Premessa: avevo iniziato a scriverlo 2 settimane fa questo post, sono rimasta indietro.
Da Giovanna Cosenza si parla di stage e avevo iniziato con un mio commento. Il commento mi è sfuggito di mano e ne ho fatto questo post, che dedico a tutti i meravigliosi stagisti che ho avuto al mondo, ringraziandoli per quello che mi hanno insegnato e sperando lo stesso anche di loro. Poi che lo dico a fare, la maggior parte di loro sono tuttora miei amici, quindi lascerò la parola a loro, se credono.
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Ho una piccola agenzia di traduzioni ad Amsterdam e grazie alle borse Leonardo ho potuto ospitare alcuni laureandi di scuola interpreti e università italiane. Nella mia situazione un rimborso spese di qualsiasi tipo non era proponibile, non solo per motivi finanziari (che comunque non potevo permettermi) ma soprattutto amministrativo-burocratici. Formalizzando il rimborso mi sarei accollata un lavoro che non sapevo fare, non avevo tempo e voglia di imparare e che se fatto male mi avrebbe tirato sul groppone un mare di guai.
Quello che potevo offrire era un portafoglio clienti interessante per farsi le ossa, la mia esperienza professionale, un mucchio di loving-tender-care e matritudine per studenti che avendo scelto una lingua rara, l' olandese, avevano forse più bisogno di esperienza sul campo (con i miei sottotitoli) nel Paese, e tutto il mio network che ha aiutato alcuni di loro che hanno deciso di fermarsi qui o tornarci dopo la magistrale, a trovarsi un lavoro. Ho pagato dei corsi di redazione in inglese, uso di CAT-Tools e altri training esterni rilevanti. E ho procurato dove possibile lavoretti retribuiti fuori dalla mia agenzia, perché i colleghi servono a questo.
La cosa più importante a mio avviso, e anche la differenza tra la mia e le agenzie più grandi dove lo stagista si ritrova a fare il giovane di bottega senza mai vedere da vicino una traduzione, lasciamo stare il correggerla e valutarla insieme, è l' esperienza pratica. Le scuole interpreti e di traduzione presentano spesso agli studenti un aspetto completamente irrealistico del mercato del lavoro: esistono solo le istituzioni e nulla oltre (al massimo le traduzioni letterarie, altra fucina di stage non pagati e lavoro pessimamente retribuito, ma vuoi mettere la gloria). E in nome della sacralità del lavoro presso le istituzioni si scoraggiano e terrorizzano studenti che magari hanno anche ottime capacità linguistiche, talento per il mestiere e voglia di lavorare, e che alla fine si mettono a fare la segretaria multilingue o l' account manager pur di non doversi confrontare con una cabina di traduzione senza rete.
Insegnare a uno studente quello che sta fuori dai libri, come funziona il mercato e quali sono le tariffe correnti, come farsi un tariffario e cercare committenti, quali sono i criteri di professionalità richiesti oltre ai contenuti linguistici, come fatturare e farsi pagare, aprire un conto in banca professionale, una partita IVA e una contabilità sono stati gli elementi che mi hanno detto essergli stati più utili.
Per quanto mi riguarda, avere uno o più stagisti (a un certo punto per sfighe varie ne ho avuti 3 contemporaneamente, di cui quello olandese, che stava scrivendo una tesi su Totò, tutte le mattine si sintonizzava su Radio Napoli facendocela godere a tutti. per un mese) per una ditta individuale è un lavoro. Trovargli cose da fare, correggere il loro lavoro, organizzargli i committenti esterni, tenere l'amministrazione dello stage mi sono costati molto più lavoro rispetto a farmi direttamente la traduzione nei ritagli di tempo, fatturarla e spedirlo al cliente. Però ho imparato tante cose da loro, è rinfrescante rimettersi dopo tanti anni nei panni di chi deve ancora iniziare la professione e su certi aspetti avere uno stagista è meglio di un corso di aggiornamento.
Quando è arrivato Stefano, che era il primo, io ero incinta, non avevo idea di come far fare uno stage a qualcuno, la casa che stava sopra la bottega era un disastro e dovevo ancora spostargli la postazione PC nell'ufficio sotto, per cui i primi giorni ha dovuto lavorare dalla mia camera da letto. Il primo giorno, non sapendo bene come regolarmi con un milanese, camminavo un pochino sulle uova, metti che sia berlusconiano e dico qualcosa di sbagliato. poi ci siamo messi a parlare di libri, è saltato fuori che Stefano Benni era lo scrittore preferito di entrambi (a lui il dubbio era venuto a vedere il campanello, uno dei miei figli nella vita ha un nome estremamente benniano, non ci scappi) e da lì ci siamo amati.
E siccome proprio quell' anno avevamo avviato il gruppo teatrale con Astaroth di Benni, lo abbiamo subito messo a fare il tecnico del suono, e le foto che abbiamo di lui quando alla seconda ci siamo ritrovati Benni in persona in camerino e a cena, e Stefano con l' aria di aver visto la madonna, ho avuto la tentazione di allegarla alla relazione di stage. Anni dopo mi ha ringraziata per avergli detto che a mio avviso era meglio se tornava nell'odiata Milano a fare la magistrale o qualsiasi altra alternativa sarebbe risultata complicata e lunga oltre che costosa. Tanto poi da Milano ne è sfuggito a gambe levate e se non mi sono persa delle puntate sono già altri due paesi in cui ha lavorato e vissuto.
Lo ammetto, li ho sfruttati vergognosamente: quando Dafna, la mia seconda stagista mi ha dichiarato che lei sarebbe stata altrettanto felice di tenermi i bambini quando non c' erano traduzioni, ne ho approfittato. Lei me li riprendeva dal nido mentre io cucinavo per tutti. Abbiamo ancora un suo disegno fatto con i bambini attaccato alla porta della camera di Orso, e adesso che lei il figlio se lo è fatto in proprio spero un giorno di ricambiare.
Idem dicasi per Francesca, anche lei quando mi ritrovavo incastrata con telefonate e rogne varie mi riprendeva Orso dal nido e ho saputo solo a stage ultimato che all' epoca mio figlio esaminava interessato tutti i ragni e le ragnatele per strada mentre lei aveva la fobia dei ragni. Santa subito.
Il discorso figli si è ribaltato con Martina, che invece all' epoca aveva Alice che neanche camminava e poteva pagarle il nido solo un giorno, quindi negli altri se la portava dietro e ci divertivamo tutti. Alice si è presa una cotta spaventosa per Ennio, che era tenerissima da vedere come gli agitava le braccine, ma mio figlio già allora delle donne che lo amano capiva poco e la situazione persiste tuttora. Le piccole lo adorano e lui manco se ne accorge e se qualcuno glielo dice si spaventa.
Nel tempo libero li ho messi tutti a fare i volontari per la Fondazione quelli di Astaroth nei ruoli più disparati (Edoardo a suo tempo aveva coniato i titoli di: tirapiedi, scagnozzo e Gran Ciambellone) in cui spero si siano divertiti e abbiano imparato cose. Jos all' epoca ci ha fatto una traduzione di un brano di Tondelli in olandese che ancora mi dico quanto è bella. Poi è scomparso tra Francia e Spagna pure lui.
Edoardo ci ha intrattenuti con il suo umorismo molto british, poi è scomparso e non se ne seppe più nulla, speriamo sia felice e stia bene.
Valentina non l' ho praticamente mai vista, si è rotta un piede tre giorni prima di iniziare, stava a Rotterdam dal suo ragazzo e ci siamo fatte lo stage per telefono e e-mail con traduzioni avanti e indrè. Lei e Alice, la sua amica e collega che mi ha spedito dopo, sono state le più faticose da mettere al lavoro semplicemente perchè non sapevano l' olandese e tutto il lavoro che potevano fare era in inglese, ma ci siamo divertite anche così.
Da qualche anno ho smesso perché ho cambiato l' impostazione della mia agenzia, ma nel nostro caso le borse Leonardo sono state risolutive. Alla faccia di quello che dicevano all' epoca certe colleghe, infatti, tutti i lavori retribuiti svolti dai fanciulli glieli ho rimborsati fatturandoli (e pagandoci le tasse) io e ripeto, il lavoro che ti procura gestire una persona quando in fondo non è che in quel periodo si morisse dal lavoro e che certe cose le potevo fare solo io, è uno stress di cui in questa fase della mia vita faccio volentieri a meno.
Alla fin fine hanno tutti lavori completamente diversi tra loro nei campi più disparati (la metà sempre con le traduzioni, quelli che hanno studiato olandese in Italia non ci sono più rientrati, con quelli che sono diventati traduttori free-lance continuiamo a passarci lavori e clienti reciprocamente, ecco, alla faccia di quello che ho detto sopra, se avessi le condizioni per offrirgli qualcosa di utile io uno stagista me lo riprenderei di corsa in casa. Ma c' è troppo poco lavoro per tenerli occupati full-time e allora ciccia.
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mercoledì 16 novembre 2011
giovedì 14 luglio 2011
Orsaggini (dell' arte, della scuola, dello sport e della buona cucina)
Orso sarà pure che a scuola fa opposizione passiva e non combina niente e l' altro giorno che la maestra ha tenuto duro ci ha messo dalle 9 alle 14.30 per fare un compitino di calcolo che al massimo in 5 minuti era pronto. Sembra che cazzeggi continuamente ma non perde una battuta e ai test di fine anno, che in quanto test sono molto più schematici e meno ragionati dei compiti che svolgono normalmente a scuola, ha preso un A (9-10) in lingua e un B (7-8) in calcolo. Per uno che non fa un tubo da novembre, una bella prestazione.
Ho provato a tranquillizzare le maestre dicendo loro che sul cognitivo meglio che non ci preoccupiamo, capace che non faccia niente per i prossimi 5 anni stando sottosopra e con un sacco sopra la testa (cosa che le ha fatte ridere) e che comunque faccia i test di uscita al massimo. Lo so perchè io a scuola ero uguale. La scuola mi piaceva perchè vedevo gente e facevo cose, anche se ero o mi sentivo isolata, ma per il resto, che noia santo dio, a fare cose che non mi interessavano nè mi appassionavano. Ma perchè non mi davano un po' dei libri dietro ai vetri sottochiave, così io non disturbavo e almeno mi divertivo. Mah.
