martedì 30 settembre 2008

Lo jutter di Texel



Texel è quest'isolotto, il più grande delle isole frisoni, le isole Wadden, a nord del Noord-Holland, dove sono stata lo scorso weekend.

In realtà lo conoscevo già, c'ero stata un paio di volte brevemente all'epoca in cui facevo la guida per le vacanze in bici e battello, e se vi capita fatelo (http://www.cycletours.nl/), non mi pagano per dirlo, ero io entusiasta del tipo di esperienza.

Tra la terraferma e le isole Wadden c'è il wad, che è questa specie di fondale influenzatissimo dalle maree, a volte è asciutto e si formano banchi di sabbia, in genere in estate, a volte bagnato. Per le navi tengono dragati dei canali, ma si tratta di un terreno quanto mai mutevole, regno incontrastato delle foche. In estate si possono fare anche delle escursioni guidate, con gli stivaloni, oppure scalzi e in certi punti si arriva all'acqua fino a quasi le ascelle, in altri si sta asciutti. Spero di non doverlo mai fare con le mestruazioni, ma l'idea mi attira.

Venendo dal mare da nord la prima cosa che si vede dell'Olanda sono le isole Wadden. In inverno nel passato erano completamente isolate dalla terraferma e gli abitanti dovevano arrangiarsi, e lo facevano benissimo approfittando dei relitti alla deriva. A volte li prvocavano, facendo luci di notte in modo che i poveri navigante pensassero di accostarsi a un porto, invece affondavano e se ci provavano a nuotare fino a riva li finivano con una botta di bastone di piombo alla nuca, non sia mai gli venisse in mente di reclamare le merci. poi hanno costruito il faro e i naufragi hanno ritrovato la spontaneità primeva.

Uno jutter è appunto questo spigolatore di naufragi: dopo il maltempo va a farsi il giro dei punti che sa lui sulla spiaggia, per vedere il mare cosa gli ha portato. Soprattutto adesso che ci sono i container che si sciolgono, i bischeri di città che si fanno la barca e partono freschi freschi senza guardare i venti e le correnti e si incagliano, affondano, ne fanno di tutti i colori e vanno salvati, abbandonando la nave.

Ecco, tra le altre cose a Texel ci siamo stati a fare un giro con questo jutter, Maarten, che ci ha raccontato come è cresciuto su Texel, raccogliendo, trafficando, riparando, riciclando. Come dice lui:
"Tenersi occupati va bene, purché non degeneri in lavoro".

A me però sembra che stia sempre a fare qualcosa. Vicino al parcheggio del palo 33 ha l'insegna con gli orari in cui fa i tour, a seconda della marea. Il cartello è il timone di un'imbarcazione che ha trovato sempre dopo una tempesta.

"Il timone ce l'ho. Adesso mi tocca solo aspettare che mi arrivi anche la barca".

Da piccolo Maarten e i fratelli, che erano famiglie poverissime, metteva le trappole per conigli, abbondantissimi sull'isola, e vivevano di quelli, pesce e molluschi, alghe commestibili e tutte le more e le bacche che crescono sulle dune. Da grandi, il colpaccio che hanno fatto è stato quando si è staccato un container di sigarette marca Hollywood. le hanno vendute e ci si sono comprati una barca. Una stecca, per ricordo, sta sulla mensola sopra la porta della sua baracca.

La baracca di Martin, ecco, sembra un'installazione di Tracy Emin, ma senza le macchie di sperma, quindi meglio. Una delle estremità della baracca è rappresentata dalla cabina di pilotaggio di un'imbarcazione, compresa di radio e toilette ad effetto sottovuoto.

C'è una collezione enorme di boe in tutte le sfumature, giubbotti di salvataggio, la ringhiera di una barca da mezzo milione affondata, che lui ha appesa al muro come appendino. cordini con una collezione di spazzolini da denti e un'altro di ciucci attraversano il soffitto come decorazioni natalizie. Un tavolone lunghissimo con panche di legno alla deriva e rivestite di un cuscinone coperto di vela. I rocchettoni di legno dei cavi fanno da tavolinetti. Lì ci offre il liquore dello jutter, che è marrone scuro ma sa di centerba, solo molto meno forte.

Maarten su un terreno tra le dune ha due cavalli neri e bianchi, del tipo che tiravano i carrozzoni degli zingari. Li è andati a prendere in Inghilterra. Con pezzi di scarto si è fatto un carro, e quando trova qualcosa va con cavalli e carro tra le dune a recuperarli.

"Quella tavola lì è un pezzo di molo, levigato dal mare. Una volta ci facevamo il fuoco, adesso invece la gente di città la comprano a 100 euro per fare una panchetta in giardino. E io gliele vendo".

I mozzi delle ruote del carro sono coperti con bottiglie di PVC tagliate ad hoc, le ruote davanti e quelle dietro sono di due misure diverse, ma con un altro pezzo di recupero ha fatto un giunto per metterle in pari. una tanica tagliata all'imboccatura fa da pattumiera, affiancata da due pezzi di tubi in PVC in cui buttare i bicchieri delle bibite che offre ai turisti in gita "che così non perdo tempo a dividere la monnezza".

Infatti il carro lo usa anche per far fare i giri ai turisti. Il suo sogno però è quello di ricomprarsi una vecchia barca di salvataggio finlandese che adesso sta su Ameland, sempre per portare a spasso i turisti.

"Così li porto a farsi un giro al largo, finché non mi si mettono a vomitare dal mal di mare, e lì mi pagano il doppio per riportarli indietro. Così siamo contenti tutti e due".

Insomma, da piccolo cacciava i conigli per sopravvivere, adesso fa un po' lo stesso con i turisti. Dagli torto. In inverno invece salda, aggiusta, mette insieme e ricicla. In terraferma ci va poco che il limite sulla provinciale è 80 km. all'ora e lui non ci è abituato, sull'isola vanno a 40.

Secondo me, tra i turisti, i giri con i racconti, le casette di madre, zie, nonne e fratelli che si sono venduti agli immobiliaristi che ci hanno fatto gli chalet e le villette per villeggianti, si è fatto un sacco di soldi. Va in giro con questa tuta rossa nuovissima, un paio di stivaloni di gomma e questa cuffia lercia in testa.

Un fenomeno questo Maarten. Parla in un dialetto del nord, che mi ricorda tanto quello di Groningen, che sta sempre in cima, però a destra, fino a che non mi ricordo che la punta del Noord Holland la chiamano anche Frisia occidentale. Affinità.

A parte quel paio di battute standard che tutte le guide sviuluppano con il tempo, emerge il carattere di quest'uomo, che vive ai margini del mondo e della società consumistica, con cui però fa dei grandi affari. Che ha visto la sua isola da un banco di sabbia di foche e conigli e dune, diventare una secie di parco disneyland per turisti di città. Che qui è nato e qui vuole morire.

All'inizio del tour mi dicevo: vedrai che sotto sotto ha un dottorato in antropologia e un loft minimalistico di 240 metri in terraferma. Mwah, diciamo che casa sua da fuori ha un aspetto molto più ordinato e borghese di quanto il capanno e il piazzale stracolmo di rommici farebbero pensare. Secondo me sua moglie gli ha concesso baracca e piazzale, purché non le entri in salotto senza pattine.

Insomma, se andate a Texel, andate a farvi un tour con lui, che merita. Le cose serie che ho imparato le racconto un'altra volta.



Cose pratiche:
se non avete una barca voi, a Texel ci si arriva prendendo il traghetto da Den Helder, andata e ritorno costano € 35 per una macchina, si fa un biglietto unico all'andata. Parcheggiare anche solo per un weekend al porto costa di più. In 20 minuti di navigazione si arriva, sono 2,5 km.

Credits foto: parco vacanze de Krim, si quello dei lettinimini

lunedì 29 settembre 2008

Corso da sommelier 3

È ricominciato il corso da sommelier, terzo livello. Poi abbiamo l'esame, si può rifare solo due volte. Mi sono addormentata e risvegliata di soprassalto tra una frase da tradurre e l'altra.

Però la differenza con il primo e secondo livello è che stavolta il vino non si sputa. Meno male che ci danno i mangiarini insieme.

domenica 28 settembre 2008

Certe notti

Questo weekend c'è stato il weeekend anuale per dipendenti e partners organizzato dalla ditta del capo. siamo stati ospitati e intrattenuti a Texel, ridente isola a nord dell'Olanda. Reportage e dettagli seguiranno, che ho raccolto intercoolturalità a bizzeffe.

