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martedì 25 ottobre 2011

Tornata-aggiornamento al volo


(Questi sono i fagioli di Onna che non mangiavo da quasi un paio di decenni e devo ringraziare Tiziana e Pasquale che li hanno coltivati, colti e cucinati, le ultime due apposta per me. Chi ha letto Statale 17 sa).

Sono tornata con mezzo pecorino in una tasca dell' impermeabile e svariate salsiccette nell' altra, più gli ultimi libri di Exorma che Maura mi ha messo in mano prima di uscire (bello un editore che ti ospita nelle trasferte romane e ti porta pure a Ciampino) con la borsa occupata da un' inutile zainetto del laptop, che alla fine mica l' ho usato, e due chili di torrone Nurzia nella borsa che se me l' avessero pesata avrei dovuto mettere in tasca anche loro, ma alla fine ci ho messo un panino e una bottiglia d' acqua che io lo so che la fame a tradimento in aereo mi prende immediatamente dopo il decollo e aspettare che passi il carrello non è fattibile.

Perchè noi emigranti ci portiamo veramente dietro la qualunque, come scoprono di volta in volta i poveri doganieri all' aeroporto, infatti stavolta di tre tra borsa e cestini strip tease dentro la macchinetta, erano due quelli con robe sospette, ma ci siamo distratti con il liquido potenziale poi non trovato nella borsa e ci siamo scordati dell' uncinetto di alluminio nella tascona dell' impermeabile, mentre cercavo di finire il basco in pura Lana d' Abruzzo di Roberta Castiglione, lana comprata in matasse bellissime e non voglio privarvi, se si caricasse, del filmino in cui suo marito me la arrotola in modo da impacchettarla per bene, e no, nella borsa non le avevo le altre otto matasse, almeno quelle no, perchè le ho caricate nel furgone di Monique e Dario insieme a 12 litri d'olio e un padio di cartoni di vino e svariati chiletti di fagioli di Paganica, lenticchie della montagna e ceci di Navelli, meno male che c' erano loro.

Che poi Ryan air mi ha punita lo stesso perchè da giorni cerco di fare il check-in e mi si bloccano tutti i computer da cui ho provato (3) nel momento in cui devo stampare, e mi hanno fatto pagare il supplemento, solo per scoprire che chissà come tra un blocco e l'altro il check-in l'avevo fatto e insomma, mi devo cercare l indirizzo e farmi rimborsare, oddio perchè questo calice mannaggiammè cioè mannaggiarraianer. (Se qualcuno l' indirizzo e una storia di reclamo riuscito ce l' ha, vi prego di passarmeli).

Vi lascio con questa trippa di rana pescatrice che in mezzo a varie cose favolose ho mangiato con Dario e Monique prima di lasciare Pescara quando ormai non ci speravo più di poter venire a Pescara e mangiarmi un po' di pesce buono e a questo giro speravo di farlo almeno per festeggiare il concomitante compleanno di Vic. Ma con lei non ci sono riuscita.


Il quale compleanno è comunque stato degnamente festeggiato, con Lucrezia che il pomeriggio prima ho beccato di nascosto a piegare origami con un manuale davanti per farle la scatolina e il bigliettino con il fermacapelli magnetico e che la mattina appena alzata e semicomatosa per prima cosa è venuta in cucina per appendere il festone e mettere il regalo sul tavolo, che mi ha confermato una cosa che diceva sempre mia madre, che avere una bambina per figlia è tutta un' altra cosa, è un po' come avere anche una mamma.


Vi lascio con la traccia di un' incomprensebile faida pescarese di cui non saprò mai nulla, ma mi piaceva troppo il manifesto.

E vi lascio con la promessa che, non appena sopravvivo alla Degustazione del Consorzio produttori del Moscato d'Asti che sto aiutando ad organizzare per domani ad Amsterdam (oggi sono a Berlino all' Adlon, beati loro) e alla dichiarazione dei redditi 2010 che se non la consegno entro il 1 novembre sono una donna finita, vi posto immantinente un dettagliatissimo reportage con foto e video e pop-up della Transumanza inversa per l' Aquila di questo weekend. Transumanza che diverse volte mi sono chuesta: ma chi me l' ha fatto fare, specialmente nei giorni precedenti in cui dopo essermi detta che vabbè, anche se non viene nessuno ci sono almeno tizio e caio a cui voglio bene e ce la facciamo tra di noi, e proprio invece Tizio e Caio hanno avuto sfighe, inciampi e scocciature inenarrabili last-minute e non sono venuti e io mi chiedevo chi me l' avesse fatto fare, e poi invece c' erano persone bellissime, ci siamo divertiti, abbiamo parlato e scambiato storie, rivisto amici e la rifacciamo. Cominciate a farvi benedire preventivamente perchè al prossimo giro le sfighe, gli inciampi e le scocciature le lasciamo fuori (senza voler male a nessuno, quanti femori può rompersi una mamma anziana?)

venerdì 14 ottobre 2011

Spetteguless del venerdì: bunga bunga, i Kaiser Chiefs e gli incidenti diplomatici

Apro la rubrica saltuaria degli spetteguless del venerdì, tutto vero e vi metto il link che lo conferma (in olandese), ma io ve la racconto come riferitami dal mio direttore di muoseo preferito presente alla manifestazione e che conoscendo l' italiano e l' olandese ha potuto seguire tutto rotolandosi dalle risate.

Succede che il Museo Allard Pierson dedica una mostra agli Etruschi e che ci sia stata l' apertura alla presenza dei soliti notabili. Succede che il museo chiede alla corrispondente a Roma del telegiornale NOS, Andrea Vreede, una conferenzina che lei accetta di tenere a titolo personale. Succede che la conferenza - e forse la mostra - siano incentrate sul discorso degli uomini di potere facendo dei paralleli tra ieri e oggi e si arriva a parlare degli uomini di potere oggi

"E dimmi tu, adesso, se si parla degli uomini di potere in Italia oggi, di chi parliamo?"
"Vendola? Il Papa?' faccio io la gnorri.
"Ma no, si parla di lui".

E parlando degli Etruschi, e Tarquinio il superbo, e il dossieraggio, la Vreede arriva anche a dire che appunto, gli Etruschi venivano descritti dai romani come dei pervertiti schiavi del sesso (ah, la povera tomba degli sposi) e questo, si sa, è un tipico mezzo per disumanizzare e sputtanare i propri nemici, insomma, presi dal parallelo tra ieri e oggi, la domanda alla sala è stata: chissà cosa ne penserebbero gli etruschi oggi del bunga-bunga?

Apriti cielo, l' ambasciatore italiano che purtroppo sa abbastanza olandese da percepire nel discorso le parole "Berlusconi" e "bunga-bunga", si alza, dichiara al pubblico che non gli sembra questa la sede per parlare di queste cose e abbandona precipitosamente la sala, inseguito ancora più precipitosamente dal sindaco di Amsterdam, il povero Eberardo del Viale (si chiama davvero così, ma in traduzione), che però nonostante gli sforzi non è riuscito a ricucire la cosa. Con il risultato che adesso ne parlano tutti, ma proprio tutti, e non potevo, cari lettori, esimermi dall' informarvi di cotanto argomento di costume.

La mia solidarietà comunque, e non lo dico per amor di patria, va tutta all' ambasciatore, che per dovere d' ufficio ne deve sentire di giudizi cretini sull' Italia e quando è troppo è troppo, e vi dirò, anch' io nel mio piccolo mi sono stufata da parecchio che ogni volta mi tirano fuori e Berlusconi e il bunga-bunga. Ma chiedetemi degli etruschi, piuttosto, di tutte le cose bellissime che abbiamo, e basta con queste associazioni di Italia con mafia, spaghetti, pizza e mandolino. ho capito la libertà di stampa (si giustificano sempre così), ma adesso manco i Kaiser Chiefs si possono più ascoltare. Basta andare su youtube e da qualche mese metà dei commenti citano Berlusconi, e l' altra metà, i non italiani, si incazzano perchè non capiscono i riferimenti.



Ecco, pure la poesia dei Kaiser Chiefs mi hanno dovuto rovinare, cosa ne avrebbero detto gli Etruschi, porelli, che sono pure tutti morti? E buon weekend a tutti.

giovedì 11 febbraio 2010

Una modesta proposta per riportare i conti pubblici in pareggio

Invece di pensare alle iniziative contro i bamboccioni, io propongo di destinare l'1 % del PIL a un fondo Figlidipapà.

Cioè, invece di ritrovarci un Bossi junior che manco è capace di prendere un diploma di scuola superiore, ma guadagna a nostre spese un fottìo con una carica per la quale è talmente inadeguato da risultare imbarazzante, invece di dover ridere nel proprio letto alla notizia che c'era stato un terremoto devastante all'Aquila e così sistemare un Balducci junior trentenne, che se non ci pensa papà a rubarsi i soldi cosa potrà mai combinare di buono nella vita, ecco io propongo questo.

Diamogli € 5000 al mese perché si tolgano dai coglioni. Gli facciamo una Gardaland con un serie di escort e massaggiatrici di tutti i sessi, garantito senza paparazzi e servizi segreti, li facciamo vestire da Dolce e Gabbana e Roberto Cavalli che esistono solo per questo tipo di gente, l cocaina gliela facciamo passare dalle ASL e li mettiamo lì fa farsi tirar seghe stipendiati tutto il santo giorno purché:

non ambiscano carriere politiche
non pretendano seggi e posti
non si impiccino in decisioni che riguardano il benessere del paese
e soprattutto non si riproducano.