Quello che pare a Orso venga bene è o scrivere storie a partire da un disegno, da questo punto di vista è sicuramente molto più affabulatore del fratello, che ha invece una certa incapacità a mettere insieme dei pezzi in una storia coerente, sempre avuta.

Infatti dovrò rimettermi un pochino a fargli fare qualcosa di creativo, domenica scorsa al mercatino di quartiere ha prodotto in un gruppo attrezzatissimo, pure gli impermeabili a mo di camice avevano, questo bellissimo lucertolone arancione e una farfalla viola coperta di glitter, che i glitter e gli sbrilluccichi ai bambini piacciono tanto, per fortuna non ne ho in casa.

A lui piace definirsi inventore, ora non è che le sue invenzioni fin qui siano lontanamente paragonabili a quei bambini che su internet trovano istruzioni per costruire radio, aspirapolveri e simili, am gli piace pasticciare con le cose, i chiodi, gli elastici, le vecchie viti, il lego. Dovremmo comprargli uno knax.

Cucinare invece gli piace molto di più e comincia a venirgli sempre meglio. L' altra mattina mentre nella fretta ero di sopra a tentare di prenotare la macchina per portarli a scuola, ennio che urlava allarme incendio e delitto, corri, corri mamma, Orso sta facendo cose che non può fare, poi sono scesa e l' ho trovato in piedi su una sedia che si era fatto un uovo occhio di bue.
E il giorno dopo gli ho proposto io di farselo, sotto mia supervisione, spiegandogli quanto olio mettere in oadella, che è caldo quando comincia a correre sul fondo. Solo la finezza di movimenti di spaccare l' uovo ancora non gli viene ("ma quando avrai rotto almeno 50 uova, Orso, ti viene da sè" " io ne ho rotte solo tre finora, mamma").
Ho sfrantecato non so quante amiche e amici in questa settimana e ieri Silviotta, che è veramente un santa donna, mi ha chiamata perchè glielo aveva detto Laura che mi sto preoccupando per lui, e voleva sapere come sto. Mi ha fatto bene perlarne, sto relativizzando la cosa e riflettendo. E Antonella mi ha suggerito di allargare una cosa che cerco sempre di fare in piccolo, ma è difficile senza organizzarsi:
"Portatelo via una settimana in territorio neutro e fate cose che vi piacciono".
L' ho proposta al capo, che ha paura che poi possa essere Ennio a sentirsi escluso. e allora facciamo a turno, una volta me ne vado io con un figlio e lui si occupa dell' altro e una volta va lui con Orso a fare cose da maschi, mentre io e Ennio ci lanciamo da qualcosa di eccitante e potenzialmente pericoloso.
Io direi che il capo se lo può portare in canoa a guardare il mondo e le papere dall' acqua, io avrei una gran voglia di andarci a fare un corso di ceramica, o a dipingere.
Lunedi che c' era il sole al supermercato ho visto una mamma con un treenne che andavano a fare la spesa e per un attimo ho avuto il rimorso di una vita più lenta, quella nella quale andare al supermercato con il bambino è veramente l' attività di metà mattinata che ti impegna almeno per un paio d' ora perchè te la prendi comoda e gli dai il tempo che ci vuole. Mai fatto, sempre di corsa con i minuti contati e se ci riesco senza figli, meglio. Li guardavo e mi dicevo: non è mai troppo tardi per ricominicare a darseli certi ritmi.
Ma è anche questione di carattere e questo non fa parte del mio. Preferisco litigarci per farli uscire, mettersi le scarpe e le giacche e fare pipì e pettinarsi e santoddio, dovrebbe essere una cosa bella per voi e allora perchè vi comportate come se vi stessi portando al patibolo o al mercato degli schiavi, che io in fondo sto bene pure sparapanzata sul divano, se proprio ho quelle 3 ore libere, e poi correre ovunque e vedere e fare cose e andare in città, o al museo o quantaltro.
La settimana prossima è l' ultima settimana di scuola, ho deciso che se il tempo è bello ci prendiamo il bus 38 e poi il 37 e andiamo alla piscinona all' aperto del Flevopark a fare gran pic nic, e se è brutto mi faccio un pass per i musei e cominciamo a fare cultura seriamente. Che anche il Van Gogh fra un po' chiude per restauried è meglio andarci prima, anche se il mio vero obiettivo è quello di portarmeli al Kroller Muller, che i Van Gogh lì a me piacciono molto di più (comprensibile, Madame Kroller Muller era una collezionista che se li sceglieva lei e li pagava i quadri, il Van Gogh è il dono della famiglia allo stato e per forza di cose ci stanno anche gli invenduti che si sono ritrovati in casa).
domenica 26 settembre 2010
Poi uno si chiede cosa faccio nel weekend
Per il prossimo weekend vi dico subito che io il 2 ottobre recito e che se volete ancora vederci meglio sbrigarsi a prenotare: info@ondaitaliana.org oppure 06 2538 2491. È un teatro da camera, i posti sono limitati e chi prenota lo faccia con cognizione di causa (provare last minute si può sempre, ma non garantiamo nulla).
Quindi questo venerdì sera noi abbiamo provato. Ecco la prova.
Nel frattempo qualcuno nel weekend si è dato allo shopping e cominicamo ad avere i costumi definitivi (quello di Othello, per dirla con parole sue, è una sborata fotonica). Con le prove di questa settimana ci siamo. Poi se qualcuno fosse così carino da ricordarmi che ci riprendono e che magari facevo bene a lavarmi i capelli prima di arrivare, magari era meglio.
Poi siamo andati a prenderci una birretta In de Wildeman che è uno dei vicoli che partono dal Niuewezijds kolk e che sarebbe stato, a saperlo prima, la location ideale per la lezione sulle birre fatta con luisito per L'AIS lunedi scorso. Fresca di lezione ho deciso di provare una di quelle birre belghe a fermentazione selvaggia, una gueuze non filtrata ed è stata un'esperienza talmente interessante che adesso che l'ho fatta posso morire felice di non essermi mai fatta mancare niente, ma per quanto mi riguarda, va bene così, non ho più bisogno di riprovarci.
Poi proprio mentre stavamo cominciando, come da anni non ci capita che non abbiamo mai tempo, a raccontarci della nostra gioventù pre- e post Amsterdam, che pare che tutti, da giovani, facevamo chi più chi meno radio o teatro o musica, poi chissà perché smetti e fai dell'altro e poi per caso ricominci e ti chiedi: ma dove sono stato tutto questo tempo? e ti dici boh, e pensi di essere fortunato ad aver ricominciato seriamente, e ad avere gente che fa sul serio con te, ecco, lì con mezza pinta di sidro e la geuze dietro le ganasce mi sono alzata, ho dovuto salutare ed abbandonare, che sabato mattina toccava alzarsi presto per raggiungere i colleghi del capo al complesso olimpico di Papendal vicino Arnhem per il weekend colleghi e partner.
Che bello e faticoso come sempre (ma già che spendono dei soldi, invitarci a un weekend di svacco e basta no, tocca sempre faticare?) e io dopo i primi 10 km. in bici per i boschi mi sono arresa, sono tornata indietro perdendomi per i boschi e se dio e la funzione mappe dell'ahi-fone mi hanno salvata dal vagare per dei giorni, vuol dire che forse almeno un 25-30 km. buoni in bici me li sono fatta, e poi entrare in una stanza d'hotel che l'ho vista e mi sono detta: adesso il maschio non scappa più, questa gli spiega come voglio sistemare il futuro bagno delle femmine sfondando la parete con camera nostra, e gliel'ha spiegato, solo che è rientrato mentre pisolavo saporitamente e poi se ne è riandato a fare cose, mannaggia alla commissione organizzatrice che deve per forza fare i segreti, che a sapere che tiravano con l;'arco nn andavo in bici e mi univo, prendendomi per buona anche la partita di calcio e il resto, ma no, sono andata ad Arnhem a strafocarmi di sushi all you can eat,a girare per negozi e spender soldi da Cora Kemperman (ben spesi però) e rientrare in tempo per la cena, che si ritrovano sempre gli stessi amici simpatici a queste riunioni dei colleghi con partner, quelli con cui sto veramente bene insieme, che mi sembra dica parecchio su questa ditta e l'atmosfera che ci regna (a volte invitano gli ex-colleghi che si sono messi in proprio o sono andati a lavorare altrove, pur di rivederci).
Per fortuna dopocena, il DJ Eugene ha messo tanta di quella musica che non ci piaceva che prima abbiamo ciondolato un po'al bar e dopo ce ne siamo bellamente andati a dormire. Il lavoro che mi ero portata manco l'ho visto, mi sono svegliata la mattina troppo più presto di quanto avrei voluto per il letto troppo morbido, sono scappata a far colazione senza capo, poi rientrata, pisolato, docciato, fatto i bagagli tenendo conto che io rientravo in treno ad amsterdam per girare un filmino con una serie di sciamannati che conosco (prossimamente su youtube pure lui, se si spicciano con il montaggio, oh, ragazzi, due telecamere mica son bruscolini. Avevamo pure la tavolatta per le scene e le riprese e un'autentica ex-produttrice passata al catering che si diverte un sacco di più mi sa.)
Il capo in macchina, dopo che abbiamo cercato per 3/4 d'ora le chiavi della macchina che mi ero persa nei meandri della borsa, rifacendo e disfando i bagagli, spostando i letti ecc. è andato dai suoi a lavorare, cenare e riportarsi le belve, che mi mancano un sacco ma avessi fatto la mossa di telefonargli da giovedì.
Domani all'amica agopunturista che la volta scorsa mi trovava parecchio giù (non ti sento per niente il polso, mi dici come fai a muoverti e a respirare, per cortesia?) che le racconto?
E pensare che era l'ultimo weekend rilassante fino a novembre dal prossimo in poi, comunque la giro, ogni weekend lavoro. Ma la gente normale nel weekend cosa fa?
Quindi questo venerdì sera noi abbiamo provato. Ecco la prova.
Nel frattempo qualcuno nel weekend si è dato allo shopping e cominicamo ad avere i costumi definitivi (quello di Othello, per dirla con parole sue, è una sborata fotonica). Con le prove di questa settimana ci siamo. Poi se qualcuno fosse così carino da ricordarmi che ci riprendono e che magari facevo bene a lavarmi i capelli prima di arrivare, magari era meglio.
