giovedì 24 settembre 2009

Burka e veli al supermercato

Lo spunto immediato me lo dà quest'articolo qui, ma sono almeno 4-5 anni che mi interrogo sul velo islamico in Europa, e non riesco davvero a darmi una risposta.

La premessa è che la mia donna abruzzese e tutte quelle della sua generazione non sono mai uscite di casa senza il fazzoletto o lo scialle. che non stava bene. E a messa tiravano fuori quelle loro mantiglie di pizzo. mia madre invece, che quando il freddo si fa duro si metteva in testa i suoi fazzolettoni di lana da matrioska, a casa sua in polonia lo fa tranquillamente, qui in Olanda ha il complesso che la scambino per musulmana e si becca delle sinusiti spaventose.

Si diceva però del velo islamico.

Comincio dall'amica Daniela, una romagnola di quelle sanguigne e con il filo di follia, peraltro la persona più generosa che io conosca, ma con reazioni emotive enormi, che mi raccontava di non essere riuscita a rispondere al supermercato a una signora completamente coperta e con gli occhiali da sole che le chiedeva qualcosa. Le ha fatto proprio impressione questo fantasma e le ha voltato le spalle.

Ora, questo fatto me lo avrà raccontato almeno 10 anni fa, un periodo in cui lei viveva nel quartiere più islamico di Amsterdam. Io donne combinate così non ne avevo mai viste e sinceramente la sua reazione mi sembrava esagerata. Fino a che, qualche anno dopo, sulla Molukkenstraat, non ne ho visto dalla macchina ben due, e anche a distanza mi ha fatto impressione. Però devo dire che donne così esageratamente velate non ne vedo mai. Evidentemente stanno spesso in casa.

Un'altra impressione: qualche anno fa ho festeggiato il mio compleanno all'Hammam, che allora era questo bagno molto popolare, senza nulla di tutti quegli ammennicoli fighetti del wellness, ma proprio un posto per madri e figlie, spose e testimoni e vicine di casa che si rifanno l'henné, + un paio di maschietti sotto i 4 anni a seguito di madri e sorelle (rimpiango di non averci mai portato i miei finché si poteva).

Con la saletta da the per riposarsi dal vapore, bere the alla menta e mangiando anche la harira, la minestra di lenticchie. Visto che dilci, a parte il baklava, non ne avevano, ho chiesto se potevo portarmi io una torta. Nessun problema. E siccome non sapevo se erano attrezzate mi sono portata piattini e forchettine, che ci sono anche rimaste male, e me le hanno lavate ed asciugate prima di andar via.

In quel gineceo avevamo notato una ragazza nera molto, ma molto incinta, con un pancione enorme, che tutte noi femmine in età fertile ci siamo ammirate, perché era davvero bellissima, Eva, ecco. Poi l'abbiamo rivista vestita per uscire, con un vestito sportivo a cannottiera con le fasce bianche sui fianchi, lungo fino ai piedi, che l'avrei voluto uguale di corsa. Una bella nera hip e incinta, come ne vedi tante ad Amsterdam.

Finché non si è infilata sopra il soprabito lungo tradizionale con il cappuccio che penzola sulla schiena con la nappina, e un velo e lì ha cambiato completamente faccia. E ci ho pensato sopra.

Adesso che abito di fronte a uno dei supermercati della catena olandesissima, economica e di famiglia, un'istituzione in Olanda, niente manager leccati come quelli di tutto il retail, ma una famiglia di olandesoni di campagna con il senso del supermercato, ho notato una cosa. Che della loro uniforme delle cassiere, peraltro orenda, fa parte per chi lo vuole un velo pendant con il cravattino.

Fateci caso anche voi, negli altri supermercati neanche possono fare a meno delle cassiere islamiche, che le pagano poco più di tre euro l'ora e trovami l'olandese che lavora a tanto. Piuttosto va a fare le pulizie in nero a 10. Ma per la cassiera islamica lavorare per una grande catena e a contratto è anche un segno di integrazione ed emancipazione, sfugge un po' al corsetto del proprio gruppo. Però nelle altre catene, che se vuoi hanno uniformi anche più belline, il velo è a discrezione della cassiera. Ognuna si mette il suo e ce ne sono di tutti i tipi.

