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giovedì 1 dicembre 2011

Quando i tuoi vicini si pestano o si sparano

Chiara con un suo post di oggi mi ha ricordato qualcosa che volevo scrivere da un saccaccio di tempo. Perché in Olanda il concetto di vicinato è ritualizzato nell' espressione: un buon vicino è meglio di un amico lontano.

Poi, ho scoperto, a rigore il tuo vicino al massimo è quello di destra e quello di sinistra. Se ti danno fastidio, o ci parli da dietro lo steccato in giardino, quelli di dietro. E giusto se abiti in una strada piccola e stretta con un giardinetto davanti, come quelle nella strada dietro casa mia, al massimo quello di fronte. Quindi la maggior parte della gente di cui io parlerei tranquillamente come dei miei vicini, forse non si considerano tali. E certe volte magari è meglio.

Perché con tutti i traslochi che abbiamo fatto in Olanda io di vicini ne ho avuti di tutti i tipi e tutte le misure. In genere ci si fa bellamente i fatti propri, ci si scambiano le chiavi di emergenza che si tengono rigorosamente nell' armadietto delle valvole elettriche, ci si riceve e accoglie la posta e i pacchetti.

La prtima casa autonoma del capo studente era in una strada tremenda, per carità, caruccia, casette, giardinetti, sempre più studenti, ma il capo ha dovuto chiamare alcune volte la polizia, una volta perchè la coppia tossica che abitava di fronte ha litigato e lui ha sfondato il vetro della finestrona davanti lanciando lei, come sosteneva lei alla polizia, mentre lui sosteneva che era lei che aveva avuto un bad trip e si era messa a menare il vetro, fatto sta che la settimana dopo, lei con un braccio vistosamente fasciato, si baciavano per strada. In quella via ci sono state anche due sparatorie, regolamenti nel mondo della droga, dicevano i giornali. Ma noi ci abbiamo abitato senza fastidi, io rientravo da sola di notte in bici e niente di che, tranne un altro vicino tossico che aveva il vizio di entrare nelle case a rubare, ma poi se ne è andato e pure quella è passata.

Con una vicina anni fa, che riusciva da brava madre tedesca a mettere a dormire il figlio treenne per le 20, avevamo l' accordo che le sere che lei aveva qualche riunione di lavoro, mi portava il baby-fono e così se sentivo qualcosa che non andava con il bambino correvo a vedere o la chiamavo. È successo una volta sola che l' ho sentito parlare nel sonno, ma quando sono arrivata già ridormiva. Io la ammiravo perché all' epoca ero molto più neurotica di lei sul lasciare i figli piccoli soli, mentre adesso lo faccio tranquillamente, pure Orso ieri è andato a musica dietro casa con le chiavi perché per quando avrebbe finito io ero a portare il fratello a calcio. E venerdì scorso, quando dovevo lavorare e il capo si sarebbe prelevato i figli al rientro dai vari amici, e Ennio è riuscito a litigare con l' amico il giorno prima e con la madre abbiamo deciso che era meglio tenerli lontani per qualche giorno, io l' ho lasciato da solo a casa, con una bistecca già rigirata che doveva solo far cuocere 3 minuti (messi sul timer) e poi tagliarsela e mangiarsela, e poteva guardare un film e poi mettersi nel mio letto a leggere, pure questa l' ho fatta. Sapendo che se ci sono problemi va dalla vicina, quella con cui ci portiamo a giorni alterni i figli a scuola e che ha le mie chiavi.

Con altri vicini abbiamo fatto feste collettive, abbiamo avuto rapporti di lavoro o ci siamo educatamente ignorati perché mica ce l' ha prescritto il dottore di volerci bene. Altri sono tuttora i miei migliori amici.

Poi ci sono alcuni casi in cui veramente non ho saputo cosa fare. Tipo la vicina bipolare che poi si è data una gran calmata, e che una mia amica aveva ribattezzato Isterix. O l' altra, un donnone con una vocina dolce, terrorizzata e insultata dai vicini del piano di sotto, poi ho scoperto da una conoscenza comune che il marito la pestava regolarmente, che il figlio grande la insultava pesantemente e sta sotto osservazione dei servizi sociali a scuola, povero ragazzino, un nerd tutto chiuso in se stesso, e lei non lo lascia sto marito anche se forse economicamente potrebbe farcela, a parte che compensa con i figli con giochi costosissimi e computerizzati che li tappano in casa sempre più.

A quell' epoca mi facevo i fatti miei, non ne ho mai parlato, ci siamo dette alcune volte di organizzarci con i bambini per farli giocare insieme poi non se ne fece nulla.

Finché un giorno Isterix non mi ferma al cancello e con tutto un tono cospiratorio mi racconta che:
il weekend precedente, che non c' eravamo, moglie maltrattata e il marito hanno fatto una scenata ai famosi vicini di sotto che in teoria li terrorizzavano, lei si è messa a urlare contro la bambina, si sono insultati pesantemente e menati, è arrivata la polizia (non per la prima volta, pare, avevano già avuto altre liti), è arrivata l' ambulanza per il vicino, loro sono stati una notte in guardina, non ho capito bene chi si fosse occupato dei loro bambini (uno un po' più grande e uno un po' più piccolo dei miei) quella notte.

Ovviamente, raccontata da chi me l' ha raccontata un margine di dubbio ce l' avevo, ho controllato su Facebook ma erano scomparsi entrambi, poi ricomparsi. Ho chiesto cautamente alla conoscenza comune se li avesse sentiti ultimamente, e lei mi fa: si, mi ha raccontato una storia incredibile e secondo me lei davvero non ci sta di testa se è vera.

Io ho continuato a salutare indifferentemente tutti i vicini che conosco quando li incrocio, solo con una ci siamo detti tre cose in più, tra cui che aspettava i risultati di esami per un sospetto tumore.

E mi chiedo: ma io che devo fare con questo tipo di vicini qui? Quella con gli esami in corso, che mi sembrano tanto carucci lei e il marito, vorrei scampanellarla per sentire come sta o invitarla a un caffè, quelli dietro casa mia che si urlano contro giorno e notte, non passa settimana che sento dei bambini urlare e manco so chi siano e dove esattamente abitino, per fortuna con il capo ci siamo fatti entrambi l' idea che sia si una famiglia difficile, ma che si sfoghino appunto urlando e basta.

Ma mi sento completamente impotente in queste situazioni: se so che ho un vicino violento che pesta la moglie e terrorizza i figli, so che il figlio grande ne patisce da matti ma ha le reazioni "sbagliate" (e d' altronde che deve fare un bambino? Secondo me ce l' ha con la madre che non decide di darci un taglio, come se poi fosse facile), figlio piccolo è un bambino dolcissimo e timido e non avrei nulla in contrario se venisse a giocare con i miei e forse avrei dovuto proprio proporlo. Ma posso salvare gente che non conosco o finisco solo per complicarmi la vita ed entrare nei casini di gente che sta male, e incasinarmi la mia di vita?

Finora la mia disponibilità non l' ho mai nascosta, ma mi rendo conto che quando arrivi per ultima ad abitare in un posto ci sono un sacco di cose che non sai sulle reciproche relazioni tra i tuoi vicini, e alla fine, se quando ho inaugurato casa e ho lasciato un biglietto ai vicini invitandoli a prendersi un caffè ed è venuta solo lei, forse devo fare come gli altri vicini, che hanno infilato un biglietto di Natale lo scorso anno tre case più e tre case più giù ed adeguarmi. Almeno fino alla volta in cui magari tocca a me chiamarla la polizia.

E voi che vivete in città o in campagna, avete un minimo di radicamento sociale e familiare o manco per niente dove abitate, come vi regolate con i vicini? E i casi di coscienza li avete mai avuti?

domenica 6 novembre 2011

La donna non vuole essere un uomo 1 (traduzione da Joyce Roodnat)

Joyce Roodnat è giornalista per NRC Handelsblad, uno dei maggiori quotidiani olandesi e ha appena pubblicato un libretto edito dall' editore olandese Contact intitolato: Cosa vuole la donna?
Vi traduco una pre-pubblicazione perché dice cose che mi interessano, e infatti domani vedo di procurarmi il testo per intero.

***************
La donna non vuole essere un uomo

Una donna non vuole essere uomo. Questo si sa.
Ma non è così semplice.
Che una donna non voglia essere un uomo, gli uomini proprio non riescono a immaginarselo. Proprio non ce la fanno, non possono crederci e basta. Perché gli uomini non solo decisamente non vogliono essere una donna, gli uomini vogliono soprattutto non essere mai altro da un uomo.
Complicato?
Ma no, basta guardare alle reazioni che ci sono quando qualcuno sceglie le caratteristiche esteriori dell'altro sesso. Le donne che seguono il sentiero della mascolinità non devono contare su troppa comprensione o aiuto. Se una ci prova ad assumere un comportamento maschile, riceve dei commenti sarcastici: che virago. Oppure: guarda guarda, questa li porta lei i calzoni. Oppure: ma che, vuoi avere il mio uccello?
Ma se una donna è talmente consapevole di sé che nonostante tute le opposizioni e il sarcasmo, continua a fare l' uomo, alla fine riesce a ottenere rispetto.
Donne in abito da uomo. Donne che si muovono come un duro. Donne che camminano un pelino a gambe divaricate. Donne che si siedono stravaccandosi, il pube leggermente sollevato.
Donne che non si chinano partendo dai fianchi (aggraziato) ma dal collo (forte). donne che accentuano la larghezza del proprio torace (le spalle) al posto della profondità (seno). Donne che ritengono scontato che in compagnia siano loro a mobilitare l' attenzione, e che ci riescono pure.
Se una donna mascolina di questo tipo è anche testarda, gliela passano. Perché nei fatti vuole qualcosa che chiunque, uomo o donna, si può immaginare. Tutto questo è possibile e già succede da tanto tempo.
Allora le donne vogliono essere un uomo?
Ma no.
Perché quella donna in camicia da boscaiolo fa sottilmente in modo che il suo esser donna sia innegabile. La cravatta nel suo abito maschile la evita, perché le spezza la linea della gola. La cravatta è già un passo troppo lungo, è più qualcosa per le adolescenti giapponesi in uniforme scolastica, e questo appartiene al reparto fantasie erotiche, e non fa parte quindi di quanto stiamo dicendo.
La donna quella tuta da operaio la complementa con un cespuglio di capelli (o di legno, se ce l' ha sottomano) mica da poco. O con una canottierina trasparente. Non si fa mancare un gioiello ben puntato sul colletto aperto della camicia. Una donna in smoking porta i tacchi.
Marlene Dietrich dimostrò come possa diventare infernalmente sexy quell' abito da pinguino chiamato tight. I pantaloni attiravano l' attenzione sulle sue famose gambe (assicurate per un milione di dollari), questo in un' epoca che dubitava della rispettabilità di una donna in pantaloni maschili. Dietrich ha dimostrato chiaramente di desiderarla, l' identità maschile, e che questo erotizza la donna. E questo vale sempre, fino a una donna in boxer.

