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lunedì 21 marzo 2011

Terapia occupazionale e regalo per voi


Queste spillette in feltro e bottoni fanno parte della terapia occupazionale stamattina con Giulia, dopo essere stata 15 minuti al telefono con un cliente che non solo mi ha costretta a richiedere alla Camera di commercio (centro accanto alla stazione) un nuovo documento (vai, parcheggia, entra, prendi il numero, aspetta ed esegui), portarlo in Tribunale, che sta esattamente dal capo opposto della città e a quell' ora prendere il centro o prendere la tangenziale non fa la minima differenza, parcheggiare richiedere atendere ecc., e poi in Consolato (il lato del centro più incasinato da raggiungere dal tribunale lungo tutti i cantieri della futura metropolitana), che vi dico solo che ho un passaporto scaduto da tre anni e ancora non riesco a farlo pur di non andare a fare la fila in consolato (e poi perchè bisogna prendere prima l' appuntamento su Internet) per legalizzare la loro traduzione e poi farla venire a ritirare dal corriere.

Il tutto da farsi venerdì perchè per loro lunedi era tardi e si da il caso che io venerdì avevo una fiera da allestire per 10 espositori, con carichi non consegnati e rogne varie di suo, e invece sono uscita alle 8 e sono rientrata alle 14 solo per fare questo. E non avendo un buco di tre ore in cui farmi raggiungere dal corriere e colta da dubbio, ho aspettato a inviare perchè nel frattempo il cliente mi aveva detto per mail che in fondo gli serve per il 29 e c' era tempo.

E questi clienti che mi chiedono una cosa e poi c' è fretta e se non posso andare e portare e venire, e va bene 20, no, va bene anche trenta e siccome sono in giro per loro ci diciamo tutto per telefono e quando alla fine fatturo spiegando che almeno la benzina, il parcheggio e un rimborso me lo devono pagare, il tutto che va sempre a finire che è l' ultimo momento e mi tocca correre mentre in realtà il tempo passa e per quel giorno lì avevo altro da fare che ora mi tocca trascurare, ecco, mi sono poi ricordata venerdì nella fretta che uno così di cliente italiano l' avevo già avuto a natale e già allora avevo fatto una fatica spaventosa a farmi pagare). e allora se c' è tempo fino al 29 meglio che prima mi paghino e poi mando il corriere.

Ovviamente sono stati chiusi giovedi e venerdì, ma che ne sapevo, chi tace acconsente, perchè gli avevo detto di chiamarmi se non volevano che facessi così. Infatti volevano che lo facessi gratis.

Ora, io sono orgogliosa di me stessa. Perchè ho esordito dicendo che mi meraviglio che loro che sono una azienda (con tutte le società off-shore, che sarà legale ma eticamente io le trovo reprensibili, ste ditte che risparmiano sulle tasse e sulle sfigate come me e la segretaria, poretta pure lei che mi ha telefonato per giorni) come fanno a pensare che io che fatturo 70 euro l' ora me ne vado gratis una giornata a spasso per loro. Perchè la prima volta il timbro in consolato gli ho detto che costa 30 euro se mando qualcuno che conosco e invece per la successiva hanno insistito che andassi pirsunalmente di pirsuna e ho finto che fosse perchè volevano essere sicuri che avvenisse per tempo. Mentre invece sono i soliti cumenda descritti tanto bene da Aldo Busi che già che pagano una modella per farsi fare un catalogo decente pretendono pure di scoparsela e si offendono se quella non ci sta. O. io sono traduttrice. mica galoppina.

E il più sfigato dei corrieri in bici per quel percorso e quei tempi lì si prende 25 euro a indirizzo più 30 euro di attesa l'ora. E io devo spiegargli questo, che mi contestano il prezzo? E perderci 20 minuti 20 al telefono?

Ho fatto la stronza e per tagliar corto ho detto che mi dicano loro cosa vogliono pagarmi e gli rifaccio la fattura, o si cerchino un' altra persona e facciano rifare tutto intanto che io mi tengo in perdita le spese varie di bolli, dirittti e cancelleria, oltre che benzina e parcheggio, perchè lo preferisco a una conversazione così squallida.

Poi meno male che ho fatto spilline, ma se penso che devo mettergli sul fax tutte le ricevute, perder mezz' ora a cercarle nel turbinio di borse della settimana scorsa con tutte le carte della fiera e spiegargli con le figure ogni voce della fattura giuro che mi vien male.

