Io ho degli zii fantastici. I miei zii, in realtà, sono un sacco e sono i cugini di mio padre.
Così la settimana scorsa non solo ho scroccato una cena e un mezzo pieno allo zio preferito (uno dei tanti zii preferiti) che il distributore non accettava carte e io avevo finito i contanti, ma siamo finiti a parlare di Chomski, e di Marcel Danesi, e del prossimo libro di mio zio, che è pazzo, intendiamoci, ripassatevi le leggi di Mendel se non ci credete, ma è anche un genio (e anche qui, ri-ripassatevi le leggi di Mendel), magari incompreso, ma solo perché siamo noi che non ci arriviamo.
Mio zio che si rammarica di aver dato l'esempio sbagliato ai figli, ad aver seguito così testardamente i suoi sogni filosofici. Che a seguire le passioni poi non sai di che pagare il mutuo, lui magari si, ma i figli al giorno d'oggi? Che si preoccupa per Titti, la vede così fragile, ma i padri sono tutti così e lei invece è determinata e concreta, di che ti preoccupi?
E poi ho saputo da mio cugino (che i miei cugini sono i figli dei cugini di mio padre), che suo padre mi legge sempre e talvolta si incazza per quello che scrivo e allora faccio un annuncio pubblico: ma un commentino ogni tanto no? che quando l'ho sentito mi è venuto un colpo, mica ci penso ai parenti che mi leggono silenziosamente. Se lo facessi smetterei.
E poi la cugina-zia, tecnicamente mia cugina (vedi sopra), ma maggiore di mio padre e quindi sempre chiamata zia, che è venuta a vedermi a Roma parcheggiando in sosta vietata e poi è scappata via, sempre vitale come una farfalla anche lei.
Eravamo una famiglia numerosa, lo siamo sempre di più grazie ai nuovi acquisti, ma ci vediamo sempre meno. Mio padre era il grande accentratore, poi ho tentato di esserlo io, adesso mi chiedo, ma chi me lo fa fare?
Però rivedermi i pescaresi tutti in blocco e presenti a Pescara, pure zia Teresina novantenne, con il suo tailleurino pied-de-poule e il baschetto nero, seguita dal suo clan quasi completo, e il clan zio Carlo, che se non era per lui e le sue ripetizioni di matematica continue, col cavolo che mi diplomavo allo scientifico, mi ha fatto un piacere enorme. Il clan conta sempre un pochino, a quanto pare.
Quindi, cari zii e cugini di passaggio su questo blog, ogni tanto fatevi pure sentire così mi regolo.
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sabato 31 ottobre 2009
sabato 20 dicembre 2008
Quello che fa una madre
Ho letto un post di una mamma disperata per aver fatto il cesareo. Si sente una mamma di serie B. e nei commenti ce ne sono altre che dicono lo stesso.
Una mia cara amica è andata in menopausa precoce nel momento in cui ha conosciuto l'uomo con cui voleva fare un figlio. Lo ha fatto in Spagna grazie all'ovulodonazione (si scrive così?) e dice che non avrà mai il coraggio di dirlo al figlio. Per paura che non la ritenga una vera madre.
Poi c'è quella che mi va in crisi perché non ha potuto allattare al seno. Cattiva madre anche lei.
MA SIAMO DIVENTATE TUTTE SCEME?
(Certo che come riesco ad essere confortante io, nessuno).
Signore benedetto, che cosa strana ed incomprensibile è questo senso di colpa a prescindere che va insieme alla maternità. Il complesso della wonderwoman mancata. Il non sentirsi mai all'altezza. Volete che non ne conosca tutte le sfumature che si applicano a me?
Epperò basta. Spezzo una lancia a favore dell'adeguatezza alla maternità a prescindere. Se qualcosa va male sono errori di percorso. Allora, lancio questo sasso e aspetto le vostre onde concentriche sull'acqua. Io comincio, voi continuate. Parliamo degli elementi che fanno di una donna qualsiasi una mamma. Una vera mamma. Una mamma con il bollino blu.
COSA FA UNA MAMMA
1) avere un figlio/a (io ho due maschi e parlo al maschile che mi viene meglio). Ci sono persone che in potenza sono madri nate (uomini e donne), ma è il figlio che cerchi, che trovi, che ti capita, che ti affidano, che ti danno, che ti prendi o che ti sceglie a fare di te una madre
2) fare da madre a tuo figlio. Ovvero, una qualsiasi di queste cose: generarlo, portarlo, partorirlo, allattarlo, nutrirlo con il biberon, fargli le pappine, guardarlo sorridere, insegnarli a parlare, camminare, cosare, tutto il resto. In generale: mettere le sue esigenze prima delle tue e di quelle del tuo uomo. Essere consapevole del suo essere al mondo 24 ore su 24
3) svegliarti di notte per sentire se respira. Respira. Ti riaddormenti serena
4) volergli tanto bene da piangere
5) bastare a te stessa, se c'è lui
6) portarlo al nido, all'asilo, a scuola. Anche il primo giorno alle superiori, ma lo lasci a 200mt. dall'ingresso per non sputtanarlo troppo. O tenerlo per mano e sputtanarlo, ma tanto sei la mamma, è un tuo privilegio
7) andare a parlare con gli insegnanti, correggergli i compiti, occuparti della sua istruzione
8) guardarlo addormentarsi
9) soffrire quando sta male
10) sentirti priva di un pezzo fisico quando non c'è e ci fai caso
11) morire di paura se tarda o sparisce
12) sfracellarlo di botte (o averne l'impulso) quando rientra sano, salvo ed incosciente dopo che tu sei stata lì a morire di paura
13) porti, a causa di tuo figlio, il problema della tua (im)mortalità
14) renderlo autonomo da te e in grado di cavarsela da solo
15) riuscire a farlo incazzare visceralmente come nessun altro al mondo
16) fargli da capro espiatorio contro la vita. È così bello nei momenti di sconforto poter in primo luogo dare a tua madre la colpa di quello che ti fa star male. Poi a mente fredda passa, ma che fortuna poter avere questa valvola di sfogo. Io con la mia lo faccio sempre, le mi vuole bene, non ci patisce troppo e mi perdona subito dopo
Un sacco di altre cose che mi direte voi. Secondo me, se rispondete di si ad almeno tre di questi punti, sapendo che lo fate in modo disinteressato e pensando al meglio del figlio, siete delle mamme di serie A.
Poi certo, ci sono altri punti che arrivano in conseguenza della maternità. Diventi ricattabile. Diventare pericolosa (guai a chi te lo tocca). E soprattutto: cominci ad avere i sensi di colpa e ritenerti inadeguata. Ma ci siamo già dette che questa è una cosa inutile. Peggio, è dannosa. Vi impedisce di prendervi davvero cura di vostro figlio e della vostra famiglia. È questo che vogliamo?
No, quindi da oggi basta con i sensi di colpa.
Appendice: e i padri, mi direte, cosè che fa un padre? Beh, diciamo innanzitutto che il mio manuale dice che il bambino riconosce come padre colui che la madre gli presenta come tale. È la madre che fa il padre. Ma poi, lo si diventa sul campo, condividendo i punti sopra (ove applicabili).
Una cosa che mi piace molto dell'Olanda è che si distingue talvolta tra padre biologico e padre sociale. Il padre sociale è colui che appunto vive il bambino nella sua quotidianità e a tutti gli effetti fa le veci del padre.
Però spezziamo una lancia per i padri che non vivono con i propri figli (perché divorziati, o lavorano fuori o altri casi della vita). Possono sempre rivendicare il proprio ruolo paterno aiutando a crescere il figlio, dandogli un esempio positivo con la propria vita ed occupandosi di tutte le cose importanti, ma magari meno quotidiane, del suo sviluppo e della sua educazione. Insomma, il padre che odia il calcio ma ogni sabato porta il figlio ad allenarsi e lo segue nelle trasferte, secondo me si è guadagnato i gradi sul campo. Qualunque sia il suo rapporto con il bambino.
Insomma, basta così o devo continuare? Qualunque genitore si ponga come priorità l'interesse dei propri figli, è un genitore di serie A e basta pippe. Va sostenuto incondizionatamente in questo compito grande, bellissimo e sfinente.
Una mia cara amica è andata in menopausa precoce nel momento in cui ha conosciuto l'uomo con cui voleva fare un figlio. Lo ha fatto in Spagna grazie all'ovulodonazione (si scrive così?) e dice che non avrà mai il coraggio di dirlo al figlio. Per paura che non la ritenga una vera madre.
Poi c'è quella che mi va in crisi perché non ha potuto allattare al seno. Cattiva madre anche lei.
MA SIAMO DIVENTATE TUTTE SCEME?
(Certo che come riesco ad essere confortante io, nessuno).
Signore benedetto, che cosa strana ed incomprensibile è questo senso di colpa a prescindere che va insieme alla maternità. Il complesso della wonderwoman mancata. Il non sentirsi mai all'altezza. Volete che non ne conosca tutte le sfumature che si applicano a me?
Epperò basta. Spezzo una lancia a favore dell'adeguatezza alla maternità a prescindere. Se qualcosa va male sono errori di percorso. Allora, lancio questo sasso e aspetto le vostre onde concentriche sull'acqua. Io comincio, voi continuate. Parliamo degli elementi che fanno di una donna qualsiasi una mamma. Una vera mamma. Una mamma con il bollino blu.
COSA FA UNA MAMMA
1) avere un figlio/a (io ho due maschi e parlo al maschile che mi viene meglio). Ci sono persone che in potenza sono madri nate (uomini e donne), ma è il figlio che cerchi, che trovi, che ti capita, che ti affidano, che ti danno, che ti prendi o che ti sceglie a fare di te una madre
2) fare da madre a tuo figlio. Ovvero, una qualsiasi di queste cose: generarlo, portarlo, partorirlo, allattarlo, nutrirlo con il biberon, fargli le pappine, guardarlo sorridere, insegnarli a parlare, camminare, cosare, tutto il resto. In generale: mettere le sue esigenze prima delle tue e di quelle del tuo uomo. Essere consapevole del suo essere al mondo 24 ore su 24
3) svegliarti di notte per sentire se respira. Respira. Ti riaddormenti serena
4) volergli tanto bene da piangere
5) bastare a te stessa, se c'è lui
6) portarlo al nido, all'asilo, a scuola. Anche il primo giorno alle superiori, ma lo lasci a 200mt. dall'ingresso per non sputtanarlo troppo. O tenerlo per mano e sputtanarlo, ma tanto sei la mamma, è un tuo privilegio
7) andare a parlare con gli insegnanti, correggergli i compiti, occuparti della sua istruzione
8) guardarlo addormentarsi
9) soffrire quando sta male
10) sentirti priva di un pezzo fisico quando non c'è e ci fai caso
11) morire di paura se tarda o sparisce
12) sfracellarlo di botte (o averne l'impulso) quando rientra sano, salvo ed incosciente dopo che tu sei stata lì a morire di paura
13) porti, a causa di tuo figlio, il problema della tua (im)mortalità
14) renderlo autonomo da te e in grado di cavarsela da solo
15) riuscire a farlo incazzare visceralmente come nessun altro al mondo
16) fargli da capro espiatorio contro la vita. È così bello nei momenti di sconforto poter in primo luogo dare a tua madre la colpa di quello che ti fa star male. Poi a mente fredda passa, ma che fortuna poter avere questa valvola di sfogo. Io con la mia lo faccio sempre, le mi vuole bene, non ci patisce troppo e mi perdona subito dopo
Un sacco di altre cose che mi direte voi. Secondo me, se rispondete di si ad almeno tre di questi punti, sapendo che lo fate in modo disinteressato e pensando al meglio del figlio, siete delle mamme di serie A.
Poi certo, ci sono altri punti che arrivano in conseguenza della maternità. Diventi ricattabile. Diventare pericolosa (guai a chi te lo tocca). E soprattutto: cominci ad avere i sensi di colpa e ritenerti inadeguata. Ma ci siamo già dette che questa è una cosa inutile. Peggio, è dannosa. Vi impedisce di prendervi davvero cura di vostro figlio e della vostra famiglia. È questo che vogliamo?
No, quindi da oggi basta con i sensi di colpa.
Appendice: e i padri, mi direte, cosè che fa un padre? Beh, diciamo innanzitutto che il mio manuale dice che il bambino riconosce come padre colui che la madre gli presenta come tale. È la madre che fa il padre. Ma poi, lo si diventa sul campo, condividendo i punti sopra (ove applicabili).
Una cosa che mi piace molto dell'Olanda è che si distingue talvolta tra padre biologico e padre sociale. Il padre sociale è colui che appunto vive il bambino nella sua quotidianità e a tutti gli effetti fa le veci del padre.
Però spezziamo una lancia per i padri che non vivono con i propri figli (perché divorziati, o lavorano fuori o altri casi della vita). Possono sempre rivendicare il proprio ruolo paterno aiutando a crescere il figlio, dandogli un esempio positivo con la propria vita ed occupandosi di tutte le cose importanti, ma magari meno quotidiane, del suo sviluppo e della sua educazione. Insomma, il padre che odia il calcio ma ogni sabato porta il figlio ad allenarsi e lo segue nelle trasferte, secondo me si è guadagnato i gradi sul campo. Qualunque sia il suo rapporto con il bambino.
Insomma, basta così o devo continuare? Qualunque genitore si ponga come priorità l'interesse dei propri figli, è un genitore di serie A e basta pippe. Va sostenuto incondizionatamente in questo compito grande, bellissimo e sfinente.
giovedì 4 dicembre 2008
Riti di fertilità
Io non so le femmine presenti, ma a me le mestruaizoni hanno sempre dato un enorme fastidio. Proprio da chiedersi, se è vera la storia dell'intelligent design, se non potessero inventarsi un modo più intelligente, considerato che la perpetuazione della specie è la loro fissa. E visto che hanno anche problemi con il sesso, se non potevamo spicciarci con la partenogenesi e pace, che ci risparmiavamo un sacco di seccature.
A partire dal momento in cui l'urgenza di rirpodurmi è venuta anche a me, non avete idea: il fastidio è diventato linea recta un grosso senso di insulto. Come si permette la natura, di non tener conto dei geni bellissimi che io e il capo siamo in grado di distribuire per il mondo, a darcene l'occasione.
Vabbé, la natura si deve essere scocciata di sentirmi, che dopo un paio di falsi allarmi (che vieppiù ci facevano sentire insultati - e adesso cosa c'è che non va con la mia placenta, eh? non ti piace la carta da parati, forse?) e quattro anni e mezzo di mestruazioni inutili è arrivato ennio. Poi, a malapena avevo finito di allattare e rimettermi gli ormoni a posto, è saltato fuori Orso. Lì non mi lamento, è andata bene da subito, forse in fondo era partenogenesi. Che in quel periodo lì mi tenevo con il cucchiaino.