Ma perché una donna che si comporta e/o traveste da uomo strombazzando contemporaneamente il proprio sesso viene considerata così attraente? La risposta è semplice. Così facendo conferma la convinzione maschile che ognuno, nel profondo del proprio cuore, desideri essere un uomo, anche le donne.
A questo un uomo ci arriva, Era quello che lui pensava già.
Il che chiarisce anche immediatamente perché l' altra faccia della medaglia, l' uomo in abiti femminili, sia una barzelletta. Nella commedia A qualcuno piace caldo (1959) Jack Lemmon e Tony Curtis si fanno passare per donne e la parte migliore è la battuta finale del film: "Nessuno è perfetto". Questo è quello che Jack Lemmon si sente rispondere dopo aver ammesso di non essere una donna, anche se ha addosso una gonna e una parrucca. Lui è un uomo! Ma guarda! Si strappa la parrucca dalla testa e pianta le gambe ben allargate l' una dall' altra. Giusto la gonna non se la tira su, per far vedere il rigonfiamento nelle mutande, ma ci manca veramente poco.
Cosa vuoi che sia, è la risposta stoica. " Nobody's perfect". Fine del film.
Perché questo è così divertente? Perché lui, il machoman innamorato di Marilyn Monroe, viene identificato con una donna, anche quando è dichiaratamente un uomo.
Gli uomini in abiti da donna, gli uomini truccati, con rossetto e fondotinta, qui sembra trovarsi il confine. Questo è tradimento al sesso maschile. Per quanto, a ben vedere, se si tratta di un kilt scozzese, improvvisamente vale come una cosa supermaschia. Profumo e mascara da uomo prendono piede e marcano attualmente l' uomo che piace alle donne.
Per quanto l' esagerazione non è consentita... un uomo effeminato suscita sospetto, non solo da parte degli uomini ma anche delle donne. Gli uomini si sentono minacciati, mentre le donne in prima istanza non lo prendono sul serio.
Se le donne che hanno atteggiamenti maschili possono essere accettate o persino considerate attraenti, l' uomo femminile non lo è direttamente. L' uomo femminile deve prima dimostrare di essere davvero un uomo, indipendente dal fatto se sia omosessuale o etero.
Che una certa parte della scena omosessuale scelga per il body-language femminile ha anche poco a che fare con le donne. Gli omosessuali mica vogliono essere donne, dioliscampi. Esagerano l' eleganza, l' abbigliamento, il trucco e soprattutto la motricità femminile. E lo fanno in un modo che nessuna donna vorrebbe fare proprio, a meno che non stia imitando un gay.
In questo modo gli omosessuali lasciano vedere di essere uomini fuori dal comune. Provocano. Rivendicano il diritto alla differenza, il diritto di essere altro dall'etero. Ma sempre conservando tutto il potere, la forza, la dominanza e altre piacevolezze riservate agli uomini e senza le quali la vita per loro non varrebbe un centesimo.
Si tratta di piacevolezze che alle donne non interessano per niente. Perché le donne approfittano volentieri dell'una e dell'altra parte, ma non vogliono essere un uomo, anche se vedono benissimo i vantaggi che ci sono ad esserlo.
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Fine prima parte, ne manca un' altra che cercherò di tradurre in settimana, ma mi interessa intanto sentire cose ne pensate voi. Diciamo che mi piace l' approccio e riconosco alcune cose, ma altre mi sembrano tirate un po' per i capelli.

mercoledì 2 novembre 2011

Mens sana in corpore sano

Venerdì notte mi hanno svegliata i dolori alla gamba e piede destri. Crampi, non potevo poggiarci sopra il peso. Da allora o mi riposo o ho i crampi, ieri a un certo punto camminavo tutta storta che alle mie amiche facevo pena. Solo le birkenstok attenuano un po' (mi permettono di girare per casa), altre scarpe mi ammazzano. Si è capito cos' è? Boh. La tirocinante del mio medico mi ha detto di andare dal fisio.

Ho provato ad andare a comprare qualcosa di meglio e più invernale delle birken nel negozio dell' ex-campionessa di atletica che anni fa ci ha fatti camminare, esaminati e misurati prima di venderci le migliori scarpe da corsa e da squash della nostra vita. Solo che stavolta c' erano due sbarbi, uno dei due rientrato con in mano il sacchetto del pranzo ed ha fatto prima a consigliarmi un paio di solette da 17 euro e vedere come va, che rischiare che gli si raffreddasse il panino se doveva vendermi un paio di scarpe (prezzi da 120 euri in su, ma li avrei spesi volentieri se me li avesse consigliati lei).

Poi ho passato il pomeriggio ad aiutare santosuocero e cognatoscapolo a smontare la cucina nella nuova casa di Marina, che gliene serve una più bassa e preferibilmente non blu e grigia e capisco da me che scendere in tre un piano da lavoro in pietra di 2,5 metri per 4 piani di scale e poi precipitarsi a casa in tram e a piedi per ritirare i figli in tempo, tra un crampo e l' altro, forse non è il modo migliore per farseli passare.

Ovvio che se mi sveglio presto per il fastidio al plantare, poi penso. E penso male. E salto l' appuntamento con la psicologa.

E mi chiedo in cosa sbaglio se non riesco a farmi prendere sul serio su quel paio di cose a cui tengo. Tipo la scuola del figlio, o gli orari e l' impegno per attività intra ed extralavorative. Tipo che tutto quello su cui sputo sudore, lacrime e sangue, due anni dopo lo fa qualcun altro ed è un genio, lo propongo io due anni prima e sono trasparente.

E mi chiedo se devo lavorarci sopra o semplicemente lasciar perdere le cose e le persone che non mi prendono sul serio e dedicarmi un po' di più e un po' meglio a chi invece - e ce ne sono abbastanza da riempirmi un paio di vite - lo fa spontaneamente.

Di cosa mi stanno parlando esattamente i crampi?

Tante domande, poche risposte, qualcuno conosce un fisio affidabile?

mercoledì 9 febbraio 2011

I soliti italiani

È da un sacco di tempo, almeno un paio, che mi circola in testa un post sulla comunità italiana in Olanda, le sue mappe, le sue logiche interne, le sue camarille, le sue briciole da gettare ai cani. Ovviamente mi riferisco a quei circoli italiani autoreferenziali che la parola integrazione non sanno bene come si scriva.

Mi riferisco alle dinamiche e non alle persone, perché le persone sono gente per bene nella maggior parte dei casi. Da precisare che in genere io e i miei amici italiani più cari, quelli con cui a un certo punto si è creata un'affinità di pelle e di finalità che ci consentiva di sorvolare sulla reciproca italianità, anche se era importante pure quella, siamo appunto quei tipici italiani che quando vanno all'estero per i primi 10 anni in genere evitano di incontrare altri italiani in nome dell'italianità, ma mettono la parte migliore delle proprie energie nel ricavarsi un posto proprio nella nuova società in cui vivono.
E in genere ci riescono e lo fanno da soli, al massimo grazie agli olandesi, non grazie agli italiani.

Lo dico per quelli che il percorso di espatrio non l'hanno mai fatto, spezzando una lancia a favore di chi emigra in Italia: ragazzi, la vita dell'emigrante è sempre dura, tocca sempre fare il doppio di fatica anche solo a respirare, lo è anche per quelli che la gente ama vedere come expat privilegiati, che sanno le lingue, che vengono per lavori belli e incarichi prestigiosi, figuriamoci i poveracci, quelli che in Italia fanno le badanti e qui lavorano nei call-center e nelle pizzerie. Spostarsi è faticoso a prescindere, se non vuoi vivere a metà.

In quest'ottica di fatica extra, è normale ed umano semplificarsi la vita, almeno per la gestione quotidiana, cercando sostegno, dritte, una rete di supporto sociale tra altri stranieri o tra connazionali. Fa parte delle cose della vita ed è per questo che succede e ha persino i suoi lati buoni, anche se non è per tutti. Per esempio io che in questa catena sono la parte che dà e mai quella che prende, comincio ad accusare segni di fatica e cedimento delle volte.

Ma alla fine mi viene anche da dire: se uno, per amore o per forza, a un certo punto della sua vita decide di andarsene dall'Italietta delle mafie, degli amici, dei compari per farsi un buco in una società non dico apertissima, ma magari che si muove in logiche diverse e fa fatica capirle queste logiche altre.

Se dopo vent'anni questo buco è una voragine nel senso che tra lavoro, famiglia, vita sociale è da un pezzo che non sono io che ho bisogno dei circoli, sono loro che hanno bisogno di me e non si sono mai fatti scrupolo di approfittare e sfruttare il mio entusiasmo e la mia voglia di fare, pur tenendomi a debita distanza, perché si sa che se uno decide che si vive meglio a schiena dritta e non solo a 90 gradi con il barattolo di vaselina in mano, difficilmente è manipolabile, non crederà mica la gente che io ho comprensione o accettazione per un tentativo di rimettermi al patrio guinzaglio?

Così capita che ieri sento quello che sento: e per non dirvi i dettagli veri vi racconto il nanetto con un peresempio che prende dati completamente diversi dal vero.

Facciamo finta che io prenda un master (organizzato dagli amici degli amici) pagandolo profumatamente, ma che in virtù della mia esperienza pregressa venga contemporaneamente assunta dall'organizzazione del master stesso come interprete. E finisce che gli divento, involontariamente, il contatto con tutti gli studenti delle varie annate dei master perché sono l'unica che li conosce, li pratica dopo gli studi, ci va a cena, si coccola i docenti che arrivano dall'Italia e che magari anche loro come quelli appena arrivati gradiscono una guida locale, ci organizza cose che magari non hanno nulla a che vedere più con il master, che per me era comunque un hobby e non una necessità di lavoro come per gli altri.

Facciamo che per questo lavoro specifico un'altra persona con le mie specifiche competenze (per tacer del titolo, che in Italia va sempre bene un titolo, specie se non è gratis) non esiste. Che le poche volte che mi sono dovuta far sostituire ho fatto una fatica bestia a trovare chi prendesse il mio posto a quel prezzo (perché in tutto ciò per amore della materia l'interprete lo faccio a prezzo di favore e le mie fatture vengono pagate dopo un anno, mentre le mie sostitute le pago io sull'unghia quando serve) e sempre le sostitute sono state crititcate sulle competenze.

Facciamo che in virtù di quel titolo e forse, ho la presunzione di credere, della mia fama di persona competente, un'altra istituzione italiana mi chieda di svolgere incarichi in base a questa competenza ma a un livello completamente diverso dal master per una cosa completamente diversa, pagandomi. Diciamo che mi chiedono di dare ripetizioni ai bambini, non di insegnare a un master analogo. Questa cosa però è una promozone per il master stesso per il quale trovo nuovi clienti e chiedo un mandato per informarli e mandarglieli.

