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venerdì 3 febbraio 2012

Amsterdammerung: canta, lotta, prega, ridi, lavora e ammira



Oggi una full immersion di Amsterdammitudine che levati: prima sono andata a farmi i capelli da Mario e il venerdì mattina è pieno di donnette che si rifanno la permanente o il colore. E chiacchierano. Mi sono scialata perché un po' perché le sciure dal parrucchiere, tutto il mondo è paese, un po' perchè lo humour sarcastico degli Amsterdammer doc delle volte mi ricorda certe battute che fanno a Roma (aritutto il mondo è paese), un po' perché una discussione tra marito e moglie ultrasettantenni, lei fresca di capello che comincia a dire che deve prendersi anche lui un appuntamento, lui che protesta che i capelli se li fa una volta all' anno, mentre manco alza gli occhi dal giornale (e oggettivamente essendo moderatamente calvo con una chierica dietro alle orecchie e sulla nuca, manco ha torto), lei che insiste che è tutto spelacchiato, lui che sostiene che è inverno e la peluria sparsa gli fa caldo, Mario che fa: avrei un buco alle quattro, lei:
"Allora segnati Luuk alle quattro", lui sempre imperturbabile alza gli occhi dal giornale e specifica:
" È Lucas, non Luuk",
"Oh, ma che rompiscatole che sei" (lei).
"Non ho mai visto un bel matrimonio come il vostro" (Mario).

Quella che rideva sotto i baffi mentre continuava lo scialle iniziato la settimana scorsa al Social Crochet ero io invece.

Che poi tutte le sciure a farmi i complimenti, che non si vede più nessuno lavorare la maglia e io a dire che ho imparato con un filmino su youtube, perché spiegare il Social Crochet che è una roba inventata da Roberta Castiglione su facebook, che ci si mette un dato giorno e ora, in genere la sera alle 21.30, con alcune foto che spiegano il lavoro (la lista dell' occorrente viene postata prima) e tutte a smanettare e commentare, poi chi finisce posta anche le foto del suo capolavoro e si chiacchiera e si cazzeggia, ecco, mi sembrava un po' troppo da spiegare.

Mario che mi fa un caschetto cortissimo e tutto sfilato dietro, visto che ho la testa piatta e lo scalato semilungo mi si appende e non è un bel vedere, e quando osservo che il maschio alfa non è molto felice quando mi rivede con i capelli troppo corti, mi suggerisce di mandarlo a parlare con lui. Che il maschio alfa lo scorso sabato mi si è fregato l' appuntamento e ci è andato con Ennio, che non se li vuole tagliare i capelli, ed è tornato sostanzialmente con quello che aveva prima e il padre era perplesso e un po' pentito di non essere intervenuto e aver detto di togliere qualcosa in più.

Che Mario i suoi clienti li protegge dai familiari invadenti e se il capo sta da lui io non sono autorizzata a entrare in negozio perché un uomo ha diritto a quell'oretta di pace senza la moglie fra i piedi, e un bambino ha diritto al taglio che vuole senza che i genitori si intromettano.

Poi sono scappata alla prova del coro, perché è partito un progetto nel mio quartiere che si chiama la Via della Musica e oltre a mandare Orso alla band di bambini il mercoledì ci sono un coro del martedì sera strapieno e quello del venerdi mattina che ci ho messo dei mesi ad aspettare che ci fossero abbastanza iscritti e sissignore, mi sono di nuovo ritrovata con un branco di sciure che più Amsterdammer non si può. che quando sono arrivata stavamo cantando i Beatles e va bene. E poi hanno attaccato con Ramses Shaffy.

"Tanto la canzone la conoscete tutti, no?"
"Ehm, io veramente no".
"Massì, fa la cicciona più anziana di tutte, tanto quando la senti la riconosci".

No, non l' ho riconosciuta. Ma ho capito leggendo la prima strofa che era una di quelle canzoni che per motivi misteriosi mi fanno piangere come un vitello.

E comunque il ritornello:
canta, lotta, prega, ridi, lavora e ammira,
ma non senza di noi

è la classica mazzata alla nuca che non vi voglio togliere.

"Vero che la conoscevi?"
"No, ma sai, noi stranieri, però mi ha commossa".
"Eh, Ramses l' ha pure cantata con Liesbeth List".
"Ah, allora va bene, Liesbeth List mi fa piangere sempre".
"Allora ci vediamo venerdì prossimo".

Quando sono uscita aveva iniziato a nevicare di brutto.

"Ma dove devi arrivare? Stai attenta con la bici, eh?" mi fanno le due sciure Indisch, quelle di origine indonesiana.
"Si, tanto guardate, e inchiodo, fa ancora attrito".

Poi mentre freno davanti casa mi supera un' altra sciura in bici, sconosciuta, che mi fa:"ma che bella giacca".

Guardo in mezzo alla neve ma è già lontana, però mi sa che ha la stessa che ho io.

Perché il discorso giacca calda, ma antivento, elegante, ma pratica,, taglia 50, ma femminile e che ci si possa andare in bici, la mia mamma ha tagliato la testa al toro e me ne ha presa una di Marina Rinaldi in saldo, taglia conformata 25. Di un colore bordeaux con riflessi aranciati, che quella nera di Claudia Strater, sempre in saldo, costava la metà, era lunga il doppio e aveva il cappuccio ma era nera, di una stoffina triste e con il pelo finto di gatto morto attorno al cappuccio, anche se mi slanciava di più. Ma siamo pur orgogliose del nostro 25 conformato.

Che io solo perché ero partita con il discorso voglio una giacca definitivamente buona, ma la voglio in saldo e guai se costa troppo, manco l' avevo guardata. Che, dice mamma, poi vai tre volte al ristorante e spendi gli stessi soldi, almeno per i prossimi 5 anni hai una giacca invernale.

"È bellissima, mamma, luccica", fa Orso, il mio fashion advisor.

Sono sull' ottima strada per diventare una sciura con tutti i crismi tutti pure io. Sarà l' ormone imoazzito pure stavolta.

(Orso però sono andata a prenderlo in macchina sotto la bufera di neve, e al ritorno abbiamo preso una spalaneve e il sale per il vialetto. Appena smette di nevicare spalo e salo).

martedì 24 gennaio 2012

Manuale di gestione dei neononni olandesi

Ultimamente si è parlato di prima nonnitudine batava sia con la mia amica Rita (auguri, futura nonna) che si chiedeva perplessa di certi atteggiamenti dei consuoceri, sia con i consuoceri di mia suocera che stanno per diventare nonni per la prima volta (dall' altro lato).

E parlandone mi sono ricordata di altre prime nonnitudini interculturali, per esempio annissimi fa, prima dei miei figli, di quella di V, ma anche la mia, che i Santisuoceri santi subito, ma sempre olandesi sono, ci abbiamo messo del tempo per assestarci su svariate posizioni, e poi come sapete io ho questa immunodeficenza da confessionale, nel senso che chiunque sia iniettato del virus dello scaricarsi la coscienza, adesso, subito, con la prima arrivata, becca sempre me, che quindi sono perfettamente aggiornata sui fatti di semisconosciuti che poi non vedrò mai più, perché confessarsi nell' attimo dell' attacco è una cosa, ma che non si presupponga sia l' inizio di una frequentazione, o dioneliberi amicizia, che già è abbastanza imbarazzante sapere che qui fuori c' è qualcuno che non hai pagato che sa dei fatti tuoi intimi innominabili (e mi pagassero, almeno, se serve a togliergli il patema, non diventeremo amici, ma almeno ho emesso fattura).

Ora, non è che i nonni olandesi siano queste creature angelicate, discrete, magari un po' distanti, si, però almeno dei modelli di discrezione e facciamoci i fatti nostri. Magari. La distanza emotiva o formale non ha mai impedito nessuno a venirti a dire nel momento meno adatto dove sbagli e cosa dovresti fare secondo loro. Il nonno e meglio ancora la nonna, si impiccia per definizione, cambiamo i modi e le aspettative, ma quello è. E non ci scordiamo che per gli olandesi il massimo dell' amicizia e dell' affetto consiste nel ventilare le proprie opinioni (in questo paese DEVI avere un' opinione su tutto, in genere infondata) e dirtelo però che proprio sbagli e che te lo spiegano loro come si sta al mondo.

Qui però vorrei parlare di quel caso di nonnitudine interculturale specifica di madre straniera e padre e nonni olandesi. Perché non crediate che le commari non abbiamo ragione quando dicono: si però quando il/la nipotino/a è figlio di tua figlia è tutta un' altra cosa, è quasi un po' di più il tuo bambino. È perfettamente vero e nonostante che l' esperienza della maternità vissuta con la propria madre vicino è anche l' occasione d' oro per regolamenti di conti madre-figlia rimandati da decenni, è spesso anche l' occasione per riavvicinarsi o capirsi meglio in nome della condivisione del ruolo. Il tutto in un mondo ideale.

Ora, tanto per darci come pietra di paragone la situazione piana, limpida e recoaro, vi cito due nonnitudini tutte olandesi opposte.

1) La prima è quella di Cugino preferito e la sua compagna, che hanno insieme due bimbe deliziose di 2,5 e 4 anni (la seconda ci è un po' uscita per caso prima del previsto) e un mutuo elevato, ma non si sono sposati. Entrambi lavorano e sono carrieristi, ma lei ha un part-time da 4 giorni e lui il lunedì lavora da casa e si gestisce bene la piccola tra sonnellini, pranzetti e passeggiate per prendere e riportare la grande da scuola, e poi recuperando la mattina presto e la sera dopocena, quel po' di ore di lavoro ci stanno. Da quando è nata la grande i nonni tutti, a turno ogni due settimane, guardano le bimbe per un giorno.

Quindi i nostri zii, di cui lei è infermiera e lavora ancora mentre lui è in pensione e vivono a 160 km. di distanza, da 4 anni, ogni due settimane si prendono il mercoledi libero, anzi, partono il martedì sera, vanno da amici a una trentina di km. da Amsterdam che altrimenti non vedrebbero mai, cenano e si divertono, pernottano e la mattina alle 8 sono sulla soglia per prendere le consegne. Il pomeriggio alle 18 risalgono sul treno e tornano a casa. La settimana dopo viene la nonna materna. Per loro è una gioia e un' occasione per vederle crescere queste bambine, e la fatica e lo strapazzo lo hanno trasformato in positivo. Tutti gli anni le sacre famiglie, ovvero genitori, bimbe, suoceri, consuoceri e cognati si imbarcano e vanno insieme a sciare.

Siccome sono tutti olandesi ognuno conosce perfettamente le distanze di sicurezza che l' affetto, la buona educazione e le convenzioni consentono e in caso di dubbio sonda il terreno con i propri figli/genitori per capire se è il caso o no.

2) La mia amica M invece ha una suocera anziana, del tipo calvinisto-rigido-si vive secondo le regole, e con un figlio fortemente autistico che vive con lei, quindi tempo, disponibilità e voglia non ci sono. Vengono da mondi completamente diversi e la suocera in svariate occasioni le ha proprio detto in faccia: "eh, si, ma se lui è felice con te ci dobbiamo rassegnare, e ti sopportiamo per questo".