Qui, prima del meritato riposo che domani ricomincia il corso da sommelier, livello 3, e sono già stanca, solo un appunto dedicato a coloro che mi amano e prevedevano il weekend in questione come la tanto attesa occasione per mettere in cantiere Gnorpo tre. posso aggiornarvi con un'unica parola.

Nisba.

innanzitutto la logistica, che ci ha fregati. Alloggiavamo in uno chalet da due camere con una coppia di collega/moglie che ci stanno un sacco simpatici. Noi, che siamo arrivati la sera dopo, ci è toccata la camera dei bimbi. Due lettini-mini separati da un comodino comunque ancorati al suolo. Pareti di cartoncino. C'è un limite a quello che si può infliggere ai vicini simpatici (i quali, si è scoperto alla partenza, avranno avuto un letto non separato, ma erano in realtà lettini e materassi che alla deriva dei continenti gli facevano un baffo).
Noi invece eravamo proprio divisi. Questa la camera.


"Se avessi avuto il Makita in macchina, smontavo tutto" fa il capo in uno dei suoi rari momenti da gallo nel pollaio. Che metti a un uomo in mano un trapano a percussione o un giravite elettrico, e loro sublimano subito la cosa. Ci siamo rassegnati all'ennesima separazione notturna della settimana. Ottima cosa, che io ero distrutta. Persino gli abbracci a cucchiaino tentati nel sonno dal capo, nonostante il lettino, mi svegliavano e reagivo grugnendo.

Eppure tutto il resto era dalla nostra parte. Abbiamo lasciato in anticipo la cena in stile esotico (tutti vestiti da hawaiani, tranne noi per mancanza di tempo, io con un pareo in testa per non rovinarmi nel percorso in bici con i capelli umidi di doccia, che una tipa mi ha pure chiesto se ero una cantante lirica, vall'assapè) dopo il sestetto femminile latino-americano e prima del DJ trash, ci siamo fatti la strada di ritorno al buio pesto in bici, senza ricordarci bene come fossimo arrivati e all' inizio aspettando il giro del faro per capire dove iniziasse il viottolo in discesa dalle dune. La passeggiata in bici al buio pesto, con un cielo stellato come in Olanda non l'ho mai visto, dopo aver passato la serata a ballare, che al capo il cha-cha-cha fa schifo ma per amor mio si è sottoposto per una volta pure a questo, ecco, di un romantico che levati. Lo amo quest'uomo e ci siamo fatti un mezzo weekend bellissimo. Ma per come sto messa e per il letto che avevamo, mi doveva solo far dormire.

Domani è un altro giorno, sarò più risposata e vi racconto pure tutte le cose carine che abbiamo fatto, che questi weekend aziendali sono sempre dei tour de force mostruosi, anche se ti fanno bere aggratis a fine giornata.
Però certe notti, e certi letti, semplicemente non sono fatti per la riproduzione. Adesso sappiamo pure questa, non pensiamoci più.

Nessuno è insostituibile

In uno dei miei manuali di puericultura/psicologia dell'età evolutiva (si, le giovani madri in cerca di esperienza e risposte assolute, ne leggono di roba del genere) si diceva, cito a memoria, che le reazioni al disagio del neonato da parte dei genitori ne determinano la preferenza per atteggiamenti consolatori in età adulta. Insomma, la mia interpretazione era che se gli si mette il ciuccio ogni volta che piange, rischiamo di farne un fumatore o uno che si consola mangiando. Se invece lo abbracciamo, poi si consolerà avvolgendosi in una coperta o abbracciandosi.

Con l'occhio alla salute mi dicevo sempre che il secondo modo è preferibile, ma tanto uno si può leggere i manuali che vuole, gli errori non ce li risparmia nessuno.

L'altra sera rientrto da Maastricht e i miei figli mi danno la prova del nove di quanto gli sono mancata: ci mettiamo nel lettone con il mio laptop sulle ginocchia per una dose di Pimpa prima di dormire, io in mezzo tipo corneliamadredeigracchi, e i miei gioielli uno a destra e uno a sinistra.

Ennio si appoggia al mio fianco ciucciandosi IL dito.

"Ennio, dammi la mano mente guardiamo il film".
"Ah, scusa mamma, non ci stavo pensando".

Orso mi si infila sotto il braccio, se lo avvolge tutto intorno dicendomi che ha freddo e poi mi chiede:
"Mamma, ma quando tu sei morta io come faccio quando sento freddo?"

Bella domanda, ma io adesso che gli dico? Che i manuali sono di poco aiuto in certe circostanze.
"Beh, senti Orso, ci manca tanto di quel tempo che quando è ora poi ci facciamo venire in mente qualcosa".

Comunque, nulla da dire, ho due figli da manuale. Quanto sono rassicurata.

venerdì 26 settembre 2008

Trasferta

Sono stata 3 giorni a Maastricht con due gruppi di pneumologi (massacrante pure questa).

Ho cenato al castello di Neerkanne, quello della firma del trattato di Maastricht (e ho visto sulla lapide commemorativa la firma di chi ci rappresentava all'epoca, Giulio Andreotti).

Ho tentato di sbronzarmi e ci sono quasi riuscita. Non un'idea delle migliori, quando devi scendere giù al buio sulle scalette scoscese.

martedì 23 settembre 2008

(DIS)integrazione

Prendo spunto da un commento anonimo al post precedente, anche se l'anonimato su un blog non andrebbe incoraggiato. Voglio dire, siamo poi in fondo tutti anonimi, ma ci sono vari gradi.

Le domande (a mio avviso un pelo tendenziose, ma magari dipende da me e dal periodo in cui vivo) eccole, le affronto poi una alla volta.

"Qual è la "consistenza" di stranieri integrati ad amsterdam? Cioe' dei tuoi vicini circa 100% (pochi insomma) sono persiani/farsi/bangladesh/x/y....Amsterdam e' davvero cosi' invasa oggi nel 2008? Negli anni come e' cambiata la situazione? E' possibile vivere ad amsterdam e fare esperienze di vita con "autoctoni" oppure no? E' una meticcio-cultura impossibile da evitare?"

Bangladeshi non conosco nessuno. Gli iraniani che conosco e pratico parlano il farsi che è la loro lingua e ne conosco appunto un tot sposati con olandesi, una più francofila di de Gaulle. Poi incidentalmente frequento un caffé letterario iraniano, un buchino in cui si mangia benissimo tre cose e sempre quelle fatte dalla mamma e ci vado per le serate di musica o quelle di racconti. Una sera ci ho recitato per festeggiare il compleanno di un'amica italiana (abbiamo avuto per un po' tutta una serie di commistioni italo-iraniane in quel caffé lì) la traduzione di Qualcuno era comunista di Giorgio Gaber, per sentirmi dire dal fondatore che quasi tutto si applicava anche ai comunisti iraniani che conosce lui (come suo padre, che per questo suo essere comunista si è preso la famiglia tra cui questo figlio neonato e se ne sono andati a piedi attraverso le montagne, per poi approdare ad Amsterdam).

1) Qual è la "consistenza" di stranieri integrati ad amsterdam?
Non ne ho idea. Non ho neanche idea della consistenza di olandesi integrati ad Amsetrdam. Io stessa non mi sento affatto integrata, ma lo sono poi tantissimo rispetto a un sacco di italiani di prima, seconda e persino terza generazione qui e altrove. Facciamo del nostro meglio o del nostro peggio, ed essendo Amsterdam comunuqe una realtà a sé e multinazionale, non so quanto senso abbia farsi una domanda del genere

2) Cioe' dei tuoi vicini circa 100% (pochi insomma) sono persiani/farsi/bangladesh/x/y....
Io per ora abito in un quartiere nato e noto come yuppieland e penso di aver detto tutto. Il tasso di arianesimo in zona è spaventoso. persino le babysitter e le colf sono spessissimo bionde (le mie lo sono). Un buon 80% della popolazione adulta (dico a cavolo, ma è per spiegare) ha una formazione di tipo universitario, il resto sono studenti e quel paio di reprobi che non mancano mai. Abbondano le professioni libere e in campo creativo.
Ora, questi miei vicini della festa sono per la maggior parte i miei amici, quelli che frequento quotidianamente e a cui affiderei a occhi chiusi i miei figli. (Il che forse potrebbe dirla lunga sul mio tasso di integrazione). Gli stranieri nel mio quartiere sono invisibili, nel senso che sono per la maggior parte europei o americani sposati a olandesi o dipendenti di quel paio di multinazionali che gli affittano appartamenti qui. Non ci sono ghetti, che ce li facciamo allegramente da soli. Non so se la domanda fosse quella.