Per esempio adesso tra le ragazzine, queste ragazzine magrissime, con le gambe lunghe fasciate nei jeans strettissimi a pelo e il vestitino o la minigonna sopra, va di moda un fazzoletto di raso lucido in colori e fantasie pendant, ma molto vistosi, il rosso è gettonatissimo, portato sopra una specie di chignon grosso e alto che fa così a queste ragazze una testa da divinità classica, aggiunge quei 7-8 cm al tacco da 10, che tutto fa nell'alzarsi un po'. Allacciato dietro alla nuca.

Oppure quelle più tranquillo e aderente bicolore, sotto la fascetta elastica a metà che copre bene l'attaccatura dei capelli, di solito bianca o nera, sopra il velo propriamente detto, allacciato davanti o dietro, sempre aderentissimo che gli fa una testina da sommozzatore, e di colore contrastante anch'esso abbinato all'abbigliamento.

Il Dirk invece niente, tutte le cassiere hanno il velo pendant e dal punto di vista dell'immagine aziendale fa parecchio, come senso di ordine e omologazione. Tanto ci pensano i gioielli, il trucco, le unghie decorate con le stelline e i piercing a fare la differenza.

La differenza la fa anche il fatto che abitano in parecchie nel quartiere e le vedi chiacchierare o scherzare con i clienti che conoscono, madri, zie, cugine, amiche.

Ora: è un bene, è un male? Io dico che da adolescente timidissima ma ferma nei principi e bastian contrario per vizio, e buttata dal paesello alle superiori nella cittadina un po' più grande, a me un burka mi sarebbe piaciuto tanto. Mi avrebbe tranquillizzato, permesso di esulare da quegli infiniti codici fisici e estetici dell'adolescenza, il loro senso di inclusione o esclusione, mi avrebbe permesso di ignorare il mio corpo che stava cambiando, cosa che ho fatto comunque ma con più fatica.

Mi avrebbe permesso di concentrarmi sullo studio, che non a caso dicono che le ragazze nelle scuole femminili prestano meglio nelle materie scientifiche e non vengono distratte dai galli nel pollaio che gli guardano il culo, con il loro desiderio di esibizione e dominanza dell'attenzione. Ho rimediato con degli sciarponi enormi e rigidissimi, dentro cui mi nascondevo, tipo scafandro, quando la vita mi si faceva troppo dura.

Quindi capisco benissimo queste ragazzine, che un po' per la pressione familiare e sociale, un po' per senso di sfida (sono nata qui e continuate a trattarmi da cittadina di serie B? E allora ve lo sbatto in faccia, il mio velo, vediamo se continuate a guardarmi come se fossi trasparente) a una certa età decidono di mettersi il velo e farne un fashion statement. Capisco molto meno le bambine di 8 anni, ce ne sono un paio, poche, ma ci sono anche loro.

Mia zia a suo tempo, insegnante in Francia, sosteneva che se qualche ragazza le si presentava al liceo in velo la avrebbe buttata fuori, visto che era appena uscita la legge. Poi le abbiamo fatto notare che l'alternativa sarebbe stata che la ragazza non è che le sarebbe venuta a scuola senza velo, ma proprio avrebbe smesso di venire, condannandosi a un futuro di disoccupazione, e lì ci ha ripensato, che mia zia non è cretina, è solo categorica.

In Olanda una discussione del genere è emersa a proposito della magistratura: lì il divieto al velo è stato messo perché sono vietati tutti i simboli esterni di appartenenza religiosa, la croce o la stella di Davide. La toga serve infatti a simboleggiare l'assoluta imparzialità di chi amministra la legge, e in questo senso la propria appartenenza religiosa, etnica o altro deve starne fuori. Ecco, questo è il caso che faccio meno fatica a capire e contestare, lì c'è un motivo e siamo tutti d'accordo.

Ma il burka? Eccheccazzo, stiamo in Afganistan a combattere i taliban che si erano inventati questa bella cosa, e a casa nostra non offriamo questa scappatoia dalle convenzioni e dalle pressioni del gruppo ad altre donne? Chi viene a vivere e lavorare all'estero lo fa per cambiare vita. Noi siamo abituati a guardarci in faccia e riusciamo a relazionarci con gli altri solo in questo modo. Per favore veniteci incontro, perché altrimenti ci discriminiamo a vicenda.