I soldi li prendiamo: dal parrucchiere di Montecitorio, dagli emolumenti per portaborse e segretarie e dai voli blu usati per funerali privati, nani e ballerine.

Guardate che se poi si levano di torno, risparmiamo in tutto quello che i padri vanno rubando e pagando pur di sistemare 'sti figli inutili. Cosa dico risparmiamo, ci guadagniamo. Diamo questi soldi ala ricerca, previa esibizione stato di famiglia in cui si dimostri di non essere parente naturale o acquisito di nessun barone universitario fino al quarto grado e ridiventiamo una potenza economica.

Gli diamo anche l'ora visite ai parenti, così pure i padri si fanno un giro aggratis di massaggiatrice, stipendiata dallo stato e quindi non vittima di racket, trafficanti e gang. Se glielo facciamo passare per un altro incarico politico e gli dedichiamo il paginone centrale di Vanity Fair a turno, vuoi che tutte le aspiranti veline, Naomi in testa non si precipitino a fare il concorso? e così abbiamo sistemato un'altra bella fetta di disoccupazione.

Poi ne facciamo un reality e ci vendiamo anche quello. Basta che non escano di lì.

No, perché nel frattempo si è capito che questi basta che trombano gratis donne che per amore non gliela darebbero mai, e sistemano i figli, altro nella vita non vogliono. Allora diamoglielo, per carità di dio, e togliamoci di torno 'sto parassitume.

E il tutto prima che elimino direttamente le intercettazioni, che qui aveva ragione Provenzano con i pizzini, non hanno fatto una legge (o modifica) una che non servisse in primo luogo a coprire le spalle a loro.

E grazie ad Anna, che a furia di fare la Cassandra è diventata pesante anche per persone inteligenti che conosco, ma ditemi un po' se era lei ad odiare la PC oppure parlava con cognizione di causa. Rimettetevi a leggerla, anche se fa male, anche se pure io delle volte saltavo perché non ne potevo più.

Adesso lo dicono anche questi qui, questi qui e costoro.

Il fondo è parecchio che l'abbiamo visto e ci siamo messi a scavare, adesso stiamo per arrivare in vista del sottofondo. Dove spero li seppelliranno tutti.

"Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno"
"Lo so", e ride
"Per carità, poveracci"
"Va buò"
"Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".

lunedì 18 gennaio 2010

Ascanio Celestini, La Rivoluzione

Una delle cose per cui rimpiango di non aver vissuto in Italia negli ultimi 15-16 è che mi perdo, o scopro in ritardo, tanti artisti che invece mi piacciono un sacco.

Insomma, io secondo i vostri parametri magari arrivo, ma prima Noi siamo gli asini, ascoltato per puro caso su un Cd della radio (e i miei figli che erano convinti che si trattasse di de André/Mercanti di Liquore e mi facevano: metti il numero 6, quello del gorilla), però dopo tutta la discussione di un paio di giorni fa sul fascismo, mi è piaciuto tanto l'intro di questa canzone, che vi dedico in una giornata grigia e noiosa.



E rimpiango tuttora di non aver mai avuto occasione di ascoltare Celestini dal vivo, ma conto di approfittarne appena possibile.

domenica 20 dicembre 2009

Il che la dice lunga sulla coscienza informatica di chi ci governa

***Aggiornamento the day after***: grazie ai commenti di Dude e alla segnalazione di Andrea di quanto esposto da Massimo Mantellini qui.

Che a quanto pare oltre al senso del ridicolo a volte prevale anche il buon senso in Italia. Comunque qualcuno dovrà dire a Vespa che oltre a Tartaglia, ce ne sono di persone perbene vicine ad ambienti dei social network. E mi viene un dubbio: ma Anobii è anch'esso un social network?
************

Mi arriva per e-mail e allora lo metto qui, un commento sull'approvazione del cosiddetto pacchetto sicurezza che vorrebbe mettere il bagaglio ai blog, anche all'estero. Leggetevelo qui sotto nei dettagli se vi interessa.

A me vengono da fare due considerazioni brevi, perché essendo governati da anziani e/o incompetenti è chiaro che questa gente ancora non ha capito bene come gira il modno e come funziona Internet. Nulla di male, se non che poi deliberano alla pisel de chien, se mi passate il francese.

Primo, la banda larga. Scordiamocela, anche se questo significa dare il colpo di grazia a tantissime aziende che a differenza di chi ci governa lo hanno capito benissimo che strumento meraviglioso sia Internet ad usarlo per lavorare tutti, lavorare meglio, essere concorrenziali.

Ma la cosa che mi fa cadere proprio, non dico le braccia, che ormai non mi cadono più, ma le palle, che non ho ma le metafore serviranno pur bene a qualcosa, è la frase, leggetevela sotto che l'ho messa in neretto: Questo provvedimento può far oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all'estero.

Ah, ah, ah. Cioè, fatemi capire, se io scrivo qualcosa che chi di dovere pensa che non avrei dovuto scrivere cosa fanno? Mi mandano una raccomandata? Si fanno una bella telefonata (in italiano, come mi suggerisce e conferma che talvolta avviene, l'amico Fritz, visto che italocentrici come da noi, nessuno) al mio provider per dirgli che sono brutta e cattiva?

Lo sanno che esiste una libertà di opinione negli altri paesi? Lo sanno che il mio provider ha vinto 4 processi contro Scientology che gli voleva far chiudere il sito di un cliente che raccontava come era scappato dalla setta e tutto quello che gli hanno fatto?

Male che va comincio a scrivere il blog in europanto, cosi tutti capiscono lo stesso quello che voglio dire, però devono dimostrarlo in tribunale che ho detto quello che ho detto.

L'unica consolazione che ho è che materiale da satira il nostro governo non ce ne nega mai. A noi basterebbe essere un banale paese normale, ma non potendo, ridiamoci almeno sopra.

****questo il testo della mail che gira e di cui non so chi sia l'autore, ma come si dice di tante cose, se non è vera è ben trovata e rimando al sito di Beppe Grillo qui citato per ulteriori chiarimenti ******Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d..L. 733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D'Alia (UDC) identificato dall'articolo 50-bis: /Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet/ ; la prossima settimana Il testo approderà alla Camera diventando l'articolo nr. 60.
Il senatore Gianpiero D'Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo e ciò la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della "Casta".

In pratica in base a questo emendamento se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog a disobbedire (o a criticare?) ad una legge che ritiene ingiusta, i /providers/ dovranno bloccare il blog.

Questo provvedimento può far oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all'estero; il Ministro dell'Interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può infatti disporre con proprio decreto l'interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

L'attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore; la violazione di tale obbligo comporta per i provider una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000.

Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni per l'istigazione a delinquere e per l'apologia di reato oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni perl'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'odio fra le classi sociali.

Con questa legge verrebbero immediatamente ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta!
In pratica il potere si sta dotando delle armi necessarie per bloccare in Italia Facebook, Youtube e *tutti i blog* che al momento rappresentano in Italia l'unica informazione non condizionata e/o censurata.

Vi ricordo che il nostro è l'unico Paese al mondo dove una /media company/ ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento.
Il nome di questa /media company/, guarda caso, è Mediaset

Quindi il Governo interviene per l'ennesima volta, in una materia che, del tutto incidentalmente, vede coinvolta un'impresa del Presidente del Consiglio in un conflitto giudiziario e d'interessi.
Dopo la proposta di legge Cassinelli e l'istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al "pacchetto sicurezza" di fatto rende esplicito il progetto del Governo di /normalizzare/ con leggi di repressione internet e tutto il sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.

Tra breve non dovremmo stupirci se la delazione verrà premiata con buoni spesa!
Mentre negli USA Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet in Italia il governo si ispira per quanto riguarda la libertà di stampa alla Cina e alla Birmania.

Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati il blog Beppe Grillo e la rivista specializzata Punto Informatico.
Fate girare questa notizia il più possibile per cercare di svegliare le coscienze addormentate degli italiani perché dove non c'è libera informazione e diritto di critica il concetto di democrazia diventa un problema dialettico.

sabato 4 aprile 2009

Della parlata dei veneti

Ci sono accenti che mi piacciono più di altri. Il toscano, per esempio, mi fa tanto ridere. Forse un residio degli 8 mesi di vita studentesca con i toscaani di Siena ed arezzo in Olanda, che tra di loro, oltretutto, accentuavano il vernacolo.

Poi io sono affetta da quella fastidiosa empatia per cui certi vezzi linguistici dei miei interlocutori mi si appiccicaano come virus intestinali. Li imito, ma non per prenderli in giro (vabbé, a volte anche), ma proprio per una questione di comunicazione, di mimesi, di boh, come la vogliamo chiamare?

Ed è innegabile che nel frattempo, io non me ne accorgo, intendiamoci, ma so che non può essere diversamente, che assumo quell' accento neutraleggiante, a volte esitante, dell' italiano all' estero. Né carne, né pesce.

Poi torno in Abruzzo per un po' e mi torna tutto il bell' accento ctonio, come ieri con Angelo, un espositore al Vinitaly che mi ha fatto immediatamente una simpatia così profonda, che non potevo fare diversamente, che farci delle battute. Poi lo abbiamo abbandonato, che stava per arrivare il suo gran capo con Bruno Vespa che aveva solo 15 minuti per farcisi una foto, e a quel punto, io preferisco eclissarmi, che la fratellanza abruzzese fuori dai confini è una bella cosa, ma Vespa no.

