto, vecchi container, pezzi di motore. Saliamo un'altra scalinata, ed ecco qui.


No, ditemelo voi, che cosa fantastica. Starà una settimana qui. vorrei starci anch'io.

Poi abbiamo prelevato Ennio dal calcio e siamo andati a piedi zoppicando ai campi da tennis contigui, ma non erano quelli giusti, io stressatissima tirandomeli dietro ho ripreso la macchina, trovato il club giusto, urlato il necessario e anche il superfluo e trovato tre istruttori molto zen che gli hanno detto di attaccarsi alla maglia l'adesivo con il suo nome a pennarello. poi ho capito che mancava ancora mezz'ora e mi sono scusata con la belva, che graziosamente ha accettato.

Nella mia ansia da prestazione e fraternizzazione (che qui ci stiamo per conoscere altri bambini dei paraggi) attacco discorso con un altro ragazzino racchettamunito. Poi ne arriva un terzo che si chiama Finn, così sta scritto sull'adesivo.
"Ehi, ma tu stamattina eri a calcio" gli fa Ennio.
Amici, basta poco. Spariscono da qualche parte.

Poi arriva la madre in soprabito ART dello skate e mi attacca discorso:
"Ma tu parli italiano con i bambini, lo parlo anch'io".

È un'ex archeologa che adesso fa un lavoro telefonico da casa e sperava di farlo anche questa settimana, ma ha già capito che si fa fatica con tutti questi trasbordi. Suo figlio la settimana scorsa ha pure fatto vela.

"Se vuoi io sono in macchina, dammi l'indirizzo che te lo riporto io, lo so che non mi conosci, ma se vuoi ti dò i miei dati".

Si è fidata. Io non so se l'avrei fatto così d'emblée. Ma mi sono detta che se vogliamo sopravvivere a tutti questi spostamenti toccherà mettersi d'accordo in qualche modo. E domani cerco di scoprire chi sono i genitori di Finn e se un Ennio bicimunito può fare con loro la strada dal calcio al tennis, dove lo raggiungeremo io e Orso un po' meno con il fiatone. o magari Orso può pedalare con loro fino al tennis mentre io trasloco Ennio. Qualcosa del genere.

E quindi anche se una volta a casa e fatto mangiare Orso e aggiornato il capo mi sono accasciata sfinita sul letto (le vacanze mi hanno rovinato in recettori dello stress, evidentemente), sono contenta per i risultati, perché a parte la speranza di vedere Orso a fine settimana scendere dalla rampa con i piedi e non le chiappe sullo skate ("chissenefrega, l'importante è che gli piaccia" fa il capo con pragmatismo olandese), il motivo principe per rinunciare ad altri 10 giorni di sole e caldo (più o meno) che era quello di fare amicizie in zona pare stia funzionando.

E pare che persino l'archeologa telefonista voglia iscrivere i figli alla succursale della Montessori dall'anno prossimo.

Perché questa città, a guardare bene, è proprio un paese in cui gira e rigira ci si ritrova tutti. E sarebbe pure ora, cominciare a ritrovarsi vicino casa.

Due pesi e due misure

Il capo, che è eroico, con la dieta del dr. Frank da maggio ha perso 20 kg. si è rimesso a correre ed è molto di compagnia.

Io che oggi mi sono pesata, ho scoperto che dal 12 luglio, partenza per le vacanze, ho messo su 4, 5 kg. Tutta colpa della burrata e del doppio bombolone di Mauro a colazione, non dico di no.

Ci deve essere una morale in tutto questo. Ma se va avanti così fra un po' i nostri pesi si incrociano e non sarà un bel giorno quello.

sabato 14 agosto 2010

Testone

Mentre butto lo scontrino nell'apposito secchio, leggo il cartello:
Ogni furto verrà denunciato alla polizia. La direzione inoltre applicherà una multa pari a € 151 all'esecutore a titolo di risarcimento per il disturbo e il lavoro extra.

Stiamo tutti aspettando Orso, io, suo fratllo e l'amico J. da cui sono stati a giocare tutto il pomeriggio mentre io e il capo (ma soprattutto il capo) abbiamo fatto un remake alla baracca che non ci si entrava più e ce n'è di roba che non sappiamo buttare non sappiamo dove mettere, abbiamo la vaga sensazione che sia utile e quindi andava sistemata.