Poi siamo andati a prenderci una birretta In de Wildeman che è uno dei vicoli che partono dal Niuewezijds kolk e che sarebbe stato, a saperlo prima, la location ideale per la lezione sulle birre fatta con luisito per L'AIS lunedi scorso. Fresca di lezione ho deciso di provare una di quelle birre belghe a fermentazione selvaggia, una gueuze non filtrata ed è stata un'esperienza talmente interessante che adesso che l'ho fatta posso morire felice di non essermi mai fatta mancare niente, ma per quanto mi riguarda, va bene così, non ho più bisogno di riprovarci.
Poi proprio mentre stavamo cominciando, come da anni non ci capita che non abbiamo mai tempo, a raccontarci della nostra gioventù pre- e post Amsterdam, che pare che tutti, da giovani, facevamo chi più chi meno radio o teatro o musica, poi chissà perché smetti e fai dell'altro e poi per caso ricominci e ti chiedi: ma dove sono stato tutto questo tempo? e ti dici boh, e pensi di essere fortunato ad aver ricominciato seriamente, e ad avere gente che fa sul serio con te, ecco, lì con mezza pinta di sidro e la geuze dietro le ganasce mi sono alzata, ho dovuto salutare ed abbandonare, che sabato mattina toccava alzarsi presto per raggiungere i colleghi del capo al complesso olimpico di Papendal vicino Arnhem per il weekend colleghi e partner.
Che bello e faticoso come sempre (ma già che spendono dei soldi, invitarci a un weekend di svacco e basta no, tocca sempre faticare?) e io dopo i primi 10 km. in bici per i boschi mi sono arresa, sono tornata indietro perdendomi per i boschi e se dio e la funzione mappe dell'ahi-fone mi hanno salvata dal vagare per dei giorni, vuol dire che forse almeno un 25-30 km. buoni in bici me li sono fatta, e poi entrare in una stanza d'hotel che l'ho vista e mi sono detta: adesso il maschio non scappa più, questa gli spiega come voglio sistemare il futuro bagno delle femmine sfondando la parete con camera nostra, e gliel'ha spiegato, solo che è rientrato mentre pisolavo saporitamente e poi se ne è riandato a fare cose, mannaggia alla commissione organizzatrice che deve per forza fare i segreti, che a sapere che tiravano con l;'arco nn andavo in bici e mi univo, prendendomi per buona anche la partita di calcio e il resto, ma no, sono andata ad Arnhem a strafocarmi di sushi all you can eat,a girare per negozi e spender soldi da Cora Kemperman (ben spesi però) e rientrare in tempo per la cena, che si ritrovano sempre gli stessi amici simpatici a queste riunioni dei colleghi con partner, quelli con cui sto veramente bene insieme, che mi sembra dica parecchio su questa ditta e l'atmosfera che ci regna (a volte invitano gli ex-colleghi che si sono messi in proprio o sono andati a lavorare altrove, pur di rivederci).
Per fortuna dopocena, il DJ Eugene ha messo tanta di quella musica che non ci piaceva che prima abbiamo ciondolato un po'al bar e dopo ce ne siamo bellamente andati a dormire. Il lavoro che mi ero portata manco l'ho visto, mi sono svegliata la mattina troppo più presto di quanto avrei voluto per il letto troppo morbido, sono scappata a far colazione senza capo, poi rientrata, pisolato, docciato, fatto i bagagli tenendo conto che io rientravo in treno ad amsterdam per girare un filmino con una serie di sciamannati che conosco (prossimamente su youtube pure lui, se si spicciano con il montaggio, oh, ragazzi, due telecamere mica son bruscolini. Avevamo pure la tavolatta per le scene e le riprese e un'autentica ex-produttrice passata al catering che si diverte un sacco di più mi sa.)
Il capo in macchina, dopo che abbiamo cercato per 3/4 d'ora le chiavi della macchina che mi ero persa nei meandri della borsa, rifacendo e disfando i bagagli, spostando i letti ecc. è andato dai suoi a lavorare, cenare e riportarsi le belve, che mi mancano un sacco ma avessi fatto la mossa di telefonargli da giovedì.
Domani all'amica agopunturista che la volta scorsa mi trovava parecchio giù (non ti sento per niente il polso, mi dici come fai a muoverti e a respirare, per cortesia?) che le racconto?
E pensare che era l'ultimo weekend rilassante fino a novembre dal prossimo in poi, comunque la giro, ogni weekend lavoro. Ma la gente normale nel weekend cosa fa?
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giovedì 8 luglio 2010
The remains of paper
- Il menu del matrimonio di Stefano e Mimma il 5 aprile 2003
- La ricetta dei passatelli di sua mamma dietro al biglietto da visita di Betta
- I dati per provare a rintracciare il mio ex cliente mafioso - che ad essere addentro alle cose bastava riconoscere il cognome, ma io faccio l'interprete e non l'inquisitore - e quando mi hanno fatto lui e i suoi amici il buffo più grosso della mia carriera ero incinta e ho lasciato perdere con la scusa che non ritrovavo i dati. Poi qualcuno mi ha spiegato chi erano. E ho lasciato ancora più perdere.
- Infiniti biglietti da visita di gente che non ricordo. Buttati.
- Altrettanti infiniti biglietti di gente che conosco benissimo e frequento da anni. Ed è bello ricordarsi che anche con loro c'è stato un momento di inizio, un punto in cui ancora non ci conoscevamo. (Buttati anche quelli, tanto so come rintracciarli).
- Infiniti biglietti di tanti indirizzi fa di gente di cui ho perso le tracce, me li sono cercata su LinkedIn e Facebook. Buttati.
- Una serie di robe che non ho voglia di annotarmi in Outlook, ma non si sa mai, e allora me li parcheggio nelle chiccosissime custodiedi plastica trasparente portabiglietti e se ne riparla fra 10 anni.
Oggi per un mio personalissimo concetto di riordino mi sono decisa ad aprire la mia prima scatola stracolma dei biglietti da visita che prima o poi mi devo riordinare. L'ho inaugurata nel 1998. Un altro secolo, praticamente.
E adesso passo alle altre nonostante il collo e le spalle ingrangrite. Che chissà mai che altri pezzi di vita possono saltarne fuori.
Perché intendiamoci, i panni li ho lavati, i vestiti miei e dei bambini da invaligiare sono quasi pronti, i piatti fatti e nonostante il resto della casa sia un bordello io oggi riordino carte. Sperando poi che il container non sia già pieno quando le andrò a buttare.
- La ricetta dei passatelli di sua mamma dietro al biglietto da visita di Betta
- I dati per provare a rintracciare il mio ex cliente mafioso - che ad essere addentro alle cose bastava riconoscere il cognome, ma io faccio l'interprete e non l'inquisitore - e quando mi hanno fatto lui e i suoi amici il buffo più grosso della mia carriera ero incinta e ho lasciato perdere con la scusa che non ritrovavo i dati. Poi qualcuno mi ha spiegato chi erano. E ho lasciato ancora più perdere.
- Infiniti biglietti da visita di gente che non ricordo. Buttati.
- Altrettanti infiniti biglietti di gente che conosco benissimo e frequento da anni. Ed è bello ricordarsi che anche con loro c'è stato un momento di inizio, un punto in cui ancora non ci conoscevamo. (Buttati anche quelli, tanto so come rintracciarli).
- Infiniti biglietti di tanti indirizzi fa di gente di cui ho perso le tracce, me li sono cercata su LinkedIn e Facebook. Buttati.
- Una serie di robe che non ho voglia di annotarmi in Outlook, ma non si sa mai, e allora me li parcheggio nelle chiccosissime custodiedi plastica trasparente portabiglietti e se ne riparla fra 10 anni.
Oggi per un mio personalissimo concetto di riordino mi sono decisa ad aprire la mia prima scatola stracolma dei biglietti da visita che prima o poi mi devo riordinare. L'ho inaugurata nel 1998. Un altro secolo, praticamente.
E adesso passo alle altre nonostante il collo e le spalle ingrangrite. Che chissà mai che altri pezzi di vita possono saltarne fuori.
Perché intendiamoci, i panni li ho lavati, i vestiti miei e dei bambini da invaligiare sono quasi pronti, i piatti fatti e nonostante il resto della casa sia un bordello io oggi riordino carte. Sperando poi che il container non sia già pieno quando le andrò a buttare.
mercoledì 30 giugno 2010
Introspezione e decisioni
Oggi finamente siamo andati con il maschio alfa a parlare con la direttrice della Montessori per concludere tutta la questione cambiamento scuola. E la prima cosa che ci ha detto è stata: fossi in voi aspetterei ancora un anno.
Mi è letteralmente caduto un peso dalle spalle. Avremo un anno per vedere come va la dependance, un anno per i bambini per scendere bene a patti con l'idea, perché è vero che ieri a tavola al giro di raccontarci la cosa più bella e la cosa più brutta Ennio ha detto che la cosa più bella era stata la visita alla nuova scuola, ma immagino che anche per loro è stato tutto troppo inaspettato, troppo veloce, troppo tegola che ti cade in testa. Un anno anche noi per vedere cosa succede.
Ieri hanno guardato i bambini, soprattutto li hanno visti reagire insieme, hanno telefonato alla scuola d'origine per controllare se quello che avevano notato loro corrispondeva ed insieme sono giunti alla conclusione di consigliarci così.
"I bambini separatamente sono molto vivaci, ma il punto non è questo. Il punto è che secondo noi non gli fa bene fare un anno nella stessa classe, e una classe separata gliela possiamo offrire solo dal prossimo anno. Sono molto focalizzati l'uno sull'altro, e alla fine succede che uno diventa quello dominante che a casa racconta la sua versione dei fatti e quella versione diventa definitiva. L'altro, indipendentemente se sia il piccolo o il grande, non ha più una storia sua".
Che dire, io mi ritengo fortunatissima ad avere avuto tutte queste attenzioni da parte di entrambe le scuole. Data una situazione di partenza, tutti si sono davvero messi ad esaminare il singolo bambino e vedere cosa è meglio per lui.
Nel frattempo ieri pomeriggio mi sono anche vista con la mia psicologa preferita. Con Anna Calogero, che conosco da 15 anni, visto che noi italiani di Olanda prima o poi ci incrociamo tutti, ho deciso di avviare un percorso che mi aiutasse ad uscire da tutte le sfighe dello scorso anno (elaborazione del lutto, mi pare si chiami:-0), ma nel frattempo è diventato un corso di resistenza alla vita. Io sono molto timida e ci vuole poco per azzittirmi, avvilirmi, vergognarmi ecc. e tutto questo oltre a impicciarmi, mi imedisce di stabilire i miei limiti, sia per me stessa che nei confronti degli altri.
