mercoledì 30 gennaio 2008

Mal di orecchie

Non so se sia stato l'allattamento al seno, l'haptonomia in fase prenatale o puro e semplice culo, fatto sta che i miei mostri non si ammalano mai o quasi. All'inizio ero io che mi ammalavo per loro, portatori sani di germi dall'asilo nido. Una volta hanno avuto la varicella, ma quella mi sembra quasi inevitabile, e una volta Ennio l'otite, ma stavamo facendo il viaggio in macchina per l'Italia e ce ne siamo accorti in Emilia Romagna. A San Benedetto del Tronto ci siamo precipitati dritti dritti all'ambulatorio dell'amico d'infanzia Oscar ora pediatra, che me l'ha riempito di antibiotici e ancora mi dispiace per questo.

In genere quello che succede sono gran febbroni che gli passano dormendoci sopra, magari nel lettone. Un culo, ve lo dico io.

Stanotte Ennio, che evidentemente risente dell'epidemia di tutto che ha colpito la sua scuola, arriva nel lettone piangendo per il mal d'orecchio. Ahi, questa è rognosa. Il povero soffre, gli metto la supposta e urla offeso (e in più non gli passa il dolore, ergo mamma ha mentito), googolo e non trovo di meglio della goccina d'olio caldonelll'orechio che sapevo anch'io, ma nulla, leggo di un impacco steineriano di cipolla dietro l'orecchio, mi consulto con lui, che rifiuta.

Passiamo la notte a trascinarci dal lettone al lettino, una volta vuole stare da solo, l'altra rientra, poi mi chiama che vuole l'acqua, poi vuole il lettino ma con me, poi si sveglia il fratello che spedisco dal padre, insommma, stamattina ero uno zombie. lui resta piantato nel lettone, coccole, dormite e un paio di cartoni del Wilcoyote su youtube, spero stanotte mi dormi.

E qui casca l'osservazione interculturale: chiamo il medico e l'assistente mi dice che prima di tre giorni non ha senso portarlo, perché l'antibiotico non possono prescriverlo, bisogna vedere come decorre. mi compatisce, sa come sia difficile aspettare con un bimbo che piange, mi dice di dargli paracetamolo, goccine analgesiche e spray per il naso, che delle volte allevia la pressione sull'orecchio. E di portarlo fra tre giorni se non passa. Ora, a vedere come mi dorme, secondo me fra tre giorni gli è bello che passato.

Mio suocera, medico del consultorio per bambini fino a 4 anni, conferma tutto, lo coccola telefonicamente, e osserva: "Lo so che in Italia magari ti avrebbero già dato l'antibiotico".

E lì ha perfettamente ragione. Io non sono per principio contraria agli antibiotici, ma noto il circolo vizioso negli altri: glieli dai una volta e ti ritoccano tutti gli anni. Per cui sono contenta di vivere in Olanda dove i bambini li si fanno, le politiche a favore delle famiglie funzionano e dove la parentalità viene vissuta senza inutili isterismi.

Invece io ho passato una notte e una mattinata a coccolarmi il mio mostro, che con le coccole e il sonno si cura da solo e chissà, magari, come dicono in inglese it builds character, gli si forma il carattere.

No, poveri figli miei, vostra nonna materna ha torto: mi sa che faremo tanta fatica a farvi diventare dei mammoni viziati. Il sistema bimbo a casa nostra pare funzionare bene, adesso il sistema Italia, forse, un giorno, quando avrete la maggiore età e vi toccherà scegliere la nzionalità.

domenica 27 gennaio 2008

Chi si ricorda il numero di mio nonno?

Il mio nonno paterno ricordo di averlo conosciuto di persona consapevolmente quando avevo circa 4 anni. Lui viveva in Polonia e avere il visto allora non era semplice. Però quell'estate lui venne in Italia a trovarci. Ricordo che mi ha portato un costume bellissimo da krakowianka, con un fantastico corsetto ricamato di paillettes, e il diadema di fiori di carta.

Mio nonno era bellissimo, assomigliava a Paul Newman. Aveva sempre un pettinino nella tasca dei pantaloni per rimettersi la riga in ordine e d'estate portava camicie bianche con le maniche corte. Per questo la cosa che mi è rimasta più impressa di quella prima visita, è che mio nonno aveva un numero blu di tante cifre tatuato sull'avambraccio.

Poi, anni dopo, mia madre mi ha spiegato bene cos'era. E io per anni mi sono letta tutto quello che potevo sull'ebraismo e la Shoah, perché credevo che fossimo ebrei. E anche se sapevo che non era così, con il poco che si conosceva della Polonia e dei paesi dietro la cortina di ferro nell'Italia degli anni '70, almeno quello mi dava un minimo di senso di appartenenza a qualcosa di distante, ma mio.

Mio nonno era una sagoma: estremamente ansioso, camminava sempre di fretta, spronava tutti, aveva il terrore che ci perdessimo se andavamo al bosco dello zoo di Cracovia. Da bravo ragazzo di città aveva quest'idea che nei boschi bisognasse usare il richiamo "Hop hop hop". Una volta che ci siamo finti persi e ritrovati nel bosco dello zoo, ricordo che ci rimproverava: "Ma perché non avete chiamato? Perché non avete fatto hop hop hop?", tutto arrabbiato.

Mio nonno si è fatto tre campi ed e pure tornato a casa, alla faccia degli alleati. Che quando gli inglesi sono entrati a liberalrli, c'era un'epidemia di tifo e la soluzione migliore che è venuta in mente ai liberatori è stata di mandare a casa chi stava bene e lasciar crepare chi era ammalato, per non trasmettere il contagio. Mio nonno è rimasto per curare il suo amico e riportarlo a casa. Il suo amico era un ragazzo del suo quartiere che lavorava in cucina, e quando poteva, a rischio di essere ammazzato, nascondeva per loro le bucce di patate. Si sono aiutati a salvarsi.

Queste cose lui non le ha quasi mai raccontate. Poi il suo amico ha scritto un libro di memorie in cui parlava anche di lui e così i suoi figli hanno saputo qualcosa.

Un paio d'anni prima che morisse ho passato un inverno dai miei nonni a Cracovia, a tentar di studiare russo alla UJ. Così ho potuto conoscere meglio, e da quasi adulta, questi miei nonni lontani che ho sempre visto troppo poco. Mio nonno continuava a camminare a lunghi passi frettolosi. E un giorno, mentre tornavamo a casa con la spesa, gliel'ho detto:
"Ma dai, chi ci corre dietro, facciamo un attimo con calma", sorridendo perché gli voglio bene e anche a me piace camminare a lunghe falcate frettolose. Ma senza esagerare.

E lui si è fermato, mi ha guardata in faccia e mi ha detto:
"Sai, quando ero al campo, ogni mattina ci mettevano in fila per l'appello, e ogni mattina ne tiravano alcuni fuori dalla fila a caso e gli sparavano un colpo alla nuca lì, dove si trovavano. Io per quattro anni, ogni mattina non sapevo se sarei arrivato vivo a sera. Per questo non posso fare con calma, non ci riesco."

Dàgli torto.

E adesso lui non c'è più, oggi è il giorno della memoria, e io mi chiedo: ma c'è qualcuno che se lo ricorda, il numero di mio nonno? che mi piacerebbe tanto saperlo.

sabato 26 gennaio 2008

Compleanno al Bazar

Che a me l'idea di far passare un compleanno senza fare una festa fa davvero soffrire, che la vita è breve, e anche se le feste si fanno benissimo senza scuse, quando poi la scusa ce l'hai e buona, è un peccato lasciar perdere. Ma stavolta ho lasciato perdere in blocco la festa per Ennio, che già gli ho organizzato la festa con 7 bambini grandi come lui a fare un quadro con la maestra di pittura dove ha fatto il corso lo scorso anno, e chiaramente volevo fare una torta con the a casa per gli amichetti piccoli, quelli i cui genitori stanno simpatici pure a me.

Ma per fortuna ho lasciato perdere. Abbiamo festeggiato in famiglia, all'ultimo momento anche i nonni hanno lasciato perdere.

Allora stamattina è ricominciato il corso di pittura, che di fronte la nostra isola c'è un vecchio magazzino portuale riadattato ad atelier, e in questi atelier ci lavorano un sacco di creativi, alcuni ci pure abitano e c'è Marianne Wagemaker che organizza questi bei corsi, vorrei farne uno anch'io a volte. E abbiamo scoperto stamattina che al corso ci vengono altri due bambini che Ennio conosce ed erano tutti contenti di ciò.

Poi siamo andati a prenderli con i loro sbaffi di colore addosso, siamo saliti sul tram 25 che ci porta dritti al mercato, siamo entrati nel mercato preferito di mamma, che è l'Albert Cuyp, siamo entrati nel negozio di giocattoli di legno, che di solito c'è una signora quasi anziana tanto caruccia, oggi invece ce n'era una che si seccava se i bambini prendevano in mano le cose o facevano rumore o ci mettevano tempo a decidersi, e faceva tactactac con una monetina sul bancone, che sembrava il mio vecchio prof di latino, Mario Montebello, che anche lui faceva tactactac con la fede mentre noi facevamo le versioni alla lavagna, ma lui era in fondo un sant'uomo. Che pure il capo ha pensato tra sé e se', ma se ti scocciano tanto i bambini, proprio un negozio di giocattoli dovevi aprire, ma lui non sapeva che di solito c'è la signora caruccia e non questa qui che davvero non so da dove è uscita.