Il veneto invece è un caso a parte, me ne sto accorgendo in questi giorni. forse perché la prima cara amica che mi sono fatta in Olanda è l' Anna (dice proprio così, anche al telefono " Son l' Anna"), veneziana, che mi godo sempre e profondamente, non solo per le profonde qualità umane che ha, ma proprio anche per il modo che ha di formularlee. Poi è arrivata, per breve, la Susanna, anche lei veneziana, ma con un eloquio completamente diverso.

Insomma, adesso arrivo qui dopo aver ascoltato a teatro lo spot pubblicitario del Lavalà, una produzione geniale di @lbert Figurt, in coproduzione con Nello Allocca e la Polly e le lampade magiche di Shon, che a parte che è una genialata, ma il fatto è che Nello, nei panni del veneto, mi ha dato il colpo di grazia.

A me l' accento veneto, ho scoperto, mi prende da matti. Già che faccio di tutto per non usarlo, che poi mi viene il complesso della terrona in trasferta, che sarà che ho i cugini a Piacenza, me lo sono inculcata dalla più tenera infanzia.

Ma accade di peggio, me lo sento nelle orecchie quando leggo. Cioé, io ero sul treno a leggere, che so, il giornale, la Pornoromantica che dopo averla scoperta su web me la sono finalmente trovata in libreriaa, cose del genere, e mi leggevo in silenzio nella testa con l' accento veneto. Spaventoso, un autentico lavaggio del cervello. (Giuro che non è l' alcol, che al Vinitaly sputavo, altrimenti non ne sarei uscita viva).

Il fatto è che i veneti hanno un modo così gentile di parlare. Usano proprio delle parole tanto carine, tanti grazie, tanti gentilissimo, insomma, noi abruzzesi ctonii non è che ci siamo tanto abituati.

Oggi mi sta un po' passando, che sono stata insieme al grande invalido di Stra, che per deformazione profesionale mi parla in dizione e allora sto recuperando, senza troppi sintomi di astinenza. E domani torno a casa.

sabato 28 febbraio 2009

Bilinguismo 2: i risultati della scuola in Italia

Durante il nostro soggiorno in Italia i bambini sono andati per 5 mattine alla scuola elementare Maria Schiozzi, una scuola piccola e carina, con un giardino e un grosso parcheggio davanti (disse la madre multata per sosta illegale mentre ritirava i figli dal doposcuola senza parcheggi vicino).

Per motivi logistici e per semplificare le cose a tutti, con le maestre è stato deciso di metterli tutti e due in seconda, insieme al loro amico Leo, la cui nonna, amica di famiglia, ci ha ospitati tutti quanti.

"Ma davvero dormite insieme?" chiedevano gli amichetti increduli e un po' gelosi.
"Si", risponevano i reprobi, che effettivamente tutte le sere riuscivamo a ficcare nel lettone e dopo 10 minuti di chiacchiere e urla, schiantavano all'improvviso.

Sono stata commossa e piacevolmente soprresa dalla disponibilità ed apertura delle tre maestre: Daniela, Ambra e Gentilina, e da come si sono adoperate per mettere i bambini a proprio agio e farli lavorare al proprio livello, se la classe era più avanti. tutti hanno visto questo esperimento anche come un'occasione di apprendimento per entrambe le parti e si ralegravano che i loro bambini potessro imparare dai miei come si vive in Olanda.

Pare Ennio abbia avuto un gran successo come traduttore di parole tipicamente olandesi, tipo "taxi".

Risultato?
"Mamma, mamma, Orso sta giocando in italiano, mi ha chiesto: adesso giochiamo?", mi urla un Ennio eccitatissimo giusto il pomeriggio in cui io, abbattuta dalla tachipirina e dall'overdose di VivinC stavo cercando di dormire.

Io tendo l'orecchio e sento in effetti Orso, come suo solito, commentare a presa diretta il proprio gioco: solo che stavolta lo fa in italiano.

Stasera, mentre al buio parlo al telefono dal mio letto e scaccio i figli che vengono ad interrompermi per chiarire chi ha cominciato esattamente a picchiare l'altro (che non me ne può importare niente, se la vedano da soli se proprio insistono a picchiarsi, io ho il mal di testa da ieri), urlo a Ennio:

"E per favore chiudimi la luce" che la testa mi si spacca.
"Si dice la spengo", ribatte lui.

Ecco, ma a me chi me l'ha fatto fare ammalarmi a Roseto per mandarli a scuola, se poi cominciano subito a riprendermi e farmi la lezione? 'Sti batavi, con il ditino sollevato.

PS: la faccenda del ditino ammonitore volta ad insegnare e moderare pare sia un vizio nazionale degli olandesi, che se lo dicono da soli, evidente residuo del passato coloniale in cui partivano per civilizzare i popoli selvaggi. Ecco, non so dei selvaggi, ma il ditino, tutto vero. Lo fanno ancora, per il tuo bene.

sabato 21 febbraio 2009

Carnevale tribale: the real mcCoy

vi avverto che questo è lunghetto ma ne vale tanto la pena. Oppure guardate le figure, che ne ho di migliori se riuscissi a visualizzarle, ma le aggiungerò in seguito


Allora, uno dice: vado ad Offida al carnevale. Ma Offida dove sta?

"Dopo l' ospedale prendi il bivio per Acquaviva Picena" mi dice il Figurt. Ed è verissimo, tornante tornante ci arrivo pure.

Arrivata incrocio un figuro biancorosso vestito che mi fa cenno che il parcheggio è pieno. Proseguo, dopo l' Api mi imbuco per una discesa e seguo la massa biancorosso vestita. 85% offidani doc, il resto imboscati, mi dice il Figurt che fino allo scorso anno si imboscava anche lui, quest'anno arrivato all' ultimo momento, con morto in volo e atterraggio di emergenza a Basilea per scaricare la salma (certa gente ha una vita interessante a prescindere), arriva a casa solo per scoprire che la sua guazzarò era ancora imbrattata di vino cotto e ha rinunciato.
La guazzarò, la tunica contro la guazza dei campi indossata dai contadini, è il costume ufficiale del carnevale, oltre a un altro tipo di abbigliamento. (che se windows riconoscesse il dischetto di foto che ho messo nel drive ve le potrei pure pubblicare, ma Technology fails me come al solito).

I biancorosso vestiti indossano praticamente le mutandone a metà polpaccio con le trine di Hobby Hollie. Sopra, camicina in tinta, berretto e calze rosse, fiocchetti rossi e un gilè nero con la testa del bove applicata in tutte le salse.

Essendo poi che Offida è anche la patria del merletto a tombolo la maggior parte dei bovi è stato creato da pazienti nonne ai fuselli. che pare che le nonne ad Offida abbiamo come compito fondamentale nella vita quello di creare e manutengere gli abbigliamenti rituali della prole e nipotame.

Figurt mi fa arrivare in fondo a una discesa fuori dalle mura, verso un garage in cui è conservato il bove. Che non crediate che abbia fatto le cose a metà, io ho assistito direttamente all' uscita, consacrazione, processione, corsa, uccisione rituale e sconsacrazione del bove che da oggetto rituale è poi ritornato l' involucro di cartapesta che era e che resterà fino al prossimo anno.

Il bove viene tirato giù da un rimorchio tra ali di folla festante. Ogni anno una confraternita a turno se ne occupa, compreso il rimessaggio in luogo segreto.

La confraternita ha anche come compito quello di impedire che il bove venga toccato da mani profane, attività che va accompagnata da spintoni e cordoni umani che bisogna trovarcisi in mezzo con una Canon da proteggere sotto l' ascella sinistra, che il capo ha minacciato cose indescrivibili se gliela danneggio, non come quest' estate che si è fidato a darmela per fare un paio di foto in spiaggia ai bambini e da allora brontola che ci ha ritrovato dei granelli di sabbia.

"Qui è meglio non avvicinarsi troppo" mi avverte quel fine antropologo del Figurt "perché è la parte di festa tutta loro e si seccano se si impiccia gente da fuori". Che i rituali tribali sono a numero chiuso per definizione.

E a giudicare dai bottiglioni da un litro e mezzo già ampiamente smezzati che la gente porta al collo, e la mia esperienza di gruppi ubriachi alle feste di paese, gli dò santamente ragione. Che il vino cotto, o vino ciu ciu come lo reclamizzava un cartello nella pizzeria in piazza, fa parte del rito. A quelli di fuori dannno ormai del vino comprato in giro, quello di produzione propria è riservato agli insider.

Poi è cominicata la passatella di riscaldamento. Due persone si infilano la sagoma del bove in testa, e ciechi e sbronzi cominciano a correre su e giù, accompagnati dai membri della confraternita che li fanno svoltare con grandi curve proprio mentre stanno per schiantarsi contro qualcosa o buttarsi nel vuoto.Tutto è assolutamente privo di grandi controlli, se non quello dei conducenti sbronzi, che peraltro hanno iniziato a bere il 17 gennaio, giornata ufficiale di apertura del carnevale.

Il che mi fa capire perché Alberto mi ha assolutamente sconsigliato di portare i bambini. A ogni giro movimenti scomposti tra la folla creano ondate di vuoto per evitare di farsi incornare dalla faccia ottusamente vuota del bove, cieco e crudele come un dio indifferente. (Che le corna sono vere).

"O, o, o, o, o, o, o" incita la folla la corsa del bove. Ogni giro si alza la carcassa ed altri due confrati si infilano sotto e ricominciano la loro corsa orba.

"Quando cominciano i riti orgiastici?" si informa l' amico di Alberto, anche lui qui per la prima volta. Domanda che cade nel vuoto.