Per consolarmi ho deciso di fare un giveway, candy o detta alla paesana, un regalo. Le tre persone che nei commenti mi scrivono qualcosa di divertente, consolatorio o positivo - vanno bene anche le vostre avventure ancora più sfigate delle mie - che mi faccia un po' passare l' incazzatura, vi spedisco una spillina, perchè dopo aver anticipato 45 euro di corriere la settimana scorsa per accorgersi dopo che si sono scordati che alla traduzione legalizzata mancava l' apostilla del tribunale, ecco preferisco metterci un francobollo per spedirvela.

mercoledì 1 dicembre 2010

Chiuso per incapacità

Avevamo un appuntamento alle 12 per l'agopuntura e poi andare a pranzo, ti ho chiamata diverse volte ma non rispondi, stai bene? Va tutto bene?

Io non so bene cosa rispondere. Va bene? Si. L'influenza pare mi stia passando anche se oggi abbiamo meno 6 e mi tocca andare e venire tutto il pomeriggio e anche domani. Venerdì invece mi sto cancellando il cancellabile, se potessi sparire al mondo sarebbe bellissimo. Magari ce la faccio. Cioè, prima salto la psicologa mia, poi la terapeuta di Ennio, adesso l'agopuntura. Vorrà dire qualcosa?

Il capo è stressatissimo per il lavoro e io non posso aiutarlo.

La casa è un disastro. Noi siamo un disastro. Il lavoro c'è, non c'è chissà. Se c'è, pagheranno? boh.

Hanno fatto l'aggregato a Ofena, dovrei andare a firmare, dovrei cercare almeno di fare una delega, ci sono casini al catasto che non sono riuscita a risolvere quest'estate che ero sul posto e ne avevo voglia e adesso i parenti mi chiedono di sistemare tutto adesso che non ci sono, che non ho i soldi e il tempo per andarci. Ma io non ce la faccio.

Ho lavorato moltissimo il mese scorso, anche in orari faticosi come la sera e la domenica, poi mi sono ammalata e adesso sto pagando il conto all'inverno, alla stanchezza e al freddo. Passerà, l'inverno passa sempre.

Ma io sono preoccupata e stressata per il capo, per me, per mia madre, per la casa a Ofena che ormai non è più mia, per il buco nero che cerca di allargarsi ma non glielo permetto. Però costa fatica.

Ho bisogno di tempo mio, di spazi miei, di recuperare la botta di allegria.

Consigli? Purché non mi facciate uscire di casa.

PS però una cosa bella che mi dà serenità è il coro. Si è capito che nonostante la pigrizia al momento di uscire, i bambini ci vanno volentieri, gli piace, costa un botto ma ce lo regala mamma per Natale.

Questa settimana le ultime prove straordinarie per il concerto di Natale mi hanno un po' scombinata, ma trovo talmente rilassante e terapeutico stare in corridoio con gli altri genitori a sentirli, io con il berretto all'uncinetto per Ennio che i lavoretti rilassano, un figlio alla volta così non devo intrattenere l'altro. E poi andare dal fornaio francese che fa un pane favoloso e dal macellaio all'angolo che ha la salsiccia che piace a Orso.

Oh, sapete che vi dico, io adesso vado a comprare i biglietti per il concerto di Natale, che sarà bellissimo. Già sto meglio, guarda un po' quanto ci vuole poco.

lunedì 8 novembre 2010

Mistranslations

"Io vi aspetto dove stanno suonando i bambini".
"Va bene".

Che fa la madre cretina la domenica pomeriggio, quando alle 17 comincia il suo corso da sommelier in centro e vorrebbe esserci alle 15 per prepararsi tutto con calma, per una volta? Decide di concedersi un'oretta di parco/mercatino con i bambini, cercare di vedere le amiche espositrici calate dal profondo nord, mezz'ora andare, mezz'ora tornare, un'oretta in giro e vabbé, diciamo che se faccio l'ultima spesa e trasporto tutto adesso anche se arrivo alle 15.30-15.45 va bene lo stesso.

Eccetto poi perdersi un figlio al mercato e litigare di brutto con l'altro. Tutto per una traduzione sbagliata.

Eppure sembrava una roba idilliaca: preso l'ultimo parcheggio libero nel raggio di km. e pure vicino a un ingresso del Westerpark. Figlio 1 deve immediatamente fare la cacca e troviamo pure un bagno immediatamente. Figlio 1 e 2 decidono di mettersi a giocare a pallone su un campetto in linea retta in direzione mercato e ci accordiamo che io vedo a vedere dove sono le amiche, loro non si spostano dal campetto e li vengo e riprendere fra poco. Persino la madre sconosciuta degli altri bambini non ci trova nulla di male.

Solo che il mercatino è un sacco più grosso di quanto pensassi e manco a farlo apposta incrocio il figlio di una mia amica che la cerca.
"Fermo qui che le telefono".
"Ma no, tanto stiamo con i parenti e so dove stanno loro, ci ritroviamo lì" e scappa.

Prima che si perdano i miei me li riprendo e ovviamente li stacco dal pallone a prezzo di ricatto.

"Venite, ci sono cose bellissime e ci prendiamo da bere e forse da mangiare".