E poi siamo andati al Bazar a pranzare. A me il Bazar piace tanto e ultimamente l'ho proprio scoperto come posto ideale per andarci con i bambini. Che una va al mercato trascinandosi una o più belve che non sempre hanno voglia di assecondare, e spesso piove e tu ti trascini belva e acquisti per questo mercato lunghissimo, e anche se ci sono tanti localini carini tu ne vorresti uno dove rilassarti in compagnia dela belva, che se non ti stressi tu e non stressi lui a forza di dire, siediti, non toccare, non dare fastidio alla signora, mangia, allora è proprio bello portarsi i bambini al mercato, che poi passiamo davanti al girarrosto dei polli, e loro si fermano a gardare, ed Ennio oggi non voleva andarsene e diceva con aria rapita "aspetta un attimo, voglio solo annusare" facendo sorridere tutta la fila dal pollaiolo specializzato in selvaggina e carni anomale, e poi mentre ci allontanavamo diceva: "Mamma, che profumo buonissimo" mentre io pensavo che di uno di quei polli lì ho ancora tutte le parti molli in casa, che l'abbiamo comprato ieri perché l'ha visto Orso, ma proprio tu, quoque fili mi, ti sei rifiutato di assaggiarlo, e io e Orso ce lo siamo disossati e sgranocchiati, che a lui una zampa da rosicchiare piace da quando aveva 10 mesi.

Però dicevo del Bazar. Il Bazar una volta deve essere stato una chiesa o una sinagoga, non uno di questi locali micro che ci sono ad Amsterdam, 5 tavolini e un bancone, che arrivi dal mercato e non sai dove mettere le buste, ma bello grosso, con una balconata di sopra, una parete di fondo tutta ricoperta di bellissime piastrelle e un montacarichi postmoderno con tutti pannelli di plexiglas colorato che è il miglior amico di Orso, che sale sempre sopra a farsi un giretto e a salutarlo. E sotto, un po' in disparte vicino alla cucina di sotto, che c'è né una anche sopra, un angolino con 5 tavolini, un TV messa sui cartoni e una cassa piena di giocattoli. Che io posso sedermi con calma, ordinare qualcosina che mi ispira, dare persino appuntamento alle amiche e poi ritemprata recuperare figli e acquisti e andarcene verso il tram 25 che ci porta vicino casa.

Prima di farci il Bazar, lì c'era il South Miami Plaza,, ma sto parlando del 1994, che vendeva musica, poi ci hanno fatto il caffé dell'Angelo, ma non è durato molto, e adesso Bazar, che originariamente era nato a Rotterdam, e lì c'è ancora, ma l'unica volta che ci abbiamo mangiato che al film Festival davano un corto ui abbiamo partecipato in svariati modi tutti noi Quelli di Astaroth, ma il Bazar Rotterdam non era grnaché, sono diventati famosissimi e se la tirano.

Il Bazar di qui invece è molto carino, sta aperto fino a tardi che è la nostra unica salvezza senza prenotazioni per il dopo teatro, teatro quando ne facciamo noi, intendo, che il nostro stabile è lì dietro, ma in genere tra mettere a posto, rivestirci e cagarci un minimo i fan, facciamo sempre le 11:30, con una fame boia e non sappiamo mai dove andare, a meno di non aver prenotato dall'assiro, che oltre a essere gentile e simpatico ha questi figli e nipoti bonazzi. Però a furia di andarci ho notato che anche al Bazar lavorano un sacco di bonazzi dall'aria mediorientale, o come si dice politicorrecticalmente qui ogni volta che c'è qualche schifìo a opera di Marocchini e co, "Il sospettato aveva un aspetto mediterraneo".

Oggi quindi, compleanno di Ennio al Bazar con cartoni, bonazzi, cosine buone, featuring papà, courtesy of himself.

Poi alla fine i mostri si sono mangiati una mezza scrippella al miele e frutta in due, gli spiedini di pollo li hanno assaggiati ma ho potuto finirmeli io, tanto buon pane, mentre noi ci godevamo taboulè, falafel e un' insalata iraniana di yogurt e spinaci, una specie di zaziki. Io ho preso la mia solita minestra tunisina al pesce, l'unica cosa, decorata con uno spettacolare gamberone di fiume che dal sapore era di quelli comprati lessati e congelati e che non sanno di nulla. Un ulteriore giretto in centro per un paio di commissioni, poi, con orario di scadenza raggiunto in cui i mostri litigavano, rognavno, si buttavano per terra, siamo risaliti sul 25 e siamo tornati a casa.

E adesso vado ad assemblare la torta, che forse passano gli amici preferiti per mangiarla insieme.

venerdì 25 gennaio 2008

Pazzi tranquilli

Mio padre aveva cara questa espressione: pazzi tranquili. Gente che in generale sembr normale, tranquilla, che eventualmente si gode pure la vita, ma hanno qualcosina, un twist, che se te ne accorgi sai per certo che sono dei pazzi tranquilli.

E ci sono anche i pazzi tranquilli assolutamente inequivocabil. Pure simpatici, a volte.

E Amsterdam è uno di quei posti sul pianeta che deve avere le vibrazioni giuste, l'elettromagnetismo, che ne so, perché ce ne sono qui di pazzi. Pazzi standard e pazzi tranquilli pure.

Mio marito, secondo me, ne ha sposata una, non ci giurerei, ma sospetto di si.

Per dire che oggi sul tram con Orso, che dovevo andare a parlare con una tipa simpatica che vuole imparare l'italiano durante un corso di cucina, e io ho inventato anni fa un programmino all'uopo, e loro hanno una splendida cucina nello studio di architetto del marito, che guarda caso sta a manco 50 mt. dal nostro teatro stabile, dicevo, con Orso a spasso sul tram per andare a vedere la cucina, che poi siamo andati al mercato, al caffé Bazar e lui si è voluto comprare un mazzone di giacinti e tulipani, e faceva impressione un bambino cosi piccolo abbracciato a una mazzo di fiori grande quasi come lui, che felice come una pasqua camminava per il mercato, dicevo, all'andato ho intravisto dal finestrino del tram il pazzo tranquillo floreale.

Che deve proprio essere questo, spring is in the air nonostante il ventaccio becco di questi giorni che non posso quasi andare in bici, però per esempio nell'aiuola della scuola stanno spuntando dei crochi gialli.

Perché dal tram ho visto camminare sul Rokin, bello tranquillo senza un pensiero al mondo, un signore di mezz'età con un vaso di ciclamini veri in equilibrio sulla testa. Camminava per fatti suoi in direzione del Dam, ed era così bellino e floreale.

Almeno sembravano ciclamini quelli non proprio fuxia ma un pochino più rossi. che li o visti dal finestrino del tram e non ci giurerei la testa dei miei figli. Ma quella di qualcun altro si.

Compleanni olandesi part 1

Oltre a Sinterklaas l'altra grande festività obbligata in Olanda sono i compleanni. Una palla. Ci si siede tutti in circolo sulle sedie lungo il perimetro della stanza, ogni nuova persona che viene fa il giro del cerchio per stringere la mano e presentarsi a chi non conosce e salutare tutti gli altri (e capisci che a uno che per la 12esima volta in due minuti sento dire "Jaap, piacere", tutto mi viene da dirgli, anzi proprio un sacco di cose, ma non rispondere "Piacere, Barbara". Allora mi mordo la lingua e abbozzo, che qui il mio senso dell'umorismo è sprecato). Poi che c'entra, alle feste dove vado io mi conoscono già tutti, se non di persona almeno per sentito dire. Ma non è che ci vada poi spesso, alle feste di compleanno.

Mangiare, non si mangia granché, il caffé è quello che è (il the peggio), la torta, se poi c'è, non capisco mai quando la servono e di solito è che nel momento che vado in bagno. la gente si prende le misure parlando del proprio lavoro ed eventualmente della propria casa (e relativi mutui e assicurazioni). Perché in questo paese è un grosso tabù chiedere quanto uno guadagna, però poi basta chiedere dove abita e chiarirsi se è affitto o proprietà e ti fai un'idea precisa come una valutazione dell'ufficio imposte. Un sacco di gente si è sentita in dovere di fregarmi soldi semplicemente perché credono che la casa in cui vivo è di proprietà (no, lavoro per pagare l'affitto e non vedo l'ora di comprar casa, restare incinta e fare la casalinga appagata. Ma per ora non ci riesco).

Però si chiacchiera, si vede gente. Si canta "In de gloria" per il festeggiato. Si paragonano mutui e assicurazioni. Talvolta le scuole dei figli. Cose così.

Il mio primo trauma culturale in Olanda era la gente (studenti) che mi raccontavano beati di avere un ottimo rapporto con i propri genitori che vedevano quel paio di volte l'anno per i compleanni. Grazie tanto, così son capace anch'io di andare d'accordo con chiunque. Ma all'epoca mi sfuggiva proprio il peso del compleanno.

Per fortuna la maggior parte dei miei amici sono stranieri, quindi si mangia bene e ci si diverte, non abbiamo bisogno di berci sopra per scaldare l'atmosfera, e prendiamo in giro gli olandesi presenti o parliamo male di quelli assenti. In inglese`è una nota pratica che si chiama Dutch bashing. Terapeutica.

Allora, la mia disgrazie è che mi sono maritata in una famiglia che ha sempre figliato durante le vacanze. Quindi tra metà gennaio e metà marzo abbiamo 6 compleanni, di cui tre a mio carico. Quelli dei bambini raddoppiano per via della festa a scuola. Me invece, a giugno che sto per partire per le vacanze e sono ancora più schizzata, niente, le feste non me le organizza nessuno.

Ora, io da 5 anni a fine marzo vado in scena con un gruppo teatrale italiano, quello che mi tiene sana di mente a queste latitudini. Prove nei weekend, che durante la settimana si lavora per vivere e si lavora alla produzione. E all'inizio di marzo faccio la giullare di corte a un evento italiano per finanziare le spese dello spettacolo. Per dire, lo scorso anno a una mia conferenza su Magia e superstizione in Italia mi sono stati a sentire immobili per oltre un'ora e mezzo e non volevano mandarmi più via. Che gli avrò detto mai?