Correndo correndo si ritorna verso le mura della città e la processione si avvia per una viuzza stretta e serpeggiante, dal nome bellissimo: via del Serpente Aureo.

Che le origini del nome di Offida sono controverse: o deriva da oppidum, oppure da ophis, per l' appunto serpente.

Con il sole tutto in faccia seguiamo questo mucchio di gente bianca e rossa per la stradina, che infine sfocia in una piazza irregolare, con da un lato un palazzo con un bellissimo portico sormontato da una loggia ad archetti. E da lì sopra la webcam spara nel mondo le immagini della piazza, mentre un microfono avverte la folla dei movimenti del bove.

Dopo un tot di corse il bove sparisce di nuovo per le stradine, mentre io continuo ad esplorare la folla. I bagni chimici sono una trovata geniale davanti ai quali si allungano le code.

Due ragazzi arrivano di corsa trascinandone un terzo tutto afflosciato. " Fate passare, fate passare, si sente male" (ma no? Cominciavo a preoccuparmi).


"Ma se deve vomitare, può farlo anche fuori," protestano le donzelle in attesa, che noi donzelle e le vie idrauliche, si sa.
"No, deve pisciare" chiarisce il monatto. E non è l' unico.

Il pomeriggio passa così. Con il bove che entra ed esce dalla piazza, gruppi di gente carica di fiasche e fiaschette che offre da bere in giro, le forse dell' ordine che tengono la situazione sotto controllo in divisa di gala, a ogni angolo della piazza un' ambulanza della croce verde circondata da volontari in gilé fluorescente.

Presa dal mio ruolo di osservatore esterno e non coinvolto faccio foto e comincio a desiderare la morte rituale, che ho i piedi freddi e vorrei rientrare per cena, che ho abbandonato i bambini a Maria Laura e mi sento in colpa di approfittarne così. Ma deve almeno far notte.

Alberto riemerge esultante: " Sono riuscito a toccarlo, adesso devo toccargli la coda e possibilmente strappargliela, anche se dopo mi linciano" che i riti sono cose serie e non pensi l' estraneo che sia un gioco.

Come mi spiega un ragazzo con cui abbiamo attaccato discorso:
"La sensazione che provi quando corri tutto il giorno in questa atmosfera con i tuoi amici, e bevi di continuo e poi la sera continui a bere, è una cosa a cui non posso rinunciare, è un modo unico di stare insieme agli altri".

Che il senso tribale, mica c'è così da solo, bisogna costruirlo. " Voglio venire a vivere qui" sospira Sara.
"Aren' t you afraid?", mi fa un ragazzetto scozzese dopo che io, senza spostarmi con la schiena dalla colonna della loggia, riesco a scattare un paio di primi piani al bove che mi svolta a mezzo metro.

Io più che altro conto sul fatto che gli accompagnatori non vogliano far schiantare il prezioso bove contro i mattoni e che lo fanno girare in tempo. E altrimenti si cerca di cadere in ginocchio per evitare almeno le corna.

Continuo ad avere i piedi freddi e forse sono l' unica persona completamente a secco di alcol di tutta la piazza. Che se c' è una cosa che il mio passato di astemia e il corso da sommelier mi hanno insegnato, è che non c' è gusto a bere vino mediocre.

Intanto sul selciato ho trovato un tastevin dell' AIS e so anche chi lo ha perso, l'ho fotografato poco fa, ma non lo ritrovo nella folla e mi tengo il trofeo per ricordo.

Adesso è arrivato quel crepuscolo che mi piace così tanto e su cui mi sono già dilungata in precedenza, quindi che ve lo dico a fare? Il bove non corre più a casaccio, ma viene guidato in circoli ovali intorno alla piazza nella sua ultima corsa, incitato dal gran ciambellano al microfono.

" Vai, vai, bravo, ce la fai", mentre cambia anche il grido.
" Eh, eh, eh, eh, eh, eh" vedo al centro della piazza e del bailamme un incosciente con un bambino piccolo in costume sulle spalle, ma se sei del giro sai anche cosa è pericoloso e cosa non lo è. Spero.

Il Figurt riemerge da una corsa dietro il bove e mi annuncia euforico:
"L' ho toccato, l' ho toccato due volte e poi gli ho toccato le corna e anche un pezzetto di coda".
Le palle no? che mi sembrerebbe anche una cosa adatta, mi verrebbe da chiedere, ma mi faccio i fatti miei.

La colonna della loggia sulla quale si consumerà la morte rituale del bove e che non ho mollato nell' ultima ora e mezza viene difesa adesso da un cordone di persone, uomini soprattutto, ma anche donne, che si tengono stretti insieme e respingono chi voglia avvicinarsi al corridoio verso cui verrà condotto il bove.

E il bove si avvicina e mi ritrovo presa in mezzo tra il cordone tra noi e il bove che mi respinge e la folla che mi preme dietro tutti con il braccio allungato per toccare una volta il bove taumaturgico e io, dimentica della Canon, del capo, del mio ruolo di osservatrice esterna, allungo anch' io il braccio, poi vengo tirata indietro da un movimento della folla e in quel momento mi accorgo che anch' io VOGLIO toccare il bove, mi tiro di lato per rimettere nello zaino la Canon che tnto si sono definitivamente scaricate le batterie e ributtarmi in mezzo, ma ormai è passata, la folla grida, le grancasse suonano e poi, finito.

Entra la banda, il bove viene sollevato, riportato in processione per le vie intorno alla piazza su cui rientriamo, nel processo opposto e speculare a quello della sua consacrazione, una processione che lo ritrasforma in quell' oggetto inanimato che era e che per un pomeriggio all' anno non è più.

La processione passa tra porte e finestre aperte, davanti alla casa di riposo dal portone spalancato, da cui un vecchio su sedia a rotelle sta lì con un sorriso tremolante da orecchia a orecchia a guardare il simulacro che rientra.

Da una serie di terrazze sulla via del Serpente, i terrazzani, i latifondisti che non partiecipano ma assistono ai riti del popolo, guardano sfilare la folla festante.

Che certe volte capisci che il feudalesimo in questo nostro paese non è mai finito e che la TV è diventato il vitello d' oro a cui ci rivolgiamo e che non ci ascolta. E allora una volta l' anno il sovvertimento carnevalesco del bove finto continua ad avere un gran senso.

giovedì 19 febbraio 2009

Ritorno a casa

Oggi pomeriggio abbiamo fatto la toccata e fuga a Ofena. E io mi sento sempre bene quando faccio la strada da l' Aquila a Bussi, che passa per tutti i paesini della transumanza di fianco al tratturo. Mi sembra di transumare un po' anch' io.

La strada l' hanno sfregiata di rotonde tra il bivio per Caporciano e quello di Navelli, e spero si fermino lì.

Arriviamo verso le 16 per le piane ancora piene di sole, ci fermiamo al cimitero, facciamo un ripasso veloce di parenti a cominciare da mio padre per finire con i miei bisnonni. che a me piace questa cosa delle visite al cimitero tipo pic-nic.

Mia madre, a un certo punto, ha preso quest' abitudine di farsi le foto di gruppo intorno alla lapide, che all' inizio mi sembrava tanto strana, ma capisco che di 4 fratelli sparsi in quattro paesi diversi e due continenti, anche il gruppo di famiglia intorno alla tomba è un ricordo che vuoi tramandare.

Ora che a Pasqua arriva in Polonia suo fratello da Chicago, mi sa che ne arriverà un' altra.

Dicevo però di Ofena. Da Maria Teresa i bambini si sono goduti il caminetto, una presenza costante dei miei ricordi d' infanzia, ma che credo loro vedano per la prima volta. Maria Teresa è la supervicina come ce ne sono tante. Fa servizi e favori a tutti, va in campagna, raccoglie e coltiva cose con cui cucina benissimo.

Mi ha aggiornata sull' ultimo paio di morti, una sua cugina e il dirimpettaio della Macchietta (la Macchietta è la piazzettina davanti casa sua). Ci ha offerto un rosso d' uovo col tuorlo delle sue galline, anche questa una scoperta recente dell' estate scorsa. Ennio l' ha sbafato, prendendosene anche mezzo di Orso, Orso ha nicchiato e me ne ha offerto la metà avanzata.

Poi siamo andati a casa, mi sono fatta un giro di tutte le stanze mentre i bambini giocavano con una chiazza di neve sopravvissuta nella zona d' ombra della terrazza. Ho controllato le tre piante di violette che crescono tra i gradini, desiderando poter avere un po' di tempo per candirmele, una volta.

Sono passata al volo da Stefania al bar, che ieri mi ha mandato un messaggio ritrovandomi su Facebook e oggi mi si trova davanti, poi da Giacinta ancorta più al volo, per consegnare i poster del corso di cucina e italiano dell' estate prossima che vorrei appendessero in negozio.

Mi è venuta questa voglia enorme, prima di partire, di andare almeno una notte a dormire a Ofena. Che come dormo io lì, da sempre, in nessun posto.
Anche senza riscaldamento e senza legna, che quest' inverno non era previsto nessun soggiorno.

Buffa cosa la nostalgia e le radici. Come sto bene ad Ofena, in nessun posto. Ma se dovessi viverci sempre, temo uscirei di testa in due settimane, specie se in inverno, quando la nebbia rimane nella valle per settimane e i vicoli ghiacciano e non puoi uscire di casa.

Per questo la maggior parte degli ofenesi vive fuori Ofena sparsi in 5 continenti, e quelli che restano, alle amministrative, in 600 metton su 6 liste e passano mesi a complottare.

