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mercoledì 14 dicembre 2011

Calendario dell' Avvento de noantri (tutorial, volendo)



Ma io, che non ho mai vissuto la tradizione del calendario dell' avvento in proprio e ho deciso quest' anno di provarci a inculcare l' avvento ai figli, non mi potevo fare i fatti miei? O almeno comprare uno di quegli orendi calendari con i cioccolatini che sanno di sapone a € 1,99 e farla finita? Ennò, se non ci si complica non mi diverto.

Diciamo che un po' ci sono riuscita un po' ho fatto la solita peracottara, ma ecco cosa ho fatto e il risultato provvisorio.

Si comincia andandp una serie di volte all' Ikea con l' idea di montare definitivamente la parete che abbiamo concordato di fare in soggiorno, possibilmente prima di Natale (care illusioni). Oltre ad andare, tornare, misurare, scoprire che le misure non corrispondono e che il soffitto ha varie altezze in vari punti, sostituire parti rotte, fare pressioni insostenibili sul maschio alfa per fare dei buchi col trapano - ancora da fare -
cosa che pregiudica la santificazione del matrimonio per almeno un mese e mezzo, mestruazioni e influenza compresi, ci si procurano dei cartoni.

Quelli piccoli metteteli fuori per portarli al container carte, dimenticateli per tre giorni in cui ci piove e grandina, per poi raccogliere la poltiglia e depositarla nel cassonetto normale che si fa prima. Sul cartone grande che avete conservato apposta e che è stato tra i piedi in un soggiorno in corso di lavori (tutto fuori dalle vetrinette esistenti) disegnate, se dio vuole, un albero formato da tre triangoli. Poi piantatelo lì e andatevi a riprendere i figli da scuola, portateli tutto il pomeriggio in giro e rimandate il seguito a tempi migliori.



La mattina dopo, visto che all' Ikea c' eravate già state e avevato comprato carta da regalo, con la colla spray coprite la sagoma di cartone e cercate di incollarci la carta sopra. La colla spray spruzza come un geyser asmatico inondando il tavolo e la carta si appiccica a plissè, decidete di ritentare e tenervi il lato A come retro. Repetita juvant perchè il lato B funzia, e quindi ripiegherete e incollerete i lembi B sul retro, come da figura.



Potevate comprare un sacchetto di cioccolatini e spicciarvi, invece no, il calendario dell' avvento è alternativo o morte.

Ma nel frattempo avevate accumulato robine varie,

frasette edificanti,


bustine,
vi incasinate a ritagliare i numeri tondi che vengono poligonali ma che vuoi che sia.

Arrivate alle prime 9 bustine, mettete extra la 17, decidete che per il resto comprerete la bustona di dolci e basta diobò.

Comprate la busta di ghirlande di natale in cioccolato e gelatine e il contenuto sparisce mentre stavate svuotando la lavatrice. Rinunciate. I figli per l' 11, 12 e 13 ci provano a dire qualcosa sulle bustine mancanti, poi desistono. L' Albero spoglio fa schifo.

Stasera ci riprovo.

mercoledì 5 ottobre 2011

Il metodo Peppina e i pomodori


È da quest' estate, da quel tocchetto di vacanze al mare che ci siamo fatti in Abruzzo che ho una serie di cose da raccontarvi e non ci sono riuscita. E stamattina, che mi sono alzata alle 4 per finire una lista di indirizzi per una cosina carina che sto facendo, e per scrivere una lettera in cui elenco alla scuola i punti discussi e il mio punto di vista sulla questione e che adesso sto aspettando ceh Zauberei scriva il post su Vasco che ci ha annunciato ieri, ecco, sarà il caso che vi racconti del metodo Peppina e come mi ha aiutato quest' estate per fare i pomodori, così mi rassereno.

Peppina è mia nonna Settimia Maria Giuseppa (quella nata dopo Quartina, Quintina e Sestina, e prima di Ottorina), le sue sorelle l' hanno sempre chiamata così. E nei momenti di tenerezza, mio padre che passava il resto del tempo a litigarci, legati a doppio filo questa madre e questo figlio che non so voi, ma io mi ci rivedo tel quel, con solo in più il senno di poi, quando guardo me e un figlio a caso, mio padre, dicevo, nei momenti di tenerezza e solo dopo gli 85compiuti, la chiamava " Peppì!".

E pure io allora ho iniziato a chiamarla Peppina, no perchè nonna non mi piacesse, che tanto Nonna Peppa ce la chiamavano tutti quelli che non ci erano parenti, i parenti la chiamavano zia Peppina, perchè la vita come fregatura ha questo, che quando ti fa il dono di una vita lunga e sana, ti fa anche il vuoto intorno di tutti quelli che hanno condiviso dei pezzi di infanzia e gioventù con te, e allora ri chiamano nonna, ti chiamano zia, ma nessuno che ti chiami come ti hanno sempre chiamata tua mamma e le tue sorelle. Così ce la chiamavamo noi ed era nelle intenzioni un gesto appena più tenero, più dolce, più nostro, più a cozza, di quanto potesse fare chiunque altro. Come mia madre, che per esempio l'ha accolta, amata e accudita fino alla fine senza mai cavarne una botta di tenerezza, quella che lei aveva per sua madre e le sue sorelle e l' avrebbe volentieri trasferito alla suocera, ma eh, le suocere abruzzesi, povere donne, quanto stanno messe male, mia madre in Peppina ha davvero avuto un rapposto difficile, ma mai come quello tra Peppina e Nonna Amalia sua suocera, che veramente è stata the mother-in-fucker-law-from-hell. e certi traumi una dopo se li tresferisce, senza avere gli strumenti per farci qualcosa, nei suoi rapporti successivi.

Però anche se per questa distanza forse mai veramente voluta da entrambe e che però c' era, mia madre si è sempre rivolta a lei come Mamma o Mà, ma in terza persona la chiamava pure lei Peppina. Non so se ho chiarito bene, finora.

Ora, Peppina è sempre stata un tipo girandolone, devo aver preso da lei, e la sua specialità era trovare passaggi e fare l' autostop. Uno dice vabbè, una signora anziana mica la lasci a piedi e che pericolo ci potrà mai essere, ma questo non rende giustizia alla sua abilità nel chiedere e ottenere informazioni, conoscere tutto di tutti, ed è inutile che mio padre le desse della pettegola, perchè non era così e soprattutto aveva una grande tolleranza per i casi della vita, purchè non riguardassero il buon nome e la vita sessuale dei parenti stretti, che lì avevamo dei codici e dei delitti d' onore specifici. Ma Peppina, e anche in questo forse ho ripreso da lei, aveva una grande capacità di ascoltare, di beccare tutti i casi umani del mondo che si vengono a sfogare con te ed avere una buona parola per ognumo. il che non è che sia una bella cosa proprio tutte le volte, c' è da dire e lo dico, ma come diceva sempre lei, ti guadagni tanto paradiso. (Lei almeno al paradiso ci credeva).

"La sua frase di apertura tipica, quando mi riferiva di qualche caso umano era sempre:
Sospiro
"Eh," pausa.

"Bisogna compatire". E noi compativamo perchè di compassione ne abbiamo le cantine piene.

Si diceva comunque del metodo Peppina. In genere tutte le volte che una situazione si risolve grazie a un comportamento, imitazione o stile tipico di come Peppina affronata la vita con i suoi piccoli e grandi intoppi, noi parlavamo del metodo peppina.

Vi faccio un esemoio, il massimo è stato quando è andata in Canadà. A oltre 75 anni decise di andare a Vancouver a trovare la sorella Mariannina, emigrata nel 1922 e mai più rivista di persona, anche se lettere e telefonate hanno mantenuto per anni i contatti. Senza sapere una parola di inglese parte e arriva. Però per casini di orari, fusi orari, che ci appuri, i nipoti che sarebbero dovuti andare a prenderla non c' erano perchè sapevano un altro orario. E lei si ritrova l`^, mai preso un aereo in vita sua. c' è da dire, altri tempi, arriva esattamente dall' altra parte dell' emisfero e si ritrova cos`^.

Recupera le valige, alza un pelo la voce e chiede:
"C' è per caso qualcuno che parla italiano?"
Ce n' erano parecchi, si sono precipitati a farsi raccontare il perchè e il percome e quello che abitava più vicino se l' è caricata in macchina e l' ha consegnata dai parenti increduli che stavano per uscire giusto giusto in quel momento per andarla a prendere.

Il metodo Peppina quindi si può fondamentalmente riassumere nella massima biblica: chiedete e vi sarà dato. (A parte che tutta la gente che ha letto Statale 17, storie minime transumanti , specialmente molti anziani, che si e mi chiedevano come è possibile che io così giovane (vabbè, comunque di un' altra generazione) abbia raccontato cose che erano antiche già quando le vivevano loro, io rispondo semplicemente: metodo Peppina.

Quest' estate io avevo due grossi progetti: spararmi più mare possibile a Casalbordino e fare i pomodori da riportarmi. Per i pomodori in genere ho i miei giri e i miei fornitori, ma siccome ci hanno fracassato un finestrino ed era agosto e mancava il pezzo e non si sa quando arrivava, vi dico solo che con la signorina della Crglass a Milano ci saremmo anche potute fidanzare da quante volte al giorno ci telefonavamo per riaggiornaric, e siccome con un vetro rotto io i 100 km. per andare dal mio contadno preferito a prendere i pomodori non li potevo fare e siccome stavamo lì inchiodati intorno a Casalbordino di cui conosco solo la stazione dei carabinieri per fare la denuncia del vetro e la panetteria dove prendevamo le pizzette da portarci al mare, ecco, io l' ultimo giorno di vacanza in cui bisognava davvero decidere qualcosa sui pomodori e non sapevo bene cosa, ho applicato il metodo Peppina.

Mentre andavo in panetteria dopo una notte insonne in cui mettevo in fila tutti i dati e tutto quello che c' era da fare per regolarmi (non ci dimentichiamo che mi stavano arrivando da Roma l' Artista borderline e Mente Miscellanea, che ancora non conoscevo di persona, per venire a fare i pomodori e rischiavano di ritrovarsi abbandonati al bivio di Ofena al calar della notte) mi tocca fermarmi perchè un' autogru sul quel viottolo stretto di campagn deve scaricare un pallet di mattoni per una villetta lì vicino. Per cui applico il metodo e chiedo al signore che mi fa cenno che posso ripartire:
" Scusi, ma lei non sa se da queste part c' è qualcuno che vende i pomodori per fare le bottiglie? perchè sa, vengo dall' Olanda, devo farli prima di ripartire ma abbiamo avuto un problema con il vetro e se non li compro qui non ce la farò mai, però no sono pratica e così e cosà" che secondo me è la cosa che avrebbe fatto chiunque nella mia situazione a parte gli olandesi.

Insomma, in men che non si dica mi ritrovo davanti al padrone di casa, che lui è di qui e conosce, che mi porta dentro, dove ci sono tre signore linde e pinte a prendersi il caffè (che mi offrono ma rifiuto er non disturbare, fate conto che l' abbia preso) a cui ripeto tutta la storia, che mi cercano il numero del loro fornitore che però non ne ha per questa sera perchè li ha tutti prenotati, ma se mi va bene domani me li porta
"Guardi, non si preoccupi se voi andate al mare, li facciamo lasciare qui" mi fa la padrona di casa e io mi sento anche un pelo pelino cretina e commossa da tanta disponibilità, anche se la riconosco benissimo.

Il problema è che non so se ci arrivamo, a sera. Allora ci mettiamo tutti a pensare e il marito fa:
"Il marocchino".

Salta fuori che appena entrati in Casalbordino, dopo il bivio dei carabinieri, proprio sulla strada c' è un marocchino che ha la frutta e verdura, ma lavora la sua di campagna e magari lui ce li ha.