(Per esempio, l'amica M. ora curatrice di arte asiatica al Rijksmuseum, quando se ne andava a fare le ricerche di indologia in Pakistan, il burka ce l'aveva e se lo metteva, che lei era lì per poco, con una borsa di studio, una missione e non aveva tempo per farsi le pippe di principio. Ma al Rijks ci va in minigonna e tailleur, che le sta tanto bene).

16 commenti:

emily ha detto...

ho letto, con enorme simpatia parli di una cosa che nn riesco proprio a mandar giù.
nn è un pezzo di stoffa, è un simbolo e ha una forza potente.
sono stata molto in turchia e marocco e ti assicuro che li nn è un vezzo o un oggetto di moda.
no, mi dispiace, ma io le coperte in faccia nn le giustifico x niente

Giuliana Cupi ha detto...

Stamattina ho letto questo articolo e ti ho pensata, ero sicura che ne avresti parlato...
Giuliana di Torino che continua a leggerti in silenzio :-)

Byte64 ha detto...

Mah, si potrebbero fare discorsi lunghi e pallosi, la mia indole sintetica però bolla la questione come l'ennesima dimostrazione che tutto ciò che ha a che fare con la religione ha troppo spesso i contorni della stupidità.
E il burqa mi sembra un monumento all'imbecillità umana né più né meno dei ricciolini degli ebrei ultraortodossi o degli anelli del Papa o del piercing.

Ma si sa, io sono un talebano al contrario.
:-)

Marta ha detto...

premessa: ti leggo da un po' e non ho mai commentato, ma questo argomento mi interessa, anche perché vivo in una zona milanese ad alta concentrazione di musulmani e ho passato due mesi a berlino nella zona più turca di tutte :)
neanche io riesco a farmi bene un'opinione in merito. se è vero che c'è la libertà di credere in quello che ci pare, compreso il fatto che una donna modesta si debba coprire per sfuggire agli sguardi lussuriosi degli uomini, è anche vero che:
a) come ricordi tu, in italia la legge prescrive che non si possa girare col volto coeprto
b) le ragazze che dici tu, e che impazzavano a berlino, non sono affatto apprezzate da chi, appunto, vede il velo come parte di un abbigliamento "modesto", che non dovrebbe evidenziare le forme e che comprende un makeup discreto e le sopracciglia al naturale (vedi anche tutti i gruppi di ragazze che portano lo hijab e fanno supporto reciproco su internet)
La visione dell'uomo come creatura senza controllo sulle sue pulsioni e della donna come guardiana della dignità collettiva, nonché l'idea che un uomo possa farsi passare i pensieracci per via di un velo e dei vestiti larghi mi sembra poi opinabile, ma, come ho detto, ognuno è libero di credere a quello in cui credere :)
però sono interessata a vedere cosa verrà fuori dai commenti a questo post sull'argomento.

Chiara Trabella ha detto...

Io vado spesso a Torino, dove la comunità araba è bella grossa, e ho diversi amici arabi (con diversi gradi di tradizionalismo, ma tendenzialmente basso). Infatti ho avuto anch'io un'esperienza all'hammam come la tua.
Ho pensato molto anch'io alla questione del velo, anche perché ho una madre decisamente avversa (lei, da buona lombarda, si mette solo ciò che è pratico, non si farebbe mai mantenere da un marito e soprattutto non è mai stata in buoni rapporti con i figli di papà libici che venivano a studiare a Pavia negli anni '80).
Io sono possibilista, nel senso che mi sembra più importante tutelare le donne nel concreto piuttosto che scannarsi sul velo e poi lasciar correre su episodi di violenza di genere.
Noto anch'io che il velo può essere qualcosa di modaiolo, e ogni tanto mi dispiace che in Italia sia tanto malvisto.
Soprattutto, vedo spesso le famiglie arabe in giro al mercato e non mi sembrano diverse da noi: ci sono quelle dove la donna ha un piglio deciso e competente, quelle rilassate e "paritarie" e quelle dove la donna ha l'aria un po' sottomessa. Ma se mi lascio alle spalle Porta Palazzo e vado a fare le vasche in via Garibaldi, non mi sembra che le coppie italiane siano tanto diverse...