Orso offeso rifiuta i sanissimi succhi di carota e more perché vuole la coca cola. Poi vuole le fragole. Poi si offende perché la moneta ai tre ragazzini (meno di 40 anni in tre) che suonavano la chitarra e stavano cantando i Weezer (e non solo gli veniva meglio di Twist and Shuot che hanno fatto dopo, ma ci si fermava un mucchio di gente, tutti quarantenni nostalgici come me che vedere tre cuccioli suonare i nostri oldies goldies vende sempre bene, of course) gliela voleva dare lui.

Poi se dio vuole me li trascino e ci sono anche cose carucce, facciamo tre code agli hamburger (abbandonati quando ho visto che per la ressa li impaninavano mezzi crudi) e altro cibo che ci piacerebbe ma si fa pure fatica a mettersi d'accordo e non perdere il posto in coda con Orso che fa il diavolo a 4 perché dice di avere sete ma insiste per la cocacola, che mi rifuto di compragli con tre bottiglie di tre succhi diversi smezzate in borsa e beva prima quelli (li ha poi finiti il capo a casa).

Le amiche non si trovano, Ennio dice la frase in incipit, massì, mi fido e poi orso è una lagna, lo capisco che voglia farsi i fatti suoi, ci sono 60 mt. di bancarelle e Orso ha appena accettato il compromesso di comprar fragole, due cestini a € 2,50 in un sacchetto trasparente e ci avviamo con calma verso i ragazzini che suonano. Ho ancora 25 minuti e magari ci rifermiamo a giocare.

Ennio non c'è. Lo cerchiamo avanti, indietro, per il mercatino, dov'è, lascio Orso ad ascoltare i ragazzini per muovermi meglio, ma poi mi viene il patema che si perda anche lui.

Non sono veramente preoccupata che gli sia successo quaclosa di brutto, piuttosto che non ci trovi e vada in panico. Il panico nel frattempo lo faccio venire a Orso. Alla fine mi rassegno a tornare al campetto da calcio, perché non so dove cercarlo, non so cosa fare, è sempre più tardi e magari devo andare dalla polizia più vicin, così se poi lo ritrovano mi possono avvertire.

Veramente non so cosa devo fare. E spero di nascosto che abbia fatto un colpo di testa e stia di nuovo al campetto. Ein effetti sta lì a lanciare palle e inseguirle insieme al cagnolino di una signora caruccia.

"Sta lì, per fortuna".
"Mamma, ma che stronzo".
"No, Orso, non dirle queste cose" (però, penso, ha ragione, stronzetto infame, guarda come si sta divertendo il bastardo mentre noi qui con le piccole morti).

Io arrivo con la faccia da tempesta, i nervi scossi, il timer spento da un pezzo, vorrei mettermi a piangere di sollievo e contemporaneamente tritarlo con queste mie mani. Vorrei che al solo vedermi gli venga il senso di colpa istantaneo e fulminante, ma manco mi si fila. E allora oltre a tritarlo vorrei farne puré.

Mi incazzo.
"Ma te l'ho detto che venivo qui".
"No, tu mi hai detto che stavi dai ragazzini che suonavano".
"Non è vero".

Cavolo, ha ragione. Suonare e giocare sono spelen tutti e due. Mi cascano le braccia. Lui mi aveva detto che ci aspettava dai bambini che giocavano, non quelli che suonavano.

"Hai ragione, ho capito, ma mi sono messa paura lo stesso e pure gratis e adesso è tardissimo e andiamo che devo lavorare e sono in ritardo MUOVETEVIIIIII".

Orso adesso si è messo lui a lanciare le palle al cane. Poi si rifuta di seguirmi. Poi fa opposizione passiva e lancia la giacca per terra. Poi mi incazzo io e lancio il sacchetto delle fragole per terra. Poi la crisi isterica viene a lui, per via delle fragole e io le recupero e lui si smuove.

Attraverso la strada urlando come una pazza in italiano dietro una famigliola felice nonni e nipoti che si vede che mi ignorano il più possibile, ma chiamerebbero volentieri la neuro. Orso piange per la metà di fragole che ho abbandonato nell'erba.

Poi è andato tutto benisimo, eh. Al corso ci siamo divertiti da matti, c'erano dei vecchi che ormai sono amici, e c'erano dei nuovi che spero lo diventeranno. E quando sono rientrata i reprobi erano stati messi a letto ma facevano ancora casino.

"Il punto è che tu sbagli a fidarti perché non tieni sufficientemente presente che sono dei bambini e che potreste non capirvi".
Io taccio e penso che la formulazione poteva essere più felice, ma che ha ragione pure lui. Oh, non ha torto nessuno qui, ma mi sfinisco io alla fine.

