Visualizzazione post con etichetta Deontologia professionale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Deontologia professionale. Mostra tutti i post

mercoledì 25 gennaio 2012

Il taxi che vorrei

Il taxi che vorrei ce l' ho a Cracovia. L' ho scoperto negli anni in cui ci abitava mio fratello. A Cracovia le compagnie di taxi oltre ad avere il numero di telefono facile, offrono una tessera di fidelizzazione. Con quella, se prenoti telefonicamente, non solo ti fanno lo sconto soci, ma ti offrono un sacco di carinerie, sanno chi sei, dove vai, che fai.

Un tassista mi raccontava di una signora che era rimasta chiusa in casa, perché il marito uscendo aveva automaticamente chiuso una serratura di sicurezza uscendo, che si poteva aprire solo dal di fuori, e la centrale le ha mandato un tassista che ha raccolto al volo la chiave lanciata dalla finestra, è salito nel palazzo e le ha riaperto. O gli anziani che si fanno mandare a prendere le medicine in farmacia.

A Cracovia, dove davanti casa di mia madre il posteggio taxi è più vicino della fermata dei mezzi, quando siamo in 3 o in 4 conviene rispetto all' andare in centro con il tram. Se i tassisti fossero meno stronzi converrebbe anche ad Amsterdam, dove in certi punti i mezzi neanche arrivano.

A Cracovia quell' anno che prenotavo con la tessera di mio fratello, manco dovevo finire di dire l' indirizzo, lo sapevano. E a me con i tassisti polacchi mi piace parlarci.

"Signora, ma mi sbaglio o lei ha un accento straniero?"
"Si, in realtà sono italiana".
"Ah, ma allora è per caso parente di quel signore che viaggia con noi che ha l' agenzia viaggi in via X?"
"È mio fratello, allora lo conosce".
"Non mi dica più niente, ho capito dove deve andare" (non mi ricordavo l' indirizzo e avevo iniziato a dare indicazioni approssimative).
"Perché suo fratello un periodo lo andavo sempre a prendere all' indirizzo Y, ma ha traslocato?"
"Si, lì era casa di mia nonna, adesso abita a Z".
"Ah, ma adesso che mi ricordo allora ho conosciuto anche sua madre, a quell' indirizzo lì".

Insomma, erano tempi precedenti alla normativa sulla privacy, ma se fossi stata la moglie gelosa e un po' furba di mio fratello avrei saputo in men che non si dica tutti i posti dove si andava ad ubriacare, visto che è dopo cose del genere che ti conviene prendere un taxi.

Che poi, una dritta utile, a Cracovia se vai a o vieni dall'aero[porto ti chiedono se vuoi passare per la tangenziale o la via normale, e uno pensa: "per la tangenziale faccio prima". Si, ma per 300 metri che esce fuori zona e poi ci rientra, paghi una tariffa superiore. Questo, inutile dirlo, me lo sono fatta spiegare da un tassista.

Bella cosa, l' abbonamento. Io non capisco perché gli olandesi che sono tanto furbi non si inventino anche loro una roba del genere. Perché se io potessi pagare i taxi un po' meno e potessi prevedere un po' in anticipo quanto mi costano e chi mi carica, quanto sarebbe una bella cosa, li userei molto di più.

E se avessi l' abbonamento, potrei anche andarmi a far prendere i bambini da scuola in situazioni di emergenza, tipo sei bloccata in tangenziale e il doposcuola sta per chiudere. O una volta che mi è morta la macchina mentre stavo per uscire e ho dovuto prenderlo lo stesso perché in ritardissimo, ho pagato una corsa doppia mentre a me ne serviva una singola.

Un' altra volta che stavo male, ricordo nel delirio di aver avuto l' intuizione geniale: ho chiamato il doposcuola, chiesto se c' era qualche genitore che conoscevo e di passarmelo. Ho chiesto al genitore in questione, spiegando la situazione, se mi faceva la carità di chiamare un taxi, caricarci i bambini sopra (4 e 6 anni all' epoca), rassicurare il tassista che ero sulla porta di casa ad aspettarli con i soldi e dargli indirizzo e mio telefono, ed è andata benissimo. Ovviamente se esistesse come prodotto ad hoc non dovrei contare sugli amici che capiscono che voglio e mi caricano i figli a bordo, basterebbe farsi dare dalla centrale il codice del tassista, comunicarlo al doposcuola dandogli l' autorizzazione per telefono, e via.

Ora un po' di taxi e tassisti stronzi li ho beccati a Roma, ma anche ad Amsterdam. Secondo me è questo uno degli effetti della iberalizzazione che si scateneranno ancora di più. La liberalizzazione qui c' è stata qualche anno fa, prima quando hanno autorizzato una seconda compagnia di radiotaxi e c' era la discussione se potessero usare i posti dell' altra (parlo di quando alle fermate dei taxi c' era ancora un telefono da chiamare si ti serviva una corsa).

Veramente ci sono state storie di gruppi di tassisti che si mettevano a menare i concorrenti, o gli andavano a sbattere addosso, o tentavano d buttarli fuori strada. Gli argomenti erano gli stessi di adesso in Italia e la licenza è la mia pensione e ho fatto un mutuo per comprarla, eccetera. Non so come il comune abbia risolto, con qualche forma di compenso credo. Comunque alla stazione è sempre il selvaggio west, c' è stato un periodo che c' erano un vigilante e uno spartitraffico messi apposta per regolare l' ordine di salita, certe volte saltellavi da un taxi all' altro prima di capire chi era quello che aveva diritto a partire per primo.

Fatto sta che da allora i prezzi sono aumentati, i taxi pure e se sali su uno che non appartiene a una compagnia riconosciuta, ti capita di tutto. Gente che non parla inglese ma spesso neanche olandese, i giri fatti apposta per perderti, il tassametro spento ' per sbaglio', la ricevuta che non hanno il blocchetto, tutti i classici motivi per cui uno evita come la peste di prender taxi se solo può. il tassista che sei in ritardo e disperata e si rifiuta di prenderti perché è troppo vicino e perde il posto alla stazione dove gli può capitare il turista pollo da spennare. L' ho denunciato allo sportello apposta.

Io ad Amsterdam mi difendo in due modi: innanzitutto cerco di prendere solo i taxi 7x7, ovvero la compagnia TCA che ha come numero di telefono 020-777 77 77. Ho fatto un paio di volte dei reclami o segnalazioni e mi hanno risposto sempre molto correttamente, mi ha chiamato il capo in persona con il suo bell' accentone locale e gli ho spiegato che non mi puoi far pagare una corsa 30 euro senza darmi la ricevuta da scaricarmi e fare storie se insisto. Purtroppo non avevo avuto la presenza di spirito di segnarmi il numero del tassista, per l' incazzatura, ma la ricevuta me l' hanno spedita comunque. E mi ha suggerito di prendere sempre nota del numero del taxi perché conviene anche a loro che chi è scorretto venga ripreso.

Cosa che avrei dovuto fare una volta che per la fretta e il ritardo ho preso un taxi per l' Hilton, un tragitto che dalla stazione in quel periodo facevo spesso (oh, ci quasi abitavo all' Hilton all' epoca) e mi spara 25 euro per un tragitto che normalmente costa sui 16. Alla mia domanda mi spiega che è perché lui ha l' auto da 6 posti. Eh, ma io sono sola, mica te l' ho chiesta, sono stata costretta a prendere il primo taxi alla fermata della stazione.

Da allora, specie se è di sera, anche se devo prendere un taxi dalla stazione, chiamo il 7x7 e gli chiedo di caricarmi lì accanto, perché proprio a causa della proliferazione selvaggia di tassisti non professionali, i tassisti del TCA, che ha un controllo interno e sono corretti, non fermano volentieri alla stazione proprio per via dei colleghi scorretti che ci stanno. Quindi o attraverso e li cerco alla fermata davanti all' Hotel Victoria, o mi cerco un punto in cui aspettare e me lo faccio mandare.

Ma onestamente, il taxi che vorrei è un mini-taxi o un mamma-taxi.

Il mini-taxi è una smart o tipo una Peugeot 107: la maggior parte delle corse in città sono fatte da una persona sola e senza bagaglio, quindi una macchina piccola costa di meno da comprare e ammortizzare e meno di consumi, deve per forza riflettersi nel prezzo della corsa.

Il Mamma-taxi invece la vedo come un' estensione del concetto dell' auto condivisa, ovvero auto non di lusso con autista donna e abbonamento in modo da conoscersi tra società e utente. Utile per spedire i figli a qualche attività dove tu stessa li scaricheresti davanti al cancello per poi venirteli a riprendere dopo, per le donne che la sera preferiscono un autista più rassicurante dell' energumeno tatuato che non parla olandese e risponde a grugniti, per gli anziani che devono andare dal medico ma nessuno dice che lo debbano fare in mercedes. Insomma, il servizio che alle famiglie di solito procura la vicina gentile o la mamma appunto, che non lavora fuori casa, a un prezzo più ragionevole. E anche per le signore autiste l' abbonamento consente di sapere chi si caricano a bordo, perché il sistema reclami funzionerebbe in due direzioni. Il passeggero molesto viene estromesso dal servizio.