Poi ripartiamo nel crepuscolo, con le sagome delle montagne che si staccano appena contro un cielo poco meno scuro.

Giretto per L'Aquila

Siamo arrivati all'Aquila in un pomeriggio assolatissimo, infilato tute e scarponi ai bambini e siamo usciti subito a guardar bene la neve, che quest' anno pare ci siamo attrezzati tutti.

Ennio e Luc, che si saranno visti un 3 volte e mazzo in vita loro, hanno fatto tutta la salita da via Strinella a piazza san Bernardino lanciandosi palle di neve. Orso staccava i ghiaccioli dalle carrozzerie delle macchine e pretendeva di mangiarli.

A San Bernardino ci siamo fermati ai giardinetti a fare un tentativo di pupazzo di neve. Orso, l' unico senza pantaloni impermeabili ma con la calzamagna di Superman sotto, che evidentemente fa tanto anche lei, si è buttato come corpo morto cade a terra per fare l' angelo.

(Che l' angelo avevo imparato a farlo in Polonia, ma lì che sono patriottici lo chiamano l' aquila, quella bianca dello stemma, in campo rosso).

Poi siamo andati a comprar lonzini, salsicce e salami da Peppone, dove un branco di affamati (non entrateci a stomaco vuoto) si è avventato sulle fettine di salsiccia. Il cui sbocco naturale è l' assalto alla pizzeria accanto.

Nel frattemo lo spinacino unenne si è scongelato abbastanza da cominciare ad emettere dei sonorissimi "Aaaaam" e mangia allegramente anche lui.

La grande scoperta della serata comunque è il caffé Polar, in via Santa Giusta 17/21, una traversina tra costa Masciarelli e Piazza Santa Giusta.

Si tratta di un caffé con annessa libreria/negozio di dischi e film. I bambini si scatenano sul tavolo dei libri adatti a loro, e poi trascinandosi due edizioni rilegate enormi di Richard Scarry si accomodano in un angolino, sul divanetto annessa lampada da lettura, per sfogliarlo.

Ha ragione Vic, hanno un modo di esporre i libri che ti mette sotto il naso quei titoli che magari non conoscevi, ma che sono esattamente quello che vorresti leggere.

Usciamo di lì solo perchè Spinacino sta arrivando inesorabilmente alla danger zone e dobbiamo ancora andare a casa. Le discesine e le scalette sono troppo ghiacciate, a nostro avviso, per scenderle con passeggino e tre slittatori stanchi, prendiamo quindi il sottopassaggio con le scale mobili che dal centro ci potra direttamente sotto, alla stazione degli autobus (probabilmente il progetto infrastrutturale più geniale della pubblica amministrazione aquilana) e da lì risaliamo via strinella, accompagnati da un pastore abruzzese a piede libero, che se dipendesse da orso ci riporteremmo in Olanda (" Mamma, lui è davvero mio amico").

Temo che stavolta la toccata e fuga aquilana finisca qui. Ma ci voleva tutta, e il caffé Polar mi sa che ci torniamo.

Ci stavo riflettendo martedi sera: a me in inverno piace molto il crepuscolo, quell' uscire a far commissioni tra le 16 e le 18 con i bambini, che nel frattempo magari hanno dormito o fatto cose utili.

L' aria è fresca, è quasi buio, e le strade sono affollate e le vetrine belle accese. In Olanda alle 18 non esci, devi essere proprio in pigiama dietro le patate, le strade sono vuote e i negozi chiudono, quindi dovunque tu vada ti ritrovi il deserto dei tartari in torno, cosa che mi deprime e mi rovina il miglior momento della giornata.

A me questo cambiamento di bioritmo mi rende la vita dura: si corre come pazzi per arrivare interi a quel magico punto delle 18, con la cena pronta e la tavola apparecchiata, e poi in qualche modo la giornata è finita, e a me viene voglia solo di ficcarmi a letto e leggere o stare dietro al computer. Mi si mangia così inutilmente un buon quarto di giornata.

Inutile che mi dicono: si, ma alle 19.30 i bambini sono a letto e hai tutta la serata per te. A me una serata del genere non aggiunge piacere nella vita.

(Stanotte però mi sono letta il libro di Soulemama sulla creatività con i bambini e la vita in famiglia, e mi sono venute un sacco di idee, per quando avremo la cucina, e un paio applicabili già adesso).

martedì 17 febbraio 2009

Partenze, arrivi

Evidentemente anche se non sono superstiziosa, non dovevo partire di venerdi 13. Ci abbiamo riprovaato lunedi, siamo arrivati ottimamente, oggi entrambi i bambini hanno frequentato una scuola elementare di roseto, con graande curiosità da entrambe le parti. Ci andranno ancora un tot di mattine, e vediamo cosa succede.

Siamo andati a tagliarci i capelli dall' amica Gabriella, che solo per il prezzo mi converrebbe riprendere il low-cost ogni due mesi, per tagliarci i capelli. Stamattina presto c' erano tanta luce e sole fuori, adesso vediamo cos' altro mi porta questo soggiorno di rottura con il winterblues.

venerdì 16 gennaio 2009

Il dono più grande di un figlio

Mio padre è nato con un piede equino, figlio di madre vedova senza mezzi, e da bambino e poi da adulto ha subito tante di quelle operazioni che proprio aveva sviluppato l'orrore degli ospedali. Anche un'iniezione lo stressava.

Quando ha avuto un ictus, è stato in coma quattro giorni prima di morire. I giorni più duri della nostra vita. Ho ancora nell'orecchio il rumore del respiratore, quella cannula tenutagli a forza con il cerotto a un angolo della bocca fino a farrgli il livido, quel sacchetto di urina appeso al letto, quegli aghi e tubicini infilati dappertutto. Quel "shoof", "pausa", "shoof".

Anche se lo sento in un film, quel rumore, mi ritrovo assolutamente impotente a quel letto di ospedale.

Io e mio fratello, che vivevamo entrambi all'estero, arrivammo alle tre di notte, il medico aveva già detto a mia madre di suonare a qualsiasi ora. Gli facemmo due domande.
"Possibilità di ripresa?"
Nessuna, metà del cervello era andata subito.
"Allora perché non lo staccate, che si risparmia corrente?"

Poi scoprimmo con ia madre che lui già anni fa, a mio fratello adolescente, aveva fatto promettere da uomo a uomo che se fosse successa una cosa del genere, ci avrebbe pensato lui a farlo morire.

E lì stava mio fratello, 25 anni, un bambinone tenero che ha sempre fatto il duro per darsi un contegno, sposato da poco con una bimba in arrivo, e schiacciato dal peso di questa promessa.

Il mio amico R, uguale. Suo padre che marciva pezzo pezzo, impazzito dal dolore quando non era sotto morfina, che malediceva sua moglie che si appellava alla volontà di dio ("Non è dio che lo ha attaccato alla macchina, lui aveva chiesto di non rianimarlo") e non ne voleva sapere, lo implorava al telefono: vieni ed uccidimi tu, sei l'unico di cui mi posso fidare. Il suo aereo è atterrato poche ore troppo tardi.

Io non credo che si possa chiedere ai figli una cosa del genere, ma se la tua volontà è quella, solo quello uno può fare. Perché hai tutti contro.

Noi siamo stati fortunati: la morte è stata più misericordiosa della legge. Ma nella sala d'aspetto di quel reparto di terapia intensiva, in quei giorni maledetti, ho conosciuto parenti meno fortunati, che consumavano i giorni, i mesi, in attesa di una svolta.

Come la ragazza che da un mese dormiva sulla panca della sala d'aspetto. Vivevano in un paesino dell'Abruzzo interno, troppo lontano per viaggiare, non avevano macchina e anche pochi soldi. Lei stava lì da un mese per quella mezz'ora di visita alle sette di sera in cui poteva parlare e toccare il padre.

Mia madre, quei pochi giorni, l'ha letteralmente trascinata a casa nostra la sera quando andavamo via, per stare di nuovo lì la mattina alle sette. Poi, nonostante le avesse chiesto di chiamarla, che sarebbe andata a prenderla volentieri, non l'abbiamo più sentita. Perché queste situazioni ti fagocitano e mettono la tua vita in stand-by.

Per questo, ma forse anche senza questo, oggi ho firmato per il testamento biologico su
http://testamentobiologico.ilcannocchiale.it/

Perché sulle mie questioni personali di vita e di morte non posso e non voglio affidarmi ai miei familiari, che poveretti, quando succedono le disgrazie, hanno pure diritto a non portare un peso di coscienza troppo grande.

E i difensori della vita a tutti i costi, si dimenticano di cosa sia nei fatti stare appesi a una macchina. Sei nudo sotto un lenzuolo, toccato da mani estranee e pieno di buchi, di elastici di adesivi che ti tengono fermo e ben attaccato dove devi.

Mia nonna, anche lei un ictus e pochi giorni di coma: era la persona più pudica del mondo, ha fatto per tutta la vita il bagno in camicia da notte. E me la sono vista lì, nuda o quasi, confusa, in un letto di ospedale senza capire dove fosse, cosa le succedesse, riconosceva solo noi. Se ne è andata in silenzio al mio fianco verso le 5 del mattino, nell'unico momento in cui mi sono appisolata su una coperta per terra, in ospedale, per non crucciarmi e non darmi fastidio.

E come l'hanno rivoltata, per attaccarla alla macchina che registrava i suoi ultimi battiti cardiaci, mentre lei era già fredda e immobile, con il lenzuolo all'aria, il suo pube di vecchia sotto le luci crude della sala, ecco a me quella, per lei, è sembrata davvero l'estrema violazione della sua dignità.