Giuliana Cupi ha detto...

Lanterna: leggo sempre anche te e anche te, fino a oggi, in incognito (vi ho trovate tutte tramite Panz), so dei tuoi passaggi subalpini. Mi sono da poco trasferita in una zona assai multiculti e aspetto di integrarmi ancora un po' per farmi impressioni più realistiche. Già che ci sono ne approfitto per salutare Graz che è anche lei una di noi "bogia nen" e per rinnovare l'invito a Mammam, caso mia ripassasse...:-)
Giuliana
Ps: ah, il mio blog attualmente in disuso, ma chissà non si riapra, è: troppagrazia.ilcannocchiale.it...

Mammamsterdam ha detto...

Ecco, quanto mi piace a me fare salotto nei commenti. Ma non è che ce ne diventiamo tutte un po' troppo autoreferenziali? Comunque si, lassù da voi ci passo, che ho dei traumi familiari legati a Torino, ma anche le caramelle fondenti della Caftarel e tutte le cose buone da mangiare di voi piemontesi, e al capo è piaciuta tanto la città.

Ecco, poi se ti decidesi a riaprire il blog, fai un fischio.

Giuliana Cupi ha detto...

Pensa che stasera ci ho sentito Lech Walesa, ché da quando leggo questo blog se non sento parlare di Olanda è perché salta fuori la Polonia...
Giuliana

Gloglo ha detto...

Mi aggiungo alla voce di Lanterna. Permettiamo che le ragazze e le moli vengano maltrattate (vedi ad esempio un post di emilystar) perchè non sono affari nostri e poi però dobbiamo dire la nostra sul velo. Forse ha ragione Emily ed è un simbolo molto forte, forse non è che un semplice pezzo di stoffa. Anche a me non può che venire in mente mia nonna del sud che tutte le volte che voleva si "velava" e nessuno aveva niente da dire. L'integrazione passa per molte strade e se invece di accogliere queste nostre sorelle gli facciamo la guerra, come possiamo pretendere che riescano a migliorare la loro condizione?

Mammamsterdam ha detto...

Gloglo, mi piace molto che tu dica: sorelle. Io che scappo da qualsiasi logica di branco e di gruppo, negli ultimi tempi mi rendo conto che l'unica appartenenza che devo sventolare con orgoglio e desiderio di cambiare le cose per noi, è proprio quella femminile.

Perché è ora di una ondata femminista come si deve, più che per noi per i nostri figli. ma finché al potere in italia ci sono i maschi vecchi con le loro piccole visioni deviate su cosa debbano essere le donne, sarà il caso di darci da fare noi.

Anche perché delle giovani donne al potere, se l'unica cosa che riescono a fare per reagire alle voci su come quel potere se lo siano procurato è di farsi venire i disordini alimentari, stiamo fresche (la Maruzza che querela Repubblica).

Chiara Trabella ha detto...

Giuliana: anche se vivo in una cascina, ho la mia bella percentuale di famiglie straniere (ora sono 3 su 9). Ti dico: preparati a incomprensioni, perché spesso vedrai cose che ti destabilizzeranno un po' e magari pesterai metaforiche cacche per ignoranza delle altrui convenzioni. Nel mio cortile, alla faccia di tutti i discorsi di bonding e di tutti i dilemmi tata-nido-nonni di noi mamme italiche, una giovane mamma indiana ha affidato sua figlia a parenti di Brescia per ben 3 anni, finché non ha potuto mandarla alla materna. La mia vicina africana si è permessa di darle della cattiva madre e ora non si salutano più. Io non mi permetto di giudicare, ma ci sono altre situazioni (per esempio quando la bambina indiana interagisce con Amelia) in cui prenderei a randellate tutta la famiglia per piccole cose legate alla loro cultura. E magari loro pensano le stesse cose di noi.

Mammamsterdam ha detto...