Il marito ci tiene giustamente a mantenere i contatti e le feste comandate anche se sa che sua madre è una stronza inacidita. Proprio perché è il figlio eternamente trascurato in favore del fratello bisognoso, e di conseguenza fa più del suo meglio per far vedere che anche lui, tutto sommato, un briciolo di bene se lo è meritato.

M con il tempo si è rassegnata, a volte va a trovarla, a volte si prende un weekend per fatti suoi mentre i maschi stanno da sua suocera in visita. Hanno preso atto, neanche troppo serenamente ma il tempo fa molto, di non avere niente di buono da dirsi e che l' energia che costa mantenere le apparenze non vale lo sforzo. Quindi M si sente liberissima di partecipare o declinare, ma fondamentalmente ha lasciato la gestione di sua madre al marito che è giusto, essendo il figlio, che se la spupazzi lei, anche se poi le scorie se le becca tutte la moglie, ma succede nelle migliori famiglie e le amiche ci sono per riscaricare in modo indolore le scorie scaricabarile.

In mezzo a questi due esempi tutto è possibile, ma in genere è opinione accettata che uno finché non ti chiede dei soldi, anche se è tuo figlio e tu sei il nonno dei suoi nipoti è libero di farsi la sua vita e non sta bene che tu interferisci o commenti o ti impicci più di tanto. Almeno con il diretto interessato.

Questo nel bene e nel male, ovvero anche in situazioni in cui un genitore si preoccupa da morire, si tiene alla larga e parla solo se interpellato, per discrezione.

Per esempio altri conoscenti con un figlio che una volta uscito di casa per andare all' univarsità si è stranito e poi è risultato aver avuto una brutta depressione. Grandi patemi, grandi sensi di colpa, grandi interrogazioni sul che faccio o non faccio, posso aiutarlo o la vive come un' interferenza inaccettabile? Quello che avrei fatto io, ovvero un pronto intervento che gli piombi in casa per parlarci, vedere come puoi aiutare e fare/imporre un piano di battaglia per aiutare, che ti piaccia o meno tu adesso non sei in grado di valutare serenamente le cose e io sono tua madre e ho dei doveri nei tuoi confronti, tipo prenderti a calci in culo se è quello che ti aiuta, qui ha tempi decisionali molto lunghi e forse non avverrà mai.

Non ci scordiamo poi che il concetto di privacy e fammi tanto fare i fatti miei che sto meglio è reciproco: certi nonni olandesi, attivi, in gamba e con una gran voglia di godersi la pensione per caricare il camper e togliersi di torno per sei mesi l' anno potrebbero non aver affatto voglia di spupazzarsi i nipoti solo perché i genitori hanno deciso di avere così tante necessità materiali da dover lavorare entrambi. Hai voluto la carrozzina? (per citare un gran bel libro che andrebbe regalato a tutti i neogenitori). Pedala. O magari i nonni lavorano e se devono prendersi un part time lo fanno per dedicarsi ai propri hobby, visto che la parte loro l' hanno fatta con i figli, ma se mi inviti al compleanno del bambino vengo e gli faccio un bel regalo.

Alle nuore straniere ed alle eventuali consuocere certe derive di questo tipo creano perplessità. Insomma, ti impicci o non ti impicci, come devo valutare questo tuo intervento? Te ne frega qualcosa di questo nipote o mi stai dicendo: crepa? So di una ragazza perfettamente realizzata nella professione, che è andata col marito dallo psicologo per capire come gestirsi la suocera, peraltro santa donna, persino discreta e ragionevole a modo suo, e che non sa nulla di tutto ciò.

La loro soluzione è stata quella di non accettare nessun tipo di aiuto ma dichiaratamente ("la casa è troppo piccola ma va bene, non voglio che ci prestiate dei soldi o altrimenti mi sento ricattato"), non dargli mai i bambini - vero è che l' unica volta che l' hanno fatto la suocera ha pestato con i piedi il loro desiderio di non dargli dolci spiattellandogli davanti un gelato per dessert con la scusa che stavano tutti insieme a mangiare e non potevi fare questo al bambino, fargli vedere gli altri che lo mangiano e lui no. A parte che gli altri erano tutti adulti e potevano aspettare per il dessert visto che il pupo cascava dal sonno e dopo il gelato è andato di corsa a dormire, a me è sembrata una scusa smaccata, loro hanno accettato tranquillamente la spiegazione e col cavolo che gliel' hanno mai più lasciato. Lei non l' ha capita, e manco capisce bene sua nuora e si è rassegnata, se la fanno andar bene e pace.

Però in genere la cosa che salta all' occhio è che al primo nipote i nonni olandesi almeno di facciata si tengono. Poi si fanno tutte le pippe degli altri, ma provano a mantenere un contegno, tipo si, normale, diventiamo nonni, ah, è la vita naturalmente, niente di speciale, si, siamo felici, che bello. Il tutto detto con la solita espressione facciale impassibile con cui direbbero: si vede che sta arrivando la primavera, già spuntano i crochi. Cresce la panza, oh, magari divento nonno.

Insomma, alla cena di Natale io che non posso farmi i fatti miei ho chiesto alla consuocera che vedevo per la seconda volta in vita mia: ma che bello un bambino e che effetto le fa diventare nonna? Ah, si niente di che, i crochi.

Poi è saltato fuori che aveva già lavato e inamidato generazioni di vestitini di famiglia, compresa la vestina del battesimo che è vero che non battezza più nessuno ma hai visto mai? messo la foto dell' ecografia nell' album di famiglia e programmato le future vacanze intorno alle date salienti del pupo, insomma, niente di che, le solite cose da nonni che fanno tutti, spuntano i crochi che ci vuoi fare? Sarà primavera. Il fatto che passavano almeno due giorni alla settimana al superoutlet neonati dall' altra parte dell' Olanda a studiarsi camerette e carrozzine era anch'esso un dettaglio.

I suoceri di V, peggio. Al lieto annuncio, tanto per far vedere che non perdiamo mai la testa né il controllo (c' è da dire che V che è una donna organizzatissima aveva deciso che doveva avere un figlio al più presto, che delle volte alle donne viene così, quella fame viscerale di figlio hic et nunc ecchissenefrega se ci vogliono nove mesi operativi. E per tre mesi ha praticamente abusato del marito di notte e di giorno, purchè in zona ovulazione, fino a che l' inseminatore ha fatto il proprio dovere ed ovviamente erano fuori di testa dalla gioia).

"Bello, però pensate subito a prenotare il nido perché noi, qualche sera che volete andare al cinema si, ma mica pretenderete che ci mettiamo a fare i babysitter fissi perché non ne abbiamo il tempo".

Lei, da brava napoletana, ci è rimasta di merda (lui da bravo olandese pure). Ma chi c**** vi chiede niente, per forza che abbiamo già un posto al nido, non si dimentichi che io sono la donna organizzatissima, ma un pelo più di entusiasmo no? Ma vuoi vedere che se ti da così fastidio nella pianificazione questo nipote non lo vedrai mai e pace?

Insomma, ci sono voluti tutti gli ormoni della gravidanza per appianare le cose e ovviamente alla nascita tutto era seppellito. Non per i nonni, che mentre io e mamma, non annunciate, il giorno che V è rientrata dall' ospedale già eravamo lì a far salotto con i nonni napoletani e rallegramenti e le foto del parto e tutto l' ambaradan e io sentivo il neopadre al telefono con i suoi:
"Mamma, guarda che è tuo nipote, ma venite quando vi pare, mica mi dovete chiamare per chiederci il permesso di far visita? Tanto stiamo a casa, vieni e basta quando ti si crea".

La vendetta per i nonni troppo distaccati ed educati. Poi di nipoti se ne sono ritrovati 5, io credo che dopo la prima si siano un po' sciolti. E comunque ogni volta che i miei altri due carrierissimi avevano viaggi di lavoro, fiere e cose varie ci pensavano i nonni napoletani, con o senza invito, a piazzarsi in casa a tenere il forte così che i genitori potessero lavorare, ma i nonni olandesi nel paesino accanto non sono mai venuti meno alla promessa delle serate cinema, questo a onor del vero va detto. Poi quando è nato il maschio e l' hanno chiamato come il nonno si sono completamente rincoglioniti anche loro, ma è normale.

Insomma, già il nonno olandese tipico di suo ha tanto bisogno di abituarsi all' idea e di sciogliersi, e se qualcuno gli da una spintarella affettuosa alla schiena gli viene meglio. Già qui hanno il complesso che è brutto spendere soldi e fare regali costosi, quindi quando poi ci fai caso che i nonni stranieri rinunciano a 6 mesi di pensione per comprare il passeggino figo superattrezzato, allora si lanciano e comprano le camerette più belle che il reddito e i figli gli permettono, sempre dopo essersi consultati. E se trovano un modo, qualsiasi, per comunicare con la nuora, forse riescono anche a godersi profondamente i nipoti.

Io vengo da una famiglia in cui le nuore si sono sopportate ottimamente suocere stronze ed impiccione, in cui ci si urla contro ma ci si vuole tanto bene e in cui ci si può permettere di chiedere aiuto. Se ho avuto bisogno a mia madre ho chiesto di venire in un paese di cui non parla la lingua, mettendo da parte i suoi eventuali progetti, per stare ad aiutarmi con i neonati per quei 4-5 mesi di emergenza. Sempre rendendomi conto del gran culo di venire da una famiglia in cui queste richieste si possono fare (mia nonna polacca non solo è stata un anno in Francia per aiutare mia zia che studiava e lavorava, ma per un altro anno si è portata mio cugino in Polonia, per questo il disgraziato era quello di noi che parlava meglio polacco).

Mia suocera da un lato era abbastanza inorridita dai cazziatoni che facevo a mia madre quando questa si allargava, tutto ciò prima di mettermi a lavorare sul perché certi consigli saggi di mia madre mi scatenavano reazioni inconsulte. Quando ne sono uscita fuori ho potuto parlare con lei da donna a donna sul nostro modo di gestire figli e nipoti e ancora adesso mi ringrazia per averla aiutata a capire dove sbaglia(va) con me e mio fratello. Ma per mia suocera è impensabile la comunicazione costruttiva a urlacci.

Dall' altro visto che non conosco altra maniera anche lei l' ho sempre coinvolta fin dall' inizio in tutte le grandi decisioni o patemi dei bambini, ho accolto più facilmente che con mia madre i suoi suggerimenti, mediando con il capo che invece essendo suo figlio reagiva da figlio, e trovo che in genere, essendo sia mia madre che mia suocera due ragazze intelligenti, disponibili e di buona volontà, abbiamo trovato un nostri modo. Grazie anche alla mia fantastica psicologa, c' è da dire anche questo, nulla è gratis nella vita.