Quindi a me da gennaio a marzo non mi parlate di compleanni che sono una iena. Peccato, perché organizzare feste mi piace. L'anno scorso ho avuto in casa 22 bambini per tre ore, cosa inaudita da queste parti, in cui al massimo inviti tanti bambini quanti gli anni che compi. E possibilmenti fuori casa. L'unica mossa geniale del festeggiato è stata quella di invitare personalmente la sua amata maestra, vicina di casa e con le figlie amichette di asilo. Che a un certo punto, mentre tentavo di intontirli con la torta e salivo e scendevo per 5 piani con bichieri, piattini e cose varie, ho sentito un improvviso silenzio ed ho pensato a una disgrazia.

No, era la santa Colinda che se li era messi tutti intorno e gli stava leggendo un libro. Grazie a ciò la torta siamo riusciti a servirla senza incidenti. Nel frattempo anche lei si e trasferita fuori Amsterdam per poter comprar casa, quindi quest'anno la mossa non posso ripeterla.

Ma la cosa peggiore per la povera Mammamsterdam solo i compleanni a scuola. Di cui parlerò nella Part 2, domani, quando ne sarò sopravvissuta.

mercoledì 23 gennaio 2008

I miei sex-shop preferiti ad Amsterdam

Io lo so che uno si legge il blog di una che scrive da Amsterdam e qualche volta vorrebbe anche avere una dritta da local, che so, su un coffee-shop, per esempio. Ecco, quella è una di quelle cose che non ho mai fatto, entrare in un coffee shop. Mi dispiace.

Però sui sex-shop e negozi di vestiti kinky nel quartiere a luci rosse sono più informata. È il pregio di fare giornalismo e teatro, vai a finire in posti in cui di tuo magari non ci andresti. Per dire, quella volta che l'amica di infanzia timorata di dio e venuta in viaggio di nozze ad Amsterdam quando ancora non ci abitavo, anni dopo mi raccontva di essere stata a un live-show a Casa Rosso, chiedendomi se c'ero mai stata anch'io, ecco, io mi ero quasi offesa. Ma ti pare che vado in certi posti nella mia città, ho pensato, però è vero che i viaggi di nozze fanno tanto, al nostro, che è stato 6 settimane di back-packing in Australia mi pare che a Sidney eravamo finiti in un ostello vicino al loro quartiere a luci rosse. Ma i live-show, no mai, che ho già due figli maschi che in momenti alterni hanno la fase del pisello al vento e simili e non se ne può più. Live-show ne trovo quanti ne voglio, se guardassi più attentamente in giro.

Dicevo dei sex shop e del kinky. Oggi, per esempio, con il mio regista preferito siamo andati a farci un giro per orientarci sui costumi della "Signorina Papillon", il nostro nuovo pezzo teatrale (e chi vuole seguirne un po' la genesi, altrimenti detta the making of fra un po' può guardarsi http://www.lasignorinapapillon.blogspot.com, su cui trasferiremo contenuti e seguito attualmente su www.signorinapapillon.splinder.com).

Prima da Cora Kemperman, negozio di vestiti bellissimi e che non c'entra niente col kinky, il mio preferito perché è la cosa low-cost che più si avvicina allo stile del mio idolo fashion Issey Miyake. Solo che la Cora disegna vestiti per le culone dalle spalle e tette piccole, ovvero le cosiddette donne a pera, e io sono esattamente il contrario, mi entra poca roba della sua. Però tra le cose in saldo avevo visto un vestitino stile vispa Teresa bianco in finto sangallo, ovvero una stoffa con dei buchi da 1 cm. che mi ispirava per la Papillon biancovestita. Ruvy l'ha bocciata in quanto troppo grembiule e stavolta puntiamo un pelo allo chic, powersuit ecc.

Poi l'ho trascinato ai saldi di Claudia Strater, se vogliamo la powersuit chic, che è il mio posto preferito per tailleur e vestitini da sciura, che bisogna pure lavorare al mondo e non soltanto mettersi in kinky per amor del teatro. Lì abbiamo visto un paio di taierini neri per Lunabionica che, ho quasi convinto Ruvy, adesso mi manca lei, dovrebbe metterci sotto una guepieree con le giarrettiere che penzolano sopra la gonna. Dalla Claudia incontriamo Pinuccia, a cui chiedo lumi e che stasera mi conferma per mail possesso di taierino figo nero und guepiere da prestarci volentieri per amor dell'arte. Evviva le torinesi, che hanno sempre entrambi nel proprio guardaroba e tanto amor per l'arte nel cuore.

Nel frattempo però lo scopo di Ruvy era di trascinarmi nella Warmoesstraat, la via di localini e negozietti che sbuca dietro piazza Dam e che segna l'inizio del RedLightDistrict (tutti uguali 'sti registi verrebbe da pensare e invece no). È che lui da una settimana mi parla di un nuovo negozio che aveva in vetrina un vestitino rosa e floreale con ali da farfalla, un negozio di cose sul kinky, ma non dark come quello dove ci siamo vestite l'anno scorso io e Lunabionica (minigonna laccata nera e gambaletti a rete con pizzo bianco io e vestitino di lacca nera per lei, entrambe nel doppio ruolo di Pinocchia, dalla piece di Stefano Benni), il negozio si chiama Diabolo e ha roba anche gothic e dark, per chi ama il genere, mentre questo pare fosse un kinky romantico, dice lui.

Ma mica si fa così presto a trascinarmi a me in un negozio specifico, quando siamo sotto saldi e siamo dietro l'angolo da Christine le Duc nella Spuistraat, unico sex-shop in cui ho serenamente messo piede in vita mia. Lo trascino da Christine con la scusa di cercare la guepiere per Lunabionica. E ce ne sono, lì, di guepiere, altro che. Cerco anche di convincerlo a prendere due sospensori in pelle nera borchiati per loro maschi, da usare come conchiglia sopra il completo nero che vorrebbero mettersi alla fine. Siamo in tema di rievocazioni francesizzanti, no, e che mi dici dei damerini che portavano la calzamaglia di seta e la borsina portapacco, sotto le palandrane e le parrucche. Un portapacco della Cristine le Duc ci sta bene, mi sembra. No, non trova, ma mi dà via libera per trascinarci Lunabionica qui dopo il lavoro e inguepierrarla a scelta (io sarei per quella in tulle nero con i bordi di rose rosa, molto in tema Papillon, e leggetevelo se volete saperne di più, sta in Stefano Benni, Teatro, Feltrinelli.)

Rimontiamo in bici e proseguiamo per la meta agognata.

- Secondo te, gli dico, che impressione gli abbiamo fatto nel sex-shop, che siamo entrati e in trenta secondi abbiamo esaminato 4 guepiere e un sospensorio in pelle per poi uscire per i cavoli nostri di corsa senza cagarci nessuno?
-Ne vedono, di gente strana lì dentro, fa lui, che è pur sempre un uomo pragmatico e gli frega in genere poco di quel che pensa il prossimo.

E finalmente arriviamo nella Warmoesstraat e qui l'indirizzo ve lo pure do che merita, e poi cercate di non convincermi che ci andate apposta per me, un italiano ad Amsterdam che non entra subito nel quartiere a luci rosse devo ancora vederlo.

Il negozio ha preso il posto di una bottega storica del caffé che conoscevo bene, si chiama "I love you shop", di proprietà di una ragazza giovane e intraprendente che mi promette di star lavorando al sito nei momenti liberi, quindi andremo a vedere il www.iloveyoushop.nl non appena è pronto (pare venda anche per corrispondenza, non subito ma è nelle intenzioni, io lo dico per voi che di mio posso anche passarci tutti i giorni).

È molto diverso da quello che mi ero immaginata. Non è un vero sex-shop, non è affatto kinky, ma un bel po' romantico si, con un mucchio di roba rosa e pizzi in giro. Assomiglia a quei negozi di costumi a tema per le feste, ce ne sono tanti. Ci sono anche un po' di gadget carini, manco tanto erotici e alcuni pure spiritosi (OK, non so se mettere in questa categoria anche la pasta a forma di cazzetti, ma se vi occorre saperlo, c'era). E ci sono le ali da farfalla rosa che Ruvy aveva visto con il vestito.

Il vestito in questione è carino ma non c'è la mia taglia, peccato. Era rosa, corto, con delle maniche lunghe che si aprivano verso i polsi, una fantasia rosa stile pucci, un po' hippieflowerpower. Già che ci eravamo (e dopo che mi ero rivestita fino al cappello, porcaloca), la commessa simpatica me ne propone un altro, un po' stile madame de Pompadour con annesso cammeo allo scollo, ma corto. Lo stile andrebbe forse bene, ma non quella versione lì. Proviamo a vedere se ci ordinano la misura più grande, ma è una ditta americana, fanno due taglie sole. Gironzoliamo un po', che è un negozio che quanto a costumi e accessori teatrali mi ispira molto, e alla fine prendiamo una scatola rosa di tulle a forma di cuore, come "cofanetto di Braquemond", noto tormentone della piece (ma ancora non ve la siete letta? E che aspettate, si trova pure su Internet, ma non ditelo che ve l'ho detto io).

Persino per un nostro canovaccio di teatro da strada, "La schiava circassa" ci sarebbe un bel costumino, ma avevamo già deciso che se ne faceva la vesione opposta, lo schiavo circasso con Ruvy e i suoi pettorali palestrati in gonnellino di pelle borchiato, e voilà, c'è anche quello. E guepiere, guepiere, guepiere, altro che Christine le Duc, che anche se è il sex-shop women friendly si capisce benissimo che ci va anche gente che vuole scopare. Questo invece è più aereo, più Alice nel paese delle meraviglie o vispa Teresa.