Ringrazio, saluto e vado verso il paese e a un certo punto lo vedo il negozio, "Da Antonio il tunisino", che già solo l' insegna meriterebbe un' analisi degna di menti migliori della mia che mi chiedo come si chiami veramente Antonio, tipico nome tunisino, nevvero? Ahmet? Abdil? Boh.

Insomma, Antonio tr telefonate e gente che va e viene, in quei due mintui che gli ci vogliono per darmi retta, ho capito che è assalito da tutte le signore e i loro mariti di Casalbordino che si raccomandano per farsi mettere da parte i pomodori e lui calcola, smista, tiene conto di quelli che raccoglieranno stasera e quelli di domani e quelli di domenica, che manco il software logistico della TNT.Mi rendo conto che è una causa persa.

Insomma, ci provo e l' Olanda, eil vetro e i bambini che devo tirar su e senza passata della mamma come si fa, e se lei avesse, perchè sa. devo partire ma non so neanche bene quando e in quel momento mi ritelefona la signorina della Carglass ma anche lì mi deve richiamare che forse forse ci mettiamo d' accordo con il riparatore e torno da Antonio che forse si chiama Ahmet o Abdil eccetera, e lui chiama la moglie per chiederle se lì, in garage, non ci sono ancora quelle tre casse che ha visto stamattina. Ci sono.

Chiama, sposta, richiama, risposta e mi dice di dare a sua moglie mezz' ora intanto che io faccio la spesa e me li porta. E pensare che non ho neanche usato la mia arma segreta:
"Lei che come è me è un emigrante lo sa vero, cosa significa riportarsi le cose buone di casa all' estero". Non m,e la sono sentita.

E in questo ho deviato dal vero metodo Peppina che della compassione e delllimmedesimazione faceva il suo perno. Gliel' ho detto però quando sono andata a riprendermi quelle tre casse di pomodori, 75 kg., 100 vasetti bormioli piccoli e grandi e così anche per quest' inverno stiamo a posto.

Anche se il prossimo anno mi devo ricordare di dire agli aiutanti che il barattolo non va riempito fino all' orlo o si gonfia il coperchio, ci entra l' aria e siamo rovinati. Il che eprò mi ha liberato una ventina di barattoli che riciclerò per le cotogne che mi ha dato mia suocera.

Perchè dopo la stagione dei pomodori viene quella delle cotogne e mia suocera è un po' come Peppina in questo che ha tante amiche con alberi da frutto in giardino e una di quelle le ha procurato le cotogne per me. Perchè veramente, senza il metodo Peppina io come li farei crescere questi poveri bambini, che se potessero mangerebbero pizza surgelata e hamburger tutti i santi giorni, ma gli tocca la madre che gli tocca e bisogna compatirli, povere anime?

mercoledì 8 giugno 2011

44 in fila per 6 col resto di 2


Ieri per il mio compleanno abbiamo deciso di andare in un parco a tema, il Walibi-flevo. Ennio c' era già stato con la scuola e io e il capo erano anni che non andavamo sulle montagne russe. Orso ci ha provato a dire che secondo lui non c' erano tante cose per lui, e anche se era verissimo non gli abbiamo dato retta.

Di giochi per lui ce n' erano a sufficienza e che lui si sia rifiutato di provarne la maggior parte fino alle 14 ha solo a che fare col fatto che è un testone, perchè due giorni prima queste robe qui sopra le faceva eccome. Ma lo so che Orso è un diesel, ha il riscaldamento lento, per cui all' inizio ci siamo divisi col capo, comunicando per telefono.

Poi ci siamo scatenati:
"Dove siete?"
"Al Robin Hood a fare la fila".


Siamo andati a fare la fila anche noi a questa megamontagna russa di legno che, ha poi confessato il capo. era quella che gli faceva più paura, metti che il legno non regge? Che salta un palo?
"Ma vaaa, che come costruzione ha tanti di quei pali che è solidissima".

Mezz' ora di fila, poi il capo e Ennio hanno fatto il giro prima e quando sono scesi Orso si è rifatto la fila a ritroso e li ha raggiunti mentre io aspettavo il mio turno. La prima discesa, prima prima e quasi a stomaco vuoto, lo dico subito, l' ho fatta ad occhi chiusi. Poi li ho aperti e mi sono pentita. Poi guardavo quelli davanti a me che la facevano a braccia alzate e mi sono detta: sticazzi. Poi tanto era l' ultima e mi sono detta, massì, che sarà mai, ho alzato le braccia e flash, la foto e per una volta non sono venuta su una foto delle montagne russe come la partoriente che sta a spingere, come mi è capitato in passato a Canada Wonderland.

Poi siamo andati a mangiare schifezze, che avevamo fame. Vi dico subito che la cosa più commestibile di questo posto è il gelato Ben& Jerry's e magari il banchino della frutta e shakes all' inizio.

Poi siamo passati alle cose serie, ovvero al Goliath, un nome un programma, a turno con Ennio perchè la fila era molto più breve. Io mi ero appena fatta fuori, per disperazione, un panino ai gamberetti e maionese, visto che dell' happy meal che volevo il capo mi ha preso solo i nuggets, Orso me li ha mangiati e i bastardi hanno ordinato cola light che a me il light fa schifo. Toccava consolarsi con taaaaanta maionese.
"Sei sicura che non butti fuori i gamberetti?"
Li ho tenuti, ma la nausea l' avevo tutta, ma cosa vuoi che sia un po' di nausea dopo aver fatto due figli. (Decisamente, non so perchè, le montagne russe fanno tanta gravidanza/parto).

Il capo l' ho visto scendere un po' pallido dal Goliath. Poi io sola con Ennio siamo andati a quel tipo di montagna russe dove stai appeso ai seggiolini. Il capo ha passato perchè era l' unica attrazione con indicazione massima di altezza a 2 mt e lui è 1,98 e non ha voluto scoprire quanto fosse il margine.

Ancora meno fila, qualcosa vorrà dire. Infatti alla terza curva mi è tornato su di corsa il nugget di pollo, uno dei due che Orso mi ha concesso. Ci siamo fatti tre giri io e Ennio, mentre il capo portava Orso allo Splash, che aspettavamo che aprisse dalla mattina. Devo dire che c' è una svolta specifica dove regolarmente, a tutti i giri, cominciava a colarmi il naso. Sarà il liquido cerebrale che fuoriesce, mi consolavo io.

Poi siamo andati ai sombreri ruotanti e quelli mi hanno stroncata definitivamente. Per le cose che girano, mi dispiace doverlo ammettere, non ho più lo stomaco. Sarà per questo che le incazzature mi fanno più effetto adesso che da giovane.

"Ennio sto malissimo, fammi riprendere e soprattutto STAI ZITTO". Fatica sprecata, quello parla a macchinetta peggio di me. Telefono.
"Capo, non ce la farò mai a venire allo Splash, ma raggiungeteci al Rio Grande."

Il Rio Grande era un' imitazione di whitewater rafting ci si bagna un pochino, ma molto meno che allo Splash, ma a Orso è piaciuto da matti e mi ha fatto rifare un altro paio di giri con lui mentre il capo ed Ennio andavano a The Speed of Sound.

"Scusi, come si arriva a, come si chiama, the Wall of Sound? Abbia pazienza, so che non è quello il nome ma l' unica cosa che mi viene in mente è The sound of Music".
" Non si preoccupi, lo chiamano tutti così, di là".

Era il primissimo posto dove siamo arrivati al mattino, quando era ancora chiuso. Quello vicino a tutti i giochini per i piccoli.

"Orso, questo posto lo conosci, vai da solo allo Splash mentre io mi faccio un giretto qui e poi cerchiamo papà e Ennio.
Il Sound od Music era il migliore e mentre scendevo ho beccato il capo in fila che mi ha fatto cenno di raggiungerlo che mi aspettava. Solo che all' ingresso ho beccato Orso in lacrime disperate:
"Lo Spash è già chiusooooooooo".

Da vera madre degenere l' ho consolato, coccolato, promessogli un gelato enorme se solo mi faceva fare un giro col padre, gli ho messo in mano la borsa che comunque non mi potevo portare su e ho avuto l' idea geniale di incaricarlo di farci un filmino. Eccolo, ma non si carica.


Finalmente il capo e io ci siamo fatti un po' di montagne russe, a quell' ora praticamente senza fila, tenendoci romanticamente per mano. La parte peggiore era quando ci rifacevamo il tutto all' indietro. la nausea ormai era a manetta. Orso lo abbiamo parcheggiato davanti alla fontana parlante, mentre andavamo via la stava picchiando frustandola con la felpa, mentre stavamo facendo la fila la fontana si vendicava mandandogli dei mega spruzzi, a cui lui prudentemente si era tirato indietro.

"Delle due una, o ci si diverte come un pazzo, o si offende".

Poi di nuovo separati, capo e Ennio al Crazy River e io e Orso all' ultimissimo giro con la ruota panoramica, solo noi due. Poi megagelato che mi ha risistemato lo stomaco al volo e a casa. Distrutti, ma chissà perchè più noi adulti che i mostri, che ci hanno provato a fare casino fino a che no li ho messi a dormire in camere separate. Ennio è schiantato per primo.

E non appena Orso si decide a farsi piacere le montagne russe, non solo ci torniamo ma facciamo l' abbonamento famiglia per tutta la stagione che costa qualcosa in più del doppio di un ingresso. A 3/4 d' ora in macchina da casa si puo pure fare fra un paio d' anni. Se il rincoglionimento senile non mi stronca nel frattempo.

Un po' di nausea, cose volete che sia. Lo dicevo pure quando ero incinta.

INFORMAZIONI SU WALIBI FLEVO
Il parco si chiama Walibi Flevo, il navigatore dovete programmarvelo su Biddinghuizen e nei paraggi ci sta anche il Dolphinarium di Harderwijk a cui andremo al prossimo giro. L' ingresso costa € 30,50 per gli adulti, € 28 tra i 6 e gli 11 anni e sopra i 55 e per i portatori di handicap, il parcheggio € 7,50. La stagione chiude il 30 ottobre 2011. Con i trasporti pubblici si può andare in treno fino alla stazione di Harderwijk e poi comprare un biglietto per il Walibi Express. Attenzione, acquistando dall' autista del bus un biglietto bus+ingresso si paga lo stesso prezzo scontato del solo biglietto online, ovvero un euro in meno di quanto detto qui sopra.

venerdì 27 agosto 2010

Amicizia

Certe volte mi dispiace non aver avuto più occasioni di conoscere meglio la migliore amica di mia madre. Sono stae bambine insieme a scuola, e poi adolescenti, andavano a teatro e al cinema, una volta addirittura in gita sociale sul Caucaso, con l'associazione dei giovani comunisti di cui nessuna delle due faceva parte, ma un amico di lei si, ascoltavano le canzoni di Brecht e traducevano i dischi che mandava mio padre dall'Italia

con la cinquecento di papàaa
"Che dice?"
"Il numero, vabbé quello si sa, poi Cinquecento, periodo storico es. "le volte del cinquecento""
"Naaa, e che c'entra?"
"Senti, ma forse vuol dire che quando esce il papà gli da cinquecento lire per le piccole spese?"
"E quante sono cinquecento lire?"
"Boh".
"Però, dì quello che vuoi, non ci si capisce niente, ma l'italiano, ah, che bella lingua".