Questo coinvolgerla in modo meno olandese di quanto sia abituata lei ha portavo a derive per cui i miei amici olandesi veramente reagivano inorriditi: ma come si permette tua suocera di dirvi o farvi queto? boh, che ne so, a me sembra tanto normale. Ma magari è normale per me. poi è vero che anche se non condividiamo tutto sui bambini, anche se certe cose trovo sia tempo sprecato a spiegarglielo e magari sbaglio, parto dal presupposto che se a me fa comodo che mi tenga i bambini nella settimana di vacanze non posso imporle il mio modo di gestirseli, fa lei a modo suo, vuol dire che quando rientrano ci mettiamo quel paio di giorni a capire che: il burro d; arachidi a colazione pranzo e cena MAI. Il dessert non è un diritto ma un privilegio occasionale (a casa di tua nonna, per esempio). Tanto i bambini mica sono scemi, al massimo ci provano.

Quello che voglio dire è che nella vita, con un po' di buona volontà, affetto e rispetto dei confini altrui, e se serve anche un buon consulente per l' anima o per l' educazione dei bambini, che qui ci sono questi ambulatori pediatrici che insegnano ai genitori a gestire le piccole e grandi fasi della crescita dei figli (ma io per quello ho già mia suocera che lo fa di mestiere e a cui spesso e volentieri telefono prima ancora di chiamare il medico di famiglia) i nonni si possono imparare a gestire al meglio. Persino quelli olandesi

(E pure le nuore, straniere e non. Che poi lo so che mia suocera, adesso che anche la piccola di casa le si è accoppiata, non vede l' ora che pure sua figlia decida di riprodursi. Ma da brava suocera olandese sta zitta, non si impiccia, la dovessero prendere male, e così al suo ragazzo gliel' ho dovuto chiedere io se hanno intenzione a breve di metter su casa insieme. Pare di si, prima di quanto pensiamo. Adesso che lo dico a mia suocera chissà com' è contenta).

lunedì 8 agosto 2011

Mulini a vento


Ogni tanto, o perchè siamo nei paraggi, o perchè ci viene a trovare qualcuno, passo dal mio mulino preferito. Si trova a Schemerhorn, in Middenbeemster, proprio in mezzo alla penisola a nord di Amsterdam, una zona hce in passato era ricca di laghi che alla fine sono stati bonificati. Artefice di questi grossi progetti di bonifica è stato Jan Adriaanszoon nato nel 1575, all' epoca in cui gli olandesi non avevano un cognome ma si indentificavano con il patronimico. Successivamente prese il soprannome di Leegwater, ovvera "acqua bassa" perchè grazie alle sue opere di ingegneria idraulica permise di evitare l' acqua alta in tante zone dell' Olanda del nord.

Quello che mi piace di questo museo-mulino è che spiega chiarissimamente come vivevano all' epoca le famiglie dei mugnai, visto che l' interno è stato un pochino riarredato, e anche come funzionano gli ingranaggi, in alcuni punti al posto del legno sono state inserite delle lastre di vetro per cui si vede come il movimento delle pale sul tetto girevole (fatto apposta in modo da allinearlo sempre secondo la direzione da cui soffia) attraverso i vari ingranaggi passa il moto alla vite di Archimede (qui sopra ne vedete una di scorta) che carica l' acqua dal canale di raccolta più basso a quello più alto.


Ogni mulino poteva sollevare acqua per un metro, quindi siccome questa zona sta a meno quatrtro metri, in genere si trovavano 4 mulini allineati. Qui ne sono rimasti tre, salvati cocciutamente dall' incuria e dagli incendi che hanno distrutto tutti gli altri.


A parte la cucina arredata con questo manichino un po' impressionante, ci sono anche le cosiddette bedstee, ovvero i letti imboscati in armadi che di giorno venivano chiusi e che di notte erano più facili da scaldare. Gli adulti dormivano seduti appoggiati ai cuscinoni, i neotati appesi all' amaca sopra il letto dei genitori e gli altri bambini imboscati in loculi vari.



"Mamma, nell' altra stanza c' è un signore vero" grida il treenne entusiasta da tutte le cose che ci sono da vedere. Infatti nel tavolinetto c' era questo addetto del museo ale prese con carte e tabulati.

il mugnaio che ho conosciuto io tanti anni fa adesso è in pensione, l' ultima volta avevo sentito che aveva un cancro ai polmoni, ma la signora alla cassa mi ha rassicurata che adesso sta molto meglio.



Orsetto si è divertito da matti con tutti gli oggetti che si potevano vedere e toccare.


visita simbolica alla toilette e tentativo di portare i secchi, vuoti.


Qui un modello della struttura del mulino.

venerdì 27 maggio 2011

Guerra alle droghe e la tolleranza olandese

Mi sono ritrovata in mano questo appello di Avaaz su una petizione per porre fine alla guerra alla droga e favorire un regime di depenalizzazione e regolamentazione.

Per quanto mi ritrovi in tutte le argomentazioni poste, mi resta il grosso dubbio: ma se depenalizziamo le droghe, che pure sono un mercato grossissimo, chi ci guadagna poi sopra? Se in questo momento tutto il traffico, dalla produzione al mercato, è sotto il controllo della criminalità organizzata che ci guadagna talmente tanto da reinvestire poi gli utili in imprese perfettamente legali e chi li tocca più, poi continuo a finanziarli semplicemente perchè devo fare la spesa o vivere normalmente (da Gomorra in poi, per esempio, io non ho toccato più una mozzarella di bufala tranne un paio di casi isolati) ma secondo voi nel momento in cui si dice: bene, basta, chi vuole drogarsi è liberissimo di farlo, poi chi continua a rifornire? E secondo voi chi detiene il mercato bello bello si fa da parte e dice, massì, prego, tanto adesso che non c' è il brivido del proibito non ci divertiamo più?

Insomma, prima di dire basta alla guerra alle droghe, mi spiegate come facciamo a decriminalizzare il settore? Non ci vorrà una guerra ancora più grossa?

Il dubbio me lo fa venire l' esempio che fanno di stati come anche l' Olanda:
Nel frattempo i paesi che non usano il pugno duro, come la Svizzera, il Portogallo, l'Olanda e l'Australia, non hanno registrato l'esplosione nell'uso di droghe che i promotori della guerra alle stesse avevano predetto. Al contrario, hanno visto un declino significativo dei crimini legati alla droga, delle dipendenze e delle morti, e sono in grado di focalizzarsi esclusivamente sulla lotta contro gli imperi del crimine.

A parte che pur focalizzandosi a me non sembra che tutta questa lotta al crimine abbia successo. Ma poi sfatiamo anche il mito della famosa tolleranza olandese nei confronti delle droghe. Le droghe leggere nei Paesi Bassi non sono legali, sono tollerate. Possono cioè essere consumate nei luoghi appositi- vedasi coffee shop - ma se al poliziotto non piace la tua faccia, ti perquisisce e ti trova addosso qualcosa, non è che ti da una stretta di mano e ti fa andare, è a sua discrezione agire contro di te o no.

Poi parliamo dei famosi coffee shop. mito di tutti gli scoppiatoni che vengono in vacanza in Olanda. Perchè secondo voi non vendono alcol? Perchè stanno appesi a un filo, basta mezza lite tra ubriachi e li fanno chiudere. Perchè la legge ha regolamentato perfettamente perchè e percome possono vendere, ma ha volutamente (e colpevolmente, dico io) lasciato nel vago la questione del rifornimento.

E secondo voi, nei paesi Bassi, paese che sull' innovazione agricola e delle biotecnologie ha basato mezza economia se non di più, un coltivatore di tulipani che si vuole riconvertire, può togliere i bulbi e mettersi un paio di serre piene di piantine di mariuana? Certo che no. Ma allora, le gare mondiali che fanno sulla qualità migliore di fumo? I negozi che vendono apertamente semi e attrezzature per crescersi in casa il necessario? Le retate di cui si legge continuamente sul giornale, in cui la polizia scopre, sequestra e distrugge piantagioni clandestine di canapa indiana? Come la mettiamo con la tolleranza olandese?

Funziona così, è permesso crescersi massimo 5 piantine per uso proprio. Se ti viene un controllo, e in genere ti viene perchè se i vicini hanno fastidio per via dell' odore ti denunciano, tutto quello che hai di troppo lo devi eliminare, non so se ci sono automaticamente multe. Ora succede così, che per avere 5 piante produttive in realtà te ne occorrono 10, quelle maschio e quelle femmina (prego gli agrari che passino da queste parti di chiarire in modo più tecnico il concetto, io sono un po' terra terra sull' agricolo).

Allora, tu hai dieci piante in casa perchè vuoi produrre con le cinque che la legge ti consente. Il poliziotto che ti viene a controllare può a sua discrezione accettare o meno il ragionamento delle 10 piante e eliminarti quelle in eccesso. A questo punto tu hai due piante che producono e se ti basta per te grasso che cola. Intendiamoci, c' è un sacco di gente che fa così per motivi medici, mi sembra alcuni pazienti di sclerosi multipla o chi soffre di dolori cronici e preferisce farsi una canna autoprodotta che imbottirsi di antidolorifici, un po' come quelli che si comprano la macchina per il pane, azzeccano la ricetta giusta e non li vedi mai più in panetteria.

Quindi, il mito del privato che per hobby si coltiva piantine per uso proprio e il surplus lo rivende ai coffeeshop, che in genere però ci tengono a mantenere una qualità costante del prodotto e se compri da 100 hobbysti diversi te lo scordi, e che quindi il coffeshop si approvvigiona così lo andate a raccontare alle anime belle. L' approvvigionamente resta sempre e comunque in mano alla criminalità organizzata. Anche in Olanda.

Ora, io non giudico male chi fa uso di droghe perchè ognuno è libero di distruggersi la salute come vuole e se volessimo cominciare da qui allora senza neanche scomodare il discorso dell' alcol (e ricordiamoci che ho speso migliaia di euro per diventare sommelier e ho avuto nella vita più seccature da alcolisti che da tossicodipendenti) che ce ne sarebbe tanto da dire ma è e resta legale e fornisce introiti allo stato, dico, se volessimo cominciare a sindacare su quello che la gente fa per illudersi di star bene, allora dovrei dire qualcosa pure per quelli come me che compensano le frustrazioni mangiando eccessivamente e facendo shopping compulsivo, sull' industria alimentare che ci rimbambisce di glucosio e sale e un sacco di roba che fa malissimo.

Il che ti dimostra che sui disagi della gente ci si guadagna troppo per mettersi veramente e con convinzione a fare qualcosa per togliergleli. Cioè, se io divento tutto zen, mangio vegano e mi coltivo in casa i germogli, passo il tempo libero a meditare, e riesco a fare tutto questo mantenendo un lavoro normale, beati i miei eredi. Ma non contribuisco granchè all' economia.

Se proibiamo le droghe per questioni di salute pubblica, allora dovremmo cominciare pure con la nutella e fare un processo a Nanni Moretti per come l' ha idealizzata nel suo lavoro, istigando tanti innocenti che magari la nutella manco gli piaceva, a diventarne schiavi. (Il paradosso, che grande strumento retorico).