Succede che il gran capo onorario di questa cosa (quello che da anni mi dice: se ci trovi altri studenti ti diamo la pencentuale, ma non me lo mette mai per iscritto e la percentuale quindi non ce l'ho), non istituzionale, uno dei tanti bottegari di cui il mondo è pieno, si offenda en plein public con il rappresentante dell'istituzione italiana (pagata con le vostre tasse, vi ricordo) perché come osano prender me per far quel lavoro, bisognerebbe fare a rotazione tra tutti i laureati di quel master.

I quali laureati, si sappia, sono manager, imprenditori, o gente con tuttaltro mestiere e non è detto che abbiano il tempo e la voglia di mettersi a fare, sottopagati e a padrone, il lavoro che faccio io meglio di tanti.

Per ora il mio incarico è sospeso in attesa di chiarimenti e decisioni.

A me non è che le istituzioni italiane come clienti o procacciatori degli stessi in questi vent'anni mi abbiamo mai aiutata a pagare il mutuo. Al massimo le cene fuori necessarie alle PR, che sono pure poche e sempre nei locali della cricca. E quel lavoro lì, pietra dello scandalo, lo faccio da prima di prendere il master, ma diventa un problema per certi italiani se me lo chiedono gli altri italiani senza prima passare per loro. Da dire che anche chi me l'ha detto era abbastaza strabiliato e credo pure seccato che qualcuno gli venga a dire come fare il suo lavoro, con chi e a che titolo. Ma non ci si mette contro la cricca e non avverrà, quindi.

Io ufficialmente non so nulla, quindi chissenefrega. So adesso di essere padrona del mio tempo per organizzarmi quel lavoro lì in proprio esattamente come facevo prima che mi chiedessero gli italiani, i soliti italiani, di farglielo.

Ma vedermi ritrascinare per i capelli e alle mie spalle in quelle logiche clientelistiche per sfuggire alle quali io me ne sono andata e mi sto facendo il culo da immigrata da un paese neanche troppo sexy (se ogni volta tocca spiegare all'Olanda intera che no, non voto e non sostengo questo governo che purtroppo mi rappresenta - al contrario degli altri protagonisti di questa vicenda, sarà quello?), ecco, dopo ventanni fa un effetto straniante.

Ed è da ieri che sto cercando di capire se mi viene più da ridere o da incazzarmi. Così l'ho scritto sperando di chiarirmi le idee.

Il post sugli expat mi sa che dovrà ancora aspettare. La vaselina pure.

venerdì 28 gennaio 2011

Aperti i cancelli, la memoria di cosa?

Quando gli inglesi - che erano poi gli inglesi? mi pare di si, ma con le cronache di famiglia succede che si va all' essenziale e i dettagli giornalistici contano meno, per questo poi oltre alla storia orale abbiamo bisogno di quelli che per professione tengono le fila del discorso - vennero a liberare mio nonno e i suoi compagni -che poi, compagni? Compagni di sventure, compagni di prigionia, ma anche gente che per alcuni anni è stata artificialmente tenuta insieme in una situazione in cui la morte dell' uno spesso allontanava quella dell' altro, magari di poco, ma così era, e allora di quale compagnia stiamo parlando - dal campo di concentramento - terza interruzione, quale di preciso? So che Treblinka l' ha fatto, era sotto casa, e Auschwitz e anche un terzo, ma in quale ordine boh -si accorsero che c' era un' epidemia di tifo. E per paura del contagio li richiusero subitissimo quei cancelli per aspettare che i malati morissero e chi sopravviveva buon per lui.

Così fu che lui, mio nonno Ludwik intendo, insieme ai suoi amici si aspettarono, chi stava meglio curò gli ammalati in attesa che stessero meglio anche loro in modo da avere il permesso di tornare a casa. Cosa che fecero.

Poi per sapere queste storie di mio nonno, sua moglie e i suoi figli attesero una trentina d' anni, quando uno di quei suoi amici, il ragazzo dello stesso quartiere finito in cucina e che gli nascondeva le bucce di patate e gli altri avanzi, a rischio di esecuzione sommaria se lo beccavano, pubblicò un suo libro di memorie. E mio nonno continuò a non aprire bocca fino all' ultimo inverno in cui vissi con loro per alcuni mesi e ogni tanto qualcosa me la diceva, non narrrativa o esplicativa, dettagli, bozzetti, però a tutti i figli regalò una copia del libro.

Ora il punto è che la giornata della memoria, che io devo sempre metabolizzare un pochino, è sulla data in cui aprirono i cancelli ad Auschwitz ed è giusto che sia così, quando decidiamo di fare della reductio ad Auschwitz il simbolo di tutto il male e di tutti i massacri e genocidi del mondo. Che mi starebbe anche benissimo, ma non mi permette di raccontarvi in questa sede di quando Tamara, lei russo-polacca imprigionata quindicenne da Stalin, e Nicola, lui soldatino italiano con le scarpe di cartone, si incontrarono in un campo - quale? - in Russia forse o in Germania? E in Germania come ci erano arrivati? e dopo la liberazione rientrarono scalzi e a piedi in Italia.

E appena entrati in paese, prima di tornare a casa, il compare Nicola che per me e sempre stato il compare Nicola, Nicola di Tomaso per la cronaca, entrò dal calzolaio per chiedere come stessero i suoi, e stavano bene, allora gli prese due paia di scarpe a credito, perchè sfiniti e stracciati si, ma scalzi non si vanno a conoscere i futuri suoceri, quello di presentarsi in società scalzi era un tabù nelle nostre campagne, come appresi dall' imbarazzo grave di mia nonna quando io giravo scalza per casa in presenza di vicine locali. E niente, poi lavorarono un sacco, misero su un bel negozio, si costruirono una bella villa e però lui morì di una qualche malattia che ancora quasi non avevano traslocato.

E non vi posso neanche raccontare di zia Janeczka, polacca di Vilnius, deportata con tutta la famiglia e tutta la città e tutti i polacchi baltici, come anche gli Armeni, sempre Stalin, ma c' è mica solo lui. che poi sposò zio Kazik che nella Polonia liberata dopo la guerra divenne diplomatico e al primo ricevimento ufficiale del lavoro di lui lei sentì parlare russo e cominciò a tremare, ma a tremare che dovette andare a nascondersi. E oggi ha più di 80 anni ma ancora balbetta leggermente.

Nessuna delle due ha mai avuto figli, perchè c' è un limite a quello che si può fare al corpo di una ragazza giovane in termini di abusi e privazioni per anni, senza che ci siano conseguenze. Che il corpo delle donne per me sono questi corpi qui, anche questi.

E non vi posso parlare dei serbi del Kosovo, altro genocidio nascosto dalla politica, di Vera che vive da non so quanti anni in Italia e che grazie ad amici italiani di stanza lì e con il passaporto italiano è potuta rientrare nel villaggio, cosa che ai suoi genitori ed altri è precluso, vedere la sua casa natale, andare a prendere il caffè dai vicini e parlarci come se niente fosse, quegli stessi vicini che però quando ha tentato di fotografarsela la casa, le si sono avventati, glielo hanno impedito, l' hanno praticamente cacciata via e non può tornarci più neanche se stavolta la scortano i caschi blu. Perchè fotografarsi casa sua diventa la prova che in fondo si, era ed è stata casa sua e dei suoi e non appartiene dalla notte dei tempi a chi ci sta adesso.

La cacciata sua e dei suoi forse è meno legittima di quanto la ragion politica vuole farci credere per amor di pace e comodità di chi ha qualcosa da dire sulle vite e le case degli altri. E il messaggio che è passatp è che di tutti quanti quelli stronzi, brutti, delinquenti e fascisti erano i serbi e solo ed esclusivamente i serbi, come se in quella guerra lì di stronzi, brutti, cattivi e fascisti non ce ne fossero stati molti l' un contro l' altro armati, ma per amor di pace abbiamo coperto tutti gli errori di quel periodo, quelli locali e quelli ancora più grossi supranazionali e pace.

Si aprano i cancelli. Fra 50 anni ne riparliamo e magari istituiamo anche lì una bella giornata della memoria, che vengono meglio a bocce non solo ferme, ma affondate nella polvere.

Magari richiudiamoli pure un attimo dopo la foto i cancelli per far crepare definitivamente quelli che ci stavano dietro e che dovevamo liberare. Poi magari aperti i cancelli, arrangiatevi e schiattate. Ma lontano dalle telecamere pliiis, perchè dopo tante sfighe abbiamo bisogno di star tranquilli e rincoglionirci, quindi niente storie scomode.

Una cosa così essenziale, la giornata della memoria, che mi stupisco quasi che non sia venuta in mente a me.

giovedì 19 agosto 2010

Aborto

Italia primi anni '70:
Donna sposata, due figli, il secondo non previsto e che prevedibilmente ha significato una battuta d'arresto nei piani di emancipazione della famiglia. Lei per questo figlio ha rinunciato all'università, si è trovata senza poter lavorare e si tira avanti, male, con uno stipendio tanta buona volontà e lavoretti extra. Si scopre incinta, è disperata, con un terzo non ce la faranno mai. Non sa che fare, è straniera, non conosce nessuno.

Poi per puro caso, in macelleria (of all places), sente sussurrare dalle altre donne un nome, un medico nel paese accanto. Questa famiglia sceglie per un aborto clandestino. Lui lo rimpiangerà per sempre, questo figlio mancato, lei sceglie per i figli che ha già.

Poi andrà all'estero per farsi prescrivere la pillola prima (che la ammazza di emicranie), poi la spirale che la ammazza di emorragie.

In Italia il referendum per la 194 ci sarà soltanto nel 1978.

Olanda, 1991
"Hai una bici da prestarmi per stasera?"
"No mi dispiace, dove devi andare?"
"Ma, non è lontano però tocca passare per una stradina un po' buia che non mi piace molto, ma non fa niente".
"Se vuoi ti accompagno a piedi".

Per strada mi ha raccontato che andava a farsi un controllo. Una ragazzina 19enne come me allora, che durante le vacanze in Italia è uscita con gli amici di sua cugina. È girata cocaina, lei ha avuto un black-out e si è detta: mai più, sono stata una cretina. Tre mesi dopo, appena arrivata all'estero per l'Erasmus, si scopre incinta, e ci mette anche un bel po' a capirlo.

"Insomma, era la prima volta che facevo sesso e non mi ricordo neanche niente".
Per fortuna studia a medicina, ha fatto lo stage in una ASL in Belgio, in Belgio puoi abortire entro il quarto mese, si fa fare le carte dai cononoscenti della ASL e abortisce. Poi quella sera con me va a controllare se è andato tutto bene. Ne esce sollevata, tutto a posto.

Io sono troppo giovane, troppo incapace per trovare qualcosa che la consoli, sotto la leggerezza superficiale con cui mi raccontava il fatto. Pensava anche lei che forse la trovavo una cretina svaporata, io invece soffrivo per una situazione tanto di merda. E la cosa migliore che mi venne in mente fu:

"Vuoi provare a parlarne con F.?"

Perché anche F., qualche tempo prima, mi aveva raccontato di una sua interruzione di gravidanza, di come fosse stato inumano e umiliante il modo con cui l'avevano trattata a Venezia, come andando in bagno, nel cestino dei rifiuti, aveva trovato un feto buttato via così. In una struttura pubblica.