Ovviamente ho subito voluto il terzo, ma saggiamente, intanto che i cucchiaini si riempivano, mi sono data una pausa di sicurezza. Passata quella, eccoci, siamo qui, siamo pronti, quando succede qualcosa?
Perdire che una così diventa superstiziosa. Cerca anomalie in qualsiasi mestruazione, tentando di illudersi che non è veramente quello che inequivocabilmente sembra, ma una perditina, una cosina, un incidente di percorso, un iniziodi gravidanza anomalo.
È che da piccola ho avuto per anni un cane dalle gravidanze isteriche, e quindi non ho niente da imparare in proposito. Mi convinco di tutto.
Il che, si capisce, poi crea situazioni strane. Cioè, che in passato, per ben due volte, ogni volta che il capo cominicava con: sarà il caso che ti compri un test, secondo me sei in ritardo, e io, immancabilmente e convinta, noo, ma come ti viene in mente, non è possibile, eddai, non c'ho voglia di comprarmi il test, tanto se aspettiamo un po' si capisce da sé.
E infatti si capiva, ma nel frattempo avevamo anche fatto il test, che il capo è un uomo che nn demorde, se necessario va a comprarmelo lui.
Secondo me deriva da quella volta che, smessa la pillola e con una voglia di figli da averne fame, giuro, era una sensazione fisica proprio come la fame, che nel mio caso è una cosa brutta, abbiamo fatto un test. il primo. Positivo.
Yuppie, yuppie. mi fiondo dal medico, che il mio medico su fertilità, parti e bambini è fantastica (sarà che un periodo era in licenza da adozione pure lei). Mi rifà il test. niente.
"Mi dispiace, ci tenevi tanto?"
"Mah, no, in fondo forse non è neanche il momento ideale, no, dai nonn importa".
E pensavo, questa qui deve prendermi per una cretina, tre minuti fa yuppie yuppie, adesso no, ma non è una cosa così importante. È pure la prima volta che ci vengo, che figura.
Ma per fortuna il mio medico capisce bene i suoi polli.
Ecco, da allora veramente, i miei riti di fertilità sono un po'schizofrenici. Adesso per esempio ho deciso di prendermela con calma, di darmi un termine e se non va fra un paio d'anni chiudo baracca, che poi a una certa età un neonato potrebbe non essere più quest'idea geniale.
Per dire che da ieri avrei delle perditine strane. dovrebbe venirmi un dubbio. Ma sono in pieno denial. Il che vuol dire, se tanto mi dà tanto, che sono incinta fino alle orecchie. Ma non può essere, e che è, partenogenesi?
L'ha detto perfino il capo, che alla partenogenesi non ci crede.
"Allora se sei incinta, l'hai fatto con il lattaio" che in Olanda per definizione i figli illeggittimi li ha sempre fatti il lattaio.
Io aspetto. O forse mi comrpo un predictor, rompendo con tutte le tradizioni. che poi, che lo dico a fare? Per me le gravidanze sono ufficiali solo dalle 12 settimane in più.
Che sono una donna superstiziosa.
A partire dal momento in cui l'urgenza di rirpodurmi è venuta anche a me, non avete idea: il fastidio è diventato linea recta un grosso senso di insulto. Come si permette la natura, di non tener conto dei geni bellissimi che io e il capo siamo in grado di distribuire per il mondo, a darcene l'occasione.
Vabbé, la natura si deve essere scocciata di sentirmi, che dopo un paio di falsi allarmi (che vieppiù ci facevano sentire insultati - e adesso cosa c'è che non va con la mia placenta, eh? non ti piace la carta da parati, forse?) e quattro anni e mezzo di mestruazioni inutili è arrivato ennio. Poi, a malapena avevo finito di allattare e rimettermi gli ormoni a posto, è saltato fuori Orso. Lì non mi lamento, è andata bene da subito, forse in fondo era partenogenesi. Che in quel periodo lì mi tenevo con il cucchiaino.
Ovviamente ho subito voluto il terzo, ma saggiamente, intanto che i cucchiaini si riempivano, mi sono data una pausa di sicurezza. Passata quella, eccoci, siamo qui, siamo pronti, quando succede qualcosa?
Perdire che una così diventa superstiziosa. Cerca anomalie in qualsiasi mestruazione, tentando di illudersi che non è veramente quello che inequivocabilmente sembra, ma una perditina, una cosina, un incidente di percorso, un iniziodi gravidanza anomalo.
È che da piccola ho avuto per anni un cane dalle gravidanze isteriche, e quindi non ho niente da imparare in proposito. Mi convinco di tutto.
Il che, si capisce, poi crea situazioni strane. Cioè, che in passato, per ben due volte, ogni volta che il capo cominicava con: sarà il caso che ti compri un test, secondo me sei in ritardo, e io, immancabilmente e convinta, noo, ma come ti viene in mente, non è possibile, eddai, non c'ho voglia di comprarmi il test, tanto se aspettiamo un po' si capisce da sé.
E infatti si capiva, ma nel frattempo avevamo anche fatto il test, che il capo è un uomo che nn demorde, se necessario va a comprarmelo lui.
Secondo me deriva da quella volta che, smessa la pillola e con una voglia di figli da averne fame, giuro, era una sensazione fisica proprio come la fame, che nel mio caso è una cosa brutta, abbiamo fatto un test. il primo. Positivo.
Yuppie, yuppie. mi fiondo dal medico, che il mio medico su fertilità, parti e bambini è fantastica (sarà che un periodo era in licenza da adozione pure lei). Mi rifà il test. niente.
"Mi dispiace, ci tenevi tanto?"
"Mah, no, in fondo forse non è neanche il momento ideale, no, dai nonn importa".
E pensavo, questa qui deve prendermi per una cretina, tre minuti fa yuppie yuppie, adesso no, ma non è una cosa così importante. È pure la prima volta che ci vengo, che figura.
Ma per fortuna il mio medico capisce bene i suoi polli.
Ecco, da allora veramente, i miei riti di fertilità sono un po'schizofrenici. Adesso per esempio ho deciso di prendermela con calma, di darmi un termine e se non va fra un paio d'anni chiudo baracca, che poi a una certa età un neonato potrebbe non essere più quest'idea geniale.
Per dire che da ieri avrei delle perditine strane. dovrebbe venirmi un dubbio. Ma sono in pieno denial. Il che vuol dire, se tanto mi dà tanto, che sono incinta fino alle orecchie. Ma non può essere, e che è, partenogenesi?
L'ha detto perfino il capo, che alla partenogenesi non ci crede.
"Allora se sei incinta, l'hai fatto con il lattaio" che in Olanda per definizione i figli illeggittimi li ha sempre fatti il lattaio.
Io aspetto. O forse mi comrpo un predictor, rompendo con tutte le tradizioni. che poi, che lo dico a fare? Per me le gravidanze sono ufficiali solo dalle 12 settimane in più.
Che sono una donna superstiziosa.
venerdì 11 luglio 2008
Contrappasso
Potrai anche essere una quasi quattordicenne che si annoia, che si atteggia, che non apre bocca fino all'una di pomeriggio e che poiché si annoia decide di far uscire di testa nonna e zia ululando, cantando cose orripilanti, ignorando il resto del mondo per principio, che vieni trascinata per musei quando avresti preferito startene dietro al computer per il quarto giorno consecutivo a chattare con le amiche (e anche noi avremmo preferito starcene a casa, che in fondo quei musei li conosciamo già e girarli con una palla al piede... c'è di meglio nella vita), che anche se una cosa alla fine sei contenta di averla vista, ti guardi bene dal dirlo.
Che ti incazzi se vuoi comprarti i pantaloni più atroci del mondo e tua zia ti dice chiaramente che ti stanno male perché ti fanno il culo a pera e le gambe a X. Protesti, ma saggiamente eviti di comprarteli.
Che fai la bastian contraria per principio.
Però poi rientrano i tuoi cuginetti. Che ti scimmiottano se fai la mossa di ignorarli. Che si giocano a dadi il privilegio di dormire a turno insieme a te (e ti fanno per la gioia anche una pipì a letto). Che ti prendono per culo. Che si fanno inseguire per ore e ore giocando ad acchiapparella e a nascondino. Che ti fanno ridere (guarda che abbiamo sentito benissimo, ridevi anche tu come una bambina felice). Che ti saltano addosso per svegliarti di bacetti e di solletico se tu ti nascondi sotto la coperta per poter ignorare meglio il mondo.
Che uno fa la battaglia di cuscini con te e l'altro cerca ulteriori cuscini per rifonirti di munizioni e te li passa.
Che ti ricordano ogni momento che forse è meglio che sei rimasta figlia unica, ma anche che tutto sommato è un gran peccato.
Cugini: in fondo il rapporto ideale. Ci si può voler bene come fratelli, ma a distanza.
Che ti incazzi se vuoi comprarti i pantaloni più atroci del mondo e tua zia ti dice chiaramente che ti stanno male perché ti fanno il culo a pera e le gambe a X. Protesti, ma saggiamente eviti di comprarteli.
Che fai la bastian contraria per principio.
Però poi rientrano i tuoi cuginetti. Che ti scimmiottano se fai la mossa di ignorarli. Che si giocano a dadi il privilegio di dormire a turno insieme a te (e ti fanno per la gioia anche una pipì a letto). Che ti prendono per culo. Che si fanno inseguire per ore e ore giocando ad acchiapparella e a nascondino. Che ti fanno ridere (guarda che abbiamo sentito benissimo, ridevi anche tu come una bambina felice). Che ti saltano addosso per svegliarti di bacetti e di solletico se tu ti nascondi sotto la coperta per poter ignorare meglio il mondo.
Che uno fa la battaglia di cuscini con te e l'altro cerca ulteriori cuscini per rifonirti di munizioni e te li passa.
Che ti ricordano ogni momento che forse è meglio che sei rimasta figlia unica, ma anche che tutto sommato è un gran peccato.
Cugini: in fondo il rapporto ideale. Ci si può voler bene come fratelli, ma a distanza.
giovedì 19 giugno 2008
Gli angeli esistono
e un paio di loro sono slovacchi. andiamo per ordine.
Già ieri sera Orso non scottava più, stamattina era quasi ipotermico (35,6), ergo è andato a scuola senza patemi. si è fatto l'angelo di sé stesso (e dei poveri genitori affaccendati).
Flavia che per telefono mi ha detto che leggendo sul blog come sto messa, ha quasi avuto la tentazione di prendere un volo e venire. Siccome so che in emergenze vere lo farebbe, conta come angelo numero due della giornata.
Il Martin slovacco non solo ci ha mandato il preventivo promesso (che possiamo permetterci) aggiunge che potrebbero iniziare fra due settimane, invece che a settembre come ci aveva detto. Nient niente che a settembre trasloco?
Il capo non sarebbe il capo se non avesse detto: lo sapevo che come prenotavamo il biglietto per l'Italia succedeva qualcosa che mi dovrò sciroppare da solo in tua assenza. gli ho dimostrato che non è così. E anzi, l'Italia adesso urge ancor più, che devo procurarmi le piastrelle in cotto-non cotto (resistente ai sospiri, come il cotto cotto non è, purtroppo) rosa. Se qualcuno le ha in casa e davvero basta passarci uno nstraccio ogni tanto, mi dite marca e rivenditore pliiis? (Se vi pure ricordate il prezzo). E tutto il resto.
E a questo punto mi vado ad ordinare definitivamente la mia bellissima cucina Bontempi (chissà perché mi viene da dire Bompiani?) con il piano attrezzato in acciaio Foster, la lavastoviglie smeg da 90 cm. e un paio di altre cosine, che non ho tempo di aspettare le bellissime idee realizzabili da altri.
Che quando gli angeli ci si mettono di brutto, le cose cominciano a funzionare.
Dai, che magari il servizio fotografico sulla mia cucina nuova esce con il numero di dicembre. Non è lacosa più importante, ma hyo deciso di buttrla sul pensiero positivo finché ce n'è, fosse la volta che al capo passa la botta di depressione da stress, che come l'ho visto semolinoso ieri (che era un po' che sapevo che stava arrivando, il momentaccio, che quell'uomo è una roccia e le rocce poi crollano con gran polveroni) stavolta ci voleva la cannuccia, manco il cucchiaino per rimetterlo su.
Però, sarà che gli ho detto che uno dei sintomi che mi preoccupavano è che lo vedevo procrastinatore come mai (parlo di uno che ci ha messo quasi due anni a decidere esattamente quale lavatrice e asciugatrice Miele comprare, perchè che dovesse essere Miele lo aveva deciso in due giorni, due anni in cui sporcavamo al secondo e quinto piano, lavavamo a pianoterra e stendevamo al terzo, io ero pure incinta, e questa cosa della lavatrice è rimasto il simbolo di tutto quello per cui io divorzierò, se divorzierò, un giorno, ma ne abbiamo parlato e si sta migliorando), dicevo, la sessione di manutenzione che gli ho fatto ieri deve avergli fatto bene. Stasera alle 17:30 era a casa e mi ha pure comprato il laptop nuovo. voglio dire, gente, quello vecchio è morto da due giorni, ho già il nuovo in casa.
I miracoli esistono, decisamente.
Già ieri sera Orso non scottava più, stamattina era quasi ipotermico (35,6), ergo è andato a scuola senza patemi. si è fatto l'angelo di sé stesso (e dei poveri genitori affaccendati).
Flavia che per telefono mi ha detto che leggendo sul blog come sto messa, ha quasi avuto la tentazione di prendere un volo e venire. Siccome so che in emergenze vere lo farebbe, conta come angelo numero due della giornata.
Il Martin slovacco non solo ci ha mandato il preventivo promesso (che possiamo permetterci) aggiunge che potrebbero iniziare fra due settimane, invece che a settembre come ci aveva detto. Nient niente che a settembre trasloco?
Il capo non sarebbe il capo se non avesse detto: lo sapevo che come prenotavamo il biglietto per l'Italia succedeva qualcosa che mi dovrò sciroppare da solo in tua assenza. gli ho dimostrato che non è così. E anzi, l'Italia adesso urge ancor più, che devo procurarmi le piastrelle in cotto-non cotto (resistente ai sospiri, come il cotto cotto non è, purtroppo) rosa. Se qualcuno le ha in casa e davvero basta passarci uno nstraccio ogni tanto, mi dite marca e rivenditore pliiis? (Se vi pure ricordate il prezzo). E tutto il resto.
