lunedì 31 agosto 2009

10 cose su di me

Mamma Emigrata e Genitori crescono mi hanno con segnato un premio (del che ringrazio) a patto che dica 10 cose vere su di me.

In genere i giochi li evito, ma stavolta ci provo lo stesso, perché me è il mio argomento di conversazione preferito, non sia mai mi lasci scappare l'occasione. E poi voglio vedere se ci riesco concisamente.

1) Faccio collezione di immagini e oggetti d'uso a forma di rana
2) I miei colori preferiti, nell'ordine sono: turchese, verde, rosso, viola. Ma anche certi tipi di giallo sono belli. E ultimamente l'arancione (questo comunque dice parecchio di me)
3) La mia educazione sentimentale si è compiuta su Angelica (tutta la serie) e Cosmopolitan
4) Mi sono laureata con una tesi su Asterix
5) Il mio fiore preferito è la peonia
6) Non datemi gelati alla frutta, troppo sani
7) Porto la 42 di scarpe (indirizzi ad hoc ben accetti)
8) Mi piacciono tutte le pietre semipreziose
9) Ho i figli più splendidi del mondo
10)Sono capace di giudizi spassionati e imparziali, Non sempre, ma di solito si.

Poi sempre per la teoria che in genere a molti i giochi impicciano, lo lascio qui per chi se lo vuole prendere.

domenica 30 agosto 2009

Il giro del mondo in barca a vela di Laura

Una delle notizie che hanno tenuto l'Olanda in fibrillazione in questi giorni è la questione di Laura Dekker, la tredicenne che con il consenso dei genitori (la madre comunque riferisce di aver paura per il piano della figlia) vuole fare il giro del mondo in barca a vela da sola e diventare così la più giovane velista ad averlo fatto.

Una cosa del genere dura due anni e il diciassettenne che ha finora battuto questo record è quindi partito quando ne aveva quindici.

Il tribunale dei minori l'ha affidata a un tutore, pur senza togliere la patria potestà ai genitori, e con la scusa dell'obbligo scolastico fino ai 16 anni l'hanno bloccata.

La mia prima reazione è stata, come penso tutti, sono pazzi hanno fatto bene a fermarla. Ma se ci penso molto bene, se consideriamo che i Dekker sono velisti, che Laura non solo è nata al largo della Nuova Zelanda in barca e che il giro del mondo l'ha già fatto con i genitori, e nessuno si preoccupava del suo obbligo scolastico, mi vengono altre considerazioni.

Non sono velista e quindi posso solo prendere per buono che dal punto di vista tecnico questa ragazzina sappia quello che fa e i genitori lo sanno pure.

Ma quello che mi viene in mente è che un velista solitario sta due anni da solo. E qui non è questione di tecnica, qui avrei paura anch'io. E che forse quest'ansia di battere un record non è la più solida delle motivazioni.

Quindi, da un lato trovo un peccato usare considerazioni comuni per una bambina e una famiglia che sono come minimo fuori del comune. Se lei ha questo tipo di motivazione non è ventilandole l'obbligo scolastico che la convinci, la butti solo giù. Io a 13 anni e anche adesso, con lo spirito di contraddizione che mi ritrovo, mi sarei detta: in culo la scuola e mi sarei fatta bocciare a ripetizione, con una motivazione del genere.

Dall'altro, in nome della stessa maturità e degli stessi principi che improntano evidentemente lo stile educativo della famiglia Dekkers, che bisogna dare fiducia ai figli anche se ti vengono con un piano impossibile e valutare insieme se ci si riesce, sarebbe utile se il tribunale usasse lo stesso stile nel comunicare con questa famiglia.

Ogni genitore conosce al meglio i propri figli, ogni genitore ha paura per loro. Nessuno ha mai ancora detto che i Dekkers sono pazzi furiosi o incapaci di intendere, quindi partiamo dal presupposto che tutte le domande e tutte le obiezioni prevedibili se le siano già fatte per conto loro. E che abbiano deciso, per motivi che solo loro sanno, di rispettare il sogno della figlia.

Ecco, a me intriga molto questo processo. Mi chiedo se Laura abbia mai parlato con il ragazzo che ha già fatto questo giro per sentire come aveva vissuto lui un'impresa del genere. O se lo hanno fatto i suoi genitori. Mi chiedo in che modo questa famiglia abbia deciso sulla cosa.

Mi chiedo anche, a titolo puramente teorico, se sia giusto che un governo debba interferire con cose del genere. Come giustamente osservava una rivista di vela, ci sono genitori che maltrattano i figli in ben altri modi, rifiutandogli le cure, o come qui in Olanda per i protestanti più ortodossi, rifiutando di far vaccinare i figli, e nessun giudice dei minori che interviene.

Insomma, spero che nessuno dei miei figli mi venga con una proposta paragonabile a questa e che non mi debba trovare mai in un dilemma del genere.

Però sono curiosa di sapere come se la sono risolta i Dekkers, indipendentemente da come andrà a finire con Laura.

De Uitmarkt

De Uitmarkt è il mercatone della stagione culturale ad Amsterdam. Oggi, in tutta una serie di sale e sedi varie tra centro, Stopera e Nieuwmarkt ci sono gli assaggi di spettacoli, concerti, film, musei, workshops per grandi e piccoli.

Il programma completo si trova qui: sotto programma, ZO (che sta per zondag domenica, è iniziato venerdì) e poi cliccando sul programma si apre una finestra con dei dettagli in più e un link verso Mijn programma. Se lo inserite, poi sempre dal sito vi aprite il vostro programma, ve lo stampate e ve lo portate dietro.

Io mi sono cercata alcune cose da vedere con le belve prima e dopo un compleanno che comincia alle 14:30, speriamo di riuscirci.

Come fondazione Quelli di Astaroth, invece trovate il nostro programma per Cinemissimo allo stand 118, quello del cinema Uitkijk, dove dal 15 ottobre verranno proiettati i film italiani scelti da Silvia e Roberto.

La falsa emancipazione delle donne del Nord 1: maternità

Correva l'anno del signore 1991, io studiavo a Groningen con un Erasmus e vivevo nella casa dello studente straniero, che era una roba che dovevano ristrutturare completamente e allora ci avevano messo un blocco cucina e alcune cabine doccia e ficcati lì in 54, di cui 14 italiani e altri 13 polacchi (me ne stavo a casa facevo prima) e ogni tanto veniva giù un pannello del soffitto.

Cosa fanno 14 italiani che si ritrovano a condividere una cucina gigantesca? Gli viene l'insana idea di mettere insieme le risorse e cucinarsi insieme. Io che venivo dalla gestione di un albergo me ne sono tenuta fuori, che la gente non si rende conto del lavoro di pianificazione che ci vuole, infatti in capo a una settimana era finita.

Però si continuava a mangiare insieme, magari la domenica, e ognuno per gli altri giorni si era fatto i gruppetti loro più affini. Tipo il gruppetto che dopo aver provato lo space-cake ed essere stati male una notte intera, ci riprovarono con lo space pesto.

Poi i maschi in riserva di caccia cominciarono a riportarsi a casa, nella cucinona generale, tutta una serie di bionde nordiche, con cui alla lunga e sui grossi quantitativi facevano poco, ma insomma, le avevamo tra i piedi.

Compresa la domenica che qualcuno aveva deciso di fare la pasta all'uovo, ci eravamo divisi i compiti, i più forti andavano a fare la spesa al mercato, chi sapeva cucinare meglio cucinava e i buoni a nulla avrebbero pulito.

Entrano le bionde che con aria di sufficienza commentano che non c'è nulla da fare, la femmina italiana è proprio schiava del maschio, perché sta sempre lì a cucinargli e lui è incapace di fare da sé. Hai voglia a spiegargli che era il giorno sbagliato, che in genere si cucinavano, e benissimo, da soli, anche perché al resto sto space-cake non è che interessasse poi tanto.

"Vuol dire che una sera vi invitiamo a cena, cuciniamo noi e vedrete se sappiamo cucinare o no". Eh, no, così non vale, se lo fai una tantum per dimostrare il principio, insistevano le bionde, è quello che fai nel quotidiano che conta.

Poi un paio delle bionde comunque decisero di dargliela, e la prima cosa che fecero fu di invitarli a cena a casa loro. E cucinargli. Alla faccia della coerenza. (Che cucinare per la convivialita è una cosa, cucinare per farsene dare un'altra, e infatti il capo mi ha sedotta invitandomi a cena e cucinandomi, solo che poi non ci provava e allora ho dovuto legarlo io al letto e spiegargli come vedevo la questione).

Ecco, quella fu la mia prima lezione, col senno di poi mi rendo conto che sia limitata, sul'emancipazione delle nordiche, e purtroppo per anni mi ha influenzata nei miei rapporti con le stesse.

Tipico olandese, per esempio, è questa questione del ditino alzato (se lo dicono loro, mica io): 'sti protestanti con una perfetta cognizione del bene e del male senza toni grigi, e con l'orgoglio che dio è dalla loro, hanno sempre un po' la mania di fare la lezione agli altri, con il ditino indice destro alzato ad ammonire e giudicare (che nei grossi contesti internazionali, con il peso che può avere un paese piccolo come l'Olanda di fronte a che so, la Cina, l'America, la Russia, fa anche ridere, ma loro, imperterriti, continuano a sentirsi la coscienza morale del mondo).

Insomma, gli olandesi si salvano perché hanno il marketing: qualsiasi cosa che facciano te la sanno impacchettare così bene che tu pensi davvero che siano grandi, belli, forti e fighi, poi, sempre per citare il mio compare Vincenzo che ci ha lavorato per anni in giochi di alta finanza, mica bruscolini

Sono peracottari come tutti gli altri.

L'emancipazione è un po'il leit-motiv dell'olandese: quello che è giusto per uno è giusto per tutti. In nome di questo a volte esagerano, per fortuna rimane sempre tutto alla teoria: tipo, la società si può fare, può essere formata a partire da un disegno ideale (de maakbaarheid van de maatschappij).

Ci hanno creduto pr tutti gli anni '60, '70 e '80, poi piano piano la cosa si è sgretolata, perché de maatschappij, dat ben jij ovvero lo slogan "la società, sei proprio tu" gli ha cominciato a ricordare che no, la società sono anche le persone senza la minima ambizione di emanciparsi, che stanno bene a rubare, imbrogliare, stare a casa seduti sul culo grazie al sussidio di disoccupazione, gli hooligan che fanno fuori treni e fermate del metrò, gli Hell's Angels che hanno bloccato la tangenziale guidando a passo d'uomo per il corteo funebre di uno di loro, ma soprattutto in sfregio alla polizia, e che del grande ideale della società che si migliora e va avanti, non gliene può fregare una sega. A loro la società fa un baffo.

Anche l'emancipazione a tutti i costi degli stranieri andava protetta, lo straniero è come te, anzi, più arretrato quindi va aiutato extra. Poi è arrivato Pim Fortuyn che diceva quello che pensava, per lui l'emancipazione dei marocchini passava attraverso i ragazzi che si faceva nelle dark-room e lo diceva pure, insoma, uno così non si sa come ma ha dato la stura a tutte le cose innominabili e viscerali che la gente negli anni del mito dell'emancipazione non poteva dire, perchè non era bon ton, adesso invece i culattoni son culattoni, le donne tutte troie e gli stranieri li impicchiamo.

Eeeh, sono trend mondiali, mica solo italioti.

Allora ti ritrovi, che, prima che io avessi figli, i genitori di figli erano odiati e boicottati dai colleghi perché pretendevano di uscire alle 17 e non fare straordinari, visto che si dovevano riprendere la prole. che non erano più affidabili e collegiali. In fondo dei rompicoglioni. non so chi ci ha fatto davero caso, negli anni '90 la cosa era molto palpabile, adesso è migliorata perché nel fratempo c'è stato un boom per cui si sono incoraggiate da matti le madri a rimettersi a lavorare, e loro, dopo, col cavolo che per la crisi si fanno rimttere dietro al lavandino. In quel periodo ho deciso che se avessi fatto figli mi conveniva mettermi a lavorare in proprio.

Anche perché, parliamoci chiaro: gli orari scolastici olandesi sono basati sulla madre che sta a casa (perché durante la guerra sono rimasti neutrali, quindi il capofamiglia continuava a lavorare e la madre a occuparsi di economia domestica). Dalle 8.30 alle 12 e dalle 13 alle 15. il mercoledi tutti liberi dalle 12. Trovatelo, un lavoro che valga la pena di fare in orari del genere.