- Ce ne ha di perversioni la gente, mi fa Ruvy.
Eeeeh? Mi sono persa qualcosa? mi indica un costume da prete a € 95. Capirai, fossero queste le perversioni.
-Ma lo sai che la mia amica che faceva la visagista per la Clinique ai grandi magazzini mi raccontava che ci sono degli uomini che stravedono per le commesse della Clinique, gli fa sangue il camice bianco infermieristico con tutti i bottoncini a pressione davanti. Quelle sono perversioni. Star lì a farti fare il trucco Clinique con la speranza di sbirciare nello scollo della visagista, che poi con il fard e gli ombretti in strada ci devono andare loro.

No, faccio proprio fatica a vederci qualcosa di perverso qui dentro. Forse devo tornarci per il regalo di compleanno del capo. Gli prendo una cosina per lui, o una guepiere per me come regalo per lui. Mah, rischio che non mi riconosca e mi chieda gentilmente di uscire dal suo letto dandomi del lei. Per stasera mi riinfilo nella camicione da notte in flanella blu scozzese, che non sarà nè giocosa nè sexy, ma tiene così caldi signora mia. Perché diciamocelo pure, non sarà un sex shop che mi cambia la vita, ma un sereno pomeriggio in giro per sex-shop con il tuo migliore amico fa tanto contro il winterblues. Senza ridarelle e senza imbarazzi, solo con la serietà di chi ha una missione professionale da compiere. Sarà per questo che andiamo in scena sempre a fine marzo. Ci serve la scusa a gennaio per fare shopping selvaggio.

Quelli di Astaroth presentano la signorina Papillon di Stefano Benni all'Ostadetheater di Amsterdam, in van Ostadestraat, il 28 e 29 marzo alle 20:30 e il 30 marzo alle 14:00. È consigliato prenotare.

martedì 22 gennaio 2008

Ma io mi sento come Wil Coyote

La botta di influenza della settimana scorsa ha steso in svariati turni me e i bambini, che il capo è una roccia e non ricordo che sia mai stato ammalato (tranne quando mi sono venute le doglie di Orso e io lo aspettavo per le scale senza neanche potergli urlare "Ma ti sbrighi" che avevamo la casa piena di parenti ed erano le 3 di notte e lui si stava vomitando l'anima, solo che io sentivo il rumore dello spazzolino da denti e lo maledicevo, pensando che stava facendo toeletta mentre io avevo urgente bisogno di arrivare in ospedale. E ce l'abbiamo pure fatta, appena in tempo, ad arrivarci).

Dicevo, il bello dell'influenza è che si sta tranquilli a casa a coccolarci e guardare cartoni. Che nulla è più taumaturgico per me del calore di uno gnorpolo ronfante per la febbre accanto, tutti e due sotto le coperte. Una bella influenza riposante, esistono pure loro.

Lunedi però basta, Ennio l'ho portato a scuola e Orso aspetto si svegli in dolcezza, ma non mi scappa, oggi va all'asilo. Mi arriva in camera dove sto a letto attaccata al laptop con gli arretrati di una settimana.

- Dov'è papà?
- Al lavoro.
Mi si infila nel letto.

- Io dormo qui.
Si copre con il piumino.

- Spegni la luce.
Spengo. Un mini pisolo prima di riaffrontare la pioggia schifida di oggi non mi dispiace.

- Mi fa male la pancia.
Lo abbraccio da dietro, gli metto una mano sulla pancia e una sotto il collo.

- No la schiena.
Tolgo la mano da sotto il collo.

Silenzio.

- Sai, mamma, io sono il Wolco.
Eeehhhh?

- E Ennio è il pipip. Io faccio un ponte e il ponte cade.

Ci sono di quelle mattine in cui ci sentiamo tutti un po' come il Wile Coyote, in effetti.

sabato 19 gennaio 2008

Cognati laconici

Un paio di mesi fa arriva una mail da mio cognato con su la foto di un'ecografia. Ora io lo so com'è fatta una foto di un'eco, ma forse non tutti sanno che...

Che bello, gli gnorpoli cominciano ad avere concorrenza, e avranno un ulteriore cucciolo da crescere dai nonni. Bello, tutti contenti e anzi, la settimana scorsa che avevo identificato dei giocattoli da eliminare, annunciando che si potevano regalare a Dario, mi sento dire da Ennio: Ma se zio e zia adesso hanno un bambino, possiamo metterglieli da parte. Family first, va bene anche quello.

Poi ieri arriva questa:



Il capo gli risponde dicendo: non capisco, significa che ha un gran nasone?

Ma questa famiglia in cui mi sono maritata, solo maschi sa fare, da svariate generazioni? Che se io ho una cognata, ciò è dovuto puramente alla testardaggine di mia suocera che non si è arresa fino al quarto tentativo? Be, lei ha cominciato a far figli a 20 anni, io a 35, non posso permettermi più questo tipo di prese di posizione. Ancora uno ne posso fare, se mi esce, poi si chiude.

E no, lo dico adesso pubblicamente, non voglio il terzo cucciolo sperando che sia femmina. Voglio una terza gravidanza e un terzo parto per me, che li ho sempre vissuti come stati di grazia (devo avere gli ormoni allo speed) e voglio un terzo bambino per tutti noi, che così ci divertiamo ancora di più.

Però, se Mendel ha ragione, rischio di ritrovarmi l'ennesimo maschio laconico portatore di cromosomi XY di questa benedetta dinastia. Belli anche loro, ma che pazienza fargli l'esegesi quotidiana.

venerdì 18 gennaio 2008

Lezioni di pedagogia

Oggi l'amico CorePeloso ha preso l'influenza anche lui e ci ha chiesto di andare a fare la prova de La signorina Papillon (www.signorinapapillon.splinder.com)a casa sua invece che da me. Vado con due mostri, un coccodrillo di spugna, un serpente giallo di felpa, un fiore di peluche e due banane in borsa, a casa di CorePeloso.

Detto CorePeloso vive da solo in un monolocale bellissimo cosparso di cose varie, CD e souvenir dei suoi viaggi lontani, ha un materasso per terra sotto il divano da cui guardare la televisione stravaccati (cosa che i bambini fanno volentieri durante le visite, perché noi televisione in casa non ne abbiamo) ed è più disordinato di me, ma ha sempre cosine buone da mangiare.

Alla fine della prova, mentre vesto Orso e gli estorco a forza dal palmo una moneta da lui raccattata in giro, Ennio ispeziona sul tavolo un sottobicchiere.

"Guarda mamma, cosa fa questo signore con il pipitto sul sedere di una signora?"

Queste domande che lasciano la povera madre allibita, mentre mi avvicino e studio una riproduzione di vaso greco, con detta scena sopra. Toh, mi sembrava fosse un bel po' che non andava in Grecia.

Secondo me la vera madre imbranata si riconosce in queste circostanze dalla rapidità con cui scatta nei riflessi automatici.

"Amore, questa è una cosa che fanno i grandi, non i bambini", che a me le domande impreviste mi fanno tanto l'effetto delle domande a trabocchetto a scuola. Anche se so la risposta, sul momento ho un buco nero nel cervello.

Per fortuna interviene CorePeloso: "Ennio, questo è amore. I papà e le mamme che si vogliono bene fanno così".

CorePeloso: buon amico, bonvivant, scapolo, e soprattutto fine pedagogo. Avercene di amici così.

Vocativi e vocazioni

Quando hai un'ufficio in casa (e sembrava tanto una buona idea, soprattutto prima di aver bambini in giro per la stessa casa) c'è il grosso vantaggio che puoi essere completmente efficiente e professionale per e-mail e telefono anche se in realtà sei a letto in pigiama con il laptop in grembo (il mio laptop ha avuto una crisi di rigetto dal Wifi che abbiamo messo, e unico apparecchio di casa, sta attaccato al cordone ombelicale del cavetto di fianco al letto). Poi CorePeloso si meraviglia perché ancora non mi compro la telecamera per messenger. Non sa quante volte abbiamo risolto problemi organizzativi al telefono dalla vasca da bagno o peggio.

Con la tecnica si risolve tutto, i rapporti madre-figli invece hanno bisogno delle loro scorciatoie.

- Mammaa! (Mamma è due piani sotto al telefono e non può rispondere).
- Mammaa, vieni a vedere! (Mamma conclude in fretta la conversazione).
- Barbaraaa! (Mamma riattacca).
- Dimmi amore?

Non solo Gnorpo One ha capito benissimo che se non reagisco come madre tanto vale rivolgermisi da adulto ad adulto (e funziona bene, in effetti), ma avendo molto bene in mente il rapporto di causalità, chi glielo spiega ormai che quando sono al telefono faccio fatica a rispondergli e che il vocativo usato stavolta non ha avuto nessun ruolo in proposito?

Passo da professionista a madre in due rampe di scale, e vado a risolvergli un problema di ingegneria per un mega-ponte ferroviario, che dal tavolino del salotto, attraverso il dondolo rovesciato e uno svincolo sul divano dovrà arrivare a toccar terra 45 cm. più in basso.

Se andiamo avanti così, con i tempi decisionali italiani e la sua vocazione in erba, se se la coltiva per bene, sarà giusto lui a fare in tempo a costruire il ponte sullo Stretto.

- Ma come hai fatto mamma?, meraviglia lo gnorpolo all'onniscienza della madre che gli mette una fiancata del castello come base per le rotaie. Non sono più Barbara.

Per fortuna si fa presto a ristabilire le zone di competenza.

mercoledì 16 gennaio 2008

Quello che mi frega...

... lo scrivevo all'Almina oggi pomeriggio, è che io ciò la contro anoressia. Le
anoressiche si vedono sempre grasse anche se sono scheletriche, io mi vedo sempre magra anche quando farei bene a mettermi a dieta.

Dev'essere un effetto deformante dello specchio, perchè in foto, o nei filmati, i miei 85 kg. si vedono tutti, ma proprio tutti quanti.

Se hai un problema...