E a questo punto mi vado ad ordinare definitivamente la mia bellissima cucina Bontempi (chissà perché mi viene da dire Bompiani?) con il piano attrezzato in acciaio Foster, la lavastoviglie smeg da 90 cm. e un paio di altre cosine, che non ho tempo di aspettare le bellissime idee realizzabili da altri.
Che quando gli angeli ci si mettono di brutto, le cose cominciano a funzionare.
Dai, che magari il servizio fotografico sulla mia cucina nuova esce con il numero di dicembre. Non è lacosa più importante, ma hyo deciso di buttrla sul pensiero positivo finché ce n'è, fosse la volta che al capo passa la botta di depressione da stress, che come l'ho visto semolinoso ieri (che era un po' che sapevo che stava arrivando, il momentaccio, che quell'uomo è una roccia e le rocce poi crollano con gran polveroni) stavolta ci voleva la cannuccia, manco il cucchiaino per rimetterlo su.
Però, sarà che gli ho detto che uno dei sintomi che mi preoccupavano è che lo vedevo procrastinatore come mai (parlo di uno che ci ha messo quasi due anni a decidere esattamente quale lavatrice e asciugatrice Miele comprare, perchè che dovesse essere Miele lo aveva deciso in due giorni, due anni in cui sporcavamo al secondo e quinto piano, lavavamo a pianoterra e stendevamo al terzo, io ero pure incinta, e questa cosa della lavatrice è rimasto il simbolo di tutto quello per cui io divorzierò, se divorzierò, un giorno, ma ne abbiamo parlato e si sta migliorando), dicevo, la sessione di manutenzione che gli ho fatto ieri deve avergli fatto bene. Stasera alle 17:30 era a casa e mi ha pure comprato il laptop nuovo. voglio dire, gente, quello vecchio è morto da due giorni, ho già il nuovo in casa.
I miracoli esistono, decisamente.
giovedì 5 giugno 2008
Pater semper
Lo dice il mio manuale, alla voce "Figura e ruolo del padre": il bambino accetta come padre colui che la madre gli presenta come tale. Poi si deve arrangiare lui a paternizzare.
Come il vicino che stamane ho visto dalla finestra: un padre con passeggino e skateboard (sul passeggino il piccolo, sullo skateboard da passeggino il bimbo grande in piedi), che sulla nostra minisalita faceva le corse spingendo i suoi due campioni. Da dietro la finestra non li ho sentiti, ma secondo me facevano anche "brooom brooom".
Poi due minuti dopo è sceso il nostro, di padre, che oggi accompagna la classe in gita scolastica al Linnaeushof, un grosso parco giochi fuori Amsterdam, tra Haarlem e l'aeroporto, in un'amena località chiamata Bennebroek.
Mi torneranno, spero, sporchi, pieni di patatine e stanchi morti. E orso mi raccoterà dell'autobus con cui li hanno portati.
Come il vicino che stamane ho visto dalla finestra: un padre con passeggino e skateboard (sul passeggino il piccolo, sullo skateboard da passeggino il bimbo grande in piedi), che sulla nostra minisalita faceva le corse spingendo i suoi due campioni. Da dietro la finestra non li ho sentiti, ma secondo me facevano anche "brooom brooom".
Poi due minuti dopo è sceso il nostro, di padre, che oggi accompagna la classe in gita scolastica al Linnaeushof, un grosso parco giochi fuori Amsterdam, tra Haarlem e l'aeroporto, in un'amena località chiamata Bennebroek.
Mi torneranno, spero, sporchi, pieni di patatine e stanchi morti. E orso mi raccoterà dell'autobus con cui li hanno portati.
martedì 6 maggio 2008
Mondi possibili: come sarebbe la nostra vita senza figli?

Senza averlo davvero pianificato in anticipo ci ritroviamo per due settimane senza figli. Per la prima volta. E con Berend in ferie. (Che quando non ci sono i bambini e lavoriamo tutti e due, sono solo io quella che percepisce la differenza).
Dopo un paio di giorni abbiamo avuto il coraggio di ammetterlo: è tutta un'altra vita. Non devi pianificare. Possiamo andare in giro per cucine tutto il giorno, senza la fretta di rientrare per le 18 a ritirarli dal doposcuola. Andiamo, veniamo, cambiamo idea, mangiamo fuori, perdiamo la strada e ci tocca ritrovarcela, finiamo negli ingorghi e ne approfittiamo per parlarci, cazzeggiamo nei ritagli di tempo. Di notte stiamo svegli perché pensiamo alle cucine, non perché qualcuno ci si infila nel lettone nel bel mezzo del sonno.
Il lunedi e giovedi rientriamo e la casa è miracolosamente in ordine e pulita, le camice stirate, e Karolina mi ha lasciato un biglietto che dice che ci ha messo un'ora di meno. Mentre di solito riesce a malapena a fornirmi un minimo di argine contro il caos che mi ingoia, e tanto tre minuti dopo che è entrato Orso ha già sparso km2. di cracotte sbriciolate in giro, e poi ci versa il latte per sbaglio e ci cammina sopra per 4 piani e per quando rientra il padre il pavimento è il solito schifo.
Lo ammetto, un pelo di nostalgia c'è. La vorrei avere più spesso questa libertà, non una volta ogni 6 anni. E mi chiedo se ce la godremmo allo stesso modo se, invece di stare ad Amsterdam a cercare cucine, stessi alle Maldive a contare i granellini di sabbia (che a me poi le Maldive dicono poco, preferirei stare in Sicilia, adesso, a contare granellini di sabbia e strafocarmi di pesce).
Invece così diventa un momento per rafforzare la coppia. Dopo lo stress, la mancanza di tempo, il fatto che non riesci mai a parlarti due minuti con calma, (se ci provi finisci urlando), il dover pianificare persino l'amore in base ai momenti opportuni e alla logistica e non alla botta di desiderio che ti può prendere (esistono davvero ancora queste cose? Ce ne stavamo quasi dimenticando), farsi le coccole, prendersi per culo.
Mangiare frutta e insalatine e persino pensare a una tre giorni a succhi di frutta e riso integrale, che magari ci fa bene (o ci viene l'emicrania da elimino tossine, anche quello è possibile).
La cosa fondamentale è che non siamo in vacanza, siamo in missione (We are on a mission for God è sempre stata la mia battuta preferita di un film, de casu The Blues Brothers, ma se me lo avessero chiesto in un meme figurati se me ne ricordavo).
La nostra missione comune è di capire come farci la miglior casa possibile per noi e per i cuccioli. Mi sembra la cosa migliore per cementare qualunque tipo di coppia, anche una affiatata come noi. E apprezzo sempre di più il fatto di averla ricevuta tardi nella vita questa opportunità. Dopo aver vissuto tanti anni insieme in tanti tipi diversi di casa, dopo aver avuto due bambini che adesso vanno a scuola, il che ti dà comunque dei ritmi che sai che almeno una decina d'anni te li tieni così. Gli anni del nido sono duri, ma passano anche in fretta.
Pensa, se come tante mie amiche in Italia, mi fossi sposata con una casa pronta e perfettamente arredata, con l'aiuto di un architetto o di un planner di quegli enormi saloni del mobile che ci sono da noi. Che casa sarebbe stata? Non la mia, sicuramente non la nostra.
Questa cosa delle cose belle che arrivano giusto quel pochino tardi per permetterti di apprezzarle con maturità è evidentemente una mia fissa. L'ho sempre pensato per esempio per la nostra storia: siamo entrambi il primo grande amore dell'altro, ma ci è successo a 22 anni, non a 15, che poi cresci e fai la cazzata di pensare che tutto sia sempre così, cerchi l'erba più verde e ti lasci e 20 anni dopo capisci che avevi la cosa più speciale del mondo ma non lo sapevi (ho guardato troppi film cretini).
Lo penso sicuramente per il teatro: se noi Astarotti ci fossimo incontrati íntorno ai vent'anni, a parte che non avremmo avuto l'esperienza e i contatti che ci permettono ora di fare tante cose, ma saremmo finiti peggio che nei Commitments: con una/uno incinta per sbaglio che si sposa e mette famiglia, l'altro che muore di overdose, il terzo che decide di laurearsi e diventa un manager stronzo, gli altri che si strappano i capelli a vicenda per amore del troione che se li è fatti tutti e li mette uno contro l'altro, l'ultima che si fa tentare a fare la velina e finisce per farsi scopare da mezzo mondo, (accidenti, oggi mi sto veramente facendo i film). Ovviamente detto per assurdo, non siamo davvero i tipi, ma da giovani le cazzate le facciamo tutti e il canto delle Sirene non è ancor stonato come oggi.
Graz mi ha scritto ieri che anche i miei post ultimamente sono più leggeri. Allegri e primaverili. Ebbene si, ho pure la botta di culo che è uscito finalmente il bel tempo, ieri sera sono stata con Lily seduta in giardino a berci Campari e considerare le erbacce. Che non estirperò.
I bambini ci mancano, eccome. Ma stanno bene, si divertono (nonostante notizie di un incidente preoccupante in cui sono stati trovati in un angolo del pollaio, con un pollo mezzo morto - per fortuna ripresosi ottimamente - e, pare, dei bastoni, e non si capisce ancora cosa sia successo ma hanno ricevuto un discorsetto serio) e non mostrano grandi necessità di parlarci al telefono.
Come al solito, da lontano Ennio fa fatica a parlarmi in italiano e se gli propongo di passargli il padre accetta con entusiasmo. Orso invece, per quanto più piccolo, ha sempre avuto una maggiore facilità di code switching fra le due lingue, e l'unica cosa le lo frena di solito è che in questi giorni vede e fa tante cose nuove per le quali ancora non ha un termine equivalente in italiano (per fortuna oma traduce). Poi crede ancora che se mette un qualche oggetto di fianco alla cornetta io possa vederlo (devo assolutamente installare skype). Insomma, lui è quello che reagisce con entusiasmo alla proposta di passargli mamma, par condicio pure qui.
Tornare indietro? Nostalgia per la vita DINKs (double income, no kids) e per il loft in centro con vista sul porto che avremmo ora? Manco per sogno. Saremo masochisti, sarà che ci piace sempre e solo complicarci la vita (perché in fondo che c'è di male a sposarsi con la casetta perfettamente arredata e pagata da mammà e papà a Colleranesco), ma siamo felici così, al terzo bambino ci stiamo lavorando, tanto una cameretta in più c'è e cosa voglio di più dalla vita, che sono una persona così fortunata?
Non vedo l'ora di rivederli venerdi e di andare in piscina domenica per vedere tutto quello che Ennio ha imparato in questi giorni (nuotare sul dorso nell'acqua alta e andare con la testa sotto). Per ammirare i pattini nuovi di Orso. E per chiedere al pollo cosa sia successo esattamente.
Credits pollo: www.jijslief.nl che ha cartoline da spedire elettronicamente
lunedì 5 maggio 2008
I misteri della procreazione
Questa è successa un po'di tempo fa, ma devo riportarla (evidentemente mi mancano i bambini).
Orso ci raggiunge in bagno e quindi ha sentito solo il commento del fratello, a cui risponde pontificale:
"Si, ma anch'io quando bevo un succo rosso poi faccio la cacca rossa".
Scientifico, questo mio figlio, scientifio. Tesi, antitesi e sintesi.
Visto che fino a che non traslochiamo e io non realizzo il mio desiderato bagno delle femmine, separato dal bagno dei maschi, la privacy resta un'opinione. Il che vuol dire che gli gnorpoli mi sorprendono in ogni tipo di condizione umana e divina, in bagno e fuori. Così anche Ennio oggi, che non solo deve farmi l'assistenza spirituale mentre faccio pipì, ma anche ispezionare il luogo del delitto, mentre Orso che è un tiratardi sta arrivando solo ora.
Adesso basta cincischiare, è ora di dare le spiegazioni scientifiche, prima che pensino che mi faccio male o peggio (tipo: che io beva succhi rossi a gogò di nascosto, e soprattutto non li dò anche a loro).
"Ennio, vai a prendere il tuo libro su come nascono i bambini e andiamo nel lettone a leggere".
Questo libro è bellissimo, con illustrazioni carine e comincia dai fiori e dal polline per finire con i bambini passando per i cagnolini e le galline. Ce lo siamo letti un po' di volte, di solito nei momenti difficili della prima colazione o della cena. Apro alla pagina con il disegno delle ovaie e dei semini che cercano di nuotarci dentro e piena di sacro fuoco pedagogico attacco.
"Bene, questo è l'uovo della mamma. Tu sai che per fare un bambino ci deve arrivare il semino. Ma se non ci arriva l'uovo esce via ed è proprio quello che tu hai visto, l'uovo che stava andando via".
Ennio si studia il disegno. Mi pare sia d'accordo. Poi ci guardiamo il Wil Coyote su Youtube, che fra un po' è ora di dormire, così, per elaborare.
Però quando un paio di giorni dopo sta per andare dai nonni per le vacanze di maggio e ci salutiamo, si informa:
"Ma voi le avete le vacanze?"
"No, noi abbiamo un sacco di lavoro da fare".
Si illumina:
"Allora fate anche il bambino?"
Mannaggia a me quando gli ho detto che forse ci sarebbe piaciuto fare un altro bambino. Da allora ogni tanto mi schiede scocciato quando è che viene.
"Io voglio il bambino ADESSO".
Gli ho spiegato che non è una cosa tanto semplice, che ci vuole tempo e un sacco di lavoro. Poi gli ho comprato il libro.
Adesso tra la mamma che fa l'uovo che va via nel bagno, il nostro gioco delle uova (e Don Stalin che mi chiama la Chioccia), il lavoro e il bambino che non viene, spero di non avergli confuso troppo le idee.
Male che va fra un paio di anni gli mollo i Monty Python.
Orso ci raggiunge in bagno e quindi ha sentito solo il commento del fratello, a cui risponde pontificale:
"Si, ma anch'io quando bevo un succo rosso poi faccio la cacca rossa".
Scientifico, questo mio figlio, scientifio. Tesi, antitesi e sintesi.
Visto che fino a che non traslochiamo e io non realizzo il mio desiderato bagno delle femmine, separato dal bagno dei maschi, la privacy resta un'opinione. Il che vuol dire che gli gnorpoli mi sorprendono in ogni tipo di condizione umana e divina, in bagno e fuori. Così anche Ennio oggi, che non solo deve farmi l'assistenza spirituale mentre faccio pipì, ma anche ispezionare il luogo del delitto, mentre Orso che è un tiratardi sta arrivando solo ora.