E non ci dimentichiamo che invece di pagare ogni volta, capire se ho i soldi o se dobbiamo fermarci (a pagamento, ovvio) al bancomat prima e aspettare la ricevuta se te la danno, arriva a casa ogni mese una fattura delle singole corse che ti fai pagare direttamente dal conto.

Il problema è che per come sono le regole adesso, mi spiegava un tassista che studia economia e vuole scrivere la tesi proprio sul suo lavoro, ci vogliono macchine di una certa cilindrata e di un certo tipo per fare questo lavoro. La licenza per la 107 non te la daranno mai. Il che dimostra che finché ci sono i protezionismi di qualsiasi tipo non è possibile inventarsi i servizi a misura delle esigenze dei clienti, non è possibile liberalizzare davvero i prezzi e le regole che si cercano di mettere per garantire un minimo di uniformità spesso sono regole meccaniche.

Allora a me piacerebbe una regolamentazione non per le auto ma per i tassisti. Visto che tutti abbiamo un navigatore più o meno aggiornato e che tutti lo usano (a un tassista giovane e timido che si vergognava di usarlo perché dei clienti lo avevano ripreso e mi aveva spiegato che siccome avevano bloccato un paio di strade grosse per cui non si ricapava, ho suggerito di spiegare ai clienti che lui lo usa per una questione di correttezza e trasparenza in modo che il turista capisca che non sta cercando di fregarlo facendo i giri tortuosi. Perché adesso che i telefonini ce li abbiamo, i sistemi computerizzati di prenotazione auto ci sono, i navigatori anche, perché non usarli per creare un servizio più comodo, invece che più bizantino?

E invece di catalogare le auto cataloghiamo i tassisti. Diamo la licenza a persone simpatiche, che conoscano la propria città, che guidino rispettando le regole del traffico e della umana cortesia, che non ti attacchino pippe contro gli stranieri, contro i tifosi dell' altra squadra e contro il governo. Che parlino se interrogate e che siano gentili con i passeggeri e flessibili nelle richieste, che non si impermaliscano se devo fare meno di 2 km. alla tariffa fissa di € 7,50 e che siano profondamente consapevoli che la mancanza di lavoro non deriva dalle liberalizzazioni, ma dalla brutta immagine del servizio che uno usa solo se proprio non può farne a meno a costo di sbudellarsi.

Datemi un taxi a misura di mamma e vedete se poi non lo prendo con piacere e non lavoriamo meglio e lavoriamo tutti. E se mi copiate adesso l' idea del min-taxi o del mamma-taxi prima che trovo qualcuno a cui venderlo, sappiate che vi passo sopra con la greenwheels. Anche se siete sulle strisce.

mercoledì 16 novembre 2011

Come sopravvivere ai propri stagisti (diomeliconservi)

Premessa: avevo iniziato a scriverlo 2 settimane fa questo post, sono rimasta indietro.

Da Giovanna Cosenza si parla di stage e avevo iniziato con un mio commento. Il commento mi è sfuggito di mano e ne ho fatto questo post, che dedico a tutti i meravigliosi stagisti che ho avuto al mondo, ringraziandoli per quello che mi hanno insegnato e sperando lo stesso anche di loro. Poi che lo dico a fare, la maggior parte di loro sono tuttora miei amici, quindi lascerò la parola a loro, se credono.

********
Ho una piccola agenzia di traduzioni ad Amsterdam e grazie alle borse Leonardo ho potuto ospitare alcuni laureandi di scuola interpreti e università italiane. Nella mia situazione un rimborso spese di qualsiasi tipo non era proponibile, non solo per motivi finanziari (che comunque non potevo permettermi) ma soprattutto amministrativo-burocratici. Formalizzando il rimborso mi sarei accollata un lavoro che non sapevo fare, non avevo tempo e voglia di imparare e che se fatto male mi avrebbe tirato sul groppone un mare di guai.

Quello che potevo offrire era un portafoglio clienti interessante per farsi le ossa, la mia esperienza professionale, un mucchio di loving-tender-care e matritudine per studenti che avendo scelto una lingua rara, l' olandese, avevano forse più bisogno di esperienza sul campo (con i miei sottotitoli) nel Paese, e tutto il mio network che ha aiutato alcuni di loro che hanno deciso di fermarsi qui o tornarci dopo la magistrale, a trovarsi un lavoro. Ho pagato dei corsi di redazione in inglese, uso di CAT-Tools e altri training esterni rilevanti. E ho procurato dove possibile lavoretti retribuiti fuori dalla mia agenzia, perché i colleghi servono a questo.

La cosa più importante a mio avviso, e anche la differenza tra la mia e le agenzie più grandi dove lo stagista si ritrova a fare il giovane di bottega senza mai vedere da vicino una traduzione, lasciamo stare il correggerla e valutarla insieme, è l' esperienza pratica. Le scuole interpreti e di traduzione presentano spesso agli studenti un aspetto completamente irrealistico del mercato del lavoro: esistono solo le istituzioni e nulla oltre (al massimo le traduzioni letterarie, altra fucina di stage non pagati e lavoro pessimamente retribuito, ma vuoi mettere la gloria). E in nome della sacralità del lavoro presso le istituzioni si scoraggiano e terrorizzano studenti che magari hanno anche ottime capacità linguistiche, talento per il mestiere e voglia di lavorare, e che alla fine si mettono a fare la segretaria multilingue o l' account manager pur di non doversi confrontare con una cabina di traduzione senza rete.

Insegnare a uno studente quello che sta fuori dai libri, come funziona il mercato e quali sono le tariffe correnti, come farsi un tariffario e cercare committenti, quali sono i criteri di professionalità richiesti oltre ai contenuti linguistici, come fatturare e farsi pagare, aprire un conto in banca professionale, una partita IVA e una contabilità sono stati gli elementi che mi hanno detto essergli stati più utili.

Per quanto mi riguarda, avere uno o più stagisti (a un certo punto per sfighe varie ne ho avuti 3 contemporaneamente, di cui quello olandese, che stava scrivendo una tesi su Totò, tutte le mattine si sintonizzava su Radio Napoli facendocela godere a tutti. per un mese) per una ditta individuale è un lavoro. Trovargli cose da fare, correggere il loro lavoro, organizzargli i committenti esterni, tenere l'amministrazione dello stage mi sono costati molto più lavoro rispetto a farmi direttamente la traduzione nei ritagli di tempo, fatturarla e spedirlo al cliente. Però ho imparato tante cose da loro, è rinfrescante rimettersi dopo tanti anni nei panni di chi deve ancora iniziare la professione e su certi aspetti avere uno stagista è meglio di un corso di aggiornamento.

Quando è arrivato Stefano, che era il primo, io ero incinta, non avevo idea di come far fare uno stage a qualcuno, la casa che stava sopra la bottega era un disastro e dovevo ancora spostargli la postazione PC nell'ufficio sotto, per cui i primi giorni ha dovuto lavorare dalla mia camera da letto. Il primo giorno, non sapendo bene come regolarmi con un milanese, camminavo un pochino sulle uova, metti che sia berlusconiano e dico qualcosa di sbagliato. poi ci siamo messi a parlare di libri, è saltato fuori che Stefano Benni era lo scrittore preferito di entrambi (a lui il dubbio era venuto a vedere il campanello, uno dei miei figli nella vita ha un nome estremamente benniano, non ci scappi) e da lì ci siamo amati.

E siccome proprio quell' anno avevamo avviato il gruppo teatrale con Astaroth di Benni, lo abbiamo subito messo a fare il tecnico del suono, e le foto che abbiamo di lui quando alla seconda ci siamo ritrovati Benni in persona in camerino e a cena, e Stefano con l' aria di aver visto la madonna, ho avuto la tentazione di allegarla alla relazione di stage. Anni dopo mi ha ringraziata per avergli detto che a mio avviso era meglio se tornava nell'odiata Milano a fare la magistrale o qualsiasi altra alternativa sarebbe risultata complicata e lunga oltre che costosa. Tanto poi da Milano ne è sfuggito a gambe levate e se non mi sono persa delle puntate sono già altri due paesi in cui ha lavorato e vissuto.

Lo ammetto, li ho sfruttati vergognosamente: quando Dafna, la mia seconda stagista mi ha dichiarato che lei sarebbe stata altrettanto felice di tenermi i bambini quando non c' erano traduzioni, ne ho approfittato. Lei me li riprendeva dal nido mentre io cucinavo per tutti. Abbiamo ancora un suo disegno fatto con i bambini attaccato alla porta della camera di Orso, e adesso che lei il figlio se lo è fatto in proprio spero un giorno di ricambiare.