Forse faccio prima a dire che la nostra scuola elementare dietro casa, che è piccola perché esiste solo da 4 anni, ha una settantina di bambini tra cui una serie che a casa parlano francese, inglese, spagnolo portoghese, arabo, farsi, dari, finlandese, polacco, ceco e molto altro che mi sfugge sicuramente, che se li vai a contare tutti i bilingue saranno almeno un terzo. Non è assolutamente la composizione tipo di una scuola di Amsterdam qualsiasi, però è la mia composizione ideale.

3) Amsterdam e' davvero cosi' invasa oggi nel 2008?
Invasa, invasa... cosa volete che dica? Amsterdam era invasa pure nel XVII secolo se è per questo. Era ed è tuttora una specie di porto franco, dove se non rompi eccessivamente, ti fai gli affari tuoi e non infrangi la legge, nessuno ti da fastidio. Sarà per questo che attira sempre persone che in qualsiasi altro posto verrebbe segnata a dito dai locali.

4) Negli anni come e' cambiata la situazione?
Non lo so, ci abito da soli 10 anni, ma a me non sembra sia cambiata nell'ultimo paio di secoli, se quello di cui stiamo parlando è la dimensione multiculturale. C'è di tutto. Pare che almeno un 40% dei maschietti nata ad Amsterdam si chiami Mohamed, ma anche questo ha una sua spiegazione e non è solo quella dell'invasione islamica.

5) E' possibile vivere ad Amsterdam e fare esperienze di vita con "autoctoni" oppure no?
Dipende da te e dagli autoctoni che frequenti e quindi si torna alle affinità di tipo socio-economico e culturale, piuttosto che razziali. Io sono l'esempio vivente di una che i rapporti intimi di amicizia se li fa più facilmente con gli stranieri, ma anche solo per questioni di famiglia e vicinato, adesso alla lunga un po' di amici olandesi ce li ho. Solo che loro vivono con l'agenda in mano, io invece da 5 anni non porto neanche più l'orologio, e quindi mi frequento con coloro con cui faccio meno fatica a combinare. Che capisci, fissare in pizzeria tre settimane prima non è manco il massimo dell'intimità, dal mio punto di vista.

Poi appunto, dipende. Tra gli stranieri, e soprattutto gli expat che ogni tot anni si trasferiscono, prolifera il mito secondo cui si possa vivere ad Amsterdam senza dover imparare l'olandese. Sarà anche vero da un punto di vista pratico. Ma la vita è qualcosa di più della semplice sopravvivenza, fare il tuo lavoro, cercar casa, fare la spesa e pagare le bollette. Parlare l'olandese ti arricchisce enormemente la vita sociale, se non altro per il segnale chiaro che dai agli olandesi: io in questo paese, nella sua gente, nella sua lingua ci sto investendo una parte di me. Ti vedono subito diversamente.

Insomma, è una strada a due sensi, ognuno deve fare la sua parte. In questo faremmo bene a imparare dagli olandesi, che dovunque vanno per lavoro si preoccupano di imparare la lingua. Poi uno dice che sono commercianti. Anni fa, ho organizzato un corso di italiano al responsabile dei primi approcci ABN-Amro/Antonveneta. Se lo racconto a un manager italiano questo mi casca dal pero. Per l'olandese, invece, anche se alla fine ha sempre l'interprete, ha una settimana lavorativa anche se non più piena del collega italiano e riece a imboscarci le lezioni, anche se alla fine l'italiano lo parla soprattutto con il tassista, è un punto fondamentale che se stai affrontando un grosso progetto per lavoro che sai può durare del tempo, cominci con imparare la lingua.

Poi è la stessa persona che fa alzare i figli alle 6 la mattina per portarli alla scuola bianca lontana da casa.

6) E' una meticcio-cultura impossibile da evitare?
E che ne so? Ti potrei dire che a mio avviso il meticciato è il futuro del mondo, i figli vengono pure più belli. Se uno si vuole costruire una sua isola, ci riesce ovunque. Non deve necessariamente venire ad Amsterdam. Idem il contrario, se sei aperto a culture diverse ormai gli stranieri da frequentare te li trovi pure nel paesello della Brianza. Tu sei l'inizio e la fine della maggior parte delle tue frequentazioni. Ognuno decide per sé quello che vuole dalla vita.

Per dire, della famiglia di mia madre, 4 figli, cresciuti nella Polonia comunista che non è che fosse un posto che incoraggiasse i contatti con l'estero, tre di loro si sono sposati con stranieri e saranno manco stati gli unici della famiglia. Io, mio fratello e un paio di miei cugini idem. Parlare di meticciato a me mi inviti a nozze, ma in realtà fa talmente parte della mia vita che non è che stia a farci caso più di tanto. Non abbiamo una riunione di famiglia che sia una in cui si parlino meno di 3 lingue tutte insieme. Io in quegli ambienti lì sto bene. Poi quando posso me ne vado ad Ofena e sto bene anche lì, ma per poco.

Ma io che considero ogni incontro, ogni differenza, ogni somiglianza e riconoscimento come un arricchimento personale, ho voluto vivere in questa città, e nonostante gli alti e i bassi, trovo ancora che questo sia il posto migliore per crescere i miei figli.

Insomma, so di aver deluso un mucchio di gente nella vita con il mio relativismo a oltranza, però quello è il mio compasso e quello seguo. Non mi scocciano né l'islamica con il velo (quella con il burka e gli occhiali da sole si, perché mi sembra di vedere Darth Vader e perché per un minimo di comunicazione vorrei poter guardare gli occhi del mio interlocutore, ho i miei limiti anch'io) né il pattinatore a chiappe nude che va in giro in inverno per il centro. Mi scoccia invece chi si pone il problema dell'altro da sé come una cosa che ti peggiora la vita. A me piace raccontare del background delle persone che descrivo semplicemente perché trovo che sia una parte di loro e perché le differenze esistono e tanto vale prenderne atto con cognizione di causa. Ma non mi ci andate a cercare dell'altro, che non c'è.

Sono stata spiecata? Adesso ditemi la vostra. Quanti stranieri ci sono alla vostra festa di compleanno tipo? E perché?

Quello che ti determina alla fin fine non è quello che fai perché hai deciso così. È quello che ti capita e il modo con cui reagisci. E a me capitano tante cose.

lunedì 22 settembre 2008

Alti e bassi e stridor di freni

Al peggio non c'è mai fine. Ora sembrerebbe che io ci abbia preso gusto a fare i post di incidenti, perché sono quelli a cui arrivano tante reazioni di simpatia (e ringrazio profondamente quelle più recenti).

Però resta il fatto che in questi giorni pare riesco solo a scrivere dei momenti duri, mentre ce ne sono anche di belli.

Domenica gli amici del vicinato ci hanno organizzato un brunch d'addio. Tre famiglie, tra cui noi, Mahtab e Bart e Auke e Said, figliomuniti tutti e tre, tra ottobre e novembre si trasferiscono in una nuova casa. Lili, Marta e Michiel e Miguel Angel e Bowine (notato che tra i nostri amici non c'è un unica famiglia olandese true blue?) ci hanno fatto la festa, cercando di metterci a credere che era una cosetta intima tra di noi. Invece c'era mezzo vicinato.

Ho scoperto che iraniani e afgani si capiscono vicendevolmente se si parlano rispettivamente in farsi e dari. Mariam voleva conoscere Mahtab da un po', le presento e Mahtab immediatamente le dice "Salaam", la abbraccia e la bacia senza manco averla mai vista prima. Non so, è un'interculturalità altra, o sono proprio io che per riserbo non riesco ad essere così spontanea con le persone che non conosco? la prossima volta ci devo provare, se supero tutte le mie pippe di essere respinta.

Ho fatto conoscere le mamme tedesche, rammaricandomi con la mia vicina che in tutti questi anni, con tutto che ne avevamo una gran voglia entrambe, non siamo mai riuscite a parte una volta a farci dei progetti di canto insieme. E pure sarebbe tanto semplice vedersi dopo le 21, quando i figli dormono, farci un'oretta di prove e rientrare a casa ricaricate. Invece nisba, dopo quella volta di Ombra mai fu per piano, violoncello e voce incinta di Orso, che avrò cantato pure bene ma ero incinta di sette mesi e mezzo e più aria di tanto nel diaframma non ci entrava, le età difficili dei figli ci hanno fregate. Alle 21 schiantavamo.