Ma lei e il suo ragazzo, studenti, con famiglie difficili ed economicamente precarie non avevano avuto scelta.
"Io appena mi laureo e ho un lavoro per mantenermi, lo faccio subito un figlio".

Poi so che ne hanno parlato, e forse hanno trovato un modo di consolarsi. Per quanto poi a una festina in casa tra di noi, mentre F. e io la portavamo a letto sbronza persa, lei che beveva così poco in fondo, la sentii piangere:
"F., ma perché? In fondo ho solo fatto uno sbaglio, una volta".

Anche lì mi si è spezzato il cuore per lei, ma non avevo parole.

Italia, 2010
Sono passati 20 anni, adesso le parole le troverei. È cambiato qualcosa? Ma neanche per sogno.

E leggendo questa notizia mi chiedo perché: perché alle donne tocca pagare in proprio e in prima persona, perché le istituzioni e l'assistenza previsti dalla legge non aiutano, perché a 32 anni da quella legge esiste ancora un obbrobrio come l'obiezione di coscienza che paralizza in molte regioni la possibilità di scelta di donne che non hanno scelta.

Ma cavolo, se non vuoi effettuare aborti, specializzati in geriatria. In neonatologia. Nel cavolo che ti pare, ma stà fuori per cortesia da ginecologia e ostetricia. O mi toccherà pensare che per un ostetrico obiettore la priorità è salvare il figlio e nn la madre, se posto davanti a una scelta.

A me chi specula sulla necessità altrui fa schifo, premettiamolo subito. A me chi sentenzia sull'autodeterminazione di donne che non conosce a proprosito di vita e morte e il proprio corpo, a chi fa dei bizantinismi sulla pillola abortiva, che ce la siamo inventata apposta per facilitare una scelta difficile a chi se la deve fare in proprio, gli toglierei i diritti civili.

Però le strutture già non funzionano in modo dignitoso per le italiane, figuriamoci per le clandestine. Questo medico ha compiuto un abuso di ufficio bello e buono, speculando sulle difficoltà delle sue pazienti.

Solo che adesso dove dovranno andare a sbattere la testa queste povere criste non lo so. E mi chiedo perché nel 2010, superato il concetto di peccato, superato quello della donna come strumento del demonio, superate tante pippe mentali e non, mi chiedo perché tocca ancora farsi massacrare. E perché questo tocca sempre alle donne.

In fondo nella maggior parte dei casi stiamo parlando solo di soldi. Negli esempi che ho portato io, di donne che conosco personalmente, tutte e tre, ad avere l'autonomia economica necessaria, questo figlio lo facevano.

Invece di tante chiacchiere e di tanti soldi spesi male, invece di riempirci la bocca di politica per le famiglie, facciamole queste politiche. Che le famiglie poi seguono da sole.

venerdì 13 agosto 2010

Motherf***er

"Sono arrabbiato. Voglio che Ennio è morto".
"Ma tu te lo ricordi la cosa che ti ho detto, ieri sera, prima che ti addormentassi da me? Che quando ti arrabbi così tanto mettiti a ridere e vedi cosa succede?"
"Ah, già".

Orso è da sempre uno che si incazza. Prima pensavo ai Terrible Two, poi ai Terrible Three, poi lastanchezza pregressa. la vita che mi incalza, il periodo difficile, la fase passeggera, adesso quest'estate l'ho capito: bisognerà pensare a qualche trucco che gli insegni a disinnescarsi. Perché o comincia con le minacce autolesioniste ("io mi ammazzo, va bene? Sei contenta che mi ammazzo?") o con le parolacce. Tipo un paio di settimane fa in bici:

"Sono così arrabbiato, sono così arrabbiato che ti devo dire una cosa all'orecchio".
Accosto con la bici e mi chino verso di lui.
"Cazzo. Cazzo. Fuck you" bisbiglia urlando.

E pochi giorni prima in spiaggia, al momento di rientrare a casa:
"Sono così incazzato".

Signore dammi la pazienza. Un po' mi vergogno, perché cazzo e incazzarsi è da me che lo ha imparato.

Sono una madre sbagliata, evidentemente, perché a me quando gli vengono gli attacchi di rabbia un po' mi fa ridere, un po' mi fa tenerezza. (Tranne quando questi diventano una prova di forza in cui si perde lui per primo). Perché lo vedo così piccolo, così in preda a emozioni che non sa gestire, e per cose così piccole come lui, in fondo.

Ma un po' impotente mi sento anch'io, perché non gli semplifica la vita questo carattere così incazzoso. Perché vorrei che la sua rabbia reattiva imparasse ad usarla per le volte che serve (e nella vita, prima o poi, serve sempre essere così arrabbiato da salvarti la vita).

Ennio non è così. Ennio semmai si offende o gli viene da piangere. Ennio, se proprio dobbiamo dirla tutta, sono altre le frasi ricorrenti che ha preso da me.

"Ma mi fate vivere?" fa l'altra mattina a Ofena mentre io e mamma stavamo prendendo la deriva madre ansiosa e rompi.

Questa incazzosità invece mi sa che è tutta del padre e di sua mamma, mentre io a volte spero sempre che certi tratti saltino almeno una generazione.

Consigli?

mercoledì 14 aprile 2010

Sottoscrivo tutto (quasi, non voto per Formigoni)

Quello che ha scritto il signore che ha coperto il deficit pr la mensa scolastica di Adro lo sottoscrivo nello spirito e nella lettera, tranne un paio di dettagi autobiografici.

E ci vogliamo aggiungere qualcosa per la famosa circolare della Gelmini? Io mi ricordo che in Olanda i figli dei sans papier sono sempre stati accolti a scuola e che le scuole si sono sempre rifiutate di darne i dettagli all'ufficio immigrazione. Anche quando questo comportava spese che nessuno gli rimborsava.

La grettezza, quella è gratis, sempre. I genitori che fanno i furbi, pure, e talvolta sono quelli insospettabili (ne sa qualcosa il capo che da quando fa il tesoriere dell'associazione genitori sta sempre lí a mandare lettere agli insolventi, che il contributo volontario non lo pagano, ma i figli dalle feste scolastiche e dalle gite non li ritirano).

Altro che chi ci cambierà il pannolone da vecchi, di questo passo ci ficcheranno un catetere in uscita, una flebo in entrata e le piaghe da decubito gratis. Perché da chi non investe nei bambini, neanche con l'esempio, inutile aspettarsi clemenza per i vecchi.

Si, va bene, non è un commento questo, è uno sfogo perché oggi basta leggere i titoli e ci si può solo incazzare. Il cardinal Bertone e i suoi sociologi, Sergio Romano che parla di Emergency da diplomatico, cioè affossandoli ulteriormente ma senza parere, Frattini che scrive a Karzai, le mense, le delazioni, tutto.

Questa lettere è l'unica cosa positiva della mattinata, e già solo questo dice che c'è poco da ridere in giro.

lunedì 21 dicembre 2009

Gli uomini 'very' parlano solo degli omosessuali

Non sono io, giuro, è che spuntano davvero come funghi. Mi hanno appena segnalato questa rivista solo per uomini veri, e io mi chiedo: ma oltre a parlare di gay, quand'è che cominciano a dirci le cose di loro maschi, che a me come donna etero mi interesserebbe pure sapere cosa muove e cosa motiva nella vita un vero uomo, visto che per mia scelta ci devo avere a che fare?

Hai visto mai, una rivista del genere riesce a salvare un matrimonio? Un po' come quei mariti (forse poco very, agli occhi della rivista in questione) che si leggono di nascosto il Cosmopolitan delle mogli per capirci qualcosa.

E io, beata ingenuità, che quando ho letto "dauomo" pensavo fosse satira sulla famosa statuetta del duomo. Se non è satira, comunque è molto meglio.

martedì 29 settembre 2009

Un ragionamento che non fa acqua

Posso plaudire al comune australiano che ha messo al bando l'acqua in bottiglia?

Dico la verità, a me una bollicina moderata piace. E l'acqua nelle bottiglie di vetro pure. Ma la plastica la considero da sempre un male necessario, e quest'estate che eravamo al mare, e si faceva la raccolta differenziata, e la casa aveva l'autoclave quindi l'acqua del rubinetto era meglio non berla e dopo 4 giorni ho dovuto portare giù un quantitativo scandaloso di bottiglie, ho detto basta e mi sono comprata la brocca filtrante Brita.

L'acqua ha un sapore ottimo, la uso sempre, soprattutto per bollitore e caffettiera, che anche il caffé è meglio con l'acqua filtrata. E Simona si è comprata l'apparecchietto per le bollicine, che funziona bene anche quello.

Ricapitolando, con l'acqua che una famiglia beve in un mese ti compri la brocca con il filtro, che ti filtra un sacco di cose, alla faccia di chi dice che l'acqua degli acquedotti non sarebbe buona. Ogni 5 settimane ti cambi il filtro, che è si pattume, ma nulla in confronto alle bottiglie di plastica.

E poi vuoi mettere la diossina che non ti bevi quando in estate i pallet di bottiglie stanno in un parcheggio sotto il sole cocente?

La mia più grossa sopresa l'ho avuta all'Aquila anni fa. L'Aquila, che si chiama così perché viene da Acculae, un posto ricco di acque, ha acque buonissime, la migliore si dice che sia quella della fontanella alla Villa.

Bene degli aquilani bevevano acque in bottigliate altrove perché secondo loro quella aquilana faceva venire i calcoli. I calcoli? Ma sai quanto ci possono mettere i calcoli a farsi intanto che bevi acqua? Hai voglia. Contemporaneamente, a mia madre che i calcoli li aveva, consigliavano la Santa Croce, un'acqua locale.

A casa mia si chiama l'arte dei pazzi. E l'acqua di casa ti evita di trascinare dentro quei pacchi pesantissimi di bottiglie e riportar fuori i vuoti.

Non so voi, per me questo è l'argomento definitivo. I venditori di prodotti minerali e derivati dal petrolio urlano vendetta, ma vedi che sono i più bravi a riciclarsi.

Adesso aspetto il divieto al consumo e la vendita di aria fritta, che anche quella va molto di moda.

martedì 23 giugno 2009

Perché non sono intelligente come tutti gli altri?

Oggi ho avuto un'illuminazione sul perché la maestra (partente, il prossimo anno ne ha un'altra) di Orso mi faccia così poco sangue, pur non potendole oggettivamente rimproverare nulla, tranne il fatto che non ha ancora inquadrato mio figlio.

Mi dicevo: sarà la normale gelosia di madre nei confronti di chi non apprezza o capisce il tuo bambino, core mè, reprensibile quanto si vuole, ma succede, noi madri reagiamo in fondo di pancia.

Mi dicevo: mi sta antipatica perché proprio non capisce, anche se io cerco di spiegarglielo che tipo è Orso.

Mi dicevo: magari è troppo olandese e io troppo italiana e non ci capiamo proprio a livello concettuale.