Raccontandole di tutto il processo decisionale degli ultimi giorni, mi sono resa effettivamente conto che sto iniziando a reagire diversamente a certe situazioni. Soprattutto nelle discussioni con il capo (ma mi succede un po' con tutti) ci sono delle situazioni abbastanza riconoscibili in cui io non riesco a relativizzare o ascoltare l'altro, ma mi chiudo a riccio, mi sento attaccata, smetto di ascoltare in modo costruttivo.
Stavolta sono riuscita a non farlo, dirò di più, invece di nasconderle ho manifestato le mie insicurezze e questo ha permesso al mio interlocutore di prenderle sul serio. Di trovare insieme una soluzione.
Sul momento magari ho annotato che stava succedendo, ho notato che stavo reagendo diversamente, ma poi in fondo sono andata avanti con la cosa in questione. A posteriori davvero posso dire che in 6 sessioni ho imparato un paio di trucchi che mi aiutano ad aiutarmi. A me sembra fantastico, perché non l'ho fatto prima? Ma molto prima? Ma molto, molto prima? Quanti anni ed energie sprecati, ma vabbé, questo è. Già mi sento fortunata per averlo fatto.
Non sono costretta da me stessa ad essere Wonderwoman. Posso essere una sfigata qualsiasi e già mi va molto bene. E quindi posso ammettere serenamente che anche se sono adesso ancora più convinta che la Montessori possa essere un'ottima scuola con un ottimo metodo per i miei figli (specialmente per quanto riguarda la matematica, che è la loro gioia), tutta questa fretta di decidere con le relative conseguenze di fondo non mi convinceva.
Ognuno ha i suoi tempi e a casa nostra quelli decisionali sono molto lunghi. Questo perché dobbiamo mettere insieme due metodi, quello ellittico mio e quello logico-ordinato del maschio, che in fondo si integrano ala perfezione permettendoci di mettere insieme sia la pancia che la testa. Solo che come tutte le cose che tendono alla perfezione, ci vuole il suo tempo per arrivarci.
Quello che, in modo più ampio, sto cominciando a vedere è che delle volte non sono solo io con i miei riflessi condizionati che tendo a sentirmi attaccata dall'altro. Un paio dei miei interlocutori preferiti hanno anche i loro: uno tende a sentirsi manipolato, l'altra a sentirsi contestata gratis. Scoprire come funzionano questi meccanismi sta permettendo anche a me di ascoltarli meglio ed accoglierli meglio, visto che sono persone a cui tengo.
Ma una delle mie questioni da risolvere era quella dei confini: sto diventando più brava. mi rendo conto adesso che non ho bisogno di tutto e di tutti, che con alcune persone a cui voglio molto bene ma di cui non condivido il modo di crearsi problemi (che poi devono discutere a tutti i costi con me inchiodandomi delle ore) devo semplicemente ridefinire le aspettative e le attività da fare insieme.
Devo chiarire meglio che se una cosa è importante per loro non necessariamente lo è per me, che li ascolto volentieri ma meglio essere consapevoli di questo fin dall'inizio e non aspettarsi da me quello che non posso dare. E che sta a me capire subito dove andiamo a parare e dire fino a che punto posso arrivare io.
Qui si sta prospettando un'estate interessante, decisamente.
Mi è letteralmente caduto un peso dalle spalle. Avremo un anno per vedere come va la dependance, un anno per i bambini per scendere bene a patti con l'idea, perché è vero che ieri a tavola al giro di raccontarci la cosa più bella e la cosa più brutta Ennio ha detto che la cosa più bella era stata la visita alla nuova scuola, ma immagino che anche per loro è stato tutto troppo inaspettato, troppo veloce, troppo tegola che ti cade in testa. Un anno anche noi per vedere cosa succede.
Ieri hanno guardato i bambini, soprattutto li hanno visti reagire insieme, hanno telefonato alla scuola d'origine per controllare se quello che avevano notato loro corrispondeva ed insieme sono giunti alla conclusione di consigliarci così.
"I bambini separatamente sono molto vivaci, ma il punto non è questo. Il punto è che secondo noi non gli fa bene fare un anno nella stessa classe, e una classe separata gliela possiamo offrire solo dal prossimo anno. Sono molto focalizzati l'uno sull'altro, e alla fine succede che uno diventa quello dominante che a casa racconta la sua versione dei fatti e quella versione diventa definitiva. L'altro, indipendentemente se sia il piccolo o il grande, non ha più una storia sua".
Che dire, io mi ritengo fortunatissima ad avere avuto tutte queste attenzioni da parte di entrambe le scuole. Data una situazione di partenza, tutti si sono davvero messi ad esaminare il singolo bambino e vedere cosa è meglio per lui.
Nel frattempo ieri pomeriggio mi sono anche vista con la mia psicologa preferita. Con Anna Calogero, che conosco da 15 anni, visto che noi italiani di Olanda prima o poi ci incrociamo tutti, ho deciso di avviare un percorso che mi aiutasse ad uscire da tutte le sfighe dello scorso anno (elaborazione del lutto, mi pare si chiami:-0), ma nel frattempo è diventato un corso di resistenza alla vita. Io sono molto timida e ci vuole poco per azzittirmi, avvilirmi, vergognarmi ecc. e tutto questo oltre a impicciarmi, mi imedisce di stabilire i miei limiti, sia per me stessa che nei confronti degli altri.
Raccontandole di tutto il processo decisionale degli ultimi giorni, mi sono resa effettivamente conto che sto iniziando a reagire diversamente a certe situazioni. Soprattutto nelle discussioni con il capo (ma mi succede un po' con tutti) ci sono delle situazioni abbastanza riconoscibili in cui io non riesco a relativizzare o ascoltare l'altro, ma mi chiudo a riccio, mi sento attaccata, smetto di ascoltare in modo costruttivo.
Stavolta sono riuscita a non farlo, dirò di più, invece di nasconderle ho manifestato le mie insicurezze e questo ha permesso al mio interlocutore di prenderle sul serio. Di trovare insieme una soluzione.
Sul momento magari ho annotato che stava succedendo, ho notato che stavo reagendo diversamente, ma poi in fondo sono andata avanti con la cosa in questione. A posteriori davvero posso dire che in 6 sessioni ho imparato un paio di trucchi che mi aiutano ad aiutarmi. A me sembra fantastico, perché non l'ho fatto prima? Ma molto prima? Ma molto, molto prima? Quanti anni ed energie sprecati, ma vabbé, questo è. Già mi sento fortunata per averlo fatto.
Non sono costretta da me stessa ad essere Wonderwoman. Posso essere una sfigata qualsiasi e già mi va molto bene. E quindi posso ammettere serenamente che anche se sono adesso ancora più convinta che la Montessori possa essere un'ottima scuola con un ottimo metodo per i miei figli (specialmente per quanto riguarda la matematica, che è la loro gioia), tutta questa fretta di decidere con le relative conseguenze di fondo non mi convinceva.
Ognuno ha i suoi tempi e a casa nostra quelli decisionali sono molto lunghi. Questo perché dobbiamo mettere insieme due metodi, quello ellittico mio e quello logico-ordinato del maschio, che in fondo si integrano ala perfezione permettendoci di mettere insieme sia la pancia che la testa. Solo che come tutte le cose che tendono alla perfezione, ci vuole il suo tempo per arrivarci.
Quello che, in modo più ampio, sto cominciando a vedere è che delle volte non sono solo io con i miei riflessi condizionati che tendo a sentirmi attaccata dall'altro. Un paio dei miei interlocutori preferiti hanno anche i loro: uno tende a sentirsi manipolato, l'altra a sentirsi contestata gratis. Scoprire come funzionano questi meccanismi sta permettendo anche a me di ascoltarli meglio ed accoglierli meglio, visto che sono persone a cui tengo.
Ma una delle mie questioni da risolvere era quella dei confini: sto diventando più brava. mi rendo conto adesso che non ho bisogno di tutto e di tutti, che con alcune persone a cui voglio molto bene ma di cui non condivido il modo di crearsi problemi (che poi devono discutere a tutti i costi con me inchiodandomi delle ore) devo semplicemente ridefinire le aspettative e le attività da fare insieme.
Devo chiarire meglio che se una cosa è importante per loro non necessariamente lo è per me, che li ascolto volentieri ma meglio essere consapevoli di questo fin dall'inizio e non aspettarsi da me quello che non posso dare. E che sta a me capire subito dove andiamo a parare e dire fino a che punto posso arrivare io.
Qui si sta prospettando un'estate interessante, decisamente.
venerdì 16 ottobre 2009
Piccoli annunci: ho bisogno di lavorare
Allora, per una volta ve lo chiedo io un aiuto e un consiglio. Ho un gran bisogno di trovare nuovi incarichi, perché sicuramente da aprile mi sono talmente fatta risucchiare da tutti gli annessi e connessi del terremoto e sue dirette conseguenze per mia madre e la mia famiglia, che praticamente non ho fatturato. E nel frattempo il mio più grosso cliente ha assunto qualcuno per fare il grosso di quello che prima faceva fare a me. perché ovviamente gli costa di meno.
Cosa so fare:
1) So scrivere, questa è la cosa a cui potete credere tranquillamente e constatare di persona. Ma non solo so scrivere quello che piace a voi leggere: posso scrivere prospetti, agiografie (si, che ne dite di festeggiare l'anniversario dell'azienda con una bella biografia del fondatore? Fa figo, no?), programmi, corrispondenza difficile, manuali, articoli su argomenti vari, usando una varietà di registri e toni. E ve li scrivo in tre lingue diverse, italiano, olandese e inglese, se serve.
2) So motivare. Faccio da una vita il trainer e quello che mi viene meglio, perché ci credo, sono interculturalità, presentazioni e comunicazione, soft-skills in genere, trattative. E so fare presentazioni per conto terzi. (Come diceva la mia amica americana: dopo che ho parlato con te non solo ho l'impressione di poter fare tutto, un Ph.D., una nuova casa, rivedere la mia vita, ma finisco pure per farlo davvero).
3) So cucinare e insegnare a cucinare, ma anche qui, dare un corso mi viene molto meglio che mandare avanti una cucina quotidianamente. Però per fiere, presentazioni di prodotti e promozione dell'agro-alimentare italiano, io ne conosco solo una meglio di me, ed è Flavia.