Poi J. ha accettato di venire a dormire da noi, tanto domani festeggiamo Ferragosto e sarebbe venuto comunque, si sono mangiati un piattone di penne al ragù (il ragù della lasagna che da stamattina stava a ritirarsi, quello con 1 kg. di verdure e odori, 300 gr. di pancetta, 750 gr. di macinato, 3 chiodi di garofano e due bottiglie della passata fresca fatta in casa e appena riportata). Tranne Orso, che invece è andato a fare la cacca.

Per dessert, si va come da promessa allo snack-bar all'angolo per un gelato, persino Orso che non ha mangiato e si è salvato in corner perché il santuomo di suo padre si è messo a imboccarlo, spiegandogli il concetto niente cena-niente gelato 9"Perché vieni a dirlo a me?" mi ha fatto. Perché tu sei il padre, hai autorità e a te danno retta, mentre a me mi tirano scema e poi urlo, che la madre italica maltrattata dalla prole si difende a urlacci) mentre noi lo aspettavamo fuori casa. Dove il cane demente e sordo invitato alla festa di inaugurazione dei vicini viene nel nostro giardino con gioia nostra e costernazione dei proprietari.

Come diovuole partiamo in direzione snack-bar, che è chiuso. Costernazione anche di qua.

"Andiamo a comprare un gelato al supermercato" faccio io per salvare capra e cavoli. che dove stiamo noi se chiude lo snack-bar è la morte civile.

Alla cassa J. mi sta vicino mentre i miei mostri vanno a sfogliare giornalini.

"Mamma, prendimi questo" accorre Orso.

"Oggi no, mettilo a posto e sta con"
Mica mi ascolta finire la frase.

Pago, esco e spedisco J. ad avvertirli che vado via senza loro.

Ennio e J. sgusciano dalla fila alle casse chiedendo permesso, Orso resta piangente e urlante dietro, io con la spesa di gelato e acqua minerale in mano senza borsa, perché ovviamente sono uscita con la tessera bancomat e le chiavi in mano, tanto lo snack-bar è dietro l'angolo, no?

Alla fine Orso esce incazzato e urlante dalla fila. Con un giornalino, ovviamente non pagato, in mano. Lo rispedisco a metterlo a posto ingiungendo di chiedere scusa, sperando di non beccare la commessa troppo zelante. Ma di sabato sera, alle nove meno cinque, non ci si fila nessuno e lui rifiuta di scusarsi 9anche io, però, sono un'aquila quando mi frego con certi dettagli).

"Ennio leggi a tuo fratello questo cartello per favore".

Lo legge compitando le parole lunghe e seguendo con il dito.

"Lo capisci che oltre a dover perdere una serata dalla polizia poi mi tocca anche pagare 151 euro per un giornalino che sicuramente non ti comprerò mai a quel punto?"

Pare che l'abbia capita, anche perché il fratello ramanzina ha ripetuto la partaccia per tutta la strada e anche mentre scartavano i ghiaccioli, fino a che non gli ho detto di piantarla.

Io spero solo che questo cocciutissimo e incazzosissimo figlio mio capisca al piu presto il principio di azione e reazione. E possibilmente a un prezzo più basso di € 151.

E voglio una gelateria buona a distanza di passeggiata. Ma per quella toccherà traslocare di nuovo e ce ne guardiamo bene.

venerdì 13 agosto 2010

Motherf***er

"Sono arrabbiato. Voglio che Ennio è morto".
"Ma tu te lo ricordi la cosa che ti ho detto, ieri sera, prima che ti addormentassi da me? Che quando ti arrabbi così tanto mettiti a ridere e vedi cosa succede?"
"Ah, già".

Orso è da sempre uno che si incazza. Prima pensavo ai Terrible Two, poi ai Terrible Three, poi lastanchezza pregressa. la vita che mi incalza, il periodo difficile, la fase passeggera, adesso quest'estate l'ho capito: bisognerà pensare a qualche trucco che gli insegni a disinnescarsi. Perché o comincia con le minacce autolesioniste ("io mi ammazzo, va bene? Sei contenta che mi ammazzo?") o con le parolacce. Tipo un paio di settimane fa in bici:

"Sono così arrabbiato, sono così arrabbiato che ti devo dire una cosa all'orecchio".
Accosto con la bici e mi chino verso di lui.
"Cazzo. Cazzo. Fuck you" bisbiglia urlando.

E pochi giorni prima in spiaggia, al momento di rientrare a casa:
"Sono così incazzato".

Signore dammi la pazienza. Un po' mi vergogno, perché cazzo e incazzarsi è da me che lo ha imparato.