Io faccio sempre lo stesso errore di mettere tutti al mio livello e cercare in me l'errore o il limite. Poi ogni tanto rinsavisco e mi dico: ma io ho a che fare con uno stupido, ecco perché.

Ora, bando alle convenzioni sociali e alle false modestie e a non voler avere l'aria antipatica ed arrogante di chi se la ricrede, perché secondo me chi arriva a leggermi regolarmente nel frattempo mi conosce, mi perdona, forse mi vuole anche un po' di bene e capisce che non è stronzaggine, ma un dato di fatto:

io gli stupidi non li capisco e mi ci prendo poco.

È un po' la dannazione dela mia vita, ci casco sempre. Il fatto è che parliamo lingue diverse, non è la cattiva volontà.

Ci ho proprio studiato sopra, eh, non è che me lo invento sui due piedi tanto per giustificare perché a me quella maestra lì sta antipatica. Il punto è che con la gente stupida non ci puoi ragionare, sono monolitici nelle loro convinzioni e tutto il resto è fatica sprecata.

Mi chiedo se ci siano strategie adatte a circuirli e fargli fare quello che vorrei io. Per dire, intanto mi pare che cerco di evitarli il più possibile. Se proprio ci ho a che fare è per motivi funzionali e si spera, di breve contatto. Qualcuno più furbo e intelligente di me è riuscito nel frattempo a sviluppare una propria personale strategia? Ci insegnate i trucchi pure a noi?

Tutto il discorso intelligenza/stupidità in questi giorni è saltato spesso fuori e in particolare mi ha costretta a pensarci Zauberei perché uno giustamente si chiede:

ma come è possibile che con tutte le cazzate che fa di continuo e che saltano fuori sempre più melmose e puzzolenti chi ha votato a Berlusconi ancora è convinto che sia il messia in terra che ci salverà tutti? Perché sono così monolitici in questa fiducia? Lo fanno perché lui è un genio della comunicazione?

Perché gli aquilani hanno creduto alle promesse elettorali e lo hanno votato? Per disperazione?

Perché il paese va a rotoli e ancora c'e gente che riesce a mettersi i paraocchi e ad accusare la sinistra? Perché abiamo la sinistra che abbiamo?

Perché la sinistra è così diabolicamente brava a fare complotti contro di lui, a influenzare tutta la stampa straiera in blocco e anche il cosiglio d'Europa e lo fa, invece di usare tutta le forze e abilità sopranaturali che ci vogliono semplicemente per andare al potere? Ma ci voglioo andare al potere o fanno la quinta colonna di Berlusca, che nel frattempo se li è comprati a forza di passera gratis per tutti, ma lo sapremo solo fra 50 anni?

Perché abbiamo la sinistra che abbiamo, e il centro che abbiamo e la destra che abbiamo?

Perché non ho la taglia 42 da almeno 30 anni?

Perché mi stanno venendo le rughe? Perché non organizzo un Botox party per il mio compleanno?

Perché non sono mediamente intelligente, perché non ho sposato uno stupido, perché ci riproduciamo nel più perfetto stile leggi di Mendel e perché non ho dei bambini come ne conosco pochi, dico la verità, che siano mediamente stupidi e non si annoino a scuola?

Ecco, delle volte ci sono delle domande che farei meglio a non farmi. Ho solo una risposta, la maestra del prossimo anno di Orso a pelle mi fa molta più simpatia. Spero solo sia una ragazza inteligente e capisca che lui si annoia a morte e che forse è il caso di dargli un libro interessante e abbandonarlo a sé stesso.

A me mi hanno ridotta così a forza di ripetermi che sono una bambina intelligente. Ad alcune mie amiche a cui dicevano continuamente quanto erano belle, ci è voluta l'età adulta per convincersi di essere brillanti.

Ci devo stare molto attenta con quello che ripeto ai miei figli.

mercoledì 7 gennaio 2009

Prima bufala dell'anno

Mi arriva la prima bufala dell'anno e solo per questo merita menzione. anche perché mi chiedo sempre due cose:

- la prima è: ma esiste ancora chi ci crede? Evidentemente un paese che continua ad eleggere Berlusconi crede proprio a qualunque cosa, quindi chi ci casca nel trucco delle psuedo-poste se lo merita
- la seconda è: poveri noi come utenti il giorno che i bufalori scoprono la grande differenza che riesce a fare una traduzione corretta. La forma è la sostanza, come volevano certi teorici. Ma il briciolo di deontologia professionale che ancora posseggo mi fa sperare che non ci arrivino mai, anche se come traduttrice mi danneggia.

Ma mi danneggia ancora di più che sono i disonesti a scoprire per primi tutti quei piccoli avanzamenti tecnici che fanno di unímpresa qualsiasi un'impresa di successo. Azienda Italia, un consiglio? Prova a battere sul tempo i bufalori, vedi come risistemiamo il debito pubblico e lo stato dell'economia e delle esportazioni a tempo record. Più traduttori a tutti, nel 2009.


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sabato 3 gennaio 2009

La Cina è vicina

Tornando dal doposcuola, frammenti di notiziario delle 18 in macchina. Cina e melamina. Io non ci faccio caso, Ennio si.
"Trecentomila bambini ammalati? Ma come è possibile?"
"Amore tu sai che i bambini piccoli bevono il latte della mamma? Ecco, se la mamma non ha il latte, gli danno un latto speciale. E quel latte lì era sporco e i bambini si sono ammalati e gli faceva male la pancia".

(Specifico la questione neonati in modo che si renda conto che non è un latte che può bere anche lui).

"Ma ci sono così tanti bambini piccoli in Cina?"
"Si, in Cina ci sono tantissime persone, per questo anche tantissimi bambini".
"Ma perché hanno sporcato il latte".
"Perché sono stupidi"(questa devo averla detta un pelo alterata, ma è così, questa storia mi fa incazzare ogni volta che ci penso. Per tutta la stupidità umana che sottende).
"E poi si sono messi a ridere?", che il massimo della cattiveria ovviamente è far male a qualcuno e ridergli in faccia.
"No, quello no".
"E adesso lo rifanno?"
"No, speriamo di no".

Nel frattempo le trasmissioni radio si sono interrotte perché eravamo nel tunnel, ma quando riusciamo con mio disappunto, non siamo ad un'altra notizia, ma all'intervista con qualcuno che spiega il tentativo di avere giustizia dei genitori, cosa pressoché impossibile, un genitore contro una grossa azienda, in Cina perdipiù.

"I genitori che protestavano chiedendo giustizia nel frattempo sono stati trattenuti in un centro, diciamo pure una specie di prigione..."

"Hanno messo i genitori dei bambini malati in prigione? E perché?"
Sospiro, ci penso e mi butto.

"Amore, la Cina è un paese molto complicato. Il governo ("cos'è il governo?"), il governo che sono i signori che comandano, come da noi la regina, ma lì non hanno la regina e ci sono dei signori, questi hanno paura. Perché i cinesi sono tantissimi, ma proprio tanti e allora il governo ha paura che se si arrabbiano li mandano a casa e non possono più comandare. Per questo non vogliono la gente che protesta. per esempio, in televisione e sui giornali, non gli dicono ai cinesi cosa succede. Noi certe cose le sappiamo, ma loro no. E per questo non gli fanno guardare Internet".

"Non ce l'hanno Internet in Cina?"
"Un pochino ce l'hanno, però certe cose, dove scrivono per esempio cosa succede nel mondo, non glielo fanno vedere".

"E hanno paura che i cinesi si arrabbiamo?"
"Si, perché sono in tantissimi".
"Più che in tutto il mappamondo?"
"Penso di si".

"E se fanno la guerra ammazzano tutti?"
"Ma no, la guerra non la fanno".
"Ma magari la fanno quando ci sono i miei bambini?"
"No, questo non credo. Vedi, tanto tempo fa c'erano tante guerre, non c'era la polizia e tutti quelli che erano forti ammazzavano gli altri. Poi abbiamo inventato la polizia, le leggi e un pochino alla volta abbiamo smesso di fare le guerre. Perché le guerre non servono a nessuno. E piano piano ci sono sempre meno guerre, quindi sono sicura che quando i tuoi bambini saranno grandi, non ci sarà nessuna guerra".

"Però se i cinesi adesso vengono qui e fanno la guerra, noi ci nascondiamo, e poi io prendo la mia spada di legno e così non ce la fanno più".

Le discussioni di geopolitica il 2 gennaio con un seienne decisamente mi fanno paura. Ma sono così orgogliosa dei suoi ragionamenti e delle sue domande, che spero che continuiamo così fino a quando i suoi bambini non sono grandi.

giovedì 27 novembre 2008

Gravidanza e alcol: ne vogliamo parlare?

Non so a quanta gente capiti davvero, ma diciamo così: ci avete fatto caso che quando una donna chiarissimamente incinta fa una di quelle cose che si prevedono dannose per la salute del feto, tutti che le guardano male. Apriti cielo se si fanno una sigaretta in pubblico. E fin qui va bene, quante mie amiche sono riuscite a smettere di fumare sul serio grazie a una gravidanza vissuta responsabilmente?

Sul fatto di bersi un bicchier di vino ogni tanto, la situazione è molto meno chiara. Nel dubbio la maggior parte delle future madri si astiene, alcune un bicchiere di vino occasionale lo bevono, sicuramente i superalcolici li evitano.

Per dire, a me ad otto mesi di gravidanza hanno fatto vedere ed annusare un liquore dolce al fico d'india, che ora se c'è una cosa per cui vado pazza e che però avrò mangiato forse due volte in vita mia è un fico d'india maturo il giusto (Andrea Matranga, mi stai leggendo?) Bastardi, a me lo fanno vedere? Infatti Ennio è nato con l'eczema, che gli è durato il paio d'anni canonici, e io sono ancora convinta che sia stata la voglia di fico d'India, ecco.

Allora, per chi ama le ricerche, adesso pare che ne sia una che taglia la testa al toro. Poi, cercarle, ce ne saranno delle altre che ne confutano i risultati, però per chi ha bisogno di un alibi per fare come me, che incinta o no, se capitava un mezzo bicchierino di vino buono in compagnia non me lo sono mai negata (come non mi sono negata tutto un periodo di cibi Thai piccantissimi, che in genere preferisco queli meno piccanti, ma allora così mi girava, eeeh, gli ormoni). E dire che sono stata astemia fin quasi ai trent'anni.

Per cui: ricercatori dell'University College di Londra hanno concluso che il consumo di una o due porzioni di alcol alla settimana in gravidanza NON aumenta il rischio di avere figli con problemi comportamentali. Questo in base a uno studio epidemiologico su bambini di tre anni.

I figli maschi delle madri leggermente beone hanno, secondo i risultati, il 40% meno di problemi di comportamento e il 30% in meno di iperattività dei figli di madri astemie. Inoltre tutti i bambini in generale hanno prestato meglio nei test relativi alla padronanza del vocabolario, il riconoscimento di colori, forme, lettere e numeri.