Poi mamma è venuta in Italia e si è sposata, e anche l'amica si è sposata, e hanno avuto un figlio quasi in tandem, io e lui, di pochi mesi più grande. Per anni non si sono più viste, perché non c'erano i low cost, non c'era niente, non c'erano neanche i soldi a dirla tutta, e così si sono riviste, secondo me, solo la mitica estate che io, mamma e mio fratello ce ne siamo andati a fare una full-immersion di Polonia, io avevo appena fatto le elementari, e ho conosciuto questa mitica signora che si chiama come me, cosa che mio padre ha sempre borbottato contro, perché a lui gli amici, i parenti e il retroterra di mia madre li vedeva sempre come una cosa nebulosa e vagamente minacciosa, e comunque incomunicabili.

Mia madre dice di non averci neanche pensato, al nome dell'amica, quando si è trattato di battezzarmi, e ci credo, perché queste associazioni hanno vie sotterranee.

E quell'anno l'ho conosciuta, e ho conosciuto anche suo figlio, un ragazzino dolce, educatissimo, gentile, sembrava finto, io che ero abituata ai mini-pescatori bestemmianti di Tortoreto, così perfetto e gentile quel ragazzino che mi imbarazzava.

E anche lei mi adora, perché in fondo su alcune cose abbiamo gli stessi gusti ("Inutile, tu ti vesti proprio come Baska" fa mia madre quando tiro fuori la vena etnica), i libri, quanti libri formativi non mi ha regalato questa donna, solo che erano in polacco e io non li leggevo, fino a che non mi ha messo in mano Bridget Josen in traduzione che avevo già letto e ho mandato giù di corsa, e poi altri che finalmente un pelo li seguivo, perché quando una lingua non la sai bene, è inutile darsi alla letteratura, l'intrattenimento si capisce molto meglio.

Che adesso lo so, e in fondo l'ho sempre capito, che quando hai un figlio maschio ci si affeziona per forza alle figlie delle amiche, specie quelle che senti affini, ma allora mi imbarazzava anche quello. Eh, le crisi di lealtà dei figli, che brutta cosa. Toccherebbe rimproverare a mio padre e sua madre tutta quella loro diffidenza emotiva verso l'altra parte di vita di mamma che loro non condividevano e di cui erano forse gelosi, ma che ci vogliamo fare.

Lei questo figlio l'ha tirato su con tutte le sue passioni culturali, teatro, libri, musica, cinema, musei (lei ci ha lavorato una vita al museo) e il padre che era un appasionato di aria aperta, andava in montagna, nei boschi, per funghi, riportava quantitativi innominabili di lamponi e mirtilli con cui lei faceva succhi che poi nessuno beveva e allora, se poco poco eravamo nei paraggi, arrivavano a noi, che a me si che piace il succo di lamponi fatti in casa, una mia madeleine tutta polacca di quando zia Tosia lo faceva con i lamponi del loro appezzamento di città e ce lo allungava col selz, che da allora la voglio pure io una bombola da seltz vintage in colori pastellosi (le bombolette di carica le ho già, perché in un mio tentativo di cucina molecolare per il mio quarantesimo compleanno ho fatto fuori la bombola che mi ero regalata).

Poi un anno Kuba è stato da noi un'estate, lavoravamo insieme, era sempre educatissimo e un pelo estraniato dal mondo, le altre ragazze polacche che lavoravano con noi a volte ridacchiavano quando lui al mattino le salutava:
"Buongiorno mie belle signore" e io ci avevo sempre poca confidenza e non lo conoscevo più di tanto, ma il fatto è anche che lavoravo un sacco pure io in quel periodo, 18 ore al giorno a nervi tesi e intanto prepravo 3 esami, che erano la mia unica speranza di fuga da tutto questo, e non avevo tempo per l'emancipazione altrui perché la mia veniva prima.

Poi è saltata fuori la bomba e l'ho capito pure io perché sembrava così estraniato dal modno e da sé stesso, lui ha avuto un sacco di rogne di salute, riabilitazioni varie, un'epatite che l'ha stroncato. Però aveva una ragazza che viveva con lui e la madre che viveva per lui, poveri figli unici, pensi, delle volte, vivono di aspettative altrui. Insomma, è stato l'unico che si è finito tutto il percorso di svariati anni, forse perché si era stufato pure lui.

Aggiustava di tutto, stereo, computer, aggeggi. L'anno che non poteva quasi uscire di casa se non per andare a fare la terapia, una cosa massacrante in culo al mondo con i mezzi tre volte la settimana, e lui già così debole, e la madre che di nascosto al padre gli comprava tutte le medicine costosissime che la mutua non gli passava, ho fatto una raccolta tra tutte le aziende mie clienti di computer e attrezzature che non utilizzavano più, che qui per motivi fiscali gli uffici cambiano attrezzature ogni volta che possono, e lui se li sistemava, li aggiustava, li vendeva, ma soprattutto finalmente ne aveva uno suo per collegarsi al mondo.

Poi niente, ha superato i quaranta, ma giusto quelli. E verso la fine è toccato dirglielo, al padre, cosa avesse di preciso, che io non lo so, ma sono sempre quelle cose che fai fatica a dire a un padre che per una vita cercava di interessare suo figlio alla montagna, alla pesca, alla raccolta di funghi, ma niente, lui era proprio un ragazzo di città.

E questo suo padre, che io non ci credo che non sapesse o immaginasse proprio niente, ma ci sono delle famiglie così, che per quieto vivere finché non salta fuori qualche casino grosso stanno più sereni a non parlarne, ma io non li capisco lo stesso, però ognuno ha i suoi percorsi come dice il mio di migliore amico, e allora ognuno se li percorre come può. Insomma, il punto è che il padre soffriva spaventosamente di cuore e per quello lo tenevano un po' all'oscuro.

Però il cuore è una brutta bestia e adesso se ne è andato pure lui. Subito dopo.

Cosa rimane?

Be, rimangono le cose pratiche, il riconoscimento all'obitorio, il funerale, il post funerale, i tranquillanti. Tutte cose per cui è meglio avere un'amica a fianco.

Che ti porta a mangiare al baretto con trattoria vicino alla vecchia scuola
"perché questa usanza italiana, di portare il pranzo cucinato alle persone in lutto, è buona, uno depresso cosi non mangia il pasto caldo da giorni".

Insomma, l'amica di mia madre non ce l'ho ma ho la mia, e lei ha sua figlia che riempio di vestiti, mutande a cuoricini e calzette rosa tutte le volte che posso, perché questi percorsi di amicizia attraverso i figli, non ci possiamo niente.

E più di un matrimonio, delle volte, ci sono per te nella buona e nella cattiva sorte, e meno male che è così.

mercoledì 30 giugno 2010

Introspezione e decisioni

Oggi finamente siamo andati con il maschio alfa a parlare con la direttrice della Montessori per concludere tutta la questione cambiamento scuola. E la prima cosa che ci ha detto è stata: fossi in voi aspetterei ancora un anno.

Mi è letteralmente caduto un peso dalle spalle. Avremo un anno per vedere come va la dependance, un anno per i bambini per scendere bene a patti con l'idea, perché è vero che ieri a tavola al giro di raccontarci la cosa più bella e la cosa più brutta Ennio ha detto che la cosa più bella era stata la visita alla nuova scuola, ma immagino che anche per loro è stato tutto troppo inaspettato, troppo veloce, troppo tegola che ti cade in testa. Un anno anche noi per vedere cosa succede.

Ieri hanno guardato i bambini, soprattutto li hanno visti reagire insieme, hanno telefonato alla scuola d'origine per controllare se quello che avevano notato loro corrispondeva ed insieme sono giunti alla conclusione di consigliarci così.

"I bambini separatamente sono molto vivaci, ma il punto non è questo. Il punto è che secondo noi non gli fa bene fare un anno nella stessa classe, e una classe separata gliela possiamo offrire solo dal prossimo anno. Sono molto focalizzati l'uno sull'altro, e alla fine succede che uno diventa quello dominante che a casa racconta la sua versione dei fatti e quella versione diventa definitiva. L'altro, indipendentemente se sia il piccolo o il grande, non ha più una storia sua".

Che dire, io mi ritengo fortunatissima ad avere avuto tutte queste attenzioni da parte di entrambe le scuole. Data una situazione di partenza, tutti si sono davvero messi ad esaminare il singolo bambino e vedere cosa è meglio per lui.

Nel frattempo ieri pomeriggio mi sono anche vista con la mia psicologa preferita. Con Anna Calogero, che conosco da 15 anni, visto che noi italiani di Olanda prima o poi ci incrociamo tutti, ho deciso di avviare un percorso che mi aiutasse ad uscire da tutte le sfighe dello scorso anno (elaborazione del lutto, mi pare si chiami:-0), ma nel frattempo è diventato un corso di resistenza alla vita. Io sono molto timida e ci vuole poco per azzittirmi, avvilirmi, vergognarmi ecc. e tutto questo oltre a impicciarmi, mi imedisce di stabilire i miei limiti, sia per me stessa che nei confronti degli altri.

Raccontandole di tutto il processo decisionale degli ultimi giorni, mi sono resa effettivamente conto che sto iniziando a reagire diversamente a certe situazioni. Soprattutto nelle discussioni con il capo (ma mi succede un po' con tutti) ci sono delle situazioni abbastanza riconoscibili in cui io non riesco a relativizzare o ascoltare l'altro, ma mi chiudo a riccio, mi sento attaccata, smetto di ascoltare in modo costruttivo.

Stavolta sono riuscita a non farlo, dirò di più, invece di nasconderle ho manifestato le mie insicurezze e questo ha permesso al mio interlocutore di prenderle sul serio. Di trovare insieme una soluzione.

Sul momento magari ho annotato che stava succedendo, ho notato che stavo reagendo diversamente, ma poi in fondo sono andata avanti con la cosa in questione. A posteriori davvero posso dire che in 6 sessioni ho imparato un paio di trucchi che mi aiutano ad aiutarmi. A me sembra fantastico, perché non l'ho fatto prima? Ma molto prima? Ma molto, molto prima? Quanti anni ed energie sprecati, ma vabbé, questo è. Già mi sento fortunata per averlo fatto.

Non sono costretta da me stessa ad essere Wonderwoman. Posso essere una sfigata qualsiasi e già mi va molto bene. E quindi posso ammettere serenamente che anche se sono adesso ancora più convinta che la Montessori possa essere un'ottima scuola con un ottimo metodo per i miei figli (specialmente per quanto riguarda la matematica, che è la loro gioia), tutta questa fretta di decidere con le relative conseguenze di fondo non mi convinceva.

Ognuno ha i suoi tempi e a casa nostra quelli decisionali sono molto lunghi. Questo perché dobbiamo mettere insieme due metodi, quello ellittico mio e quello logico-ordinato del maschio, che in fondo si integrano ala perfezione permettendoci di mettere insieme sia la pancia che la testa. Solo che come tutte le cose che tendono alla perfezione, ci vuole il suo tempo per arrivarci.

Quello che, in modo più ampio, sto cominciando a vedere è che delle volte non sono solo io con i miei riflessi condizionati che tendo a sentirmi attaccata dall'altro. Un paio dei miei interlocutori preferiti hanno anche i loro: uno tende a sentirsi manipolato, l'altra a sentirsi contestata gratis. Scoprire come funzionano questi meccanismi sta permettendo anche a me di ascoltarli meglio ed accoglierli meglio, visto che sono persone a cui tengo.

Ma una delle mie questioni da risolvere era quella dei confini: sto diventando più brava. mi rendo conto adesso che non ho bisogno di tutto e di tutti, che con alcune persone a cui voglio molto bene ma di cui non condivido il modo di crearsi problemi (che poi devono discutere a tutti i costi con me inchiodandomi delle ore) devo semplicemente ridefinire le aspettative e le attività da fare insieme.

Devo chiarire meglio che se una cosa è importante per loro non necessariamente lo è per me, che li ascolto volentieri ma meglio essere consapevoli di questo fin dall'inizio e non aspettarsi da me quello che non posso dare. E che sta a me capire subito dove andiamo a parare e dire fino a che punto posso arrivare io.