... te lo risolve lui
Mr. Khadim
Payment after result. May I intorduce myself: I am a real african, international, very quick medium. I can help you with: return of your beloved people or your lover, your carrier, examen, chance of happiness, sexual impotence, infertility or bad spirits, even when your problem is hopeless. I guarantee you a quick result.
[segue numero di cellulare]


Vediamo un po':

Lassie torna a casa, posso farne a meno, non mi deve ritornare nessuno se dio vuole;

Il mio carrier: di solito ci pensa UPC se ho pacchetti da spedire, e anche lì siamo a posto;

Examen: porca loca, devo chiamare il medico la settimana prossima per sentire se i risultati del pap-test ci sono, grazie mr. Khadim, me ne stavo per dimenticare;

Chance of happiness: quella ci penso io, grazie;

Impotenza: questo si che è un problema grosso. Però, mr. Khadim, prima devi farmi crescere il pisello, sennò si fa fatica a curarla;

Infertilità: se mi è venuta nel frattempo, vuol dire che rinuncio al terzo orsetto. Ma intanto mi rivolgo all'Orso padre, che risultati provati nel tempo li ha già forniti;

Bad spirits: l'unica cosa che mi viene in mente è una brutta sbronza, ma essendo quasi astemia e sposata con un astemio, ed avendomi Almina fatta fuori la bottiglia di wodka del bisonte che mi hanno regalato per Natale, anche lì, nulla;

Sono foglietti che sembrano prodotti in serie, li trovi per tutta Amsterdam, me li infilano nella buca della posta, eppure a me basta farmi fare ogni due anni un pendolino da Raffaella, come la settimana scorsa, e sono felice lo stesso.

Però se qualcuno con problemi vari volesse rivolgersi a mr. Khadim, fatemi sapere che vi mando il numero di cellulare.

martedì 15 gennaio 2008

Esseri senzienti

La settimana scorsa ho conosciuto di persona un amico (si, è diventato un amico, capita) che finora conoscevo solo per e-mail. Si tratta di un collega italiano, che aveva una volta contattato e intervistato i miei compari di radio. Ci siamo mandati una mail così per cso, e da ottobre ci scriviamo giornalmente o quasi e ci raccontiamo i fatti nostri.

Fa sempre strano vedere in faccia una persona che nel frattempo hai imparato a leggere tra le righe e che di colpo ti si materializza accanto. Cose del genere in passato mi succedevano telefonicamente, come l'amicizia con l'Anna, che ci siamo messe in contatto per un corsista che dovevamo passarci e siamo state un anno a telefonarci e diventare intime, prima di vederci e sorprenderci per come eravamo diverse dalle rispettive immagini interne. anche adesso con Anna siamo molto vicine, anche se ci telefoniamo molto meno, purtroppo. Per dire che non è Internet, che senno' i bloggisti fra un po' cominciano a darmi dell'imbranata, che loro stanno tutti in Italia, talvolta vivono nella stessa regione e città e fanno subito a decidere di conoscersi di persona. Voglio dire che certe cose sono sempre esistite.

Dicevo che per e-mail con l'amico in questione, ovvero Don Stalin, ce ne siamo dette di tutti i colori, ma lui da mesi me la menava che nulla sostituisce la presenza fisica, il guardarsi negli occhioni eccetera. Secondo me invece è un caso di deformazione professionale: a me per iscritto, se sono scritti spontanei, sono poche le cose che mi sfuggono. Di persona invece sono distratta, mi scordo le cose che mi dicono, sono troppo multi-tasking. Lui lavora con i corpi e le voci, quindi il silenzio gli sottrae un sacco di metamessaggi che gli potrebbero essere utili.

A un certo punto l'ho visto quasi incazzarsi quando ho detto che mio marito mi rimprovera spesso che non ascolto la gente, e che ho notato che ultimamente preferisco sentirle, le persone, piuttosto che ascoltarle. Perché lui ha capito che non lo stavo ascoltando (beh, forse, un momento, non mi sento di escluderlo).

Ma mi rifiuto di farmi bocciare il mio sistemino. È una modalità che ho scoperto e di cui mi fido da relativamente poco, che noi femmine dall'intelletto ipertrofico mica stiamo lì a fidarci delle sensazioni. E sbagliamo.

Me l'ha insegnato Orso, il mio secondo cucciolo che fra un po' fa quattro anni. Orso è una roccia. A volte sta li e pensa e io a un certo punto, in primavera, mi chiedevo: ma io lo so cosa pensa quel bambino, che sta sempre zitto e pensa? L’ho chiesto a suo padre: Ma tu lo capisci Orso, lo sai cosa pensa? (che anche Orso padre è un gran taciturno, però nella vita sembra cavarsela in qualche modo, voglio dire, a me c'è riuscito a convinceri a venire quassù per lui, e allora ho pensato che forse tra laconici si capivano a modo loro). Lui riflette e mi fa: un po’ si. Beato te, io no. Poi invece ho capito che forse non saprò cosa pensa ma so molto bene, e a un livello puramente fisico e istintivo, quello che prova. E allora non me ne importa affatto di sapere a cosa pensi, basta che io percepisca se sta bene o male e che riesca ad intervenire in modo adeguato. Cosa che finora mi riesce.

Ma Orso si sta aprendo molto anche lui crescendo, ha smesso di farsi venire le crisi di rabbia, che si butta per terra e non riponde, e adesso parla un sacco. Però mi ha insegnato una cosa fondamentale che mi sta aiutando un sacco nella vita, checché ne pensi Don Stalin, che non deve arrabbiarsi se non lo ascolto, perché io sono e resto distratta.

Ma Orso mi ha insegnato veramente una cosa bellissima, del che lo ringrazio. d'altrone i figli servono a farci crescere ("...the child is father of the man...").

Non si può contare su di me

Ho un po' di magone con l'amica M., ma è colpa mia. A capodanno avevo promesso di tenerle la bimba mentre andava dal dentista, lei mi chiama il giorno stesso, io perdo la telefonata e la sento solo il giorno dopo. Peccato, perché ero in casa, affaccendatissima questo si, ma la cucciola è un tesoro e mi fa piacere averla intorno che si intrttiene anche da sola.

Ieri ci incontriamo all'asilo dopo che mi ero scusata per e-mail, che tempo per altro non ne ho avuto. Le dico che mi dispiace un sacco ma che con me funziona solo mettermelo subito su Outlook o scrivercelo per e-mail, e non dircelo a voce a cena quando sono sbronza (OK, quest'ultima non l'ho detta ma era andata così) e lei con calma mi dice: "Si, ma il fatto è che io non posso contare su di te".

E a me dispiace che non possa contare su di me, perché io su di lei ci conto, ma mi rendo conto che tra i buoni propositi 2008 adesso c'è anche:

- dire più spesso di no anche a cose che non mi scocciano o mi farebbe piacere fare
- smetterla di avere l'esigenza di aiutare gli altri, il mondo gira anche senza di me
- avere solo rapporti superficiali con i perfezionisti, anche se gli voglio bene.

Che con la falsa fama di caotica che ho, con loro ho torto per definizione, ai loro occhi. Perché a lei, quando in emergenza le ho chiesto di ritirarmi i figli e se ne è dimenticata uno, e poi lo è andata a riprendere ma era incazzata con me che non glielo avevo detto (i perfezionisti credono di ricordarsi le cose meglio dei caotici) e io dopo un pomeriggio di sauna rilassante in 3 minuti di messaggi sul telefonino mi sono risaliti dei livelli di stress che facevo meglio a starmene a casa tranquilla con i figli, be dico solo una cosa:

NON CONTATE MAI SU DI ME PER L'ORDINARIA AMMINISTRAZIONE: per quella bastano le persone precise.

Per le catastrofi naturali, le emergenze, le varie ed eventuali, le frasi fra le righe, gli imprevisti imprevedibili e le situazione disperate ma non serie, invece, provate pure a chiedermi. Al massimo vi dico di no.

Italians for beginners

...è un film che non ho ancora visto, ma forse dovrei. Il punto è che è un film che probabilmente negli ultimi dieci anni mi sono fatta un bel po' di volte in proprio, ogni volta con enorme soddisfazione. Il film in cui mi ritrovo davanti un tot di persone che in genere non conosco e che devo convincere che possono imparare l'italiano nei modi in cui glielo propongo io.

Che non è che l'olandese medio, per il solo fatto che ti sta dando dei soldi e affidandoti la sua faccia di fronte a un gruppo riconosca a priori la tua competenza in proposito. Quella te la devi conquistare minuto per minuto, ma poi, come ti amano.

Ieri è cominciato un nuovo gruppo, e noto che i principianti li si mettono meglio insieme a gennaio piuttosto che a settembre. Poi ho il culo della selezione naturale, la gente che decide di fare un corso da me in genere è di istruzione superiore, sa già un tot di lingue, spesso viene da o ha vissuto all'estero, è stata già in Italia o ci vuole andare o vuole rifarcisi una vita, restaurare un rustico, sposarcisi, non necessariamente con un locale, o magari il locale se lo è già sposato e vuole capirlo meglio.

In genere io e Ruvy, mio partner in crime, cerchiamo, con la scusa di insegnargli la lingua, di fargli capire come funziona la testa degli italiani, semmai ripulirgli gli eventuali preconcetti che hanno e costruirgliene di nuovi, che poi ci divertiamo a confrontare.

Ieri prima lezione a metà con Ruvy. Tanto per chiarire dove vivo, i corsisti erano: una signora olandese sessantenne che abita da queste parti; coppia olandese, lei arubana, lui di Curacao (olandesi tra parentesi, insomma) che vivono all'Aja, neanche dietro l'angolo tutto sommato; australiana di genitori greci; una finlandese sposata a un belga; il belga in questione. Carini tutti, nessuno escluso.