Mentre invece le figlie di donne che appunto non si negavano in gravidanza quel paio di bicchieri di vino alla settimana mostravano il 30% in meno di problemi collegati all'emotività rispetto alle figlie delle astemie (e ti credo io, che tristezza quelle madri astemie rigidine - non dico quelle a cui fa schifo l'alcol proprio, che lo sono stata anch'io, poi mi è passata).

Invece chi beveva 6 o più bicchieri alla settimana si che le aveva le maggiori possibilità di bambini con problemi di comportamento e sviluppo cognitivo, pori cocchi. In tutto ciò, comunque, l'ipotesi dei ricercatori è che magari i risultati sono dovuti più allo status socio-economico di chi beve due bicchieri di vino alla settimana che non al quantitativo di alcol in sé, e che i bambini non sono stati esaminati a età successive.

Per la serie tiro il sasso e nascondo la mano, e mò ricominicate voi a farvi il dubbio atroce ed esistenziale per 9 mesi; lo bevo, non lo bevo, e che devo fare.

La fonte: Kelly Y e.a. Light drinking in pregnancy a risk for behavioural problems and cognitive deficits at 3 years of age? Int J Epidemiol 2008:1-12.

E tanto per star sicuri, in Olanda il consumo di alcol in gravidanza è decisamente sconsigliato, in quanto non è stato possibile stabilire con precisione un limite minimo, e allora nel dubbio asteniamoci, dicono loro.

(Infatti il mastro casaro mi ha impedito una volta di assaggiare dei formaggetti francesi buonissimi a base di latte crudo, per paura che gli prendessi la toxoplasmosi davanti agli occhi. invece lavarsi l'insalata con l'amuchina, qui non verrebbe mai in mente a nessuno, il massimo che ti consigliano è di stare attenta alla lettiera del gatto).

Per la serie: paese che vai, toxoplasmosi che trovi.

lunedì 24 novembre 2008

Il segreto per fare tante cose

Una cara amica sta facendo girare per mail questo decalogo. Nulla da eccepire, ma rileggendolo ho scoperto che ci posso anche aggiungere i miei vari consigli. Se poi io li segua, questo è uno dei grandi misteri della vita.

1. Do it, delegate it, or get rid of it
Preferisco cincischiare. Ma da quando ho figli delego da dio. I miei stagisti hanno imparato subito che se iniziavo una frase con "X, tu che sei tanto [creativo, preciso, mancino, aggiungetevi quello che vi pare]"c'era sotto la fregatura.
2. Don’t say you're busy
All'inizio non l'ho capita. Io sono busy per definizione. E se non lo sono sto dormendo, e quindi non ho modo di dirlo. Poi ho capito che dire che hai tanto da fare, fa capire alla gente che puoi continuare ad essere impegnata. Se invece non fai mai un tubo, solo un folle si farebbe aiutare da te.
3. Keep a time and motion diary
Scherziamo? e chi ha tempo? L'ho fatto una volta per due ore di mattina per motivi terapeutici ed ha funzionato al volo. Ho delegato al coach. Ma finché va, va bene, basta fare cose piacevoli. E un diario del genere, è noioso.
4. Keep your desk tidy and clear it of tasks before you go to bed
Si, e poi il tempo di sgombrare il letto per poterci cadere dentro dove lo trovo? Io preferisco rifarmi il letto, prima di andare a dormire. che tanto le cose che mi servivano oggi sul tavolo mi seriranno anche fra un mese, e se lascio tutto lì so almeno dove cercarle.
5. List goals / priorities
Se il gioco si fa duro lo faccio pure. Ma se a 41 anni non ho ancora capito intuitivamente quali sono i miei obiettivi e priorità nella routine quotidiana, hai voglia tu a fare liste.
6. Make a list of daily tasks
Basta farlo delle cose che non sono di routine. Io me le metto in agenda sul telefonino con un prevviso sufficiente a farmici precipitare ed arrivare in tempo, se me le dovessi scordare.
7. Make the most difficult task your first
E chi lo dice? Perché tanta rigidità? Fai per prima la più funzionale o la più piacevole. Per esempio stamattina ancora non mi bevo il caffé. Però sto aggiornando il blog dal letto, utilissimo.
8. Make your phone calls one at time
Se avessi la linea fissa che, pare, mi verranno ad attaccare oggi, potrei. E se mi arrivano altre tre chiamate mentre sto al telefono?
9. Never put off till tomorrow what you can do today.
Invece se rimandi le seccature, 9 volte su 10 si scopre che se ne poteva fare a meno o che si risolvono da sole. Allora, chi te lo fa fare?
10. Tackle your emails one at a time
E se te ne arrivano 70 al giorno? Smetti di respirare? E magari la numero 18 è la risposta alla numero 45, quindi, fai quello che puoi, come vuoi e quando capita.
11. Take things by the smooth handleand
Si, però certe volte l'estremità ruvida offre maggior presa.
last but not least, MOST importantly
12. Reward yourself – you’re a star and you’re worth it!
Ma l'ha proprio scritta un calvinista questa cosa qui? A biondino, guarda che c'è anche chi le infinite cose da fare se le gode tutte, e non ha bisogno di un metodo.

Insomma, io non nego che vivere da 15 anni con un project manager non mi abbia insegnato a venir fuori dai casini e ad organizzarmi un minimo. Ma la cosa che funziona meglio è l'assertività, basta saper dire di no al momento giusto.

E comunque, ribadisco, se a 41 non hai trovato da te i trucchi che ti aiutano a far convivere gli altri con i tuoi difetti, ma chi te lo fa fare.

Poi se uno non sa o non vuole o non ha molto da fare, è chiaro che quel paio di cose meglio inventarizzarle, elencarle, ordinarle. Almeno passa la giornata.

mercoledì 23 luglio 2008

Presentazioni, mazurche e cha-cha-cha



Foto: i balli di gruppo ce li fanno fare anche al mattino in spiaggia, questi stacanovisti. Ma gli animatori, dormono in estate?

Oggi, dopo due ore di diligenza autobus arrancante sulla Tiburtina arriviamo a Pescara con Gnorpo One per conoscere Roberta e Sveva. Roberta (http://robertafilavafilava.blogspot.com) è esattamente come immaginavo (e si veste come me, porcapaletta) e Sveva, che comunque me la immaginavo poco e solo per via delle scarpine (http://creakit.blogspot.com/), era una cucciola stanca e intimidita tutta in rosa.

Efficienza da blogghiste: in un'ora ci siamo aggiornate su tante cose, tanto i fatti nostri reciproci ce li leggiamo già quotidianamente e li giriamo ai nostri amici (ehi, amica di Roberta che mi leggi ma non commenti, ciao, adesso che so della tua esistenza non credere di sfuggirmi, e lasciami un salutino, dai).

Le ho dato al volo il feedback sulle scarpine in Olanda, lei mi ha detto che le vende già alla mia spacciatrice di design preferita, Katia di Archimedia a Giulianova, che solo per un negozio con un nome così si possono far follie (e io infatti dal liceo mi vado a vedere le sue vetrine tutte le volte che posso).

Poi i figli cotti, l'autobus in ritardo e ci siamo lasciate sperando di andare in spiaggia insieme sabato. È la prima volta che conosco faccia a faccia un contatto da blog e guai se fosse l'ultima.

Poi siamo riusciti ad arrivare arrancando a Roseto, al nostro hotel preferito, il Mion G da dove ormai andiamo da 3 anni. Vittorio, lo chef, e il maitre ci aspettavano al varco con la cena, anche se era tardissimo e il ristorante era stato già riordinato. Ennio cantava in cinese con grandi acuti seguendo la musica che arrivava da sotto, anche per questo ho tagliato corto con la cena, tanto mangiava solo pane e si è persino portato tre fette in camera. Orso, qui da ieri e già acclimatato, saltava in mutande sul lettone e non aveva la minima aria di voler andare a letto.

Allora, prese le consegne dalla nonna stanca, abbiamo rivestito Orso dopo avergli mostrato i bellissimi regali fatti da Roberta: la sua marionetta verde a rana in oanno lenci, la giraffa marrone di Ennio e la mia borsetta reversibile di lino, splendida che la mia mi sega le spalle. E i bellissimi orsi della confezione, che so già cosa farne a casa nuova.

Siamo scesi dopo aver rivestito Orso, per una ballatina. senza dirlo lla nonna, of course.
"Guarda mamma, Orso è vestito tutto di verde e io tutto di bianco. Lui è una rana, io un pupazzo di neve".

Solo che essendo presto per la stagione, i bambini scarseggiavano e la terza età abbondava. Niente baby-disco, ma mazurche. Orso si è precipitato correndo e ballando nella sala, tentando di trascinarsi il fratello, che dopo un po' di ritrosia si è messo a ballare con lui.

Li ho sorpresi a imitare il cha-cha-cha della coppia accanto, comprese le giravolte. Però.

E poi Ennio, che dalle prime sagre a cui lo potavo in estate ha sempre manifestato una dubbia propensione allo stile musicale Casadei di Romagna, ondeggiava sulle mazurche, mentre Orso, che evidentemente ha gusti più raffinati, scappava via tenendosi le orecchie.

Adesso l'Hotel Mion G ha due nuove attrazioni per la stagione: il re della mazurca e i boys del cha-cha-cha. Ho dovuto trascinarli via e calmarli a botte di spazzolini da denti e racconti di storia patria (le oche del campidoglio, Romolo e Remo, cose del genere).

Mi sa che il fatto che quest'anno stiamo poco sia un caso lampante di blessing in disguise. Che l'abbiamo visto tutti come va a finire: uno cominica a cantare sulle navi da crociera, e poi....

martedì 15 aprile 2008

Cosa capita a non avere la televisione (cose brutte)

Io da quasi 15 anni non ho la TV. Un po' è che non l'ho mai veramente guardata neanche prima, poi si è rotta, poi abbiamo traslocato 3000 volte, alla fine anche per principio non l'abbiamo mai più ripresa. Che noi siamo più i tipi che leggono e internettano. E poi abbiamo questa fragilità di serie: davanti a uno schermo ci ipnotizziamo, ne riemergiamo ore dopo dicendo: dov'ero, cosa è successo? Insomma, a noi ci sembrava una cosa poco sana.

Cioè, la TV a casa ce l'ho, per guardare i DVD, ma non ho nessun collegamento. Mi rendo conto che ci sono vantaggi innegabili, specie con dei bambini in casa. Occhio non vede, cuore non duole, vale un po'per tutti noi.

Poi però succedono cose che ti rendi conto che può anche essere pericoloso. Che quella volta che ti esponi a programmi televisivi non sei assolutamente preparato.

Facciamola breve, ieri al dibattito multimediatico, c'era un maxi-schermo che, quando non mandava i risultati delle mini-elezioni nostre interne, che a una serie di affermazioni ad hoc potevamo rispondere se eravamo d'accordo o no premendo una specie di telecomando, e poi sempre sullo schermo apparivano i risultati, o, sempre sullo schermo, i collegamenti a distanza, ecco, lì mandavano senza audio un qualche canale italiano, dedicato alle elezioni. Tutte facce a me sconosciute, poi ci stavo seduta sotto, quindi per guardare bisognava torcersi tutti, e allora non è che guardassi granché.