Idem dicasi per Francesca, anche lei quando mi ritrovavo incastrata con telefonate e rogne varie mi riprendeva Orso dal nido e ho saputo solo a stage ultimato che all' epoca mio figlio esaminava interessato tutti i ragni e le ragnatele per strada mentre lei aveva la fobia dei ragni. Santa subito.

Il discorso figli si è ribaltato con Martina, che invece all' epoca aveva Alice che neanche camminava e poteva pagarle il nido solo un giorno, quindi negli altri se la portava dietro e ci divertivamo tutti. Alice si è presa una cotta spaventosa per Ennio, che era tenerissima da vedere come gli agitava le braccine, ma mio figlio già allora delle donne che lo amano capiva poco e la situazione persiste tuttora. Le piccole lo adorano e lui manco se ne accorge e se qualcuno glielo dice si spaventa.

Nel tempo libero li ho messi tutti a fare i volontari per la Fondazione quelli di Astaroth nei ruoli più disparati (Edoardo a suo tempo aveva coniato i titoli di: tirapiedi, scagnozzo e Gran Ciambellone) in cui spero si siano divertiti e abbiano imparato cose. Jos all' epoca ci ha fatto una traduzione di un brano di Tondelli in olandese che ancora mi dico quanto è bella. Poi è scomparso tra Francia e Spagna pure lui.

Edoardo ci ha intrattenuti con il suo umorismo molto british, poi è scomparso e non se ne seppe più nulla, speriamo sia felice e stia bene.

Valentina non l' ho praticamente mai vista, si è rotta un piede tre giorni prima di iniziare, stava a Rotterdam dal suo ragazzo e ci siamo fatte lo stage per telefono e e-mail con traduzioni avanti e indrè. Lei e Alice, la sua amica e collega che mi ha spedito dopo, sono state le più faticose da mettere al lavoro semplicemente perchè non sapevano l' olandese e tutto il lavoro che potevano fare era in inglese, ma ci siamo divertite anche così.

Da qualche anno ho smesso perché ho cambiato l' impostazione della mia agenzia, ma nel nostro caso le borse Leonardo sono state risolutive. Alla faccia di quello che dicevano all' epoca certe colleghe, infatti, tutti i lavori retribuiti svolti dai fanciulli glieli ho rimborsati fatturandoli (e pagandoci le tasse) io e ripeto, il lavoro che ti procura gestire una persona quando in fondo non è che in quel periodo si morisse dal lavoro e che certe cose le potevo fare solo io, è uno stress di cui in questa fase della mia vita faccio volentieri a meno.

Alla fin fine hanno tutti lavori completamente diversi tra loro nei campi più disparati (la metà sempre con le traduzioni, quelli che hanno studiato olandese in Italia non ci sono più rientrati, con quelli che sono diventati traduttori free-lance continuiamo a passarci lavori e clienti reciprocamente, ecco, alla faccia di quello che ho detto sopra, se avessi le condizioni per offrirgli qualcosa di utile io uno stagista me lo riprenderei di corsa in casa. Ma c' è troppo poco lavoro per tenerli occupati full-time e allora ciccia.

martedì 2 agosto 2011

Guida turistica per il pianeta Terra

Questa è una mia traduzione all' impronta (mentre aspetto il rientro dei figli) di un articolo di Rob Wijnberg comparso oggi sul quotidiano NRC Handelsblad.

********
Il pianeta Terra si trova in uno degli angoli più sperduti della Via Lattea. Gli abitanti della Terra sono noti per la propria ospitalità, ad eccezione di quella nei confronti degli sconosciuti. Pertanto si raccomanda prima della partenza un' attenta lettura delle presente Guida.
Tempi di viaggio. Tra i due e i quattro milioni di anni luce. Tenete presente il jetlag.
Clima.Il periodo migliore per visitare la Terra è tra il 2011 e il 2100, perchè successivamente inizia la stagione tropicale.
Valuta.L' unità monetaria più importante della Terra è il debito, una moneta fittizia con la quale i terrestri mantengono costante il livello del loro benessere inesistente. Il debito è l' unico mezzo di pagamento dell' intero universo di cui, quando ce n' è troppo, si stampano ulteriori quantità.
Geografia. I Terrestri hanno suddiviso il proprio pianeta a casaccio in 196 nazioni. Il libero movimento tra essi è ammesso ad eccezione di chi è povero, affamato o fuggitivo.
Politica. La Terra conosce due correnti politiche, destra e sinistra. La sinistra coccola i terroristi, mentre la destra li produce. I terroristi sono dei pazzi solitari che hanno perduto il proprio senso della realtà.
Religione. Sulla Terra esistono due correnti religiose, l' islam e l' anti-islam. Gli islamici credono che tutti gli uomini sono uguali ad eccezione degli omosessuali, delle donne e dei non-islamici. Gli anti-islamici ritengono che tutti gli uomini sono uguali, fatto che li rende superiori.
Da vedere. I terrestri erano famosi per le proprie tradizioni culturali, fino al momento in cui i multiculturalisti hanno distrutto la cultura. I suoi ultimi resti sono stati tagliati dai finanziamenti allo scopo di salvare le banche. L' unica attrazione rimasta è il Museo Storico Nazionale, il cui pezzo forte è un plastico del Museo Storico Nazionale.
Media. La maggior parte dei terrestri si procura informazioni da ' internet'. Internet è un punto di raccolta per i blogger che scrivono degli articoli basati su quello che hanno letto sul giornale. Il giorno dopo sul giornale ci sono articoli basati su quello che si dice su internet. Inoltre sulla Terra si pubblicano annualmente un migliaio di libri che spiegano perchè la gente ha smesso di leggere per colpa di internet.
Hotspots. The place to be è la Grecia per via dei prezzi, ma non meravigliatevi se al rientro a casa vi aspetta un grosso debito sulla carta di credito. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto chiudere oggi, ma restano aperti fino alla fine dell'alta stagione, si prega di controllare gli orari di apertura su usdebtclock.org. Chi vuole visitare il Belgio farebbe bene a spicciarsi.

lunedì 17 gennaio 2011

Si ricomincia con la sindrome del fighetto

Andare in fiera con tutta una serie di amiche che come te fanno tutti altri mestieri, ma ci siamo andate lo stesso, e che vedi sempre troppo poco è un bel modo di scambiare mezza chiacchiera nel tragitto dalla fiera al treno, forse farci scappare una cenetta tardissima, sicuramente di non arrivare mai a bere qualcosa insieme come nei programmi iniziali.

È un modo per rincontrare un sacco di gente che eoni addietro hai conosciuto di vista per lavoro, è un modo per conoscerne di nuovi e riconoscerne di sconosciuti (il figlio dell' amico di mio padre o il ragazzo della pizzeria dove andavo sempre da studentessa con Vic e il legittimo).

A una fiera del turismo poi è sicuramente un modo per decidere cosa farai queste vacanze (scambio casa con la Sardegna, se la cosa va in porto), per tirar giù dal soffitto un pacco di depliant bellissimi di una vita precedente e un sogno arenatosi (quello dei workshop di cucina in Abruzzo nei quali avevamo investito tanto e poi rinunciato per eccesso di vita e clienti) per renderti conto che quello che non puoi fare da sola forse si può fare in cinque. Sorprendendoti che quei depliant non li hai buttati prima del trasloco come credevi, ma c' è forse un senso nelle cose. (rendendoti anche conto di quanto cavolo fossero belli quei depliant e di quanto, in anni precedenti e prima di rinchiuderti nel tuo guscio, di come avessi un' azienda seria e che te la sei ridimensionata tu con le mani tue per goderti i figli).

Tornare a fare la hostess per pochi giorni, cosa che non facevi da almeno 15 anni, e divertirti, e renderti conto che nella vita si può fare di tutto e il contrario di tutto, basta fatturare e starci bene.

Che andare in fiera il giorno che non ti tocca con tuo figlio e spiegargli che se si fa un giro negli stand italiani e chiede in italiano se gli regalano un palloncino, sicuramente lo trovano adorabile e glielo danno, e vederlo tornare indietro con il megapallone delle sue brame ti spiega che anche lui sta crescendo. Che ci prende gusto a capire che gli offrono il succo di frutta, che le orchidee sono finite ma la signora gliene promette una per l' indomani se passo a prenderla
" Gialla, gialla è il mio colore preferito" e gialla fu.

Che scoprire che per gli amici da multinazionale che in between jobs e per uscire un attimo di casa mi hanno seguita in fiera visto che all' ultimo momento nessuno sapeva dove sbattere la testa per trovar gente e arrivano sempre da me a chiedere lumi, ecco per loro avere una SRL privata fa parte dei fatti della vita, come il mutuo e l' assicurazione sanitaria e scoprire che avrai anche avuto per 12 anni un' azienda seria, ma che inevitabilmente soffri delle stigmate delle piccole aziende che si fanno il culo ma non capiscono come gira il mondo, tipo, a caso, i tuoi.