Difficilmente stamattina in bagno potevo dar torto al capo, ma tra lo scapicollarmi per fargli fare un'ora di parco al sole e uscire all'una per fatti miei, divertirmi da sola in santa pace al mercato e arrivare con calma al lavoro mentre loro marcivano in casa dietro al computer e il capo lavorava, onestamente, continuerò a lottare contro il tempo e a urlare per strada quando le cose vanno male. Perché insieme la maggior parte delle volte ci divertiamo pure.

È tutta una questione di traduzione insufficiente, in fondo. Per questo ultimamente mi diverto di più a fare lezioni di vino che traduzioni.

giovedì 25 marzo 2010

Addio

La bara di un bambino è sempre piccola, ma mai come il cucciolo che c'è dentro. Con i suoi occhietti chiusi, le guanciotte e l'aria distesa. L'orso giallo sulla pancia, qualche vagone del trenino intorno alla testa, e per terra la sua ferrovia di legno, il camion, i suoi libretti preferiti e un enorme palloncino di Cars che gli ondeggiava sopra.

E fiori bianchi e rossi ovunque, a parte il cestino di rose e fresie dai colori caldi dell'amichetta I., unica bimba presente.

Sono andata all'addio di Joakim e come prevedibile è stata una cosa straziante. Mai visti tanti olandesi tutti insieme a piangere. I genitori non c'erano, li vedremo domani al funerale. Pare (ma è sempre così difficile dirle o provarle certe cose) che forse bastava intervenire tempestivamente all'inizio per capire prima di che si trattasse. Non due mesi ad aspettare che passasse la diarrea senza fare neanche un'analisi del sangue.

Andare in ospedale constatare subito che è il fegato, che non è epatite, che non si sa cosa sia, e rimandarlo a casa. Con la maestra del nido che insiste che questo bambino non sta affatto bene e si vede, perché l'hanno dimesso e perché dicono che può tornare al nido?

Fondamentalmente quando alla fine è arrivato alla clinica specializzata che ha detto che ci voleva il trapianto, ed hanno organizzato tutto e trovato l'organo, niente, non ce l'ha fatta per un pelo. Ma anche se avessero fatto il trapianto, avrebbe risolto? Queste cose non le saprai mai, ma fa impressione, a me la fa tanto, sapere che gli hanno pure dovuto fare l'autopsia.

Se come genitore non ti fidi del tuo medico e degli specialisti, a che santo devi votarti? Puoi solo rinchiuderti in casa, tutti e tre abracciati, e cercare conforto nella presenza reciproca.

"Basta, basta, è troppo brutto, torniamo a casa dai nostri bambini" ha pianto la mamma di B. fuori nel parcheggio, mentre cominciava a piovere e tutto il gruppetto che abita vicino alla scuola è salito sulla bicicletta ed ha pedalato verso casa.

Io sono rimasta per ultima con Anja a firmare il registro delle condoglianze (ci scrivi nome e indirizzo) e quello dei saluti, che stava sul tavolo, un quadernino quadrato con una scatola di colori a spirito. Ognuno ha scritto su una pagina un saluto o un conforto in questi bei colori pastello.

Quando Anja è arrivata con la sua cucciola (un patema di 4 giorni, la porto, non la porto, è giusto, è sbagliato) le ho detto subito di entrare il prima possibile nella camera ardente, che secondo me non era impressionante per la bambina, ma magari di non soffermarsi in anticamera, perché secondo me l'avrebbero impressionata di più tutti quegli adulti tristi, che si abbracciavano e confortavano.

"Ho fatto bene" si è detta alla fine. I. fino a pochi giorni fa ancora ha giocato con Joakim e secondo sua madre vederlo ancora una volta le avrebbe spiegato meglio la situazione rispetto al vedere solo la bara domani. così è stato, lei ha bevuto il suo succo portatole dagli impiegati del centro lutto, ha pastrocchiato con il tatuaggio allegato appiccicandolo sulla carta invece che sulla mano, si è un po' dispiaciuta ma gliene hanno dati altri.

Anja oggi gli ha portato del minestrone. Mi sa che domani faccio una lasagna congelabile. Ci si consola con questi rituali antichi di solidarietà di vicinato.

(Poi, siccome la sfiga davvero non finisce mai, oggi ho saputo che un'amichetta di Ennio, che ancora è venuta al suo compleanno, sta in ospedale e le stanno facendo le analisi al sangue. Ed è meglio che sia anemia, se proprio devo dire come la penso. Ma anche no, preferisco un'allergia ai pollini. E di nuovo mezza scuola aspetta il verdetto sussurrandosi le ultime notizie di fianco alla pista di skate mentre i bambini ci corrono sopra).