Bé, a un certo punto, non inquadrano per un tempo interminabile Ignazio La Russa che stava dicendo qualcosa?

Incoscienti. Ma io ho due bambini piccoli in casa. Meno male che non ho la TV.

Ecco, lì mi sono resa conto di due cose:

1) ho fatto bene a non collegarmi alla TV da 15 anni
2) madonnina che trauma, quando non ci sei abituata, a vedersi faccia a faccia certi figuri. Signore iddio. e meno male che non l'ho incrociato di notte in un vicolo dei quartieri a luci rosse. Allora si che urlavo.

La terza considerazione la metto qui:
3) certo che alcuni tipi di riflessione tirano fuori l'idolatra in me. Sarà il trauma.

domenica 6 aprile 2008

La prova del 9 della maternità responsabile

Ho letto questo articolo bellissimo (clicca sul titolo) perché con due figli tra nido e scuola materna/elementare si entra nel circuito delle valutazioni, delle diagnosi, dei test.

Innanzitutto ringrazio il cielo che in Olanda esiste il consultorio da 0 a 4 anni, in cui, a richiami regolari, i bambini vengono misurati, pesati, testati, vaccinati e nel caso, i genitori ricevono consigli su come gestire inappetenza, disturbi del sonno e della crescita e in generale i tremila patemi che ci affliggono. Il tutto viene annotato in un librettino carino in modo da ricordarsene. Il libretto riporta una serie di informazioni e schemini divisi per età, in cui ci comunica cosa rientra nella "normalità" e cosa sarebbe bene invece controllare.

Che i miei figli ci vedono, ci sentono e si sviluppano bene, me lo comunica quindi il consultorio. Che a nove mesi mi ricorda che è bene sospendere ciucci e biberon e insegnare ai bambini a bere da un bicchiere, che più tardi è ora di educare i bambini al vasino e come farlo, eccetera. A 4 anni i bambini passano sotto il medico scolastico fino ai 18 anni. Per le patologie invece c'è il medico di famiglia, che volendo tiene tutti sotto controllo e magari sa già se certe cose vanno viste in una prospettiva famigliare.

Per tutte le situazioni anomale esistono specialisti di tutti i tipi, e una funzione di segnalazione alla fonte la svolgono proprio asili e scuole. E qui cominiciano i problemi. Come sono equipaggiati asili e scuole per fare fronte a tale funzione? Vall'assapé. Un corso di aggiornamento di mezza giornata? Una circolare del ministero della sanità? Una classe sovraffollata in cui ogni bambino che scoccia va isolato, diagnosticato e resettato?

A me sembra che oggigiorno tutti i bambini abbiano qualcosa da rivedere e correggere. Certo, alcune cose possono sfuggire ai genitori che in fondo hanno sott'occhio solo i propri figli, chi invece ne vede quotidianamente una 30-ina di anno in anno, ha magari di più l'occhio nel percepire le variazioni dalla norma.

Ma prima di diagnosticare, che è il primo passo verso la medicalizzazione e dio solo sa se il Ritalin di massa sia la soluzione per tutti i problemi dellla società, ricordiamoci che avere l'occhio per la variazione alla norma ancora non ci dice se un bambino specifico è felice, ha dormito bene, ha un dispiacere, ha perso una persona o giocattolo caro, ha una situazione tranquilla in famiglia.

Che a volte i genitori, nella loro ignoranza specifica sono e restano i migliori esperti dei propri figli. Che se il bambino è felice e cresce bene non gli importa se a una determinata età conosce 50 o 100 parole. Perché sanno che magari zio Ernesto anche ha iniziato a parlare solo a 4 anni e ciò non gli ha impedito di fare carriera.

Inutile dire cosa potrebbero fare meglio le scuole, e non fanno per tutti i limiti normali e accettati (ma accettabili?) che sappiamo. Mancanza di fondi, di strutture, di tempo, di energie. Lo sappiamo tutti che una classe di 10 bambini è meglio di una di 25, ma non esiste e ci teniamo quella di 25 o di 30 bambini cercando di trarne fuori il meglio. Nessuno ha mai vinto le elezioni promettendo e realizzando classi piccole in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Una visione poco lungimirante, se vogliamo, che sul lungo termine magari questa sarebbe una soluzione a tanti dei mali del paese, di qualunque paese, ma vabbé.

Quello che le scuole potrebbero fare, e non fanno abbastanza, è ascoltare e guardare seriamente i genitori. Inutile dire che il bambino si agita ed è incapace di stare seduto tranquillo, se lo stesso bambino a ricreazione beve tutti i giorni il succo di finta frutta con concentrazioni di glucosio altissime. Una circolare che proibisce di bere altro che acqua o spremute fresche di frutta, non la farà mai nessuno. A chi conviene, a parte bambini, insegnanti e genitori?

Meglio imbottire i bambini di glucosio, lattosio, e tutti i numeri E- che gli diamo da mangiare. Più facile fare diagnosi cognitivo-comportamentali, così che di tutti i bambini che conosco pare non ce ne sia più nessuno senza allergie, senza ritardi, senza stranezze, senza terapeuta. Creiamo una generazione finto-problematica, abdichiamo al nostro obbligo di osservare, informarci e decidere da noi se intervenire o far intervenire un esperto sui nostri figli.

In fondo siamo solo genitori. Vogliamo il meglio per i nostri figli. Vogliamo comprare un succo di frutta al prezzo più basso, non passare un quarto d'ora a leggerci la lista degli ingredienti on il librino alla mano. Anche perhé se il succo non passa l'esame, ciò non ci ha ancora procurato un'alternativa da dare ai nostri figli.

E se questo meglio per i nostri figli passa per una pseudo-diagnosi, anche se intimamente poco convinti della sanità e utilità della cosa, ci adattiamo. Per quieto vivere, per essere come gli altri, perché non resistiamo al ricatto di essere genitori irresponsabili che non si preoccupano per il proprio figlio. come se non facessimo altro ogni minuto della nostra vita. Ci martellano sul nostro punto debole per farci comprare, consumare, allinearci.

Mi piace la chiusa di quest'articolo: come possiamo convincere i nostri figli adolescenti a non fare cazzate semplicemente perché le fanno tutti gli altri, quando noi facciamo lo stesso? "Mi stai dicendo che salteresti dal ponte solo perché lo fanno tutti?" "Cara mamma, e TU cos'altro hai fatto?"

Perché mi è più facile ogni settimana, con la neve o con il sole, portare Ennio dalla logopedista (santa donna) e sprecare almeno un'ora e mezzo e tanta fatica, per tacer dei soldi, piuttosto che sedermi con lui 10 minuti tutti i giorni a giocare alle rime e alle parole? Mi basterebbe un buon manuale per farlo, e portarlo ogni sei mesi solo a fare il test.

Io sono sempre stata negata in matematica, ma anche la prova del nove della maternità, non so se ora come ora la passerei.

martedì 25 marzo 2008

Come rispondere alle mail: prontuario teorico, pratico e deontologico (ammazza che titolone!)

Il problema della tecnologia è che un sacco di utenti se ne serve senza avere idea di cosa sta facendo. Un po' come mio fratello da piccolo che mangiava lo yogurt magro perché per sentito dire sapeva che faceva dimagrire e poi per renderlo tollerabile lo addolciva con 300 gr. di zucchero raffinato. Roba così.

Non sto parlando di gente qualungue, ma di ingegneri, politici, rappresentanti del popolo italiano in esilio presso le istituzioni. Persone quindi che con un piccolo gesto decidono del nostro futuro. Uno parte dal presupposto che siamo in buone mani e ci possiamo fidare. Invece no, e una valanga di mail oggi pomeriggio mi dimostra che non possiamo fidarci più di nessuno. Da cui l'idea del seguente prontuarietto a maggior edificazione del popolo.

Attenzione: questo testo è un esercizio di satira. Persone sprovviste di senso dell'umorismo, di ironia e di gioia di vivere ne tengano conto perché a lettura ultimata non si accettano reclami. Chi ci prova lo fa a proprio rischio e pericolo. Il vostro computer vi si avventerà contro tentando di mordervi. Chi si trovi nei dintorni di Amsterdam tra il 28 e il 30 marzo e non viene a vederci a teatro, o lo fa e poi si scandalizza dei costumi scollacciati, possa essere colto da spam vita natural durante.

Tornando a noi: il problema fondamentale è che un sacco di gente, tra cui dottori, ingegneri, rappresentanti del popolo, varie categorie professionali e civili provviste di lauree, master e diploma di bagnino ancora non hanno capito bene una cosa fondamentale delle mail: la differenza tra Reply e Reply all.

NOTA 1
Non cominciate a dirmi che il vostro computer lo dice in altre lingue. Se la cosa vi turba la prossima volta vi fate installare la versione inglese.

Per cui adempio al mio dovere civico spiegandovela con un piccolo peresempio nei suoi tre aspetti: deontologico, teorico e pratico.

1) DEONTOLOGICO
Quando si manda un mailing collettivo è buona norma nascondere gli indirizzi e-mail dei destinatari. Ciò si ottiene molto semplicemente scrivendo gli indirizzi nel campo contrassegnato BCC. Se invece, per sbaglio, per la fretta, per malizia o semplicemente per pura ignoranza del contenuto di zucchero aggiunto che un vasetto di yogurt magro può tollerare prima di raggiungere il grado di saturazione, le mandate in CC, tutti i destinatari potranno comodamente controllare a chi altri avete scritto, e farre illazioni sulla provenienza, lecita o meno, della lista. In tal caso sappiate (e adesso lo avete scoperto per bene) che almeno un 10-20% di gente incazzata che vi risponderà chiedendovi che cosa vi siete messi in mente, toglietemi dalla mailing list, vergognatevi. Voi vi scusate umilmente, promettete di non farlo più e la cosa finisce qui. Se tutti nel frattempo hanno usato Reply non succede niente.

2) TEORICO
Con Reply rispondete solo alla persona che vi ha mandato la mail. Quindi succede che ignorate a bella posta di coinvolgere gli altri destinatari della mail originaria. Due le possibilità: intendete proseguire un discorso a due, e tutti, senza saperlo, devono molto alla vostra discrezione. Oppure, se per sbaglio, per la fretta, per malizia (stavolta vi risparmio lo zucchero nello yogurt) lo fate apposta, escludete bella posta alcune altre persone dalla conversazione, magari qualcuno lo scopre e poi si offende, allora aspettatevi almeno un 10-20% di gente incazzata che vi risponde chiedendovi che cosa vi siete messi in mente, mi state facendo le cose alle spalle, rimettetemi nella mailing list, vergognatevi. Voi vi scusate umilmente, promettete di non farlo più e la cosa finisce qui.