Riferirlo alle nuove future socie, anche loro sas in due sorelle e constatare tra di voi che c' è sempre da imparare.

Mercoledi chiamo Pronumeris per farmi spiegare se potrò mai farmela anch' io la forma societaria BV come tutti i fighi, perche dopo la bicicarro, l'i-phone, il mac e le scarpe fighe, vuoi che una fashion-victim come me rinunci alla BV? Se poco poco me la posso permettere, peccato che per quelle non ci sono i saldi.

E arrivare a questa conclusione dopo aver detto si per affetto all' Abruzzo a un incarico meno qualificato dei soliti ed essermene pentita per tutta la settimana prima di farlo, dopo aver deciso che chissenefrega, certe fiere sono troppo belle per evitarle, dopo aver concluso che sono vent' anni che ci giro intorno ma che io in una vita precedente sul turismo e in particolare in Abruzzo so già tutto quello che devo sapere e perchè cavolo non ho fatto quello per mestiere (perchè soffro ancora dei traumi dei miei genitori), non so, credo di avere materiale per lavorare su me stessa per almeno altri 9 mesi.

Se non che fra due mesi c' è un' altra fiera e ho giå 3 committenti per quella, quindi per adesso si trotta, poi si rimugina. o meglio il contrario?

sabato 4 dicembre 2010

Oggi lo scoop ce l'ho anch'io: chi ci guadagna a pubblicare la corrispondenza privata di una signora nessuno?

Comincia come un non-scoop del corriere, una notizia data in modo tale che a non saperne nulla già di tuo ti chiedi: ma a che serve dirmelo? Poi oggi ci si mette di mezzo il Giornalaccio con un titolo, che ve lo dico a fare? quanto meno fuorviante: Il nostro istituto di cultura fa propaganda anti premier e posso rassicurarli io, ma no che non la fa.

L'Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam fa quello che deve fare, promuovere la lingua e la cultura italiane con i mezzi che ha. Non sta a fare il servizio traduzioni gratis a una giornalista in cerca di promozione per il proprio libro su Silvietto, ci mancherebbe.

Perché è così che è andata, due scrittori olandesi Anne Branbergen e Martin Simek, che entrambi vivono in Italia e infatti è molto italiano il loro modo di comportarsi, scrivono un libro, super partes e senza pregiudizi, dicono loro, sulle ultime bravate al governo di Silvietto. Che ve lo dico affà, il libro è pieno delle solite banalità sull'Italia e gli italiani, come giornalismo investigativo c'è di meglio.

Però Silvietto vende, li invitano al massimo talk-show del paese (che vi dico solo, ci sono stata persino io, ho detto tutto) e si montano la testa.

Scrivono all'Istituto Italiano di cultura chiedendo che:
a) gli traducano aggratis un comunicato stampa
b) gli organizzino una presentazione del libro.

Ora, l'istituto non sta a fare l'agenzia di traduzione gratis e promuove la cultura italiana, non un libro olandese di due olandesi, e scritto pure male. Logicamente da un'addetta, che si è consultata con chi di dovere, ricevono un cordiale diniego. Scusate, ma non è roba nostra.

La disgrazia dell'addetta comincia qui: siccome nel tempo libero e da volontaria è una giornalista di Radio Onda Italiana, che peraltro si è pure sbattuta, in privato, mandando a noi suoi amici a suo tempo la notizia del libro, in cui si chiedeva pubblico italiano per fare da claque alla grande e splendida trasmissione televisiva, ci offrivano la cena in cambio, siccome il libro l'ha letto e ne pensa quello che ne pensa, chiede all'autrice di indole portoghese se può scriverle sulla mail privata.

Dalla mail privata quindi le chiede un'intervista per la radio, chiarendo però subito di non essere d'accordo con la sua interpretazione del ruolo di Berlusconi per il nostro paese e dicendole qual'è la propria. Mi sembra chiaro e limpido, almeno sai cosa aspettarti dall'intevista e dici si o no.

La Bram ha detto no e ha pensato bene di mandare la mail privata a tutti i suoi amichetti della stampa Italiana, che hanno fatto l'ennesimo silviopoveravittimascoop. Però nessuno ha detto che quella era una mail privata, scritta da un account privato e che esprimeva pareri privati. Si attaccano al ruolo lavorativo di un'impiegata.

Ora la povera, che io conosco, è persona integerrima e con un forte senso delle istituzioni per cui lavora, ha le sue idee che difende nel privato e lei si, a differenza di chi va con lo zoppo e impara a zoppicare, sa dividere ruolo pubblico da hobby privati. Si ritrova addosso questa montagna di merda, vuoi che non rischi di perdere il posto? Il tutto perché? Perché ad Annuccia ha dato fastidio che non le abbia fatto la traduzione gratis. Come dice Lucarelli, ricordiamoci di questo punto perché qui gira tutto.

Tigna. Pura, semplice, non adulterata.

Un altro giornalista olandese, Thomas Rus, oggi dal Volkskrant ha detto papale papale: a casa mia questo si chiama fare la spia. Che la Bram si sia accorta di aver fatto la cazzata lo si intuisce, sapendo i fatti, dalla versione superparziale che dà di come sono andate le cose.

Io ho un messaggio natalizio ed ecumenico per i protagonisti:

- Silvia, denunciala, fare la signora in questo momento non serve a niente e ti danneggia, dai límpressione che davvero tu sia colpevole di qualcosa. mentre a mio parere la libertà di pensiero, specie nella corrispondenza privata, è sancita dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo e dalla nostra Costituzione.
- Anne, io lo so che tu punti a una traduzione del tuo libro in italiano: ci sono più abitanti, quindi più potenziali lettori, specialmente tra gli elettori di Silvio che di agiografie non he hanno mai abbastanza. Allora ti dico, gratis manco il necrologio, ma se hai bisogno di qualcuno veramente qualificato per farlo tradurre, mi propongo io. Non sono gratis, te lo dico subito, ma sono la migliore. E la qualità si paga. Ma forse a te quello che sfugge è il concetto di qualità.
- Martin, eri tanto bravo a giocare a tennis. Lo so che condividiamo un editore per il quale scrivi come è bello vivere in Calabria, ma io ti suggerisco: il tennis ti viene meglio, lascia perdere la scrittura. Non è vero che chiunque è capace, e un mestiere pure quello. Te lo dico io che manco so da che lato si afferra una racchetta da tennis.

E, molto in generale, a chi per motivi scooppistici fa scempio della corrispondenza privata altrui: ma vi volete vergognare?

Dixi. Adesso scappo a prendere l'aereo.

venerdì 8 ottobre 2010

Pinocchio in love



Pinocchio in love è un'opera moderna commissionata dal Ricciotti ensemble di cui vi avevo parlato in passato, per festeggiare i 40 anni dell'ensemble.

Che dirvi, ho avuto il privilegio di poter lavorare sui testi di Friso Haverkamp (e conoscerlo di persona) e devo dire che mi ha aperto un mondo sul mestiere di librettista. È un testo talmente bello, stratificato, complesso. Tutto basato sulla domanda: ma cos'è successo a Pinocchio dopo che è diventato il ragazzino perbene che tanto desiderava essere?

Che fine ha fatto Blue, la Fata Turchina, suo unico perduto amore? E il burattinaio, il direttore del circo, chi è se non la stessa morte? E cosa vuole da Pinocchio? E chi è l'ombra che segue Pini, il suo nuovo nome, nei 127 della sua vita umana?

Insomma, stamattina ho finito di tradurre e consegnare la sinossi per la tournée in Sicilia che inizierà il 19 ottobre, e già mi manca. (E ci sarebbe da chiedersi: ma come si traduce un'opera? e come fai a tradurre un testo del genere? si può, si può, e ci si diverte pure un sacco).

(Comunque mi consolerò stasera con il concerto dedicato a Lucio Battisti nell'Astarotheatro, in sint Janstraat 37. Alle 20.30, chi può si faccia vedere).



Qui comunque un'assaggio.

martedì 24 agosto 2010

Siamo tutti traduttori

Non c'è neanche bisogno di mettere di mezzo un testo tradotto con Google perché sarebbe come sparare sulla Croce Rossa (e poi, devo ammetterlo, questi autotraduttori stanno notevolmente migliorando).

Però santo cielo, che stanchezza, quando il primo arrivato decide che no, un traduttore professionista non serve perché il professionismo è una cosa sospetta, facciamo fare al primo che capita.