Da quando ho i bambini e ho passato 5 anni a non dormire ho smesso di dare io stessa corsi alla sera, per il semplice fatto che per un po' non riuscivo a gentire le cose sul lungo termine. Solo progetti che entro una settimana erano conclusi, o quantomeno avviati per il pilota automatico. Però supplenze, sostituzioni e lezioni a due le reggevo.

Ieri abbiamo fatto gli articoli con "Ci vuole un fiore", di Sergio Endrigo. Poi avevo un 15 minuti da far andare, il belga mi propone "Un italiano vero", lo tiro fuori al volo e ci divertiamo con quello. En passant gli spiego Pertini e poi già che c'ero la triade presidenziale denominata Bacco, becco e becchino. Bacco non ricordo più chi fosse, ma i motivi sono ovvii, becco era Leone, senza nulla dir di male alla signora, che però era molto presente e flamboyant e allora non ci si era abituati alle first lady che facevano mostra pubblica di sé (e quanto è cambiato il mondo, guarda la Kirchner e Hillary ce adesso invece si mettono direttamente in proprio come presidente) e becchino, il povero visitatore di funerali di tutti gli eroi della Resistenza, che se non era presidente ci sarebbe comunque andato in proprio ma nessuno si sarebbe sognto di dargli dei nomi per questo.

Per dire, non è mai abbastanza presto per spiegare ai beginners che tipi siamo noi italiani.

sabato 12 gennaio 2008

Psicomotricità

Oggi abbiamo fatto la prima prova "seria" delle prime 5 scene de "La signorina Papillon", il pezzo teatrale di Stefano Benni a cui stiamo lavorando quest'anno.

Immediatamente dopo, il workshop di psicomotricità che ho fortissimamente voluto, tenuto da Vittorio Ferro, arrivato dal'Italia per tenercelo.

Prova e workshop sono andate benissimo, ma io sono splendidamente stanca e li racconterò un'altra volta.

giovedì 10 gennaio 2008

Mal di pancia

Ho mal di pancia. Avrò sbagliato a strafocarmi di bruschette con la Sturni che non vedo da quando è tornata dal Messico? a riempirmi di cose da fare e un mucchio di stress per prelevare il cucciolo, portarlo a logopedia in anticipo, così recupero Don Stalin in visita lampo a cui ho appioppato immediatamente il ruolo di baby-sitter (io ho l'invito facile, ma poi...) per berci una cosina insieme, depositari dalla logo e scappare al mio appuntamento di lavoro e lasciando Don Stalin a spupazzarsi figli, recuperare cucciolo piccolo, cenare con il sugo che avrei dovuto fare ma non c'è. O lascio perdere tutto?

Ecco, lamentarsi mi fa venire buone idee. Adesso chiamo una madre ualsiasi chiedendole di consegnarmi il figlio isnieme al suo, resto a letto, fino alle 3:40, avverto Don Stalin di prendersela calma alla mostra di Andy Wharol, chiamo il mio tassista preferito per farci portare dalla logo, li lascio lì e proseguo per il lavoro. Recupero 80 minuti di pace, magari mi passa il mal di pancia.

Poi dicono che le donne manager non sanno delegare.

mercoledì 9 gennaio 2008

OI (overdose da informazione)

Premessa: io vivo fissa in Olanda dal 1994 (e non è che prima in Italia ci stessi poi tanto), la TV non l'ho mai veramente guardata in vita mia e dal 1995 non ce l'ho proprio più (in Olanda l'abbonamento è via cavo, se non paghi sei oscurato).

Le mie informazioni le prendevo tramite abbonamento a un quotidiano e un settimanale olandesi e Internet. Poi, tra figli, notti insonni, allattamento e overdose di roba da leggere (che ci arrivano in casa anche una serie di riviste professionali, e poi quelle per cui scrivo io e devo almeno sfogliarle per vedere cosa scrivono in generale ecc. ecc.) cominciavamo a far fatica.

Ma visto che tutto nella mia vita in Olanda la faccio secondo dei trend generali (cerco casa dove la vorrebbero tutti, i corsi a cui voglio iscrivere i bambini hanno liste d'attesa di anni, ecc.) evidentemente non ero la sola. Il nostro quotidiano propone in quei giorni l'abbonamento weekend: ti consegnano a casa solo il numero del venerdi e quello quintuplo del sabato. Secondo me l'idea era quella di incoraggiare all'abbonamento i lettori del weekend, quelli che al sabato vanno a fare la spesona e si comprano il numerone del sabato (così intanto gli appioppano anche quello del venerdi e ci si cominciano ad abituare). Credo però che con parecchi la cosa li abbia fregati: gli abbonati in overdose che per pigrizia non avevano ancora disdetto, nella segreta speranza un giorno di mettersi in pari, saranno in massa passati alla versione wekend. Così anche noi.

Poi, dopo alcuni mesi, visto che al martedi ancora non finivo il numero del venerdi precedente, abbiamo disdetto tout court. Tanto il capo nei 200 km al giorno che si spupazza per andare al lavoro e tornare ascolta la radio e se ci sono cose urgenti che devo sapere me le comunica e poi io me le cerco.

Mi sono rassegnata alla mia temporanea ignoranza. C'è gente che quando ha i figli piccoli smette di lavorare, quella che smette di leggere libri, quella che smette di vedere gli amici, quella che rinuncia agli hobby, io rinuncio all'informazione quotidiana. Un giorno riprenderò, chissà, magari quando vado in pensione.

E mi sono così accorta di una cosa: non mi manca per niente. Il mio settimanale mi riporta tutte le notizie che hanno superato la prova dell'immediato. Quindi che hanno già dimostrato da almeno un paio di giorni che vale la pena di perderci del tempo ed approfondirle. Per altre informazioni e approfondimenti che mi premono ho le ricerche che faccio per i miei programmi radio e i miei articoli. Per le cose estemporanee Internet. Per le cose che non becco da sola, qualcuno me le racconta o mi chiedo cosa ne penso e allora mi informo (vedi che conviene non rinunciare alla vita sociale). Infine, io faccio la traduttrice e l'interprete, il che mi permette di sapere in anticipo un sacco di roba, magari non direttamente utile al mio quotidiano, ma sul lungo termine qualcosa ne faccio sempre.

I libri invece li leggo e li rileggo: essendo meno estemporanei, qualcosa di utile sul breve e sul lungo termine ce lo trovo sempre. Avendoci perso del tempo maggiore per scriverli l'autore, avendoci dovuto pensar bene l'editore, essendomi sbattuta io per cercarli e trovarli, o inciampandoci semplicemente, anche qui, il rumore di sottofondo si è perso per strada prima di arrivarmi alle orecchie (è una scusa, io un libro lo leggerei sempre e comunque).

E l'informazione italiana? Lì sui trend ho sempre avuto la controtendenza: mi ero decisa ad abbonarmi a Diario che me lo chiudono. Allora ho lasciato perdere direttamente, non è che conoscere le parole e gli spostamenti del Papa mi sia così utile nella vita.

Anche dall'Italia, quindi, l'informazione locale (che nell'economia generale dell'universo quanto conta?) mi arriva talmente concentrata, selezionata e scremata da sembrare quasi una cosa seria. Come tutti vorremmo che fosse, ma non sono i tempi.

martedì 8 gennaio 2008

Vellutata di zucca alle spezie e code di scampi

Improvvisata per utilizzare uno spicchio di zucca, è piaciuta moltissimo al capo, mentre ai bambini pastina in brodo. Perché le domeniche pomeriggio di gennaio, dopo il brunch che ti allunga le mattinate, la sera arriva presto e tanto vale mettere su un buon brodo. Qualcosa prima o poi ce lo fai sempre (infatti l'idea originaria era il risotto alla zucca, solo che a mettere a posto la cucina si creano dei corto circuiti imprevisti e imprevedibili.

Ingredienti:

- brodo con ossobuco, 2 coste di sedano, un carotone invernale formato zuccina, 1/2 cipolla dolce, 1 foglia di lauro, alcuni grani di pepe nero e sale, in pentola a pressione per 25 minuti.
- 400 gr. di zucca arancione sbucciata e a pezzettoni
- una fettina di zenzero e una fettina di laos o galanga
- 3 cucchiai di olio di sesamo
- 2 cucchiai da te di semi di coriandolo in polvere (mi è scivolata la mano, ma ci stava benissimo)
- 1 cucchiaino scarso da caffé di cannella in polvere
- poco meno di noce moscata
- sale q.b.
- mezzo panetto di crema di cocco da cucina, o una lattina di latte di cocco, in tal caso usare meno brodo
- code di scampi surgelate ad libitum

Far scaldare l'olio di sesamo, aggiungere tutte le spezie in polvere e farle scaldare, mischiando sul fondo per non farle attaccare, per un paio di minuti, aggiungere i blocchi di zucca, mescolarli affinché si coprano delle spezie, metter su il coperchio e far ammorbidire e insaporire alcuni minuti a fuoco dolce.

Aggiungere 5 tazze di brodo, far cuocere ulteriormente la zucca, ripescare lo zenzero e il laos, passare tutto al minipimer, aggiungere il latte di cocco, mescolare bene e aggiustare di sale.

Aggiungere le code di scampi direttamente dal freezer, farle cuocere alcuni minuti e servite immediatamente.

Al capo è piaciuta un sacco, a me anche, tutto quel coriandolo ci stava benissimo per scaldarsi e persino gnorpo One si è azzardato ad assaggiarne una punta di cucchiaio, approvarle e finire la minestrina che è terreno noto.

lunedì 7 gennaio 2008

Mi scappa la pipì

Ve la ricordate, vero, la canzoncina? Noi la usavamo all'epoca dell'abbandono ai pannolini di Ennio, e lui rideva cme un matto.