Poi appunto il boom, nelle città si inventarono l'overblijf, ovvero restare a scuola. Tanto gli olandesi già di loro pranzano a panini e un bicchiere di latte, e tanto vale che i bambini lo facciano a scuola sotto il controllo di un gruppo di madri, che prendono per quest'oretta di sorveglianza, 10 euro di rimborso. Questi soldi vengono messi insieme dal contributo genitori, che è una somma che le famiglie sborsano ogni anno per le feste, i regalini di Sinterklaas, la gita scolastica ecc.

Ma la mia amica Anna che viveva ad Alkmaar, che sarà una cittadina, ma di testa è un paesone ignorante, non le diceva il cuore di mollare la figlia a scuola, insieme a quel paio di poveri bambini di madri lavoratrici, per non prendere i pochi posti a chi ne aveva davvero bisogno. E poi quei pochi bambini abbandonati lì, le facevano tristezza. Con le altre madri che facevano: ma che bisogno hai di lavorare, hai una figlia?

L'opinione corente era/è: i figli sono un egoistico hobby privato di chi se li fa, e se li fai resti a casa a curarteli, altrimenti non ha senso. Quando vanno a scuola, lentamente, ti trovi, tu madre, un lavoretto part-time poco impegnativo, sotto al tuo livello, per pagartici lo spillatico e darti l'impressione che non dipendi del tutto da tuo mrito. E pace.

Per fortuna vivo ad Amsterdam e per fortuna c'è stato il boom e per fortuna il governo lo spirito emancipatorio ce l'ha quando gli conviene: che le madri che lavorano pagano le tasse, pagano gli asili e i doposcuola, che impiegano altre madri che lavorano e pagano le tasse, eccetera.

Dal primo gennaio scorso le scuole per legge dovevano offrire, eventualmente in collaborazione con partner commerciali, pre-scuola, doposcuola e pausa pranzo. che l'emancipazione è una bella cosa, ma se non la si manda avanti a calci in culo non se ne viene fuori.

Come il congedo di maternità: 16 settimane, di cui l'ultimo mese di gravidanza obbligatorio. Va a finire che tutte le madri che lavorano, anche se lo vorrebbero, anche se hanno diritto ai tempi di allattamento sul luogo di lavoro, dopo tre mesi smettono di allattare. Perché le aziende di rado hanno uno spazio adatto per frti tirare il latte e conveniamone, farlo seduti sul coperchio del water, anche con la foto del neonato davanti al naso, non è che sia questo spasso. Rinunci e tiri a campare.

Ora, entrambi i genitori per legge possono chiedere e ottenere un part-time, ma resta il fatto che i padri in genere (e anche a parita di funzione) guadagnano di più, quindi il modello più diffuso è quelo dello stipendio e mezzo. Uno intero lui, mezzo lei. cosa ciò faccia per la carriera ce lo immaginiamo tutti e peggio ancora ti va se cedi alle pressioni sociali che il figlio te lo spupazzi interamente tu per tutti i 4 anni finché non va a scuola. Dopo, faticosamente, ricominciare con comunque un ritardo di crescita professionale che non recuperi più.

Alcuni genitori che conosco hanno davvero deciso di fare 4 giorni lavorativi a testa e tre giorni di doposcuola. Ne conosco due che fanno addirittura 4,5 giorni. Ogni due settimane, alternati, uno di loro ha il mercoledi libero, la mattina per andare in palestra o farsi due lavori di casa con calma, il pomeriggio per portare il figlio a fisioterapia e logopedia.

Già questo rispetto all'Italia sarebbe bellissimo, ma resta comunque il discorso dei tanti uomini che nella loro funzione non possono permettersi di farlo (dicono). Funziona molto bene invece nei lavori statali e parastatali. che hanno poi anche dei congedi di cura familiare, se ci sono situazioni particolari (e con i bambini piccoli ci sono sempre).

Poi certo, lavoro e maternità per le donne significa anche che coppie di due donne con un donatore fanno dei figli e talvolta riproducono la condizione delle coppie etero (una che guadagna il pane a tempo pieno, l'altra, in genere quella che partorisce, che finché i figli non vanno a scuola, li segue di più).

Insomma, su certi aspetti un minimo di emancipazione in più rispetto che ad altri paesi esiste, ma non necessariamente all'interno della coppia. Quando c'è è imposta dall'esterno, e soprattutto per motivi economici. Poi le leggi vengono fatte e uno se le tiene anche nei momenti di crisi, ma non facciamoci illusioni.

venerdì 28 agosto 2009

La falsa emancipazione dei mariti moderni

Ma quanto spesso succede che noi donne ci sposiamo un uomo convinte che ci assecondi ai fini della sacra parità e divisione dei compiti in famiglia, per poi doverci ricredere amaramente quando facciamo figli che per la maggior parte ricadono sulle nostre spalle, se non per l'esecuzione, sicuramente per l'organizzazione?

Particolarmente sfiduciate, da quello che sento, le donne del Sud Europa che sposano un uomo del Nord Europa, convinte che le lotte per l'emancipazone lì sono già state fatte e che possiamo un attimo riposarci sugli allori altrui.

Vane speranze, lo dimostra questa conversazione che ebbi anni fa con un gruppo di colleghe insegnanti di spagnolo. Tutte, Spagnole o Latinoamericane che fossero, si lamentavano che il marito olandese faceva il pascià e alla fine, quelle che rientravano alle 19 di corsa dal lavoro e gli toccava pure cucinare e mettere i figli a letto, e se si lamentavano (erano tutte free-lance), il marito al massimo rispondeva: eeh, ma se lavori così tanto e ti stressi, dovresti forse ridurre le ore.

Non: se io rientro alle 18 forse posso mettere almeno a bollire l'acqua, o sbucciare le patate, o riprendere i bambini dal doposcuola e intanto fargli fare il bagno. Non: apparecchiare. in genere li ritrovavano davanti alla TV.

E già questa è una situazione talmente tipica e ha una marea tale di sottotitoli che forse facciamo prima a elaborarla nei commenti.

"Ecco, si lamentavano, ho fatto di tutto per non sposarmi un latino e con questi gringo mi ritrovo punto e accapo. Anzi, pure peggio, perché le madri olandesi non gli hanno manco insegnato a cucinare o apprezzare le cose buone e si lamenta pure".

Tutte, tranne una: la più giovane. Che sorprese tutte dicendo:
"No, a casa io e il mio ragazzo abbiamo questo accordo che il primo che rientra cucina, e siccome lui torna prima di me almeno quelle 2-3 volte alla settimana, diciamo che ci siamo divisi".

Tutte strabiliate che la guardavano con gli occhi di fuori. poi qualcuna le chiese:
"Ma lui sa cucinare bene?"
"No, è spaventoso, ma è il principio che conta. e da quello non si deroga".

Ecco, quella ragazzina lì ci aveva capito tutto. Non aggiungo commenti (fatemeli voi che poi apriamo un dibattito). Io devo andare a svegliare le belve e fargli fare colazione (e non c'è latte). Il pranzo per scuola è già pronto, quest'estate abbiamo deciso (ho deciso e comunicato) che diventa un progetto di Berend, compreso l'approvvigionamento.

Non è ancora il contenuto ideale, manca la frutta o la verdura, e manca il colloquio con i clienti sui loro desideri del momento che sono sempre in fluida evoluzione, e il termos glielo faccio pur sempre io, ma è il principio che conta. Intanto l'impresa si avvia, il controllo qualità fa ancora a tempo a venire.

Ma è una cosa grande e bellissima che non debba farlo io, mi dà giusto quella calma in più al mattino che mi permette di svegliarli in dolcezza, coccolarli e farli uscire di casa non dico sempre contenti, ma un po' sereni si. Che oggi è grigio, piove e sono 16 gradi.

Nella mia esperienza empirica e con le geremiadi che nel corso degli anni ho sparso per il mondo e ho raccolto da altre, posso solo due due cose (che sono due, ma poi mi sfuggono di mano).

1) La costanza funziona. Non ti evita un eventuale divorzio ma funziona. Cosa fa infatti la moglie olandese? Insiste.
"Amore, allora i piatti li lavi tu mentre io vado a fare la spesa e poi cucino".
"Si".
Torna. "Amore, eravamo d'accordo che i piatti li lavavi tu".
Va in bagno. "Non posso cucinare se non lavi i piatti, e poi eravamo d'accordo".
Lui esce a portare a spasso il cane, che la povera bestia deve proprio, non si può.

A quel punto lei o cucina per tutti ma non per lui e quando torna lui con il cane può lavare i piatti e cucinarsi. O se ne va a mangiare fuori. O gli fa un cazziatone e lo manda a dormire sul divano.

Ma lo fanno perché gli viene facile? Perché si divertono? Perché non si incazzano? No, per il principio e ammiro la loro costanza. Ma se dovessi fare così io perderei il rispetto di me stessa e di mio marito. Siamo insieme anche per rilassarci e i piatti qualcuno un giorno li laverà.

La morale della favola è che se i mariti nordici aiutano in primo luogo è perché sono costretti, dagli accordi interni che qualcuno si ricorda di fargli rispettare, dall'idea che la parola è la parola e se una volta dici che farai una cosa, poi hai da solo il senso di colpa se non lo fai. E perché quacuno quel senso di colpa te lo ricorda, che è il fondamento del calvinismo in tutte le sue salse.

(Tanto gli stronzi, gli egoisti e gli sfaticati, maschi e femmine, esistono a nord e a sud e chi vuole se li sposi pure).

Con noi italiani funziona il senso della vergogna. Non è che ci vergognamo di fare o non fare qualcosa, ci vergogniamo se si viene a sapere. E allora, con il contesto che il vero uomo sta al bar e la moglie cucina e lava i piatti e gli stira le camice, lo strato di parità in base al quale forse è giusto, se si lavora in due, dividersi i compiti, è ancora troppo sottile.

Le mie zie, una che si lamenta del fatto che il figlio aiuti in tutto la moglie mentre ai suoi tempi non esisteva (figlio poco più vecchio di me) e l'altra che era orgogliosa di non aver insegnato ai figli a fare nulla in casa perché non era giusto che le nuore si trovassero il piatto pronto e avessero la vita facile (figlio poco più giovane di mio padre), le ho sempre avute come esempio davanti agli occhi, e in una situazione così, che speranza di evoluzione c'è? (l'evoluzione, minima, c'è, ovviamente, ma se ci vuole una generazione per non cambiare le madri, mica possiamo poi contare sui figli? Siamo madri, stiamo attente all'esempio che diamo ai nostri figli. Delle volte la nostra emancipazione è più necessaria per loro che per il nostro comodo).

E le regole e la quotidianità sono ancora troppo noiose perché chicchessia si diverta a farlo sempre, per puro senso del dovere. (Si, poi ci sono quele mie amiche e mio marito che se la casa è in disordine non riescono a rilassarsi, ma è un problema loro, qualsiasi buon analista può risolverlo).

2) Però, se poi alla fine ci mettiamo d'accordo sui lavori da fare e chi li fa, bisogna accettare che l'altro li faccia a modo suo, senza star sempre a criticare. Altrimenti gli si dice: brava/o, allora la prossima volta fallo tu che lo sai fare meglio.

E in questo, e soprattutto in questioni di figli, le madri hanno standard molto diversi dai padri. O accettiamo i loro standard, purché se ne assumano le conseguenze (se metti male un pannolino al bambino e questo smerda il lettino, gli fai il bagno, lo cambi, gli cambi il letto e lavi le lenzuola e vedrai che la prossima volta ci stai attento. Stirare l lenzuola, se è una nevrosi della madre, lo faccia pure lei).

Il problema nel mio caso è che mi sono sposata un mammo, e poi quando si è rimesso a lavorare, mi sono ritrovata un manager, poco in casa. Perché, lo dicevo nel diario del neopadre, i padri valutano il proprio contributo alla crescita dei figli e al benessere della famiglia in termini di occasioni future: se faccio carriera adesso, fra 10 anni ho i soldi per mandare mio figlio in America all'università. Se ho più soldi, sto davvero facendo il bene della mia famiglia.

Il periodo che davvero ero sfinita dalla combinazione ragazza madre dal lunedi al venerdì-lavoro-varie ed eventuali, e che ero pronta a divorziare se il capo non mi fosse venuto incontro, non tanto (ma anche) dal punto di vista pratico, ma almeno con il riconoscimento che mi stavo facendo un culo triplo e dimmi almeno brava, ce l'ho avuto. Sapevo anche che ero una lagna e che non era costruttivo, quindi mi sono sfogata da matti con fantasie di divorzio e trasloco, e lamentandomi con le amiche nella stessa barca. funziona, basta che poi si faccia anche il passettino in avanti e si cambi qualcosa nel quotidiano. (All'amica M. è bastato il corso di flamenco, senza deroghe lui a casa con la bambina e lei a flamenco il mercoledi sera).