Qui si sta prospettando un'estate interessante, decisamente.

giovedì 13 maggio 2010

Di incanti e disincanti

E va bene, meglio togliersi le illusioni dalla testa una volta per tutte. Gente più in gamba di noi ci riesce subito, io e mia madre ci abbiamo messo un anno. A casa a Ofena NON ci possiamo più rientrare, punto e basta. E sicuramente non dormirci, neanche di passaggio come consolazione, neanche in quel paio di stanze che sembrano intatte. Che magari poi lo sono, ma sono circondate da altre stanze le cui lesioni si allargano e buonanotte al secchio.

Ho fatto a tempo a cucinarci, a dormirci e a fare le bottiglie di sciroppo di sambuco, che a me con l' età viene la sindrome della madre chioccia. Ma erano troppo belli i sambuchi fioriti per tutta la Valle Peligna e a Ofena non si vedevano, ma ricordavo quelli sotto al cimitero, li ho trovati, spelati dai fiori, messi questi a macerare tre giorni in un pentolone d' acqua coperto. Dopo tre giorni passati con un panno, aggiuntoci uno sciroppo di zucchero (una busta di fiori, 2 kg. di zucchero) e ho imbottigliato.

Poi siamo arrivati a Roseto. Ho portato i bambini al mare. La spiaggia tutta vuota e per noi. Ci siamo scottati in una mattina. Ho chiamato l' amante virtuale in Veneto:
- Sto al mare da stamattina.
- E vaffanculo, che io e l' amante virtuale ci trattiamo così perchè ci vogliamo bene.

La scuola all' ultimo momento non li vuole. van ennio. (commento estemporaneo di mio figlio che mi ha sorpresa alla tastiera).

E stanotte, alle 2 mi sono svegliata perché dovevo assolutamente finire questo libro di David Grossman che ho iniziato ieri, sui bambini a zig zag.

E l' ho letto fino alla fine, piangendo dove diventava troppo bello per non piangere, guardando e ricoprendo gli gnorpoli che si dividevano un lettone, nudi e crudi e spalmati le scottature sotto le coperte.

E interrompendomi per spegnere la luce e guardare fuori, il mio Adriatico fuori dalla finestra, quando ho sentito rumor di motori ed erano 41 pescherecci con le luci bianche e verdi che mi sfilavano di fronte. E una volta che ho chiuso il libro e ho spento definitivamente la luce il mare aveva quel colore bianco luminoso che ha prima dell' aurora, alle prime luci della mattina incombente e poi mi sono addormentata e mi ha svegliata questo sole rosso arancio appena sopra l' acqua e mi sono riaddormentata pensando all' enorme privilegio di rivedere questa luce e queste mattine della mia infanzia, e questa spiaggia bianca e vuota tutta mia.

E stamattina è nuvolo e freddo e vaffanculo pure al tempo. Gli gnorpoli si sono goduti la spiaggia anche così mentre io dalla hall sto finalmente al computer e mi basta alzare gli occhi per vederli costruire la torre eiffel sulla sabbia.

E adesso chiudo perché Ennio reclama i suoi giochini online.

Grazie Anna e Maria Laura che mi ospitate sempre in questo bellissimo albergo sulla spiaggia, che per me è un ritorno all' infanzia e cos' altro ci resta se non gli amici, i ricordi e i libri?

mercoledì 5 maggio 2010

Qui ed ora

Che poi tra mille corse e cose utili ed inutili c' è stato questo momento, oggi pomeriggio, dopo il la discesa a piedi,e il treno e il meccanico e gli auguri le paste di Mauro e la spesa di Italo per il bar che i miei figli hanno reclamato a gran voce il mare, per poi arenarsi su un gonfiabile mentre io spiegavo a mio fratello come e qualmente e perchè non ritengo che Bertolaso si meriti la cittadinanza onoraria dell' Aquila (ma è un mio parere, eh, e chi sono io) ed è bello parlre di politica con mio fratello perché non litighiamo e il capo ha telefonato perché gli manchiamo e perché si è ammalato ma domani torna al lavoro e comunque in quel momento riattaccava ed andava a dormire e Ennio doveva fare pipì e a me vie viene sempre una reazione di panico quando siamo in giro e me lo dice perchè non so mai dove fargliela fare, ma l' ho sollevato al di là della rete dal lato della spiaggia e gli ho detto di andare a farla in mare ed è tornato con i piedi e l' orlo dei calzoni umidi e insabbiati e ci sarei voluta andare io ma non me la sentivo ed è stato qui ed ora.

Che guardavo i cavalloni del mare e a ogni respiro mi restava una patina salata sul palato.

Ecco.

mercoledì 30 dicembre 2009

Il discorso di Natale della Regina (anche lei)

Domani in Italia ci toccano gli auguri di Capodanno del Presidente, mentre in Olanda a Natale c'è il discorso della Regina.

Il discorso in sé si basava sulla citazione biblica: ama il tuo prossimo come te stesso. Chi è il nostro prossimo? Lo vediamo, quando lo incontriamo? Cosa facciamo con chi ha bisogno di noi, lo abbandoniamo al suo destino o siamo aperti al contatto e offriamo un aiuto?

Non è mancato l'accenno alla mondializzazione per cui le distanze diminuiscono, alla tecnologia per cui la maggiore indipendenza porta all'individualismo e alla distanza. Mentre una volta aiutarsi tra vicini era la base della società, adesso neanche sappiamo chi sono i nostri vicini.

E qui arriva la parte per cui tutti (i soliti tutti che sappiamo noi, quelli internettici) l'hanno criticata: le moderne possibilità tecniche sembrano avvicinare le persone, ma ciò avviene sempre a distanza di sicurezza, dietro i nostri schermi. adesso possiamo parlare anonimamente, senza vederci, per cui esprimere le emozioni anche negative è più facile.

Diciamo che la Regina è una signora di una certa età, è del 1938, quindi ha cinque anni più di mia madre. Mia madre che legge il mio blog, mi manda grandi mail di commento e coccole e si scrive regolarmente per e-mail con mia nipote quattordicenne che quando è in crisi e pensa di non potersi spiegare con i suoi, si sfoga con la nonna a distanza.

La Regina invece è in ottima compagnia con tanta gente, in genere suoi coetanei, ma anche no, che la pensano come lei. Mi dispiace perché si perdono qualcosa che è anche molto bello, dipende dalle persone e dall'uso che se ne fa.

Io invece domani festeggio Capodanno con l'ennesima amica conosciuta tramite blog che viene su con tutta la famiglia e si preoccupa, visto che il suo è un blog anonimo che le costerebbe il divorzio, che la mia cosiddetta spontaneità possa inguaiarla. Ma viene lo stesso e se li porta tutti dietro.

Ecco, delle volte mi piacerebbe poter conoscere di persona la Regina solo per raccontarle tutto questo.

giovedì 26 novembre 2009

I polacchi, la suina e la speranza della nazione

Mentre andavo in Italia giovedì scorso ho letto al volo che il ministro della sanità polacco ha sostenuto in parlamento di non avere ancora abbastanza informazioni rassicuranti sull'uso del vaccino della suina. Il ministro è pediatra, quindi mi sembra che alcune delle cose che dice abbiano un senso. I critici sostengono che è tutto un trucco per non cacciare i soldi e perché gli altri paesi europei lo hanno fatto?

Quello che fanno gli altri saranno affari loro, sostiene lei, a me interessa sapere se come governo dobbiamo guardare agli interessi dei cittadini o a quelli delle case farmaceutiche. I tre vaccini disponibili hanno dosaggi diversi ma vengono trattati come equivalenti e a dar retta al oro non esistono effetti collaterali, cosa che sarebbe un miracolo del signore, visto che tutti i vaccini ne hanno o non funzionerebbero. Lo dice un medico, non io.

A questo medico danno ragione altri ricercatori, che però vengono in genere citati poco. Come Tom Jefferson, epidemiologo e direttore degli studi sui vaccini della Cochrane Collaboration, un autorevole network di 11.000 scienziati in 90 paesi, che viene unanimemente considerato il fornitore della migliore evidenza scientifica disponibile. Anche l'associazione mondiale per la sanità definisce il Cochrane "la fonte di prove scientifiche di alta qualità".

E cosa dice Jefferson? Che in base a studi che loro fanno da decenni, i vaccini in genere non hanno effetto su bambini sotto i due anni, cominciano ad avere senso per bambini molto più grandi, praticamente nell'adolescenza e per adulti sani. E non hanno praticamente quasi nessun effetto tra i malati cronici e anziani, specialmenti i più anziani.

In Olanda sono proprio i gruppi di cui è scientificamente provato che il vaccino non funziona quelli a cui viene consigliato. Chiaro che Jefferson non sia molto amato nella comunità scientifica. Il punto non è se il vaccino funzioni o non funzioni, il punto è che non è sufficientemente dinostrato scientificamente che davvero riduca i casi di influenza suina. E paragonata alle statistiche della normale influenza stagionale, non è che la suina finora abbia fatto tutti questi danni stratosferici.

Anche con l'influenza stagionale a volte muoiono persone che per il resto sono sane, solo che non te lo mettono tutte le volte in prima pagina sui giornali nazionali.

In base a questo discorso sull'influenza stagionale, che paraltro non prendiamo quasi mai, noi in famiglia abbiamo deciso subito a settembre che non ci saremmo vaccinati, né noi né i bambini, contro la suina, anche se ho scoperto che da un paio d'anni il lavoro del capo li fa vaccinare collettivamente in ufficio contro l'influenza stagionale, perché gli costa meno che se un solo consulente si ammala e resta a casa alcuni giorni.

In Olanda, grazie anche al megaconsulente del ministero che, si è scoperto ben presto, sta pure a busta paga di una delle case farmaceutiche che producono i vaccini "ma per altre questioni" sostiene lui (una situzione che a mio avviso seppellisce la credibilità di chiunque, ma lasciamo perdere), hanno comprato subito vaccini per tutti. Fiesta!

Insomma a mio avviso basta un minimo di buon senso e non farsi lavare il cervello dalle voci mainstream, ma chiedere a scienziati seri cosa ne pensno,per evitare un sacco di tutti i patemi che ci facciamo e tutte le conseguenze di questa cosiddetta pandemia annunciata. Però non ci si può fidare manco delle riviste scientifiche, perché, come dice Jeffrey Drazen, caporedattore del New England Journal of Medicine :
"L'acquisizione di pubblicità quest'anno è stata fantastica. Ha praticamente compensato la perdita di introiti dovuta alla contrazione nelle tirature che tutti gli editori accusano" (cito da un articolo su Vrij Nederland, con traduzione mia).

Quindi, sottolinea Jefferson, negli ultimi anni si constata un trend in ascesa di pubblicazioni sui vaccini in riviste di grande impatto, ma casualmente solo quegli studi sponsorizzati dalle case farmaceutiche.

Quindi, non si sa se il vaccino funziona, va bene, ma se non fa niente comunque non fa neanche male, no? Invece si, non esiste un medicinale senza effetti collaterali, quindi l'efficacia va valutata mettendo a confronto pro e contro e se il contronto va a favore dei contro nel senso che i pro scarseggiano, è giusto farsi venire dei dubbi al mondo. E poi rendiamoci conto che i soldi che buttiamo in una cosa che non serve o fa addirittura male, non possiamo più usarli per qualcosa di utile (vogliamo ridarci un'occhiata all'ultima finanziaria?)

In Europa molti soldi sono stati già buttati nei vaccini. Ma come fa notare il ministro polacco, perché le case farmacutiche non mettono semplicemente i vaccini sul libero mercato lasciando ai consumatori la responsabilità di decidere ognuno per sé se li vogliono comprare? Perché passare questa responsabilità ai governi? In fondo se hai un prodotto fantastico e tutta questa potenza di marketing, lascia fare al mercato il suo lavoro se sei un imprenditore.