Sono una madre sbagliata, evidentemente, perché a me quando gli vengono gli attacchi di rabbia un po' mi fa ridere, un po' mi fa tenerezza. (Tranne quando questi diventano una prova di forza in cui si perde lui per primo). Perché lo vedo così piccolo, così in preda a emozioni che non sa gestire, e per cose così piccole come lui, in fondo.

Ma un po' impotente mi sento anch'io, perché non gli semplifica la vita questo carattere così incazzoso. Perché vorrei che la sua rabbia reattiva imparasse ad usarla per le volte che serve (e nella vita, prima o poi, serve sempre essere così arrabbiato da salvarti la vita).

Ennio non è così. Ennio semmai si offende o gli viene da piangere. Ennio, se proprio dobbiamo dirla tutta, sono altre le frasi ricorrenti che ha preso da me.

"Ma mi fate vivere?" fa l'altra mattina a Ofena mentre io e mamma stavamo prendendo la deriva madre ansiosa e rompi.

Questa incazzosità invece mi sa che è tutta del padre e di sua mamma, mentre io a volte spero sempre che certi tratti saltino almeno una generazione.

Consigli?

Considerazioni da ritorno

Sono state delle gran belle vacanze. Diverse dal solito ma belle. A parte che il caldo bestiale lo abbiamo preso tutto nelle visite in città mentre i temporaloni rinfescanti ci cacciavano dalla spiaggia e gli appartamenti elle vacanze, si sa, sono troppo piccoli per i giorni di pioggia.

Siamo riusciti ad andare a trovare un po' degli amici con cui ci diciamo sempre una di queste volte passiamo. Siamo finalmente andati all'Acquapark con le belve. Io e mamma abbiamo fatto i pomodori ma il prossimo anno ci prendiamo due giorni per farlo e i maschi partecipano.

Siamo riuscite con amica del cuore e figli vari a farci tre giorni di mare insieme e scoprire quanto sia semplice la vita al mare. I bambini fanno gran castelli e bagni prudenti mentre noi li guardiamo e leggiamo libri. Li nutri a pizzette o arrosticini e frutta, se non ti va di rientrare per pranzo troppo presto e li lavi alla doccia in spiaggia, così al rientro basta nutrirli, impigiamarli e lavadentarli che schiantano. E poi noi sul balconcino facciamo tardi guarando i fulmini e l'eventuale stella cadente. Abbiamo letto persino dei libri, e ci siamo rilassate.

Per dire, io in due settimane di mare non mi sono fatta venire mai, e poi mai, la tentazione di pulire il bagno. Cose così, ecco. I piatti si, toccava lavarli, e i letti rifarli almeno per togliere la mezza tonnellata di sabbia che ci arrivava misteriosamente cinque volte al giorno, ma poi basta.

Ho mollato madre e figli a Ofena mentre io andavo ad Offida alla festa degli Auroridi per il compleanno di Lorenzo (e non sapendo che era richiesta esibizione e non avendo una copia di Statale 17 per leggerne un po', ho ripiegato sul monologo di Panzallaria che è piaciuto assai, specialmente alle donne scorpione presenti).

Siamo persino riuscite a farci un po' di Ofena, contrariamente alle previsioni, perché abbiamo dormito a casa di Beatrice. E quest'anno a Ofena improvvisamente c'erano un sacco di bambini, (Irene santa subito, che organizza da volontaria e gratis il gruppo di attività mattino e pomeriggio per i bambini e le sparlano pure dietro, e grazie alla mamma di Piera, vivandiera, che da brava nonna passava da noi il pomeriggio con la merenda a base di pizza fatta da lei e acqua minerale. Come si sbafavano quella pizza tutti quanti i calciatori e gli artisti, era bello da vedere).

I mostri si sono fatti amici Christian, un bambino nato in Burkina Faso che più che annunciare al gruppo di gioco che lui era africano di sé diceva poco, anche causa lingua. Ennio cominciava ad annunciare "Io esco, vado al bar" per andare a giocare nel parchetto della Rimembranza di fianco al bar e mancava solo che aggiungesse "non aspettatemi per cena". Poi il secondo giorno, rientrando da Offida, ho scoperto che con Christian ci parlavano olandese in quanto lui vive in Belgio e al povero non sembrava vero poter finalmente comunicare meglio, visto che in italiano si fa capire ma secondo me fa fatica lui a seguire tutto.

Insomma, proprio l'anno che non posso stare spalmata a Ofena tutta l'estate saltano fuori il parchetto, la festa cominciata ieri dopo la nostra partenza, il gruppo gioco, i bambini, Ryanair da Pescara e svariate altre cose utili che ad avercele prima, magari. Ma tutto - sospiro - non si può avere.