Si fa subito a giudicare, ma ai miei tempi anch'io a due anni ho vissuto con mia nonna per un anno intanto che i miei tentavano di farsi una carriera a Roma, e la mia amica di Gattinara ha fatto tutte le elementari al paese dalla nonna finché i suoi che lavoravano su non si sono sistemati.

Noi siamo almeno una generazione avanti per queste cose, quindi come facciamo a giudicare? Anche a proposito del velo.

O bimbe, dalla preistoria e il feudalesimo anche noi siamo uscite solo l'altro ieri (e ne siamo poi uscite davvero? leggetevi Santa Pazinza di Marta Boneschi e poi ne riparliamo, per ricordarci come stavamo combinate noi italiane poche decine di anni fa).

Per questo faccio fatica a giudicare gli altri, perché la mia speranza è che se invece di aggredirli alla moschea per strappargli il velo ci limitassimo a chiarire esattamente in cosa crediamo noi e dimostrare che ci migliora la vita, è poi solo questione di tempo. Ma se la biuttiamo sul contrsto religioso questo velo acquista valenze che in partenza non aveva (non è un simbolo religioso, come vi direbbe qualsiasi imam non incattivito) e a quel punto sono cazzi.

Giuliana Cupi ha detto...

Mi dilungherei volentieri sul tema anche noantri fino a 30 anni fa, che mi è venuto assai in mente in occasione della povera ragazza pachistano-friulana accoppata l'altro giorno (si chiamava delitto d'onore, no?), ma decisamente questo tuo post mi trascina al salottiero: amica di Gattinara??? Ci avevo un amico, a Gattinara, che era un fratello e conosco benissimo posto, tabine e feste dell'uva varie...ma a una sommelière (esiste il femminile?) come te non devo dire nulla di tutto ciò :-)
Giuliana

Giuliana Cupi ha detto...

Lanterna: di cacche ne pesto a profusione e purtroppo non metaforiche, il posto oltre che multiculti è cinofilo assai e come diceva quello là io adoro gli animali, sono i loro amici umani che...
Però forse a metà ottobre passo da Pavia.
Ciao :-)
Giuliana

Pythya ha detto...

Ragazze, sarà che io ogni volta che sento Mister B parlare in TV (di solito su Blob) mi si scatena un rigurgito veterofemminista, sarà che sulla questione emancipazione ogni tanto mi ribolle il sangue, sarà quel che sarà ma io, qui in Italia, con tanti sforzi per studiarelavorareeccetera e poi alla fine masoloallafine pure un figlio (ha solo tre settimane. Ah per inciso l'ultimo rigurgito femminista l'ho avuto in sala parto mentre il primario e la mia ginecologa praticavano il cesareo e non ce l'ho fatta a stare zitta mentre quel cafone commentava con toni sarcastici la sutura della ferita da parte della dottoressa....)
Insomma, a parte che NON vedo molta emancipazione femminile da queste parti (dico, solo a sentire SB, le donne COME DIAVOLO fanno a votarlo??????), dall'altra parte quando noto un'ingerenza della religione (fatto meramente spirituale ed interiore) nella vita pratica anche lì cominciano i pruriti (sono un'intollerante, lo so). Insomma, le mie nonne NON si sono mai velate, però vivevano in città, e c'era pure la guerra. E soprattutto il dopoguerra. Altre urgenze. Ma al paesiello, velarsi era "costume" e buona usanza. Se non lo facevi, insomma, eri vista male. Tuttora nei paesielli abruzzesi devi comunque tenere certi comportamenti, o ti può capitare di essere considerato male (paesiello di montagna, funerale della nonna ottantenne del mio compagno, di sentire dal prete che la nonna era una brava persona, i figli pure, i nipoti non so -nessuno di noi era sposato, gli unici che lo erano lo avevano fatto civilmente e dopo tre bambini- ).
Il punto rimane sempre lo stesso. DOVE finisce il libero arbitrio, la scelta individuale e pertanto indiscutibile e DOVE inizia invece l'imposizione di qualsiasi sorta, religiosa, di usi e costumi, di mentalità locali????? Confine sottile, lo so, ma discriminante, a mio avviso.

aquila non vedente ha detto...

Ecco, io la penso così:
http://aquilanonvedente.wordpress.com/2009/09/24/il-burka-non-mi-piace/