Ma a novembre rifarà uno dei suoi concerti in casa, come tante volte in cui io non riuscivo ad andarci che nei weekend avevo sempre le mie prove, e stavolta ci provo. Chissa che il fatto di doverci andare apposta non aiuti.

Con altri genitori abbiamo sospirato sull'incapacità delle scuole locali di gestire i bambini dotati ("è l'aspirazione al conformismo e al livellamento che li frega, gli olandesi. Se non ci arrivi ti possono compatire e farti i ponti d'oro, ma l' idea che un bambino sia superiore alla media è una bestemmia che non si può pronunciare ad alta voce"). Ci siamo consolate che, saranno dislessici, avranno disturbi dello spettro autistico, andranno a logopedia ma almeno abbiamo i figli intelligenti, ma soprattutto carini e dolci.

I figli in questione nel frattempo giocavano a pallone o a principesse, senza che nessuno se li filasse o si ponesse il problema che potesse succedere qualcosa. Stavamo tutti sotto casa.

Ci hanno scritto (ebbene si, l'elemento più olandese della festa) una canzone commemorativa sul tema di Daar in dat kleine café aan de haven (Lì in quel baretto del porto) che sempre in un porto viviamo.

Abbiamo raccontato delle botte in teste di Orso.

"Ma si, è normale, quando stai traslocando si è tutti stressati, i bambini ne risentono, e statisticamente te ne succedono più del solito". È vero, me ne sono accorta sabato dopo la botta in testa; io sono tanto stressata di questi tempi e reagisco male ai tempestoni emotivi.

E infatti stamattina, mentre apro la porta di casa dopo aver incrociato un padre con due ragazzini in bici, sento una frenata, mi rigiro, e da sotto le ruote della macchina esce solo la ruota posteriore della bici del ragazzino più piccolo. Oddio, il resto sta spalmato sotto, penso. Invece il bimbo era solo nascosto dalla spalletta laterale del ponte. Sano e salvo e urlante.

La ruota anteriore tutta accartocciata, tutti gli astanti terrorizzati in vari gradi, il padre che lo tiene abbracciato e con voce monotona e tranquillizzante ripete: "È colpa mia, è colpa mia, non dovevo andare avanti mentre tu dovevi ancora attraversare", lui piange terrorizzato, il mio vicino sconosciuto, il conducente, accanto e pietrificato, il capo e io vicini che proponiamo di entrare da noi e sedersi un attimo, io vado a prendere un bicchiere d'acqua, ma poi rientro in casa a piangere. Non ce la faccio proprio, dopo le paure della scorsa settimana con Orso.

Per fortuna ci sono tre uomini a tenere d'occhio la situazione, io non reggo più. Però che silenzio, a parte la frenata e il pianto di quel cucciolo che non avrà otto anni. Il fratello più grande si confonde nello sfondo, è lì, ma non c'è poi veramente.

Poi quando riesco a occhi asciutti padre e figli stanno già pedalando verso la scuola, l'auto sta di lato per far passare le altre, il capo mi ricarica in macchina che oggi è il suo ultimissimo giorno di ferie e abbiamo un mucchio da fare e decidere a casa nuova, il vicino ringrazia per il bicchiere d'acqua e la comprensione (no, non ritengo che tu sia un assassino mancato, tranquillo).

"Ma non andava forte, cos'è successo, il bambino si è buttato o lui non l'ha visto?"
"Un po' tutti e due. Io però al suo posto l'avrei riportato a casa quel bambino", fa il capo,"tremava come una foglia, non dovrebbero andare a scuola".

Penso a come la normalità, la routine, sia a volte l'unico antidoto, l'unica cosa che ti rimette su una bicicletta e continuare per la tua strada, come se niente fosse successo, quando ti rendi conto con chiarezza che era un attimo, e la vita di tutti noi lì fuori sarebbe potuta cambiare per sempre.

"Sai, forse si sono solo allontanati un attimo da lì per sedersi e fare mente locale".
"Forse, è vero".

La mattina va avanti, poi diventa pomeriggio, poi diventa sera e quando rientriamo gli gnorpoli sono mangiati, impigiamati e abbracciati a mia madre sul divano letto. Mi rimane, lontano, il rumore di quella frenata.

E da domani a domenica non sarò io ad occuparmi dei bambini che sto fuori in due riprese. Sarei potuta partire più serena, ma è così. Mi tengo il magone, lo elaborerò per strada o per puro sfinimento fisico.

domenica 21 settembre 2008

Primo giorno di scuola

Mamma mi ha raccontato che la nipotona ha cominicato le superiori. Così il primo giorno di scuola l'hanno accompagnata mamma, papà, nonna paterna e nonno materno. Per lei in auto non c'era più posto.

Insomma, diciamo che almeno è a metà dell'opera.

Guardia medica ad Amsterdam (E tre)


Finalmente un sabato di sole, i bambini fuori a giocare e io con mio cognato a pulire una per una le tavole del pavimento di legno che dobbiamo traslocare.

Un'occasione ideale per scoprire come raggiungere la guardia medica quando il tuo medico è chiuso. Ad Amsterdam basta telefonare allo 088 0030 600, digitare le 4 cifre del tuo codice postale e ti collegano con la guardia medica più vicina. Se si tratta di vita o di morte bisogna scegliere "1", altrimenti basta aspettare pazientemente che ti colleghino.

"Attendere, prego. C'è ancora una persona prima di lei" fa la voce automatica per un 5 minuti. Io e Orso in braccio ascoltiamo pazientemente. Poi mi risponde la signora, e io sono ancora orgogliosa del mio tono basso tranquillo e controllato.

"Buongiorno, mio figlio di quattro anni ha appena preso una botta con una mazza da hockey all'angolo dell'occhio e siccome non smette di sanguinare ed è un taglio profondo, volevo fargli mettere un po' di colla".

"Venga subito in Wibautstraat 172 e lo sistemiamo", mi fa la signora.

"Hai visto Orso", faccio tutta allegra. "andiamo e la signora ti fa mettere la colla, come lunedi con Sabrina da nostro medico".

Orso è bravissimo. Dopo il primo pianto disperato quando me li sono visti davanti casa in tre, Ennio e Abe con le mazze da hockey in mano, e Orso che piange disperato, con la faccia e la maglietta coperte di sangue, accompagnati dalla mamma di Abe, lo prendo in braccio, andiamo in cucina a bagnare un tovagliolo per pulirgli la faccia e vedere cosa è successo. Urla che non vuole che lo tocco. Zio Arjan pallidissimo che mi va a prendere il telefono e si pasticcia per le scale con i tasti e il resto.
"Voglio andare nel lettone". E nel lettone ci siamo messi a telefonare. A papà che sta a casa nuova a metter pavimenti e non riponde. A oma, che è la nostra guardia medica telefonica, ma non c'è. Di nuovo a papà, inutilmente. Al nostro medico, che sta chiuso ma ti dice in segreteria il numero di emergenza e lo so, per questo lo chiamo. Poi al numero sopra. Poi di nuovo a papà, che risponde e arriva.

Intanto ci siamo dati una pulita approssimativa, ci siamo cambiati i vestiti sporchi, che ero già decisa a chiamare vicini, tassisti, chiunque potesse portarmi con una macchina e non volevo si rifiutassero di caricarci per non sporcare gli interni.

Alla guardia medica c'è un ragazzino simpatico e chiacchierone, vestito da hockey, che dichiara che l'Italia è il suo paese preferito e sa persino contare fino a dieci in italiano. Stava giocando a hockey anche lui e nonostante il parastinchi anche lui ha un taglio che non si richiude sul perone. Però a parte questo giocare a hockey è fortissimo e lui ha iniziato nella squadra da sedici bambini, ma adesso lo hanno passato a quella da otto.

Orso entra, si fa incollare con stoicismo, ci fa persino osservare che il medico ha lo stesso attrezzo per guardare nelle orecchie che ha oma, e che oma lo ha fatto guardare nell'orecchio di Ennio.

"E cosa ci hai visto?" chiede il capo.
"Una strada dentro l'orecchio".