Non che rientri a casa quando ho appena finito la lotta libera delle tre ore di punta: ritirali dall'asilo, cerca le scarpe, trascinali fuori dal castelletto in cui giocano, vestili, trascinali di peso a casa urlanti sotto la pioggia, vacci a fare la spesa 3 km. più in la con la bici carica di bamini e buste e il vento contro, cucinagli, litiga per farli mangiare, se hai la vocazione al martirio fagli il bagno sorvegliandoli a vista che sono troppo piccoli, mettili a letto, rimettili a letto, promettigli il mondo purché non ti costringano a dargli il valium, urla ancora un paio di volte, e in quel momento rientra il re della casa, e io esulto, perché a me davvero commuove vederlo rientrare, finalmente la mia giornata ha uno scopo, e lo vedo che annusa sospettoso, si guarda criticamente in giro, entra in cucina, vede il macello di piatti e roba in giro, sospira e si incazza perché io metto tutti i piatti da lavare nel lavandino in ammollo in attesa di tempi migliori e quindi lui il lavandino non può usarlo.

E alle mie rimostranze dice: vabbé, se non ce la fai li mettiamo un giorno in più al nido. No, io non voglio un giorno in più al nido, voglio che una o due mattine alla settimana mi aiuti a vestirli e portarceli, e una o due sere alla settimana li rirpendi mentre io cucino e mi aiuti a metterli a letto. così posso anche essere meno sfinita, fare il mio lavoro e quando li ho in casa godermeli un momento, non solo piangere per la stanchezza.

Delle volte leggo delle cose di Elastigirl che mi risvegliano immediatamente tutto il trauma di quegli anni. e pure io volevo/voglio il terzo fglio e mia madre mi chiedeva se lo volevo davvero o se volevo un attimo la considerazione e le coccole per lo stato di gestante e puerpera. La mia santa madre, mi tira scema, ma se non ci fosse stata lei di tanto in tanto.

Perché non ho fatto due figli per tenerli costantemente all'asilo, voglio anche portarli allo zoo, farli giocare con gli amichetti e dargli un po'di vita fuori da quel parcheggio senza stimoli che era il nostro nido all'epoca. in cui l'unica cosa che mi sentivo dire da maestre non formate pedagogicamente ma munite di check-list alla cavolo era che i miei bambini avevano ritardi linguistici e disturbi comportamentali perché giocavano preferibilmente da soli, visto che quando parlavano italiano gli altri non li capivano e li ignoravano.

Ecco, l'ho buttato fuori, questo è il riassunto di 6 anni in una casa-ufficio spalmata su 5 piani e mezzo e due bambini portati in braccio e in bici sotto la pioggia ovunque. Poi mia madre che delicatamente mi suggeriva che forse se io il weekend invece di sparire per andare a fare teatro, era meglio se restavo a far compagnia a mio marito e costruire un dialogo. Ma se io non avevo il teatro da mo che ero in una prigione psichiatrica per omicidio. Altro che dialogo.

Conclusione: se ne esce, ne siamo la prova vivente. Il dialogo, se non riesci a renderlo esplicito si fa da sé implicitamente. In fondo sia io che il capo siamo sposati con l'unica persona con cui riteniamo sia bello invecchiare, gli amici che hanno divorziat per incomprensioni e stanchezza quando i figli erano piccoli li abbiamo avuti prima di far figli noi e ce li siamo sempre tenuti come esempio. Non abbiamo mai tirato troppo la corda, e se uno dei due lo faceva, l'altro si arrangiava per rimetterla a un livello che gli andava bene.

E io mi rifiuto di dirgli ogni trenta secondi cosa non ha fatto che aveva promesso. Mi incazzo, mi costa energie, ma so che lo fa anche lui altrettante volte, e fare la predica a basso continuo mi costa ancora più rabbia ed energie.

Ho rivendicato una volta il mio diritto al caos, abbiamo preso una signora che una volta alla settimana spala gli strati principali di letame, ma mi gestisco i figli come voglio io e per il resto si tratta e si prendono accordi, nel miglior stile nordico. Che poi verranno attuati nello stile italico, e il signore ci sta dando a entrambi una grande pazienza.

Se però qualcuno ha idee per migliorarci, melo dica, che tutto è migliorabile nlla vita.

giovedì 27 agosto 2009

Ho messo le foto delle stoffe


I proprietari di Capsicum sono stati così carini da mandarmi un paio di foto, le ho aggiunte al post dell'altro giorno.

La prima foto è un ikat, la seconda un Crevel ricamo lana su cotone. Questo quassù invece è un batik, ma quello che ho comprato io è molto più bello.

Orso e il pensiero positivo

Oggi dopo scuola Ennio è andato a giocare dall'amichetto Samuel, cosa che mi ha reso il ritorno a casa lieve. Quando ne hai due, un bambino solo è un miracolo.

Siamo andati a comprare il pane dai fratelli Niemeyer e ci siamo fatti una tartelette a testa: Orso al limone perché non c'era quella alla fragola, e io alle noci. con cioccolata calda di cioccolata vera e una limonata allo zenzero per me.

Lui nell'angolo dei giochi da cui è poi emerso con un Richard Scarry che si è letto a tavola, e io con Elle Casa.

Poi sul traghetto, che stavolta era quello piccolo, così ci siamo seduti abbracciati al sedile dietro con orso che si guardava le onde prodotte dalle eliche e rifletteva sulle leggi della termodinamica.

Poi mi si è stretto un pochino:
"Mamma, io ti amo davvero tanto..."
"Amore mio, anch'io".
"E quando muori...quando diventi vecchia ti faccio vedere tanti film che fanno ridere".

Gli avevo raccontato l'aneddoto di quello che stava tanto male e si è affittato una marea di film comici, ridendo fino a guarire. E proprio la settimana scorsa mi hanno restituito, dopo anni di latitanza, il Guarire ridendo di Jacopo Fo.

Il capo ha sempre sostenuto che Orso fosse molto sensibile al pensiero magico. Io preferisco chiamarlo pensiero positivo.

Le evoluzioni calcistiche di Orso

Ieri secondo allenamento di calcio per Ennio, e ancora non abbiamo deciso se davvero sia una buona idea mandarcelo. Fatto è che nel tentativo di capire quanto costa iscriverlo, abbiamo scoperto che il sabato i Mini hanno le partitine di prova, e che i genitori sono pregati appunto di guidarli, visto che l'allenatore non c'è.

Io onestamente sprecare un sabato mattina per le partitine di CALCIO, uno sport per il quale non ho la minima affinità (preferirei quasi il curling, lo dico sul serio. Il cricket mai) è una di quelle disgrazie nella vita. Chiamato in causa il capo ha detto che potrbbe portarcelo lui ogni tanto, ma che in tal caso preferirebbe uno dei club vicino casa.

Anche quella è una pessima idea a mio avviso, perché fa tanto avere gli amici allo stesso club, e di quello al GeuzenMidden proprio non ci possiamo lamentare. Anche se dal parcheggio al campo sono un chilometro di via crucis con Orso che si lascia cadere sulle ginocchia ogni venti metri per dire:

"Mamma, io sono davvero TROPPO stanco" e io che mi stresso per via del parchimetro, della macchina noleggiata da restituire, del fatto che sono TROPPO stanca anch'io, ma tanto chi mi dà retta?. Quel chilometro, che potrebbe essere una passeggiata salutare in mezzo agli alberi rischia di diventare la causa del mio crollo nervoso, specie gli ultimi 50 metri.

Allora, per avere un quadro chiaro della situazione, ho imposto a Ennio di scegliere tra calcio e percussioni, che due pomeriggi al freddo e al gelo sotto la pioggia (percussioni anche senza macchina) sono troppi pure per me.

"Calcio" ha detto senza esitazioni.
"Orso, non è che piacerebbe giocare a pallone anche a te, già che ci andiamo con Ennio".
"A me il calcio piace no, ma piace guardare. E comprare le caramelle al bar".

Chiarissimo.

Ieri siamo pure arrivati presto insieme all'amichetto S., iniziatore di tutto ciò perché lui a calcio ci va dallo scorso anno. E dopo che mi sono costati € 15 di pranzo di patatine fritte nel miglior patataro d'Olanda (per chi interessi, sta sul Zuiderzeeweg, tra la tangniale e il lago. Si esce venendo dalla città dal Piet Heintunnel, al semaforo a destra e immediatamente a sinistra, una stradina sotto gli alberi in direzione del rimessaggio barche Ed Peek. Lo riconoscete dal numero di macchine e talvolta camion parcheggiati selvaggiamente, la botteghina dalla strada è quasi invisibile).

"Ragazzi, lo volete un pallone che potete tenervi" fa un tipo simpatico.
"Ma come", protesto, "un genitore fa tanto per insegnare ai figli a non accettare regali dagli estranei e poi succede davanti ai miei occhi".
"Il sono il materiaalmeester, l'addetto alle attrezzature" che ammettiamolo, avere un mastro nel titolo è una delle cose belle dell'olandese "e devi decidere tu se mi trovi un tipo strano".

Tre minuti dopo, mentre Orso aveva una cacca faticosa e io in corridoio mentre lo aspettavo mi sono dovuta porre il dubbio, per la prima volta in vita mia, se il nonno addetto al bar mi avesse o meno fatto due manomorte passando e ripassando, che a me per fortuna le manomorte non me le hanno mai fatte e non saprei giudicare, ma ieri il dubbio mi è proprio venuto, e si che sono distratta, mi tornano con un pallone un pochino consumato e i loso nomi scritti in pennarello tremolante sopra.

"Soffiaci che si asciuga l'inchiostro".

Poi Orso decide che vuole giocare anche lui.
"Ma solo oggi per provare, o sempre?"
"Solo oggi".
"Vabbé, lo chiediamo all'allenatore" e al kick-off degli allenamenti, con tutti i comunicati ufficiali, la ricerca dei compleannardi della settimana a cui tutti in coro cantano gli auguri, Orso che faceva "Chiediglielo, chiediglielo" e per l'agitazione non voleva andarsi a mettere nel gruppetto dei giocatori, Ennio che poi si impicciava e diceva "Ma Orso non può giocare", "Si che può, l'ha detto l'allenatore e tu fatti i fatti tuoi quache volta".

Che i grandi sono andati in squadrette da 4 a giocare sotto l'occhio di un padre, che hanno messo di mezzo alcuni genitori come assistenti allenatori, compreso il papà di S. che io non ce lo vedevo, un signore magro, architetto, l'icona dell'intellettuale ebreo, e infatti non sa manco giocare ma non è un elemento che pregiudichi l'assistentato, i piccoli a passarsi le palle e fare esercizi.

"Orso, stoppa la palla, guarda il bambino e tiragliela", pure io e la madre accanto ci siamo messe ad allenarli.

E anche il suo giocava per la prima volta, lei con una macchinetta e un obiettivo monstre lo riprendeva a ogni sospiro, e pensare che il povero era entrato piangendo per l'emozione.

"Comunque ti vedo pratica della cosa, hai altri figli qui?"
"Si, il grande che adesso ha quattordici anni, il mio compagno ci viene da una vita e anch'io ho cominciato a giocare un paio di anni fa".

Ecco, me l'ero fatta questa idea, che è un club per famiglie, e vuoi o non vuoi mi sa che quanto prima ci ritroveremo più coinvolti nella vita del club, io e il capo, di quanto fosse nostra intenzione. Che oggi hanno iniziato anche altri due compagni di classe di Ennio e con le madri ci siamo messe d'accordo che in inverno ci rifugiamo nel baretto e ci diamo ai lavori a maglia.

Intanto i piccoli tra cui Orso vengono messi a giocare contro i grandi, Ennio arriva protestando "Ma io non voglio giocare con i piccoli", "Devi fargli da esempio" gli dice l'allenatore, e lui si ributta nel campo.

Orso con mia enorme sorpresa è davvero coinvolto nel gioco. Cioè, un paio di volte si è davvero prostrato in terra come suo solito, a studiare le formiche o l'erba artificiale, ma il padre allenante in men che non si dica gli ha ricordato di giocare e lui si è lanciato subito.