Ancora non avete firmato?

lunedì 1 dicembre 2008

Quiz

Perché alla festa c'è stato l'attesissimo quiz interculturale di Roberto e Willem. Hanno diviso il pubblico che partecipava in due gruppi, con tutti i bambini urlanti nel mezzo, e facevano a turno domande sull'Italia agli olandesi, e sull'Olanda agli italiani.

Erano domande a risposta multipla e quindi ogni volta era "la uno, la due o la tre", si andava a maggioranza per i casi dubbi e poi i bambini urlando, appunto, riportavano le risposte, mentre il notaio (piluccato tra il pubblico, un omone con cappellone alla Fellini) teneva il conto delle risposte giuste e di quelle sbagliate.

Così ci siamo ripassati un po' di storia, geografia e cultura patria, abbiamo scoperto che una colonia olandese erano le Mauritius e non il Malawi, e tante altre cose.

L'inizio ovviamente è stato confuso. Italiani che si sedevano tra gli olandesi, urloni, confusione, i bambini che correvano in giro e scoppiavano palloncini.

"Ennio, ma tu vuoi stare con gli italiani o gli olandesi".
"Olandesi".
Evvabbé, è anche giusto. Si parlano tutti in olandese tra loro, i bambini, cosa pretendo, una dichiarazione di italianità in mezzo al chiasso?

Poi comincia il quiz. A ogni punto riuscito, Ennio urlava:
"Urraaaa, un punto per noi", indipendentemente da chi l'; avesse vinto.

Io sentivo con un mezzo orecchio, perché tenevo d'occhio Orso che aveva scoperto la ciotola dei biscottini al caffé al bar, e si era portato una sedia per mangiarli e già che c'era cercava di scroccare una fanta. Ho scoperto troppo tardi che in quei biscottini lì c'era il caffé.

"Mamma, stiamo vincendo, siamo tre a due".
"Amore, sono contenta per te, ma tu l'hai capito, vero, che da questo lato ci sono gli italiani?"
"Si, ma stiamo vincendo".

Decisamente, se ci voleva la prova del nove, questo è quell'italiano di mio figlio. sempre meglio stare con i vincitori, ci si diverte di più.

"Orso, santo cielo, li lasci perdere quei biscotti e ti mangi un ovetto?"

giovedì 27 novembre 2008

Deontologia professionale: l'immagine dell'interprete nella coscienza nazionale

Gli olandesi, tanto per dirne una, per anni avevano la fama di quelli che sanno tante lingue. Quando sono arrivata qui nel '90, non solo mi sconvolgevo a sentire come parlassero bene in inglese anche gli studenti di facoltà non linguistico/letterarie, ma un po' tutti. Il patataro al mercato, per dire.

Quell'anno uno dei miei giovani cognati faceva la maturità e così scoprii il fenomeno della lista dei libri: entro la fine dell'anno per ogni lingua bisognava leggere una lista obbligatoria di 10 libri in quella lingua.

(Nella lista ci va letteratura anche molto contemporanea, infatti un sacco di adolescenti finiscono per leggersi Giphart, che parla tanto di sesso, signora mia, come ha spiegato lui come si fa un pompino a regola d'arte in Phileine zegt sorry, nessuno. Però scrive bene ed è un po' oltre la semplice narrativa. Lo hanno tradotto in italiano).

Comunque, dicevo, il cognato con un penchant tanto letterario/linguistico aveva deciso di portare come materia d'esame olandese, inglese, francese e tedesco. Che al liceo ci sono un tot di materie facoltative, e va bene che chi va al ginnasio spesso ci va su consiglio dei genitori che poi lo costringono anche a farsi latino e greco, ma le lingue se le era scelte tutte lui.

Risultato, sua madre quell'anno si rilesse un bel po' di classici della letteratura francese per fargli i riassunti, che 40 romanzi in una normale cariera scolastica, magari in italiano alla sua età io me li sarei pure fatti, ma letture in lingua, godermele davvero, ho cominciato solo dopo la laurea. Poi lui si è iscritto a russo, per passione degli amici stranieri e dei viaggi e per tigna si è imparato nel corso degli anni un 15 lingue, tutte poi dimenticate perché nel momento in cui ne scopriva una nuova ci si buttava anima e corpo e non aveva tempo di praticare le altre, isnomma, è un plurilingue latente ma adesso insegna inglese ed olandese (valeva la pena, dico io?)

Sto divagando come al solito e nel frattempo non è solo la Gelmini che fa scempio della pubblica istruzione. Da quando sto qui ci sono state tante di quelle riforme scolastiche, più o meno disastrose, che nel frattempo la competenza in inglese delle giovani generazioni si riduce agli intercalari shit, fuck e cool che si sentono a ogni piè sospinto.

Sul fiore dell'imprenditoria e del management italiani, anche se nel corso degli anni dei tenui miglioramenti si vedono, c'è tuttora da mettersi le mani nei capelli. Gli spagnoli, i portoghesi, i greci, ma anche tutta l'Europa dell'est, se vogliamo, è da un pezzo che ci hanno superati.

Meglio per me che faccio la traduttrice e l'interprete? Ma lasciamo perdere. Non c'è infatti professione più bistrattata, nell'economia italiana. L'omfaloscopia (credits: Chiara da Vinci) nazionale è a un livello tale, che persino quando ci sarebbe da guadagnare ed investire, su tutto si spende, tranne sull'unico mezzo che ti permette di muoverti su altri mercati. Comunicare con la gente nella LORO lingua, che ti dà un vantaggio strategico non indifferente.

Per dire, quando alla Confindustria umbra ho raccontato che il capo del team che trattava per l'Antonveneta, anni prima che ne sapessimo qualcosa, mi si fece organizzare un corso di italiano, perché per lui era fondamentale per una trattativa a quel livello non solo avere l'interprete fisso, ma saperla lui la lingua per capire come funzionava la testa dei suoi interlocutori, questi proprio non capivano di cosa stessi parlando. Ma perché perdeva tempo ad imparare l'italiano (sto parlando di uno che quasi ci dormiva, in ufficio, e nella pausa pranzo faceva lezione)?

Per dire, un'azienda in trattative trova normalissimo portarsi dietro un tot di portaborse e badanti benvestiti vari in missione, tutta gente a cui comunque va pagato un biglietto aereo e un albergo, se proprio le loro giornate di lavoro non contano. Una persona in più ti butta su come minimo il budget di un par di migliaia di euro.

Ma l'interprete, l'unica persona della banda con una professionalità, che investe continuamente in questa professionalità ed è quello che ti salva il culo quando stai per firmare un contratto tutto a tuo svantaggio o quando fai la gaffe del secolo per cui il tuo partner si alza, ti dice arrivederci e grazie e lascia il tavolo delle trattative, o che quando stai per credere a una cosa di cui io so con certezza che la legge olandese non la prevede e ti potrei dare uno strumento tattico per volgere le cose a tuo favore adesso, non parecchie parcelle di avvocati e fiscalisti dopo, quello va compensato con la mancia.

In genere, mandi un preventivo già tirato rispetto al mercato in cui operi perché sai che al cliente italiano non bisogna dire come gira il mondo sennò si stranisce. Se va bene seguono trattative sfiancanti. Se va male decidono che si porteranno dietro dall'Italia qualcuno che parla un po' di inglese, o la sorella/figlio/moglie/segretaria del tizio che andava con l'IF in Inghilterra da piccolo.

Questo porta a un'altra situazione: il proliferare di cosiddetti "interpreti" che magari si pagano l'affitto con tutt'altro lavoro, ma all'occorrenza si mettono in malattia e vanno un giorno ad arrotondare. Cosa sia la professionalità che offrono, si lascia facilmente immaginare. Un taxi e un ristorante, se la cavano ancora, ma una trattativa seria no. Però inquinano il mercato, rovinano la reputazione alla categoria e non riusciranno mai a fare seriamente questo lavoro.

Non a caso, le agenzie serie ti chiedono quanti giorni di cabina fai l'anno. Perché se lavori saltuariamente, non puoi tenerti in esercizio, quindi non sei bravo per definizione. Quanti interpreti conosco, che in nome di questo perfezionismo a un certo punto hanno deciso di fare un altro mestiere? E quanti ne conosco che si sono sputtanati con colleghi ed agenzie perché insistevano a fare lingue che un altro avrebbe fatto meglio?

Poi succedono i casini e la colpa era dell'interprete. In generale, quando arrivano richieste per un "interprete" dall'Italia, se non è una cabina capisci già come andrà a finire. Io chiedo subito: mi dica se le occorre un vero interprete o una hostess che sono due cose diverse e anche due tariffe diverse. In genere decidono di portarsi loro qualcuno dietro. Senza capire che solo di spese gli costa di più.

Davvero, la logica di tutto ciò mi sfugge, ma sarà per questo che siamo come siamo.

venerdì 10 ottobre 2008

Siamo tutti reazionari

La vecchiaia non migliora la gente, anzi, delle volte mi chiedo se la destra non predomini perché in fondo siamo tutti di destra. Facile infatti lottare per l'emancipazione del nostro gruppo di perdenti, poi ci emancipiamo davvero e salta fuori la botta reazionaria implicita. Insomma, essere genuinamente di sinistra magari è uno stato transitorio.

Tutte queste considerazioni profonde me le ha suscitate la lettura di una rubrica di Giorgio Bocca, autore che non ho mai condiviso al 100% ma ammiravo perché parlava di cose scomode, in modo magari anche scomodo, però poi ci azzeccava o comunque mi toccava dargli ragione.