Torniamo a casa, pranziamo, Ennio può continuare a giocare fuori se promette di lasciar perdere le mazze da hockey, Orso meglio di no ma può guardare Bugs Bunny su youtube nel lettone. Io mi sdraio con lui e crollo, dormo due ore. Al risveglio si è unito anche Ennio, youtube nel frattempo propone tutte parodie di cartoni con quello che si potrebbe definire very foul language, per fortuna è in inglese.

È ora di andare da Annahita, dove le belve sono ospiti stasera ("Tutti e due?" aveva chiesto lei incredula alla madre e poi ha inneggiato a braccia all'aria, saltando tutta felice, e scordandosi di essere la piccola perfetta Miss Grace Kelly quattrenne).

Tirarli fuori dal letto e prepararli per uscire, rischio un attacco di nervi. Manco non stessero andando a fare una cosa organizzata per loro, piacevole. Che certe volte una si chiede a che scopo tutti questi sforzi, basterebbe chiuderli in cantina con youtube fino alla maggiore età e si starebbe tutti tranquilli.

Per strada, Ennio che è in bici da solo, mi comunica che vuole salire sull'erba della collinetta e riscendere. Per un attimo lo vedo cadere e spaccarsi anche lui la testa su una pietra. Madri che si fanno i film, ovviamente.

Poi mi viene un attacco di rabbia che sorprende me per prima e silenziosamente mi dico che se si dovesse far male, adesso, se solo ci prova, lo prenderò a calci fino al prontosoccorso, altro che taxi. Che ci sono dei limiti. Due volte a farsi incollare la testa in una settimana, guardate il mio aplomb, ancora ce la faccio. Ma due in un giorno e sclero pure io, porca puttana.

Li consegno al padre di Annahita, che per fortuna è pediatra, con le istruzioni del caso ("Ma perché non hai chiamato? È vero che non ha l'occorrente in casa, ma veniva lui a darci un'occhiata", fa la santa donna della mia amica).

Vado a casa. Poi vado a Rotterdam a predere mamma che arriva dall'Italia. L'aereo è in ritardo e rientriamo all'una e mezza.

"Però è la prima volta che vengo qui e ci riusciamo a fare una chiacchierata con calma", fa mia madre.

Vero, che ci aspetta una settimana di corsa. Però non si dorme mai così bene come con la mamma vicina e nessun mostro che ti si infila nel lettone alle 4 di notte perché ha i ritorni di incontinenza.

Davvero, se non ci spiccamo a traslocare e rimetterci tutti tranquilli, io non rispondo di me.

giovedì 18 settembre 2008

Piovono pietre e mal di testa

Gli ultimi 3 giorni sono stata rinchiusa in una saletta a fare da interprete per un CAE (comitato aziendale europeo) nelle, non dico peggiori, ma terzultime peggiori si, condizioni lavorative per un interprete. Ne ho ricavato dei grandi mal di testa e due pranzi in mense da dimenticare.

Però a me piace sempre un sacco lavorare per i CAE. Innanzitutto perché i rappresentanti dei lavoratori delle grandi aziende europee provengono da tutte le funzioni, e spesso ci sono tanti addetti alla produzione. Gente con i piedi nel fango, come si dice qui, e dice le cose come stanno, evitando il inguaggio fumoso che insegnano ai piccoli manager fin dall'università.

Sono gruppi con un grande spirito di corpo anche se tra loro si vedono una volta l'anno, e anche noi interpreti siamo immediatamente inglobate nel gruppo. Spesso, se non sempre, alla fine ci ringraziano pubblicamente e ci fanno l'applauso, una cosa che non manca mai di imbarazzarmi e commuovermi.

Parlano di cose e problemi concreti, licenziamenti, sicurezza sul lavoro. Poi quando arrivano i grandi capi, vedi questo mondo di differenza. Parlano delle stesse cose, delle stesse persone, della stessa azienda, ma non si capiscono. Poi magari arriva un commento inaspettato e improvvisamente chi organizza e dirige si rende conto in che modo le misure che lui/lei vede in un modo vengono recepite (o non recepite, o mai trasmesse dai vari tirapiedi) dai destinatari in modi inimmaginabili. Chi ha passato gli ultimi mesi a incazzarsi per misure e riorganizzazioni repressive, si rende conto improvvisamente che l'idea originaria in fondo era a suo favore. Però santiddio come ce l'hanno spiegata male.

Vengono da tutta Europa e tutto quello che ho imparato in teoria e pratica di interculturalità, lo vedo direttamente, applicato, sotto i miei occhi. Posso solo dire: datemi quello che vi pare, ma mai più un presidente finlandese. Di quelli che dicono una parola al quarto d'ora. Che a me la gente lenta mi tira fuori di testa, ma loro sono così, flemmatici. Sono anni che non me ne capita uno, però. (Magari io a un finlandese nel giro di 30 secondi procuro un emicrania, non lo escludo).

A volte ci sono delle direzioni di una stronzaggine, di una malafede, di un sabotatore, che li appenderei per le palle alle pale del ventilatore. Li manderei in miniera. Gli direi: brutti stronzi, va bene che siete costretti per legge ad avere un CAE, ma invece di considerarlo un abbligo, un mal di denti, una palla al piede, perché non vi servite della motivazione di questa gente per fare il bene dell'azienda? Che magari non sono dirigenti ma il lavoro e i prodotti e i clienti ce li hanno tra le mani tutti i giorni e magari sanno dirvi un paio di cose che nei vostri rapporti e resoconti non troverete mai? Che tanto i soldi sempre li dovete spendere per questo.

Invece stavolta, con gran piacere, c'era una direzione intelligente. Per carità, i licenziamenti li faranno comunque. Il giochetto sul suolo di consultazione (e non trattativa) e informzione (mai spiegato nella direttiva cosa si intenda per dovere di informazione da parte dell'azienda) se serve lo portano fino in fondo. Ma sono stati anche ad ascoltare. Un paio di cose hanno deciso di cambiarle in base ai suggerimenti emersi.

E anche stavolta, magari mancava il finlandese, ma quei bei sindacalisti inglesi usciti paro paro da un film di Ken Loach e che io faccio sempre tanta fatica a capire che mi stravolgono tutte le vocali, c'erano anche loro.

Insomma, per una botta di Loach-feeling, mi tengo pure il mal di testa.

martedì 16 settembre 2008

Notti magiche

Ieri poi in realtà Orso era talmente vispo che non ci sembrava proprio avesse una minaccia di commozione, perlomeno a vederlo saltare sul divano letto aperto dove ha dormito zio Arjan nei giorni scorsi, che si lamentava che lo stavamo schiavizzando, e stasera rientra opa che domani si installa il pavimento.

Quindi, anche se la botta di insonnia da paturnie materne mi era venuta, l'ho controllato quel paio di volte, vedendo che si svegliava incazzato come una biscia, a un certo punto mi sono addormentata persino io. Fino a che passettin passettino qualcuno mi è entrato in camera. Ennio. Nudo. Alle 4 di notte.

"Ma voi dovete controllare Orso ogni due ore e farlo bere".
"Si amore, l'abbiamo fatto, vieni qui in mezzo e facci dormire".
"No, perché anche a me mi è venuta davvero una gran sete, c'è ancora dell'acqua?"

L'amica Anja stamattina mi diceva: "Ma quanto è dolce, si preoccupava".

Io so solo che dopo avergli portato l'acqua mi sono rifugiata due ore in bagno in compagnia dell'Ispettore Wallander. e che sono rientrata in camera mia in tempo per sentire la sveglia. E che prima di partire per la campagna per la mia tregiorni di interpretariato mi ha telefonato mezzo universo.

Poi sono rientrata in tempo per metter giù lo zaino, mangiare una pizza ex-surgelata, piombare in radio, rientrare, stamparmi i treni per domani, aggiornare il blog e anche domani ci pensa Scarlet o'Hara a far passare la giornata. (Il programma però mi è piaciuto un sacco, ci hanno telefonato un paio di persone e la musica corsa, a parte i Muvrini che conoscevo già, è stata una gran sorpresa con i Barbara Furtuna e Patrizia Gattaceca).

Ma di questo passo Gnorpo tre chi lo metterà mai in opera?

lunedì 15 settembre 2008

Tentata commozione (aridaje)

... stanotte svegliarlo ogni due ore, dandogli magari da bere. Se non si sveglia portarlo immediatamente al pronto soccorso...

Ho prelevato mio figlio dal doposcuola con le istruzioni per l'uso del medico e la testa incollata. Nel senso che invece di mettergli dei punti lo hanno incollato dietro la testa, per i prossimi 5 giorni lo posso bagnare ma non lavar via la colla.