Esce dal campo alla fine:
"Mamma, è bellissimo".

Va bene, ho capito. Meno male che stamattina ho iniziato il famoso corso di yoga con la mamma di M., che mi servirà tutto, quest'inverno. e la sera, l'amica M., laureanda in agopuntura, ma è già la migliore del corso mi ha invitata a farmi andare a pungere per la schiena. Adesso che è ancora gratis.

Mi sa che ci vado di corsa, che una depressione invernale come quella dello scorso anno io stavolta non me la posso permettere più.

Sabato foto, festa iniziale della stagione, iscrizioni e acquisto divise (rossonere). e pensare che c'e anche l'avvio della stagione culturale e io speravo di andarmene per teatro e musei con loro. Proprio tutta un'altra vita, il calcio.

martedì 25 agosto 2009

Io lo so che rompo...

... ma a voi sembra normale che per indicare la vittima di un accoltellamento Repubblica dica per due volte di seguito l'omosessuale?

Cioè, se un pirata della strada mette sotto una signora che attraversava la strada carica di buste della spesa, a voi sembra normale che si dica: "l'acquirente è ancora in prognosi riservata" oppure "l'avvocato dell'acquirente ha comunicato alla famiglia"?

Cioè, io mi devo rallegrare che questo criminale qui, dopo che lo avevano lasciato a piede libero, però alla fine a caua delle proteste e indignazione pubblica, decidono tutto sommato di arrestarlo? Lo condanneranno? O lo rimettono agli arresti domiciliari?

Le parole contano. Finché continuiamo a trattare gli omosessuali (ma potrei dire stranieri, potrei dire donne, potrei dire altre cose) come una categoria a parte, contribuiamo ad incoraggiare i pazzi che ammazzano la gente in quanto categporia, non in quanto persone.

E Repubblica, che di parole vive, dovrebbe saperlo. O potrebbe pensarci.

Stoffe, stoffe, stoffe: Capsicum


Guardate attentamente questa stoffa: non è tinta su capo, è tinta su filo.

Capsicum è da sempre uno dei miei negozi preferiti di Amsterdam, anche se, non sapendo cucire, poi alla fine non ci compro niente. Confesso che anche il prezzo mi scoraggia un bel po'.

Ieri però ho approfittato dei saldi e di tutti i rotoli a € 5 al metro per lanciarmi e sono tornata a casa con 11 metri di stoffe, tutti piegati amorevolmente e avvolti in un foglio trasparente e croccante. La busta non l'ho presa, e poi me ne sono pentita amaramente, perché pare siano dei collector's item.

La cosa è cominiciata con un batik che aveva lo stesso disegno di uno che ho comprato tanti anni fa a Kuala Lumpur. È un telo di cotone scuro e leggero, 110 x 200cm e in quel viaggio l ho usato come passpartout. Mi serviva una gonna lunga, e avevo la gonna, mi serviva un accappatoio e mi ci asciugavo, mi serviva uno zainetto, e me lo arrotolavo intorno al trasportabile. Nei viaggi in bus per tutta l'Australia me lo avvolgevo intorno alla testa, mi estraniavo dal mondo e dormivo saporitamente. In spiaggia mi faceva da telo per delimitare il territorio, o da tendina appeso a qualche ramo.

Alla fine, dopo anni, si è letteralmente ridotto a brandelli, e chiedere alle varie amiche viaggiatrici (perché quello è stato il mio primo e ultimo viaggione enorme) di procurarmene, nulla, non si trovava. Fino a ieri, e mi sono ricomprata al volo i miei due metri, anche se è stata dura scegliere tra le varianti di colore.

Le altre stoffe invece erano degli ikat, che è una tecnica di tessitura elaborata, in cui il filo viene tinto in motivi diversi prima di venir tessuto. In questo modo si formano dei disegni, tenendo conto dei punti colorati di trama e ordito. Per esempio da Capsicum sono famosissimi gli ikat Biscuit, ovvero dei teli bianchi con in mezzo tutta una serie di quadrati colorati (ma quelli non erano in svendita, sigh).

Quello che non si impara andando per svendite. Capsicum vende ogni tipo di filato interessante, con testure, ricami (quelli di cotone e lino con i ricami di lana si chiamano Crevel) e ci fanno anche tanti prodotti: tende, cuscini, tovagliati, copriletti, scialli. Il mio ikat blu indaco e bianco, mi spiegava la signora, posso anche usarmelo come scialle, se dimezzo i 4 metri.

Il bello è che le loro stoffe sono si prodotte in india, da tessitori che lavorano per loro da decenni (il negozio è stato aperto nel 1975 ed è appena passato dai proprieteri originari a due loro dipendenti decennali anche loro), ma vengono progettati in Olanda, tra gli altri da Mariette Wolbert, che per il cambio di gestione ha creato una stoffa bellissima con tanti fili colorati che escono tipo frange a righe sulla stoffa, che si chiama Spring.

Se siete ad Amsterdam un giretto fatevelo, anche perché è una strada interessante e piena di turisti: parte dal Dam, dietro all'obelisco, e prosegue su tutto il confine sud del quartiere a Luci Rosse, per finire nella Jodenbreestraat. A un tiro di sasso ristoranti per turisti, ma anche un paio di quelli che piacicono a noi (il cinese gigantesco al primo piano di uno degli angoli di quella strada ve lo raccomando).

E oltre alle varie porcherie per turisti, ci sono comunque ancora un paio dei negozi storici: la libreria Kok, con tanto antiquariato (io ci ho comprato anni fa uno dei primi dizionari olandese italiano pubblicati nel 1900, e un libro bellissimo e terribile di Goffredo Parise, L'odore del sangue).

Più in la, quasi verso la Jodenbree, c'è una merceria storica, sempre utile se decideste di farvele da soli le tende con le stoffe di Capsicum. insomma, andatevi a fare un giro a prescindere. Poi se girate a destra o a sinistra, saranno pure fatti vostri.

(Se ritrovassi la macchinetta fotografica, vi metterei pure un paio di foto delle mie stoffine0.

lunedì 24 agosto 2009

Meno 31 e Il manuale della mamma dello sposo

L'anno scorso a luglio ho messo sul blog un contatorino che oggi sta a 99968. Mi sembra un'enormità, ma mi fa ovviamente anche un gran piacere.

Se il visitatore/la visitatrice numero 99999 si fa viva con un commento, o una mail a orsovolante(chiocciola)gmail.com, e magari mi racconta mezza cosa di sé, cerco di farmi venire in mente qualcosa di carino e personalizzato per festeggiare.

Magari uno dei miei libelli amicorum. Qui sotto, tanto per darvi un'idea, il Manuale della madre dello sposo, scritto una volta per l'amica Laura.


Introduzione
Eh, si, i figli. Giusto quando si pensava di essersi tolte un peso, averli tirati su nel migliore dei modi, seguiti negli studi, avviati ad una professione dignitosa, ecco che ti fanno l’ultimo sgambetto: si sposano.

E non ci si lasci immediatamente andare a considerazioni sentimentali e lodevolissime sul tenore: il mio bambino si sposa (pronunciato a seconda dei casi con un sospiro di sollievo, una furtiva lacrima, un moto stizzito o alzando occhi imploranti al Cielo, che contempli di lassù le miserie di quaggiù con occhio benevolo), perché ciò ci distrae dalle impellenti necessità di sopravvivenza.

Non si dimentichi infatti che un figlio che si sposa, trasforma automaticamente la madre in madre dello sposo. E per meglio figurare in tale veste, non basta abbandonarsi alla spontaneità del momento (guai, anzi, perché nulla è meno spontaneo di un matrimonio) ma occorre approntare per tempo il proprio contegno o affidarsi alle cure di un rinomato mother of the bridegroom-planner professionista.

Questa guida quindi intende proporsi come un utile strumento alle imminenti madri dello sposo, sottoponendo alla loro attenzione una serie di punti essenziali alla loro posizione. Ognuna potrà chiarirsi le idee e decidere quale atteggiamento si confà meglio alla propria disposizione di carattere, complessione fisica e situazione. Lasciamo le successive conclusioni alla sensibilità individuale o alla competenza professionale del planner consultato.

Auguri e nipoti maschi,
L’Autrice

Preparativi
La madre dello sposo raggiunge picchi di stress da preparativi notevolmente inferiori a quelli della madre della sposa. La pressione non le si alza, gli attacchi di bulimia non sopravvengono, le notti insonni sono ridotte al minimo. Ciò le permette di arrivare radiosa al grande giorno. Anche perché non c’è rischio che lo sposo, al momento della vestizione, smagli tutte le calze per il nervoso.

La madre dello sposo parla con nonchalance dei preparativi alle amiche.

La madre dello sposo accetterà con grazia l’invito a un thé con la mamma della sposa, solamente per puntualizzare di lavarsi le mani da tutti i preparativi che la seccano. “È il suo giorno” dirà, sorridendo intenerita, della sposa “chi meglio della mamma può consigliarla e assisterla?

La madre dello sposo, può appellarsi ad antiche tradizioni di famiglia per imporre il suo parere sui dettagli che le premono. Dopotutto, non saranno certo suo figlio o suo marito a smentirla, che ne sanno gli uomini di tradizioni di famiglia?

La madre dello sposo è esente, se lo desidera, dalla partecipazione alla scelta del vestito da sposa.

La madre dello sposo, che lo desideri o meno, non è tenuta a sindacare sulla scelta dell’abito dello sposo. Ci pensa la futura sposa con SUA mamma.

La madre dello sposo non è tenuta, qualora non lo desideri, a ricamare personalmente per lunghi anni il lenzuolo nuziale. Viceversa, qualora invece lo desideri, la sua scelta si impone sul lenzuolo della madre della sposa.

La madre dello sposo può fare a meno di partecipare a lunghe spedizioni sulle bomboniere, ma ha diritto di veto.

La madre dello sposo può approfittarne per baciare chi vuole e farsi baciare da chi vuole. Viceversa, richiedendo il suo ruolo una presenza più discreta di quella della madre della sposa, ella può eclissarsi con discrezione per evitare i baci indigesti.

Stato d’animo
La madre dello sposo può piangere in chiesa, ma con discrezione. Si consiglia un fazzolettino bordato di pizzo - eventualmente tratto dai campioni di prova scartati delle bomboniere - al posto dei Kleenex. Tener conto di commozioni impreviste nella scelta di mascara e eyeliner.

La madre dello sposo, qualora interrogata, dichiari: “Questo per me è un giorno splendido, perché ho acquistato una figlia”. E si sa che le figlie non sono mai gratis.

La madre dello sposo, qualora non interrogata, si astenga da commenti. Se interrogata si rifugi dietro un signorile no comment.

La madre dello sposo può commuoversi al ricordo del figlio neonato.”Come crescono in fretta” sospirerà, senza aggiungere “Mi sembra ieri che gli cambiavo il pannolino”.

La madre dello sposo non assume automaticamente il ruolo di matrona per il semplice fatto che il figlio si sposi.

Conclusioni
Un figlio che si sposa può scombussolare un po’ la madre, per tanti motivi. Ma la madre dello sposo ha l’innegabile vantaggio sulla controparte di tenersi ai margini dell’organizzazione, risparmiar tempo e fatica e ricevere comunque la sua dose di complimenti e rallegramenti.

Tutti gli sfoghi emotivi del futuro sposo possono essere dirottati sul padre (“Sono cose da uomini”), le considerazioni finanziarie anche, e quindi la madre dello sposo può dedicare le energie da lei preventivate per l’evento a se stessa: scelga un vestito che le piace, si faccia fare un preventivo da parrucchiera, visagista e manicure, parli solo se interrogata e sempre in modo enigmatico.

Non essendo coinvolta eccessivamente nei preparativi può dedicare le due settimane precedenti l’evento a una visita alle terme per presentarsi radiosa il giorno dell’evento. Tenga presente che la madre della sposa sarà invece piena di occhiaie, insonne e con i nervi a fior di pelle. Solo per questo motivo ci si potrebbero augurare figli maschi.

Tanti auguri e buon divertimento

domenica 23 agosto 2009

Van Woustraat mon amour


Ieri con un paio di scuse-comissioni ho passato la mattinata in van Woustraat. Prima cosa, mi serviva una Wasserette di quelle con le lavatrici grosse, per lavare il tappeto, che dopo un inverno a proteggere il parquet sotto il tavolo da pranzo (le piastrelle e la cucina arriveranno, a breve spero) era spataccato come manco se l'avessi usato in garage sotto la macchina.