Però a tutti quei miei amici - italiani, guarda un po' -che per motivi ludici o quant' altro a volte si fanno un giro di giostra tossico, dico che stanno solo arricchendo gente molto brutta, che con quei soldi fa cose ancora più brutte causando danni enormi che si ripercuotono nella vita quotidiana, benessere, tranquillità di milioni di persone che non c' entrano niente, creando costi agli stati che comunque, tolleranti o meno, i trafficanti li devono fermare anche per questioni di ordine pubblico.

Che l' indotto di tutto questo purtroppo influisce sulla vita quotidiana di un sacco di gente, a partire da me che vivo ad Amsterdam e mi trovo continuamente rtra i piedi gente il cui concetto di divertimento e ciondolare in giro rendendo una parte della mia città e dei sergizi che pago con le mie tasse inaccessibili a me e ad altri. Che la prossima volta che mi tocca aspettare per delle ore al pronto soccorso dell' Onze Lieve Vrouw Gasthuis che è pieno di gente in preda a deliri, che è cascata nel canale, che si è ritrovata in risse e va rappezzata mentre io sto lì con un bambino sanguinante con la testa spaccaya, guardate, ve lo dico dal profondo del mio cuore reazionario: non vi fate trovare sulla pista ciclabile a bloccarmi la strada all' ora di punta o vi passo sopra.

Il traffico di esseri umani, che secondo me ha tutto a che fare con lo spin-off da droghe di cui si diceva, manco lo cito o poi mi dite che divago, ma un sacco di gente e bambini soprattutto fa una vita di merda perch`e c' è chi che con la droga ci si deve per forza arricchire, ce lo facevano scrivere già nei temi di terza media quindi non sto dicendo nulla di originale.

Tutto questo quindi mi impedisce di firmare a cuor leggero la petizione di Avaaz, ci devo pernsare un po'. Però intanto voi andatevene a leggere il testo, perch`e come ho già detto, ci sono un mucchio di cose sensate.

giovedì 28 aprile 2011

Gli zoccoletti olandesi



Gli zoccoli gli olandesi li usano davvero. Qui una panoramica delle scarpe del coro, i bambini devono togliersele prima di entrare nell' aula.

Ricordo le prime volta che ho visto in natura degli utilizzatori attivi di zoccoli. La prima volta un bibmetto di forse 2 anni tenuto per mano dal papà e io che ero lontana dai figli all' epoca mi ero chiesta: ma da noi ai bambini di quell' età non mettono tutte le scarpine con il rinforzo ortopedico? Gli fa bene allo sviluppo di un' andatura corretta una calzatura del genere?
(Boh).

La seconda volta, un paio di anni dopo, davanti all' ambulatorio veterinario di mio suocero si è fermata una mercedes di pacca e ne è uscito un allevatore in zoccoli. Ricordo di aver pensato, da brava italiana: ma come, spendi i soldi per una mercedes e non ti puoi comprare un paio di scarpe come si deve?

Sbagliavo, perchè per chi lavora tra il fango e il letame e la sabbia non può desiderare migliori scarpe da lavoro dello zoccolo tradizionale, tanto che quando entrò in vigore la legislazione comunitaria sulle scarpe da lavoro sicure gli olandesi si pagarono di tasca propria i test per dimostrare la sicurezza dello zoccolo paragonato alle scarpe rinforzate con la punta in acciaio.

Se non ci credete la prossima volta che vi capita uno stradino inginocchiato sui sanpietrini con la mazzella in mano, oltre la scollatura da chiappa, guardategli anche i piedi: quelli biondi spesso hanno gli zoccoli.

mercoledì 23 marzo 2011

Bello no, ma facile si



Lo slogan dell' ufficio imposte olandese è: non possiamo abbellirlo, ma possiamo semplificarlo. Con l' idea che se pagare le tasse in tempo è più facile che tentate di svicolare, uno fa prima a pagarle, e rischia di farlo persino volentieri quando si rende conto di tutti i vantaggi che ha e dei servizi alla comunità che ci si finanza (tranne la cultura, perchè adesso sono al potere le destre e secondo loro la cultura è un hobby di sinistra).

Però il cartello sopra mi ha uccisa. Praticamente siccome la dichiarazione dei redditi va fatta entro aprile, e se la fai elettronicamente tocca schiacciare Invia prima di mezzanotte, ti ricordano di tener presente l' ora solare perchè hai un' ora di meno.

Cioè, quando si dice la gente coerente.

(quelli del parcheggio invece sono degli stronzi, ho fatto un ricorso giustificatissimo per una multa che mi hanno fatto proprio mentre ero alla macchinetta a pagare e non me l' hanno accolta con una cosa preterstuosa. E siccome non posso spedire un nuovo ricorso per dirgli: cocchi belli voi non mi avete detto se i cinque minuti che ci ho messo per pagare me li accettate o no considerato che non ho il dono dell' ubiquita e a camminare aspettare, tirare fuori il portafoglio e rientrare quelli sono i tempi. volevo andare in tribunale, perchè quello ti dicono, se non sei d' accordo puoi ancora rivolgerti al tribunale pagando i diritti di cancelleria (che costano più della multa, ma li avrei pagati volentieri), ma a chi lo faccio un dispetto? A loro certo no).

Insomma, le tasse, se riesco a metter mano al mio casino contabile, le pagherò volentieri, ma quelli della Cition meglio che mi stiano ala larga, perchè viene voglia di rivolgersi all' ombudsman per quanto ti complicano la vita, perchè evidentemente il comune di Amsterdam tira su i soldi dove può, che sono tempi duri.

venerdì 28 gennaio 2011

Preparare un bambino a un'operazione

È iniziata così, un'amica in partenza mi ha incastrata con un'opera pia, andare ad aiutare un padre e figlio italiani il giorno dell'operazione contro lo strabismo del bambino, perché parlano pochissimo olandese. E dati gli impegni di questi giorni e l'ora antelucana, ci sono andata davvero di malavoglia, lo confesso (come direbbe Eio: sono una persona orribile).

"È un bambino simpaticissimo, vedrai, ed è così spaventato".
Così mi fregano sempre, con i bambini spaventati.

Così alle 8.30 entro scapicollata in Pediatria, mi annuncio come interprete premettendo che non conosco né ho il numero della famiglia. Mi fanno la ola tutte le infermiere e la receptionista, avevano trovato una signora che parlicchiava italiano e così li trovo, nella stanzina per le famiglie, il padre su una sedia, lui su un divano rosso e la signora accanto che lo abbraccia, ma piena di sollievo saluta e se ne va, perché il suo italiano, in effetti, non si sentiva molto sicura.

"Ciao, sono l'amica di Cecile, ti ha parlato di me e anche a me mi ha detto di te".
Rigido, nel camicione da operazione e i calzini. Gli do la mano, gli dico il mio nome, mi siedo accanto a lui ma senza toccarlo troppo, in fondo manco sa chi sono.

L'infermiera davanti a noi comincia a fare le domande di rito, se è a digiuno, allergie ecc. Poi gli spiega che gli mette subito due cerotti anestetici sul dorso delle mani, così fra un poco l'ago dell'anestesia non gli fa troppo male. Evito la parola ago che fa paura a me e magari la fa a lui.
"Mi dai la mano?" fa l'infermiera. Allunga una manina magra e tremante.

"Seti, ti posso fare una foto" fa il padre cercando di scherzarci sopra "Stai benissimo con il camicione".
Fa segno di no, un po' infastidito.

L'infermiera annuncia che fra poco gli spiega bene cosa gli faranno e gli farà vedere i materiali che useranno.

"Hai freddo nel camicione?" fa l'infermiera.
"Gli massaggio un pochino la schiena e chiedo se vuole qualcosina da appoggiarsi sulle spalle. Non risponde, continua a guardar fisso avanti (anche se standogli di fianco non ho capito bene dove guarda un bambino strabico).
"... così lo sai e almeno non ti devi preoccupare di questo" aggiungo io.

L'infermiera apre la mano in cui ha dei blister.

"Adesso devo darti la premedicazione, preferisci le supposte o le pasticche?"
"Che ne dici, ce la fai a ingoiare bene le pasticche con l'acqua? Perché a certi bambini mettono anche le supposte - nel sedere", aggiungo chiedendomi se conosce la parola supposta, visto che è nato e fino a due anni fa cresciuto in un paese e con una mamma di lingua spagnola e la chiarezza non è mai troppa.

Vuole ovviamente le pasticche, l'infermiera gli spezza quella grande - enorme - e commenta che è un peccato che non riescano a farle più piccole.

"Dammi pure il bicchiere, o forse vuoi prima finire l'acqua?" chiedo.
La finisce d'un fiato.

"Sai che anch'io da piccola sono stata tanto tempo all'ospedale? Alla fine mi piaceva tanto il cibo da ospedale e mi portavano i paloncini. Tu li vorresti o non te ne importa?"
Non li vuole, scherziamo, ha 10 anni, è grande.

L'infermiera apre un classificatore con foto plastificate e gli illustra passo passo tutto quello che succede: che aspettano la telefonata e poi lei lo porterà di sopra con tutto il letto nell'ascensore.
"Ma dai, che figo, a me non mi ci hanno mai portata in ascensore con tutto il letto, poi me lo racconti com'era?"

Poi c'è la foto della sala operatoria, gli tira fuori da una scatolona colorata il grembiule e la cuffia per capelli che dovrà mettersi papà per accompagnarlo.

Poi tira fuori i sensori che gli metteranno per controllare il battico cardiaco e la respirazione glieli fa toccare e gli fa vedere la foto con un bambino sul lettino che li porta.
"Senti, puoi sempre fargli lo scherzo che smetti un attimo di respirare e vedi cosa succede. Secondo me si mettono tutti a gridare, aiutooo, chiamate i pompieri, emergenza e poi tu gli dici che era uno scherzo". Ok, una battuta veramente del cavolo, complimenti Summa, finisci di impensierirlo che già è terrorizzato di suo.

Hai voglia a dirgli, come gli ripetiamo tutti, che non è niente, che ne fanno tante di operazioni e manco se ne accorgerà.

"Però lo capisco che anche se lo sai, tu un pochino ti preoccupi, in fondo sei tu che vieni operato".
"Dai fa il padre, vedi che mi hanno preparato la cuffia e il camicione? Vyuol dire che ti opero io, sono già d'accordo con il dottore" deve essere uno scherzo che già hanno fatto, lui sorride un po' assente.

Mentre l'infermiera rimette a posto il materiale informativo e gli chiede se magari ha domande su cose che lei potrebbe aver dimenticato, gli chiedo io, tenendolo un pochino per il braccio.

"Senti, ma tu lo sai se c'è una cosa che magari ti preoccupa un pochino di più?"
"Che tagliano", fa sottovoce.

Guardo l'infermiera mentre traduco, non è che loro hanno una risposta standard per questa cosa? No, e lui capisce abbastanza olandese da non poterlielo chiedere in maniera esplicita.