Il fatto è che il problema è serio: se ti scappa, dove la fai? Gli uomini, pare, non si fanno problemi. Dove capita, con più o meno discrezione (infatti in quella bolgia infernale che è la festa della Regina il 30 aprile in Olanda, e specialmente nel centro di Amsterdam, con tutta la birra che viene consumata e i cui bicchieri di plastica formano a fine giornata un tappeto scricchiolante di almeno 30 cm, non esagero, si vedono regolarmente tutti questi maschi che con molta nochalanche, pisello al vento, la fanno direttamente nel canale incuranti del paio di migliaia di persone che hanno dietro, di fianco e di fronte. Per dire, a parte il pisello al vento, il giorno che ci riuscisi io sarei davvero zen).

Ma adesso la soluzione temporanea e spostabile, per eventi, fiere e concerti, esiste e si chiama Kros (che a me fa pensare a un personaggio fantastico di un libro di Stefno Benni, Elianto, chiudo la parentesi). Eccolo:



Utilizzabile da 4 persone contemporaneamente, per un totale di 450 lt. di liquido, equivlente a circa 1500 pisciatine, dice la pubblicità.

Non so se la soluzione sia migliore del male. Ma un pannolone tutti quanti, non era meglio?

Befana

Quest'anno per la prima volta è arrivata la Befana a casa degli orsi. Habemus Befanam. Si, perché per la prima volta in quasi 6 anni di figli, sono riuscita a impormi di spiegare cosa fosse e far mettere le calze (ed alzarmi alle 3 di notte per riempirle, che ovviamente le madri schiantano presto e la mattina arriva prima che noi ne siamo consapevoli).

Qui in Olanda con tutta la cosa enorme per san Nicola il 5 dicembre di cui ho parlato a suo tempo, poi Natale, poi tra gennaio e marzo 6 compleanni tra figli, marito e cognati finora la Befana era proprio la goccia che fa traboccare il mio vaso di lacrime e rinunciavo a priori.

Quest'anno, basta. Ho scritto persino le lettere da parte della Befana, e secondo me hanno colpito il segno.

Ieri pomeriggio, infatti, Ennio (quasi 6 anni) si chiedeva in macchina: Mamma, ma la Befana come fa a saperlo quando mi ciuccio il dito?

Gli ho spiegato nel suo pollice c'è un microchip e ogni volta che se la mette in bocca il computer della Befana fa Beep!

domenica 6 gennaio 2008

What if god was one of us?

tadadan
Just as stuang'as one of us
tadadan
ciaing to make 'is way home


Mi accorgo per la prima volta di come si aggiunge bene il tadadan. Poi noto un'altra cosa.

"Senti che l'ha imparata quasi tutta?", chiedo al capo che sta guidando. Lui annuisce.

"E ha anche un'ottimo accento", rifletto.

Cavolo. Mio figlio finirà per parlare inglese con l'accento di Joan Osborne.

Canti celebrativi

Una cosa che noto parecchio negli olandesi è quella di comporre canti celebrativi in onore di ricorrenze particolari, feste di pensionamente, anniversari di matrimonio, compleanni importanti e chi più ne ha.

La cosa in genere funziona così: arrivi alla festa in questione e ti mettono in mano un pezzo di carta.

Titolo: ti mettono un titolo che in genere contiene il nome del festeggiato o sue caratteristiche a tutti note.

Indicazioni melodiche: da cantarsi sulla musica di [citano canzone presumibilmente nota a tutti].

Tempistica: in genere, come arrivano un po' tutti e si fanno i discorsi, qualcuno annuncia la canzone e si canta. Se va bene, c'è un pelo di accompagnamento musicale, live o con base. Altrimenti si scappella a cappella.

Tonalità: di solito è un uomo che da il la e come prevedibile, 98 volte su 100 prende un tono che è tragico per quasi tutti i presenti, essolui compreso. Se lo fai un'ottava sopra svegli i pipistrelli, se lo fai un'ottava sotto ti sfiati.

Testo: qui salta fuori l'allenamento con le rime di Sinterklaas. In genere il nome del suddetto viene ripetuto una quarantina di volte, con tutte le sue prestazioni, pubblici vizi e private virtù, bonarie prese in giro e melensaggini varie. O peggio, l'elenco di tutte le ditte in cui ha lavorato (e provateci voi a trovare 15 rime in SAS o peggio, SNC), i merger che ha portato a buon fine, il management buy-out che ha incoraggiato, 'sta robba qui. Quasi meglio l'elenco dei colleghi/colleghe che ha concupito nello stanzino delle fotocopie, almeno si potrebbero prevedere scene interessanti, ma no, le vere cose carucce non te le raccontano mai in pubblico.

Metrica: sempre sballata, con sillabe in più o in meno e ognuno prolunga la vocale sbagliata, e si va fuori tempo, un disastro.

Durata: sempre troppo lungo. Se l'originale ha tre strofe, ne diventano 15, e guai se si tratta di un testo collettivo, perché ognuno ci terrà ad aggiungere una sua strofa e non se ne viene più fuori.

Termina: con il brindisi e l'apertura del buffet. Tutti si ubriacano, pur di dimenticare. Ad alcuni rimane il tormentone per una settimana, non riescono a canticchiarsi altro e più la cosa va avanti, più si incazzano, ma non riescono a smettere.

Consiglio della mamma: perché non provate semplicemente a fare una dedica musicale? Si sceglie un brano appropriato, lo si dedica all'interessato, se proprio siamo ridotti male spiegando le ragioni della scelta, e vai col liscio. Come diceva mia nonna, "sparagn' e cumbarisc'". Ma no, troppo semplice.

Alcune proposte:

Management buy-out: My Way
Nozze d'oro: Wild Thing
Operazione cardiaca andata a buon fine: Cuore matto
Pensionamento anticipato: Non ho l'età
Fine della chemio: Ma come porti i capelli bella bionda (OK, questa mi fustigo da sola, sono una merda a dirla. Però in nome della battuta spiritosa e la libertà di parola e lo spirito cattivo di qui, non mi meraviglierei nemmeno se a qualcuno venisse in mente di farla).

Qualcuno ha ulteriori suggerimenti?

sabato 5 gennaio 2008

sforzi educativi

Oggi ho fatto il mio primo tentativo serio di farmi aiutare a pulire dagli gnorpi. Gli ho chiesto di togliere da terra tutti i giocattoli perché il legno del pvimento andava lavoato da un non meglio indentificato strato appiccicoso accumulatosi in svariate ere geologiche.

Con un po' di insistenza Ennio mi ha aiutato a riordinare, a lavare le spugne della lavapavimenti tecnologica, esaltandosi per tutti i pezzi di lego e altri ammennicoli che riemergevano da sotto i divani e il cassettone. Orso è rimasto a leggere sul divano, dicendo "non posso mettere in ordine" e solo dietro reiterate minacce di buttar via tutto ha accettato di mettere a posto l'auto della polizia e il camion dei pompieri nello scaffale.

Sarà il carattere, l'età, o il fatto che dal mio secondogenito accetto più cose?

Comunque sono tanto, ma tanto, ma tanto orgogliosa di Ennio, spero di non farne il mio schiavetto preferito (mah, non so se c'entra, ieri gli spiegavo cos'è un gatto a nove code - stava nella lista dei termini pirateschi nel libro-veliero- e stamattina gli ho spiegato l'elettricità in un prezioso momento sul divano prima che si alzssero gli altri).

Forse devo cominciare a fare discorsi seri e dare spiegazioni scientifiche anche ad Orso. Magari non si sente preso sul serio.

Ah, noi madri moderne, a gestirci il dubbio sistematico.

venerdì 4 gennaio 2008

Mio figlio è un genio (perché, non si era ancora capito?)

Come tutti quelli che in modo anche marginale si occupano professionalmente di cibo, e come tutti quelli che amano cucinare, avere gente intorno, improvvisare cene e feste, la cosa in realtà che vorrei di più al mondo è essere invitata a pranzo, cena, merenda, colazione, qualsiasi cosa, purché ci si diverta, si mangi e non debba aver fatto nulla di più che portare un mazzo di fiori (e a volte manco quello).

Ultimamente una carissima amica mi faceva notare che invitarmi non è nemmeno una cosa facile: i miei figli non sanno mangiare seduti a tavola e casa sua non è il posto ideale per farli scatenare, e invitarmi senza figli diventa complicato come spedire gli inviti per il G8, data la mia agenda e la logistica necessaria a sbolognarli. (Quelle energie lì preferisco usarle per cucinare io a qualcuno che venga a casa mia). Tutto vero, e sono grata all'amica per avermelo detto con tanta sincerità. D'altronde è un'amica olandese, quindi tanta apertura per lei è normale. come è normale, se mi invitasse, che si darebbe da fare per almeno tre giorni per pulire la casa, decidere il menu, fare la spesa e realizzare tutto alla perfezione.

Però successivamente non ho potuto fare a meno di provare una sottile sensazione di giramento di palle. Eeh, noi mamme di scarrafoni siamo sensibili, che volete farci. E mi chiedevo: sono oggettivamente una commensale complicata per chi non ha case child-proof , o sono i perfezionisti e gli olandesi a farla tanto lunga?

La risposta me l'ha data Nella, che tra il lusco e il brusco il 1 gennaio mi propone a scelta un te o una fonduta con le verdure a casa sua, con la scusa di andarmi a prendere i resti del cotechino. Invito che ho accettato con gioia e gratitudine (e non le ho manco portato i fiori, con la scusa che il ptimo dell'anno è tutto chiuso), che dopo una festa con casa sconvolta e minorenni altrui rimasti a dormire, afterparty con tutti gli ospiti che la mattina dopo venivano a riprendersi figli e attrezzi e abbiamo bevuto caffé e mangiato biscotti dalle 10 alle 13:30, con 45.000 parole da correggere e dispensa scarsa di cose essenziali causa rientro dalla Polonia, mettermi a sgombrare la cucina per cucinare era un po' troppo. Diciamo che io ed Ennio siamo stati in pigiama fino a dieci minuti prima di uscire.