Adesso basta cincischiare, è ora di dare le spiegazioni scientifiche, prima che pensino che mi faccio male o peggio (tipo: che io beva succhi rossi a gogò di nascosto, e soprattutto non li dò anche a loro).
"Ennio, vai a prendere il tuo libro su come nascono i bambini e andiamo nel lettone a leggere".
Questo libro è bellissimo, con illustrazioni carine e comincia dai fiori e dal polline per finire con i bambini passando per i cagnolini e le galline. Ce lo siamo letti un po' di volte, di solito nei momenti difficili della prima colazione o della cena. Apro alla pagina con il disegno delle ovaie e dei semini che cercano di nuotarci dentro e piena di sacro fuoco pedagogico attacco.
"Bene, questo è l'uovo della mamma. Tu sai che per fare un bambino ci deve arrivare il semino. Ma se non ci arriva l'uovo esce via ed è proprio quello che tu hai visto, l'uovo che stava andando via".
Ennio si studia il disegno. Mi pare sia d'accordo. Poi ci guardiamo il Wil Coyote su Youtube, che fra un po' è ora di dormire, così, per elaborare.
Però quando un paio di giorni dopo sta per andare dai nonni per le vacanze di maggio e ci salutiamo, si informa:
"Ma voi le avete le vacanze?"
"No, noi abbiamo un sacco di lavoro da fare".
Si illumina:
"Allora fate anche il bambino?"
Mannaggia a me quando gli ho detto che forse ci sarebbe piaciuto fare un altro bambino. Da allora ogni tanto mi schiede scocciato quando è che viene.
"Io voglio il bambino ADESSO".
Gli ho spiegato che non è una cosa tanto semplice, che ci vuole tempo e un sacco di lavoro. Poi gli ho comprato il libro.
Adesso tra la mamma che fa l'uovo che va via nel bagno, il nostro gioco delle uova (e Don Stalin che mi chiama la Chioccia), il lavoro e il bambino che non viene, spero di non avergli confuso troppo le idee.
Male che va fra un paio di anni gli mollo i Monty Python.
domenica 20 aprile 2008
Influenza, psicomotricità e Bambi
Giovedi sera è arrivato ad Amsterdam Vittorio Ferro, per tenerci il corso di psicomotricità di oggi. Io ero sfatta e strapazzata, ma l'ho attribuito a un pomeriggio in giro (cornetti, parchi giochi e logopedia) con i cuccioli sulla mega-biciclettona pesantissima.
Per cui quando Vittorio propone una birretta di dopocena al volo, per dovere di ospitalità non mi sono sentita di rifiutare. E poi perché sono bischera siamo tornati a casa controvento facendo il giro lungo, per fargli fare un minimo di giro turistico del mio quartiere. Sono rientrata morta.
Insomma, quello che fingevo di ignorare, era che mi era saltata addosso la peggiore influenza degli ultimi anni. Quelle con il torcicollo, i dolori ai muscoli, ai denti, a tutto, con le ondate di freddo che ti sembra di avere la malaria nonostante due piumini addosso e un orsopadre accanto. E poi le ondate di caldo che ti toglieresti tutto di dosso ma sai che poi la cosa ti frega. Mi sono sfanculata da sola per essere uscita.
Venerdi, nel bene e nel male, ho tentato la cura del sonno (non potevo altro) e in parte ci sono riuscita. Mi sono subito rovesciata un bicchierone d'acqua sul letto, cosa che mi ha temporaneamente abbattuto la febbre, ho buttato tutte le lenzuola fuori sfanculando, e mi sono trasferita con un piumino extra a letto di Ennio, sperando che i miei materassi si asciugassero per tempo (quanto può un singolo bicchiere d'acqua).
Venerdi sera ho dovuto cucinare ai cuccioli e non ho avuto cuore di rimandare la cena di feedback de La signorina Papillon da lungo pianificata (più che altro, mi costava meno fatica cucinare che mettermi a telefonare a tutti). Causa bici rubata alla bruttodio i tre ospiti non autocancellatisi sono arrivati alle 21:15dalle 20:00 che li aspettavo.
Orsopadre era intanto andato a letto dopo aver cenato a pane e formaggino. Vittorio si è fatto fuori un altro mezzo kg del pane buonissimo di farro e semini vari di Bread & Bagel. Io tremavo sul divano avvolta nei due piumini e per sicuramente 3/4 d'ora li ho sfanculati con passione. Però mi hanno portato il video provvisorio della Papillon e lo abbiamo visto parzialmente. E mi hanno finito il risotto per 12 che avevo fatto, che a una cuoca fa sempre piacere. E mi hanno portato gli ingredienti per la fonduta al cioccolato bianco. E ci abbiamo bevuto una wodka sopra. Insomma, sono andata a letto meglio della sera prima, tutto fa, ma tutto quello che avrei desiderato quella sera era andare a dormire alle 20.
Sabato mi sveglio a pezzi ma abbiamo la riunione fiume della fondazione, anche lí, la seconda metà dal divano e sotto i piumini. L'Orso padre, che aveva un pomeriggio di giochi al computer con il cugino, e si sarebbero tenuti i figli, tra cui la nuoca cucciola di 8 mesi, allunga la testa in sala riunione e mi comunica che va lui dal cugino lasciandomi i figli. Falli almeno mangiare, dico io. (Mentalmente lo sfanculo, lui e il cugino, che dopo la riunione volevo dormire e invece mi mollano i figli).
A sera con Vittorio e i bambini a mangiare una pizza ottima dal nostro solito Pizza Taxi da Paolo e Seba, in Ceintuurbaan quasi di fronte al cinema Rialto (ma solo perché avevo la macchina e punta energia di cucinare). Paolo mi ha sfottuto i pantaloni viola e rossi, Seba da in fondo alla cucina mi ha vista sbattutissima e mi ha consigliato di andarmene a dormire, i bambini sono stati angelici per una volta e Orso ha tentato di fregarsi il veliero bomboniera del nipote di Seba, ma lo abbiamo costretto a restituirlo.
In entrambi i giorni Vittorio tentava di convincermi che il corso mi avrebbe fatto benissimo e di pensare in positivo, io lo odiavo, odiavo gli impegni di cui non mi ero sbarazzata e volevo morire così non mi rompeva più le scatole nessuno.
Se dio vuole, stamattina siamo partiti per il corso, io con la biciclona stracarica di stereo, zaino e ammennicoli vari, lui che continuava ad ammorbarmi con il positive thinking (e io continuavo a sfancularlo, che gli amici servono pure a questo, farti sfanculare quando stai male).
Al corso eravamo in 6, poche ma bone, è andato benissimo, ho sudato, pianto scaracchiato, buttato fuori di tutto, come le altre, ne siamo uscite felici e trionfanti, il sole splendeva, abbiamo mangiato una zuppina buonissima mentre ci facevamo il feedback e poi mi sono caricata Vittorio e figli in macchina e siamo andati alla riserva naturale delle dune di Vogelezang, dove nei corsi d'acqua purificano l'acqua potabile di Amsterdam.
I bambini hanno collaborato, lasciato senza troppe storie il parco giochi subito all'ingresso, accettato con filosofia che le crepes erano finite e non le avremmo mangiate, camminato nel parco senza far storie, rincorrendosi, raccogliendo rami, giocando con i dinosauri e i ragni assassini con P38 (una teoria d Orso, i ragni cattivi che sparano). E poi un grido:
"Guarda, mamma, Bambi".
Mica uno. Cinque. A manco 30 metri da noi.
"Silenzio bambini, non spaventiamoli".
Ci hanno guardati. Li abbiamo guardati. Poi uno a uno ci hanno trotterellato di fianco, dietro gli alberi, sono andati via e scomparsi dietro al crinale di una duna. Li abbiamo seguiti. Ci siamo guardati di nuovo. Poi se ne sono andati definitivamente.
Ecco, a me, dopo una giornata così l'influenza mi fa un baffo. Però gli sfanculamenti aiutano a far passare più in fretta l'influenza, di questo sono convinta.
Per cui quando Vittorio propone una birretta di dopocena al volo, per dovere di ospitalità non mi sono sentita di rifiutare. E poi perché sono bischera siamo tornati a casa controvento facendo il giro lungo, per fargli fare un minimo di giro turistico del mio quartiere. Sono rientrata morta.
Insomma, quello che fingevo di ignorare, era che mi era saltata addosso la peggiore influenza degli ultimi anni. Quelle con il torcicollo, i dolori ai muscoli, ai denti, a tutto, con le ondate di freddo che ti sembra di avere la malaria nonostante due piumini addosso e un orsopadre accanto. E poi le ondate di caldo che ti toglieresti tutto di dosso ma sai che poi la cosa ti frega. Mi sono sfanculata da sola per essere uscita.
Venerdi, nel bene e nel male, ho tentato la cura del sonno (non potevo altro) e in parte ci sono riuscita. Mi sono subito rovesciata un bicchierone d'acqua sul letto, cosa che mi ha temporaneamente abbattuto la febbre, ho buttato tutte le lenzuola fuori sfanculando, e mi sono trasferita con un piumino extra a letto di Ennio, sperando che i miei materassi si asciugassero per tempo (quanto può un singolo bicchiere d'acqua).
Venerdi sera ho dovuto cucinare ai cuccioli e non ho avuto cuore di rimandare la cena di feedback de La signorina Papillon da lungo pianificata (più che altro, mi costava meno fatica cucinare che mettermi a telefonare a tutti). Causa bici rubata alla bruttodio i tre ospiti non autocancellatisi sono arrivati alle 21:15dalle 20:00 che li aspettavo.
Orsopadre era intanto andato a letto dopo aver cenato a pane e formaggino. Vittorio si è fatto fuori un altro mezzo kg del pane buonissimo di farro e semini vari di Bread & Bagel. Io tremavo sul divano avvolta nei due piumini e per sicuramente 3/4 d'ora li ho sfanculati con passione. Però mi hanno portato il video provvisorio della Papillon e lo abbiamo visto parzialmente. E mi hanno finito il risotto per 12 che avevo fatto, che a una cuoca fa sempre piacere. E mi hanno portato gli ingredienti per la fonduta al cioccolato bianco. E ci abbiamo bevuto una wodka sopra. Insomma, sono andata a letto meglio della sera prima, tutto fa, ma tutto quello che avrei desiderato quella sera era andare a dormire alle 20.
Sabato mi sveglio a pezzi ma abbiamo la riunione fiume della fondazione, anche lí, la seconda metà dal divano e sotto i piumini. L'Orso padre, che aveva un pomeriggio di giochi al computer con il cugino, e si sarebbero tenuti i figli, tra cui la nuoca cucciola di 8 mesi, allunga la testa in sala riunione e mi comunica che va lui dal cugino lasciandomi i figli. Falli almeno mangiare, dico io. (Mentalmente lo sfanculo, lui e il cugino, che dopo la riunione volevo dormire e invece mi mollano i figli).
A sera con Vittorio e i bambini a mangiare una pizza ottima dal nostro solito Pizza Taxi da Paolo e Seba, in Ceintuurbaan quasi di fronte al cinema Rialto (ma solo perché avevo la macchina e punta energia di cucinare). Paolo mi ha sfottuto i pantaloni viola e rossi, Seba da in fondo alla cucina mi ha vista sbattutissima e mi ha consigliato di andarmene a dormire, i bambini sono stati angelici per una volta e Orso ha tentato di fregarsi il veliero bomboniera del nipote di Seba, ma lo abbiamo costretto a restituirlo.
In entrambi i giorni Vittorio tentava di convincermi che il corso mi avrebbe fatto benissimo e di pensare in positivo, io lo odiavo, odiavo gli impegni di cui non mi ero sbarazzata e volevo morire così non mi rompeva più le scatole nessuno.
Se dio vuole, stamattina siamo partiti per il corso, io con la biciclona stracarica di stereo, zaino e ammennicoli vari, lui che continuava ad ammorbarmi con il positive thinking (e io continuavo a sfancularlo, che gli amici servono pure a questo, farti sfanculare quando stai male).
Al corso eravamo in 6, poche ma bone, è andato benissimo, ho sudato, pianto scaracchiato, buttato fuori di tutto, come le altre, ne siamo uscite felici e trionfanti, il sole splendeva, abbiamo mangiato una zuppina buonissima mentre ci facevamo il feedback e poi mi sono caricata Vittorio e figli in macchina e siamo andati alla riserva naturale delle dune di Vogelezang, dove nei corsi d'acqua purificano l'acqua potabile di Amsterdam.
I bambini hanno collaborato, lasciato senza troppe storie il parco giochi subito all'ingresso, accettato con filosofia che le crepes erano finite e non le avremmo mangiate, camminato nel parco senza far storie, rincorrendosi, raccogliendo rami, giocando con i dinosauri e i ragni assassini con P38 (una teoria d Orso, i ragni cattivi che sparano). E poi un grido:
"Guarda, mamma, Bambi".
Mica uno. Cinque. A manco 30 metri da noi.
"Silenzio bambini, non spaventiamoli".
Ci hanno guardati. Li abbiamo guardati. Poi uno a uno ci hanno trotterellato di fianco, dietro gli alberi, sono andati via e scomparsi dietro al crinale di una duna. Li abbiamo seguiti. Ci siamo guardati di nuovo. Poi se ne sono andati definitivamente.
Ecco, a me, dopo una giornata così l'influenza mi fa un baffo. Però gli sfanculamenti aiutano a far passare più in fretta l'influenza, di questo sono convinta.
sabato 5 aprile 2008
Lo scazzo come momento pedagogico
Sono stanca. Sarà la primavera, l'accumulo degli scorsi mesi, il post-produzione, lo stress casa. E, mal comune, mezzo gaudio, anche il capo è stanco.
Così che il weekend è l'occasione ideale per gli scazzi intorno al desco familiare. Che anche queste sono occasioni di coesione. Poi ci si spiega, ci si bacia, e via con le incombenze finesettimanali.
All'annuncio che andiamo a lavare la macchina, Orso ha esultato: e allora andiamo anche alla vasca delle palle all'IKEA? che è tanto lontano.
Ma la cosa che non capisco: perché dopo gli scazzi gli gnorpoli si decidono a mangiare il pranzo amorosamente preparato dalla mamma, e prima invece cazzeggiano minacciando spuntini di Cracottes?
Àdesso è persino cessato lo scroscione portato da nuvolacce nere e che è durato giusto lo spazio di un pranzo. Non dico che sta uscendo il sole, ma potrebbe, ne ha tutta la luce.
Poi mi dicono che sono metereopatica.