È saltato fuori che qualcuno che non conosco ha cambiato cose varie nell'accatastamento della casa, di casa dei miei zii disabiata, del rudere di Italo, insomma i numeri di particella non corrispondono più e mi tocca dare 1000 euro al geometra che sta tentando di capire cosa sia e cme raddrizzare la cosa. Che ci avrei fatto più volentieri la vacanza.

L'aggregato ha un volto: Proprietari e tecnici sono venuti a fare un sopralluogo da casa nostra per capire come va delimitato e chi ci rientra. Così ho conosciuto meglio un paio di miei vicini che non incrocio mai, scoprendo che uno è il fratello di Beatrice (un'altra, non quella da cui dormiamo), i cui figli ho visto una volta da ragazzi che nella loro casa avevano un pianoforte stonato e hanno suonato un rag di Scott Jopkin e poi non li ho mai più rivisti, ma so dove stanno i genitori, di fronte al bivio di Onna, che una volta ci sono andata con zia Vittoria, ma sono quelle cose che non sai più chi siano, cosa facciano e che faccia abbiano.

In questa occasione ho scoperto che la scuola, che è la stanza in alto mai vissuta che mia madre ha fatto ristrutturare a forza l'ultima volta nel 2008, proprio prima del terremoto, a forza perché io non avevo i soldi ed ero perplessa, ma lei ha chiamato il muratore e ci si è messa d'accordo, e meno male, altrimenti veniva giù la stanza alta e tutto il discorso aggragato o ricostruzione sarebbe stato superfluo, sarebbe toccato semplicemente demolire e meno male anche questa), ecco nella scuola c'era una sopresa.

Perché la scuola vecchia prima della ristrutturazione salvifica era piena di cose vecchie e ciarpane, le due macchine da maglieria di nonna, il gong di mio padre, quaderni e libri di scuola di varie generazioni di casa, ecco la scuola aveva prima infissi rotti e aperti e in una delle lampade ad olio appesa alla catena che scendeva dal soffitto, ci avevano fatto un nido degli uccellini. Dopo la ristrutturazione mia madre ci ha appeso il lampadario di cristallo di casa sua.

E nella coppetta di ottone del lampadario che copre il buco sul soffitto, coppetta un po' scesa rispetto alla catena, stavolta c'era un'ala. Per fortuna Luca vedendomi affranta all'idea di metterci mano ha preso una scala, ha tirato fuori un uccelletto mezzo decomposto e me lo ha buttato fuori dalla finestra su un tetto. Poi una dice il vicino cacciatore. C'è sempre bisogno nella vita di qualcuno che non si fa impressionare da un uccelletto morto.

Insomma, come andrà a finire al catasto e con l'aggregato ancora non lo so, l'unico punto fermo è che a un certo punto, in autunno, toccherà tornare tutti quanti per costituire un consorzio, ovvero un condominio per la ricostruzione delle parti comuni. Tutto questo ovviamente sorvolando sul fatto che soldi per la ricostruzione non ce ne sono e che anche volendo aggiustarsi qualcosa a spese proprie non si può, e che alla fine del discorso pare che casa nostra sarà divisa in due aggregati e che quindi a distanza me ne posso spupazzare il doppio, tanto non ho niente da fare, che sarà mai.

Il che non promette bene per le vacanze del prossimo anno, specie se i misteri del catasto si infittiscono e le spese impreviste per chiarirli aumentano. Ma speriamo bene. Alla peggio mi metto un container sotto gli ulivi, mi compro un generatore eolico da mettere sul tetto e le vacanze le faccio lì. Sano, ecologico e mi sa che mi stresso di meno.

martedì 10 agosto 2010

Montagne

Lo dico sinceramente per chi non sta qui in questo momento a guardarsi le montagne che mi sto guardando io. Mi dispiace per voi.

Il monte Camicia così imponente se visto da casa e talmente collinetta sassosa quando ci arrivi sotto. La mia Alta Valle del Tirino quando la percorri e quando la guardi dall' alto. I pomeriggi vellutati dalla luce radente del sole. Dove le montagne più avanti sono di quell' indaco solenne e silenzioso della fine del pomeriggio, mentre quel paio di cime più alte si prendono la velatura dorata degli ultimi raggi di sole.

Il fiume di notte con i pesci che increspano l' acqua, le papere che si mandano richiami raneschi tra le canne e le zanzare affamate che ti costringono a scappare da tanto idillio.

Fichi e prosciutto nella cucina di Anna e Peppe.

Io giovedì non è che avrei tutta questa voglia di partire. Ma ci tocca.