Oppure rispondete con Reply all e siamo daccapo: o siete una persona estroversa, collegiale, che vuole coinvolgere tutti, oppure in realtà pensavate di star dando una risposta privata e vi sputtanate da soli per tutta la mailing list, e poi vai di zucchero per addolcirti la vita. Tanto vi resta in bocca solo l'acido dello yogurt magro.

Se poi si applica la proprietà transitiva, e tutti i destinatari per sbaglio cominciano a rispedire con Reply all come degli invasati mail di protesta del tenore: non mandatemele più, è tutta colpa della sinistra, ma cosa ho fatto di male per ricevere tutte queste mail e così avanti per tutto un pomeriggio e ognuno di questi @#&** che continuano a inondarmi la casella di mail in cui chiedono di non scrivergli più e a me mi viene di rispondergli:

"Ma lo dice a me? Lei piuttosto, non la conosco, come si permette di scrivermi mandandomi a ogni giro di nuovo la lista completa originaria di 400 indirizzi e-mail che non voglio assolutmente conoscere. "

Poi vi spiego perché non la voglio quella lista nella mia casella.

Per dire: state molto attenti a come rispondete e come lo fate.

3) PRATICO
Il peresempio comincia con una mail di propaganda elettorale di un tizio, di un partito che non nomino in quanto apartitica dalla nascita. Lista di indirizzi e-mail visibilissima. Alcuni li conosco, e non sono loro che mi hanno risposto a cazzo. Di altri conosco l'estensione mail: so per chi lavorano. Sto parlando di organizzazioni sovrannazionali, dico Circo Barnum, dico Bollywood, dico NATO, dico Agenzia Spaziale Europea, dico Ufficio Brevetti Europeo, dico corte Europea di giustizia, dico Comites, dico società di trust, quelle che creano le scatole cinesi di società, per intenderci, dico la mia banca, dico la mia assicurazione sanitaria, dico la società a cui pago la corrente elettrica e taccio qui per non compromettermi ulteriormente. Avete capito perché non li voglio nella mia casella postale? Non li conosco, non so chi siano, ma mi si mette in relazione con loro per mezzo di un messaggio elettorale per un partito che non voglio nominare.

Di questi tempi di allarmi terroristici, governi caduti, logge e Vaticano intrecciati nella politica nazionale, quanto poco ci vuole a compromettermi? Io sto comprando casa, ho appena fatto u mutuo e tre assicuraizoni sulla vita in due, che qui si usa così. Chi mi dice che il mio assicuratore sanitario non vada a parlare con la mia banca che per ripicca mi faccia tagliare la luce in una casa di cui ancora non mi danno le chiavi. Ma la gente, quando risponde a una mail, si rende conto delle implicazioni?

Comunicato numero due, ricordo che sto sempre facendo un esercizio di satira. Non capite ancora il nesso comico? Continuate a leggere, che ci sto per arrivare.

Insomma, non le persone che conosco, amo e apprezzo e che signorilmente hanno preso atto del fatto che si trattasse di una cappella enorme (non cappella in senso architettonico, Santità, non mi comprometta) hanno risposto a chicchessia, ma un mucchio di altra gente che non ho il piacere di aver mai incontrato, ma che non escludo possa capitare prima o poi, che i Paesi Bassi sono piccoli e la comunità italiana piccola e affettuosa, e che si indignano nell'ordine:

1) Ma perché sotto campagna elettorale mi mandate informazioni su partiti? Mi arrivano persino i depliantini in casa e la cosa mi turba, chi vi ha dato il mio indirizzo (non lo sa caro signore che i partiti ricevono le liste elettorali per farsi la campagna elettorale? È perfettamente legale, come tante altre cose nel nostro paese)

2) Ma come vi permettete a mandarmi queste cose al lavoro, che mi compromettete (perfettamente d'accordo, purtroppo capita)

3) Toglietemi immediatamente dalla lista

4) Mi associo a quanto sopra

5) Anch'io

6) E io pure

Io dopo i primi due tre ho mandato una mail a tutti dicendo: OK è fatta vogliamo continuare a farci del male? Guardate che state creando dello spam, la piantiamo tutti e torniamo al lavoro? Mi hanno dato retta? Macché. Stanno ancora continuando a fare Reply all.

Io francamente sono un po' sconfortata. Questa è gente che ci lancia i satelliti sulla testa. Che decide delle testate nucleari. Che cura i nostri rapporti con le istituzioni. Che mi paga le medicine contro l'ulcera.

Per cui io ve lo dico chiaramente come la penso, così che poi quando finisce a schifìo non mi veniate a dire a me "Io non lo sapevo". Io vi dico che il giorno che ci cade, dioneliberi, un satellite in testa, gratta gratta, si scopre che è stato perché qualuno al momento sbagliato, ha fatto un Reply all di troppo. Ma figurati se ce lo verranno mai a dire.

venerdì 23 novembre 2007

Rottamazione vibratori inadeguati

Si, certe cose possono succedere solo ad Amsterdam, e meno male che le fanno. Dopo le aziende con una coscienza che decidono di ritirare prodotti perché non adeguati, decisamente pericolosi, non funzionano ecc., poteva mancare la rottamazione vibratori? Che è vero che gli olandesi il marketing fondamentalmente lo hanno inventato loro a partire da come si gestiscono la festa di Sinterklaas, ed è vero che credono di avere una coscienza sociale e un istinto emancipatorio nei confronti di tutto e tutti, anche di chi non vuole essere emancipato, ed è vero che sono famosi nel mondo più che altro per quei sex-shop con cazzoni di plastica spaventosi in vetrina che stanno su tutti i percorsi turistici, che poi la gente se gli chiedi cosa hanno visto ad Amsterdam pare che vedano il quartiere a luci rosse e le vetrine del sex-shop e poco più (tipo la casa di Anna Frank o il Van Gogh), ed hanno questo alto tasso di Internettizzazione che ormai anche il barbone a momenti ha la sua webpage, ma mettere tutto ciò insieme ha del genio.

Onore al genio, quindi. Si comincia con un sito dedicato (vedi link), in cui un testo di un equilibrio splendido tra marketing, coscienza sociale, uso e funzioni del dildo e vari altri aspetti che ora mi sfuggono, che non sono stata mica a farci l'esegesi, che io sono di quelle che le vetrine dei sex-shop mi mettono l'ansia da prestazione e allora evito di soffermarmi sulla cosa, dicevo il sito che spiega la faccenda.

Premettere, l'iniziativa parte da un negozio di vendite per corrispondenza dedicato soprattutto, anche nel nome, alla clientela femminile, che si sa, non siamo tutte proprio così tanto emancipate da andarcene belle fresche nel sex-shop dietro l'angolo a vedere le primizie della nuova stagione quando ci gira di fare shopping. Per dire che come minimo, se ci dobbiamo comprare le palline quelle per fare yoga, diciamo che dobbiamo fare un regalo a una che ha appena partorito e deve rifarsi il pavimento pelvico duramente provato dalla cosa. Signora mia, che secoli di repressione della sessualità femminile ancora si fanno sentire.

Allora, l'azienda ci informa che purtroppo è un settore ancora selvaggio e non autoregolamentato, per cui esistono tante ditte che si improvviano, tanti prodotti proprio inadeguati, nel senso che non fanno effetto, o ne fanno di meno di quello che ci piacerebbe, o non sono ergonomici, o sono fatti di materiali inadatti o dio ne liberi, decisamente tossici. Al che mi viene la nostalgia per il dildo d'avorio con i bassorilievi del Kamasutra di cui ho letto in Fanny Hill. L'avorio non è tossico e da quello che ho letto quello lì di Fanny Hill manteneva proprio tutte le promesse. EEEh, i prodotti di massa non sono più quelli di una volta che facevano per le elite.

E per ovviare a tutto ciò, dicono, hanno deciso di dare avvio ad un'azione di rottamazione dei vibratori vecchi, in cambio di uno nuovo. Hanno creato un furgoncino fattapposta con il logo di "scambia il tuo vibratore" che, esattamente come il furgoncino per la raccolta dei rifiuti chimici, si troverà in date stabilite in determinati posti (a cominciare da piazza Dam) dove le donne potranno accorrere in massa a far rottamare il vibratore vecchio in cambio del nuovo. Bello, non vedo l'ora, che ho sempre sospettato che il mio - regalo per Sinterklaas - fosse una ciofeca. Mi pare fosse stato comprato proprio da loro, ma prima che acquisissero la coscienza sociale. Buttarlo via non avevo il coraggio, era un regalo e poi praticamente nuovo. Rottamarlo mi sembra un'opzione responsabile ed ecologica, valà che mi decido. Vado a leggermi come funziona la cosa.

Non finisce qui: ci sarà una festona di scambio, bisogna iscriversi che le richieste sono maggiori di quello che pensavano, e poi vai alla loro festa nell'unico punto vendita fisico che hanno (in Vijzelsgracht, se interessa), con il tuo bravo numerino di prenotazione che hai fatto su Internet, consegni alla hostess il vecchio e nel corso della festa ti consegneranno il nuovo, che non si sa com'è, che è una sorpresa, ma tratto dalla nuova collezione di The Fun Factory, che ha anche un bel sito tradotto in Italiano, il che la dice lunga. I siti della maggior parte degli altri paesi sono in inglese. Fosse che c'è mercato, da noi, e per questo investono nella traduzione del sito.

La cosa che dicono en passant è che ci sarà tanta stampa, e quindi si faranno riprese e foto. Che è il motivo che mi ha decisamente scoraggiata dal partecipare, che per una volta che sono stata in TV a commentare sulla cattura di Provenzano, in orario tardissimo, con il cappello in testa che mi mimetizzava, ancora incontro gente che dice di avermi vista.

Meglio non rischiare di dovermi sentir dire "Ma sai che ti ho vista in TV a farti cambiare il vibratore, com'è, funziona bene, no che anch'io pensavo di prendermene uno ma l'Associazione consumatori ancora non lo fa il test comparativo e allora volevo chiederti come ti sei trovata con questo, che se ne sentono tante". Ecco, ribadisco, io continuo a essere la bimba tirata su dalla prozia monaca di casa, la mia emancipazione in proposito è all'anno zero e lo stomaco per mettermi in una cosa del genere non ce l'ho. Però per dovere d'informazione, ve la dovevo raccontare, spero qualcuno me ne sia grato un giorno, che una coscienza sociale ce l'ho anch'io.

Ah, stavo per dimenticare la cosa migliore: che ci fanno con tutti i vibratori rottamati? Un'opera d'arte di non so chi, che faccio fatica ad imaginarmela, l'unica cosa che ci farei io di artistico è un gigantesco Mobile con tutti i vibratori accesi contemporaneamente, da appendere all'obelisco di piazza Dam. O a una di quelle carrucole tipiche per porte i mobili nelle case sui canali, magari giusto quella che sporge dalla casa di Anna Frank.

PS Vedi amichetta mia tenera, tu te ne vai un paio di settimane ai Caraibi di novembre e ti perdi tutte queste belle cose. Poi mi tocca aggiornarti, contenta che lo faccio?