La wasserette, tenuta da un signore pachistano, aveva tutte le lavatrici in funzione, ma dopo la mezzoretta che ho usato per comprarmi il detersivo e l'antimacchie, massaggiare amorevolmente l'antimacchie agli enzimi su ogni singola patacca, la macchina era libera e vai di schiuma.

La cosa bella della van Wou è che come in altre vie commerciali, il parcheggio è limitato a un'ora alla volta durante l'apertura dei negozi, ma costa solo 10 centesimi l'ora, invece dei soliti 2-3 euro a seconda della zona. Quindi basta, tra una commissione e l'altra, rimettere un biglietto e ci stai un paio d'ore. E l'altro vantaggio quindi è che si trova posto.

Poi volevo una consulenza e una vernice base adatta al mio Oil-Eggshell di Farrow and Balls, che una vuole le vernici inglesi fighette, ma ho avuto la pessima idea di usare due barattoli già aperti precedentemente e la porticina dello stipo mi è venuta brufolosa come mai. Visto quindi che adesso tocca alle porte, scrastate (scartavetrate0 con tanto amore per tabto tempo, mica vogliamo usare il prodotto sbagliato? Scopro così che anche il fondo meglio abbia il colore della vernice.

Questo negozio, De Ru, lo adoro. Ha vernici, carte da parati bellissime, pigmenti, caseina, cere varie, tutte nell'armadione di legno antico coperto di barattoloni, che sembra una bottrga di speziale. Specie la scaffalatura dei pigmenti è bellissima, mi verrebbe voglia di comprarli tutti e provarli, anche se non ho la minima idea di come si faccia. So solo che sui colori e le vernici potrei perdermi.

Mi sono portata via alcuni depliant delle carte da parati Eijffinger, chiedendomi perché non sono riuscita a farmi neanche una stanza nello stile della foto (quella che mi piace è quella rossa, ma sul web non rende).

Poi mentre aspettavamo la lavatrice mi sono infilata in un negozio di vestitini bellini, più su, in direzione del mercato, che ha quest'insegna Itchy Bitchy, ma in realtà ha un'altra ragione sociale. Ha molta roba indiana, che non è al 100% il mio genere, ma anche una serie di cosine di una stilista locale senza nome, che usa diverse stoffe colorate e non fa mai più di due pezzi uguali.

Erano tutti bellissimi, tutti di misure comode, cioè taglia unica che entra persino a me, e la tipa alla fine non solo mi ha convinto a comprarmi un vestitone lungo, che io da qualche anno ho chiuso con le cose lunghe fino ai piedi, ma io ho convinto lei a far vedere alla sua socia alcuni dei collier e braccialetti di pietre dure che da questa primavera mi è venuta la fissa di fare per vedere se me li vendono.

Poi siamo passati davanti al Coffee Company, una catena che è diventata il barometro della gentrificazione degli ex-quartieri popolari di Amsterdam. Non appena apre un Coffee Company (mia madre si spaventa sempre quando vede cosa costa un espresso da quelle parti) sai che aumenta anche la percentuale di bici-carro cariche di bambini biondi e spesso fornita di secchiello per tenere in fresco il prosecco attaccato al telaio. Quelle vie lì.

(Significa anche che un po' alla volta cominciano a sparire le wasserette, le tavole calde surinamesi e i fornai turchi, che in primo luogo rendevano così carini questi quartieri, ma è il progresso, baby).

Poi abbiamo incontrato Renata al semaforo con cui ci siamo fatte un aggiornamento velicissimo sulle vacanze, e poi 40 metri dopo ci ha fermati Giorgio per un saluto e Ennio che si chiedeva perché tutta questa gente che mi parla in italiano. E si chiedeva pure perché conoscesse bene la zona.

"Perché in quella traversa lì c'è il teatro di mamma (senza spiegare che fra un po' lo trasferiscono e non ci stiamo più) e più avanti la pizzeria di Sebastiano".

E perché c'è il mio mercato preferito, l'Albert Cuypstraat, e perché ci abitano tutta una serie di amici e c'è anche il Sarphatyprk, che non glielo potevo ricordare allora altrimenti avrebbero insistito per andarci, ma è il loro parchetto preferito.

Perché avrei voluto abitarci in questo quartiere, ma la mancanza di parcheggi e i prezzi non ce lo consentivano. E soprattutto non ce lo consente il fatto che la maggior parte delle case qui hanno pochi metri quadri e non ce l'avremmo mai fatta.

È andata a finire che a sera con papà siamo ritornati in pizzeria da Sebastiano, giusto in tempo per evitare l'ora di punta delle famiglie con bambini, una pizza ad orario italiano per uno di questi ultimi weekend luminosi d'estate, a cantare con il titolare Mi piaccion le sbarbine e altre cose.

Poi, mentre il momento di calma stava per finire e cominciavano ad arrivare gli avventori figliodeprivati, siamo tornati a casa a dormire.

Pizza Taxi da Paolo e Seba: Ceintuurbaan 121

venerdì 21 agosto 2009

Temporale in piscina

Ieri erano previsti 32 gradi che sarebbero scesi ai 22 di oggi. L'ultima giornata calda dell'estate, ho interpretato io, e quindi deciso di andare in piscina con le belve. Il bello della piscina all'aperto è che nelle giornate con oltre 25 gradi stanno aperti fino alle 19 invece che chiudere alle 17, quindi anche il capo ci avrebbe raggiunti non appena arrivava in città.

Già che ci eravamo abbiamo invitato le vicine e compagne di scuola A. ed E., che mi piacerebbe che facessero insieme più cose. In fondo con la scusa della scuola fuori quartiere tutti questi bambini hanno pochi contatti sotto casa, quindi in parte magari vanno d'accordo abbastanza da fare qualcosa insieme, e dall'altra, in gruppo, possono forse affrontare meglio la teppa dei giardinetti, sennò a che serve abitare nel quartiere con tanti servizi ai bambini, se non li lasciamo mai a piede libero?

Da scuola alla piscina abbiamo dovuto cambiare due bus e un tram, e non vi dico che caldo. Poi però siamo arrivati, abiamo incrociato mezza scuola e una vecchia vicina con cui non avevo fatto a tempo a salutarmi, i bambini hanno nuotato insieme, sono andati a giocare nel castello della vasca della sabbia (dove E. si è infilata una scheggia sul dico e ci ha dovuto un pochino piangere e dove Orso è saltato facendosi male a un piede ed è arrivato piangendo anche lui).

Le mamme islamiche si aggiravano coperte, alcune in pantaloni leggeri, camicione e velo più o meno lasco, ma una giovane con passeggino a seguito era coperta con pantaloni, tunica alle caviglie e golfino a maniche lunghe in tinta, beata a lei che non moriva di caldo.

Poi magari più in là, sul pratone e in angoli più tranquilli c'erano le bagnanti in topless, che il bello delle piscine di Amsterdam è che c'è un po' tutto (pure un addetto in pantaloncino lunghezza ciclista con bretelle, che non so se è la versione for man del burkini, che però non c'era).

In realtà, nonostante la temperatura da sudata a ruscelletto (specie in autobus) il cielo era coperto dalla mattina, con quell'aria particolare che ti aspetti un temporale.

E infatti è arrivato, appena in tempo dopo che ci eravamo sbafati le patatine del chioschetto, e ci siamo nascosti tutti sotto una tettoia, con le gocce formato nocciole che cadevano con dei grossi splat per terra, quell'odore di ozono bellissimo da temporale e l'aria che si è rinfrescata di colpo.

Tutti a rifugiarsi sotto le tettoie, A. che invece, fino a che non si sono aperte davvero le cateratte, si godeva le prime gocce rade addosso, una cosa che piaceva fare anche a me. Poi si sono nascosti sotto la tavolo da ping pong in cemento, perché fa ridere più che ammassarsi sotto la tettoia con signori anziani panzoni in mutande e un asciugamano intorno al collo, e infatti ridevano da lì.

Anzi, a proposito di temporali estivi, ne ricordo uno da piccolissima in campagna in polonia, con l'acqua che davvero scendeva a secchiate, e noi a giocare sull'aja, qualcuno (forse proprio io) che aveva portato fuori una sedia e ci stava semisdraiato sopra a farsi cadere addosso la furia degli elementi.

Perché a me le gocce di pioggia che ti cadono addosso danno un fastidio fisico tremendo, specia quando vado in bici e mi si bagnano le mani e gli occhiali, ma per un temporale estivo come si deve, con lampi, tuoni e fulmini, faccio una grossa eccezione.

Per fortuna è arrivato il capo nel momento in cui stava riuscendo un raggetto di sole, e poi, alla faccia della cena e dell'orario da letto, arrivati a casa lui ha comunicato che andava a letto presto, io mi sono sdraiata un attimo sul letto dei bambini per cercare di fae mente locale e farmi dire cosa volevano per cena.

E mi sono svegliata una mezz'ora dopo, perché a me, come mi conciliano il sonno i temporali (e le vie crucis con i mezzi pubblici e la piscina insieme a 4 bambini), niente, una goduria.

E la cosa più bella di tutte è stato scoprire che da casa in piscina ci arriviamo comodissimamente e senza passare per il centro con due soli bus. Anzi, a voler fare i bravi, basterebbe persino andare in bici alla fermata giusta e prendere il solo 37.

(Al Flevoparkbad, l'ho detto in altre occasioni, ci si arriva con i tram 7 e 14, capolinea Flevopark, oppure il bus 37 da Nord). Aperto fino al domenica 6 settembre 2009, dalle 10 alle 17:30.

Ingresso: bambini dai 3 ai 15 anni, € 2,50
da 16 a 64 anni € 2,65
dai 65 anni in su € 2,00

e la tariffa fine giornata (ultima ora e mezza) € 1,30

più tutti i vari sconti per chi possiede la tessera Stadspas
http://www.zeeburg.amsterdam.nl/sport_en_recreatie/flevoparkbad

giovedì 20 agosto 2009

Neopadre 7: Come riesco a mettere i figli a letto alle 20 (mica sempre, però)

Alcuni commenti della serie "come fai" al post precedente mi hanno dato da pensare, quindi vi dico come facciamo noi e me lo riciclo pure come capitolo per il neopadre, che non ci si allena mai abbastanza in fretta.

Cominicamo dal principio: quando il bambino è neonato cerchiamo, vero, di imporgli delle dormitine a intervalli che riteniamo o ci dicono essere quelli giusti, no? A costo di morire, fare km. avanti e indietro nennando, sottoporsi a Estivillate varie etceterà. Ci viene facile? no. Ci viene spontaneo? manco, un gran culo ci facciamo, ve lo dico io.

Allora perché illudersi che a 5, 6 o 7 anni sia diverso? (Perché non ne possiamo più, ecco perché, e speriamo che adesso che sono grandi si arrangino e ci risparmino. Cosa che non fanno).

E perché quando sono piccoli insistiamo? Perché sappiamo benissimo che se gli passa il momento topico in cui si strofina gli occhietti e fa la lagna, poi gli passa il sonno e diventano vispi e arzilli fino alle 3 di notte, che poi il neonato spesso la mattina può dormire più di noi, che invece siamo degli zombie. Oppure si stranisce e piange per ore senza più riuscire ad addormentarsi con conseguente effetto zombesco.

Ecco, basta non dimenticarselo ed andare avanti. Finché erano al nido io pure li facevo dormire come e quando potevo, tanto la mattina ce la prendevamo comoda. A 4 anni Ennio è andato a scuola e sono iniziati i drammi di arrivarci in orario.

E quando la maestra di Orso un annetto o più fa ci ha detto decisa all'inizio di un colloquio sul rendimento scolastico: Orso deve andare a dormire alle 19:30 al massimo e poi possiamo riparlare di rendimento, che per adesso la mattina casca dal sonno, non si può concentrare e non se ne cava un ragno dal buco quindi di che rendimento stiamo parlando? (l'ha detto in modo molto più carino, che glielo fanno studiare apposta, ma il succo quello era), sempre ragione le abbiamo dovuto dare.

Insomma, il punto è che non possiamo avere la botte piena e il figlio ubriaco (che magari lì si che si metterebbero a dormire).

Un bambino che si fa le giuste ore di sonno, la mattina alle 7 si sveglia da solo e non devi discuterci mezz'ora. Si alza riposato e contento, con una fame da lupi e la colazione quindi basta mettergliela davanti. E alla fine ha persino quei 10 minuti per giocare, o leggere o rilassarsi un attimo prima di andare a scuola.