4) So recitare, ma non mi sembra al momento il sistema più efficace per pagare le rate del mutuo. Ma torna tanto utile per tutto il resto, fidatevi.
5) So organizzare eventi, dal matrimonio romantico in Abruzzo a un festival culturale, da una missione commerciale all'estero al lancio di un nuovo prodotto o al concerto di beneficenza. E sono pure in grado di farne parlare la stampa olandese. Tanto tutto dipende dal budget, e sono così brava a metter su cose senza una lira, che figuratevi cosa non succede quando la lira c'è e la si usa dove serve.
6) Poi, a cosa che sempre e comunque mi piace, faccio più spesso e mi viene meglio è fare l'interprete in italiano, inglese, olandese e polacco. In cabina, a testa in giù, con un sacco sulla testa (ma meglio senza). E ve lo dico con enorme cognizione di causa, sono una delle migliori sulla piazza.
7) E i miei corsi di scrittura meditativa, che ti cambiano la vita e sicuramento lo stile, ne vogliamo parlare? O ne faccio parlare direttamente quelli che l'hanno seguito?
Insomma, una cosa non chiedetemi di fare: vendere. Convincere la gente a comprare è una cosa, lì sono brava. Ma una vendita pura e semplice è un'arte che non posseggo. Io sono una libera professionista, mando un preventivo e una fattura e per quanto mi riguarda, il resto lo lascio a chi lo sa fare.
Ma io so che li fuori siete in moltissimi più bravi di me a fare questo. Quindi la domanda è: vi va di vendermi? Astenersi perditempo.
Cosa so fare:
1) So scrivere, questa è la cosa a cui potete credere tranquillamente e constatare di persona. Ma non solo so scrivere quello che piace a voi leggere: posso scrivere prospetti, agiografie (si, che ne dite di festeggiare l'anniversario dell'azienda con una bella biografia del fondatore? Fa figo, no?), programmi, corrispondenza difficile, manuali, articoli su argomenti vari, usando una varietà di registri e toni. E ve li scrivo in tre lingue diverse, italiano, olandese e inglese, se serve.
2) So motivare. Faccio da una vita il trainer e quello che mi viene meglio, perché ci credo, sono interculturalità, presentazioni e comunicazione, soft-skills in genere, trattative. E so fare presentazioni per conto terzi. (Come diceva la mia amica americana: dopo che ho parlato con te non solo ho l'impressione di poter fare tutto, un Ph.D., una nuova casa, rivedere la mia vita, ma finisco pure per farlo davvero).
3) So cucinare e insegnare a cucinare, ma anche qui, dare un corso mi viene molto meglio che mandare avanti una cucina quotidianamente. Però per fiere, presentazioni di prodotti e promozione dell'agro-alimentare italiano, io ne conosco solo una meglio di me, ed è Flavia.
4) So recitare, ma non mi sembra al momento il sistema più efficace per pagare le rate del mutuo. Ma torna tanto utile per tutto il resto, fidatevi.
5) So organizzare eventi, dal matrimonio romantico in Abruzzo a un festival culturale, da una missione commerciale all'estero al lancio di un nuovo prodotto o al concerto di beneficenza. E sono pure in grado di farne parlare la stampa olandese. Tanto tutto dipende dal budget, e sono così brava a metter su cose senza una lira, che figuratevi cosa non succede quando la lira c'è e la si usa dove serve.
6) Poi, a cosa che sempre e comunque mi piace, faccio più spesso e mi viene meglio è fare l'interprete in italiano, inglese, olandese e polacco. In cabina, a testa in giù, con un sacco sulla testa (ma meglio senza). E ve lo dico con enorme cognizione di causa, sono una delle migliori sulla piazza.
7) E i miei corsi di scrittura meditativa, che ti cambiano la vita e sicuramento lo stile, ne vogliamo parlare? O ne faccio parlare direttamente quelli che l'hanno seguito?
Insomma, una cosa non chiedetemi di fare: vendere. Convincere la gente a comprare è una cosa, lì sono brava. Ma una vendita pura e semplice è un'arte che non posseggo. Io sono una libera professionista, mando un preventivo e una fattura e per quanto mi riguarda, il resto lo lascio a chi lo sa fare.
Ma io so che li fuori siete in moltissimi più bravi di me a fare questo. Quindi la domanda è: vi va di vendermi? Astenersi perditempo.
martedì 16 settembre 2008
Notti magiche
Ieri poi in realtà Orso era talmente vispo che non ci sembrava proprio avesse una minaccia di commozione, perlomeno a vederlo saltare sul divano letto aperto dove ha dormito zio Arjan nei giorni scorsi, che si lamentava che lo stavamo schiavizzando, e stasera rientra opa che domani si installa il pavimento.
Quindi, anche se la botta di insonnia da paturnie materne mi era venuta, l'ho controllato quel paio di volte, vedendo che si svegliava incazzato come una biscia, a un certo punto mi sono addormentata persino io. Fino a che passettin passettino qualcuno mi è entrato in camera. Ennio. Nudo. Alle 4 di notte.
"Ma voi dovete controllare Orso ogni due ore e farlo bere".
"Si amore, l'abbiamo fatto, vieni qui in mezzo e facci dormire".
"No, perché anche a me mi è venuta davvero una gran sete, c'è ancora dell'acqua?"
L'amica Anja stamattina mi diceva: "Ma quanto è dolce, si preoccupava".
Io so solo che dopo avergli portato l'acqua mi sono rifugiata due ore in bagno in compagnia dell'Ispettore Wallander. e che sono rientrata in camera mia in tempo per sentire la sveglia. E che prima di partire per la campagna per la mia tregiorni di interpretariato mi ha telefonato mezzo universo.
Poi sono rientrata in tempo per metter giù lo zaino, mangiare una pizza ex-surgelata, piombare in radio, rientrare, stamparmi i treni per domani, aggiornare il blog e anche domani ci pensa Scarlet o'Hara a far passare la giornata. (Il programma però mi è piaciuto un sacco, ci hanno telefonato un paio di persone e la musica corsa, a parte i Muvrini che conoscevo già, è stata una gran sorpresa con i Barbara Furtuna e Patrizia Gattaceca).
Ma di questo passo Gnorpo tre chi lo metterà mai in opera?
Quindi, anche se la botta di insonnia da paturnie materne mi era venuta, l'ho controllato quel paio di volte, vedendo che si svegliava incazzato come una biscia, a un certo punto mi sono addormentata persino io. Fino a che passettin passettino qualcuno mi è entrato in camera. Ennio. Nudo. Alle 4 di notte.
"Ma voi dovete controllare Orso ogni due ore e farlo bere".
"Si amore, l'abbiamo fatto, vieni qui in mezzo e facci dormire".
"No, perché anche a me mi è venuta davvero una gran sete, c'è ancora dell'acqua?"
L'amica Anja stamattina mi diceva: "Ma quanto è dolce, si preoccupava".
Io so solo che dopo avergli portato l'acqua mi sono rifugiata due ore in bagno in compagnia dell'Ispettore Wallander. e che sono rientrata in camera mia in tempo per sentire la sveglia. E che prima di partire per la campagna per la mia tregiorni di interpretariato mi ha telefonato mezzo universo.
Poi sono rientrata in tempo per metter giù lo zaino, mangiare una pizza ex-surgelata, piombare in radio, rientrare, stamparmi i treni per domani, aggiornare il blog e anche domani ci pensa Scarlet o'Hara a far passare la giornata. (Il programma però mi è piaciuto un sacco, ci hanno telefonato un paio di persone e la musica corsa, a parte i Muvrini che conoscevo già, è stata una gran sorpresa con i Barbara Furtuna e Patrizia Gattaceca).
Ma di questo passo Gnorpo tre chi lo metterà mai in opera?
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mai le mani in mano,
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martedì 20 maggio 2008
Sommeliers, radio e tenere a bada i batavi
Dove sono stata l'ultimo paio di giorni, lo spiega molto meglio lui, Andrea Gori, il sommelier informatico che ieri e oggi ci ha tenuto le prime lezioni del corso di secondo livello per diventare sommelier dell'AIS (www.sommelier.it).
Potete leggervelo sul suo blog di oggi:
http://vinodaburde.simplicissimus.it/2008/05/20/amsterdam_per_lavoro5_mosche_nuove_frontiere_trappiste_olandesi_locali_20_e_schiopetto/
che a parte le cene nei locali di lusso, c'ero anch'io. Nei ritagli di tempo mandavo avanti famiglia e ufficio.
Insomma, ho cominciato il corso di secondo livello del corso da sommelier, per il quale interpreto pure, una combinazione mai provata precedentemente, e noto che i neuroni perdono i colpi (e no, non è l'alcol ingurgitato, che noi sommelier sputiamo elegantemente nel secchio). Poi il penultimo vino di oggi puzzava e mi ha veramente disgustata (no, non sono neanche incinta).
Il corso è interessantissimo, magari ci si può chiedere come mai una che è rimasta astemia fino a oltre i trent'anni e con marito completamente astemio a partire dai venti, ecco, come mai a una così diversamente beona, per non dire handicappata nel coté alcolico, le viene in mente di fare il corso da sommelier.
Appunto. Io di vino arrivo massimo a capire se sono molto buoni o molto cattivi, ma tutte le sfumature intermedie me le debbono spiegare. E per essere una che scrive professionalmente di cucina, mi sembrava un buco un po' troppo grosso. Una lacuna che ho deciso di colmare, nel momento in cui mi hanno chiesto di fare da interprete per il corso.
Stasera in più avevo radio, e la mia commare di malefatte, Marina, aveva un'intervista con, guarda caso, un produttore di Barolo che lei è andata a stanare nel suo territorio la settimana scorsa. La cosa di cui mi sento più orgogliosa di questa trasmissione è che Gilberto, il nostro tecnico, stasera ci ha dato buca (e il suo numero non è raggiungibile, non so se preoccuparm, è così poco da lui). Insomma, mi sono messa alla bruttodio dietro la consolle, a pigiar tastini e tirare su e giù cursori, e, miracolo, siamo andati in onda. Il corso di tencica di tanti anni fa, mai messo in pratica, evidentemente mi è restato impresso. Spero avvenga lo stesso all'esame da sommelier.