E io che due giorni fa mi dispiacevo per il divorzio dei genitori di S. e tutto il dispiacere che stanno passando loro tre. Relativizzare, si relativizza tutto.

mercoledì 24 marzo 2010

Cerotti di parole per l'anima

Uno dei miei peggiori difetti nel commercio di società, ovvero socializzazione, è che tendo a lenire a parole qualsiasi situazione, o quanto meno a tirarne fuori un lato positivo, il barlume di luce in fondo al tunnel, la stella polare che brilla nella notte buia. Certe volte tocca tirarlo per le palle, che da solo il barlume di positività non è che sia tanto evidente, ma questa appunto è l'arte.

Una cosa estremamente irritante, ve lo dico subito, perché non c'è niente di peggio per chi soffre e si vuole sfogare (guarda caso, 9 volte su 10 con me) di avere a che fare con una che sta lì a stirare piegoline e tentare di raddrizzare invece di infierire sullo stronzo di turno.

Tu invece vorresti avere qualcuno che ti confermi che si, il tuo capo è uno stronzo irrecuperabile, e magari lo è perché la moglie, giustamente, ha smesso di dargliela, che come fai ad avere l'impulso romantico con uno così, meglio che si cuocia nel suo brodo (e lì se non sto attenta parto per la tangente in cerca di una qualità buona del capo stronzo o della moglie e mi distraggo dal momento contingente di sfogo dell'interlocutore in questione) e ti ritrovi a dover far caso all'elemento umano e da compatire del capo, quando quella che vorrebbe farsi compatire sei tu.

Una fatica, ve lo dico io. Per me che devo tenere a bada l'istinto lenitore di anime, che è una bestia selvaggia che non si fa domare, per l'interlocutore quello a sputarmi in faccia, che però magari la prossima volta si guarda bene dallo sfogarsi con me.

Per fortuna l'età e l'esperienza mi hanno portato a due conclusioni: che con le amiche che stanno facendo a pezzi il partner meglio tenersi sul diplomatico, che tanto dopo che le hai fatte sfogare ci si rimettono insieme felici più di prima e una parola di troppo e la stronza rovinafamiglie sei tu (che a me, detto sinceramente, non è che vada di sapere quante volte gli fa cilecca e come questo ti frustri, fatti l'amante o comprati un vibratore e siamo tutti più felici, le vorrei dire, ma sto zitta).

L'altra conclusione è che uno che si vuole sfogare si vuole sfogare e poi gli passa, ascoltare e star zitti è il miglior favore che puoi fare e io allora ci provo. Anche se mi verrebbe più semplice fare, tipo vuoi divorziare? Bene, mettiamoci a vedere le case in affitto, guarda qui, andiamo a vederla e quando vuoi che ti venga a traslocare? Ecco, io sono per il fare, ma ascolto pure.

Ascolto, cerco di dire cose sensate, e star zitta sul resto, e non sapete che fatica bestia che sia già di suo tutto ciò. Tranne che poi, zac, mi spunta fuori il cerotto per l'anima dalla tasca e se davvero mi volete bene portate pazienza e fatemelo usare, non è mai detto che non faccia bene ad entrambe se per caso tiro fuori quello giusto.

Come quella volta che per sbaglio, all'amica che si lamentava di un amante che a mio e di altre confidenti avviso andava messo alla discarica comunale subito, senza ripensarci, e lei invece oltre a lamentarsi dei suoi infiniti difetti le era venuta la fissa di sposarselo, per redimerlo meglio e non far torto alla propria rispettabilità, che queste donne italiane delle isole, veramente, cianno tutte la passera matrimoniale, anche con quello che non te ne dà e però ti tratta da zerbino. Se lo sposo cambia, pensi te e a me verrebbe di chiamare la neuro.

Insomma, invece di dirle che era uno stronzone psicopatico (era anche peggio, ve lo dico io) da abbandonare di corsa ed eventualmente far interdire, a me venne da dire che se lo sposava però incasinava l'eredita dei figli.

"Ma che c'entra, io faccio testamento".
"Si, ma lo sai che è cambiato il diritto di famiglia e a lui tocca la legittima, ed è successo spesso, eh, che lui è pure più giovane di te e non per portarti sfiga, ma mettiamo ipoteticamente il caso che lui resta a vivere in casa tua anche se ai tuoi figli toccherebbe la loro parte, e tu intanto buttalo fuori, poi magari si risposa e fa altri figli e alla fine casa tua va a quelli, hai voglia a fare ventanni di processi. Però fai come vuoi, se te lo vuoi sposare sposatelo".

Io ero disperata da tre ore di telefonata a vuoto che l'amica è buona e cara ma è fatta così, se ti becca al telefono è la fine e io non sapevo più a che vetro arrampicarmi che il pomeriggio era andato, la traduzione aspettava, i figli andavano ritirati dal'asilo e non avevo idea di cosa cucinare.

"Cavolo, fammici pensare sopra che mi informo". Poi lo lasciò entro pochi giorni.