Così la povera Carla Bruni, che le si può dire quello che vogliamo, ma non sospettarla di analfabetismo di ritorno, si vede mettere in bocca queste frasi, pur nell'ambito di una iniziativa lodevole come la manifestazione di solidarietà alla pseudo adultera iraniana condannata a morte.

"Dal fondo della vostra cella, sappiate che mio marito difenderà la vostra causa senza sosta e che la Francia non vi abbandonerà", scrive la Bruni. "Come si può tacere davanti alla notizia della sentenza che è stata pronunciata contro di voi? Spargere il vostro sangue, privare due bambini di una madre, ma perché? Perché avete vissuto, perché avete amato, perché siete una donna, un'iraniana?"

Fa molto Madame Bovary, lo ammetto, ma ci vogliamo ricordare che in Italia ci si dà correttamente del lei? Che il voi ha avuto un breve diritto di cittadinanza sotto il nome di voi fascista, ma evidentemente ce lo siamo dimenticati.

E una cosa che racconto sempre ai miei studenti di italiano è che è stata proprio l'introduzione del voi fascista a sbloccare un pochino la formalità di rapporti della nostra intelligentsja interbellica. Per cui colleghi di lavoro che avevano passato una vita a darsi del lei, e avrebbero continuato volentieri, al'imposizione del voi, che molti rifiutavamo per questioni squisitamente formali, stilistiche e perché in fondo suona tanto cafone, alla faccia dei fumetti della Bonelli che ce l'hanno inculcato a sangue, ecco, quelle persone lì decisero tra colleghi di cominicare a darsi del tu.

Cari redattori di Repubblica, a Napoli lo so pure io che darsi del voi è un segno di inclusione anche tra persone istruite, un riconoscere che si è dei nostri. Però io continuo a sperare che almeno un quotidiano nazionale offra un esempio almeno di stile e vi ricordo che esiste una figura professionale come quella del traduttore, che certi scivoloni non li fa. Mica come i giornalisti, che chiunque è capace.

giovedì 20 maggio 2010

L'interprete nell'immaginario collettivo dei puttanieri

Hai voglia a indignarti per cose tipo "La Pupa e il secchione" e i danni che fanno all'immaginario collettivo. La cosa è altamente più tragica quando l'immaginario distorto riguarda la tua professione, che hai voglia appunto a cercare di non annullare il tuo caratter(accio) nell'uniforme, ti tocca e comunque anche così non sai se il tuo assistito ti sta ascoltando o sta cercando di immaginarsi che mutande porti (e così, per gli eventuali interessati aggiungo che per pura tigna e per restare sveglia io in servizio riesumo i mutandoni a mezza gamba in lana di pecora purissima e spinosa, onde evitare tentazioni, e se insistono gliele pure faccio vedere così almeno per un paio di mesi l'interruttore libido se ne sta bello spento e si può pensare a lavorare seriamente, contenti che ci penso a non negare le informazioni essenziali?)

Da che mi viene questa bottarella barricadera? Semplicemente dal fatto che prima di buttarlo ho iniziato a sfogliare il numero dell'Espresso in omaggio con il "Johan Padan a la descoverta de le Americhe". Che sotto il titolo "Moggi, arbitri ed escort" riporta delle 'puttane di alta classe' (sic/sigh, che a me solo l'espressione alta classe applicata a checchessia me lo fa cadere in antipatia) a cui venivano consegnate le chiavi delle camere di arbitri e guardalinee che poi loro salivano ad aspettare. Che solo per questo, se mi trovassi una persona non invitata nella camera d'albergo che occupo per motivi di lavoro io chiamerei il 113 e farei una bella ramanzina alla direzione, ma appunto, un povero arbitro o guardalinee affaticato dopo la partita magari non ci arriva. Messo a confronto con le dichiarazioni delle sue prestatrici d'opera (una frase che voglio riprodurvi integralmente) "Moggia si difende come Scajola: non si era accorto di nulla, pensava a semplici "hostess" o "interpreti", comunque faceva tutto Pavarese".

Pardon?

Cioè, mi state dicendo che dopo aver dovuto introdurre il lemma 'escort' come sinonimo pudico di meretrice, adesso ai poveri accademici della Crusca tocca pure passare l'estate chie viene a disquisire sul termine 'interprete'?

No, ditemelo che così una si regola, e magari è pure utile per quei genitori di maturandi che si sono comprati lo stesso numero che ho io dell'Espresso per chiarirsi le idee sul futuro dei pargoli alla scelta della facoltà. Almeno capiscono che invece di pagargli una scuola interpreti seria, che manco è uno scherzo, fanno prima a far rifare le tette alla pargola che poi la carriera procede senza intoppi.

Un post perfettamente inutile, ne convengo.

Rimane il fatto che io non so come valutare gente che più che farsi amare a pagamento, che sarebbero pure fatti loro privati se le parcelle se le pagassero da sé e non con soldi pubblici o mazzette imboscate, hanno questa deplorevole tendenza a cascare dalle nuvole: io, pagare una donna, ma scherziamo, e pensare che mi illudevo fosse il mio fascino selvaggio, che avercelo tutti, quel fascino selvaggio lì, sarebbe proprio una bella cosa.

No, questa è gente che non ha neanche il coraggio di guardarsi in faccia allo specchio e dire: io sto facendo la figura da mentecatto con me stesso, la mia famiglia e i miei datori di lavoro per che cosa? Una scopata mercenaria. E come (perché è sempre il come la cosa importante): non prendendomi la responsabilità dei miei hobby, cercarmela e prenotarmela da me e poi metterle io personalmente i soldi in mano. No, fingendo che non so nulla di quello che mi accade e preferendo ignorare i puri e semplici fatti. Questo nel contesto in cui si spera che uno riesca a fingere di essere almeno per un po' sé stesso, perché se uno non riesce a mollare la maschera almeno nel momento liberatorio di un orgasmo vuol dire o che non è in grado di godere, o che si è scordato come smettere di fingere.

In entrambi i casi, lo frequentereste uno così? Avreste qualche argomento di conversazione, un piano di affinità umana che vi permetta di tollerarne la compagnia per quella manciata di minuti che la socializzazione richiede? Non è moralismo, è che le azioni della gente la qualificano senza remissione di peccato.

E allora, porca miseria, tu, arbitro, o ministro, o grand commis, tu che sei nella posizione di chiedere le mazzette che vuoi, se fosse poi che sono i soldi a motivare le tue scelte di disonestà, tu ti accontenti di non mandare via quella sconosciuta he ti ritrovi in camera? Ci vuole davvero così poco? È questo il tuo spazio di trattativa? No, ditemelo perché mi interessa sapere sul serio le motivazioni di certa gente.

domenica 7 marzo 2010

Delle traduzioni giurate e della burocrazia: istruzioni per l'uso

Cari e belli i miei cocchi, volevo postarvi delle foto al mare fatte giovedì pomeriggio in mezz'ora, che di più si congelava e non si poteva, ma mi sovviene una questione deontologico-professionale di cui mi preme sfogarmi. In fondo elenco alcune situazioni che richiedono il contatto con la burocrazia, tipo patente, iscrizione all'AIRE, matrimonio con cittadini stranieri, riconoscimento di paternità ecc. e quel poco che so in proposito.

Io che non ho mai registrato il mio matrimonio in Olanda perché dopo aver portato l'atto in 4 lingue, modello europeo fatto apposta, per sentirmi dire che volevano l'originale italiano con traduzione giurata, che non per dire, traduttrice ero ma giurata all'epoca no, mi sono girate, ho rifiutato e grazie al signore sono sempre felicemente sposata e il mio stato di famiglia lo comprova, perché al comune di Amsterdam il modello quadrilingue l' hanno accettato e come.

Alla faccia dell'ufficio preposto centrale del'Aja a cui non ho mai mandato nulla. Per dire, quanto mi stanno sul cuore i poveretti che per rogne loro varie gli tocca farsi fare una traduzione giurata di qualsiasi cosa. Che la libera circolazione di merci e persone è una gran cosa ma va pari pari con rogne burocratiche che lèvati.

Perché nel frattempo traduttrice giurata lo sono eccome, e lo so io come vanno le cose. Dal mio punto di vista e di quello di infiniti colleghi che giurati si, ma come certi cattolici non praticano, le traduzioni di documenti, papiri ed atti, nonché libretti di circolazione sono la cosa più rognosa del mondo. Io invece pratico e ogni volta me ne pento. Però è anche vero che così conosco un sacco di gente simpatica e alla fine siamo al mondo per questo, no? Per relazionarci con gli altri.