E a casa di una coppia senza figli e con casa piccola, i miei figli sono stati seduti a tavola e hanno mangiato, anche se la fonduta non l'hanno toccata, hanno chiesto il permesso di alzarsi e hanno esplorato la casa e giocato con i Lego provvidenzialmente portati, hanno disegnato composti a tavola e lì il complesso della mamma del genio mi ha fregato: ho chiesto ad Ennio di scrivere il suo nome per far vedere a Nella che figlio genio che ho. E il genio, per qualche secondo, mi ha azzittita.

Ha scritto il suo nome all'indietro. cioè, specularmente. Mai fatto prima. Per qualche secondo io e suo padre abbiamo guardato quella firma in mezzo ai disegni dei robot.

E poi ho ritrovato la voce per urlare: "Sono la mamma di Leonardo da Vinciii, mio
figlio è un geniooooo".

Chissà quanti altri traumi psichici creerò ai miei figli, da qui alla maggiore età.

Colonne sonore

Una delle prime preferenze musicali che Ennio abbia saputo formulare in linguaggio comprensibile sono stati i Beatles, un video vintage che il capo all'epoca aveva nei meandri del computer. Dopo un po' l'abbiamo capita che la richiesta "jejejè" si riferiva a"she wants you, jejejè. E fin qui ci siamo, bastava mettegli il video dei Beatles e si poteva andare un attimo con calma al bagno.

Si era verso i 15 mesi, all'epoca infatti avevo iniziato a piazzarlo davanti al computer con de CD-Rom fantastici della The Learning Company copiati da Gina, divisi nella serie da 9 a 18 mesi e da 18 a 2 anni e mezzo. Geniali, però si sono scassati subito e da allora addio tentativi telematici di creare un figlio genio, il resto ha fatto tutto da solo.

Al che, eravamo giovani genitori stressati di un figlio che cominciava ad esigere giustamente dell'interattività da parte nostra, che all'epoca lavoravamo entrambi da casa, ho avuto l'idea geniale che forse gli potessero piacere i Blues Broters. Il magico computer del papà li produsse in men che non si dica, e il successo fu completo. Gente che suonava e cantava, auto che correvano, saltavano ponti e a volte esplodevano, tutte le sue passioni fatte film (l'unica scena che gli faceva paura era la suora che bacchettava i reprobi). Finalmente un paio d'ore tranquille per lavorare in pace.

Quell'estate, la colonna sonora del viaggio in Italia e ritorno fu "llv, llv, llv" ("someone to love").

Ogni tanto, più per caso che per ricerca scientifica, ne azzecchiamo una nuova. Delle robe di Dario Fo le ha prese dal video di Mistero buffo, poi anche Vengo anch'io, no, tu no, Buonanotte fiorellino. Roba del genere. D'altronde io mi sono svezzata con Chet Baker, anzi Cetbakèr, come diceva la buonanima del mio papà. Il capo con Johnny Cash. Insomma, c'è pure chi ascolta gli Abba e li fa sentire ai figli.

Gnorpo Two segue a ruota il fratello, e da qualche mese mi sto accorgendo che per certi versi è molto più musicale di lui. Voglio dire che Ennio fino ai quattro anni e mezzo, ma forse anche oltre, non ha mai fatto distinzioni, neanche lessicali, tra cantare, suonare e ballare. Usava la parola ballare per tutti e tre e si è sempre comportato di conseguenza.

Orso invece che è un tipetto taciturno e riflessivo (taciturno solo in presenza della famiglia opprimente di cui è il più piccolo e dei divi in genere come la sua amica Charlotte, con gli amichetti tranquilli fa grandi comizi) si dedica alla musica e agli strumenti musicali con una passione molto più sistematica. Per dire, alla festa di San Nicola da Annahita ascoltavamo del jazz, per poi scoprire che Orso, cincischiando col pianino di plastica produceva delle robe quasi jazz (lo so, anche la mamma di Mozart diceva lo stesso, e non le dava retta nessuno).

Ennio in fondo è più attratto dal ritmo in sé, e lo si vede dalla sua grande passione per le percussioni. Orso, non so come spiegarlo, questi figli minori taciturni si fanno scoprire davvero solo nei ritagli della coscienza, FA musica quando ci si impegna. E io madre snaturata ancora non lo iscrivo a uno di quei corsetti per cuccioli prescolari, tipo "Musica in braccio" e neanche lo porto in piscina come il fratello a nuotare con le canzoncine.

Il viaggio di Natale in Polonia ha sancito il trionfo di Joan Osborne. Non ascoltavo da tempo quell'album, e nel momento che l'ho visto nel porta-CD in macchina, ho capito che quello dovevamo mettere. Dopo 1.200 km. a base di (What if God was)one of us e My right hand man avremmo anche voluto toglierlo.

Ma ci toccava ancora il viaggio di ritorno.

giovedì 3 gennaio 2008

Io non ho paura

Già che ci sono chiedo dov'è oggi il doposcuola: quando hanno troppo pochi bambini li dirottano tutti all'altro più grande, quello della vecchia scuola di Ennio. Infatti il mercoledi l'ho tolto dal doposcuola, che mi sembrava poco contento di ritrovarsi lì, magari con la paura di dover tornare in quella sua prima classe in cui si è trovato così male. Il mercoledi la scuola finisce alle 12 invece che alle 15:00 (14:30 la nostra scuola per via di un calcolo complicato di ore annuali e pausa pranzo) e quindi quasi tutti i genitori con il part-time se lo prendono libero per spupazzarsi la prole, portarli a nuoto e cose del genere. Per questo il mercoledi il doposcuola è semivuoto.

Lo ricarico in macchina (eh, si, il capo lavora da casa perché si è preso due giorni di vacanze, sennò col freddo gelido di oggi col cavolo che me ne andavo in bici sul ponte) e ce ne andiamo verso Draculus III (nome del doposcuola, tutto un programma. Poi mi stupisco che il bambino non ci si trovi bene).

A Ennio piace andare in giro in macchina, specie adesso che abbiamo trovato un altro CD da ascoltare, Joan Osborne. Per tutto il viagio in Polonia abbiamo ascoltato 3000 volte "What if God was one of us" e "My right hand man", ieri ho persino lasciato il CD per ascoltarlo al doposcuola, ma oggi non ce l'ho.

"Ma perché vai così piano?" si lamente Gnorpo One. Perché la strada è ghiacciata, ma non solo.

"Perchè non ho fretta, non devo andare da nessuna parte e così posso stare un pochino più a lungo con te in macchina, che parliamo, e a me piace tanto stare con te", rispondo, che sono tutte cose verissime, adesso che ci penso.

Attimo di silenzio, aspettiamo che il semaforo scatti.

"Sai, mamma, io non ho paura di stare a Draculus III".

Il semaforo passa al verde e io giro a sinistra.

Piccoli cuochi

Oggi trascino gli gnorpoli ai rispettivi parcheggi, senza sapere bene se Ennio sarebbe andato al doposcuola delle vacanze: ieri era l'unico che si è presentato dei 5 iscritti, ma i grandini dell'asilo e Orso sono andati a trovarlo, che la cosa bella di avere i parcheggi comunicanti è che grandi e piccoli si vedono, si praticano e i piccoli che appena iniziano la scuola continuano ad avere i contatti con gli amichetti dell'asilo (che la scuola qui comincia il giorno del compimento del 4to compleanno, e sono due anni di materna accorpati all'elementare).

Il doposcuola è chiuso, e lui ne è felice, non è uscito volentieri stamattina e sono già le 10 e 30.

All'asilo troviamo tutti seduti con la maestra Bianca al tavolo basso, tutti a fare a pezzetti una ciotolona di verdure, tipo peperoni, zucchine e carote. Tutti spezzano, tagliuzzano, mordicchiano di nascosto (Charlotte stava rosicchiando con gioia un tocco di zucchina) che è un piacere.

"Oggi facciamo gli spaghetti" spiega la maestra Bianca.

Amo questo asilo. Ogni tanto li mettono a fare il pane, a cucinare gli spaghetti o il minestrone. Il tutto considerando che in questo paese si pranza a panini e bicchiere di latte, quindi una cucina nell'asilo in genere è un optional, o una dispensa munita di lavastoviglie. Ma loro lo fanno come attività pedagogica, e non mi sembra male che la preparazione del cibo venga vista dai bambini come un'attività divertente. Mangiano anche più volentieri.

E poi è rimasta storica la spaghettata in cui Ennio ha fatto vedere a tutti come si arrotolano gli spaghetti sulla forchetta. Adesso vado a recuperare Orso e sentire com'è andata. Ma non ho grandi speranze dal punto di vista dell'educazione agli spaghetti: lui è quello dei miei figli che mangia tutto con le mani, compresa la minestra.

mercoledì 2 gennaio 2008

After party

Le strade sono piene di resti di spari in forma di pezzi di cartone colorato e cartine rosse leggere buttati ovunque, di schegge di vetro delle bottiglie entro le quali hanno fatto esplodere gli spari (e a metà dicembre avevano già chiuso le bocchette delle buche delle lettere con un coperchio attraverso il quale entrava solo una busta alla volta, per evitare che sotto le feste qualcuno ci buttasse degli spari per amploificare il botto) e un cadavere d'uccello presumibilmente squarciato in volo da un qualche fuoco d'artificio bello in mezzo alla pista ciclabile. Alla mia amica Lily hanno rubato la bicicletta appoggiata sul mur di casa mia e l'unica cosa che riusciamo a spiegarci è che qualche ubriaco l'abbia buttata nel canale.

Però sono contenta che vivo in un paese civile.

Da oggi, cuccioli all'asilo e doposcuola, una correzione inglese-olandese da 45.000 parole ricpontrollata per intero perché sono o non sono un control-freak e la vita normale che ricomincia.