Ma evidentemente quello che va di moda al momento sono i grandi imprenditori che gli investimenti preferiscono farli pagare allo stato (devo nominarla qui Alitalia o basta così?)

E questo ce lo devono ricordare i polacchi in Europa, porca miseria. I polacchi, quelli che 25 anni fa stavano a Roma a lavare i vetri ai semafori quando nel loro paese tutta l'economia era di stato. Cosa vedono loro che noi non vogliamo vedere?

Non sono mai stata così orgogliosa del mio coté polacco come la settimana scorsa, e tutto grazie a Ewa Kopacz, che è titolare di un ministero importante come la sanità (saluto en passant anche le quote rosa) e medico e non ha paura di dire quello che pensa e non farsi venire il complesso di inferiorità da "ma gli altri lo hanno fatto e noi no?".

Me lo tengo come pensierino della settimana per ricordarmi che si può anche pensare con la propria testa e non solo con il portafoglio altrui.

venerdì 21 agosto 2009

Temporale in piscina

Ieri erano previsti 32 gradi che sarebbero scesi ai 22 di oggi. L'ultima giornata calda dell'estate, ho interpretato io, e quindi deciso di andare in piscina con le belve. Il bello della piscina all'aperto è che nelle giornate con oltre 25 gradi stanno aperti fino alle 19 invece che chiudere alle 17, quindi anche il capo ci avrebbe raggiunti non appena arrivava in città.

Già che ci eravamo abbiamo invitato le vicine e compagne di scuola A. ed E., che mi piacerebbe che facessero insieme più cose. In fondo con la scusa della scuola fuori quartiere tutti questi bambini hanno pochi contatti sotto casa, quindi in parte magari vanno d'accordo abbastanza da fare qualcosa insieme, e dall'altra, in gruppo, possono forse affrontare meglio la teppa dei giardinetti, sennò a che serve abitare nel quartiere con tanti servizi ai bambini, se non li lasciamo mai a piede libero?

Da scuola alla piscina abbiamo dovuto cambiare due bus e un tram, e non vi dico che caldo. Poi però siamo arrivati, abiamo incrociato mezza scuola e una vecchia vicina con cui non avevo fatto a tempo a salutarmi, i bambini hanno nuotato insieme, sono andati a giocare nel castello della vasca della sabbia (dove E. si è infilata una scheggia sul dico e ci ha dovuto un pochino piangere e dove Orso è saltato facendosi male a un piede ed è arrivato piangendo anche lui).

Le mamme islamiche si aggiravano coperte, alcune in pantaloni leggeri, camicione e velo più o meno lasco, ma una giovane con passeggino a seguito era coperta con pantaloni, tunica alle caviglie e golfino a maniche lunghe in tinta, beata a lei che non moriva di caldo.

Poi magari più in là, sul pratone e in angoli più tranquilli c'erano le bagnanti in topless, che il bello delle piscine di Amsterdam è che c'è un po' tutto (pure un addetto in pantaloncino lunghezza ciclista con bretelle, che non so se è la versione for man del burkini, che però non c'era).

In realtà, nonostante la temperatura da sudata a ruscelletto (specie in autobus) il cielo era coperto dalla mattina, con quell'aria particolare che ti aspetti un temporale.

E infatti è arrivato, appena in tempo dopo che ci eravamo sbafati le patatine del chioschetto, e ci siamo nascosti tutti sotto una tettoia, con le gocce formato nocciole che cadevano con dei grossi splat per terra, quell'odore di ozono bellissimo da temporale e l'aria che si è rinfrescata di colpo.

Tutti a rifugiarsi sotto le tettoie, A. che invece, fino a che non si sono aperte davvero le cateratte, si godeva le prime gocce rade addosso, una cosa che piaceva fare anche a me. Poi si sono nascosti sotto la tavolo da ping pong in cemento, perché fa ridere più che ammassarsi sotto la tettoia con signori anziani panzoni in mutande e un asciugamano intorno al collo, e infatti ridevano da lì.

Anzi, a proposito di temporali estivi, ne ricordo uno da piccolissima in campagna in polonia, con l'acqua che davvero scendeva a secchiate, e noi a giocare sull'aja, qualcuno (forse proprio io) che aveva portato fuori una sedia e ci stava semisdraiato sopra a farsi cadere addosso la furia degli elementi.

Perché a me le gocce di pioggia che ti cadono addosso danno un fastidio fisico tremendo, specia quando vado in bici e mi si bagnano le mani e gli occhiali, ma per un temporale estivo come si deve, con lampi, tuoni e fulmini, faccio una grossa eccezione.

Per fortuna è arrivato il capo nel momento in cui stava riuscendo un raggetto di sole, e poi, alla faccia della cena e dell'orario da letto, arrivati a casa lui ha comunicato che andava a letto presto, io mi sono sdraiata un attimo sul letto dei bambini per cercare di fae mente locale e farmi dire cosa volevano per cena.

E mi sono svegliata una mezz'ora dopo, perché a me, come mi conciliano il sonno i temporali (e le vie crucis con i mezzi pubblici e la piscina insieme a 4 bambini), niente, una goduria.

E la cosa più bella di tutte è stato scoprire che da casa in piscina ci arriviamo comodissimamente e senza passare per il centro con due soli bus. Anzi, a voler fare i bravi, basterebbe persino andare in bici alla fermata giusta e prendere il solo 37.

(Al Flevoparkbad, l'ho detto in altre occasioni, ci si arriva con i tram 7 e 14, capolinea Flevopark, oppure il bus 37 da Nord). Aperto fino al domenica 6 settembre 2009, dalle 10 alle 17:30.

Ingresso: bambini dai 3 ai 15 anni, € 2,50
da 16 a 64 anni € 2,65
dai 65 anni in su € 2,00

e la tariffa fine giornata (ultima ora e mezza) € 1,30

più tutti i vari sconti per chi possiede la tessera Stadspas
http://www.zeeburg.amsterdam.nl/sport_en_recreatie/flevoparkbad

mercoledì 12 agosto 2009

Io non capisco i miei parenti

La casa di Ofena è in condivisione con tutto un gruppo di parenti, con i quali peraltro finché ci siamo frequentati siamo sempre andati d'accordo, con i pari generazione siamo coetanei e da ragazzi persino amici, insomma, un gran culo.

L'unica cosa su cui la pensiamo diversamente è appunto la casa che condividiamo. Loro non ci sono mai stati, manco in vacanza, manco in visita, forse una scappatina i gradi per i morti anni fa, toccata e fuga. Non ci fanno nulla e se ne disinteressano completamente.

Io invece ci ho vissuto, vorrei viverci più spesso, ci abbiamo fatto la veglia di mio padre e il mio matrimonio (mi ci hanno pure battezzata, se la vogliamo dire tutta) ci abita mia madre da quando è andata in pensione (anche perché altre case non ne aveva, ma sorvoliamo.

Per il resto Ofena è la morte civile, e in estate, quando ci andiamo, si arriva di giorno tranquillamente 42 gradi, il che vuol dire porte e finestre sbarrate fino alle sette di sera, però dentro, al buio, si sta pure bene.

Insomma, a poterselo permettere tutti gli anni, io pure mi farei piuttosto 6 settimane di mare, ma la casa al mare non ce l'ho. Invece ho il culo di fare la libera professione, e quindi, le 6 settimane di vacanze scolastiche che lo stato olandese mi concede in genere preferisco passarle lì. Una settimana di mare con il capo, e tutti i soldi che risparmiamo sugli affitti negli scorsi anni li ho buttati in muratori e materiali da costruzione per sistemarla.

Perché quando ci siamo rientrati era disabitata da 40 anni, fatte salve brevi incursioni in clima da campeggio. Il bagno era di pertinenza di un altro condomino e perdeva da tutti i lati, con gran gioia del vicino che veniva a telefonare urlando a mia madre e bisognava mollare tutto ed andare a Ofena cercare un idraulico ed ammansirlo, no, dico solo che i miei avevano un albergo e in quei periodi lì già lavoravamo tutti quanti quelle 16-18 ore al giorno fisse.

Insomma, quando mia madre ha perso l'albergo (messo all'asta per questioni di banche mai chiarite bene, ma chi apre un contenzioso con le banche in italia? Io no) non ha avuto altra scelta che portare tutte le sue innumeri carabattole lì (incluse le lezuola di 26 camere d'albergo et similia) ed andarci a vivere.

Cioè, prima mi è venuta a fare l'assistenza partorienti ed è stata 9 mesi con noi, ma poi si è posto il problema di sistemare la casa, e quell'estate lì, con Gnorpo One neonato e il capo disoccupato siamo andati a metter su un bagnetto e fare altri lavori.

Mia madre ha persino svernato alcune volte lì, ma non era fattibile, in una casa di montagna con il solo camino, scaldarla per una persona sola, uno sbattimento immane. Da allora sverna in Polonia dalla sorella e patisce molto meno il freddo.

Ma dicevo, i parenti: io i lavori strutturali e alle parti comuni degli scorsi anni me li sono suoanti e cantati io. Che quando uno vive in una casa perfettamente funzionante tutto l'anno non ha la prontezza di risposta che serve a me per rendere abitabile Ofena per me, i figli piccoli all'epoca e mamma il resto del tempo.

Io ci sto poco tempo, che in parte è vacanza e in parte mi devo portare del lavoro sennò chi mi campa, in parte è sbattimento con i vari muratori, idraulici ecc. in parte è lavoro che facevamo noi in prima persona, nelle pause tra un allattamento e l'altro ongi tre ore.

Poi fino allo scorso anno i bambini in Italia si stranivano e ci volevano 4 settimane solo per fargli capire che si mangia e si dorme regolarmente anche in vacanza. Tappati in casa col caldo becco di giorno e i figli insonni di notte, una casa ovviamente a prova di bambino d 100 anni fa, che la mortalità infantile all'epoca mica ve la devo ricordare (scale, finestre, prese non a norma e senza messa a terra, cantine, balconi sullo strapiombo del vicolo, i capelli bianchi mi sono venuti allora).

Ecco, quest'anno che forse si poteva goderci un po' tutto, c'è stato il terremoto. Mi ha telefonato l'universo creato per sapere come stavano mamma e la casa, a me, in Olanda, tranne i comproprietari. Ora ci sarebbero moduli da riempire, pratiche da avviare. L'ordinanza di inagibilità l'avranno avuta anche loro, immagino, no?

Io le mie vacanze le ho passate pagando un appartamento al mare che non potevo permettermi, mettendo i bamini in colonia per avere le mani libere e fare sopra e sotto tra costa e Ofena per parlare con i tecnici, la protezione civilem cercare di capire che status abbia mia madre e se le trovano un buco fisso in cui stare ("Ma non avete parenti che vi possano ospitare?" fa il sindaco, no, non ce li ho e quelli che ho sono inagibili anche loro).

I vigili del fuoco che telefona per dire "fra un'ora siamo da voi per farvi entrare" e a me se va bene ci vuole un'ora e mezzo per arrivarci. Ho salvato un po'di carte storiche. Mi sono gestita i vicini pazzi e quelli sani non ci beccavamo mai al telefono. ho scocciato l'univers creato per farmi spiegare il decreto (sono in una situaizone anomala, tanto per capirci, abbiamo uno status che va ad interpretazione).

Adesso mamma sta lì, ospitata di fortuna per quei pochi giorni che può e deve risolvere un'enormità di cose e capire cosa si deve portar dietro da quella casa inagibile. Mi sono vista costretta a contattare i parenti per sentire, se per piacere, se non hanno altre idee loro e se le hanno ce le comunichino, cosa vogliamo fare con la domanda di ristrutturazione. Che la casa è e resta inagibile, quindi non è che fai entrare un'impresa così.