Perché la normalizzazione, e che bella cosa sarebbe se esistesse. Invece qui ognuno scrive e formula come gli pare e quello che gli pare, ed ogni volta e come la prima volta. e la parte più lunga e noiosa non è la traduzione in sé, figuriamoci, è la fase di controllo, e compilazione della dichiarazione in cui su tutto quanto ho di più caro tocca dire che si è vero, ho tradotto secondo onore scienza e coscienza e per favore non menatemi, però poi ti tocca essere sicurissima di tutto, anche delle virgole, e non so se avete presente i certificati, atti e libretti vari che palle che sono, vero? Tutto un layout da riprodurre e la righina, e il caratterino e il paragrafo che ti si sposta di botto a destra mentre tu lo vuoi centrato e discutici con sta roba. Ci vuole il suo tempo.

E questo sarebbe il minimo, la cosa peggiore è la comunicazione con il cliente, che io lo capisco benissimo che non si capacita che tre righe di atto di residenza costino così tanto. E che ci vuole a tradurlo, sarei capace anch'io, dice. E lo so cocco, ma io sono giurata (e non vi dico che palle per diventarlo) e tu no e lo capisco da me che dà fastidio, ma non me lo sono inventata io.

Perché poi sfatiamo il mito che a tradurre son capaci tutti. Sarà forse così, ma le traduzioni le fanno meglio i traduttori.

Quindi una rapida lista di cose da tenere a mente per quando dovrete (ma vi auguro di no) presentare una checchessia traduzione. Non è pubblicità, chi mi vuole mi trova già su tutte le liste del mondo.

1) Posso giurare solo cose che ho tradotto io. Non me la sono inventata, sono proprio tenuta dal codice della mia associazione professionale, che è vero che è su base volontaria, ma l'ho fatto, ci credo ed ho ottimi motivi per tenermela così.

2) Posso firmare solo traduzioni di cui ho visto l'originale o la copia che ci allego. Per ridurre i tempi delle volte preferisco farmi mandare una copia e lavorare su quella, ma al momento della consegna devo poter vedere l'originale in questione. Il che implica o corrieri o un incontro di persona, che anche quello richiede tempo, organizzazione e spostamenti che nessuno paga.

3) NON mandate mai un originale per posta. Una volta un cliente mi ha mandato la patente che non mi è arrivata se non dopo un paio di settimane. Un patema per tutti e due che non vi dico, io poi con queste cose mi stresso da matti, evitatemele. Se proprio dovete mandare un originale per posta fate almeno un'assicurata, che non cambia le cose se per caso si perde, ma meglio di niente. Avete un codice con cui rintracciarla su Internet per vedere se è ancora per strada o se è stata consegnata (eh, le poste olandesi che figata).

4)Il cliente che si offre di farmi lui delle traduzioni è un'arma a doppio taglio: è chiaro che se ci sono cose misteriosissime (titoli, materie, esami e cose varie) che lui per dovere d'ufficio sa e io no e mi tocca passare mezza giornata a documentarmi, è bene che ci mettiamo d'accordo che me li controlla o dice lui così io pure faccio prima a ritrovarmeli. Ma questo non mi esime dal controllare di persona tutto quello che sta nella mia traduzione. È lavoro anche quello e meno male che adesso c'è Internet, i libretti delle auto che mi toccavano a inizio carriera lo so io quante telefonate con il meccanico di mio fratello mi costavano.

5) Il cliente che insiste per tradurre lui e io devo solo mettere il timbro ha sbagliato indirizzo. Perché su quella traduzione c'è il mio nome e la mia faccia, e controllare una traduzione fatta da un profano ci vuole delle volte più tempo che a tradursela da sé. A parte tutto il resto del lavoro invisibile che è comunque tutto mio.

6) Le tariffe: su queste mi metto sempre la mano sul cuore e sbaglio, perché qualunque cosa faccia è sempre troppo per il privato che non si rende conto del lavoro che c'è dietro. In genere ci sono cose che per principio faccio gratis, perché ho imparato con il tempo che è meglio farle gratis le cose che farle sottoprezzo con le palle girate e sapendo che ci stai rimettendo e comunque dando la sensazione a chi ti paga (troppo poco) che è lui a farti un favore a te. Diciamo che veramente mi regolo secondo le circostanze e che potendo nascite e funerali tiro a farli gratis ma solo a gente che mi piace a pelle o che conosco. I matrimoni e le case, sinceramente, con tutto l'indotto che ci gira intorno, volete risparmiare proprio alle mie spalle? No, eh?

7) In genere tenete presente che molti traduttori giurati hanno abbastanza lavoro con le aziende e si guardano bene dal fare privati, che sono solo rogne. Dagli torto. Che le liste dei traduttori sono sempre poco aggiornate e i 3/4 dei nominativi che trovate sono in pensione, sono in vacanza, hanno cambiato lavoro, indirizzo, telefono e vita, e che l'abbiano comunicato o meno, la lista risale ad almeno 2-3 anni fa e quindi ciccia. tocca chiamare venti persone prima di trovare il traduttore che te lo fa il lavoro.

Armatevi di santa pazienza, cercate comunque un traduttore singolo piuttosto che un'agenzia che ci deve guadagnare anche lei e non riducetevi all'ultimo minuto che è un guaio. L'agenzia mette tutto in mano a un corriere che va e viene e costa e vi tocca pagare pure quello. Però se avete fretta e i soldi non sono un problema, fate fare a un'agenzia che le fa tutti i giorni queste cose e va spiccia.

Tutto questo lo dico perché delle volte rimango incastrata con gli amici a cui mi secca di dire di no e con gli amici degli amici a cui di mio avrei dovuto e voluto dire di no subito, ma non ci sono riuscita e finisce a volte a schifìo e io mi sono pure stufata, che di costituzione nella vita vorrei poter essere messa in condizione di far bene quello che so fare bene e non fare quello che non ho voglia di fare.

Non che di domenica mattina mi tocca rinunciare alla piscina con i bambini per i comodi degli altri che alla fine mi mandano pure al diavolo per telefono dopo che ho perso dei giorni per incastrarli nel mio schema che non permetteva il dono dell'ubiquità. Perché loro la domenica mattina vanno fuori porta, a differenza mia, e poi il resto della settimana lavorano, e vogliono venire di domenica pomeriggio, che io invece ci avrei un bel museo da vedermi con i bambini che trascuro troppo nel wekend.

Purtroppo un paio di cose vi toccano:

La patente, se state per almeno un anno o due in Olanda, dopo 6 mesi dovete cambiarla con una olandese. Se vi è scaduta quella italiana invece di rifarla e cambiarla vi fate fare dalla motorizzazione in Italia una dichiarazione di titolarietà, che farete tradurre e giurare, e con quella vi presentate al comune di residenza in Olanda che vi fa tutto. (Io che non lo sapevo e neanche avevo la macchina ci ho messo 7 anni per capirlo, e ci sono andata con il patema temendo che mi avrebbero arrestata, multata, insultata, invece no, ho la patente olandese ed è comodissima per identificarsi senza stare a portarsi dietro il passaporto. Ci ho pure votato, per dire, fatto la tessera della biblioteca e svariate cosine utili).

L'iscrizione all'AIRE
È una di quelle cose che gli italiani se possono evitano come la peste, ma a mio avviso è un mito. Fatela che è meglio. A parte che anche quella è obbligatoria dopo 6 mesi di residenza all'estero, e capisco anche che è scomodo ogni volta andare al consolato per tutte le cose burocratiche, però i vantaggi sul lungo termine sono maggiori degli svantaggi, venite inseriti nelle liste elettorali per votare da qui (che è un nostro diritto costituzionale, non ce lo scordiamo), se vi scade il passaporto ve lo rifanno senza dover tornare in Italia e comunque il consolato ci rappresenta qui e quindi facciamoci rappresentare.

Matrimonio con cittadino statunitense
Per sposarsi in Italia occorre anche presentare un certificato di stato libero. Negli USA però non ce l'hanno, quindi non possono neanche rilasciarvelo. Senza certificato gli italiani non vi sposano. Che fare? Basta prendere appuntamento in consolato, recarvi accompagnati da testimoni che sotto giuramento dichiarino di conoscere lo sposo e saperlo libero di contrarre matrimonio (e come lo sanno sono affari loro), portarvi eventualmente il solito interprete giurato se sposi e testimoni non conoscono l'italiano, firmare quest'atto e poi via.

A volte lo fanno persone, magari di origine ma non di nazionalità italiana, che vogliono sposarsi in Italia ma risiedono qui e le pubblicazioni quindi le fanno anche qui per comodità. Ecco, si può anche se non sono connazionali (e poi dite che il consolato, nei limiti del personale disponibile sempre troppo poco rispetto alle richieste, non è a disposizione dei cittadini, anche di quelli altrui).