Così che il weekend è l'occasione ideale per gli scazzi intorno al desco familiare. Che anche queste sono occasioni di coesione. Poi ci si spiega, ci si bacia, e via con le incombenze finesettimanali.
All'annuncio che andiamo a lavare la macchina, Orso ha esultato: e allora andiamo anche alla vasca delle palle all'IKEA? che è tanto lontano.
Ma la cosa che non capisco: perché dopo gli scazzi gli gnorpoli si decidono a mangiare il pranzo amorosamente preparato dalla mamma, e prima invece cazzeggiano minacciando spuntini di Cracottes?
Àdesso è persino cessato lo scroscione portato da nuvolacce nere e che è durato giusto lo spazio di un pranzo. Non dico che sta uscendo il sole, ma potrebbe, ne ha tutta la luce.
Poi mi dicono che sono metereopatica.
giovedì 13 marzo 2008
Ultimo giorno al nido: ricetta dei cake
Oggi è stato l'ultimo giorno di nido di Orso. Ciò significa, per la povera madre in preda a tutte le paturnie metereoligiche che ci sono cadute tra capo e collo negli ultimi giorni: inventarsi qualosa di commestibile per la festa, preparare i regalini di addio, dalle 12 alle 13 sorveglianza a scuola dai grandi, alle 13:05 colloquio di chiusura dell'asilo, alle 13:45 intake del doposcuola, alle 14:30 ritirare Ennio da scuola e tornare a casa a prendere il resto, alle 15:30 festa di addio.
Per fortuna a novembre avevo ordinato dei magneti da frigo in formato biglietto da visita, con su una foto dei mostri in cucina, un titolo (Le ricette di Ennio e Orso), una ricetta dei piccoli cake da loro amati, semplicissima, e il mio blog culinario in olandese che trascuro da tre mesi perché mi diverto troppo qui.
Mi avanzavano anche dei pacchetti di uvette ricoperte di un moccio colorato allo yogurt, previdentemente comprato il mese scorso con le cose della festa di Ennio (io so che marzo è un mesaccio, quindi prevedo e provvedo, che l'anno scorso la festa all'asilo di Orso l'abbiamo fatta il 1 luglio e non me ne sono dimenticata).
Magneti e un pacchetto di uvette sono state infilate in una scatolina di cartone da bomboniera a forma di frac, con i risvolti e il bavero bianco con farfallino nero, e via il regalo per 12 bambini.
Qui la ricetta dei cake:
Accendere il forno a 180 gradi.
Mischiare insieme:
- 3 uova
- 170 gr. di zucchero
- 160 gr. di farina
- 170 gr. di olio di semi (era burro, ma mi era finito)
- 1 bustina di ZUCCHERO (corretto, grazie Vic) vanigliato
- un cucchiaino da the di lievito per dolci
Questa pasta base si adatta a tutto: ci si può mettere la buccia di limone grattuggiata, l'acqua di fiori di arancio, i pinoli o altri frammenti di noci, cubetti di mele o banane sbucciate, granella o pezzetti di cioccolato, vai di fantasia. Io avevo trovato delle perle di cioccolato da biscotti e ci ho messe quelle.
Mischiare gli ingredienti tutti insieme, versare la pastella o in una forma da cake o in tante formine da muffin. Io ho usato quest'ultime in silicone e una serie di coppette pieghettate in carta colorata. Sopra un po'di granella d'argento e 12 animaletti di zucchero da torta (anch'essi, pietosi resti del compleanni di Ennio, non perché sia il primogenito, giuro, è il periodo, a me far feste mi rilassa in qualsiasi momento tranne quando sono sotto prima teatrale), che fanno allegria e ai bambini piacciono.
Infornare per 25-40 minuti (a seconda del forno, controllare con uno stecchino). Lasciare la nonna a controllare la prima e metter su la seconda infornata e andare ad eseguire il programma del pomeriggio. Tornre scapicollata per scoprire che le due infornate sono venute benissimo, che la nonna ha messo tutte le pastarelle in due bellissime scatole delle torte dei magazzini Bijenkorf, riciclate all'uopo e finalmente dimostratesi utili, e precipitarsi all'asilo.
Erano tutti lì a tavola a fare merenda (solo il succo di frutta, oggi), con Orso seduto sul trono del festeggiato (ne hanno uno apposta con lo schienale alto a forma di corona e la scritta "festeggiato" sopra, la corona (una fascia di carta gialla pinzata a cilindro, con una serie di cannucce colorate di quelle con l'angolo pinzate ad angolo e una coccarda davanti con su: Orso, 4 anni, auguri).
Abbiamo mangiato, cantato, rievocato, ballato e solo quando il mio cliente mi ha chiamato sul telefonino per chiedermi a che ora gli avrei mandato la traduzione (ancora da cominciare) li ho trascinati via, tanto ormai era ora.
Sui regali e l'esito dei colloqui ufficiali, mi dilungherò in un altro post.
Per fortuna a novembre avevo ordinato dei magneti da frigo in formato biglietto da visita, con su una foto dei mostri in cucina, un titolo (Le ricette di Ennio e Orso), una ricetta dei piccoli cake da loro amati, semplicissima, e il mio blog culinario in olandese che trascuro da tre mesi perché mi diverto troppo qui.
Mi avanzavano anche dei pacchetti di uvette ricoperte di un moccio colorato allo yogurt, previdentemente comprato il mese scorso con le cose della festa di Ennio (io so che marzo è un mesaccio, quindi prevedo e provvedo, che l'anno scorso la festa all'asilo di Orso l'abbiamo fatta il 1 luglio e non me ne sono dimenticata).
Magneti e un pacchetto di uvette sono state infilate in una scatolina di cartone da bomboniera a forma di frac, con i risvolti e il bavero bianco con farfallino nero, e via il regalo per 12 bambini.
Qui la ricetta dei cake:
Accendere il forno a 180 gradi.
Mischiare insieme:
- 3 uova
- 170 gr. di zucchero
- 160 gr. di farina
- 170 gr. di olio di semi (era burro, ma mi era finito)
- 1 bustina di ZUCCHERO (corretto, grazie Vic) vanigliato
- un cucchiaino da the di lievito per dolci
Questa pasta base si adatta a tutto: ci si può mettere la buccia di limone grattuggiata, l'acqua di fiori di arancio, i pinoli o altri frammenti di noci, cubetti di mele o banane sbucciate, granella o pezzetti di cioccolato, vai di fantasia. Io avevo trovato delle perle di cioccolato da biscotti e ci ho messe quelle.
Mischiare gli ingredienti tutti insieme, versare la pastella o in una forma da cake o in tante formine da muffin. Io ho usato quest'ultime in silicone e una serie di coppette pieghettate in carta colorata. Sopra un po'di granella d'argento e 12 animaletti di zucchero da torta (anch'essi, pietosi resti del compleanni di Ennio, non perché sia il primogenito, giuro, è il periodo, a me far feste mi rilassa in qualsiasi momento tranne quando sono sotto prima teatrale), che fanno allegria e ai bambini piacciono.
Infornare per 25-40 minuti (a seconda del forno, controllare con uno stecchino). Lasciare la nonna a controllare la prima e metter su la seconda infornata e andare ad eseguire il programma del pomeriggio. Tornre scapicollata per scoprire che le due infornate sono venute benissimo, che la nonna ha messo tutte le pastarelle in due bellissime scatole delle torte dei magazzini Bijenkorf, riciclate all'uopo e finalmente dimostratesi utili, e precipitarsi all'asilo.
Erano tutti lì a tavola a fare merenda (solo il succo di frutta, oggi), con Orso seduto sul trono del festeggiato (ne hanno uno apposta con lo schienale alto a forma di corona e la scritta "festeggiato" sopra, la corona (una fascia di carta gialla pinzata a cilindro, con una serie di cannucce colorate di quelle con l'angolo pinzate ad angolo e una coccarda davanti con su: Orso, 4 anni, auguri).
Abbiamo mangiato, cantato, rievocato, ballato e solo quando il mio cliente mi ha chiamato sul telefonino per chiedermi a che ora gli avrei mandato la traduzione (ancora da cominciare) li ho trascinati via, tanto ormai era ora.
Sui regali e l'esito dei colloqui ufficiali, mi dilungherò in un altro post.
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sabato 9 febbraio 2008
Rapporto scolastico
Venerdì mi hanno consegnato il rapporto scolastico di Ennio. Non lo sapevo ma hanno fatto anche il CITO-test, un test che torna tutti gli anni e che alla fine è fondamentale per scegliere le scuole superiori. Determinati licei di Amsterdam, quelli dove tutti i genitori vogliono iscrivere i figli, selezionano in base ai risultati del CITO dell'ultimo anno.
Sul rapporto comunque non c'erano solo i risultati del test, ma anche osservazioni sul suo comportamento nel gruppo, sviluppo motorio, attività creative, come svolge i compiti indcati nel planning settimanale (ebbene si, è una scuola a indirizzo Dalton, responsabilità in sicurezza, e il giovedi fanno il planning individuale per la settimana successiva. Crescono dei piccoli project manager, tutto sommato).
Per farla breve: in olandese, preparazione alla lettura e alla scrittura ha preso D, sotto la sufficienza e voto più basso. In calcolo ha preso A, l'esatto opposto. In inglese va bene. attività creative pure e non si vergogna di fare gli assoli di canto davanti al resto del gruppo.
Mi ci voleva il rapporto per capire che questo figlio mio è la perfetta sintesi dei pregi dei suoi genitori? Anche nelle lingue va bene, me lo dimostra l'inglese, dove sono partiti tutti allo stesso livello. Per l'olandese migliorerà.
Shall I say more?
Sul rapporto comunque non c'erano solo i risultati del test, ma anche osservazioni sul suo comportamento nel gruppo, sviluppo motorio, attività creative, come svolge i compiti indcati nel planning settimanale (ebbene si, è una scuola a indirizzo Dalton, responsabilità in sicurezza, e il giovedi fanno il planning individuale per la settimana successiva. Crescono dei piccoli project manager, tutto sommato).
Per farla breve: in olandese, preparazione alla lettura e alla scrittura ha preso D, sotto la sufficienza e voto più basso. In calcolo ha preso A, l'esatto opposto. In inglese va bene. attività creative pure e non si vergogna di fare gli assoli di canto davanti al resto del gruppo.
Mi ci voleva il rapporto per capire che questo figlio mio è la perfetta sintesi dei pregi dei suoi genitori? Anche nelle lingue va bene, me lo dimostra l'inglese, dove sono partiti tutti allo stesso livello. Per l'olandese migliorerà.
Shall I say more?
Preparativi scolastici
Oggi Orso cucciolo e Orso padre sono andati in missione speciale alla HEMA, (la standa olandese, ma bellissima), a comprare il portapane per la scuola (l'ha voluto identico a quello del fratello) e il mini-termos giallo. Poi ha chiesto e ottenuto un pacco di barrette di plastica per mescolare i cocktail, con tante stelline verdi sopra. il padre ha ceduto (poi sono io quella che riporta troiai in casa).
Venerdi sono andata al mio mercato preferito (Albert Cuyp) con Orso per comprargli la cartella, cioè lo zainetto. Tra ben due di Bob the Builder, suo idolo che quest'inverno ho fatto una fatica bestia a convincerlo del giubbotto nuovo, cercava sempre quello vecchio di Bob che ormai gli sta corto di maniche), uno di Cars, uno di Spiderman ecc. ha voluto quello con la foto di due cavalli.
(commento del padre: OK, per adesso ancora può, sessista del cavolo). lui anzi ci è rimasto male quando ha visto la signorina portarglirnr uno nuovo dal negozio, credeva gli avrebbero dato quello esposto. Poi la sera siamo partiti per il superweekend di compleanni dai nonni. Abbiamo usato lo zaino nuovo per mettergli i vestiti. Orgogliosissimo. Si è addormentato in macchina abbracciato al suo zaino.
Siamo prontissimi per mercoledi.
Venerdi sono andata al mio mercato preferito (Albert Cuyp) con Orso per comprargli la cartella, cioè lo zainetto. Tra ben due di Bob the Builder, suo idolo che quest'inverno ho fatto una fatica bestia a convincerlo del giubbotto nuovo, cercava sempre quello vecchio di Bob che ormai gli sta corto di maniche), uno di Cars, uno di Spiderman ecc. ha voluto quello con la foto di due cavalli.
(commento del padre: OK, per adesso ancora può, sessista del cavolo). lui anzi ci è rimasto male quando ha visto la signorina portarglirnr uno nuovo dal negozio, credeva gli avrebbero dato quello esposto. Poi la sera siamo partiti per il superweekend di compleanni dai nonni. Abbiamo usato lo zaino nuovo per mettergli i vestiti. Orgogliosissimo. Si è addormentato in macchina abbracciato al suo zaino.
Siamo prontissimi per mercoledi.
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giovedì 7 febbraio 2008
Pietre miliari: primo giorno di scuola
A metà marzo Orso compie 4 anni e comincia la scuola nella classe unica di 1a e 2da per i piccini. Insomma, la scuola materna, ma accidenti quante cose gli fanno fare. Vaddasé che sarà la stessa scuola del fratello, stesso edificio provvisorio del suo asilo e del doposcuola.
La settimana scorsa mi sono ricordata che forse è ora di controllare le liste di attesa del doposcuola e farmi mandare il contratto, e prendere accordi con la scuola per i giorni in cui andare ad abituarsi. Si tratta di otto mattine intervallate con i giorni di asilo, prima del vero primo giorno di scuola.
Non che debba abituarsi a nessuno dei due: tra feste della scuola, accompagnare Ennio al mattino, le varie attività che svolgo io lì e me lo porto dietro, il fatto che la scuola è in fondo piccina (55 bambini per ora) lui conosce tutti e tutti conoscono lui, che i fratelli piccoli fanno presto a diventare le mascotte. Ha una gran voglia di iniziare e da quella volta che dopo la sorveglianza del venerdi la maestra di Ennio lo ha invitato a guardare un filmino didattico insieme, lui sa una cosa soltanto: voglio andare a scuola.
Lunedi vado a chiedere con chi dovrò mettermi d'accordo. La segreteria è in cucina (o la cucina è una segreteria) perché i locali sono pochi ed è molto piacevole per tutti avere un ritrovo conviviale per le attività non didattiche. Scopriamo così che non l'abbiamo mai iscritto. Succede, quando in una scuola direttrice e insegnanti e genitori danno così per scontato che stai per arrivarci.