Questo corso da sommelier, metà dei partecipanti italiani e metà olandesi, è una gran scuola di interculturalità. Mi conferma che i Batavi vanno frustati. Con gli italiani invece ancora non so, uno mi sfotte per partito preso dal primo giorno, e io che oltre a essere ingenua come la Vispa Teresa pratico il dubbio metodologico, ogni volta ci casco, penso dica sul serio e cerco di argomentare le mie ragioni. Faccia di tolla.
Oggi ho dovute mettere in riga i Batavi un paio di volte. Premesso che dal livello uno li ho informati che per ragioni di tempo e condizioni difficili di lavoro era meglio se
1) tutti i batavohablantes mi si sedevano vicino
2) tutti, nessuno escluso, prima di fare domande dovevano aspettare di farmi tradurre, sennò mi scordo
3) nella seconda metà della lezione mi devono svegliare se mi appisolo invece di tradurre
4) tengano presente che io pratico le ossidoriduzioni: ripeto in modo conciso quello che ha detto l'insegnante, senza ripetere alla lettere le circolarità, ripetizioni, scambi con gli italohablantes che non aggiungono informazioni extra e quant'altro io reputi inutile. Invece aggiungo e ripeto tutto quello che mi sembra vada ampliato ad uso degli olandesi, in caso gli italici parlino di cose che per loro sono scontate, ma non necessariamente lo sono per la controparte.
Succede che al questionario del livello 1 qualcuno si lamenti per la traduzione, dicendo che non traducevo tutto e che facevo troppo in fretta. Guarda caso, detto da quelli che mi si sedevano il più lontano possibile e passavano il tempo a raccontarsi i fatti loro.
Ho ribadito prima della lezione i punti da 1 a 4. Poi oggi mi sono beccata un applauso, quando verso la fine, tutti erano cotti, parlavano dei fatti loro e non ascoltavano né me né Andrea. Normalmente smetterei di parlare in attesa che qualcuno lo noti (ma de ché, lo so, però mi riposo), stavolta invece li ho ripresi:
"Cocchi belli, io e Andrea ci stiamo sgolando a parlare, ma se nessuno ci si fila sono poi fatti vostri. Io non ripeto".
Sono tornati attenti e si sono scusati.
Poi a un certo punto, mi ero saltata qualcosa che un altro tizio invece aveva capito, e visto che era tardi gli ho chiesto se non facevamo prima se lo diceva lui in olandese, invece di perder tempo a farmelo rispiegare io da Andrea e poi tradurlo.
"No, non sono io che sono pagato per tradurre". Sono fatti così. Io anni fa ci avrei patito.
A quel punto qualcun altro ha fatto la battuta per cui io non pagherei il corso.
"Sentite, chiariamo una cosa, io il corso lo sto pagando come tutti, in più non ho tempo di fare le mie domande e il test di primo livello l'ho fatto peggio di tutti che non riesco a concentrarmi se traduco. Quindi a conti fatti ci sto rimettendo, quindi non mi scocciate".
A quel punto si sono sentiti una serie di commenti imbarazzati diretti al nulla:
"Si, ma ha ragione, no è davvero ridicolo, ma come si fa..."
Anche qui, anni fa non avrei risposto e mi sarei magari offesa, adesso mi rendo conto che rispondere a muso duro e non farne cadere neanche una è il modo per farsi rispettare dai batavi. E riuscirci al termine di una duegiorni di traduzioni etiliche, vuol dire che questi meccanismi ormai li ho interiorizzati al punto di farmeli diventare automatici.
Aiuto, forse mi sono batavizzata anch'io.
Potete leggervelo sul suo blog di oggi:
http://vinodaburde.simplicissimus.it/2008/05/20/amsterdam_per_lavoro5_mosche_nuove_frontiere_trappiste_olandesi_locali_20_e_schiopetto/
che a parte le cene nei locali di lusso, c'ero anch'io. Nei ritagli di tempo mandavo avanti famiglia e ufficio.
Insomma, ho cominciato il corso di secondo livello del corso da sommelier, per il quale interpreto pure, una combinazione mai provata precedentemente, e noto che i neuroni perdono i colpi (e no, non è l'alcol ingurgitato, che noi sommelier sputiamo elegantemente nel secchio). Poi il penultimo vino di oggi puzzava e mi ha veramente disgustata (no, non sono neanche incinta).
Il corso è interessantissimo, magari ci si può chiedere come mai una che è rimasta astemia fino a oltre i trent'anni e con marito completamente astemio a partire dai venti, ecco, come mai a una così diversamente beona, per non dire handicappata nel coté alcolico, le viene in mente di fare il corso da sommelier.
Appunto. Io di vino arrivo massimo a capire se sono molto buoni o molto cattivi, ma tutte le sfumature intermedie me le debbono spiegare. E per essere una che scrive professionalmente di cucina, mi sembrava un buco un po' troppo grosso. Una lacuna che ho deciso di colmare, nel momento in cui mi hanno chiesto di fare da interprete per il corso.
Stasera in più avevo radio, e la mia commare di malefatte, Marina, aveva un'intervista con, guarda caso, un produttore di Barolo che lei è andata a stanare nel suo territorio la settimana scorsa. La cosa di cui mi sento più orgogliosa di questa trasmissione è che Gilberto, il nostro tecnico, stasera ci ha dato buca (e il suo numero non è raggiungibile, non so se preoccuparm, è così poco da lui). Insomma, mi sono messa alla bruttodio dietro la consolle, a pigiar tastini e tirare su e giù cursori, e, miracolo, siamo andati in onda. Il corso di tencica di tanti anni fa, mai messo in pratica, evidentemente mi è restato impresso. Spero avvenga lo stesso all'esame da sommelier.
Questo corso da sommelier, metà dei partecipanti italiani e metà olandesi, è una gran scuola di interculturalità. Mi conferma che i Batavi vanno frustati. Con gli italiani invece ancora non so, uno mi sfotte per partito preso dal primo giorno, e io che oltre a essere ingenua come la Vispa Teresa pratico il dubbio metodologico, ogni volta ci casco, penso dica sul serio e cerco di argomentare le mie ragioni. Faccia di tolla.
Oggi ho dovute mettere in riga i Batavi un paio di volte. Premesso che dal livello uno li ho informati che per ragioni di tempo e condizioni difficili di lavoro era meglio se
1) tutti i batavohablantes mi si sedevano vicino
2) tutti, nessuno escluso, prima di fare domande dovevano aspettare di farmi tradurre, sennò mi scordo
3) nella seconda metà della lezione mi devono svegliare se mi appisolo invece di tradurre
4) tengano presente che io pratico le ossidoriduzioni: ripeto in modo conciso quello che ha detto l'insegnante, senza ripetere alla lettere le circolarità, ripetizioni, scambi con gli italohablantes che non aggiungono informazioni extra e quant'altro io reputi inutile. Invece aggiungo e ripeto tutto quello che mi sembra vada ampliato ad uso degli olandesi, in caso gli italici parlino di cose che per loro sono scontate, ma non necessariamente lo sono per la controparte.
Succede che al questionario del livello 1 qualcuno si lamenti per la traduzione, dicendo che non traducevo tutto e che facevo troppo in fretta. Guarda caso, detto da quelli che mi si sedevano il più lontano possibile e passavano il tempo a raccontarsi i fatti loro.
Ho ribadito prima della lezione i punti da 1 a 4. Poi oggi mi sono beccata un applauso, quando verso la fine, tutti erano cotti, parlavano dei fatti loro e non ascoltavano né me né Andrea. Normalmente smetterei di parlare in attesa che qualcuno lo noti (ma de ché, lo so, però mi riposo), stavolta invece li ho ripresi:
"Cocchi belli, io e Andrea ci stiamo sgolando a parlare, ma se nessuno ci si fila sono poi fatti vostri. Io non ripeto".
Sono tornati attenti e si sono scusati.
Poi a un certo punto, mi ero saltata qualcosa che un altro tizio invece aveva capito, e visto che era tardi gli ho chiesto se non facevamo prima se lo diceva lui in olandese, invece di perder tempo a farmelo rispiegare io da Andrea e poi tradurlo.
"No, non sono io che sono pagato per tradurre". Sono fatti così. Io anni fa ci avrei patito.
A quel punto qualcun altro ha fatto la battuta per cui io non pagherei il corso.
"Sentite, chiariamo una cosa, io il corso lo sto pagando come tutti, in più non ho tempo di fare le mie domande e il test di primo livello l'ho fatto peggio di tutti che non riesco a concentrarmi se traduco. Quindi a conti fatti ci sto rimettendo, quindi non mi scocciate".
A quel punto si sono sentiti una serie di commenti imbarazzati diretti al nulla:
"Si, ma ha ragione, no è davvero ridicolo, ma come si fa..."
Anche qui, anni fa non avrei risposto e mi sarei magari offesa, adesso mi rendo conto che rispondere a muso duro e non farne cadere neanche una è il modo per farsi rispettare dai batavi. E riuscirci al termine di una duegiorni di traduzioni etiliche, vuol dire che questi meccanismi ormai li ho interiorizzati al punto di farmeli diventare automatici.
Aiuto, forse mi sono batavizzata anch'io.
mercoledì 14 maggio 2008
Assertività e seconde occasioni

"There is no such a thing like a second chance", mi scrisse anni fa il capo dal Canada, che il nostro per un po' di anni è stato un amour de loin.
Erano gli albori di Internet, quindi lui era aggiornatissimo e mail me ne avrebbe potuto mandare, ma io dall'Abruzzo un po' di meno e ci scrivevamo quindi tante lettere lunghissime,da 4 a 8 alla settimana, che il mio postino ancora se lo ricorda, me le portava e gli consegnavo direttamente le mie e il giorno dopo mi diceva quant'era costato affrancarle.
Questa frase non so più a che proposito me la scrisse o se era una citazione da qualche canzone, so che mi mise tanta tristezza, che gli amori epistolari da lontano si prestano a misletture, equivoci e quant'altro e si soffre e bisogna poi spiegarsi.
A parte le mancate seconde occasioni, non so se nel frattempo si era capito, ma Mammamsterdam è sempre stata una bimba timida, timidissima, fino alle lacrime e col tempo la cosa non è migliorata affatto, ho solo imparato a conviverci.
Quante volte, in situazioni che mi ferivano o facevano incazzare, mi venivano in mente risposte feroci, ad hoc, argute, solo non le dicevo subito, il momento passava, io ci perdevo settimane a macerarmi sul perché non l'ho poi detto, ma la vita non offre una seconda occasione.