Adesso leggo con mia madre sull'Espresso tutta una farneticazione sui bei tempi di una volta quando la donna di servizio era una di famiglia e sapeva fare il lesso, adesso lui le ultime 7-8- colf straniere non ce n'è una che glielo sappia fare, e usano troppe spezie, e non si integrano, e per carità, magari hanno pure ragione a rivendicare i propri diritti e finito l'orario di lavoro vanno a casa loro e chi s'è visto s'è visto, però questa è la riprova che sono loro che proprio non si vogliono integrare.

Noi allibite e incazzate. Mia madre è una santa donna e oggettivizza le cose:

"Ma non si è accorto che il lesso viene male perché la carne non è più quella di una volta? e che se la sua idea di lesso è quello che gli faceva la mamma, oggi non lo troverà mai più?"

Io che sono una che quando si incazza le scappano le carriole poi mi passa, mi viene solo da dire quanto segue, e lo elenco brevemente, sennò rifaccio un lenzuolo per argomento:

1) se ti fa tanto schifo la colf straniera, comè che ce l'hai? guarda che a pagarla uno stipendio dignitoso e pari ad altre professioni, con tutti i bollini e giorni di vacanza, una padana che il lesso te lo sa fare la trovi. con questi chiari di luna chi vuoi che dica no a un lavoro secondo le regole? Ma forse lo stipendio che dai alle straniere ti conviene.

2) eccerto, comenò, le ragazze a servizio di una volta, che ci andavano perché altrimenti morivano di fame e se le violentavano tutti i maschi di famiglia e poi se rimanevano incinte le si buttava fuori come zoccole e finivano veramente nella prostituzione, che altro non gli restava. Bello, il senso di famiglia di una volta.

3) sei convinto che ci voglia il sentimento di familiarità? Allora io, al compleanno della colf (ma manco sai quand'è immagino) o a Natale, che ci si integra anche se qualcuno si prende la briga di introdurti, tu li inviti a cena con tutta la famiglia, gli fai il lesso raccontandogli che teneri ricordi di suscita, così sa come ti piace e forse riesce a rifartlo uguale, e li metti a loro agio spiegandogli l'Italia. Senza fini didattici, solo come bella conversazione in clima di familiarità.

4) begli gli intellettuali italiani, predicano bene e poi senza la donna di servizio non sono capaci di campare. Io trovo che un uomo o donna adulto e autonomo come minimo debba sapersi pulire il bagno (è una sineddoche, intendevo un'altra cosa), cucinare un piatto di pasta e stirarsi e attaccarsi un bottone alla camicia, fa parte del bagaglio minimo per stare al mondo, (come imparare a guidare o a non fare i rutti in pubblico). Poi che paghi qualcuno per farglielo, vedi punto 1. Però saperlo fare, ti dà anche la misura di che tipo di lavoro sia e vedi come apprezzi la persona che ti evita di fartelo tu.

Scusate, mi cascano le braccia. sono anni che leggo l'Espresso per disperazione che qui non trovo altro e a volte cedo pure io, ma sono decennii che la stampa italiana ha il livello che ha. Mi traumatizza leggere una cosa del genere da Giorgio Bocca, su una rivista cosiddetta seria. un GB che si unisce bellamente al coro di fuori gli stranieri dall'italia che ci fanno schifo, ripristiniamo il regime feudale con me come feudatario. Che i servi della gleba sono sempre gli altri.

Mi consolo pensando che se l'assunto iniziale funziona, fra un po' divento così pure io e non ci farò più caso. Da oggi potete rivolgervi a me con il titolo di Madonna. Tanto Giorgio Bocca era un partigiano, e non ci meravigliamo se questa al giorno d'oggi è un insulto.

sabato 4 ottobre 2008

Ricetta: Sagne e 'ndicchie



Da quando sono diventata madre mi rendo conto che senza saperlo, una delle cose che mi hanno segnata di più da piccola, è stato il periodo in cui, avevo tra i due e i tre anni, mio padre ha trovato lavoro a Roma e i miei sono andati a vedere se riuscivano a costruirsi un futuro per loro e per me lì.

Io sono rimasta ad Ofena con nonna e zia Filomena. A posteriori, mi rendo conto che la mancanza dei miei genitori mi ha fatto patire parecchio. Però i ricordi consci che ne ho sono ancora tra i più belli della mia infanzia, a fare la principessina in paese.

Io dormivo con zia Filomena, che era un'ex maestra, monaca di casa, zoppa e gobba e l'autorità indiscussa in famiglia. Tipo severo e di poche smancerie, ma quanto bene mi ha potuto volere, ed è stata la mia prima mentrice. Dormivo con lei nel lettone scaldato dal prete di legno con la brace, e quando alle sette di mattina lei si alzava per andare alla prima messa, mi rotolavo dal suo lato perché era più caldo.

Poi quando tornava, ci mettevamo sul tavolo della sala, l'unica stanza fornita di camino della casa, con la sua radio Grundig, e lei tirava fuori un sacchettino di lenticchie e un vassoio, e una a una le sceglieva, mentre sul tavolo, di fianco, si creava un monticello di quei piccoli sassetti calcarei che disseminano tutti i nostri campi di mezza costa, qualche pagliuzza, tutte cose che non dovevamo mangiare. Erano lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, un paesino un po' più su sulla montagna. Fino all'età adulta, non ho mai mangiato altre lenticchie che queste. Che delusione scoprire che le Blondes, così grandi e piatte e chiare, si spappolano tutte in cottura.

Una volta pulite le lenticchie venivano messe nella callara di rame tutta annerita, con uno spicchio di aglio di Sulmona, una foglia di lauro, acqua, il coperchio di legno sopra, appesa al gancio del camino, a lessare quella mezzoretta finchè non si cuocevano.

Nel frattempo zia Filomena sferruzzava alla cieca, leggendo contemporaneamente (da chi avrò imparato ad essere multi-tasking?) o raccontandomi qualche storia, mentre io giocavo o attizzavo il fuoco. È stata quella l'età in cui ho imparato ad accendere e mantenere un fuoco, ma questa è un'altra storia, che prima o poi pubblicherò.

Poi arrivava nonna, che pur di sfuggire alla sorveglianza di zia Filomena aveva sempre commissioni da fare, per noi o per altri, e dai suoi giri riportava sempre qualche ovetto fresco per farmi il rosso d'uovo.

Il regno di nonna era la cucina, fredda, ma a nonna non seccava, lei era sempre caldissima. Gli sbalzi di temperatura tra sala e resto della casa erano enormi, ma il freddo fortifica e zia Filomena mi faceva kilioni di maglioncini caldi e pesanti. Quindi potevo andare in cucina con nonna, che con un paio d'uova e tutta la farina che si tiravano (mia nonna le porzioni di sagne, la pasta fatta in casa, le ha sempre contate a uova: oggi vorrei fare un tre uova di pasta) e un pizzico di sale, impastava, pardon, ammassava, con la macchinetta Imperia tirava delle strisce di pasta un po' spessetta, più spessa di quella delle tagliatelle e ancora di più di quella dei ravioli.


Per le sagnette da minestra bastano due uova piccoline, o tre di quelle delle gallinelle mignon di zia Vittoria.


Io potevo girare la manovella, e se mi stancavo, nonna mi aiutava. Poi si tagliava la pasta in taglierini corti un terzo di striscia di pasta e larghi un paio di millimetri (tanto erano tutti irregolari). I taglierini si mettevano su un vassoio e si portavano in sala, si gettavano direttamente nella callara con le lenticchie lesse, si aggiustava di sale, e si servivano direttamente, condendo con un filo di olio a crudo dei nostri olivi.

È questo quello che chiamiamo imprinting? Le lenticchie ancora oggi, ma in particolare sagne e n'dicchie restano il mio piatto preferito. Le sagne, fatte con la farina normale, quindi di grano tenero, per via dello spessore e della cottura breve devono sentirsi bene sotto i denti. C'è chi le ama più brodose, ma a me vanno date quasi asciutte.

È un piatto così leggero che si può mangiare tiepido o freddo in estate, ma resta anche fortemente il mio piatto invernale, quello che mi scalda e mi conforta in questo clima infame olandese che mi sono andata a cercare, e se mi ricordo di aggiungere qualche pezzetto di pelati alle lenticchie prima di calare la pasta, mi restituisce tutta la mediterraneità di cui ho bisogno per superare un altro lungo inverno.

E c'è tutta zia Filomena qui dentro: storie bibliche e piatto biblico, che la storia di Giacobbe ed Esaù e la primogenitura venduta per un piatto di lenticchie, non avevo dubbi: al posto di Esaù avrei fatto lo stesso.

Perché ho voluto regalare questa ricetta? Perché è la mia preferita, in olandese l'avrò data a destra e a manca, e poi perché nella cucina nuova ci starebbe benissimo un Kitchen Aid rosso come quello messo in palio da Sigrid.


E a Santo Stefano ci sono sempre andata con piacere, ma negli ultimi anni ancora di più perché ho conosciuto Daniel, Giovanni e il loro lavoro che mi entusiasma (e poi per i bonazzi con l'accento milanese ho sempre avuto un debole). Direi che ci potete andare anche voi.

domenica 27 luglio 2008

Aggiornamenti spiaggeschi

Uno vede che non aggiorno, sa che sono a Roseto e pensa erroneamente che sia il dolce far niente che mi impedisce di scrivere. Invece no, ci mancherebbe. È che ho un sacco da fare, e inoltre la connessione telefonica a manovella non aiuta.