Per fortuna oggi mi confermano che non è un problema e adesso sappiamo che:
mercoledì prossimo è il grande giorno, starà da solo a scuola tutta la mattina. Finisce in classse con la maestra Lizette, una biondina dolce ma dal carisma enorme. Li tiene nel pugno di ferro, quei casinari lì. E in classe ci sono Giulia e Matej che lui conosce dall'asilo. Forse anche qualche bimbo in più che lui conosce. (È una classe di casinisti e lui la mattina ha bisogno di tranquillità, speriamo bene).
Domani andiamo a comprare la prima cartella e il primo portapane insieme. Che meraviglia. Io ancora mi ricordo la spedizione in cartoleria per il mio primo giorno di scuola e la mia cartella giallo senape con mamma e baby elefante.
Mi sento così tanto mamma.
Tanto riesce a fare la prospettiva di un po'di shoping mirato.
La settimana scorsa mi sono ricordata che forse è ora di controllare le liste di attesa del doposcuola e farmi mandare il contratto, e prendere accordi con la scuola per i giorni in cui andare ad abituarsi. Si tratta di otto mattine intervallate con i giorni di asilo, prima del vero primo giorno di scuola.
Non che debba abituarsi a nessuno dei due: tra feste della scuola, accompagnare Ennio al mattino, le varie attività che svolgo io lì e me lo porto dietro, il fatto che la scuola è in fondo piccina (55 bambini per ora) lui conosce tutti e tutti conoscono lui, che i fratelli piccoli fanno presto a diventare le mascotte. Ha una gran voglia di iniziare e da quella volta che dopo la sorveglianza del venerdi la maestra di Ennio lo ha invitato a guardare un filmino didattico insieme, lui sa una cosa soltanto: voglio andare a scuola.
Lunedi vado a chiedere con chi dovrò mettermi d'accordo. La segreteria è in cucina (o la cucina è una segreteria) perché i locali sono pochi ed è molto piacevole per tutti avere un ritrovo conviviale per le attività non didattiche. Scopriamo così che non l'abbiamo mai iscritto. Succede, quando in una scuola direttrice e insegnanti e genitori danno così per scontato che stai per arrivarci.
Per fortuna oggi mi confermano che non è un problema e adesso sappiamo che:
mercoledì prossimo è il grande giorno, starà da solo a scuola tutta la mattina. Finisce in classse con la maestra Lizette, una biondina dolce ma dal carisma enorme. Li tiene nel pugno di ferro, quei casinari lì. E in classe ci sono Giulia e Matej che lui conosce dall'asilo. Forse anche qualche bimbo in più che lui conosce. (È una classe di casinisti e lui la mattina ha bisogno di tranquillità, speriamo bene).
Domani andiamo a comprare la prima cartella e il primo portapane insieme. Che meraviglia. Io ancora mi ricordo la spedizione in cartoleria per il mio primo giorno di scuola e la mia cartella giallo senape con mamma e baby elefante.
Mi sento così tanto mamma.
Tanto riesce a fare la prospettiva di un po'di shoping mirato.
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domenica 27 gennaio 2008
Chi si ricorda il numero di mio nonno?
Il mio nonno paterno ricordo di averlo conosciuto di persona consapevolmente quando avevo circa 4 anni. Lui viveva in Polonia e avere il visto allora non era semplice. Però quell'estate lui venne in Italia a trovarci. Ricordo che mi ha portato un costume bellissimo da krakowianka, con un fantastico corsetto ricamato di paillettes, e il diadema di fiori di carta.
Mio nonno era bellissimo, assomigliava a Paul Newman. Aveva sempre un pettinino nella tasca dei pantaloni per rimettersi la riga in ordine e d'estate portava camicie bianche con le maniche corte. Per questo la cosa che mi è rimasta più impressa di quella prima visita, è che mio nonno aveva un numero blu di tante cifre tatuato sull'avambraccio.
Poi, anni dopo, mia madre mi ha spiegato bene cos'era. E io per anni mi sono letta tutto quello che potevo sull'ebraismo e la Shoah, perché credevo che fossimo ebrei. E anche se sapevo che non era così, con il poco che si conosceva della Polonia e dei paesi dietro la cortina di ferro nell'Italia degli anni '70, almeno quello mi dava un minimo di senso di appartenenza a qualcosa di distante, ma mio.
Mio nonno era una sagoma: estremamente ansioso, camminava sempre di fretta, spronava tutti, aveva il terrore che ci perdessimo se andavamo al bosco dello zoo di Cracovia. Da bravo ragazzo di città aveva quest'idea che nei boschi bisognasse usare il richiamo "Hop hop hop". Una volta che ci siamo finti persi e ritrovati nel bosco dello zoo, ricordo che ci rimproverava: "Ma perché non avete chiamato? Perché non avete fatto hop hop hop?", tutto arrabbiato.
Mio nonno si è fatto tre campi ed e pure tornato a casa, alla faccia degli alleati. Che quando gli inglesi sono entrati a liberalrli, c'era un'epidemia di tifo e la soluzione migliore che è venuta in mente ai liberatori è stata di mandare a casa chi stava bene e lasciar crepare chi era ammalato, per non trasmettere il contagio. Mio nonno è rimasto per curare il suo amico e riportarlo a casa. Il suo amico era un ragazzo del suo quartiere che lavorava in cucina, e quando poteva, a rischio di essere ammazzato, nascondeva per loro le bucce di patate. Si sono aiutati a salvarsi.
Queste cose lui non le ha quasi mai raccontate. Poi il suo amico ha scritto un libro di memorie in cui parlava anche di lui e così i suoi figli hanno saputo qualcosa.
Un paio d'anni prima che morisse ho passato un inverno dai miei nonni a Cracovia, a tentar di studiare russo alla UJ. Così ho potuto conoscere meglio, e da quasi adulta, questi miei nonni lontani che ho sempre visto troppo poco. Mio nonno continuava a camminare a lunghi passi frettolosi. E un giorno, mentre tornavamo a casa con la spesa, gliel'ho detto:
"Ma dai, chi ci corre dietro, facciamo un attimo con calma", sorridendo perché gli voglio bene e anche a me piace camminare a lunghe falcate frettolose. Ma senza esagerare.
E lui si è fermato, mi ha guardata in faccia e mi ha detto:
"Sai, quando ero al campo, ogni mattina ci mettevano in fila per l'appello, e ogni mattina ne tiravano alcuni fuori dalla fila a caso e gli sparavano un colpo alla nuca lì, dove si trovavano. Io per quattro anni, ogni mattina non sapevo se sarei arrivato vivo a sera. Per questo non posso fare con calma, non ci riesco."
Dàgli torto.
E adesso lui non c'è più, oggi è il giorno della memoria, e io mi chiedo: ma c'è qualcuno che se lo ricorda, il numero di mio nonno? che mi piacerebbe tanto saperlo.
Mio nonno era bellissimo, assomigliava a Paul Newman. Aveva sempre un pettinino nella tasca dei pantaloni per rimettersi la riga in ordine e d'estate portava camicie bianche con le maniche corte. Per questo la cosa che mi è rimasta più impressa di quella prima visita, è che mio nonno aveva un numero blu di tante cifre tatuato sull'avambraccio.
Poi, anni dopo, mia madre mi ha spiegato bene cos'era. E io per anni mi sono letta tutto quello che potevo sull'ebraismo e la Shoah, perché credevo che fossimo ebrei. E anche se sapevo che non era così, con il poco che si conosceva della Polonia e dei paesi dietro la cortina di ferro nell'Italia degli anni '70, almeno quello mi dava un minimo di senso di appartenenza a qualcosa di distante, ma mio.
Mio nonno era una sagoma: estremamente ansioso, camminava sempre di fretta, spronava tutti, aveva il terrore che ci perdessimo se andavamo al bosco dello zoo di Cracovia. Da bravo ragazzo di città aveva quest'idea che nei boschi bisognasse usare il richiamo "Hop hop hop". Una volta che ci siamo finti persi e ritrovati nel bosco dello zoo, ricordo che ci rimproverava: "Ma perché non avete chiamato? Perché non avete fatto hop hop hop?", tutto arrabbiato.
Mio nonno si è fatto tre campi ed e pure tornato a casa, alla faccia degli alleati. Che quando gli inglesi sono entrati a liberalrli, c'era un'epidemia di tifo e la soluzione migliore che è venuta in mente ai liberatori è stata di mandare a casa chi stava bene e lasciar crepare chi era ammalato, per non trasmettere il contagio. Mio nonno è rimasto per curare il suo amico e riportarlo a casa. Il suo amico era un ragazzo del suo quartiere che lavorava in cucina, e quando poteva, a rischio di essere ammazzato, nascondeva per loro le bucce di patate. Si sono aiutati a salvarsi.
Queste cose lui non le ha quasi mai raccontate. Poi il suo amico ha scritto un libro di memorie in cui parlava anche di lui e così i suoi figli hanno saputo qualcosa.
Un paio d'anni prima che morisse ho passato un inverno dai miei nonni a Cracovia, a tentar di studiare russo alla UJ. Così ho potuto conoscere meglio, e da quasi adulta, questi miei nonni lontani che ho sempre visto troppo poco. Mio nonno continuava a camminare a lunghi passi frettolosi. E un giorno, mentre tornavamo a casa con la spesa, gliel'ho detto:
"Ma dai, chi ci corre dietro, facciamo un attimo con calma", sorridendo perché gli voglio bene e anche a me piace camminare a lunghe falcate frettolose. Ma senza esagerare.
E lui si è fermato, mi ha guardata in faccia e mi ha detto:
"Sai, quando ero al campo, ogni mattina ci mettevano in fila per l'appello, e ogni mattina ne tiravano alcuni fuori dalla fila a caso e gli sparavano un colpo alla nuca lì, dove si trovavano. Io per quattro anni, ogni mattina non sapevo se sarei arrivato vivo a sera. Per questo non posso fare con calma, non ci riesco."
Dàgli torto.
E adesso lui non c'è più, oggi è il giorno della memoria, e io mi chiedo: ma c'è qualcuno che se lo ricorda, il numero di mio nonno? che mi piacerebbe tanto saperlo.
sabato 26 gennaio 2008
Compleanno al Bazar
Che a me l'idea di far passare un compleanno senza fare una festa fa davvero soffrire, che la vita è breve, e anche se le feste si fanno benissimo senza scuse, quando poi la scusa ce l'hai e buona, è un peccato lasciar perdere. Ma stavolta ho lasciato perdere in blocco la festa per Ennio, che già gli ho organizzato la festa con 7 bambini grandi come lui a fare un quadro con la maestra di pittura dove ha fatto il corso lo scorso anno, e chiaramente volevo fare una torta con the a casa per gli amichetti piccoli, quelli i cui genitori stanno simpatici pure a me.
Ma per fortuna ho lasciato perdere. Abbiamo festeggiato in famiglia, all'ultimo momento anche i nonni hanno lasciato perdere.
Allora stamattina è ricominciato il corso di pittura, che di fronte la nostra isola c'è un vecchio magazzino portuale riadattato ad atelier, e in questi atelier ci lavorano un sacco di creativi, alcuni ci pure abitano e c'è Marianne Wagemaker che organizza questi bei corsi, vorrei farne uno anch'io a volte. E abbiamo scoperto stamattina che al corso ci vengono altri due bambini che Ennio conosce ed erano tutti contenti di ciò.
Poi siamo andati a prenderli con i loro sbaffi di colore addosso, siamo saliti sul tram 25 che ci porta dritti al mercato, siamo entrati nel mercato preferito di mamma, che è l'Albert Cuyp, siamo entrati nel negozio di giocattoli di legno, che di solito c'è una signora quasi anziana tanto caruccia, oggi invece ce n'era una che si seccava se i bambini prendevano in mano le cose o facevano rumore o ci mettevano tempo a decidersi, e faceva tactactac con una monetina sul bancone, che sembrava il mio vecchio prof di latino, Mario Montebello, che anche lui faceva tactactac con la fede mentre noi facevamo le versioni alla lavagna, ma lui era in fondo un sant'uomo. Che pure il capo ha pensato tra sé e se', ma se ti scocciano tanto i bambini, proprio un negozio di giocattoli dovevi aprire, ma lui non sapeva che di solito c'è la signora caruccia e non questa qui che davvero non so da dove è uscita.
E poi siamo andati al Bazar a pranzare. A me il Bazar piace tanto e ultimamente l'ho proprio scoperto come posto ideale per andarci con i bambini. Che una va al mercato trascinandosi una o più belve che non sempre hanno voglia di assecondare, e spesso piove e tu ti trascini belva e acquisti per questo mercato lunghissimo, e anche se ci sono tanti localini carini tu ne vorresti uno dove rilassarti in compagnia dela belva, che se non ti stressi tu e non stressi lui a forza di dire, siediti, non toccare, non dare fastidio alla signora, mangia, allora è proprio bello portarsi i bambini al mercato, che poi passiamo davanti al girarrosto dei polli, e loro si fermano a gardare, ed Ennio oggi non voleva andarsene e diceva con aria rapita "aspetta un attimo, voglio solo annusare" facendo sorridere tutta la fila dal pollaiolo specializzato in selvaggina e carni anomale, e poi mentre ci allontanavamo diceva: "Mamma, che profumo buonissimo" mentre io pensavo che di uno di quei polli lì ho ancora tutte le parti molli in casa, che l'abbiamo comprato ieri perché l'ha visto Orso, ma proprio tu, quoque fili mi, ti sei rifiutato di assaggiarlo, e io e Orso ce lo siamo disossati e sgranocchiati, che a lui una zampa da rosicchiare piace da quando aveva 10 mesi.
Però dicevo del Bazar. Il Bazar una volta deve essere stato una chiesa o una sinagoga, non uno di questi locali micro che ci sono ad Amsterdam, 5 tavolini e un bancone, che arrivi dal mercato e non sai dove mettere le buste, ma bello grosso, con una balconata di sopra, una parete di fondo tutta ricoperta di bellissime piastrelle e un montacarichi postmoderno con tutti pannelli di plexiglas colorato che è il miglior amico di Orso, che sale sempre sopra a farsi un giretto e a salutarlo. E sotto, un po' in disparte vicino alla cucina di sotto, che c'è né una anche sopra, un angolino con 5 tavolini, un TV messa sui cartoni e una cassa piena di giocattoli. Che io posso sedermi con calma, ordinare qualcosina che mi ispira, dare persino appuntamento alle amiche e poi ritemprata recuperare figli e acquisti e andarcene verso il tram 25 che ci porta vicino casa.