E se non si fa qualcosa adesso, alle prime piogge e alla prima nevicata un tetto viene giù. La stanza del vicino già sta venendo giù da noi, ci manda a giorni i puntellatori e la stanza andrebbe svuotata, cosa che mia madre sta facendo clandestinamente. Che mica puoi star sempre ad aspettare i pompieri, povere anime, che ne hanno di lavoro. Mia madre il 20 vorrebbe partire, andare dalla sorella, e mettere le sue cose in un armadio per un paio di mesi, invece di fare la bag lady come sta facendo da aprile.

"Ma come, siete stati qui, potevi farti vedere".
Ooh, sono loro che abitano a un'ora di distanza. Cara grazia se sono riuscita in un mese a farmi 5 bagni al mare, per superare l'inverno buio che mi attende e che è cominciato l'altroieri.

Io i miei parenti veramente non li capisco. La loro parte non hanno mai voluto vendermela, per motivi sentimentali la casa se la tengono, ma i loro motivi sentimentali mi sembrano molto astratti. Una casa abbandonata se non gli stai dietro viene giù. È un concetto troppo alato da spiegare?

martedì 11 agosto 2009

Gnente gnente fossimo davvero uno stato laico?

Sarà che è vacanza? Prima passa la pillola abortiva, adesso leggo questa notizia rincuorante.

Miracolo, forse stiamo per ridiventare uno stato laico, che nll'ultimo paio d'anni mi sembrava l'Iran, una tocrazia bella e buona.

E no, cara Binetti, gli insegnanti di serie A e di serie B ci sono già: se non sbaglio l'insegnante di religione viene nominato dal vescovo, quindi non ce la siamo inventati noi questa situazione. Sono già di serie B, perché mica la laurea in teologia è obbligatoria per insegnare religione.

E per gli studenti e le famiglie, sempre di più, che non si avvalgono dell'insegnamento dela religione cattolica, e per tutti quei genitori di cui abbondano i mommy-bllogging, tanto laici e non praticanti, ma che per varie pressioni sociali del paesello iscrivono i figli a religione, questo secondo me è un messaggio rincuorante.

Poi hai voglia ad offenderti: la religione cattolica occupa già un posto talmente prominente nell'ordinamento scolastico italiano, che credevo fosse appunto uno stato laico, che uno manco si accorge più della sua invadenza.

Sarebbe tanto più adulto e furbo concedere che sarebbe meglio istituire una materia come storia comparata delle religioni, o di etica, che quella si che ci farebbe tanto bene.

Ma tanto, che lo dico a fare, lo sappiamo tutti dove andava a finire l'ora di educazione civica. Al compito in classe, o al ripasso o a qualcos'altro.

Lo dice una che appena ha compiuto 18 anni si è fatta esonerare da religione perché trovavo offensivo, per la religione appunto, quello che succedeva in quelle ore, propaganda ciellina per la DC. Ed avendo un gran senso religioso, come ha sgamato da tempo mio marito, a me questa situazione facva un gran male che da adolescenti si sa, siamo intrasigenti.

Ho dovuto aspettare i 18 anni perché mio padre si rifiutava: non per convinzione, ma per paura che se in un futuro avessi deciso per un lavoro statale, magari saltava fuori e perdevo punti. Mio padre ha lavorato sempre nella Pubblica Istruzione, io gli davo del paranoico, ma magari sapeva quel che diceva.

Ma togliamola quest'ora di religione, e ci togliamo un pensiero. Tanto chi ci crede sul serio dovrebbe provvedere di persona, e per mezzo della sua chiesa, all'educazione religiosa dei propri figli, perché soffrire tutti?

martedì 23 giugno 2009

Perché non sono intelligente come tutti gli altri?

Oggi ho avuto un'illuminazione sul perché la maestra (partente, il prossimo anno ne ha un'altra) di Orso mi faccia così poco sangue, pur non potendole oggettivamente rimproverare nulla, tranne il fatto che non ha ancora inquadrato mio figlio.

Mi dicevo: sarà la normale gelosia di madre nei confronti di chi non apprezza o capisce il tuo bambino, core mè, reprensibile quanto si vuole, ma succede, noi madri reagiamo in fondo di pancia.

Mi dicevo: mi sta antipatica perché proprio non capisce, anche se io cerco di spiegarglielo che tipo è Orso.

Mi dicevo: magari è troppo olandese e io troppo italiana e non ci capiamo proprio a livello concettuale.

Io faccio sempre lo stesso errore di mettere tutti al mio livello e cercare in me l'errore o il limite. Poi ogni tanto rinsavisco e mi dico: ma io ho a che fare con uno stupido, ecco perché.

Ora, bando alle convenzioni sociali e alle false modestie e a non voler avere l'aria antipatica ed arrogante di chi se la ricrede, perché secondo me chi arriva a leggermi regolarmente nel frattempo mi conosce, mi perdona, forse mi vuole anche un po' di bene e capisce che non è stronzaggine, ma un dato di fatto:

io gli stupidi non li capisco e mi ci prendo poco.

È un po' la dannazione dela mia vita, ci casco sempre. Il fatto è che parliamo lingue diverse, non è la cattiva volontà.

Ci ho proprio studiato sopra, eh, non è che me lo invento sui due piedi tanto per giustificare perché a me quella maestra lì sta antipatica. Il punto è che con la gente stupida non ci puoi ragionare, sono monolitici nelle loro convinzioni e tutto il resto è fatica sprecata.

Mi chiedo se ci siano strategie adatte a circuirli e fargli fare quello che vorrei io. Per dire, intanto mi pare che cerco di evitarli il più possibile. Se proprio ci ho a che fare è per motivi funzionali e si spera, di breve contatto. Qualcuno più furbo e intelligente di me è riuscito nel frattempo a sviluppare una propria personale strategia? Ci insegnate i trucchi pure a noi?

Tutto il discorso intelligenza/stupidità in questi giorni è saltato spesso fuori e in particolare mi ha costretta a pensarci Zauberei perché uno giustamente si chiede:

ma come è possibile che con tutte le cazzate che fa di continuo e che saltano fuori sempre più melmose e puzzolenti chi ha votato a Berlusconi ancora è convinto che sia il messia in terra che ci salverà tutti? Perché sono così monolitici in questa fiducia? Lo fanno perché lui è un genio della comunicazione?

Perché gli aquilani hanno creduto alle promesse elettorali e lo hanno votato? Per disperazione?

Perché il paese va a rotoli e ancora c'e gente che riesce a mettersi i paraocchi e ad accusare la sinistra? Perché abiamo la sinistra che abbiamo?

Perché la sinistra è così diabolicamente brava a fare complotti contro di lui, a influenzare tutta la stampa straiera in blocco e anche il cosiglio d'Europa e lo fa, invece di usare tutta le forze e abilità sopranaturali che ci vogliono semplicemente per andare al potere? Ma ci voglioo andare al potere o fanno la quinta colonna di Berlusca, che nel frattempo se li è comprati a forza di passera gratis per tutti, ma lo sapremo solo fra 50 anni?

Perché abbiamo la sinistra che abbiamo, e il centro che abbiamo e la destra che abbiamo?

Perché non ho la taglia 42 da almeno 30 anni?

Perché mi stanno venendo le rughe? Perché non organizzo un Botox party per il mio compleanno?

Perché non sono mediamente intelligente, perché non ho sposato uno stupido, perché ci riproduciamo nel più perfetto stile leggi di Mendel e perché non ho dei bambini come ne conosco pochi, dico la verità, che siano mediamente stupidi e non si annoino a scuola?

Ecco, delle volte ci sono delle domande che farei meglio a non farmi. Ho solo una risposta, la maestra del prossimo anno di Orso a pelle mi fa molta più simpatia. Spero solo sia una ragazza inteligente e capisca che lui si annoia a morte e che forse è il caso di dargli un libro interessante e abbandonarlo a sé stesso.

A me mi hanno ridotta così a forza di ripetermi che sono una bambina intelligente. Ad alcune mie amiche a cui dicevano continuamente quanto erano belle, ci è voluta l'età adulta per convincersi di essere brillanti.

Ci devo stare molto attenta con quello che ripeto ai miei figli.

venerdì 19 giugno 2009

Progetti e consigli per le vacanze in Abruzzo

*** alla fine del post con i fatti miei vi indico alcune strutture, se volete andare in vacanza in Abruzzo, che conosco molto bene, in cui torno volentieri e che secondo me valgono tanto la pena. Tanto se possono fare il G8 all'Aquila, possiamo tutti farci le vacanze in Abruzzo nelle zone non colpite o meno colpite dal terremoto, che indipendentemente da questo sono comunque bellissime ****
Finalmente abbiamo un responso; il capo è riuscito a cambiare le ferie ed andiamo tutti insieme in macchina in Italia ai primi di luglio. poi lui torna su da solo carico di provviste ("Mamma, ma io voglio anche quei pomodori buonissimi nelle bottiglie" e su gentile richiesta di Ennio ci tocca fare i pomodori, ammesso di trovare quelli maturi la prima quindicina di luglio).

Noi invece restiamo a Tortoreto, dove ho vissuto la mia infanzia e adolescenza fino a che non me ne sono andata, e che solo adesso mi rendo conto che gran csa sia abitare a 50 mt. dalla spiaggia e potersi andare a fare il bagno di notte quando fa caldo e non riesci a dormire, allor ti alzi e vai.

Per il resto la vita da spiaggia mai fatta, i miei lavoravano tantissimo e a un certo punto hanno messo al lavoro anche noi, un giramento di palle che lèvati, ma magari mi ha formato il carattere.

Quindi ne approfitterò per vedermi con tutte le amiche che non vedo mai o vedo troppo di corsa, per chiedere a Franca se mi fa qualche lezione di piano ai bambini, tanto per capire se può piacergli prima di iscriverli per tutta l'annata a settembre, e per fare la madre al mare.

Nello specifico all'Antares, che con quella bella terrazza rialzata e coperta è freschissimo nelle ore più calde. E che sta vicino ai Bagni Irene, che sono pescatori di famiglia e quando verso le 14 mi viene voglia di una fritturina ruspante vado lì. Che né io né mia madre abbiamo mai fatto le madri al mare e forse, una volta, causa terremoto, ci tocca anche.

(Perché io, ovviamente, preferirei starmene ad Ofena quelle 3 settimane da sola con i bambini, a fare i pomodori, sistemarmi la casa, scrivere e andare in montagna, ma questa era una vita precedente e chissà se tornerà mai).

Che se mia madre non mi fa uscire pazza con la manfrina che i bambini alle 11 devono rientrare per mangiare (e io la dirotto all'Irene) e dormire (non lo hanno mai fatto) sennò si straniscono e intanto comincio a stranirmi io, ci faremo una bella vita anarchica da spiaggia e pace.

Il bello di avere un passato variegato è che ci sono tanti posti che puoi davvero e sinceramente considerare come tuoi, e forse il fatto di non avere più la casa di ofena come porto sicuro, mi costringe a ritrovare gli altri. E chissà, magari l'anno prossimo riesco persino ad andarmene a fare le vacanze nei boschi sui Tatra e a Cracovia, che in fondo le mie migliori vacanze da bambina erano proprio quelle.

Il bello delle vacanze è che quando le stai a progettare ti puoi inventare tanti mondi possibili. Poi alla fine i giorni e i soldi quelli sono, e tanto vale mettersi l'animo in pace. E goderseli per quello che sono, nel mio caso, una ricarica necessaria e pigra.