"Eh, lo sappiamo, purtroppo è proprio quello il motivo per cui ti operano, ma sai, lo fanno sempre, sanno benissimo come si fa e poi tu dormirai, non ti accorgi proprio di niente" mi sto arrampicando sugli specchi pure io e poi che ne so se non è proprio l'idea dell'anestesia e del buco di ricordi dell'operazione di cui magari è consapevole e che lo spaventa?
"Però, fa l'infermiera, in genere tu hai una cosetta qui all'angolo dell'occhio che ti tira adesso e forse ti fa anche un po' male, ma dopo non la sentirai più e non ti dà più fastidio". Brava, speriamo lo rassicuri.

"E se non mi addormento?"
"Sai, le medicine per non sentire niente le dà un dottore speciale che fa solo quello, si chiama anestetista, e io ne conosco anche uno che mi ha detto che loro conoscono tutti i trucchi e riescono sempre a far addormentare le persone. Magari se ci sono dei signori grandi e grossi che proprio fanno fatica, gli danno una martellata in testa e pace - STO SCHERZANDO -, ma per i bambini non succede mai che non si addormentano". Decisamente potrei fare di meglio.

Poi andiamo in una cameretta a tre letti dove c'è un altro bambino coetaneo in camicione che invece zompa, e contento, si diverte.

L'infermiera gli fa vedere che il letto si alza e si abbassa e questo lo incuriosisce molto, i maschi e le questioni tecniche, dio li benedica.

"Adesso porto prima quest'altro bambino che tocca a lui e poi torno a prenderti con tutto il letto, sdraiati pure e se vuoi puoi guardare la TV".

L'altro ragazzino zompa letteralmente nel letto e ride forte. Spero che lo tranquillizzi un po'. Poi mentre lui si guarda i serpenti su National Geografic io scambio due parole con il padre, scopro che per ancora un mesetto abitano vicino casa nostra e ci mettiamo d'accordo per conoscerci, ha una sorellina coetanea di Orso, cercano casa e fanno una gran fatica a trovarla perché devono lasciare dove sono a febbraio, azz, pure queste rogne qui.

Dico di telefonarmi quando esce così cerco di passare durante la visita, comunque se tutto va bene dopo tre ore lo dimettono e può anche mangiare di nuovo.

"Dai, fa il padre, adesso che andiamo sopra e mi fanno mettere la camicia e la cuffia, ci facciamo fare una foto e la mettiamo su facebook".

"Ti posso dare un bacio?" ma sta guardando lo schermo e sembra più sereno, probabilmente isolarsi un pochino per assimilare il tutto gli serve. gli carezzo i capelli e se oggi mi chiamano ad un momento buono mi porto magari Orso a conoscerlo.

Io tutto questo sistema di coinvolgere un bambino parlando con lui nel dare spiegazioni, e darle apposta a lui con le foto e il materiale con cui verrà in contatto proprio non lo conoscevo e mi sembra fantastico. Da voi come sono i reparti di pediatria?

lunedì 10 gennaio 2011

La pillola è come l'antibiotico?

Vi giro questa notizia qui
secondo la quale le minorenni usano come contraccettivo soprattutto la pillola del giorno dopo.

E io mi chiedo chi gliela prescriverà mai, se sento tutte le storie di gente che in Italia per avere una pillola del giorno dopo richia di far prima a partorire che non a trovarla. E mi chiedo se i farmacisti obiettori fanno fatica solo con questo preparato qui, che ce ne sono di cose potenzialmente tossiche, velenose e insalubri che si vendono in farmacia e mi chiedo se il farmacista obiettore ogni volta fa l'atto di contrizione, o non le tiene mai tra le scorte.

Me lo chiedo perché io sono una figlia della necessità di informazioni sulla contraccezione, da quando ho 12-13 anni leggevo e mi informavo, poi magari per tanti altri motivi mi mancava la necessità fondamentale.

Però siccome meglio prevenire che curare, e siccome quandos studiavo all'Aquila non avevo uno straccio di ragazzo ma abitavo a fianco all'AIED, una volta ci sono andata a informarmi sulla pillola e mi hanno dato una tale sfilza di analisi da fare, che io, che odio le punture e i prelievi di sangue, non avendo una necessità rapida e contingente, mi sono scoraggiata e ho lasciato perdere.

Cioè, farmi l'impegnativa, mollare mezzo litro di sangue la mattina presto a digiuno in un altro paese e non ho la macchina, tornare a prendere le analisi, portarle dal medico e attendere il verdetto mi sembrava una roba inutilmente complicata. E che necessariamente coinvolgeva la collaborazione dei miei genitori che io invece se sono abbastanza adulta da farmi prescrivere la pillola vorrei arrangiarmi da sola, grazie tante.

Poi in Olanda per tanti altri motivi di ormoni e acne e svenimenti strani, su consiglio di mia madre al telefono che mi faceva: ma ho letto un articolo, vedi un po' se non ti puoi far dare la pillola, mi hanno prescritto la Diane, che chi se la ricorda sa che era una bomba di ormoni, altro che la trifasica. E la ginecologa, italiana oltretutto, che me l'ha prescritta mi ha spiegato: prescrivere la pillola è come prescrivere l'antibiotico, se non hai controindicazioni note comincia e tieni d'occhio la questione. Qualsiasi cosa strana che ti capita di notare chiamami o precipitati qui e vediamo cos'è, ma se la tolleri ci vediamo fra tre mesi.

A me la Diane come l'acqua fresca, niente ritenzioni idriche, niente emicranie, niente di niente, giusto quel paio di chili in più, ma che potevano dipendere da un mucchio di altre cose. L'ho presa per anni, mai avuto controindicazioni note, poi mi sono riprodotta e ho preso un'altra strada.

Sto nel sistema sanitario olandese da almeno 15 anni, con molta soddisfazione devo dire, e le volte che mi hanno prewcritto un antibiotico si contano sulle dita di mezza mano.

È chiaro quindi che da anni mi interroghi su questo fatto: ma perché in Italia gli antibiotici te li prescrivono come le palline zigulì e la gente arriva addirittura a prescriverseli da soli, usare gli avanzi alla cavolo e costruire resistenze accertate che abbiamo sempre meno medicine a disposizione a causa dell'uso indiscriminato?

E perché invece un po' di sana contraccezione viene vista come il diavolo, o quantomeno una cosa da complicare al massimo, mentre le prostitute minorenni o meno, le ragazzine di 13 e 14 anni che partoriscono, quelle un po' più grandi che non possono partorire anche se volessero perché non hanno casa, lavoro o un minimo di servizi e certezze nella vita, quelle che in certe province manco potrebbero abortire perché sono tutti obiettori nelle strutture pubbliche e non obiettori in quelle private, ecco questo e altro invece va bene.

Fatemi capire, ma qualcuno ha un problema con il sesso? O con le bronchiti recidive?

venerdì 24 settembre 2010

È anche un pò mio questo (Het is mien land)



La prima cosa che ho imparato nel '90, appena arrivata a Groningen, è che il motto della provincia è: er gaat niks boven Groningen (non c'è niente al di sopra di Groningen), perché è la provincia più a nord dei Paesi Bassi. E anche perché c'è questa specie di collinetta, la Hondsrugweg (la spina dorsale del cane), perché c'erano i terp, ovvero del collinette artificiali dove costruivano i villaggi, che spesso hanno ancora nel nome il suffisso - terp (Ureterp) per non bagnarsi i piedi.

Il paese piatto qui è alto e si chiama Hoogeland, la terra alta. Ogni volta che passiamo il confine tra Groningen e Drenthe, subito fuori Leek, io mi guardo queste terra basse, che pure sono alte rispetto a quelle sotto il livello del mare dove vivo, ma basse, perché basse le case, bassi gli orli di alberi in lontananza, alta l'acqua nei fossi. E sono innamorata di questo paesaggio, dove anche se non vorrei viverci mai (troppo laconici, questi del nord, e dalla provincia chiusa me ne sono andata tanti anni fa) ecco, io mi commuovo.

In questi ultimi 6 giorni l'ho fatta 4 volte la strada tra Amsterdam e nord, passando per il Flevoland con le autosrtade circondate dalle acque, l'isola di Urk che una volta prosciugato il mare si è ritrovata sollevata rispetto alle terre bonificate intorno, ma quelli di Urk l'isola ce l'hanno in testa, come gli umbri le mura del borgo.

Ieri due volte in poche ore, quasi 400 km. per portare i bambini dai nonni per il weekend, perché lì hanno il Rodermarkt, quello che una volta era la più grossa fiera boaria annuale della regione, per cui mio suocero, e suo padre prima di lui, dovevano alzarsi all'alba per controllare le bestie che venivano ammesse al centro del paese, che transennato alle vie principali diventava una immenso spazio fiera.

La fiera l'ho vista una volta sola, una delle ultime volte che mio suocero era il veterinario di servizio, ora che è rimasta la trdizione ma le bestie non si vendono più davvero, al massimo qualche cavallo. E alla fiera c'erano queste vecchine di Stavoren con il costume e le cuffiette a fiorellini che stavano ascoltando l'imbonitore degli strofinacci in microfibra. I vecchi contadini con il cappello e il bastone e la giacca di lana grossa tipo tweed, che venivano a vedere la fiera e rincontrarsi con i vicini e i parenti e i compaesani in genere.

E poi le solite cose da fiera, le giostre, le ciambelle fritte, le bancarelle e un mucchio di gente che fa casino intorno casa dei suoceri. Quest'anno me la perdo, ma i bambini sono già pronti, e anche se Ennio ieri ci è rimasto male che all'ultimo momento non rimanevo a dormire perché siamo andati in macchina, che dovevo riportare, avranno abbastanza distrazioni.

Al ritorno altri 180 km. sotto la pioggia battente, al buio, con i vetri che si appannano continuamente, le canzoni di Joan Osborne a palla e i lampi e i fulmini che a volte illuminavano di color ciclamino questo paesaggion piatto che dopo tutti questi anni è anche un po' mio e che mi commuove sempre.

La canzone qui sopra di Ede Staal l'ho sentita per la prima volta nel film De Poolse Bruid, (storia di una polacca portata per lavorare in un bordello, che scappa, viene trovata seminuda e ferita da questo contadino laconico che ha ereditato la fattoria e il mutuo dai suoi, vive solo, ha un sacco di casini con la banca, non parla, ma poi in qualche modo comunicano, si creano un meange familiare, lei cominica a rendergli accogliente la casa, poi vengono i papponi a minacciare per riprendersela, in due li fanno fuori, e poi l'autore ha litigato da matti con il regista, che quest'ultimo un accenno di happy end lo ha voluto mettere, e si è dissociato dalla fine, in cui lei torna si in Polonia, ma alla fine rientra da lui ala fattoria portandosi la figlia) che è bellissimo, tutto ambientato in questa zona, e che, la canzone si, mi commuove fino alle lacrime, anche se di questo dialetto familiare al suono non capisco una parola se non lo vedo scritto.