Prima di farci il Bazar, lì c'era il South Miami Plaza,, ma sto parlando del 1994, che vendeva musica, poi ci hanno fatto il caffé dell'Angelo, ma non è durato molto, e adesso Bazar, che originariamente era nato a Rotterdam, e lì c'è ancora, ma l'unica volta che ci abbiamo mangiato che al film Festival davano un corto ui abbiamo partecipato in svariati modi tutti noi Quelli di Astaroth, ma il Bazar Rotterdam non era grnaché, sono diventati famosissimi e se la tirano.
Il Bazar di qui invece è molto carino, sta aperto fino a tardi che è la nostra unica salvezza senza prenotazioni per il dopo teatro, teatro quando ne facciamo noi, intendo, che il nostro stabile è lì dietro, ma in genere tra mettere a posto, rivestirci e cagarci un minimo i fan, facciamo sempre le 11:30, con una fame boia e non sappiamo mai dove andare, a meno di non aver prenotato dall'assiro, che oltre a essere gentile e simpatico ha questi figli e nipoti bonazzi. Però a furia di andarci ho notato che anche al Bazar lavorano un sacco di bonazzi dall'aria mediorientale, o come si dice politicorrecticalmente qui ogni volta che c'è qualche schifìo a opera di Marocchini e co, "Il sospettato aveva un aspetto mediterraneo".
Oggi quindi, compleanno di Ennio al Bazar con cartoni, bonazzi, cosine buone, featuring papà, courtesy of himself.
Poi alla fine i mostri si sono mangiati una mezza scrippella al miele e frutta in due, gli spiedini di pollo li hanno assaggiati ma ho potuto finirmeli io, tanto buon pane, mentre noi ci godevamo taboulè, falafel e un' insalata iraniana di yogurt e spinaci, una specie di zaziki. Io ho preso la mia solita minestra tunisina al pesce, l'unica cosa, decorata con uno spettacolare gamberone di fiume che dal sapore era di quelli comprati lessati e congelati e che non sanno di nulla. Un ulteriore giretto in centro per un paio di commissioni, poi, con orario di scadenza raggiunto in cui i mostri litigavano, rognavno, si buttavano per terra, siamo risaliti sul 25 e siamo tornati a casa.
E adesso vado ad assemblare la torta, che forse passano gli amici preferiti per mangiarla insieme.
Ma per fortuna ho lasciato perdere. Abbiamo festeggiato in famiglia, all'ultimo momento anche i nonni hanno lasciato perdere.
Allora stamattina è ricominciato il corso di pittura, che di fronte la nostra isola c'è un vecchio magazzino portuale riadattato ad atelier, e in questi atelier ci lavorano un sacco di creativi, alcuni ci pure abitano e c'è Marianne Wagemaker che organizza questi bei corsi, vorrei farne uno anch'io a volte. E abbiamo scoperto stamattina che al corso ci vengono altri due bambini che Ennio conosce ed erano tutti contenti di ciò.
Poi siamo andati a prenderli con i loro sbaffi di colore addosso, siamo saliti sul tram 25 che ci porta dritti al mercato, siamo entrati nel mercato preferito di mamma, che è l'Albert Cuyp, siamo entrati nel negozio di giocattoli di legno, che di solito c'è una signora quasi anziana tanto caruccia, oggi invece ce n'era una che si seccava se i bambini prendevano in mano le cose o facevano rumore o ci mettevano tempo a decidersi, e faceva tactactac con una monetina sul bancone, che sembrava il mio vecchio prof di latino, Mario Montebello, che anche lui faceva tactactac con la fede mentre noi facevamo le versioni alla lavagna, ma lui era in fondo un sant'uomo. Che pure il capo ha pensato tra sé e se', ma se ti scocciano tanto i bambini, proprio un negozio di giocattoli dovevi aprire, ma lui non sapeva che di solito c'è la signora caruccia e non questa qui che davvero non so da dove è uscita.
E poi siamo andati al Bazar a pranzare. A me il Bazar piace tanto e ultimamente l'ho proprio scoperto come posto ideale per andarci con i bambini. Che una va al mercato trascinandosi una o più belve che non sempre hanno voglia di assecondare, e spesso piove e tu ti trascini belva e acquisti per questo mercato lunghissimo, e anche se ci sono tanti localini carini tu ne vorresti uno dove rilassarti in compagnia dela belva, che se non ti stressi tu e non stressi lui a forza di dire, siediti, non toccare, non dare fastidio alla signora, mangia, allora è proprio bello portarsi i bambini al mercato, che poi passiamo davanti al girarrosto dei polli, e loro si fermano a gardare, ed Ennio oggi non voleva andarsene e diceva con aria rapita "aspetta un attimo, voglio solo annusare" facendo sorridere tutta la fila dal pollaiolo specializzato in selvaggina e carni anomale, e poi mentre ci allontanavamo diceva: "Mamma, che profumo buonissimo" mentre io pensavo che di uno di quei polli lì ho ancora tutte le parti molli in casa, che l'abbiamo comprato ieri perché l'ha visto Orso, ma proprio tu, quoque fili mi, ti sei rifiutato di assaggiarlo, e io e Orso ce lo siamo disossati e sgranocchiati, che a lui una zampa da rosicchiare piace da quando aveva 10 mesi.
Però dicevo del Bazar. Il Bazar una volta deve essere stato una chiesa o una sinagoga, non uno di questi locali micro che ci sono ad Amsterdam, 5 tavolini e un bancone, che arrivi dal mercato e non sai dove mettere le buste, ma bello grosso, con una balconata di sopra, una parete di fondo tutta ricoperta di bellissime piastrelle e un montacarichi postmoderno con tutti pannelli di plexiglas colorato che è il miglior amico di Orso, che sale sempre sopra a farsi un giretto e a salutarlo. E sotto, un po' in disparte vicino alla cucina di sotto, che c'è né una anche sopra, un angolino con 5 tavolini, un TV messa sui cartoni e una cassa piena di giocattoli. Che io posso sedermi con calma, ordinare qualcosina che mi ispira, dare persino appuntamento alle amiche e poi ritemprata recuperare figli e acquisti e andarcene verso il tram 25 che ci porta vicino casa.
Prima di farci il Bazar, lì c'era il South Miami Plaza,, ma sto parlando del 1994, che vendeva musica, poi ci hanno fatto il caffé dell'Angelo, ma non è durato molto, e adesso Bazar, che originariamente era nato a Rotterdam, e lì c'è ancora, ma l'unica volta che ci abbiamo mangiato che al film Festival davano un corto ui abbiamo partecipato in svariati modi tutti noi Quelli di Astaroth, ma il Bazar Rotterdam non era grnaché, sono diventati famosissimi e se la tirano.
Il Bazar di qui invece è molto carino, sta aperto fino a tardi che è la nostra unica salvezza senza prenotazioni per il dopo teatro, teatro quando ne facciamo noi, intendo, che il nostro stabile è lì dietro, ma in genere tra mettere a posto, rivestirci e cagarci un minimo i fan, facciamo sempre le 11:30, con una fame boia e non sappiamo mai dove andare, a meno di non aver prenotato dall'assiro, che oltre a essere gentile e simpatico ha questi figli e nipoti bonazzi. Però a furia di andarci ho notato che anche al Bazar lavorano un sacco di bonazzi dall'aria mediorientale, o come si dice politicorrecticalmente qui ogni volta che c'è qualche schifìo a opera di Marocchini e co, "Il sospettato aveva un aspetto mediterraneo".
Oggi quindi, compleanno di Ennio al Bazar con cartoni, bonazzi, cosine buone, featuring papà, courtesy of himself.
Poi alla fine i mostri si sono mangiati una mezza scrippella al miele e frutta in due, gli spiedini di pollo li hanno assaggiati ma ho potuto finirmeli io, tanto buon pane, mentre noi ci godevamo taboulè, falafel e un' insalata iraniana di yogurt e spinaci, una specie di zaziki. Io ho preso la mia solita minestra tunisina al pesce, l'unica cosa, decorata con uno spettacolare gamberone di fiume che dal sapore era di quelli comprati lessati e congelati e che non sanno di nulla. Un ulteriore giretto in centro per un paio di commissioni, poi, con orario di scadenza raggiunto in cui i mostri litigavano, rognavno, si buttavano per terra, siamo risaliti sul 25 e siamo tornati a casa.
E adesso vado ad assemblare la torta, che forse passano gli amici preferiti per mangiarla insieme.
venerdì 25 gennaio 2008
Compleanni olandesi part 1
Oltre a Sinterklaas l'altra grande festività obbligata in Olanda sono i compleanni. Una palla. Ci si siede tutti in circolo sulle sedie lungo il perimetro della stanza, ogni nuova persona che viene fa il giro del cerchio per stringere la mano e presentarsi a chi non conosce e salutare tutti gli altri (e capisci che a uno che per la 12esima volta in due minuti sento dire "Jaap, piacere", tutto mi viene da dirgli, anzi proprio un sacco di cose, ma non rispondere "Piacere, Barbara". Allora mi mordo la lingua e abbozzo, che qui il mio senso dell'umorismo è sprecato). Poi che c'entra, alle feste dove vado io mi conoscono già tutti, se non di persona almeno per sentito dire. Ma non è che ci vada poi spesso, alle feste di compleanno.
Mangiare, non si mangia granché, il caffé è quello che è (il the peggio), la torta, se poi c'è, non capisco mai quando la servono e di solito è che nel momento che vado in bagno. la gente si prende le misure parlando del proprio lavoro ed eventualmente della propria casa (e relativi mutui e assicurazioni). Perché in questo paese è un grosso tabù chiedere quanto uno guadagna, però poi basta chiedere dove abita e chiarirsi se è affitto o proprietà e ti fai un'idea precisa come una valutazione dell'ufficio imposte. Un sacco di gente si è sentita in dovere di fregarmi soldi semplicemente perché credono che la casa in cui vivo è di proprietà (no, lavoro per pagare l'affitto e non vedo l'ora di comprar casa, restare incinta e fare la casalinga appagata. Ma per ora non ci riesco).
Però si chiacchiera, si vede gente. Si canta "In de gloria" per il festeggiato. Si paragonano mutui e assicurazioni. Talvolta le scuole dei figli. Cose così.
Il mio primo trauma culturale in Olanda era la gente (studenti) che mi raccontavano beati di avere un ottimo rapporto con i propri genitori che vedevano quel paio di volte l'anno per i compleanni. Grazie tanto, così son capace anch'io di andare d'accordo con chiunque. Ma all'epoca mi sfuggiva proprio il peso del compleanno.
Per fortuna la maggior parte dei miei amici sono stranieri, quindi si mangia bene e ci si diverte, non abbiamo bisogno di berci sopra per scaldare l'atmosfera, e prendiamo in giro gli olandesi presenti o parliamo male di quelli assenti. In inglese`è una nota pratica che si chiama Dutch bashing. Terapeutica.
Allora, la mia disgrazie è che mi sono maritata in una famiglia che ha sempre figliato durante le vacanze. Quindi tra metà gennaio e metà marzo abbiamo 6 compleanni, di cui tre a mio carico. Quelli dei bambini raddoppiano per via della festa a scuola. Me invece, a giugno che sto per partire per le vacanze e sono ancora più schizzata, niente, le feste non me le organizza nessuno.
Ora, io da 5 anni a fine marzo vado in scena con un gruppo teatrale italiano, quello che mi tiene sana di mente a queste latitudini. Prove nei weekend, che durante la settimana si lavora per vivere e si lavora alla produzione. E all'inizio di marzo faccio la giullare di corte a un evento italiano per finanziare le spese dello spettacolo. Per dire, lo scorso anno a una mia conferenza su Magia e superstizione in Italia mi sono stati a sentire immobili per oltre un'ora e mezzo e non volevano mandarmi più via. Che gli avrò detto mai?
Quindi a me da gennaio a marzo non mi parlate di compleanni che sono una iena. Peccato, perché organizzare feste mi piace. L'anno scorso ho avuto in casa 22 bambini per tre ore, cosa inaudita da queste parti, in cui al massimo inviti tanti bambini quanti gli anni che compi. E possibilmenti fuori casa. L'unica mossa geniale del festeggiato è stata quella di invitare personalmente la sua amata maestra, vicina di casa e con le figlie amichette di asilo. Che a un certo punto, mentre tentavo di intontirli con la torta e salivo e scendevo per 5 piani con bichieri, piattini e cose varie, ho sentito un improvviso silenzio ed ho pensato a una disgrazia.
No, era la santa Colinda che se li era messi tutti intorno e gli stava leggendo un libro. Grazie a ciò la torta siamo riusciti a servirla senza incidenti. Nel frattempo anche lei si e trasferita fuori Amsterdam per poter comprar casa, quindi quest'anno la mossa non posso ripeterla.
Ma la cosa peggiore per la povera Mammamsterdam solo i compleanni a scuola. Di cui parlerò nella Part 2, domani, quando ne sarò sopravvissuta.
Mangiare, non si mangia granché, il caffé è quello che è (il the peggio), la torta, se poi c'è, non capisco mai quando la servono e di solito è che nel momento che vado in bagno. la gente si prende le misure parlando del proprio lavoro ed eventualmente della propria casa (e relativi mutui e assicurazioni). Perché in questo paese è un grosso tabù chiedere quanto uno guadagna, però poi basta chiedere dove abita e chiarirsi se è affitto o proprietà e ti fai un'idea precisa come una valutazione dell'ufficio imposte. Un sacco di gente si è sentita in dovere di fregarmi soldi semplicemente perché credono che la casa in cui vivo è di proprietà (no, lavoro per pagare l'affitto e non vedo l'ora di comprar casa, restare incinta e fare la casalinga appagata. Ma per ora non ci riesco).
Però si chiacchiera, si vede gente. Si canta "In de gloria" per il festeggiato. Si paragonano mutui e assicurazioni. Talvolta le scuole dei figli. Cose così.
Il mio primo trauma culturale in Olanda era la gente (studenti) che mi raccontavano beati di avere un ottimo rapporto con i propri genitori che vedevano quel paio di volte l'anno per i compleanni. Grazie tanto, così son capace anch'io di andare d'accordo con chiunque. Ma all'epoca mi sfuggiva proprio il peso del compleanno.
Per fortuna la maggior parte dei miei amici sono stranieri, quindi si mangia bene e ci si diverte, non abbiamo bisogno di berci sopra per scaldare l'atmosfera, e prendiamo in giro gli olandesi presenti o parliamo male di quelli assenti. In inglese`è una nota pratica che si chiama Dutch bashing. Terapeutica.