("Voce dal sen fuggita, poi riparar non vale, non si trattien lo strale, quando dall'arco usci'"). In compenso quante volte per amore della battuta o per distrazione ho detto cose che poi, porca miseria, stavo lì le settimane a macerarmi sul perché non sono stata zitta, indipendentemente dal fatto se il destinatario ci si fosse incazzato, mi avesse tolto il saluto, o manco se ne fosse accorto, e questa la dedico a Mamikazen.
Oggi, con una botta sola, ho messo tutto a posto.
Che stavo in ufficio in attesa di scaricare mail, che il mio provider da due giorni ha problemi e mezza Amsterdam ne soffre, io sto da stamattina a tirr giù mail a manovella dalla linea analogica del fax e per distrarmi dallo stress mi sono messa a fare il feltrino con lo chiffon, che in calce te lo spiego, Elena.
Sul tavolone dell'aula da basso, senza neanche potermi godere un po' di sole che da stamani c'è un furgoncino della manutenzione parcheggiato anche se non si può, china sulle lane e le sete, a un certo punto sento al di là dal vetro fischi, commenti e insomma, sembrava di stare allo stadio. Alzo gli occhi e i due ometti della manutenzione, due stronzetti giovani, dall'alto del loro furgone, che supera quindi la barriera di poster e puttanate attaccate al vetro che mi coprono dal semplice passante, pare si siano accorti che fa caldo e che ho una cannottiera scollata.
Ma porca miseria, proprio in Olanda mi capitano i pappagalli? Che poi così appiccicati al mio vetro è come averli in casa e ciò disturba il mio senso della privacy (che è vero che gli olandesi hanno finestroni enormi senza tende, ma l'accordo sottinteso è che il passante, se proprio ha voglia di sbirciare, lo fa con discrezione.) Insomma, non posso stare scollata e china in avanti manco in casa mia. Mi incazzo, ma faccio finta di niente, che la mia mamma mi ha insegnato che una vera signora finge di non vedere e non capire (ed è un altro di quegli insegnamenti poco utili nella vita).
Poi se ne vanno e io mi ripeto tutto quello che avrei potuto dirgli e non ho fatto. Lo racconto al capo, che avevo al telefono per chiedergli di scaricarmi alcune delle mail e stamparmele.
Poi i due tornano. E ricominciano. E lì mi sono detta che la vita non ti mette davanto una seconda occasione per nulla.
Spalanco la porta e chiedo:
"Signori, questa cosa la trovo particolarmente seccante, oltre che infantile, che modi sono?"
"Ma noi le abbiamo appena aggiustato la strada".
Brutto stronzo, risponde pure. Che poi anche gli stradini li si guardano, in virtù della "bilspleet", che quando sono inginocchiati a metter giù mattoncini gli si scopre la scollatura della chiappa, diventata appunto proverbiale. Ma io mica gli fischio, quando capita.
"La strada non c'entra e poi anch'io sto lavorando e magari è un lavoro che potrebbe servire a voi, quindi piantatela, e vi ricordo pure che siete parcheggiati in un posto proibito, anche se avete l'esenzione dal pagamento".
Che oltre a sfancularli, prima mi ero pure gingillata con l'idea di telefonare al controllo parcheggi e farli multare. E non l'ho fatto perché non sono vendicativa. e sono una signora.
Chiudo la porta. Poi la riapro:
"E che cavolo, pare che non abbiate mai visto una tetta in vita vostra".
"La vediamo adesso".
Vabbé, questa forse me la sono cercata. Gli volto le spalle e continuo. Poi però dopo 10 secondi mi stufo, afferro le chiavi di casa ed esco decisissima ad attraversare la strada e chiedere all'ufficio che mi affitta casa (e altre 6000 abitazioni in questo quartiere) se li hanno chiamati loro e se gentilmente mi mandano il signore grande e grosso a dirgli di togliersi dai coglioni.
Non faccio mano a tempo ad arrivare alla porta principale, che hanno messo in moto e se ne vanno.
Funziona. Funziona sul serio. 'Azzo, come sono assertiva. Allora lo faccio più spesso.
Chiamo il capo e riferisco. Mi ridacchia al telefono.
"Brava".
PS uno, della reciproca discrezione: siccome viviamo in case piene di vetri, non sempre apribili, l'ufficio che ci affitta casa due volte l'anno manda un'impresa a pulirli a tutto il quartiere da fuori, con scalette, ascensori ed altro. A volte succede che d'improvviso apro una teda e mi trovo un uomo ragno a pulirmi il vetro.
Per esempio, proprio la settimana scorsa, scendo rincoglionita in cucina a farmi un caffé e mente bevo l'acqua alzo gli occhi e mi trovo a un metro, fuori, due tizi con le scalette. Meno male che avevo una camicia da notte decente, che non sempre capita. Fingiamo di non vederci, loro continuano a spostar scalette, io faccio dietrofront e avverto il capo, prima di vestirmi, che il sant'uomo talvolta la mattina gira nudo per casa. Specie ora che non ci sono stati i figli.
I lavavetri in privato si fanno tutti i film che vogliono sugli spezzoni di vita che vedono quotidianamente, ma io non sono tenuta a saperlo. Ci vediamo, ma non ci guardiamo. È un accordo non scritto. (Ok, un paio di volte, se stanno montando impalcature o comunque non rischio di ammazzarli aprendo la finestra, mi affaccio e dico che sto facendo il caffé e se ne gradiscono un po'. Di solito rifiutano, una volta hanno accettato e lo hanno bevuto dall'impalcatura).
PS 2 del far feltro, per Elena: in genere il feltro si fa partendo da lana non filata a sfilacci, tipo bambagia. In genere si usa un fondo in chiffon per creare le composizioni con sfilacci di diversi colori, prima di passare a infeltrire con acqua caldissima e sapone. Il fondo o lo lasci come fodera, se ci si infeltrisce insieme, oppure lo togli, se non ce lo vuoi, a uno stadio iniziale, prima che si infeltrisca con il resto.
Quello che sto facendo oggi diventerà uno sciallino in chiffon a cui io faccio in feltro solo un orlo colorato intorno. Appena è pronto cerco di fotografarlo e postarlo.
Credits foto: Wikipedia olandese alla voce "bilspleet"
Uncinetto rivisitato: beyond the presina
Ieri mi sono ritrovata tra la posta un volantino per una serie di corsi di uncinetto durante un picnic al parco. Titolo (tradotto): Beyond la presina. Ovvero, le madri FDT moderne, possono andare molto oltre le tipiche presine, se decidono di mettersi a lavorare all'uncinetto.
Per la modica cifra di € 37,50 si passa una mattina o pomeriggio al Vondelpark, a uncinettare e fare un picnic preparato dalle organizzatrici. C'è anche una sessione con madre-figli, ci si può portare un bambino che viene anch'esso intrattenuto con lavoretti fai-da-te a tema maglia e uncinetto (per esempio fare i tubolari con l'aggeggino fattapposta che non so come si chiama in italiano, quel cilindretto di legno con 4 gancetti (come si chiama, appunto?).
Bellissimo, specialmente per me che alla presina manco ci sono mai arrivata e talvolta me ne dolgo. So solo fare la catenella, non so se come livello di ingresso al corso basti.
La giro così com'è alla metà femminile dei Roberti e a Roberta filava, sperando che riescano a trarne più profitto di me (non so, un equivalente in spiaggia, magari alla torre di Cerrano o alla pineta dannunziana?)
e resto con il dubbio: ma chiamarsi Roberta è un prerequisito per amare il fai-da-te? No, che così cambio nome (e se trovassi il tempo per farmi lo sciallino in chiffon e feltro che mi attende dalla primavera scorsa....)
Per la modica cifra di € 37,50 si passa una mattina o pomeriggio al Vondelpark, a uncinettare e fare un picnic preparato dalle organizzatrici. C'è anche una sessione con madre-figli, ci si può portare un bambino che viene anch'esso intrattenuto con lavoretti fai-da-te a tema maglia e uncinetto (per esempio fare i tubolari con l'aggeggino fattapposta che non so come si chiama in italiano, quel cilindretto di legno con 4 gancetti (come si chiama, appunto?).
Bellissimo, specialmente per me che alla presina manco ci sono mai arrivata e talvolta me ne dolgo. So solo fare la catenella, non so se come livello di ingresso al corso basti.
La giro così com'è alla metà femminile dei Roberti e a Roberta filava, sperando che riescano a trarne più profitto di me (non so, un equivalente in spiaggia, magari alla torre di Cerrano o alla pineta dannunziana?)
e resto con il dubbio: ma chiamarsi Roberta è un prerequisito per amare il fai-da-te? No, che così cambio nome (e se trovassi il tempo per farmi lo sciallino in chiffon e feltro che mi attende dalla primavera scorsa....)
domenica 4 maggio 2008
Cucine e bagni, nonne e Kop van Zuid (Rotterdam per iniziati)
(la foto proviene dal sito www.erasmusbrug.com, che ne ha altre bellissime, andateci)

Non mi sentite da un po' perché con la scusa delle vacanze e dei figli parcheggiati dai nonni io e il capo ci stiamo facendo il giro delle sette chiese in tutti i negozi di pavimenti, rivestimenti, sanitari e cucine che internet ci procura.
Tutto ciò in parte ci ha chiarito le idee, in parte ce le confonde. Per le piastrelle quello che si vede in giro è: ancora una volta la stessa roba che sta dappertutto )un paio di eccezioni ci sono). Adesso poi vanno di moda i bagni minimalistici con i pavimenti in ardesia declinati nei colori antracite e sabbia. Proprio ora che io vorrei un bagno a colori shock di quelli che ti svegliano di colpo la mattina, che un bagno a me serve per quello, non come centro wellness per rilassarmi.
Giovedi abbiamo fatto un tentativo a un enorme negozio di tutto per gli interni ad Amersfoort, ne siamo usciti dopo 10 minuti visto che non faceva per noi, ci siamo persi un po' in giro che era tutto chiuso e alla fine siamo andati ad Utrecht per farci almeno un giretto per il centro. Abbiamo cenato in un ristorante indiano sull'Ouddegracht (era veramente un sacco che non si mangiava indiano in casa Diga e il nan alle cipolle era fantastico, sembrava quasi una farinata) e per un attimo mi era venuta la tentazione di telefonare al cognato di Utrecht per vedere se voleva unirsi. Ma visto che era già stata una giornata dal planning sconlusionato abbiamo lasciato perdere, per non incasinarci con apountamenti e orari.