"Sei un genio," fece l'altra amica confidente che erano settimane che cercava di dirle che uno manesco, nullafacente, che le si piazzava in casa e la buttava fuori dal letto peché lo disturbava nel sonno e lei raggomitolata sul divano, sesso nulla, ma quello è il meno, intimitàaffettococcole zero, lo doveva lasciare di corsa a costo di chiamare la polizia per farlo buttar fuori la prima volta che sclerava e minacciava, "Il diritto di famiglia, come ti è venuto in mente?"

Non lo so, mi esce così.

Adesso ne ho scoperto un altro così in famiglia.

Perché ieri al doposcuola mi sono trovata davanti un aut aut, S. viene a dormire da noi. A me fa piacere, erano un paio di giorni che svicolavo un po' perhé mi scordavo di chiamare sua madre, un po' perché sono presa dai lavori. E ieri avevamo già deciso che il capo si arrangiava con un panino e io andavo con i bambini all'IKEA, prendevo i pezzi di ricambio che servivano, mangiavamo lì e saremmo rientrati a casa e andati a letto senza passare dala cucina in cui si sta asciugando la vernice del tavolo.

Telefono al padre, telefono alla madre ci mettiamo d'accordo, tornando dall'IKEA passiamo a prendere le sue cose che la sua sorellona grande, quella che ha iniziato medicina ma è troppo difficile per lei e allora passa a farmacia ("Fa l'uni-ver-si-tà", "E cos'è l'uni-ver-si-tà?") scende a portarci in macchina, gli fa una supermegacoccola e promette di non dire al padre che abbiamo mangiato patatine e bevuto coca.

"E se poi glielo dice?" fa Ennio.
"No, mia sorella non mi tradisce mai".
"Ma adesso che fa l'università abita sempre con voi o sta da sola?" mi impiccio io.
"No, lei abita con suo padre, mia mamma e suo padre sono divorziati. Ma adesso anche mamma e papà stanno divorziando".
"Mi dispiace".
"Ma perché?" fa Ennio. Orso tace ma ascolta tutto, che non lo so.
"Perché litigavano sempre".
"Ah" fa Ennio riconoscendo un terreno noto, "come voi?" ancora si ricorda le urla di un paio di settimane fa.
"Si, ma loro si facevano proprio la guerra, era una guerra, litigavano e io cercavo di farli smettere, smettetela, gli dicevo".
"Peccato".

Io non so cosa dirgli a questo bambino, che voglio bene a lui, mi piacciono i suoi, mi piace la sorella.

Vorrei dirgli che delle volte proprio perché i suoi si sono voluti molto bene, poi la vita, le rogne, il lavoro ti stancano e finisci a litigare ma litighi in nome del bene che ti sei voluto e che forse pensi abbia tradito le tue aspettative. Che ti risposi neanche più giovanissimo, e fai un bambino a cui vuoi un bene dell'anima, e hai una casa splendida, e un lavoro che ti piace, e degli amici e degli hobby e pensi che sarà sempre così e che sarete felici insieme, e poi non lo è e ti ritrovi da solo, daccapo, e bisogna dare la colpa a qualcosa, ma delle volte è solo la vita.

Vorrei dirgli tutte queste cose ma temo di essere fuori posto.

"Però, fa Ennio, "se adesso che divorziano trovano qualcuno e si risposano tu hai un nuovo papà o una nuova mamma".
"Già, si rasserena l'amichetto "in effetti le mie sorelle sono le mie mezze sorelle".

Non so come ma la nuvola è passata, si rimettono a cazzeggiare tra loro.

Figlio mio, tanto per tornare al diritto di famiglia, io non credo che potrò lasciarti molto nella vita, ma una cosa ce l'hai già: la scatola di cerotti per l'anima in dotazione. Fanne buon uso pure tu, che nella vita è importante anche quella.

lunedì 2 novembre 2009

Non mi ricordo, no, non mi ricordo

Sarà un annetto e mezzo che mi sto godendo davvero profondamente i miei figli. Nonostante il trasloco infinito con tutti gli annessi e connessi, nonostante le varie botte di depressione che ho avuto in pieno inverno scorso (winter-blues) e in piena estate (terremoto-blues).

Secondo me è cominciato un po' prima, quando dopo cinque anni insonni mi sono accorta che riuscivo a dormire ben quattro ore per notte ininterrotte, e quanto questo mi facesse bene. Non tanto a energie recuperate, quanto proprio a lucidità di pensiero ed azione.

Ed il culmine l'ho raggiunto quando Ennio ha imparato a leggere, Orso a fare i giochi da tavolo ed entrambi a giocare a carte. Cavolo, finalmente possiamo fare insieme le cose che interessano anche a me. Tipo cucinare, o spiegarci scientificamente il mondo.