Allora, la mia disgrazie è che mi sono maritata in una famiglia che ha sempre figliato durante le vacanze. Quindi tra metà gennaio e metà marzo abbiamo 6 compleanni, di cui tre a mio carico. Quelli dei bambini raddoppiano per via della festa a scuola. Me invece, a giugno che sto per partire per le vacanze e sono ancora più schizzata, niente, le feste non me le organizza nessuno.
Ora, io da 5 anni a fine marzo vado in scena con un gruppo teatrale italiano, quello che mi tiene sana di mente a queste latitudini. Prove nei weekend, che durante la settimana si lavora per vivere e si lavora alla produzione. E all'inizio di marzo faccio la giullare di corte a un evento italiano per finanziare le spese dello spettacolo. Per dire, lo scorso anno a una mia conferenza su Magia e superstizione in Italia mi sono stati a sentire immobili per oltre un'ora e mezzo e non volevano mandarmi più via. Che gli avrò detto mai?
Quindi a me da gennaio a marzo non mi parlate di compleanni che sono una iena. Peccato, perché organizzare feste mi piace. L'anno scorso ho avuto in casa 22 bambini per tre ore, cosa inaudita da queste parti, in cui al massimo inviti tanti bambini quanti gli anni che compi. E possibilmenti fuori casa. L'unica mossa geniale del festeggiato è stata quella di invitare personalmente la sua amata maestra, vicina di casa e con le figlie amichette di asilo. Che a un certo punto, mentre tentavo di intontirli con la torta e salivo e scendevo per 5 piani con bichieri, piattini e cose varie, ho sentito un improvviso silenzio ed ho pensato a una disgrazia.
No, era la santa Colinda che se li era messi tutti intorno e gli stava leggendo un libro. Grazie a ciò la torta siamo riusciti a servirla senza incidenti. Nel frattempo anche lei si e trasferita fuori Amsterdam per poter comprar casa, quindi quest'anno la mossa non posso ripeterla.
Ma la cosa peggiore per la povera Mammamsterdam solo i compleanni a scuola. Di cui parlerò nella Part 2, domani, quando ne sarò sopravvissuta.
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venerdì 18 gennaio 2008
Vocativi e vocazioni
Quando hai un'ufficio in casa (e sembrava tanto una buona idea, soprattutto prima di aver bambini in giro per la stessa casa) c'è il grosso vantaggio che puoi essere completmente efficiente e professionale per e-mail e telefono anche se in realtà sei a letto in pigiama con il laptop in grembo (il mio laptop ha avuto una crisi di rigetto dal Wifi che abbiamo messo, e unico apparecchio di casa, sta attaccato al cordone ombelicale del cavetto di fianco al letto). Poi CorePeloso si meraviglia perché ancora non mi compro la telecamera per messenger. Non sa quante volte abbiamo risolto problemi organizzativi al telefono dalla vasca da bagno o peggio.
Con la tecnica si risolve tutto, i rapporti madre-figli invece hanno bisogno delle loro scorciatoie.
- Mammaa! (Mamma è due piani sotto al telefono e non può rispondere).
- Mammaa, vieni a vedere! (Mamma conclude in fretta la conversazione).
- Barbaraaa! (Mamma riattacca).
- Dimmi amore?
Non solo Gnorpo One ha capito benissimo che se non reagisco come madre tanto vale rivolgermisi da adulto ad adulto (e funziona bene, in effetti), ma avendo molto bene in mente il rapporto di causalità, chi glielo spiega ormai che quando sono al telefono faccio fatica a rispondergli e che il vocativo usato stavolta non ha avuto nessun ruolo in proposito?
Passo da professionista a madre in due rampe di scale, e vado a risolvergli un problema di ingegneria per un mega-ponte ferroviario, che dal tavolino del salotto, attraverso il dondolo rovesciato e uno svincolo sul divano dovrà arrivare a toccar terra 45 cm. più in basso.
Se andiamo avanti così, con i tempi decisionali italiani e la sua vocazione in erba, se se la coltiva per bene, sarà giusto lui a fare in tempo a costruire il ponte sullo Stretto.
- Ma come hai fatto mamma?, meraviglia lo gnorpolo all'onniscienza della madre che gli mette una fiancata del castello come base per le rotaie. Non sono più Barbara.
Per fortuna si fa presto a ristabilire le zone di competenza.
Con la tecnica si risolve tutto, i rapporti madre-figli invece hanno bisogno delle loro scorciatoie.
- Mammaa! (Mamma è due piani sotto al telefono e non può rispondere).
- Mammaa, vieni a vedere! (Mamma conclude in fretta la conversazione).
- Barbaraaa! (Mamma riattacca).
- Dimmi amore?
Non solo Gnorpo One ha capito benissimo che se non reagisco come madre tanto vale rivolgermisi da adulto ad adulto (e funziona bene, in effetti), ma avendo molto bene in mente il rapporto di causalità, chi glielo spiega ormai che quando sono al telefono faccio fatica a rispondergli e che il vocativo usato stavolta non ha avuto nessun ruolo in proposito?
Passo da professionista a madre in due rampe di scale, e vado a risolvergli un problema di ingegneria per un mega-ponte ferroviario, che dal tavolino del salotto, attraverso il dondolo rovesciato e uno svincolo sul divano dovrà arrivare a toccar terra 45 cm. più in basso.
Se andiamo avanti così, con i tempi decisionali italiani e la sua vocazione in erba, se se la coltiva per bene, sarà giusto lui a fare in tempo a costruire il ponte sullo Stretto.
- Ma come hai fatto mamma?, meraviglia lo gnorpolo all'onniscienza della madre che gli mette una fiancata del castello come base per le rotaie. Non sono più Barbara.
Per fortuna si fa presto a ristabilire le zone di competenza.
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martedì 15 gennaio 2008
Esseri senzienti
La settimana scorsa ho conosciuto di persona un amico (si, è diventato un amico, capita) che finora conoscevo solo per e-mail. Si tratta di un collega italiano, che aveva una volta contattato e intervistato i miei compari di radio. Ci siamo mandati una mail così per cso, e da ottobre ci scriviamo giornalmente o quasi e ci raccontiamo i fatti nostri.
Fa sempre strano vedere in faccia una persona che nel frattempo hai imparato a leggere tra le righe e che di colpo ti si materializza accanto. Cose del genere in passato mi succedevano telefonicamente, come l'amicizia con l'Anna, che ci siamo messe in contatto per un corsista che dovevamo passarci e siamo state un anno a telefonarci e diventare intime, prima di vederci e sorprenderci per come eravamo diverse dalle rispettive immagini interne. anche adesso con Anna siamo molto vicine, anche se ci telefoniamo molto meno, purtroppo. Per dire che non è Internet, che senno' i bloggisti fra un po' cominciano a darmi dell'imbranata, che loro stanno tutti in Italia, talvolta vivono nella stessa regione e città e fanno subito a decidere di conoscersi di persona. Voglio dire che certe cose sono sempre esistite.
Dicevo che per e-mail con l'amico in questione, ovvero Don Stalin, ce ne siamo dette di tutti i colori, ma lui da mesi me la menava che nulla sostituisce la presenza fisica, il guardarsi negli occhioni eccetera. Secondo me invece è un caso di deformazione professionale: a me per iscritto, se sono scritti spontanei, sono poche le cose che mi sfuggono. Di persona invece sono distratta, mi scordo le cose che mi dicono, sono troppo multi-tasking. Lui lavora con i corpi e le voci, quindi il silenzio gli sottrae un sacco di metamessaggi che gli potrebbero essere utili.
A un certo punto l'ho visto quasi incazzarsi quando ho detto che mio marito mi rimprovera spesso che non ascolto la gente, e che ho notato che ultimamente preferisco sentirle, le persone, piuttosto che ascoltarle. Perché lui ha capito che non lo stavo ascoltando (beh, forse, un momento, non mi sento di escluderlo).
Ma mi rifiuto di farmi bocciare il mio sistemino. È una modalità che ho scoperto e di cui mi fido da relativamente poco, che noi femmine dall'intelletto ipertrofico mica stiamo lì a fidarci delle sensazioni. E sbagliamo.
Me l'ha insegnato Orso, il mio secondo cucciolo che fra un po' fa quattro anni. Orso è una roccia. A volte sta li e pensa e io a un certo punto, in primavera, mi chiedevo: ma io lo so cosa pensa quel bambino, che sta sempre zitto e pensa? L’ho chiesto a suo padre: Ma tu lo capisci Orso, lo sai cosa pensa? (che anche Orso padre è un gran taciturno, però nella vita sembra cavarsela in qualche modo, voglio dire, a me c'è riuscito a convinceri a venire quassù per lui, e allora ho pensato che forse tra laconici si capivano a modo loro). Lui riflette e mi fa: un po’ si. Beato te, io no. Poi invece ho capito che forse non saprò cosa pensa ma so molto bene, e a un livello puramente fisico e istintivo, quello che prova. E allora non me ne importa affatto di sapere a cosa pensi, basta che io percepisca se sta bene o male e che riesca ad intervenire in modo adeguato. Cosa che finora mi riesce.
Ma Orso si sta aprendo molto anche lui crescendo, ha smesso di farsi venire le crisi di rabbia, che si butta per terra e non riponde, e adesso parla un sacco. Però mi ha insegnato una cosa fondamentale che mi sta aiutando un sacco nella vita, checché ne pensi Don Stalin, che non deve arrabbiarsi se non lo ascolto, perché io sono e resto distratta.
Ma Orso mi ha insegnato veramente una cosa bellissima, del che lo ringrazio. d'altrone i figli servono a farci crescere ("...the child is father of the man...").
Fa sempre strano vedere in faccia una persona che nel frattempo hai imparato a leggere tra le righe e che di colpo ti si materializza accanto. Cose del genere in passato mi succedevano telefonicamente, come l'amicizia con l'Anna, che ci siamo messe in contatto per un corsista che dovevamo passarci e siamo state un anno a telefonarci e diventare intime, prima di vederci e sorprenderci per come eravamo diverse dalle rispettive immagini interne. anche adesso con Anna siamo molto vicine, anche se ci telefoniamo molto meno, purtroppo. Per dire che non è Internet, che senno' i bloggisti fra un po' cominciano a darmi dell'imbranata, che loro stanno tutti in Italia, talvolta vivono nella stessa regione e città e fanno subito a decidere di conoscersi di persona. Voglio dire che certe cose sono sempre esistite.
Dicevo che per e-mail con l'amico in questione, ovvero Don Stalin, ce ne siamo dette di tutti i colori, ma lui da mesi me la menava che nulla sostituisce la presenza fisica, il guardarsi negli occhioni eccetera. Secondo me invece è un caso di deformazione professionale: a me per iscritto, se sono scritti spontanei, sono poche le cose che mi sfuggono. Di persona invece sono distratta, mi scordo le cose che mi dicono, sono troppo multi-tasking. Lui lavora con i corpi e le voci, quindi il silenzio gli sottrae un sacco di metamessaggi che gli potrebbero essere utili.
A un certo punto l'ho visto quasi incazzarsi quando ho detto che mio marito mi rimprovera spesso che non ascolto la gente, e che ho notato che ultimamente preferisco sentirle, le persone, piuttosto che ascoltarle. Perché lui ha capito che non lo stavo ascoltando (beh, forse, un momento, non mi sento di escluderlo).
Ma mi rifiuto di farmi bocciare il mio sistemino. È una modalità che ho scoperto e di cui mi fido da relativamente poco, che noi femmine dall'intelletto ipertrofico mica stiamo lì a fidarci delle sensazioni. E sbagliamo.
Me l'ha insegnato Orso, il mio secondo cucciolo che fra un po' fa quattro anni. Orso è una roccia. A volte sta li e pensa e io a un certo punto, in primavera, mi chiedevo: ma io lo so cosa pensa quel bambino, che sta sempre zitto e pensa? L’ho chiesto a suo padre: Ma tu lo capisci Orso, lo sai cosa pensa? (che anche Orso padre è un gran taciturno, però nella vita sembra cavarsela in qualche modo, voglio dire, a me c'è riuscito a convinceri a venire quassù per lui, e allora ho pensato che forse tra laconici si capivano a modo loro). Lui riflette e mi fa: un po’ si. Beato te, io no. Poi invece ho capito che forse non saprò cosa pensa ma so molto bene, e a un livello puramente fisico e istintivo, quello che prova. E allora non me ne importa affatto di sapere a cosa pensi, basta che io percepisca se sta bene o male e che riesca ad intervenire in modo adeguato. Cosa che finora mi riesce.
Ma Orso si sta aprendo molto anche lui crescendo, ha smesso di farsi venire le crisi di rabbia, che si butta per terra e non riponde, e adesso parla un sacco. Però mi ha insegnato una cosa fondamentale che mi sta aiutando un sacco nella vita, checché ne pensi Don Stalin, che non deve arrabbiarsi se non lo ascolto, perché io sono e resto distratta.
Ma Orso mi ha insegnato veramente una cosa bellissima, del che lo ringrazio. d'altrone i figli servono a farci crescere ("...the child is father of the man...").
giovedì 10 gennaio 2008
Mal di pancia
Ho mal di pancia. Avrò sbagliato a strafocarmi di bruschette con la Sturni che non vedo da quando è tornata dal Messico? a riempirmi di cose da fare e un mucchio di stress per prelevare il cucciolo, portarlo a logopedia in anticipo, così recupero Don Stalin in visita lampo a cui ho appioppato immediatamente il ruolo di baby-sitter (io ho l'invito facile, ma poi...) per berci una cosina insieme, depositari dalla logo e scappare al mio appuntamento di lavoro e lasciando Don Stalin a spupazzarsi figli, recuperare cucciolo piccolo, cenare con il sugo che avrei dovuto fare ma non c'è. O lascio perdere tutto?
Ecco, lamentarsi mi fa venire buone idee. Adesso chiamo una madre ualsiasi chiedendole di consegnarmi il figlio isnieme al suo, resto a letto, fino alle 3:40, avverto Don Stalin di prendersela calma alla mostra di Andy Wharol, chiamo il mio tassista preferito per farci portare dalla logo, li lascio lì e proseguo per il lavoro. Recupero 80 minuti di pace, magari mi passa il mal di pancia.
Poi dicono che le donne manager non sanno delegare.
Ecco, lamentarsi mi fa venire buone idee. Adesso chiamo una madre ualsiasi chiedendole di consegnarmi il figlio isnieme al suo, resto a letto, fino alle 3:40, avverto Don Stalin di prendersela calma alla mostra di Andy Wharol, chiamo il mio tassista preferito per farci portare dalla logo, li lascio lì e proseguo per il lavoro. Recupero 80 minuti di pace, magari mi passa il mal di pancia.
Poi dicono che le donne manager non sanno delegare.
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