Lo sappiamo tutti, mica ci vuole il manuale, solo che siamo esseri umani anche noi e ci fa comodo scordarcelo. Ci fa comodo perché mettere un bambino a letto alle 20 presupone che tu dalle 17 / 17.30 cominci a lavorare in funzione di ciò. E alle 17 se va bene stiamo appena cominicando ad uscire dal lavoro, fare mente locale, volerci rilassare un attimo anche noi.

Invece bisogna avere un'idea di cosa farai per cena e magari anche avviarla, perché poi dalle 17 alle 18 bisogna che li ritiri dal doposcuola, alle 18.30 li metti a tavola, per le 19.15, dopo che si è mangiato e chiacchierato con calma (presupponendo che abbiano voglia di mangiare e che tutto quello che metti a tavola gli piaccia, che non comincino a farsi i dispetti e non rompano l'anima negli infiniti e svariati modi che hanno i fratelli di darsi fastidio proprio quando anche tu non desideri altro che un po' di pace, almeno mentre mangi), dalle 19.15 alle 19.30 tentare di fargli lavare i denti, i piedi, la faccia, il pisello (a volte fai prima a buttarli nel bagno mentre cucini, solo che al momento non abbiamo una vasca) e impigiamarli, giocare un minimo per fatti loro, (o come ieri, imporgli di mettere a posto gli infiniti pezzi del lego che mi si infilano nei piedi ogni volta che mi precipito al buio in camera mentre fanno casino quando invece dovrebbero dormire, che poi già che c'era Orso è riuscito a rompere un bicchiere in mille framenti prontamente mescolatisi al lego e vai che ti amo), poi farli giocae un pochino, o leggergli una storia, o cantare una canzoncina e alla fine, minacciandoli delle peggio sanzioni, chiuderti la porta e la luce alle spalle e sperare che dio te la mandi buona.

Invece no, fanno casino almeno fino alle 21 / 21.30 e li devi separare, e metterne uno nel lettone (in genere il più leggero da trasportare), poi però viene l'altro che al buio da solo ha paura, e poi devono bere un bicchiere d'acqua e poi si sono scordati di fare la pipì ecc. ecc. che ve lo dico a fare?

Però è possibilissimo metterli a letto alle 20, anzi, semplicissimo, ad attenersi allo schema. Solo che poi alle 20.01 cadi stroncata pure tu. il bello però è che la mattina la vita è molto più semplice. Che a scuola vanno meglio e a riuscirci pure intorno a ora di pranzo e fargli fare i compiti subito, tutta vita. che sono riposati, felici, magari si ammalano di meno, e tutto questo si rifette positivamente nella nostra vita.

Come vedete in questo schema non ci entra neanche un grammo di TV, perché è mia convinzione che guardare i cartoni al mattino stanchi e deconcentri per la scuola, e guardarli subito prima di andare a dormire ecciti inutilmente i bambini. Per quanto mi riguarda la Tv è come certe medicine: lontano dai pasti e lontano dal sonno.

La cosa bella è che adesso che leggono possono leggersi qualcosina da soli a letto con la lucina, che questo si che concilia il sonno. insomma, non è affatto uno schema da suora di clausura, non vi fate mettere in mente le cavolate. Io da piccola andavo a letto con tutta la routine serale già svolta immediatamente dopo Carosello, cos'erano le 20.30? Ne sono uscita benissimo, e così spero anche di voi.

(No, dico, quando ero al liceo tutti non facevano altro che parlare di arbore e quelli della notte, tranne me, che schiantavo sopra un libro quella mezz'ora prima che andasse in onda. E si che avevo una quindicina d'anni).

sono le nostre giornate che si sono allungate e i nostri impegni che ci impediscono di guardare a cosa è meglio per i bambini, ma a 5-6 anni le 20 non sono un orario così sbagliato per andare a dormire, se la mattina bisogna uscire presto. Poi il weekend e le vacanze saranno pure un'altra cosa, ma a un bambino quelle 11-12 ore di sonno che gli servono gliele vogliamo dare?

Considerazioni notturne

Ma com'è che io se non mi ci faccio un bel patema notturno che mi tiene sveglia quando in realtà avrei tanto da fare e bisogno di dormire, alle cose non ci arrivo, eh?

Sarà che non ho avuto una vacanza riposante e si che ci sono arrivata tenendomi insieme con la pinzatrice (lo scotch fa meno male, ma rischia di staccarsi e poi io se non mi faccio male non sto contenta, evidentemente).

Sarà che la scuola ancora non fa a tempo a cominciare e già sono presa nel vortice attività extrascolastiche come quando e perché e così non avanza manco un pomeriggio per starsene a casetta a fare un cavolo, annoiarsi, che è tanto formativo pure quello, o fare cose creative, altro che Soulemama.

Sarà che non faccio a tempo a liberarmi degli scatoloni, rendere la casa non dico accogliente ma un pelo più vivibile, che già il mondo mi salta addosso per farmi lavorare gratis (e me la voglio pure io che non dico mai di no).

Adesso lo dico. Fino almeno al 9 settembre, anniversario di matrimonio mai festeggiato in santa pace che c'è sempre qualcosa, io lo dico subito, non ci sono. Solo per lavori e solo se normlmente retribuiti. E solo se mi piacciono.

Ennò, perché se si comincia così adesso, con il capo che si alza alle 4 del mattino perché è rimasto indietro, qui non arriviamo ad ottobre, altro che fine dell'anno.

E se qualche idrauico, imbianchino o semplice perditempo con un minimo di buona volontà mi venisse a dare una mano, schifo non mi fa. Oppure, lo dico così per dire, se qualcuno mi invitasse a cena con tutti i maschi, possibilmente in serate infrasettimanali e non troppo tardi, per favore, che i bambini devono andare a letto per le 20, non si farebbe altro che ristabilire un certo equilibrio nell'universo.

mercoledì 19 agosto 2009

Poesia bucolica (come incastrarsi i mercoledi pomeriggio)

Amo gli orli di paesaggio sfilacciati,
dove comincia o finisce la città,
un campo appena arato fianco a fianco
alla dependance dell'università
ai pali del quartiere in divenire,
(un bosco sopravvive un po' più in là)
la tangenziale sopra alla ciclabile,
un pescatore sta dove poi sta
sull'orlo di un fosso ancora verde
che separa gli skater dai tennisti
e di fronte una baracca con su sopra
"la Benemerita" passa un plotone di ciclisti.

Tra queste strade e campi un'officina,
polisportiva e pista pattinaggio,
Premiata vetreria e se vi piace
l'area natura che a partir da maggio
ad ottobre inoltrato accoglie tutti,
vecchi, famiglie con bambini e cani,
i ciclisti, podisti e pescatori,
orde di ragazzini, tipi strani,
che invece di passare la domenica
a pescare, correre o pranzare,
mandano avanti un dopolavoro,
un club sportivo, o altre attività.

Oggi ho portato Ennio in una zona incognita tra Watergraafsmeer e Diemen, per il primo allenamento di calcio. Speravo fosse un calice che potesse venirmi allontanato, ma il destino ha deciso diversamente.

Ho conosciuto Kees che allena i Midi, il Cileno che allena gli F1, Paul che si occupa del baretto del club e potrebbe essere un mio nonno giovane e che nelle pause preparava una trentina di bicchieri di plastica pieni d'acqua per i prodi calciatorini in uniforme e rossi in faccia.

Ci abbiamo ritrovato un amico dell'asilo, i due fratelli metà marocchini della scuola, alcune bambine dalle mamme in vestiti a fiori, un padre in jeans, infradito Birkenstock e camicia bianca e io sotto il sole cocente a tentare di leggere il giornale mentre Orso riempiva di ghiande una bottiglia dell'acqua e giocava con una bambina sui tre anni, che poi gli ha rovesciato la bottiglia con le ghiande facendolo piangere e le è andata bene che era piccola.

Tutto un altro paesaggio, le zone dei campi sportivi. Peccato che il parcheggio più vicino sia a un chilometro abbondante e che Orso, alla mia domanda: ma ti piacerebbe fare calcio anche tu, ha risposto che solo se si può fare dopo balletto.

Fatto è che con il caldo che ha fatto oggi e cara grazia se dura fino a domani, a me onestamente avrebbe fatto più piacere andare in piscina.
Adesso mi toccherà iscrivere a musica da quelle parti, se si può.

lunedì 17 agosto 2009

Primo giorno di scuola

Stamattina, primo giorno di scuola Mamma Orsa e Papà Orso hanno accompagnato concordi ed uniti la prole, alle prese con le nuove maestre e la nuova classe.

PrimA NOVITÀ, IL QUOTIDIANO SALUTO ALLA MAESTRA CON LA STRETTA DI MANO E IL BUONGIORNO GUARDANDOSI NEGLI OCCHI hanno subito il primo cambiamento: niente stretta di mano, per via della suina. Anche i cartelli avvertivano che chi volesse informazioni su come la stiamo affrontando, ci chieda pure. Sicuramente una di quelle circolari che qualcuno al ministero deve inventarsi.

Poco male, la maestra non avrà stretto la mano per evitare contagi improvvidi e la capisco benissimo, ma noi madri ci siamo sbaciucchiate quanto ci pareva. (Anche la prole, il capo stasera ha riferito che quando è andato a riprendere i mostri al doposcuola c'era una bambina che si stava pomiciando Ennio).
"Ah, si, e chi era?"
"Non lo so, Ennio come si chiama la bambina che ti stava dando i bacetti al doposcuola?"
"M., lei mi dava i bacetti e io scappavo", lo sapevo che al massimo mio figlio la scambiava per una variante da femmine di acchiapparella.
"Oddio, M., faccio io, peccato abbia dei genitori tanto noiosi".

M. e Ennio in realtà si sono presi molto un periodo in cui erano entrambi appena approdat a scuola e per caso si erano ritrovati a lezione di musica, con grande straniamento di noi madri, che non potevano essere più diversi, i due.

Lei una femminuccia femminuccia, vestita di rosa, la vocina pigolante e il cerchietto per capelli di piumino bianmo, composta e tranquilla. Un po'lagnosa quando i maschi, Jesse ed Ennio, non la stavano a sentire e parlavano tra loro.

Lui un maschio maschio che correva, urlava, saltava e costruiva grattacieli e ferrovie, isolandosi in quei momenti in una concentrazione ai limiti dell'autismo, che non ha orecchie per qualsivoglia femmina, madre compresa.

A scuola di musica invece la compostissima M., aizzata da Ennio, correva e si scalmanava nelle pause pre e post lezione. Finito il corso di musica basta, lui cn i maschi e lei con le femmine. E adesso lo sbaciucchia. (Brava).

"A Orso invece sei mancata", continua il padre-bollettino.
"Amore, ma davvero? Ma anche tu mi sei mancato moltissimo, come mai?"
"Perché a un certo punto non c'eri, e allora ho dovuto un pochino piangere".

Ossignore, e io sono quella orgogliosa dei miei figli autonomi. Ma diventare uno dei grandi della classe è una pietra miliare anche questa, e ben due maeste nuove, così all'improvviso, forse anche.

Poi con altre due madri ce ne siamo andate al Bagels and Beans di veemkade, oltre l'acqua, a strafocarci di brownies e cappuccini. Che non pare, ma il primo giorno di scuola è un grosso trauma pure per le madri.

E io quest'anno non scappo più e da mercoledi mattina inizio anch'io a fare yoga con Nel e le altre. che il bello delle scuole a indirizzo Dalton è che attirano tutti genitori con professioni libere o creative, quindi il mercoledì mattina, yoga per tutte.

Che ci vorrà tutto per riarrivare sane di mente alla fine del prossimo anno scolastico.

Contrordine: martedi Pastapippo a Radio Onda Italiana

Martedi sera dalle 20 alle 21 su
http://www.salto.nl/streamplayer/radio/live_wereld.asp
si parlerà di emigrazione in Olanda: le aspettive, l’arrivo, le novita`di un nuovo mondo, gli incontri/scontri con una cultura diversa.

Come ospite e ideatore del tema vremo il blogger Pastapippo, aka Giulio, che ci sottoporrà le domande dei suoi lettori e risponderà alle nostre.

Cioè, noi sapevamo che era stasera per via del calendario estivo e le sostituzioni di Silvia. in realtà era normalmente la trasmissione di Fabio, e quindi se vi siete sintonizzati vi siete sicuramente goduti Mario Luzi con l'accompagnamento live di due chitarre. sicuramente fantastico, ma insomma, non eravamo io e Giulio alla chitarra.