Però, cosa ci facevo io prima? A me sembra che ho passato gli anni in cui erano piccoli a trascinarmi esausta in giro. Non è vero, ovviamente, ballavamo e facevamo tante cose. Ma chissà perché il velo grigio di quella che credo fosse una seria depressione postnatale con Ennio, copre un po' tutto.

9Oh, il dubbio che la mia iperattività e relativa stanchezza, come ho già detto, mi è venuto al secondo richiamo della vaccinazione di orso, leggendo un poster al consultorio che elencava sintomi vari. Tra cui quello della stanchezza, che io mi curavo a vitamine, agopuntura e respiro, am diciamo la verità, non so con quanto successo.

Come mi disse una volta Betta, la mia coach di respiro: checché tu ne pensi sei un'ottima madre e siccome è un ruolo che ti sei suonata e cantata interamente da sola, ti ci trovi proprio bene.

Insomma, io so di essermeli anche goduta questi figli e di averci fatto cose bellissime per loro, anche se trascinandomi tra senso del dovere e senso di colpa perché io proprio non mi divertivo.

Però, quando e dove e perché me li sono goduta, io mica me lo ricordo. Meno male che a volte l'ho scritto. Perché io vivo per interposta pagina scritta, evidentemente.

Tutto questo mi è venuto in mente vedendo negli ultimi mesi alcune amiche fare figli e vedendo come reagiscono a questi neonati. Loro si fanno tante risate. E io?

No, proprio non me lo ricordo.

domenica 4 ottobre 2009

Come perdersi un bambino al Nemo

Questo weekend, nell'ambito del mese della scienza, Nemo era aperto gratis ed ho deciso di portarci le belve, pensando che avrebbe fatto bene anche a me staccare dal casino di casa. Anche se per strada ero nera all'idea di tutto quello che avrei potuto fare se avessi lavorato un paio d'ore prima di uscire.

Perché si sa come va, l mattino ha l'oro in bocca, i bambini invece una volta che rientri ti hanno distrutta e si fa più fatica a metter mano ai lavori, e adesso imbunisce presto ecceterà eceterà.

Poi ci raggijungono gli amici e tutto diventa più facile e piacevole, anche se sempre una faticata, signora mia. Alle 13.25 decidiamo di andarcene. Strappo Orso alle bolle di sapone, gi dico che andiamo e di aspettarmi lì mentre strappo il fratello, tempo 30 secondi ed era scomparso.

Ve la faccio molto breve, l'ho ritrovato 45 minuti dopo fuori, immobile e congelato vicino alle biciclette, perché ovviamente era uscito senza giacca. Gli dico usciamo, lui esce, elementare Watson.

Ora, quello su cui ho molto da dire è l'organizzazione del Nemo, che è un museo della scienza e della tecnica costruito apposta per i ragazzini, su come gestire queste cose. perché se sei una struttura per un pubblico infantile, un bambino che si perde ogni tanto lo devi mettere nel conto.

Per esempio Artis, lo zoo, per dire dove si è perso Orso l'ultima volta, ha un posto di guardia vicino all'uscita in un gabbiotto da cui tengono d'occhio la stessa, e chiunque, dalla singora che pulisce i bagni all'addetto alla cassa sa dirti che se ti perdi un bambino devi andare subito lì.

Vado dalla sorvegliante del primo piano e piena di fiducia le chiedo (dopo aver cerato io per un buon quarto d'ora vicino a tutte le attrazioni che lo avevano colpito per vedere se non fosse lì):

"Ho perso un bambino da un po', da chi bisogna rivolgersi da voi in questi casi?"
"Vada al bancone giù che le fanno un annuncio".

Sono passata per cinque persone, la maggior parte ragazzini a cottimo, a tutti e cinque ho raccontato la storia, tutti e cinque hanno detto di star avvertendo la persona che avrebbe fatto l'annuncio, a tutti e cinque ho spiegato che è un bambino di cinque anni e per favore dirgli che mamma lo aspetta giù vicino alla scala grande.

A un paio ho proposto di farlo fare a me l'annuncio, così riconosceva la voce, ma non si può assolutamente (perché? Boh, non me lo hanno spiegato). Diciamo che altri 5 minuti in cui avrei potuto cercarlo li ho persi appresso a questa gente.

Alla fine indico la mia amica accampata con gli altri bambini tra l'ingresso e la scala e ricomincio a cercarlo. Qua e là, nei vari bar e attrazioni, ogni volta che vedo una persona in divisa ripeto la storia e chiedo di avvertire giù se vedono un bambino con l'aria persa. Tutti mi dicono di rivolgermi sotto al bancone.

Poi sento l'annuncio, come tutti gli annunci degli altroparlanti in posti grandi e affollati comprensibile come una poesia d'amore sussurrata all'orecchio al risveglio:

"Orso Diga è pregato di recarsi al bancone della cassa per informazioni".