Atti notarili
Una legge abbastanza recente sul notariato nei Paesi Bassi impone ai notai di assumersi la responsabilità della comprensione dell'atto stipulato, letto e firmato da parte di persone che non parlano (bene) olandese. Altrimenti costoro a posteriori potrebbero contestare la firma sull'atto con la scusa che hanno firmato senza aver capito bene di cosa si trattava. Quindi anche se potete comunicare con il notaio in inglese, l'atto va sempre stipulato in olandese e parecchi notai impongono un interprete giurato (che non esiste, esiste la figura del traduttore giurato e tocca poi trovarne uno che sia anche interprete) per stare tranquilli loro. Il conto lo presentano a voi. Mi è capitato diverse volte di essere contattata direttamente da un notaio o dall'agenzia di cui si serve il notaio, per scoprire che i comparenti erano miei amici o conoscenti, che magari facevano prima a contattarmi direttamente.

Quindi per atti di compravendita immobili o di convivenza, se proprio uno non si vuole sposare, testamenti o altro, in genere vado a finire dal notaio, cosa che mi è stata molto utile quando ho comprato casa, ormai sapevo tutti i trucchi, anche se pure lì mi hanno messo una clausola che non conoscevo ancora.

Riconoscimento di paternità
Il padre è per legge il marito della madre all'atto del concepimento. Una mia amica straniera divorziata e risposatasi, per un errore di trascrizione dell'atto di divorzio, datato con due anni di ritardo, si è vista arrivare a un certo punto, d'ufficio, un nuovo atto di nascita (con a paternità dell'ex-marito) per il bambino avuto con il marito olandese e un mandato di deportazione per lei e il figlio.

Cos'era successo, l'impiegato zelante constatata la data dell'atto di divorzio, calcolato che in base all'errore all'epoca del concepimento lei era ancora sposata con l'ex-marito, deciso che quindi l'attuale marito nonché padre biologico del bambino non era il fecondatore dello stesso, concluse che né lei né il figlio avevano diritto di stare in Olanda per via del matrimonio. Un casino per farsi correggere la trascrizione e rimettere tutto a posto, per non parlare delle spese legali, per non dire lo stress e alla fine non si sono neanche scusati.

Se uno non è sposato ed ha figli, ma non è quindi il marito della madre, la cosa si complica. In caso di convivenza il riconoscimento di paternità da parte del convivente va presentato prima della nascita. In caso di un coniuge italiano e un coniuge straniero a dei miei conoscenti è successo che i primi figli, riconosciuti prima della nascita, avevano il cognome e la nazionalità olandese del padre. L'ultimo figlio, nato una decina di anni dopo e quindi non ci hanno pensato per tempo perché si sono scordati, è stato dichiarato dopo la nascita, e si è ritrovato la nazionalità italiana e il cognome della madre, diverso quindi da quello del padre e dei fratelli biologici. Anche lì, nomina un tutore, metti di mezzo il Tribunale dei minori, paga avvocati e traduzioni e poi tutto si sistema, ma quante rogne signora mia.

Quindi: spero di avervi fatto cosa utile a ricordarvelo, perché anche se uno fa del proprio meglio, ad aver commercio intimo con l'Olanda e gli olandesi prima o poi una traduzione giurata magari ti tocca. E se imparate in proprio l'olandese male non fa, guardate i corsi della Scuola d'Italia, per esempio (www.ondaitaliana.org).

mercoledì 16 dicembre 2009

Professionalità e approssimazione

Mi raccontano che un paio di giorni fa, alla televisione polacca, un esperto dei servizi di sicurezza è stato invitato a commentare sulla nota duomata.

Esaminando le immagini, l'esperto ricordava che la regola numero uno dell'addetto alla sicurezza in una situazione del genere sia di tener d'occhio la folla alla ricerca di segnali forieri di attacco. Nel caso in questione gli addetti invece pare che guardassero solo il proprio assistito, ignorando cosa stava succedendo intorno. Ma dove l'hanno preso il patentino di guardia del corpo, alla scuola radio elettra?

Questo, lo ricordo, quando da due mesi pare ci fosse un allarme sicurezza che prevedeva gesti inconsulti da parte di uno squilibrato. E lo squilibrato è saltato fuori, adesso più passa il tempo più pare lo avessero visto, sentito, assistito, aizzato chi, non si sa bene e con quale credibilità, nemmeno. Così ben confezionato, lo squilibrato, da sembrare una di quelle palle con i fiocchi di neve che si muovono se le agiti.

Io continuo a chiedermi dove sia la professionalità e dove l'approssimazione.

Ma quando si tratta del governo italiano e della gente che tiene a busta paga, lo confesso, mi capita spesso di chiedermi dove siano questi due elementi e su quale piatto della bilancia pesino.

Fatture

Il mio peggior difetto è l'amministrazione ballerina. Meno male che ho il capo che ci sta dietro, perché io davvero mi scorderei di farmi pagare ad libitum.

E in linea di massima neanche posso lamentarmi. In 11 anni di attività gli unici buffi grossi davvero me li hanno dati degli italiani, amici tra di loro, tra parentesi, ma, ho scoperto dopo, gente di un genere tanto brutto che ho rinunciato direttamente a discuterci. A mia discolpa ho che ero incinta, labile, e soprattutto concentrata ad offrirli, i servizi, e bene, piuttosto che a farmi pagare. Mi era proprio sfuggito che avevano cognomi molto noti all'antimafia.

Anche per questo devo dirmi fortunata che in genere i miei clienti nuovi sono referenziati. Nel senso che qualcuno che conosce entrambi ci presenta, il che è rassicurante. Ho chiuso con dei settori di attività che mi comportavano uno sforzo amministrativo e un rischio di mancati pagamenti a cui star dietro fino allo sfinimento, perché mi sono resa conto che quello che era il mio margine di guadagno non giustificava i costi e la fatica e bastava un mancato pagamento che ci rimettevo pure.

Lo spiegavo ad un esterrefatto venditore di Pagine Gialle, anni fa, che mi faceva osservare che se non gli pagavo la cifra esorbitante che mi chiedeva, i clienti non sarebbero mai riusciti a trovarmi.

"No, guardi, in realtà il problema delle Pagine Gialle è che mi trovano le persone sbagliate, i clienti che non vorrei. Quelli che non conosco".

Gli devo aver sconvolto il senso batavo traffichino. Ma ci sono clienti che se uno può evita.

Ora, io capisco che il momento è difficile, la liquidità scarseggia, la gente ti paga in ritardo. Io sto davvero con l'acqua alla gola per via degli insoluti. Ma la cosa che mi sconvolge assolutamente è un mio cliente regolare, per carità, e per il quale faccio con piacere lavoretti che un sacco di gente in Italia farebbe pure gratis e che io mi diverto a fare. Dirò di più, mi fa figo dire che faccio quei lavoretti lì per loro. Ma soprattutto mi diverto, ecco.

Però nella mia ingenuità, è una cosa talmente saltuaria che io mi scordo di fatturare, ecco. Così a ottobre gli mando una fattura per gli ultimi due anni, e quello prima rinuncio persino a controllarlo e ci metto una pietra sopra.

Poi mi sono ricordata che altri free lance che lavorano per loro dicevano che come politica hanno quella di tener lì i pagamenti ad aspettare finché non protesti. Il che mi pare una cosa riprovevole, ma mi spiega come gira il mondo al di fuori del mio piccolo buco di professionista con il vizio del perfezionismo, nell' esecuzione, se non nell'amministrazione.

Allora oggi ho chiamato l'amministrazione, che mi fa: ah, si sta ancora qui, la pao al prossimo giro. Quando venerdì. Va bene.

Ho aspettato due anni, posso aspettare ancora due giorni.

Però nel frattempo mi sta venendo il dubbio che dovrei richiamarli e pretendere che me lo paghi oggi. Il fatto è che io la gente con la faccia come il culo la trovo sinceramente disarmante.

Mi sa che forse è meglio che gli faccia un'altra fattura. Quella delle emorroidi, con tanti auguri di un bianco natale. Si accettano consigli e ricette.

sabato 16 maggio 2009

Baci fugaci

Uno dice, salutarsi con un bacetto sulla guancia, che sarà mai? A parte che al mio matrimonio non ci ho azzeccato con nessuno: gli italiani si baciano due volte da sinistra a destra, gli olandesi tre ma da destra a sinistra (o sono le direzioni contrarie?), i polacchi e i francesi 4 volte, gli inglesi non bacerebbero ma ai matrimoni in Italia gli tocca. Io mi sono confusa SEMPRE, che devo dire?

Poi c'è un'altra differenza: gli olandesi non si baciano fissi per salutarsi, ma solo se davvero non ti vedono da un sacco di tempo, e lì abbondano. Un'amica che vedi tutti i giorni o quasi, le urli un saluto a distanza, e poi ti avvicini, non la baci. In Italia magari le darei un bacetto solo, ma lo farei.

Poi frequentando gli italiani gli olandesi ci prendono gusto e ti baciano sempre e comunque e ogni volta da tre lati, e ogni volta io istintivamente inizio dal lato sbagliato e ci scontriamo nasi e occhiali. Che fatica, dio mio.