Perchè per prendere un capolavoro Lego dall'armadio 5 cm. più alto di lui ha deciso di salire su un seggiolino per bambini basso, quelli con la mensolina. È salito sulla mensolina, il seggiolino si è giustamente ribaltato, lui ha dato una testata allo spigolo (arrotondato) del bigliardino.

Dopo le lacrime ha spiegato perfettamente la dinamica dell'incidente alle educatrici, che mi hanno chiamata. Solo che io ero fuori Amsterdam, ed ero appena venuta fuori la tremenda scelta dei colori della casa nuova. Gli ho detto di portarlo loro dal nostro medico, che tanto sta di fronte al doposcuola, dopo il prato, intanto che arrivavo.

"Il parrucchiere mi ha messo anche il ghiaccio sulla testa, sai papà?"

Perché la testa la continua a sbattere, ma ancora non si decide a non chiamare il medico parrucchiere.

Che quando mi hanno chiamato per spiegarmi il fatto io non avevo capito il nome e alla fine, presi tutti gli accordi, gliel'ho chiesto, tanto per verificare.
"Scusa, prima non ho sentito bene, ma chi è caduto Ennio o Orso?"
"Orso".
"Ah, come immaginavo".

Ci si può abituare a tutto. Spero solo non gli venga in mente di ingoiare il vetro, come alla figlia di un'amica di mia madre, che aveva l'abbonamento al pronto soccorso, ci finiva una volta alla settimana.

Replica: La signorina Papillon

Lo giro così come mi è arrivato (però se venite e vi fate riconoscere, mi fa un gran piacere).
Ora devo solo trovare il tempo per le ultime 6 prove, ma troveremo anche quello. È una pièce bellissima, che ci siamo tanto divertiti a preparare e abbiamo tante idee adesso per riprenderla e migliorarla. Perché, come sto leggendo sull'Ispettore Wallander, un racconto è un viaggio senza fine. e anche un pezzo teatrale è ogni volta un nuovo racconto.


Il Consolato Generale di Amsterdam

ha il piacere di invitarvi alla pièce teatrale di:

Quelli di Astaroth

in

“LA SIGNORINA PAPILLON”

vaudeville in 2 atti di Stefano Benni

ZIMIHC theater
www.zimihc.nl

Domenica 19 ottobre 2008 Ore 15.00
Bouwstraat 55 – 3572 SP Utrecht
Per prenotazioni: 030 - 2723455

Produzione, recitazione e regia collettiva di:

Rose: Barbara Summa
Armand: Sebastiano Gentile
Constantin Millet: Roberto Bacchilega
Marie Luise: Silvia Terribili

Musica: Tenedle
Videoscenografia: @lbert figurt
Tecnica: Berend Dijk
Fotografia: Alma Anselmi/Antonio Di Maggio
Grafica: Polly

¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨

“Non ho ucciso io Rose Papillon”

Volete saperne di più? Andate al blog della Signorina Papillon:
www.lasignorinapapillon.blogspot.com

giovedì 11 settembre 2008

I bambini ci ascoltano. Eccome

Esco di casa e mi vengono incontro un paio di madri che conosco cariche di bambini. Zara mi corre incontro con un dente di leone bello giallo, un po'decapitato.
"Lo dai a Orso?"
"Certo".

Raggiungo i maschi che stanno trafficando intorno a un palo, una mattonella instabile e tante bestioline striscianti. Entomologi, solo questa mi mancava.

"Orso, Zara ti manda questo fiore".
"Ma questo è tanto bellissimo, mamma".
"Ma tu gli piaci a Zara?"
"Si".
"E tu?"
"Io sono innamorato di Zara".
"Oooh, ma non si può, Orso è innamorato di Charlotte" si scandalizza Ennio.
"Mah, si può anche essere innamorati di più persone, l'importante è volersi bene".
"Si, anche due bambine"sentenzia Orso.

Aha, allora mi sono stati a sentire. Marò, come mi sento politically correct.

"Tu sei innamorata, mamma?"
"Certo, sono innamorata di papà".

"Ma sei anche innamorata di una ragazza?"
Ci penso.
"Beh, ho tante amiche a cui voglio un gran bene, si, certo".

A volte tutta questa mania del politically correct rischia di inguaiarmi.

Vabbé, come diceva Scarlet o'Hara, domani è un altro giorno.

(Poi comunque Orso si è scordato il fiore sul traghetto, ed ovviamente è stato un dramma. Vabbé, l'importante è il pensiero).

mercoledì 10 settembre 2008

Aggiornamento attività per gli italiani ad Amsterdam

Aggiornamento al volo come servizio alla comunità italiana. La giornata a porte aperte della SCUOLA D'ITALIA è andata benissimo, sono venute tante persone, la schiacciata d'uva e le altre cosine buonine di Marina hanno avuto un gran successo, idem il concerto di Seba, Silvia e l'amico chitarrista di Nanda, la Bonardi ha venduto un sacco di libri.

Adesso, fatti due calcoli, posso annunciare a chi fosse interessato che dal 22 settembre partono i corsi di:

  • Olandese per italiani, il lunedi dalle 12 alle 13,30, spostato per venire incontro a chi lavora nella ristorazione
  • Oh che bel castello, corso di lingua e cultura italiane per bambini che già parlano italiano, il sabato dalle 14 alle 15, con merendina e gioco libero dalle 15 alle 15.30. Ennio che già alla parola scuola italiana protestava, quando ha sentito che si parlava di giochi di ruolo, canzoni e teatro quali attività nei corsi, ha detto "Teatro!!? Ma io voglio fare teatro". E lo farai, amore di mamma
  • Poi già che una cosa così bella la vogliono fare anche gli amichetti olandesi che non parlano italiano, si è stabilito di fare un secondo gruppo per i bambini che l'italiano lo vogliono imparare, ma non lo parlano in casa, che inizia alle 15 con la merendina insieme, per poi fare per conto suo un programma più mirato dalle 15.30 alle 16.30

Quello che invece è in programma, ma ancora in attesa di un paio di adesioni in più è il corso di olandese serale e quello di inglese (se qualcuno è interessato, si faccia sentire comunicando orario preferito). Tutte le informazioni comunque stanno qui.

La cosa bella è il modo in cui sta funzionando il passaparola. Solo oggi sono riuscita a telefonare alla mia amica Cristina, la feltraia fiorentina di Amsterdam per informarla, e scopro che lei l'aveva saputo da una parente che sta in Italia e che pare mi abbia letto.

Quello che invece stiamo aspettando io e Silvia è che si faccia vivo qualcuno per il workshop di taranta con Michela, tre lezioni al sabato, quindi fateci sapere perché noi non vediamo l'ora. E appena riprendiamo un attimo fiato parte anche il workshop di teatro.

Per favore continuate a passare parola e vediamo cosa succede.

Emancipazione

Oggi Orso non solo si è vestito da solo, si è pure scelto da solo la polo azzurra con il loghetto del faro. Perché Alex a scuola aveva una maglietta con un faro grande, e lui invece ce l'ha piccolo, perché lui è piccolo.

Contininua la scusa dell'esser piccolo per svicolare da compitini, doveri, lagne varie.

Ieri però si è fatto convincere a dare il trattore trovato alla vasca della sabbia a Victor, il futuro cognato, che ha solo due anni.

"Orso, Victor è piccolo, e daglielo".

Incredibilmente, l'ha fatto. Che il privilegio dell'esser piccoli va difeso per principio.

Ecco, se adesso, picolo o no, si decidesse a darsi una mossa da solo nella routine del mattino e della sera, potremo finalmente giungere all'emancipazione da figli piccoli, in questa casa. Che è da lì che passa l'emancipazione delle madri.

Comunque gli dò due anni a entrambi, e poi comincio a pretendere il caffé a letto la mattina.

martedì 9 settembre 2008

13 (scrivesi, tredici)

Oggi io e il capo compiamo 13 anni di matrimonio. E 17 e mezzo di fedeltà reciproca (io avevo detto 13 di fedeltà al contratto, ma lui è un uomo per cui contano i termini in assoluto).