Fantastico, adesso qualcuno mi spiega come, ammesso che abbia sentito il proprio nome, un bambino di cinque anni capisca dov'è la cassa, che oggi è gratis e manco ci siamo passati, e soprattutto il bancone e le informazioni come me le traducono. e pensare che ho detto tanto bene per cinque volta: mamma, giù, scala grande. Più chiaro di così.

Continuo a cercare, il capo viene, Gina chiama suo marito per portarsi via i bambini e darmi una mano, arriva un'altra madre della scuola che lo conosce e viene subito allertata, se lo vede spedircelo sotto.

Poi Gina ha un'idea geniale, e mi indica le telecamere spra alla porta:
"Non si potrebbero guardare le immagini, tanto per capire se è uscito?"

Il sottotitolo non detto è: per vedere se è uscito con qualcuno?

Torno al bancone, respiro profondamente e con il tono più calmo del mondo (perché in tutto questo giro ho pure beccato l'addetto che mi ha fatto notare che non mi stavo rivolgendo a lui con il tono giusto) chiedo:

"Ma c'è un responsabile oggi (della serie: posso parlare con un vero adulto che sa e decide qualcosa? Che ne so, quello che ha le chiavi, o che si occupa della sicurezza?"

"La bimba con lócchio glauco e limpido mi fa:
"Ma veramente della sicurezza ci occupiamo un po' tutti"

Chiamate l' esercito, la guardia civile, i marines e i granatieri di Sardegna, per favore, o prendo un mitra e sparo.

"Si, ma io mi riferisco a qualcuno che può metter mano alle immagini delle telecamere e comunque ora sono davero preoccupata perché è passato troppo tempo, quindi fra 15 minuti telefono alla polizia".

Alla fine mi torna la tipa mia coetanea, che dopo 5 minuti mi recupera anche un tizio responsabile degli annunci, gli chiedo di rifarlo in termini comprensibili da un bambino, oppure di farne uno ai colleghi chiedendo di dare un occhio se notano un bambino dall'aria spersa (ma la sanno riconoscere l'aria spersa questi pischelli?)

"Ha provato a vedere fuopri?" mi fa la tipa.
"No, perché volevo tener d'occhio la porta finché non abbiamo controllato bene dentro, ma se mi ci butta lei un'occhio adesso vado".

Esco e mi guardo tutti i pontili e le barche. Tiro fuori il telefono e faccio il 112.

"Il numero da lei chiamato non esiste".

(C'è da dire che venerdì è morto il display del telefonino quindi i numeri li faccio alla cieca).

Rifaccio il 112, mentr continuo a girare per quei ventosi pontili intorno al Nemo. Segnale libero.

Tuut. Tuut. Tu- eccolo vicino alle bici. Serio e immobile.

"Amore, ti abbiamo cercato dapertutto, che paura, ti sei messo paura?"

Mi viene in braccio e piange piano.

Torno dentro ad avvertire che è tornato e immediatamente nel walkie talkie c'è: avverti tutti che Orso è stato trovato.

Poi gli regalano un minerale da martellare fino a che non compare la pietra che c'è dentro. Poi ci mangiamo gli hot dog e le patatine e io mi faccio una tisana di anice stellato.

Poi chiamiamo papà che non deve più venire.

Poi andiamo a fare il giro della nave dei pirati ormeggiata fuori.

Poi telefoniamo a papà che è meglio che ci venga a prendere al traghetto, che per oggi ho già donato.

(Poi ho litigato con il servizio clienti del media Market perché non può essere che un telefonino comprato due settimane fa e Nokia per di più sia inutilizzabile. Mi propongono una riparazione che può durare dalle 3 alle 5 settimane, ma non uno nuovo. Poi con il capo ci siamo ricordati che l'ultima volta che ci abbiamo comprato un lettore dvd che non funzionava la riparazione è durata 8 mesi, ci hanno dato un altro dvd usato che non funzionava che ci siamo tenuti con il risultato che i bambini hanno sviluppato un orecchio fantastico per l'inglese, visto che il telecomando non ha funzionato finché non abbiamo comprato un altro lettore, altrove.)

Per dire, fino alla fine dell'anno la mia dose di sfighe l'ho avuto (è il secondo Nokia che mi muore da aprile) se adesso non cominica ad andare tutto bene mi vedrete sclerare.

E pensare che mi compiacevo quest'anno con me stessa che rispetto agli altri settembre ero meno stressata del solito. Decisamente non ci si può mai adagiare.


Adesso non ho più neanche posto per il panico da quanto sono incazzata.

E meno male che proprio ieri al negozio turco in svendita mi sono comprata la palla apotropica con gli occhi scacciajella. Mi sa che la devo appendere.