Het Hoogeland"
t Is de lucht achter Oethoezen, È il cielo dietro Oethoezen
t Is t torentje van Spiek, è la piccola torre di Spiek
t Is de weg van Lains noar Klooster, È la strada da Lains al Convento
En deur Westpolder langs de diek. E la bonifica ovest lungo l'argine

t Binnen de meulens en de moaren, Dentro i mulini e i bacini di sfogo
t Binnen de kerken en de börgen, Dentro le chiese e i borghetti
t Is t laand woar ik as kind, È la terra in cui da bambino
Nog niks begreep van pien of zörgen. Nulla ancora capivo di dolori o preoccupazioni

Dat is mien laand, mien Hogelaand...` Questa è la mia terra, la mia terra alta

t Is n doevetil, n dörpsstroat, È una piccionaia, la via principale
t Is n olde bakkerij È una vecchia panetteria
t Binnen de grote boerenploatsen, dentro i vecchi paesi dei contadini
Van Waarvum, Oskerd, zo noar Mij. Di Waarffum, Usquerd, verso Mij
t Is de waait, t is de hoaver, È il vento che soffia, è l'avena,
t Is t koolzoad in de blui, È la colza in fiore
t Is de horizon bie Roanum, È l'orizzonte vicino Roanum
Vlak noa n dunderbui subito dopo un temporale
Dat is mien laand, mien Hogelaand... Questa è la mia terra, la mia terra alta

t Is n mooie oavend in maai, È una bella serata di maggio
n Kou houst doeknekt in t gruinlaand, Una mucca a collo chino sulla terra verde
Ik heb veur d'eerste moal verkeren, Ho per la prima volta un'innamorata
En vuil de vonken van dien haand. E sento le scintille della sua mano
De wilde plannen dij ik haar, I progetti folli con lei
Komt sikkom niks meer van terecht, non se ne farà più nulla
Totdat de nacht van t Hogelaand, Finché la notte della terra alta
n Donker klaid over ons legt, posa una coperta scura su di noi
Dat is mien laand, mien Hogelaand... Questa è la mia terra, la mia terra alta

(La traduzione a braccio, per quello che vale e di un paio di cose non sono sicura, è mia)

domenica 12 settembre 2010

Famiglie con due mamme: cosa gli chiedereste?

Ongi tanto mi capita in blog, forum e altro spezzare una lancia sulle coppie di donne che a un certo punto decidono di riprodursi tramite donatore e creare una famiglia con due mamme. perché a scuola ne abbiamo una in ogni classe dei figli e a me non sembra che queste mamme siano meno mamme di tutte le altre, come non mi sembra che ai loro figli manchi qualcosa o siano meno felici e spensierati degli altri.

Poi è uscita fuori tutta la discussione su Gianna Nannini e il si e il no eccetera, e a me è venuto in mente di intervistarle queste coppie di mamme, con cui passiamo sempre sotto silenzio la cosa e non ne parliamo, anche perché ci incontriamo sempre e solo davanti alla scuola e magari non c'è occasione.

Solo che oggi abbiamo fatto il pic-nic dei vecchi vicini di Java Eiland e addirittura dalla Frisia sono venute le prime due mamme senza papà che abbiamo conosciuto, che hanno prima avuto un bimbo poco più grande di orso, e poi due gemelli, e poi sono andate a vivere in campagna, come mi dicono che fanno spesso le coppie lesbiche che si danno alla vita bucolica. E io che mi chiedo sempre che tipo di accettazione abbiano in campagna rispetto alla grande città Amsterdam.

Queste due madri le ho sempre frequentate e coltivate pochissimo, ma erano molto amiche nonché vicine della mia amica M. quindi un po' di fatti loro li so. Secondo l'amica M. si vedeva che la madre che li aveva partoriti aveva preso il ruolo di mamma mentre l'altra faceva un po' da papà. Io questa impressione non l'avevo e la prendo con le molle perché M. è una che ha spesso idee strane, ma che ci vogliamo fare, ognuno ha le sue.

E poi ho sempre il complesso dell'impicciona, nonché quello del confessore e quindi tendo a non volerle chiedere le cose a meno che non vengano a raccontarmele. Però qualcuno meno discreto di me delle domande oggi deve averle fatte e ho sentito portata dal vento la parola 'donatore'.

Allora poi mi sono decisa e ho chiasto alla mamma due se le poteva interessare partecipare a un'intervista, isnomma, tutto il progetto che io le mando delle domande sulla loro decisione, i criteri di scelta, le eventueli difficoltà, fonti di informazioni, e poi anche la vita dopo con i bambini, se si sono sentite stigmatizzate, se i bambini hanno cominicato a fare domande, cose del genere. Perché è comunque una scelta di maternità molto consapevole e ragionata, mi sembra, se devi metter su tutto l'ambaradan.

Lei ne è stata entusiasta, quindi intanto ci voglio pensare molto bene alle domande che vorrei fare a loro e poi alle altre due famiglie che conosco, perché penso che quello che qui è una cosa comunque relativamente accettata, soprattutto come riconoscimento legale della famiglia, intendo (ma non so i dettagli) da noi è talmente tanto fantascienza che manco sulla questione Nannini si affrontano le domande vere.

Insomma, se anche a voi vengono in mente delle cose da chiedere in modo civile ed educato, cominciate a mettermele tra i commenti le vostre domande che poi rielaboro.

mercoledì 8 settembre 2010

Ma che fanno a scuola?

Alla scuola piace tenere i genitori occupati, ma non troppo e noi siamo il tipo di genitori che si impicciano volentieri. Questo giovedì è l'ultima volta che aiuto fissa alla sorveglianza a pranzo perché non ho più tempo: mi piace abbastanza, sono forse anche una delle poche che non si fa problemi a riprendere i grandi quando partono per la tangente (un sacco di madri si sono stufate persino di mettercisi a discutere, visto l'ormone che impazza e loro che rispondono e che, se li riporti dalle maestre dicendogli che sono indisciplinati, ce ne sono un paio che ti cominciano: ma come, se è un bambino tanto buono, per tacere dei genitori. Io lo renderei obbligatorio per i genitori due volte l'anno per bambino, tanto perché si rendano conto e così costerebbe di meno, ma la direttrice dice di si ma non vuole e allora si arrangi).

È una scocciatura perché tra andare e tornare mi porta via anche tre ore e di solito piove. Ma mi dispiace perché così conosci i bambini, ai miei figli piace vedermi lì a fare il capo e poi stavolta ci sono i piccoli, quelli più piccoli dei miei, e a me questi 4- e 5-enni fanno troppa tenerezza.

Come quello che l'altro giorno mi ha chiesto se poteva sedersi sulla panchina in corridoio, perché non voleva giocare, voleva star solo lì a riposarsi vicino a un altro piccolo, e mi riarrotolavano a turno il rotolo di cara igienica per quelli che vanno in bagno. E stava lì a dondolare due piedini che manco toccano terra. Perché una scuola del genere ai bambini piace, ma li stanca da matti. Poi si abituano e gli passa.



Il capo negli ultimi giorni ha invece aiutato ad organizzare la prima serata informazioni per i genitori e ci siamo andati ieri, mente Pietro ci teneva le belve facendole suonare e giocando a scacchi con Ennio.

Significa che i genitori vengono accolti con caffé, te, succo di frutta e biscottini e vengono informati di cosa accadrà nel corso dell'anno. A cosa serve il comitato genitori, chi vuole dare una mano e per esempio viene a leggere ad alta voce ai bambini), presentare il bilancio del contributo annuale (per le feste, le gite e i regali di Sinterklaas, che si pagano una volta sola e non ad hoc) e di quello per la sorveglianza durante il pranzo.

Poi ognuno va nelle classi dei figli per sentire cosa impareranno, con quale metodo, sfogliano i libri, si sceglie il volontario che fa da contatto e mette insieme i genitri che si offrono di accompagnare alle gite, aiutare per varie cose, si fanno le liste di indirizzi ecc. E si fanno domande e si conoscono le maestre, che siccome cambiano di anno in anno, male nno fa.

Il tutto tenendo presente che la settimana scorsa abbiamo fatto il colloquio iniziale individuale in cui si parla del bambino e si concorda l'approccio migliore se ci sono cose da segnalare, in modo che casa e scuola siano sulla stessa linea o quantomeno concordino di non esserlo e dio provvede.

A me, lo dico subito, hanno impressionato le lavagne elettroniche. Sembrano delle semplici lavagne bianche a pennarelli che all'occorrenza fanno da schermo per un beamer che ci sta sopra. Ma in realta una volta collegate funzionano da megaschermo del computer con touch screen. La maestra ci apriva e chiudeva per esempio gli esempi del piano settimanale dei bambini toccando la lavagna, e apriva altri documenti toccandoli. Poi magari sul documento proiettato scriveva cose in pennarelli colorati, o anche solo con il dito. LA VOGLIOOOOOOOOOO.

Ora è vero che abbiamo una scuola nuova di pacca e con aule grandi. Ma voglio dire, è una cosa meravigliosa proprio come vengono pensate le aule. Io non lo sapevo, ma ho scoperto che l'altezza di banchi e sedie varia e le varie misure sono contrassegnate da tappi di un colore specifico. Ennio adesso è arrivato al verde. Cioè, mano a mano che il bambino cresce sale di colore, così sa sempre, anche in una nuova disposizione dell'aula, quale misura fa per lui. Per me è strabiliante, che vi devo dire.

Il metodo Dalton prevede una pianificazione individuale settimanale divisa tra i momenti di istruzione con la maestra, lavoro individuale, di coppia e di gruppo durante il quale la maestra gira per i banchi. Ogni bambino ha un cubo di legno col semaforo per indicare se sta lavorando e non vuole essere disturbato (rosso), sta lavorando ma vuole fare domande (punto interrogativo) o se lo si può coinvolgere in altro (verde).

I tavoli sono riuniti in gruppetti da 4 a 6, ci sono poi altri due banchi con il computer che l'altro giorno a ricreazione due signori con un foglietto che riassumeva le mancanze e i problemi di ogni aula venivano ad aggiustare, il tavolo per l'istruzione con la maestra e la cattedra con il suo computer sopra, messa in un angolo. Una libreria con tutte le copie dei metodi che usano, mentre i quaderni di calligrafia, composizione ecc. se li tengono insieme ai tesori in due cassetti nel banco. La scuola gli passa tutto, la mattina nello zaino tocca mettergli solo merenda e pranzo, e gli indumenti e l'asciugamano per ginnastica il mercoledi e venerdi.

I corridoi sono ampi e attrezzati: al primo piano c'è una piccola biblioteca scolastica vicino a quelli dai 6 agli 8 anni, al piano di sopra un tavolo a serpentono che 8 computer per i grandi. Tra le aule della materna invece sono piazzate della casette in laminato per entrare, uscire, giocare o stare in pace dal mondo.

Chi si comporta particolarmente bene può uscire in corridoio a fare i suoi lavoretti.

Le maestre una volta usciti i bambini alle 14.30 passano il pomeriggio a rimettere a posto l'aula, preparare il materiale per il giorno dopo, correggere, fare schede. Certe volte arrivo a riprendermi i bambini dal doposcuola alle 18.30 e ancora stanno lì, per non parlare delle sere in cui appunto ci ricevono o si organizzano altre cose.

Ieri alla fine ci è toccato a tutti rimettere a posto i bellissimi banchi nell'ingresso, che hanno un sistema di colori e incastro, ma sono pesantissimi, e che vengono usati dal doposcuola per mangiare e fare attività, infatti al pomeriggio Orso sta sempre lì con i lego, i disegni, la plastilina o quant'altro.