E dopo aver letto questo, anche se Tortoreto, lo dico persino io, è davvero un gran bel posto per passare le vacanze con i bambini, vi invito ad evitare come la peste il Campeggio Salinello (e glielo andrò a dire di persona) mentre vi raccomando i seguenti alberghi, gestiti da anni e benissimo da una famiglia che stimo e dove si sta da dio:

Giulianova:
Hotel Revel (Giovanni e Melissa, giovanissimi, che lo hanno aperto ques'anno, ma si sono abbondantemente fatti le ossa al campeggio di Alba Adriatica prima che chiudesse e al Mion negli anni in cui ci siamo andati noi)
Hotel Palace (Maria Laura, sorella di Giovanni)

Roseto
Hotel Mion G, (Anna, la madre dei suddetti) dove quella settimana all'anno degli scorsi tre anni ci hanno permesso di sopravvivere alle vacanze con i figli piccoli (solo adesso abbiamo il coraggio di andare in appartamento) riposandoci persino e dove comunque torneremo a trovare gli amici dell'animazione e a ballare la Baby-Dance e a giocare con Leo e Asia.

Non solo sono dei professionisti, hanno perso anche loro casa a Navelli con il terremoto, quindi non credo proprio che da loro succedano cose del genere.

Se poi invece volete stare più vicini a Campo Imperatore, che è una zona che amo, consiglio:

- Hotel e ristorante (dove si mangia benissimo) Monteselva
di Alessandra a Barisciano, proprio al bivio della SS 17, km. 52 + 100, perché d lì si sale subito a Santo Stefano di Sessanio (dove ci sono B&B e altre strutture che funzionano, ma io ho dormito solo da Sextantium in passato) e Campo Imperatore, ma potete andare anche a visitare Peltuinum, Castel Camponeschi, Bominaco, fontecchio, i vari borghi e tutto quello che c'è di visitabile in zona.

- Bed and Breakfast Abruzzo Segreto, di Francesca, a Navelli, che come dirò è un posto bellissimo di giorno, di notte, da sopra e da sotto.

- Aufinium, da Stefania, a Ofena, anche lì si mangia benissimo con i prodotti biologici (certificati) della sua fattoria.

Basta così? Io le vacanze in Abruzzo comunque ve le consiglio e soprattutto quest'anno, e magari dopo il G8. visto che i soldi per la ricostruzione non ci sono, chi ha delle aziende nel settore turistico e le fa funzionare molto bene da anni, non è giusto che venga doppiamente penalizzato. E nei posti dell'interno che vi cito ci sono stata durante il viaggio di due settimane fa e quindi sono stati controllati recentemente.

Cosa fare, dove andare e quando, se ho tempo, prima o poi ve lo metto qui ma ci sono già cose degli scorsi anni.

sabato 30 maggio 2009

Stavolta sullo sguardo, prometto

Chi mi legge spesso, sa che ho una teoria sullo sguardo del neopadre. L' uomo che sa da poco di aver trasmesso i propri cromosomi, ha lo sguardo puntato esclusivamente sul futuro, il che gli da', a voler chiamare le cose con il proprio nome, è una faccia da rinco. Che non è un' abbreviazione di ornito-.

Ora ho scoperto un altro tipo di sguardo collettivo. L' ho visto parecchio in questo paio di giorni.

La cosa forse più dolorosa, o comunque a cui non puoi fare a meno di far caso, è quella che ci ha detto Uomotenero quando stavamo percorrendo il tratto L' Aquila Ovest-L' Aquila Est.

"Se guardi così, all' Aquila sembra che non sia successo niente".

Case, stendini sui balconi, finestre e serramenti aperti o chiusi, auto parcheggiate, i condomini inondati dall' ultimo sole del pomeriggio. Ma non è assolutamente così e te ne accorgi se cominci a guardare ai dettagli insignificanti.

Arrivati a Ofena, uguale.
"Ci è andata bene, siamo tutti vivi". ma hanno lo sguardo.

Io li conosco da una vita, e lo so che sguardo avevano prima. Non era questo.

Ieri pomeriggio, a Navelli conosco due persone che a pancia mi fanno un grande affetto. Anche loro con lo sguardo, ma il loro è accompagnato da un paio di storie anche più pesanti.

Oggi siamo andati a San Benedetto in Perillis, poi forse ho foto da farvi vedere se Occhiomagico, che dopo i ritmi di questi giorni mi si sta un pelo stranendo, mi aiuta a scaricarle.

Le mie non sono neanche lontanamente pagagonabili a quello che sta facendo lui, ma sono i miei appunti rapidi.

Insomma, lo sguardo. Sempre quello. Ce l' abbiamo proprio tutti.

Ieri dopo aver visto casa, stavo andando a riprendere la macchina per caricarmi i maschi. Perfettamente consapevole di averlo anch' io, lo sguardo.

Sono entrata in comune per andare a piangere in bagno, e poi mi sono rimessa allo sportello accanto a Francesco, che è stato una vita fa per un pò il mio padrone di casa all' Aquila l' ultimo anno che ci ho studiato e con cui non avevo più parlato. ammesso di averci mai scasmbiato più di due parole (buffo come una decina di anni di differenza siano una vita a ventanni, un dettaglio a quaranta)

"Ho saputo di tua zia".
"Scusami,è che".

Lo sa cos' è. Mi guarda. E in quel momento so di conoscerlo da sempre. Abbiamo lo stesso sguardo.

martedì 19 maggio 2009

Movimenti notturni

da quando siamo a casa nuova, Orso si è adattato benissimo a dormire da solo in una cameretta sua, Ennio invece ha fatto più fatica. Sarà che sente freddo e gli piace stringersi a qualcuno, o che si sente meno sicuro, a lui in genere piace dormire in compagnia. E lo capisco benissimo.

Siccome i lavori non sono finiti, ci manca tutto un piano abitabile e per il resto siamo circondati di scatoloni, per le loro camere abbiamo riciclato il riciclabile dalla casa vecchia. Orso ha il letto a castello dell'IKEA, che prima o poi si butterà, ma meglio poi.

Ennio non aveva niente a parte il cassone del letto a castello con il materasso raso terra. Ma lui dormiva male, veniva quasi tutte le notti da noi e quando gli abbiamo spiegato che doveva farci dormire, andava dal fratello.

Allora ho avuto l'idea di mettergli in camera il divano letto e così adesso ha un lettone. Il patto è che venerdi e sabato ci possono dormire insieme, nei giorni che poi si va a scuola no.

Il comodo di un lettone del genere è che è diventato il refugium peccatorum di tutta la famiglia. ci dormono gli ospiti, ci scappo io quando mi viene a letto un bambino agitato che si rivolta di continuo. Oppure ci va il capo quando vuole trafficare un po' al computer in piena notte, senza alzarsi veramente e senza svegliarmi.

Stanotte mi sono svegliata per un brutto sogno ed ero sola. Il capo era nel lettne con Ennio, Orso si era scoperto e stava tutto raggomitolato a palla. L'ho preso in braccio e l'ho portato a dormire con me, che come concilia il sonno un Orso accanto, nessuno. Dorme profondamente senza muoversi, al contrario del fratello che trittica e si rivolta.

Poi verso le 5 è arrivato Ennio, nel suo solito umore irrequieto. Poi il capo che si alzava e veniva a prendersi i vestiti.

Allora li ho mollati tutti lì e sono andata a dormirci io nel lettone di Ennio. E ci si dorme benissimo. Insomma, secondo me qui non è questione di finire i lavori prima di arredare casa. Quel lettone in camera sua ci resterà un bel po'.

E in fondo lo capisco benissimo: anch'io da bambina dormivo con mia nonna o nel lettone con zia Filomena. Per un bambino è molto più bello e rassicurante dormire con qualcuno contro cui raggomitolarti di notte.

Noi genitori moderni pensiamo di far bene a dare a ogni bambino la sua cameretta, per quanto piccola, e la sua privacy, ma secondo me a loro non importa per niente, il loro ideale è quello della nidiata di cuccioli nel cesto.

E infatti anche Ennio si è fatto i conti:

"Sai mamma, possiamo invitare un sacco di bambini tutti insieme, nel mio letto ci possiamo dormire in otto. Quattro di su e quattro ai piedi".

Mi sa tanto che quest'estate metto una tenda in giardino le li metto tutti e otto lì a fare campeggio. O forse, ce ne andiamo noi al campeggio dove bivacca nelle vacanze mezza scuola.

domenica 17 maggio 2009

La saracinesca

Da quel lunedi del 6 aprile, quando mia madre mi ha chiamata per dire che zia Vittoria era rimasta sotto la casa crollata ad Onna, ho pianto un momento in macchina con Berend e poi ho calato la saracinesca.

Sono stata in TV, alla radio, a raccontare com'è la mia zona, cosa aspettarsi, come stava andando. Lucida, tranquilla, con la voce ferma.

Da allora ho organizzato la serata di raccolta fondi sull'Abruzzo, ho raccontato e scritto a infinite persone che mi chiedevano come fosse andata com'era andata.

Leggo parlo, telefono, mi informo, so più cose di quelle che vorrei sapere su cosa sta succedendo davvero da quelle parti.

Poi oggi parlando con una mamma che non conoscevo, a una riunione di famiglie italiane a cui sono andata 3/4 d'ora 3 con Orso che recalcitrava, la saracinesca si è alzata un pochino.

Poi si è alzata ancora di più quando ho raccontato un po' di cose a Ruvy e Silvia, con cui stavamo concordando come devo muovermi ora che scendo per quanto riguarda i contatti per consegnare le donazioni.

Flavia me l'ha pure detto ieri, che adesso che scendo sarà un bel botto. Lo so. Ma non posso continuare a nascondere la testa sotto la sabbia.

E so già che comunque vada, qualunque cosa faremo, con la fondazione per dare dall'Olanda l'aiuto che possiamo, o con il libro, ci saranno un gruppo di persone, alcune le conosciamo già, che staranno a puntae il dito, a dire che i soldi ce li siamo intascati noi, che io non ho diritto di raccontare quello che voglio raccontare, visto che non sono poi veramente di quelle parti, non ci abito e scrivo cazzate.

Va bene. Come dicono gli olandesi, dat heb ik er voor over, letteralmente: per questa cosa, quello che voglio metterci di mio dentro mi avanza comunque tanto vale mettercelo. è sempre meglio che non mettercelo.

A me basta che prima o poi la saracinesca venga tutta su, che io possa piangere quello che ho da piangerci, e poi la vita va avanti, e, in genere, a crederci e a fare, la vita porta sempre qualcosa di buono.

Uno si chiede perché il buono non possa venire anche gratis, ma questo, è uno dei misteri della vita.

martedì 28 aprile 2009

Rimestare tra le foto



A rimestare tra le foto di due anni fa, in cerca di un filo conduttore per il famoso libro sull'Abruzzo, trovo di tutto. eccoci qui a spasso per Teramo Marina, Daniela ed io.

Dani è megaincinta, e quello splendore di angelo con i cornetti che le circola intorno di questi tempi ancora non l'avevamo visto in faccia. Marina ha qui i capelli che insisteva a farsi tempo fa, quando invece quelli che ha adesso sono tanto più lei (Mari, fai un commento, così si vede il nuovo taglio nella foto). Io, io vabbé sono io, con lo scialle di mia madre, che un maggio freddo in Abruzzo come quell'anno lì non me lo ricordavo, noi eravamo andate belle primaverili.

Allora manco lo sapevamo come avremmo collaborato strette strette e continuamente in collegamento, come le due settimane scorse per mettere su lo spettacolo per l'Abruzzo. E invece abbiamo fatto anche questa.

lunedì 26 gennaio 2009

Del femminismo (non so proprio che titolo dargli)

Approfitto delle famigerate esternazioni del nostro PdC, per sviscerare in tutte le direzioni che mi pare un argomentino a cui per tanti motivi sono sensibile. Più che altro perché riconducibile a un paio di post recenti che parlano di tutt'altro.