Avremmo potuto avere un figlio adolescente se ci davamo una mossa. O avremmo potuto non aver avuto affatto figli, se ci prendeva male. Avremmo potuto vivere in Canada adesso, o forse in Italia. Ci sono tanti di quei bivi, in un matrimonio, ma non te ne accorgi mai il momento che svolti. Quello che so, con la ragionevole certezza dei vivi che non sanno manco a che punto si trovano adesso, figurati il futuro, è che in ogni caso starei comunque ancora con lui. Indipendentementi dal fatto di aver saltato uno o più bivi, o aver preso un'altra direzione.

Quello che invece non mi ricordo mai è: ma il numero tredici, porta bene o era il 17?

lunedì 8 settembre 2008

Letture: La buona e brava gente della nazione


Ecco, io non sono la persona adatta per i romanzi nichilisti. Un po', perché pur essendo capace di pippe mentali e momenti di alienzazione incredibile in gioventù, ne sono venuta fuori con le occasionali ricadute, un po' come tutti. Poi, perché penso che ci si diverte un sacco di più a risolversi, a fare, ad agire in modo costruttivo. Poi perché il whisky mi fa schifo e le nottate in discoteca a stordirsi sono una perdita di tempo, meglio a casa con un bel libro. Poi perché i ricchi annoiati mi fanno un baffo. Per dire, Less than zero e The rules of attraction li avrò anche letti, cercando di scordarmeli subito dopo, ma mi hanno depressa per dei mesi. E in genere, gente in questo tipo di situazione, veri o letterari o di fantasia, mi suscitano un'unica reazione: in miniera, e poi ne riparliamo.

E allora com'è che mi sono letta tutto d'un fiato La buona e brava gente della nazione, romanzo scritto da Romolo Bugaro, padovano e avvocato? com'è che con tutto l'accidenti che ho da fare e ho pure fatto, ieri, mi staccavo di malavoglia da un romanzo che all'inizio mi descrive solo scene e considerazioni che mi dico "ma chi me lo fa fare?", sempre combattuta tra la voglia di buttarlo giù (e come lo capisco, che è finito a 2 euri nella cassettina dei libri usati, chi lo ha comprato si sarà pentito pure lui o lei a questo punto) e comunque la spinta a riprenderlo in mano e vedere se se ne esce, da questo pantano di ignavia, di sbronze inutili a oltranza, di sesso stufo.

Beh, innanzitutto il fatto che è scritto splendidamente. Nulla è superfluo, neanche le scene, gli aggettivi, i giri di frase che ti dici eccheppalle. Uno scrittore che dice egli, ma si può? Ma scrivi come mangi, anche se fai l'avvocato (i protagonisti, o il protagonista cum alter ego, se vogliamo, sono avvocati padovani pure loro), che già dire, avvocato e padovano insieme, ti crea un cortocircuito, persino io che frequento poco gli avvocati e ancor meno i padovani, mi immagino subito un certo ambiente, frequentazioni, spleen e tipi umani che corrispondono perfettamente a quanto scrive Bugaro. O forse chissà, me li ha inculcati lui.

Insomma, leggetevelo, soprattutto se non vi piacciono i romanzi nichilisti. Se poi vi piacciono e ve li andate a cercare con il lanternino, allora lo avrete già letto. So solo che mi è venuta improvvisamente voglia di leggermi qualcos'alro di quest'uomo e se non sbaglio nella solita cassettina c'era anche Il venditore di libri usati di fantascienza, che mi precipiterò a prendere.

Perché davvero, solo per i titoli, quest'uomo andrebbe letto. Infatti stanotte mi ci sono dovuta svegliare e tutta l'ultima parte l'ho letta con un lumino disceto a batterie, che anche se in teoria serve a leggere al buio senza accendere la luce, mi avrà privata di quel paio di diottrie che mi restano. che con la casa in fase di smontaggio, le cose che si rompono, non c'è più un buco in cui mettermi con una lampada buona, avvolta in una coperta. e persino per questo libro, sedermi a tavolino alle 3 di notte, mi sembra troppo. Ma stavo per farlo.

domenica 7 settembre 2008

Chiacchiere in famiglia

"... che poi lo aveva detto anche Vos" .
"Vos? Ma non era morto?"
"Ma no. Almeno, non ne so niente".
"Ah. no, sai cosa? Che io quel Vos lì me lo sono sempre visualizzato come il cantante Nico Haak, e quello lì è morto , per questo mi è rimasta questa cosa, che anche Vos lo sia".


***

"Perchè effettivamente da Lubbert Dijk in poi noi siamo il ramo della famiglia che discende dai figli più piccoli".

"E infatti per questo poi ci sono gli altri nomi, altrimenti sarebbe stato tutto un Lubbert-Maarten-Lubbert fino alla fine dei secoli"

"E hanno tutti fatto figli dopo i quaranta, e se vai a vedere gli altri rami, noi siamo alla quinta generazione, mentre gli altri sono già alla settima".

*****
"E allora mi chiese: ma tu come mi trovi, e me stava così sulle scatole quel suo modo di fare, che le ho detto in tutta sincerità; Renèe, a me tu non piaci né fisicamente né spiritualmente."
****
"Ennio è proprio mancino".
"A casa nostra, che io sappia, non ce ne sono mai stati"
"Mio fratello si, era ambidestro, poi la maestra lo ha rovinato definitivamente"
"L'unica cosa che sono in grado di fare, con la sinistra, è far partorire le pecore. Questo perché la mia mano sinistra è più piccole".

Passare il pomeriggio con il capo e suo padre a scartavetrate gli assi di pavimento flottante che dobbiamo trasferire a casa nuova, in un bailamme di scatoloni chiusi a metà, roba sparsa, polvere accumulatasi sotto i tavoloni in 8 anni, passandoci la lima, il cacciavite e la cartavetrata per ripulire uno a uno gli assi vari, mi ricorda tanto, ma proprio tanto le conversazioni di mia nonna con sorelle e coetanee. E due di noi sono solo quarantenni.

Come si cresce di botto, il giorno che ti fai un mutuo.

E abbiamo anche appreso di oma, che quando si sono conosciuti aveva un cappello da alpino nero e una giacca rossa ("Però, che tipo esistenzialista, la mamma"), il cuore infranto che si era appena lasciata con un tale Hans, e che cercava un cavaliere per il gala della facoltà di medicina, aveva avuto un appuntamento il venerdi prima con un tizio che allungava le mani e perciò lo aveva piantato lì e l'amica Renèe aveva detto : Ti presento Eli, che tanto è innamorato di me, e invece lui appunto non lo era, però l'idea è che non avrebbe allungato le mani se era innamorato di quell'altra e per il gala, era pur sempre un bel ragazzo robusto che faceva canottaggio ed aveva due bicipiti così (e li ha ancora, sennó col cavolo che da noi si smontava un pavimento in un weekend).

"E le hai poi allungatele mani?"
"No. Però poi lei è rimasta a dormire".

Che bello fare i lavori insieme e sentire tutte queste belle storie di quando mio suocero era studente di veterinaria. Degli amici che come avevano soldi li spendevano, e anche generosamente, per poi presentarsi a ora di cena da tutti a turno. Di quando si è comprato una Topolino da ristrutturare, l'avevano persino messa in moto, solo il telaio con una cassetta di frutta per sedercisi sopra, e ci si sono fatti un giro. Poi la nettezza urbana gliel'ha portata via.

"Ma come ti è venuto in mente, di comprarti la Topolino? E a proposito, lo sai che Topolino in italiano è Mickey Mouse?"
"Mi ha convinto il mio coinquilino. che io era un ragazzone ingenuo di campagna, che veniva dal Nord, e mi si poteva mettere a credere qualunque cosa".

Anche il fatto che la tua futura moglie, con il cuore spezzato, non ti avesse già preso le misure dei bicipi quando facevi gli allenamenti. Beata ingenuità.

venerdì 5 settembre 2008

Innamorarsi, sposarsi e apertura anno scolastico


"Orso è innamorato, Orso è innamorato" filastrocca Ennio nel cestone della mega-bici.

Stiamo andando alla festa di apertura dell'anno scolastico una cosa che si è inventata il municipio lo scorso anno. Di mercoledi alle 13.30. Questo municipio crede ancora che le madri il mercoledi, che si esce prima, non abbiano di meglio da fare che portarsi i figli in giro a casaccio? Il doposcuola, quando li ho presi, era pieno.

O che già che i bambini hanno il mercoledi libero, non siano già pieni di judo, balletto, musica, nuoto e altre attività per il corpo e lo spirito? Ci ha capito assai, l'assessore preposto, delle famiglie che abitano da queste parti.