Per carità, ci sono anche scuole vecchie, con banchi molto usati ecc. ma il fatto che tutte le scuole abbiamo un budget per la pulizia, manutenzione, materiali, aggiornamento per insegnanti e genitori che aiutano, perfino per i gessetti da terra, le corde per saltare e i palloni che si bucano a ricreazione e che adesso ci sono avanzati dei soldi per rifare nel nuovo cortile dei giochi, scivolo, casetta (le panchine ho proposto io di farle noi genitori e i bambini più interessati in viti e trapani come attività) a me sembra fantastico.

E mi sembra fantastico anche che ricomincino a fare i pomeriggi dei talenti dei genitori, ovvero chi ha voglia di guidare i bambini in una qualche attività (lavoretti, lotta, ceramica, coro, persino una lezione di storia dell'arte seguitissima) propone, si organizza i materiali e ha poi un'ora e un quarto per gestire, con l'aiuto delle maestre, i bambini che si iscrivono al suo corso. Si farà forse 4 volte all'anno, ma è fantastico.

Per cui ho proposto di cercare e usare anche una cosa simile su base settimanale da integrare al programma, visto che abbiamo tutta una serie di genitori, da quelli native speaker di inglese che potrebbero venire a leggere 15 minuti nella loro lingua un libro che i bambini già conoscono in modo da avviargli l'accento, al padre innamorato della matematica che vorrebbe tenere un'oretta dopo la scuola di giochi matematici con i bambini che ne hanno voglia.

Ma anche un gruppo di scacchi non mi sembra male, se ci sapessi giocare. Sono sicura che qualcuno si trova.

Intanto ho proposto teatro e latticini, ovvero fare insieme burro, yogurth e formaggio ed eventualmente andare insieme alla fattoria per visitarla e prendere il latte. Due attività che mi sembra si completino a vicenda.

Tutto questo, mi ricorda il capo, va benissimo, ma non devo aspettarmi che me lo organizzino le maestre, loro al massimo approvano la proposta e ci mettiamo d'accordo sui tempi e luoghi, e poi me la suono e me la canto io.

martedì 24 agosto 2010

Primi giorni di scuola


Ieri è cominciata la scuola in un modo da volermi far rintanare subito in una grotta e riuscirne a primavera. Per cui questa foto serve per ricordarmi che nessuna giornata è troppo buia da impedirmi di godermi questi miei buffi, bellissimi, teneri figli. Anche se mi tocca uscire dal letto e poi buttarli fuori con la gru.

Tempo grigio, buio, acqua a catinelle che già a 10 mt. di distanza vedevi come in mezzo alla nebbia, freddo, ventaccio (ha buttato giù l'albero di Anna Frank, per dire). E noi alzarci presto e ricominciare, mah.

Ennio è in classe al secondo piano adesso, e appena entrati c'erano un tavolo strapieno di maschi, due tavoli di femmine ognuno con uno o due posti liberi e un tavolo da 4 con un solo ragazzino che non conosco. Lui si guardava intorno indeciso.

"Ma vai dalle bambine, ci sono tutte le tue amiche".
Lui continuava a guardare incerto. Poi tre maschi si sono trasferiti in massa al tavolo da 4 e Arman lo ha chiamato al volo per il posto accanto al suo:
"Ennio, vieni qui".

Io mi sono baciata con un paio di madri, mi sono informata come fossero sopravvissute a SAIL sotto casa (e non sanno quanto le invidii) e abbiamo scambiato uno sguardo d'intesa con la maestra.
"Proprio forte questa divisione maschi-femmine".
"Si, ma io non ne sono una sostenitrice, poi ci sistemiamo meglio".

Ho baciato Ennio che manco mi si filava più e mentre scendevo da Orso saliva il capo. Orso l'ho visto dalle vetrate perché la porta era già chiusa, stava fissando come tutti la maestra Laura, ma mi ha vista, ha sorriso, salutato e mandato un bacetto con la mano e poi si è rivoltato di nuovo a guardare la maestra.

Stamattina invece c'era il sole Orso stranamente si è svegliato prima del fratello, a malincuore ma no arrabbiato, anzi, a colazione mi ha raccontato cosa ha fatto a scuola ieri ("Ho letto qualcosa" "Ah si, topo e cosa hai letto?" "Ho letto Io" e poi mi ha fatto vedere un libriccino in cui dovevano cerchiare e colorare i loro cibi, sport e giochi preferiti, mentre al centro c'era spazio per disegnarne uno non previsto.)

"Quarda, qui ho disegnato il kibbeling (ovvero i bocconcini di merluzzo panati e fritti che vendono al chiosco delle aringhe davanti casa). Ho disegnato un pesce e poi un pezzo di kibbeling".

Che se lo chiedete a me è geniale, perché chiedermi di disegnare un kibbeling riconoscibile, non so, manco Andy Wharol secondo me.

Questo è un anno importante per lui, sta nel gruppo 3 che corrisponderebbe alla nostra prima elementare, ma già nei due anni precedenti hanno fatto diverse cosette di prelettura e prescrittura. Orso sa scrivere il suo nome in stampatello e anche in corsivo e conosce tutte le lettere, ma non legge ancora davvero, però si ipnotizza come tutti in questa famiglia se sta leggendo qualcosa, un fumetto nel suo caso.

Il gruppo 3 è l'anno pesante in cui imparano a leggere e scrivere, quando è toccato a Ennio a novembre conoscevano tutte le lettere e lui leggicchiava, e abbiamo fatto la festicciola dell'alfabeto. In cui devono imparare a stare in fila per tre, a dire sempre di si e a comportarsi da persone civili. e come si discuteva ieri su Genitori crescono, nulla di strano che tra i sei e sette anni spesso i bambini diventino dei piccoli bastian contrari. Perché per i bambini all'inizio è stancante.

Per Ella, la grande dei vicini, è l'ottava, quindi ultimo anno. A maggio hanno fatto i pre-test di ammissione alle superiori, che servono, insieme al risultato del CITO che è il test standard che gli fanno un paio di volte l'anno, a fare una scelta e avere un consiglio dall'insegnante. Lei l'ha fatto malissimo.
"Guarda, ci siamo chiesti dove avesse lasciato la testa in quei cinque giorni" mi fa la madre.
"Cosa le hanno suggerito, il vmbo-indirizzo pratico?" che sarebbero le supermega professionali scaciate, quelle giusto per dire che arrivi a 16 anni avendo fatto una qualche scuola dell'obbligo, ma ne puoi uscire virtualmente analfabeta che non sai riempire un mpodulo con i tuoi dati personali.

No, le hanno dato il teorico, che sempre professionale è, però è anche il refugium peccatorum di chi potrebbe migliorarsi e a botte di anni integrativi potrebbe passare alle tecniche, o alle commerciali o financo al liceo, toh. Ci metti degli anni, ma teoricamente potresti. E altrimenti niente università, che di mangiapane a ufo ce ne sono già nel mondo.

Che poi magari è questa selezione alla fonte che permette un tasso di laurea di chi si iscrive al politecnico o all'università più alto dei nostri, dove cominciano cani e porci, ai miei tempi magari puramente per rimandare di un po' il militare (mi sono davvero trovata gente a magistero che non era in grado di riempire una domanda con i propri dati, e neanche di esprimersi a parole se non in un dialetto sconnesso) e poi chi davvero arriva alla fine è una frazione delle matricole.

Però a me se da un lato la preselezione alla fine del penultimo anno sembra utile, perché mette in luce i tuoi punti deboli e hai poi un anno per rinforzarli, questa selezione che costringe bambini tra gli undici e i dodici anni a fare scelte abbastanza determinanti per il futuro e i loro genitori appresso, un po' fa paura. Sono ancora così piccoli, che ne sai come crescono e che interessi e capacità hanno ancora da sviluppare.

È vero anche che a differenza che da noi qui esiste molto di più la mentalità di dare un cambio radicale alla tua vita in qualsiasi momento e non sono pochi gli adulti che alle età più improbabili si rimettono a studiare, magari con il curriculum part-time per cui ci metti il doppio degli anni, come la mia collega che a 45 anni si è messa a studiare legge.

E anche la vicina lo ha detto: a 35 anni e con quattro figlie, l'ultima cammina da poco, ha deciso che adesso vuole fare qualcosa per sé ed eventualmente riiscriversi all'università.

Che insomma, alla fine i primi giorni di sucola, se una ci mette un po' di buona volontà, se li può portare dietro per tutta la vita perché quello che conta è la voglia di mettersi in gioco.

giovedì 17 giugno 2010

La giornata dei fortunelli



Io, mai stata brava in niente dove si vince. La mia prima partita a tombola, con i fagioli, a Pedicciano, nella grossa cucina di zia Vittoria e zio Ginetto, che avevo fatto un ambo o terno o quello che era e cercavo di farmi sentire da zio Giovannino che estraeva i numeri, niente, non mi ha manco vista. Ha vinto qualche adulto più assertivo di me.

Poi c'è di mezzo anche tutta la filosofia di mio padre, che comprava per tradizione un biglietto della lotteria di capodanno, ma niente altro.
"Tanto se la botta di fortuna proprio ti deve capitare, ti capita che tu lo compri o meno".
La filosofia di Gastone Paperone che il biglietto vincente gli sbatte in faccia portato dal vento.

E così, oggi che ha fatto caldo per quel che dura (sabato 14 gradi, che faccio, mi iberno?)e pur tornando da scuola con i bambini in bici ho saggiamente rinunciato a checchessia attività (e ne avevo un paio in mente, meno male che ho soprasseduto) per arrivare a casa, montare una tenda in giardino per le belve e schiantare a letto, prima di tutto ciò due signore in grembiule rosso all'angolo della strada mi mettono in mano un depliant.

Ed era di una cosa che proprio domenica i miei quasi vicini con figlia a scuola con i miei, grafici artistici pure loro perché se non sono artisti non li vogliamo, mi avevano parlato di questa iniziativa del centro di quartiere, proprio di fronte a casa nostra.

Resto van Harte, ovvero il ristorante di cuore, che ogni mercoledi e giovedì serve cene da tre portate a € 5 a testa, in grandi tavolate, cucinate e servite da volontari, e stasera insomma, con la partecipazione della lotteria del CAP, che sembra un insulto ma è solo la Postcode loterij
, la cena costava € 3. E la povera mamma stanca che sa che il padre si cucina da sé in questi giorni e torna pure tardi, non le è sembrato vero convincere i figli ad andare a provare la cena egiziana di fronte casa.

Schiodarli dal computer è stata la solita impresa improba maaaaaaaa.....

Questi della Postcode Loterij avevano fatto le cose in grande. Un Bingo tra una portata e l'altra, il cantante con tastierista un paio di imbonitori che ci sapevano fare e lo facevano con gran gusto. I miei figli concentratissimi sulle cartelle della tombola. Il primo premio, una bici strafiga della lotteria, che da sola avrebbe potuto risollevarmi dal furto della bici-carro.