Allora, il bello di fare respirazione, o qualsiasi altra attività di autocoscienza e crescita personale è che a un certo punto ti accorgi di come cose che tu sai benissimo che ti dicevano da piccola, una tantum o al basso continuo, cose che addirittura racconti come aneddoto di lessico familiare, improvvisamente ti ascolti dirle e ti rendi conto: 'azzo, è da lì che mi viene.

E a me viene da zia Filomena, la mia prozia monaca di casa, zoppa e gobba, ex-maestra e presidente dell'associazione donne cattoliche. Una di quelle cattoliche doc che negano l'esistenza del corpo, in quanto dobbiamo aspirare alla spiritualità e alla santità, per meno del paradiso il gioco non vale la candela.

Zia Filomena non esce dal vuoto, è un tipico prodotto della sua epoca, della sua storia familiare e del suo ambiente. Ho capito davvero alcune delle fisse sue e di mia nonna solo quando ho letto un libro fantastico, Santa pazienza, di Marta Boneschi, ovvero la storia dell'emancipazione femminile in 100 anni di storia patria. Lì ho capito tante cose e mi sono covata una gran rabbia per tutto quello che ci hanno fatto a noi donne nel corso della storia.

Meglio così, che a mia madre l'anno scorso quel libro ha fatto capire veramente da dove veniva mio padre e cosa pensava davvero delle donne e dell'emancipazione. Lei che è cresciuta in un posto dove grazie al socialismo reale se non altro in teoria (e poi perché non era bon ton dire altrimenti) la parità und uguaglianza tra i sessi era un dogma di partito e si cercava di comportarsi di conseguenza. Poi il polacco che si ubriaca e mena alla moglie esisteva prima e purtroppo esiste adesso, e non è secondo a nessun popolo in questo.

Per dire che mia madre quando è venuta in Italia si sentiva talmente uguale a chiunque che certe battute alla PdC di mio padre, lei le prendeva per battute e basta. Divertenti o cretine, riuscite o meno, ma ha passato gli anni della mia adolescenza a cercare di convincermi che non me la dovevo prendere, che lui diceva così ma la pensava assolutamente all'opposto, che con lei lui parlava diversamente. Povera donna, come ci illudiamo delle volte sul conto dei nostri cari.

Ma io che in quell'ambiente ci ero cresciuta e me lo ero assorbita tutto, conoscevo i miei polli e in più c'è questa cosa, che io e mio padre ci leggevamo nel cervello. Lui con me non aveva neanche bisogno di finirla una frase che già sapevo dove andava a parare, e (anni adolescenziali, quanti ormoni in circolo) lo cazziavo a sangue. Lui in compenso mi faceva incazzare oltre ogni limite dandomi della femminista. Che io non ero femminista, ero una persona normale, non uno stronzo in malafede come lui, e quindi pretendevo una parità che, guardiamoci in faccia seriamente, né mio padre, né il mio ambiente, né il mio paese potevano offrirmi.

Infatti me ne sono andata. E poi mi sono messa a lavorare su me stessa a costo di patirci, ma questo è un altro discorso. Il discorso è che la parità ce la diamo da sole, a costo di comportamenti non paritari, che la pelle è nostra e non ce la protegge una legge per delitti contro la morale. Che ad aspettare la legge stiamo fresche. Però intanto la legge la pretendiamo e guai a chi la tocca.

Comunque zia Filomena è stata la mia prima formatrice in senso morale e intellettuale. Per me è stata sempre in un certo senso il mio grande modello di emancipazione. Emancipazione come quella delle ragazze musulmane che per poter andare all'università senza farsi dare della troia indossano il velo, emancipazione secondo il massimo che ti permettevano le circostanze. Ma comunque il massimo.

Mia zia è nata nel 1900, da un padre come tutti i padri dell'epoca autoritario e chiuso di mente, e da una madre straordinariamente illuminata, che ha fatto studiare come poteva tutte le figlie. È diventata maestra, nonostante la malattia e l'handicap fisico, è sempre stata autonoma finanziariamente, ha sempre avuto una forte autorità morale in famiglia e in paese e non si è mai sposata, in parte per via della malattia e dell'handicap, ma in parte, temo, anche per un'esagerata sensibilità nei confronti della carne che l'hanno portata a rifugiarsi nella religione e nello spirito.

Erano gli anni che l'Azione Cattolica dava un ruolo sociale alle donne fuori casa grazie alla totale segregazione dei sessi, che Khomeini ha avuto poco da insegnarci.

Mia zia avrebbe voluto farsi suora, ma la madre, pragmatica come sempre, la convinse a farlo in casa: perché andare ad aiutare i figli degli altri, quando con otto sorelle e i nipoti poteva già fare tanto bene in famiglia? E fece la matriarca di un mucchio di gente, lei senza figli.

Mia nonna restò prestissimo vedova e andò a vivere con la sorella, farle da serva, in cambio dell'aiuto nell'educazione dei figli e lo stipendio fisso in casa. Mio padre dice sempre che zia Filomena è stata la sua vera figura paterna. Ma diciamoci pure che a quell'epoca una vedova, senza padri e senza fratelli che ne proteggessero l'onore o potessero farlo potenzialmente, era poco meno della donna di tutti, e provati a ribellarti. Meglio vivere nell'aura di santità di zia.

Anche questo l'ho capito, come tante cose, dalla letteratura. Non se abbiate letto Il mandolino del Capitano Corelli, non la sciacquetta di film che ne hanno fatto, il libro. Il libro dove lui, consigliandosi con il padre della sua amata, decide di non sposarla prima che la guerra e le circostanze li separino, perché, come dice il padre greco, se lui dovesse morire in guerra, una vedova da noi è come una prostituta. Il primo che passa se la prende.

Altre vedove nella mia famiglia ci sono state. Due, dell'epoca di mia nonna, si sono risposate, una con un tizio che giocava e beveva, la picchiava e viveva del suo stipendio di maestra (quanto è stata lungimirante quella mia bisnonna che mirava all'emancipazione economica di quelle figlie senza fratello protettore) e forse, si sussurra, le ha anche molestato la figlia adolescente.

L'altra ha sposato un ex-innamorato, che per anni ha costretto la figlia di primo letto a chiamare la madre zia, perché si vergognava che sua moglie avesse avuto un altro uomo, cioè, non lui, che lo sapeva benissimo quando l'ha sposata, gli altri. Che l'uccello è la misura di tutte le cose e guai, quando un uomo non è contento della misura che si ritrova.

Tutto sommato a mia nonna e a tutte le donne della mia famiglia che hanno fatto della repressione sessuale una strategia di sopravvivenza sociale è andata bene. Ma il loro prezzo l'ho pagato anch'io, che in fondo sarei di un'altra epoca.

Però, come diceva sempre la mia coach: "tutto quello che ti hanno inculcato e di cui ti vuoi liberare, ricorda che è sempre stato fatto per amore. Per proteggerti con i mezzi migliori che conoscevano. Sta a te proteggerti con quelli che invece ti vanno bene".

Zia Filomena non era una santa. Era anche una donna dura, severa, con un gran senso della propria autorità e guai a metterla in discussione. Ma ha voluto un gran bene a tutti noi, e questo l'ho sempre saputo.

E così, per insegnarmi a proteggermi, quando avevo forse meno di 4 anni, un giorno mi spiegò. Mi spiegò che non bisognava mai farsi toccare da un uomo. Neanche la mano. Perché dalla mano sarebbe passato al braccio, dal braccio al corpo e poi, poi "diventa il tuo padrone".

E io alla parola padrone mi dissi (con altri termini che avevo pur sempre manco quattro anni e venivo cresciuta ad essere una perfetta signorina ben educata), mi dissi: col cazzo che diventa il mio padrone (e mentalmente devo essermi anche fatta il gesto dell'ombrello, che all' epoca non conoscevo). Così sono diventata femminista ad oltranza. Non di certo un percorso regolare, ma insomma, tutto fa.

Anche per questo ho sviluppato troppo presto questa paura degli uomini, della carnalità e del sesso come mezzo per schiavizzarmi. Magari ce l'ho di mio l'intelletto ipertrofico, ma negare di avere un corpo aiuta tanto. Mettiamoci anche la timidezza patologica, che le bambine ben educate si creano così, reprimendole e creando loro un gran senso di vergogna inutile.

Leggere non aiuta. Mi capitò per mano Dalla parte delle bambine davvero troppo presto. Ancora di più la rabbia e la consapevolezza che il mondo era fatto in modo sbagliato. Io reagivo menando tutti i maschi con comportamenti prevaricatori, che quello è l'ambiente in cui sono cresciuta io. Non aiuta molto a fidanzarsi quel paio di anni dopo, ma almeno non ti scoccia nessuno.

La cosa che ancora mi sorprende è che in fondo io ho sempre avuto davanti agli occhi il matrimonio dei miei genitori che è davvero stato un bellissimo matrimonio felice. Come ho fatto ad assorbire tutta la negatività dei rapporti tra i sessi trasmessomi da due donne anziane, senza marito e che non hanno mai sentito la mancanza di una sessualità felice, ma al contrario sono cresciute con questo binomio corpo=peccato, proprio non lo so.

Eppure a parte zia Filomena, con cui pure da piccola dividevo il letto e mi rendeva felice dormire con qualcuno, io vengo da una famiglia straordinariamente affettuosa fisicamente. Baci, coccole, carezze, dormire tutti insieme nel lettone genitori, figli, zie, cugini, nonni, come cuccioli in un cesto. Ma ho negato per anni qualsiasi cosa del mio corpo che potesse vagamente aver a che fare con la sessualità. Il sesso è una cosa astratta che non ha nulla a che fare con il mio corpo, guarda un po' che ragionamento sensato.

Mi ci voleva il sant'uomo e i figli che mi ha fatto per togliermi tante paturnie. Perché sarà che con le gravidanze i miei ormoni danno il meglio di sé, sarà che forse non a caso ho avuto una bella depressione post-natale mai diagnosticata, sarà che in quel periodo oltre ai figli ho cominciato a fare teatro (ho debuttato con Orso di otto mesi nella pancia) insomma, l'ho capito tardi che avere un corpo è meglio che fingere di non averlo.

Per cui che Berlusconi faccia certe dichiarazioni a me non scandalizza né ferisce più di tanto, perché non è mio padre e il mio parricidio rituale in questo senso l'ho già consumato per le vie intellettuali che so. Mi dà semplicemente la triste percezione che come parla lui la pensano in molti e che c'è n'è parecchia di strada da fare.

Dico però, in nome della moralità bacchettona con cui sono stata cresciuta per proteggermi, che un padre di figlie femmine dovrebbe stare molto, ma molto attento a quello che fa nel creare l'immagine degli uomini e della sessualità nelle proprie figlie. Un po' quello che pensavo all'epoca di Clinton e della Levinsky, mi sono sempre chiesta che effetto potesse fare a una ragazzina adolescente, poco più giovane della stessa Levinsky in fondo, sapere certe cose di suo padre spiattellate in faccia al mondo da un'aula di tribunale.

Concludo con una frase da una recensione del libro della Boneschi:
"In conclusione si può dire che quel movimento minoritario e impopolare, che viene definito "femminista", oggi così in declino, ha comunque raggiunto un obiettivo: una donna è una persona e lo sa, nessuno più mette in discussione tale asserzione".

Purtroppo no, ma ci stiamo lavorando. E io sono nonostante me stessa, ancora una femminista. Maschi prevaricatori, non azzardatevi a venirmi vicino che vi dò un pugno. Che vabbé signorine di buona famiglia con pianoforte represse e ben educate, ma quanno ce vo' ce vo'.

(Di Camille Paglia e dello stupro parlo in un prossimo post).