E nessuno ha pensato di coinvolgere i doposcuola affinché accompagnassero loro tutti i bambini, visto che è una cosa che coinvolge tutte le scuole e che tutti i nostri hanno studiato per due settimane 'If you're happy and you know it clap your hands", tanto per dire che la scuola che comincia da subito con inglese è la nostra, vivaddio?

E cos'è questa mania dei bambini di prendersi in giro se sei innamorato o fidanzato? Che ieri Ismael inseguiva una bambina a ricreazione minacciandola con una paletta di plastica, e ridevano inseguendosi tutti intorno a un'altra madre sorvegliante che stava per cadere?

"Ma si rifiuta di sposarti, che la devi picchiare?", gli chiedo.
"No, è Jakub che ne è innamorato"
Jakub sorride un po' pecoresco, e poi partono di nuovo tutti e tre ad inseguirsi altrove, ridendo e gridando. Così si fa.

Non Orso è innamorato, nana na nana. Tempo di un intervento pedagogico. In bici, sul ponte. Poi che ho il fiatone.
"Orso, ma davvero sei innamorato? È una cosa bellissima, e di chi?"
"Io mi innamoro delle bimbe piccole"anche questa l'avevamo sentita.
"E chi è innamorato si dà i bacetti" mi spiega Ennio. E ci pensa sopra. "Io sono innamorato dei miei amici: di Julian, di Yael, di Nathan".

Mi commuovo. Però lo devo sfottere anch'io adesso, che capisca che si può voler bene agli amici senza sfottere il fratello.
"E li baci anche, se ne sei innamorato?"
"Noo", fa Orso," i bacetti si danno alle femmine".

"Non sempre", faccio io. "È vero che la maggior parte delle persone innamorate sono gli uomini delle donne, e le donne degli uomini, come io e papà, ma ci sono anche ragazzi che si innamorano di ragazzi, e ragazze che si innamorano di ragazze. Per esempio i nostri amici X e Y sono tutti e due sposati con degli uomini".
Ci pensano in silenzio.

Taccio sul loro amichetto A., che ha due mamme. Lo sanno, le conoscono entrambe, ma non ci hanno mai fatto caso, ed è inutile mettere l'amichetto sotto i riflettori per questo, meglio che degli altri bambini imparino naturalmente che le famiglie possono essere di tutti i tipi. Già di F. sanno che ha due papà: uno quello che lo porta a scuola e che è il loro insegnante di percussioni, il patrigno, dicono loro. E l'altro, il papà naturale, che non conosciamo e che abita da un'altra parte.

Già Orso mi aveva annunciato categorico la settimana scorsa che lui si sarebbe sposato con Charlotte, e Ennio con Ael.
"Guarda, la Balena", mi fa Ennio sul ponte, che stiamo andando a prendere gli altri amichetti che abitano appunto in the Whale, un palazzone bellissimo, quello nella foto. Tronchiamo i discorsi seri, ce ne andiamo alla festa, mangiamo torta, beviamo limonata, ascoltiamo un discorso ufficiale brevissimo, lanciamo i palloncini con la cartolina e il nostro nome per vedere se chi la trova la rispedisce (Orso, prevedibilmente si rifiuta di mollare il palloncino nonostante un bambino dell'altra scuola lo insegua per spiegargli che deve, poi lo lascia, Ennio si rifiuta, me lo fa legare alla borsa, il palloncino si scioglie dall'alto e vola via mentre il filo e la cartolina stanno ancora legati alla mia borsa). Pianto disperato.
"Mamma, quanto sei stupida" vaglielo a spiegare che chi ha gonfiato il palloncino non l'aveva legato bene.

Poi arriva il turno dei nostri di salire sul palco e cantare. Orso si rifiuta, le maestre ce lo portano ma poi mi chiede di prenderlo in braccio e portarlo via che c'è troppo rumore per i suoi gusti. Mentre Ennio alla fine afferra il microfono e fa la rockstar. Da un palco non lo tiri giù neanche a fucilate.

Poi andiamo a giocare, Orso e Giulia nella casetta. Poi arriva un camion dei pompieri a sciacquare i tubi nel bacino, immergono tre tubi in acqua e pompano dentro, poi attaccano un quarto tubo con lo spruzzatore e per la gioia dei bambini urlanti giocano con il getto ributtando l'acqua nel bacino. Fanno l'effetto doccione, l'arcobaleno, il getto lungo. I bambini fanno domande a cui i pompieri pazientemente rispondono.
"Secondo me, faccio all'amica Gina, è questo il segreto del sex-appeal dei pompieri. Salvano vite e fanno divertire i bambini. Che i miei figli vanno pazzi per i pompieri".

Poi torniamo a casa, che l'amichetta A. doveva restare con la baby-sitter e invece ha chiesto se può dormire da me. Poi li metto a dormire tutti e tre nel lettone per terra, e stamattina A. si veste da sola con Ennio, poi spiega al capo che lei si cambia tutti i giorni e un giorno mette una gonna e un giorno mette un vestito.

"Ah, fa il capo, ma allora c'è un sistema dietro".
Si, capo, non basta essere sposato con me per comprendere l'universo femminile. Specie quello delle femminucce femminucce che rifiutano i pantaloni e si laccano le unghie dei piedi.

Adoro questa età: si innamorano, si sposano, si baciano, si picchiano e si inseguono dimenticandosi nel gioco i maschi e le femmine, dormono insieme abbracciati ai rispettivi pupazzi, hanno tutti i loro sistemi ben chiari, ma accettano con naturalezza le situazioni (e le coppie) di fatto. La differenza sessuale è un fatto estetico.

Poi cresciamo tutti, e guarda caso, il mercoledì pomeriggio alla festa di apertura di 4 scuole del quartiere, i padri si contavano sulle dita di una mano. Meno male che noi madri ci possiamo consolare lumando i pompieri.

giovedì 4 settembre 2008

Brillanti, passato e presente

Cosa sia un brillante è una delle prime cose che ho imparato appena arrivata stabilmente ad Amsterdam. Che il mio primo lavoro è stato quello di guida (in realtà commessa) presso le famigerate fabbriche di diamanti. Ho imparato per esempio che un brillante è un diamante con taglio tondo a 57 sfaccettature, e che ciò è possibile a partire da pietre piccolissime. Ho imparato un sacco di altre cose. E le amiche di mia madre in vena di sbrilluccichi vengono a fare shopping con me, grazie allo sconto che una fabbrica bontà sua mi fa.

Non sarà un caso, quindi, che a me l'idea del brillantazzo non fa né caldo né freddo, che trovo i brillanti una cosa difficile da incastonare in uno di quei gioielli minimalistici che piacciono a me. E a me poi piacciono le pietre colorate, quindi di diamanti, al massimo un taglio a goccia o princess di un fancy-color (giallo limone, certi tipi di rosa, non un brown che è un marronazzo e per quello sono tanto meglio le ambre) mi può dire qualcosa, ma da lì a comprarlo.

Se però me lo regalano: allora dico grazie. Dico grazie a Gallina vecchia, un'altra pollastra di quelle che io frequento virtualmente, che mi ha assegnato il premio brillante weblog 2008 e che a mia volta posso rimpallare a:

Roberta e Mamikazen che sono la dimostrazione fatta donna che le affinità elettive non le crei, ci inciampi, che esistono e che un blog è il rasoio più affilato per distinguere con chi ti trovi bene e con chi non fa neanche tutta questa differenza nella tua vita, pur augurandogli ongi bene

un marito ideale augurandogli un felice matrimonio e tante figlie femmine, che forse riescono moglie e figlie a svelargli un po' il funzionamento interno di quella psiche femminile che per lui è in gran parte terra incognita.

Astrid which is my personal proof of how blogging can bring back to your daily life the presence of friends not seen for really too long. I am so glad I know now where you live, what do you do and how Leon's is growing and changing day-by-day in a way impossible to us only a few years ago

Puro Nano Vergine che tra vergini ci si capisce meglio

Massimo perché chiamare un blog Oh my Marketing titilla tutta una serie di riflessi linguistici latenti e mi informa di cose che mi interessano

Andrea, che se mai riuscirò a passare l'esame da sommelier è solo per le dritte che imparo dal suo blog.

Come funzionano questi premi ormai lo sappiamo un po' tutti, fatene l'uso che volete, io lo vedo come un modo per spiegare cosa rappresenta per me (in parte) la possibilità di bloggare, e per coloro che non conosco di persona, un piccolo tentativo di avvicinarli virtualmente.