Fannulla, perché domani, ovvero martedi 18 agosto ci siamo sicuramente noi per Il terzo martedi.

sabato 15 agosto 2009

Ferragosto tutto italiano al Flevopark

Io a Ferragosto ho sem[pre lavorato. Oppure vissuto in Olanda, dove non si festeggia.

Bello quindi un ferragosto italiano senza figli, mancavano all'immaginario di Giulio il tipico bambino che si perde e la tipica madre che ne urla il nome tutto intorno, mentre il padre sta a chiacchierare intorno alla griglia e versa da bere.

L'unica bimba che alla fine è arrivata non si perde.

Ma proprio tutto il resto, comprese le sardine alla griglia e il caffé della moka nel thermos erano assolutamente perfetti. A cominicare da;;a compagnia e a finire con la decapitazione del ocomero.


Peccato che le foto da ieri si rifiutino di caricarsi, ritenterò, tornate a guardare uno di questi giorni.

venerdì 14 agosto 2009

Lavori di casa

Io preferisco i lavori che si fanno subito e danno soddisfazione. Non la bastarda porta che da tre giorni mi crea solo sporco e disordine e non si vede mezzo cenno di progresso.

Oggi però ho verniciato il tavolo che finirà in giardino con la favolosa pittura ecologica a base di olio di lino. Rossa. Ma rossa rossa, che così quando quest'inverno guarderò il grigio che c'è fuori mi tiro su di morale. Stasera o domani la seconda mano e poi lo stencil (si, ho comprato uno stencil, che è vero che è meglio il minimalismo, ma un tavolo da giardino, ecchessarà mai).

Adesso mi godo il dopodoccia con le mani incorstate di vernice bordò del portone, tutte appiccicose e secce e schifide. Il che pone un problema di ordine igienico sanitario.

Madò, per la prima volta in vita mia ho nostalgia di un tampone con l'applicatore.

Volaaareee....

Mi dite sempre che siete contenti delle mie notizie di prima mano sul terremoto in Abruzzo e tutto quello che i media italiani non vi diranno mai?

Bene, per la gioia dei die-hards linko questo post di Katinka.

Che a me già sta in culo (si, si chiama turpiloquio) tutta la manfrina di mantenere l'Alitalia da decenni con le nostre tasse, un'azienda inefficiente, client-friendly quanto un calcio nei coglioni e inutile come poche altre mai, ma in Italia e presso l'enac al peggio non c'è mai fine.

No, così, giusto in caso aveste prenotato qualche volo vacanziero con Volare a suo tempo e MyAir di recente.

Ho risolto come stirare (circonvenzione d'incapace)

Allora, la casa è di nuovo in pieni lavori, domenica tornano i bambini e camera di Orso è ancora occupata da scatoloni e puttanate. Non arrivo manco a rimettergli a posto i vestiti semplicemente perché non ci si entra e lunedi cominica scuola.

Mannaggia a me e a quando mi sono messa a riverniciare l'interno delle porte di ingresso, che il colore a cui esternamente siamo legati per contratto mi fa schifo e almeno dentro lo vorrei cambiare. Per scoprire che il legno è marcio, gli strati geologici di vernice sono innumeri, insomma, molto lavoro e poco risultato.

Lo stiro si accumula. E Sturni a cui voglio un gran bene, si è rotta un osso e giace sola soletta e immobile in casa sua dall'altro lato della città. Sono stata io a dire a Sturni prima delle vacanze che doveva tirar fuori il suo lato dolce e piantarla di andare in giro come quello schiacciasassi che da milanese in carriera è una seconda pelle?

Bene, le ho portato sfiga. Perché più che del dolore alla gamba, e della relativa immobilità che la tira fuori di testa, Sturni è una donna che non deve chiedere mai. E quindi soffre da matti del dover dipendere dagli amici, chiedere il favore di una spesa o una passata di straccio ecc. ecc.

Oddio, forse è l'universo che le sta dicendo qualcosa. E spero non si rinchiuda nel suo guscio indaffaratissimo di efficienza una volta che le si risalda l'osso.

Però ieri, accompagnandola in ospedale, abbiamo scoperto che l'unica cosa che la consola in questi giorni è stirare, perché può farlo seduta. Se qualcuno prima le ha riempito e svuotato e steso la lavatrice, beninteso.

Insomma, sto facendo girare le ultime camice del capo e poi vado a portarle un carico. Che la Sturni ha specificamente sottolineato che lei con roba piatta non si diverte e che le devo portare qualcosa di stimolante. Camicie, per esempio.

Poi non dite che io per un'amica in ambasce non farei di tutto. E siccome sono stronza ci ho messo pure i calzoncini e la maglietta da ginnastica di Ennio, roba che per principio non stiro mai.

Le mutande no, che per fortuna anche quelle sono l'unica cosa che Sturni non stira, meno male. Sabato passo a prenderla per il pic nic di Ferragosto e ritiro tutto.

Lo faccio per lei, che la sua anima milanese, quando c'è contropatita si sente meno male ll'idea di chiedere favori. Adesso può farne lei uno grosso a me.

mercoledì 12 agosto 2009

Io non capisco i miei parenti

La casa di Ofena è in condivisione con tutto un gruppo di parenti, con i quali peraltro finché ci siamo frequentati siamo sempre andati d'accordo, con i pari generazione siamo coetanei e da ragazzi persino amici, insomma, un gran culo.

L'unica cosa su cui la pensiamo diversamente è appunto la casa che condividiamo. Loro non ci sono mai stati, manco in vacanza, manco in visita, forse una scappatina i gradi per i morti anni fa, toccata e fuga. Non ci fanno nulla e se ne disinteressano completamente.

Io invece ci ho vissuto, vorrei viverci più spesso, ci abbiamo fatto la veglia di mio padre e il mio matrimonio (mi ci hanno pure battezzata, se la vogliamo dire tutta) ci abita mia madre da quando è andata in pensione (anche perché altre case non ne aveva, ma sorvoliamo.

Per il resto Ofena è la morte civile, e in estate, quando ci andiamo, si arriva di giorno tranquillamente 42 gradi, il che vuol dire porte e finestre sbarrate fino alle sette di sera, però dentro, al buio, si sta pure bene.

Insomma, a poterselo permettere tutti gli anni, io pure mi farei piuttosto 6 settimane di mare, ma la casa al mare non ce l'ho. Invece ho il culo di fare la libera professione, e quindi, le 6 settimane di vacanze scolastiche che lo stato olandese mi concede in genere preferisco passarle lì. Una settimana di mare con il capo, e tutti i soldi che risparmiamo sugli affitti negli scorsi anni li ho buttati in muratori e materiali da costruzione per sistemarla.

Perché quando ci siamo rientrati era disabitata da 40 anni, fatte salve brevi incursioni in clima da campeggio. Il bagno era di pertinenza di un altro condomino e perdeva da tutti i lati, con gran gioia del vicino che veniva a telefonare urlando a mia madre e bisognava mollare tutto ed andare a Ofena cercare un idraulico ed ammansirlo, no, dico solo che i miei avevano un albergo e in quei periodi lì già lavoravamo tutti quanti quelle 16-18 ore al giorno fisse.

Insomma, quando mia madre ha perso l'albergo (messo all'asta per questioni di banche mai chiarite bene, ma chi apre un contenzioso con le banche in italia? Io no) non ha avuto altra scelta che portare tutte le sue innumeri carabattole lì (incluse le lezuola di 26 camere d'albergo et similia) ed andarci a vivere.

Cioè, prima mi è venuta a fare l'assistenza partorienti ed è stata 9 mesi con noi, ma poi si è posto il problema di sistemare la casa, e quell'estate lì, con Gnorpo One neonato e il capo disoccupato siamo andati a metter su un bagnetto e fare altri lavori.

Mia madre ha persino svernato alcune volte lì, ma non era fattibile, in una casa di montagna con il solo camino, scaldarla per una persona sola, uno sbattimento immane. Da allora sverna in Polonia dalla sorella e patisce molto meno il freddo.

Ma dicevo, i parenti: io i lavori strutturali e alle parti comuni degli scorsi anni me li sono suoanti e cantati io. Che quando uno vive in una casa perfettamente funzionante tutto l'anno non ha la prontezza di risposta che serve a me per rendere abitabile Ofena per me, i figli piccoli all'epoca e mamma il resto del tempo.

Io ci sto poco tempo, che in parte è vacanza e in parte mi devo portare del lavoro sennò chi mi campa, in parte è sbattimento con i vari muratori, idraulici ecc. in parte è lavoro che facevamo noi in prima persona, nelle pause tra un allattamento e l'altro ongi tre ore.

Poi fino allo scorso anno i bambini in Italia si stranivano e ci volevano 4 settimane solo per fargli capire che si mangia e si dorme regolarmente anche in vacanza. Tappati in casa col caldo becco di giorno e i figli insonni di notte, una casa ovviamente a prova di bambino d 100 anni fa, che la mortalità infantile all'epoca mica ve la devo ricordare (scale, finestre, prese non a norma e senza messa a terra, cantine, balconi sullo strapiombo del vicolo, i capelli bianchi mi sono venuti allora).

Ecco, quest'anno che forse si poteva goderci un po' tutto, c'è stato il terremoto. Mi ha telefonato l'universo creato per sapere come stavano mamma e la casa, a me, in Olanda, tranne i comproprietari. Ora ci sarebbero moduli da riempire, pratiche da avviare. L'ordinanza di inagibilità l'avranno avuta anche loro, immagino, no?

Io le mie vacanze le ho passate pagando un appartamento al mare che non potevo permettermi, mettendo i bamini in colonia per avere le mani libere e fare sopra e sotto tra costa e Ofena per parlare con i tecnici, la protezione civilem cercare di capire che status abbia mia madre e se le trovano un buco fisso in cui stare ("Ma non avete parenti che vi possano ospitare?" fa il sindaco, no, non ce li ho e quelli che ho sono inagibili anche loro).

I vigili del fuoco che telefona per dire "fra un'ora siamo da voi per farvi entrare" e a me se va bene ci vuole un'ora e mezzo per arrivarci. Ho salvato un po'di carte storiche. Mi sono gestita i vicini pazzi e quelli sani non ci beccavamo mai al telefono. ho scocciato l'univers creato per farmi spiegare il decreto (sono in una situaizone anomala, tanto per capirci, abbiamo uno status che va ad interpretazione).

Adesso mamma sta lì, ospitata di fortuna per quei pochi giorni che può e deve risolvere un'enormità di cose e capire cosa si deve portar dietro da quella casa inagibile. Mi sono vista costretta a contattare i parenti per sentire, se per piacere, se non hanno altre idee loro e se le hanno ce le comunichino, cosa vogliamo fare con la domanda di ristrutturazione. Che la casa è e resta inagibile, quindi non è che fai entrare un'impresa così.

E se non si fa qualcosa adesso, alle prime piogge e alla prima nevicata un tetto viene giù. La stanza del vicino già sta venendo giù da noi, ci manda a giorni i puntellatori e la stanza andrebbe svuotata, cosa che mia madre sta facendo clandestinamente. Che mica puoi star sempre ad aspettare i pompieri, povere anime, che ne hanno di lavoro. Mia madre il 20 vorrebbe partire, andare dalla sorella, e mettere le sue cose in un armadio per un paio di mesi, invece di fare la bag lady come sta facendo da aprile.

"Ma come, siete stati qui, potevi farti vedere".
Ooh, sono loro che abitano a un'ora di distanza. Cara grazia se sono riuscita in un mese a farmi 5 bagni al mare, per superare l'inverno buio che mi attende e che è cominciato l'altroieri.

Io i miei parenti veramente non li capisco. La loro parte non hanno mai voluto vendermela, per motivi sentimentali la casa se la tengono, ma i loro motivi sentimentali mi sembrano molto astratti. Una casa abbandonata se non gli stai dietro viene giù. È un concetto troppo alato da spiegare?

Shopping per la casa ecocompatibile


Anch'io come Emily! dopo aver goduto del distributore di latte crudo quest'estate in Italia ho finalmente trovato il negozio dove comprare i prodotti di pulizia a volume, riciclando quindi le bottiglie.

Si tratta di Eco-logisch in
Van Slingelandtplein 9,dietro a Stox, una zona commerciale dietro l'Harlemmerweg tra la van Hallstraat e la Admiraal de Ruiterweg.