Io certe volte, specie se son gruppi che devo salutare, mi alzo, agito la mano, dico: consideratevi baciati, e me ne vado.

E pensare che di mio sarei tanto baciosa e coccolosa, ma la vita e le pippe mentali mi inibiscono. Per esempio in Olanda, per anni sono stata eccessivamente formale, che non sapevo mai se e quando ci si può considerare in kissing terms con qualcuno.

La mia amica Anna mi ha tolto il dubbio: lei saluta baciando tutti, amici, parenti, semplici conoscenti, corsisti, dicendo: chissenefrega, tanto sono italiana. Lo faccio anch'io adesso.

Così oggi mi sono baciata con tre persone che non conoscevo: con la mamma russa dell'amichetto di Orso, che era stato invitato al compleanno. Entro, lo consegno, mi scuso che non posso restare che sono parcheggiata di traverso e mi aspettano altrove e già che ci siamo ci baciamo tre volte, con il chissenefrega mio e il: bacio russo-italiano che dice lei. Mi piace proprio questa donna, anche se la vedo per la seconda volta in vita mia.

Poi sono andata alla giornata a porte aperte di Wine Masters, due ragazze che organizzano eventi, assaggi e cose varie su cibo e vino. Cercavano sommelier donna, gli avevo mandato un curriculum, per due volte sfighe varie ci hanno impedito di conoscerci e mi sono detta: oggi o mai più.

Ci siamo dette tre parole, assaggiato vini, poi siccome entravano persone varie le ho lasciate e con Corria ci siamo spontaneamente baciate tre volte. Cosa che per gli olandesi è strana, per me un attimo pure che sul lavoro sono sempre tanto formale, ma secondo me ci siamo piaciute.

Alla fine sono scappata via perché dopo mesi di bloggaggio reciproco, con Giulio siamo riusciti a combinare per un caffé e anche lì, che ho deciso che i blogger li bacio al volo quando per una volta mi capitano tra le grinfie dal vivo.

E ultimamente ho deciso di perdere tutti i freni inibitori, e un amico di passaggio, che incontro sempre alle varie feste, concerti ecc., che è una gran bella persona e soprattutto mi fa tanto senso di coccole, ultimamente se lo vedo lo inseguo per sbaciucchiarmelo sulle guancette. Finché non si fidanza, io ne approfitto.

giovedì 27 novembre 2008

Deontologia professionale: l'immagine dell'interprete nella coscienza nazionale

Gli olandesi, tanto per dirne una, per anni avevano la fama di quelli che sanno tante lingue. Quando sono arrivata qui nel '90, non solo mi sconvolgevo a sentire come parlassero bene in inglese anche gli studenti di facoltà non linguistico/letterarie, ma un po' tutti. Il patataro al mercato, per dire.

Quell'anno uno dei miei giovani cognati faceva la maturità e così scoprii il fenomeno della lista dei libri: entro la fine dell'anno per ogni lingua bisognava leggere una lista obbligatoria di 10 libri in quella lingua.

(Nella lista ci va letteratura anche molto contemporanea, infatti un sacco di adolescenti finiscono per leggersi Giphart, che parla tanto di sesso, signora mia, come ha spiegato lui come si fa un pompino a regola d'arte in Phileine zegt sorry, nessuno. Però scrive bene ed è un po' oltre la semplice narrativa. Lo hanno tradotto in italiano).

Comunque, dicevo, il cognato con un penchant tanto letterario/linguistico aveva deciso di portare come materia d'esame olandese, inglese, francese e tedesco. Che al liceo ci sono un tot di materie facoltative, e va bene che chi va al ginnasio spesso ci va su consiglio dei genitori che poi lo costringono anche a farsi latino e greco, ma le lingue se le era scelte tutte lui.

Risultato, sua madre quell'anno si rilesse un bel po' di classici della letteratura francese per fargli i riassunti, che 40 romanzi in una normale cariera scolastica, magari in italiano alla sua età io me li sarei pure fatti, ma letture in lingua, godermele davvero, ho cominciato solo dopo la laurea. Poi lui si è iscritto a russo, per passione degli amici stranieri e dei viaggi e per tigna si è imparato nel corso degli anni un 15 lingue, tutte poi dimenticate perché nel momento in cui ne scopriva una nuova ci si buttava anima e corpo e non aveva tempo di praticare le altre, isnomma, è un plurilingue latente ma adesso insegna inglese ed olandese (valeva la pena, dico io?)

Sto divagando come al solito e nel frattempo non è solo la Gelmini che fa scempio della pubblica istruzione. Da quando sto qui ci sono state tante di quelle riforme scolastiche, più o meno disastrose, che nel frattempo la competenza in inglese delle giovani generazioni si riduce agli intercalari shit, fuck e cool che si sentono a ogni piè sospinto.

Sul fiore dell'imprenditoria e del management italiani, anche se nel corso degli anni dei tenui miglioramenti si vedono, c'è tuttora da mettersi le mani nei capelli. Gli spagnoli, i portoghesi, i greci, ma anche tutta l'Europa dell'est, se vogliamo, è da un pezzo che ci hanno superati.

Meglio per me che faccio la traduttrice e l'interprete? Ma lasciamo perdere. Non c'è infatti professione più bistrattata, nell'economia italiana. L'omfaloscopia (credits: Chiara da Vinci) nazionale è a un livello tale, che persino quando ci sarebbe da guadagnare ed investire, su tutto si spende, tranne sull'unico mezzo che ti permette di muoverti su altri mercati. Comunicare con la gente nella LORO lingua, che ti dà un vantaggio strategico non indifferente.

Per dire, quando alla Confindustria umbra ho raccontato che il capo del team che trattava per l'Antonveneta, anni prima che ne sapessimo qualcosa, mi si fece organizzare un corso di italiano, perché per lui era fondamentale per una trattativa a quel livello non solo avere l'interprete fisso, ma saperla lui la lingua per capire come funzionava la testa dei suoi interlocutori, questi proprio non capivano di cosa stessi parlando. Ma perché perdeva tempo ad imparare l'italiano (sto parlando di uno che quasi ci dormiva, in ufficio, e nella pausa pranzo faceva lezione)?

Per dire, un'azienda in trattative trova normalissimo portarsi dietro un tot di portaborse e badanti benvestiti vari in missione, tutta gente a cui comunque va pagato un biglietto aereo e un albergo, se proprio le loro giornate di lavoro non contano. Una persona in più ti butta su come minimo il budget di un par di migliaia di euro.

Ma l'interprete, l'unica persona della banda con una professionalità, che investe continuamente in questa professionalità ed è quello che ti salva il culo quando stai per firmare un contratto tutto a tuo svantaggio o quando fai la gaffe del secolo per cui il tuo partner si alza, ti dice arrivederci e grazie e lascia il tavolo delle trattative, o che quando stai per credere a una cosa di cui io so con certezza che la legge olandese non la prevede e ti potrei dare uno strumento tattico per volgere le cose a tuo favore adesso, non parecchie parcelle di avvocati e fiscalisti dopo, quello va compensato con la mancia.

In genere, mandi un preventivo già tirato rispetto al mercato in cui operi perché sai che al cliente italiano non bisogna dire come gira il mondo sennò si stranisce. Se va bene seguono trattative sfiancanti. Se va male decidono che si porteranno dietro dall'Italia qualcuno che parla un po' di inglese, o la sorella/figlio/moglie/segretaria del tizio che andava con l'IF in Inghilterra da piccolo.

Questo porta a un'altra situazione: il proliferare di cosiddetti "interpreti" che magari si pagano l'affitto con tutt'altro lavoro, ma all'occorrenza si mettono in malattia e vanno un giorno ad arrotondare. Cosa sia la professionalità che offrono, si lascia facilmente immaginare. Un taxi e un ristorante, se la cavano ancora, ma una trattativa seria no. Però inquinano il mercato, rovinano la reputazione alla categoria e non riusciranno mai a fare seriamente questo lavoro.

Non a caso, le agenzie serie ti chiedono quanti giorni di cabina fai l'anno. Perché se lavori saltuariamente, non puoi tenerti in esercizio, quindi non sei bravo per definizione. Quanti interpreti conosco, che in nome di questo perfezionismo a un certo punto hanno deciso di fare un altro mestiere? E quanti ne conosco che si sono sputtanati con colleghi ed agenzie perché insistevano a fare lingue che un altro avrebbe fatto meglio?

Poi succedono i casini e la colpa era dell'interprete. In generale, quando arrivano richieste per un "interprete" dall'Italia, se non è una cabina capisci già come andrà a finire. Io chiedo subito: mi dica se le occorre un vero interprete o una hostess che sono due cose diverse e anche due tariffe diverse. In genere decidono di portarsi loro qualcuno dietro. Senza capire che solo di spese gli costa di più.

Davvero, la logica di tutto ciò mi sfugge, ma sarà per questo che siamo come siamo.