"Ragazzi, noi andiamo per la bici".
"Siiiii". (non l'abbiamo vinta ve lo dico subito, che dopo tutta la tensione fatta montare ad arte non la reggo più nella vita).

Il primo bingo è mio, un pallone regolamentare cucito a mano d'oro con relativa pompa. Pompa dotata di tre beccucci di cui orso ne ha già fatti fuori due senza per questo averla gonfiata.

La bici l'ha vinta un signore, ma per poco.

Poi un bel bingo lo fa Orso, esita ad andare e il fratello gli strappa di mano il biglietto e corre sul palco, lui si mette a piangere, una delle volontarie carucce al nostro tavolo che aiutava i bambini a controllare i numeri se lo prende per mano e lo porta. Quando capisco che sta per toccargli il secondo pallone d'oro intervengo (anche perché a quel giro di bingo ce n'erano 4-5 e solo perché Ennio era arrivato per primo a spingere il biglietto in mano allo scrutatore mo una mica si può allargare, che queste cene sono per la coesione nel vicinato).
"Ragazzi, voi un pallone ce l'avete, vogliamo darlo a qualcuno che non ce l'ha?"

Immediatamente gli mettono in mano una scatola di dolci vari tipo Mars, Milky way ecc. e una maglietta arancione che gli arriva a metà polpaccio con sulla schiena il 14 di Cruyff. Felice come una Pasqua lui, io pure che gli ficco la maglietta addosso prima che servano il piatto principale e si spatacchi.

La commensale caruccia per compensare mi rifila anche una borsetta, devo dire carinissima, color sabbia, che ci farò l'estate. Le penne extra le avevano già.


Abbiamo anche ballato


Baffetto languido è quello che ha dato l'avvio alle danze, schiodando le persone dalla sedia una ad una.

Sentite, ve la faccio breve perché ci hanno riempito di premi. Tutti i commensali sono tornati a casa con un cappellino arancione (tre),
che bisognava mettere e togliere per dare le risposte a un quiz e trovo che la signora qui sopra era quella che gli stava meglio di tutti, la maglietta idem (quattro in totale) e una busta con due biglietti gratis per il cinema da lunedi a giovedì a testa (ho sei biglietti da consumare entro il 29 giugno e mi sa che faccio una carrettata di bambini un mercoledì pomeriggio).


Ballando gli è passato il dispiacere
Ennio ha scoperto il campetto di calcio dietro, ha provato a fraternizzzare ma erano tutti ragazzi grandi che lo hanno messo in porta e lo hanno fatto nero di pallonate ('sti megastronzi, pure loro) per cui è riuscito piangendo, ma poi è tornato a guardare e gli ho spiegato che dopo le otto di sera ci stanno solo i grandi, ma il pomeriggio ci saranno bambini più piccoli e potrà giocare con loro.

E già che ci siamo i maschi sono belli che equipaggiati per andare sabato con padre e zio Tjibbe, fanatico di calcio, a vedersi la poartita contro il Giuappone sul megaschermo in un qualche caffé che sa lo zio, così tutti arancioni mi si mimetizzano nella folla e si divertono pure.

Tanto lo so cosa mi diranno al ritorno, scandalizzati:
"Mamma, bevevano tutti la birra".

Che se c'è una cosa formativa del calcio in questo paese è quando vanno in massa al caffé a guardarsi la partita.

Grata e riconoscente perché gliel'ha organizzata qualcun altro, io sabato mi defilo, che ho la prova della pecorina a teatro.

venerdì 11 giugno 2010

Visita alla Montessori dietro casa

Quando abbiamo traslocato i bambini sono rimasti nella vecchia scuola, che in realtà da gennaio è la nuova scuola, con una palestra bellissima che usa anche il doposcuola e insomma, è impossibile cacciarli da lì.

Però resta il fatto che vanno portati e ripresi tutti i giorni, e anche se abbiamo lo schema con la vicina che funziona benissimo, delle volte rimpiango, per la loro autonomia e i contatti vicino casa, che non abbiamo una scuola dietro casa.

Ma quali scuole? Dietro casa ce ne sono moltissime, ma i miei figli già hanno paura a stare ai giardinetti da soli con quei bambini che ci abitano intorno, non mi rassicura sulla loro felicità scolastica. E quei pochi bambini che conosciamo vanno anche loro tutti a scuole in altri quartieri.

Poi noi abbiamo anche scelto consapevolmente per un certo indirizzo scolastico che è il Dalton, e già il Dalton che sulla carta mi piace tanto si scontra con l'esecuzione che ne danno le maestre. E diciamocelo, le maestre olandesi non è che siano tutte laureate in Pedagogia, e io e la vicina che lo siamo (insomma, ho pur sempre fatto Magistero) concordiamo troppo spesso su dei limiti della nostra scuola attuale nell'accogliere certe situazioni e certi bambini.

Ora, vicino casa non ce li abbiamo questi indirizzi, abbiamo invece tutta una serie di scuole cattoliche o protestanti o sfigate senza denominazione (una si sta talmente riducendo che se fra 4 anni la chiudessero non mi meraviglierebbe).

Tranne che grazie a Giulia, conosciuta grazie al blog e poi una dice che i blog favoriscono le conoscenze con gente che ha i tuoi stessi gusti, ho saputo che la Montessori che non sta proprio vicinissima, ma sempre almeno da questa parte dell'acqua, apre una succursale dietro casa nostra. A metà strada dalla piscina, dove Ennio già va da solo in bici.

E allora ci siamo andate ad informare, perché io e il capo i bambini in bici fra un paio d'anni, anche con il traghetto, a scuola da soli ce li manderemmo pure, ma la vicina ne ha quattro di età troppo differenziate per non averne sempre una troppo piccola in giro (l'ultima ha un anno) e stare inchiodata per i prossimi 12 anni a questo tragitto in macchina non è nemmeno la prospettiva migliore. Per non parlare di tutti gli amichetti, le feste e gli appountamenti che stanno tutti oltre l'acqua.

E poi diciamocelo, proprio noi che siamo di quelle famiglie che entusiasticamente fanno di tutto a scuola dopo una serie di sbattimenti senza costrutto, una si chiede, ma chi me lo fa fare a investire così tanto in una scuola che quando poi arriva il momento che tocca a loro a credere e investire in mio figlio mi dà risposte insoddisfacenti?

Perché diciamocelo, avere per direttrice una che viene dalla pubblicità ha avuto il merito enorme di farla crescere questa scuola e di far realizzare il nuovo edificio scolastico bellissimo, adesso però è ora di sviluppare una visione educativa e didattica e pedagocica e qui non se ne vede ancora l'ombra. ed è già tardi, la scuola è troppo grande ormai per andare avanti come viene viene e tanta buona volontà.

Insomma, siamo andati a visitare la Montessori che ha tante di quelle liste d'attesa che neanche si fanno pubblicità, anzi cercano di restare il più sottotono possibile perché con 400 bambini e una succursale in arrivo, se vuoi garantire la stessa qualità meglio non allargarsi.

Cosa ci ha colpito? Innanzitutto la direttrice, una signora affettuosa, con un carisma enorme, proprio il tipo maestra anziana, che la povera unenne che dopo tante chiacchiere si è stufata e ha cominicato a piangere è stata distratta con un giochino e messa a suo agio senza neanche perdere una battuta del discorso che stavamo facendo. Che noi madri indaffarate il multi-tasking efficace lo sappiamo riconoscere quando lo vediamo.

Poi ci siamo fatti un giretto per i corridoi. un silenzio enorme, è stata la cosa che ci ha colpito di più. 400 bambini con le porte delle aule aperte nei corridoi/atri, tutti concentratissimi a lavorare, qualche maestra a un tavolo a spiegare qualcosa e tutti concentrati.

In corridoio qualche m=bambino e maestra sul computer, a un tavolo un gruppetto di grandi in piedi a fare mosaici (pare sia un'oretta settimanale fissa con insegnante apposta). La prescuola dove al mattino i piccoli che entreranno fanno la materna e due grandi undici-dodicenni in visita, perché in questa scuola ci si possono fare le visite tra una classe e l'altra.

I tappetini al centro delle aule per quei bambini che come Orso nostro riflettono meglio sdraiati che seduti (OK, lo ammetto, questo è il dettaglio che mi ha comprata definitivamente). Il doposcuola della succursale che confina con il nostro parco (cioè, ma ci rendiamo conto che i giorni che escono presto siamo già nel parco? E non devo affittare la macchina ma andiamo in bici?)

I genitori di 45 nazionalità diverse, un po' come da noi, senza grandi prevalenze di questa o quella nazionalità? Certo, i miei figli stanno bene dove stanno e hanno tutti gli amichetti e specie Ennio non vuole neanche sentirne parlare, di una nuova scuola.

Però quando gli ho raccontato che in quella scuola lì non hanno le lezioni contro il bullismo (che quando mi ha detto che in realtà non ne hanno molto, ci ho creduto subito, perché ho visto sia nella progettazione della scuola che in quello che c'era nell'aria tutta una serie di presupposti per non averne) ma hanno 8 bambini che hanno fatto un corso da mediatore e in caso di lite intervengono loro, senza la maestra che viene comunque messa al corrente, questa cosa lo ha affascinato, non la smetteva di farmi domande. Ha quindi accettato di venire una volta a guardare dopo le vacanze.

Il punto è che ci sono grandi vantaggi e altrettanti svantaggi sia nel restare nella scuola vecchia, sia nel tentare quella nuova. Di questa Montessori mi piace anche l'impostazioni a classi multiple insieme, cioè sono sempre due a due in modo che nello stesso gruppo i bambini abbiano in momenti diversi la possibilità di essere i più piccoli o i più grandi. E di adattare il programma anche allo sviluppo cognitivo individuale. vai bene in una materia? Allora ti offriamo il programma più avanzato. Hai bisogno di più tempo per un'altra? Puoi ripetere le basi con i piccoli finché non le sai.

Mi sono attaccata al sito dell'opera Montessori italiana e più leggo, più mi convinco che per Orso questo potrebbe essere l'approccio giusto. Però quest'anno entrambi hanno due maestre estremamente in gamba ed intelligenti nella scuola vecchia e non mi dispiacerebbe che alcune basi le imparassero con loro.

Perché in fondo il dubbio e iul pregiudizio tipico della Montessori è che alla fine è vero che i bambini hanno una gran voglia di imnparare per conto loro e che farli fare è meglio, ma d'altro canto io per mancanza di visioni alternative sono pure convinta che una cosa come le tabelline fai prima ad imparartele a memoria a sette anni e ricordartele automaticamente per tutta la vita che non stare ogni volta a scoprire l'acqua calda.

Insomma, appena Orso sa le tabelline io ci penso su. Tranne che dei due è quello a cui più volentieri farei fare la prova subito e che avrebbe persino il posto garantito subito dietro casa. Forse dovrei chiedere se esiste qualcosa come una dispensa di prova per cambio scuola. Cioè che se dopo tre mesi non sono convinta mi tengono un posto nella classe vecchia. Che come tengo io il piede in due scarpe, nessuno.