La cosa che mi serviva e mi ci ha mandata è lo sverniciatore ecologico. finora avevo, quando costretta, usato quei prodottacci infami, puzzolenti, ustionanti e cancerogeni che sentivo le cellule moltiplicarsi incontrollatamente mentre lo spalmavo e solo quello fa fare un lavoro da cavolo. Oltre al fatto di farlo in quei rari momenti in cui in casa non c'è nessuno, 'nzia mai qualuno ci inciampa sopra. cioè, una logistica impossibile.

Lo sverniciatore che ho usato invece non ha manco una di tutte quelle etichette minacciose, velenoso!, infiammabile! ustionante! morde!, è un gel verdognolo che sa vagamente di frutta matura, forse un pelino in decomposizione, ma buono. E non brucia. E svernicia che è una favola.

Ma non finisce qui! A parte la vernice per il tavolo da giardino, che lo proteggerà dalle intemperie (è un tavolo di legno del mio ex-ufficio che è stato promosso a tavolo da giardino), e un po' di prodotti di pulizia, ho voluto abbandonarmi al mio mood casalinga entusiasta ed ho pure comprato le palle per lavare e il magnete anticalcare per lavatrice e lavastoviglie, le palle le ho usate tutta l'estate e mi sono sembrate cnvincenti, adesso devo convincere il capo, che i detersivi in questa casa li compra lui.

Dove ho perso il cuore però sono tutti i gadget a energia solare per ricaricare macchinetta fotografica, computer, cellulare. Hanno persino una zaino e una borsa con i pannellini esterni mentre all'interno hai direttamente le prese. Mannaggia, non li ho visti prima delle vacanze, ma so che ci ho risplto un po'di regali di compleanno di tutti i maschi tecnologici che ho tra i piedi, e uno è astemio e non la scampo con il vino, l'altro legge cose particolari e non mi salvo con il libro, HO RISOLTO il compleanno di mio suoceroooo.

Hanno poi articoli da ufficio, per feste, per i bambini, pavimenti, a;ternative eco e non più costose per calce, cemento, fughe per piastrelle, stucco ecc., una collezione di carte da parati, insomma, ci sarei dovuta andare quando abbiamo avviato i lavori per la casa a quest'ora avevo il generatore eolico e i pannelli solari sul tetto.

E non escludo di metterceli, prima o poi.

martedì 11 agosto 2009

Gnente gnente fossimo davvero uno stato laico?

Sarà che è vacanza? Prima passa la pillola abortiva, adesso leggo questa notizia rincuorante.

Miracolo, forse stiamo per ridiventare uno stato laico, che nll'ultimo paio d'anni mi sembrava l'Iran, una tocrazia bella e buona.

E no, cara Binetti, gli insegnanti di serie A e di serie B ci sono già: se non sbaglio l'insegnante di religione viene nominato dal vescovo, quindi non ce la siamo inventati noi questa situazione. Sono già di serie B, perché mica la laurea in teologia è obbligatoria per insegnare religione.

E per gli studenti e le famiglie, sempre di più, che non si avvalgono dell'insegnamento dela religione cattolica, e per tutti quei genitori di cui abbondano i mommy-bllogging, tanto laici e non praticanti, ma che per varie pressioni sociali del paesello iscrivono i figli a religione, questo secondo me è un messaggio rincuorante.

Poi hai voglia ad offenderti: la religione cattolica occupa già un posto talmente prominente nell'ordinamento scolastico italiano, che credevo fosse appunto uno stato laico, che uno manco si accorge più della sua invadenza.

Sarebbe tanto più adulto e furbo concedere che sarebbe meglio istituire una materia come storia comparata delle religioni, o di etica, che quella si che ci farebbe tanto bene.

Ma tanto, che lo dico a fare, lo sappiamo tutti dove andava a finire l'ora di educazione civica. Al compito in classe, o al ripasso o a qualcos'altro.

Lo dice una che appena ha compiuto 18 anni si è fatta esonerare da religione perché trovavo offensivo, per la religione appunto, quello che succedeva in quelle ore, propaganda ciellina per la DC. Ed avendo un gran senso religioso, come ha sgamato da tempo mio marito, a me questa situazione facva un gran male che da adolescenti si sa, siamo intrasigenti.

Ho dovuto aspettare i 18 anni perché mio padre si rifiutava: non per convinzione, ma per paura che se in un futuro avessi deciso per un lavoro statale, magari saltava fuori e perdevo punti. Mio padre ha lavorato sempre nella Pubblica Istruzione, io gli davo del paranoico, ma magari sapeva quel che diceva.

Ma togliamola quest'ora di religione, e ci togliamo un pensiero. Tanto chi ci crede sul serio dovrebbe provvedere di persona, e per mezzo della sua chiesa, all'educazione religiosa dei propri figli, perché soffrire tutti?

Improvvisazione teatrale in inglese ad Amsterdam

Vi segnalo un'iniziativa di Massimiliano e dei suoi colleghi del corso di improvvisazione teatrale. Queste serate sono aperte a tutti, è una disciplina di cui so solo per sentito dire e che mi sembra difficilissima, ma divertente.

Il bello è che lo fanno in inglese, quindi è accessibile anche a chi è nuovo ad Amsterdam.

Ci vediamo mercoledì al Crea, seguite il link per tutte le informazioni.

http://amsterdam-improv.blogspot.com/

Ricetta: spaghetti ruchetta, pinoli e pomodorini


In Olanda la rucola selvatica cresce ovunque, tanto la maggior parte del terreno è sabbioso. I posti migliori sono i quartieri di recente costruzione, sabbiosi anche loro. E la ruchetta selvatica è tutta un'altra cosa rispetto a quella roba del supermercato.

Anzi, delle volte è così piccante che si può ammansirla in cottura. Dovendo usarne un mazzone, sradicato da mia suocera, ne ho fatto questo:

Mentre bolle l'acqua, rosolare due spicchi di aglio (rosa di Sulmona, nel mio caso)in olio di oliva, lavare bene e tagliare la riuchetta in pezzettini da un cm. circa, buttare una manciatina di pinoli nell'olio e tostarli, poi aggiungere la ruchetta (e lo so che prima di ciò la cuoca smaliziata avrebbe cacciato i pinoli, ma io no) e farla appassire per 6-7 minuti. Aggiungerci alcuni pomodorini piccini picciò tagliati a spicchi, cacciare la pasta ancora un po' al dente e mantecarla un minuto nelle verdure.

Oppure, se siete meno sofisticati, fatevi direttamente un aglio, olio e peperoncino e buttateci dentro la ruchetta, prima di condirci la pasta. Un'acciughina non ci starebbe neanche male.

Si vede che non devo cucinare per i figli in questi giorni, vero?

lunedì 10 agosto 2009

Uomini che odiano le donne

Stasera alla radio abbiamo parlato della trilogia Millennium di Stieg Larsson, il cui primo volume si intitola appunto Uomini che odiano le donne.

Ecco, poi leggo una notizia del genere e mi tocca incazzarmi.

Cioè, un geloso pazzo fa lo stalker, spara all'ex fidanzata ammazzandola, poi lo liberano e lui insiste che è stato un raptus. Uno stalker mi sembra difficilmente riconducibile al raptus una tantum, mi sembra più una serie di raptus conmpulsivi, cioè, ogni volta che le rendeva la vita impossibile era un raptus?

E lo liberano dopo avergli dato trent'anni e ne ha scontato uno (per un altro delitto, un angioletto questo tipo).

Io mi chiedo se siano solo gli ex che ammazzano le donne, ad odiarle, o anche un sistema giudiziario che permette aberrazioni del genere. Ci odiano in tanti, bimbe, mi sa che ce ne dobbiamo fare una ragione (o andare a ripetizioni da Lisbeth Salander).

Stasera a Radio onda Italiana....libri!


State approfittando delle vacanze per rifarvi di tutte le letture arretrate accumulate durante l'anno? Beh, eccoci qui su Radio onda italiana, stasera dalle 20 alle 21, per una chiacchierata sui libri, presentandovi in anteprima la mia personale classifica dell'estate 2009, ma soprattutto un libro che mi sta enormemente a cuore:

Piccolo taccuino d'Abruzzo

appena uscito per mano del mio editore preferito, Exorma.

Si tratta di una raccolta di foto fatte a maggio da Occhiomagico durante la missione in Abruzzo per il mio libro, con altre regalate dai Vigili del Fuoco presenti dopo il terremoto.

Noi lo presenteremo ad Amsterdam il 5 settembre durante la giornata a porte aperte della Scuola d'Italia, ma voi potete già ordinarlo presso la Libreria Bonardi o tramite il vostro libraio preferito a info@exormaedizioni.com.

Per seguirci stasera via Internet collegatevi alle 20 su www.salto.nl, cliccando su Wereld FM e poi su Live.

E buon ascolto.

domenica 9 agosto 2009

Postilla sul Gay Pride...


... che pure quest'anno mi sono persa. In realtà ne ho visto un pochino un'estate che mi ero data appuntamento in centro con Ruvy, appena rientrato dall'Italia, portandomi dietro Ennio piccolo. poi basta, non è un appuntamento che mi caccia di casa apposta, ad Amsterdam ce ne sono troppi e me li perdo regolarmente tutti.

Quelléstate, dopo aver preso un caffé con Rudy, sentito del casino siamo andati vicino un canale a caso per guardarci un po' di barche e ricordo solo quella con i pompieri in tanga rosso (che belli i pompieri, persino in tanga rosso). Da quella volta ogni tanto mi ritrovavo per casa un figlio nudo o in pannolino con in testa il casco da pompiere e ogni volta mi veniva da ridere pensando a quella barca lì.

Insomma, lodevolissimo il Gay Pride per rendere visibile l'accettazione sociale dell'omosessualità. anche a costo di sembrare una sberla ai perbenisti benpensanti (fateci caso, parecchi di loro frequentano in incognito le dark rooms, mi giunge da fonte affidabile).

Bella anche come sfilata carnevalesca, perché con il clima che abbiamo qui farla a carnevale una sfilata del genere è impossibile, specia in tanga, si morirebbe di freddo (come quelle messe in scena popolari della Passione, in cui l'attore che fa Gesù crocifisso, nonostante lo spalmino con grasso di foca, muore di freddo, ma lì almeno c'è la lodevole intenzione spirituale di fare Gesù a Pasqua, che da noi in genere fa un freddo cane se cade presto).

Però come tutte le iniziative che indipendentementemente dalla realizzazione hanno un intento mancipatorio, per me il Gay Pride sarà veramente tale il giorno che non si dovrà più fare la sfilata.

Cioè, bello che le forze armate quest'anno per la prima volta abbiano dato il permesso di sfilare in uniforme ai propri dipendenti, ma meglio ancora sarebbe che la discriminazione effettiva degli omosessuali nell'esercito, olandese o di qualsiasi altro paese, cessasse del tutto, cosa che da scarsi episodi pervenuti alla cronaca forse ancora non è.

Cioè, un uomo o una donna, indipendentemente da chi gli fa sangue, purché adulto e consenziente, dovrebbe essere rispettato e preso sul serio per il suo essere umano, anche se capisco che a volte a guardare Ignazio La Riussa si fa fatica. Ma facciamolo anche con lui e il signore e l'umanità ce ne renderanno merito.

Ma trasformare in pagliacciata, per quanto liberatoria, quella che è un'istanza seria e rispettabilissima significa minarne la credibilità proprio agli occhi di chi va educato ad accettare questa umanità degli omosessuali e che normalmente pensa che siano dei deviati da nascondere, curare, far sparire. L'omosessualità come tema di emancipazione è una cosa seria, troppo per essere confinata semplicemente all'anonimità delle saune e delle dark-room, e alle sfilate, giocose quanto ci pare, ma limitanti della parata del Gay Pride.

La visibilità l'abbianmo ottenuta? Bene, adesso passiamo alle cose serie. Alle Pari Opportunità, per esempio. All'equiparazione legale delle convivenze, omo ed etero, al matrimonio. All'adozione. Perché a ballare in tanga su una barca, forse ci si diverte tutti per un pomeriggio, ma dai acqua al mulino di chi dice che una persona del genere non potrà mai adottare e crescere come si deve un bambino.

Mentre io penso invece che si, una persona che sia in grado di amare, mantenere ed allevare un bambino non vada discriminata sulle proprie preferenze sessuali. E un genitore che al momento adatto ha voglia di divertirsi, mascherarsi e farsi una ballata, beh, secondo me fa allegria e lo auguro a tutti i bambini.

Anzi, adesso vado a comprare un tanga al capo. Così ci facciamo due risate anche in questa casa. E gli metto il casco da pompiere, se ci sta.