Nell'ordine ho:
- visitato e saccheggiato lo spaccio aziendale della Bassetti/Zucchi (come tutti gli anni, peraltro) che si trova a Piane di Notaresco, lungo il Vomano
- scoperto un negozio di piastrelle e sanitari favoloso che ha confermato che avevo ragione io, a dire ad aprile, che bisognva fare un sopralluogo in Italia. Il negozio in questione ha anche già fatto consegne ad oriundi nostalgici in Svizzera e Germania e così ho convinto il capo a rimandare di una settimana l'inizio dei lavori, venir giù (prima io riporto i figli su, uno spreco inutile a mio avviso, che potrebbero farsi ancora un po' di mare, ma vabbé, capisco che senza di loro ci possiamo muovere meglio)
- portato i bambini al circo Lidia Togni. Prima una gran fatica per recuperarli insieme all'amichetto Leo, che era appena iniziato il Gioca jouer, il mito della mia infanzia di Claudio Cecchetto, a riprova che nulla cambia e che oltre ai puffi e altro ai miei figli gli tocca divertirsi con le stesse cose che piacevano a me
- sabato mattina sono venute a trovarci Roberta e Sveva, ci siamo divertiti in spiaggia, con Roberta metteremo su un doppio post sulla fenomenologia della vita da spiaggia (fra qualche giorno aggiornamenti, sto pensando a un concorso). Poi nel tentativo di far addormentare le belve (Orso come al solito dalle zie, Ennio con me, Sveva nel passeggino in piscina) mi sono abbioccata, svegliata di soprassalto dopo le 16, scusatami con le ospiti abbandonate e riportatele ala stazione
- pomeriggio shopping e amiche del cuore (con gelato da Marechiaro) a Giulianova, insomma, loro compravano e io no, cos'è sta cosa, che riparto martedi. Orso ha comunque tre paia di scarpe nuove, già è qualcosa
- cena celebrativa matrimonio di Vanny e Rizziero (o, che volete, si chiamano veramente così, dio li fa e poi li accoppia) avvenuto in mia assenza un paio di settimane fa. Ho chiesto prove, non me le hanno portate, ma c'erano anche Laura e Giuliano, che da testimoni oculari hanno confermato l'avvenuto misfatto. Stiamo parlando di due persone allergiche per principio al matrimonio, che dopo 14 anni hanno ceduto al diritto societario (stanno aprendo un'attività insieme).
Come dice Vanny: "a me quello che dà fastidio è che prima eravamo noi due, adesso siamo noi due e la legge, nel nostro rapporto. E non mi piace". Dàlle torto, non l'ho mai vista così, ma in effetti...

La cena era a Corropoli, al Cinquecento, locanda medievaleggiante, con un bel locale e persino uno spazio fuori, ma io andrei sotto che si sta meglio. Si mangia splendidamente, cose tipiche, compresa una mnestra di farricello medievale che raccomando. Ma a me ha rapita il prosciutto che fanno loro. Aiuto!!!! In paese stavano facendo le prove per il Palio delle botti che ci sarà domani. e domani ci sarano rane nel menu, per fortune non ci sarò, che io per le cose che si possono mangiare o no, sono molto biblica.

Io domani, cioè oggi in realtà pensavo di andare a Castelbasso, dove suoneranno i Baustelle, che ci tenevo, anche per farmi un giro a Castelbasso. È un borghetto da niente con un festival culturale interessantissimo e ottimamente curato di sei settimane tutte le estati. Cercatevelo e guardate il programma, che se siete in zona merita. Anche solo una passeggiata nel borgo a guardare le installazioni o la mostra dedicata a Schifano (per tacere degli stand enogastronomici in collaborazione con l'Enoteca d'Abruzzo). Magari se torno riesco pure ad andare da Andrea De Carlo, in programma ad agosto.

In realtà stasera c'è anche Eugenio Bennato aggratis a Tortoreto, mio borgo formativo, quindi penso che andrò lì.

Per ora vi lascio, forse mi risico una mattinata di mare prima del pranzone celebrativo con la famiglia del frater. Che mi sento un po' una sorella degenere: da quando sto qui non avevo neanche chiamato mio fratello (ma neanche lui, che sollievo), ma oggi assolviamo il nostro rito estivo di famiglia: pranzo di pesce al Garden a Tortoreto, dove i bambini giocheranno in spiaggia e noi forse riusciremo ad aggiornarci con calma. Oa litigare ferocemente, altro rito di passaggio ogni volta che ci vediamo.Prima una litigata feroce per schiarire l'aria, poi ci vogliamo bene come sempre se non di più.

mercoledì 23 luglio 2008

Passeggiata in montagna

Vale una salitina di 800-1000 mt. in salita e ritorno come passeggiata in montagna? Da ieri Gnorpo One ed io siamo soli a Ofena. Il pomeriggio siamo stati a capestrano per urgenti operazioni di restauro dall'estetista. Poi siamo andati al cimitero e ci siamo fatti un bel giretto di tombe di famiglia. Poi 10 minuti di giochi al parchetto dove una cagna nera molto affettuosa voleva conoscerci. Poi casa, passeggiatina, cena e alle 20:34, mentre ero al telefono con mia suocera mi è schiantato vestito a letto.

Stamattina colazione al bar, e poi, per via San Rocco, verso la montagna. Strani i flussi energetici dei bambini. Dopo 100 mt. si è sdraiato sull'asfatlo lamentandosi di non farcela più, ma quando eravamo sulla sterrata, bastava darci un obiettivo interessante e quantificabile ("andiamo a vedere cos'è quell'inferriata lì" ed era una cisterna asciutta, "proseguiamo fino alla curva così vediamo la montagna che c'è dietro" e abbiamo visto anche quella).

Per strada abbiamo studiato i grillini che ci saltavano da sotto i piedi, annusato la ruta e la mentuccia selvatiche, ma i nuvoloni dietro la montagna in direzione Monte Camicia impensierivano il maschio che temeva grandi scrisi di pioggia mentre eravamo per strada, e siamo tornati indietro.

Però, anche così, bastano quei ochi metri più su per ampliare la successione di monti blu, nuvole bianche e paesaggio pittoresco dell'alta valle del Tirino sommersa dal sole. Che ho sempre sulla retina quando penso a questo posto.

Poi, pranzo splendido da Stefania da Aufinium, con tutte le sue verdurine biologico-dinamiche dell'orto, l'agnello più buono del mondo, i salamini che gnorpo One ha festeggiato chiedendone ancora. Andateci, finché ha il ristorante, che questa donna in questo momento è quasi da sola a mandare avanti ristorante, bar e azienda agicola e parla di volersi concentrare su quest'ultima, che è il suo grande amore.

E ogni volta che parlo con lei, mi viene voglia di mollare tutto, piantarmi olivi in tutti i pezzetti di terra sparsi che i vari confinanti si arano ogni anno di più fino a prenderseli per usucapione, e mettermi a fare vita bucolica. E datemi un po' di anni, e vediamo se non ci riesco.

martedì 22 luglio 2008

CD, non opere di bene

Bello il parlamentare che decide di far distribuire 50.000 CD con l’inno di Mameli agli studenti. Tre domande da ignorante mi sorgono spontanee:

1) quanto costa produrre 50.000 CD? E i soldi da dove saltano fuori?
2) Bastano per tutti gli studenti interessati? In caso contrario, come avverrà la scelta dei destinatari?
3) La distribuzione, viene calcolata nel budget? O si spediranno scatoloni di CD a casaccio, che rimarranno a marcire nei depositi?

Poi, se non voglio trattarmi da ignorante, ci aggiungerei anche questa: ma i nostri esimii parlamentari, capisco che a loro un CD sembri il massimo della modernità dopo i grammofoni della loro infanzia, ma gli i-pod glieli ha mai spiegati nessuno?

Allora proporrei, con gli stessi soldi dei CD, di fornire alle scuole non ancora dotatene un computer con collegamento internet, da cui gli studenti possono scaricarsi un mp3 con l’inno, magari farne una versione dance-techno-trance, per rimetterlo al passo con i tempi e farlo suonare ai rave party, legali o illegali che siano. Che mi sembra l’unico modo di interessare la gioventù. Poi con il computer ci possono anche fare un mucchio di altre cose carine e istruttive.

Il giorno comunque che il rave-party lo organizzeranno nel Transatlantico, non verrà mai troppo presto. Che certe volte i nostri politici temo che gli mettano l’ecstasy nel caffè senza che se ne accorgano, e poi gli vengono i cali di pressione inspiegabili. Quindi su quell’aspetto lì siamo a posto.

Poi che ci restino secche solo le ragazzine ingenue, con l’ecstasy, è uno di quei drammi inspiegabili della vita.

PS: questo il compendio del primo quotidiano che mi compro da quando sto in Italia, e francamente, ci sono letture più appassionanti.

venerdì 4 luglio 2008

Roma, 8 luglio, ore 18, manifestazione in Piazza Navona

lo spiega bene nei dettagli Panzallaria su:

http://www.panzallaria.com/2008/07/03/roma-8-luglio-manifestazione-in-piazza-navona-passaparola/

Io sarò ancora bloccata qui, qualcuno può/vuole andarci anche per me? che sono anni che rifiuto di cambiare nazionalità solo per comodità, visto che il mio voto mi sembra più importante in Italia che qui.

Però ci sono delle volte che la democrazia diventa quasi una parolaccia e tocca all'opinione pubblica darsi una mossa.