Venerdi siamo andati ad Alkmaar e avevo anche scritto un post bellino sulla città e il formaggio, ma per la stanchezza è scomparso mentre lo stavo postando (bestemm' bestemm'). Abbiamo trovato un negozio con cose molto interessanti, solo ci siamo entrati in orario di quasi chiusura e vogliamo tornarci. Un tot di negozi della nostra lista non li abbiamo manco visti, visto che chiudeva tutto tra le 16:30 e le 17:30. Abbiamo perso tempo in centro per decidere sula cucina AGA, mia grande passione, ma consuma troppo, e d'estate resta accesa e bisogna ventilare le stanze. Scaricata, quindi (e manco sono riuscita a togliermi la curiosità di sapere quanto costa, troppa gente in negozio).
Ieri invece è toccato a Rotterdam e una capatina a un negozio figo di cucine all'Aja. Ormai avevo imparato il trucco, quindi ho fatto una lista scelta di negozi interessanti (solo quelli che avevano un sito, così ci rendiamo conto), con i percorsi dall'uno all'altro razionalmente ordinati e stampati e si, siamo riusciti a vederli tutti. Ne ho scoperto uno caruccio di cui dirò sotto.
Questa spedizione a Rotterdam si sarebbe conclusa con una cenettina a casa della nonna, che io sono l'unica a non aver mai visto il suo nuovo appartamento nel complesso residenziale per anziani. È abbastanza vicino al lavoro del capo e lui ogni tanto va a cenarci o pranzarci. Adesso è ancora più semplice mangiare con lei visto che il complesso a pianoterra ha un ristorante. Che però nel weekend è chiuso. Per semplificare ho detto che ci saremmo portati noi qualcosa e infatti avevo fatto un cake salato con porri, topinanbour e salmone. Lei non era molto felice, ma è la soluzione più pratica.
Il punto è che nonna ha passato un periodo duro negli ultimi giorni e avevamo fretta di vederla e tirarla un po' su.
Il buffo è che arrivati esausti all'ultimo centro commerciale arredi, l'Alexandrium, che è un mall esclusivamente dedicato alla casa, mentre i negozi stavano per chiudere, ci siamo offerti un gelato nell'atrio. E chi vediamo arrivare tre minuti dopo? I cognati Diga di Rotterdam, belli e incinti (il terzo nipote Diga è previsto per luglio) e in cerca di un divano, visto che anche loro hanno appena comprato casa e il 16 maggio traslocano (la cucina e il bagno per ora se li tegono come sono, beati loro).
Mi sembrava stupido mollarli lì dopo una coincidenza così carina, ma cambiare gli appuntamenti con nonna, specie di questi tempi è una cosa difficile e complicata (infatti ci stava già aspettando giù nell'atrio del complesso, vestita e calzata, chiacchierando con un'altra signora), quindi li abbiamo salutati e ce ne siamo andati. Poi ci hanno chiamato dicendo che gli avrebbe fatto piacere venire anche loro, siamo tornati indietro e li abbiamo caricati.
Insomma, siamo arrivati in 4, con gran gioia della nonna che ha subito proposto di andare tutti a mangiare al ristorante cinese del quartiere (non ve lo segnalo che non è niente di eccezionale), e ci siamo divertiti un sacco. Spero che alla santa donna le paturnie per un poco siano passate.
Poi abbiamo riaccompagnato i Diga di Rotterdam alla casa attuale, in Kop van Zuid, e ho scoperto che abitano a uno sputo dal mio negozio preferito della giornata, Cucine et Bagni (www.cucine-bagni.nl).
Kop van Zuid è l'estremità nord di Rotterdam Zuid, la parte di città a sud dell'acqua, collegata dal ponte Erasmusbrug. Una storia di successo, in quanto Kop van Zuid è diventata un altro di questi quartieri di palazzoni moderni bellissimi, circondata da quello che era ed è rimasta una parte della città più povera ed etnica.
L'Erasmusbrug è stato un po' il collegamento riuscito delle due rive di Rotterdam e non a caso ci ho trovato quindi questo negozio così bello. Che come dice il nome, e come è abbastanza ovvio per chi sta seguendo le mie peripezie arredatorie, vende prodotti italiani.
Mi sono innamorata di due cose: i sanitari Pear della Agape, disegnati da Patricia Urquiola (e che paragonati ai prezzi dei sanitari senza designer che ho visto in questi giorni e a tutti gli altri progetti della Urquiola che amo da matti, ma che attualmente sono fuori dalla portata dellle mie tasche), potrebbero persino starci nel budget. E di una cucina Schiffino che venderebbero per fare posto nella showroom.
Le mie conclusioni generali di tutti questi sopralluoghi sono:
- non sappiamo ancora che pavimenti vogliamo. A me piacciono quelli in graniglia fatti su misura, stile pavimenti alla veneziana, per capirci, in colori pastello, ma costano tanto e per via dell'altezza non ci potremmo mettere il riscaldamento isolato sotto. Il capo dubita fortemente;
- in alternativa, ho scoperto delle piastrelle in graniglia della Mipa che mi piacciono da matti e costano poco meno del pavimento di cui sopra, mi sa. Sono più sottili, che fa tanto. Il capo è disposto a cercarle in Italia e vedere se costano meno, ma non sappiamo bene da dove cominciare;
- devo convincere il capo a prendere i sanitari della Urquiola per il bagno delle femmine e quelli a due soldi dei centri fai da te per il bagno dei maschi (per la par condicio). Per il quale stiamo pensando a un mix di piastrelle standard colorate, che uno la mattina per svegliarsi ha pur bisogno di un po'di allegria, e che costano poco.
- per la cucina il campo si è ristretto a due opzioni uguali e contrarie: a noi piacciono le cucine lineari e funzionali. Quindi o ci compriamo una cucina dell'IKEA con un piano di pietra o acciaio che la protegga dalle mie intemperanze culinarie, o trovo un modello da showroom in svendita di una marca migliore (quelle viste finora costano comunque il doppio del nostro budget, ma si aprono degli spiragli).
- comunque, dopo un paio di settimane di ricerca fanatica di cucine della Siematic che posso permettermi e mi piacciono un sacco e sono lineari e funzionali ecc., ieri ho visto quelle della Schiffino (che non posso assolutamente permettermi). E mi sono improvvisamente ricordata perché, a livello di design minimalista, a me comunque piace di più il design italiano. Il che fa sempre bene, ricordarsi dei propri punti fermi.
Quindi, secondo me il discorso piastrelle di marmo comincia a uscire dalle possibilità. A noi piace il design, quindi è inutile che continuo sulla via masochistica del restauro filologico. Sto appena andando via dal quartiere Museo dell'architettura moderna, tanto bello ma scomodo da abitare, per andare in un quartiere normale, mica mi voglio far schiavizzare stavolta da delle pippe mentali di tipo formale sul restauro filologico degli interni?
(Ma di questo passo, mi chiedo, noi quando traslocheremo mai? Che è da lunedi che non metto piede nella casa nuova manco di striscio).

Non mi sentite da un po' perché con la scusa delle vacanze e dei figli parcheggiati dai nonni io e il capo ci stiamo facendo il giro delle sette chiese in tutti i negozi di pavimenti, rivestimenti, sanitari e cucine che internet ci procura.
Tutto ciò in parte ci ha chiarito le idee, in parte ce le confonde. Per le piastrelle quello che si vede in giro è: ancora una volta la stessa roba che sta dappertutto )un paio di eccezioni ci sono). Adesso poi vanno di moda i bagni minimalistici con i pavimenti in ardesia declinati nei colori antracite e sabbia. Proprio ora che io vorrei un bagno a colori shock di quelli che ti svegliano di colpo la mattina, che un bagno a me serve per quello, non come centro wellness per rilassarmi.
Giovedi abbiamo fatto un tentativo a un enorme negozio di tutto per gli interni ad Amersfoort, ne siamo usciti dopo 10 minuti visto che non faceva per noi, ci siamo persi un po' in giro che era tutto chiuso e alla fine siamo andati ad Utrecht per farci almeno un giretto per il centro. Abbiamo cenato in un ristorante indiano sull'Ouddegracht (era veramente un sacco che non si mangiava indiano in casa Diga e il nan alle cipolle era fantastico, sembrava quasi una farinata) e per un attimo mi era venuta la tentazione di telefonare al cognato di Utrecht per vedere se voleva unirsi. Ma visto che era già stata una giornata dal planning sconlusionato abbiamo lasciato perdere, per non incasinarci con apountamenti e orari.
Venerdi siamo andati ad Alkmaar e avevo anche scritto un post bellino sulla città e il formaggio, ma per la stanchezza è scomparso mentre lo stavo postando (bestemm' bestemm'). Abbiamo trovato un negozio con cose molto interessanti, solo ci siamo entrati in orario di quasi chiusura e vogliamo tornarci. Un tot di negozi della nostra lista non li abbiamo manco visti, visto che chiudeva tutto tra le 16:30 e le 17:30. Abbiamo perso tempo in centro per decidere sula cucina AGA, mia grande passione, ma consuma troppo, e d'estate resta accesa e bisogna ventilare le stanze. Scaricata, quindi (e manco sono riuscita a togliermi la curiosità di sapere quanto costa, troppa gente in negozio).
Ieri invece è toccato a Rotterdam e una capatina a un negozio figo di cucine all'Aja. Ormai avevo imparato il trucco, quindi ho fatto una lista scelta di negozi interessanti (solo quelli che avevano un sito, così ci rendiamo conto), con i percorsi dall'uno all'altro razionalmente ordinati e stampati e si, siamo riusciti a vederli tutti. Ne ho scoperto uno caruccio di cui dirò sotto.
Questa spedizione a Rotterdam si sarebbe conclusa con una cenettina a casa della nonna, che io sono l'unica a non aver mai visto il suo nuovo appartamento nel complesso residenziale per anziani. È abbastanza vicino al lavoro del capo e lui ogni tanto va a cenarci o pranzarci. Adesso è ancora più semplice mangiare con lei visto che il complesso a pianoterra ha un ristorante. Che però nel weekend è chiuso. Per semplificare ho detto che ci saremmo portati noi qualcosa e infatti avevo fatto un cake salato con porri, topinanbour e salmone. Lei non era molto felice, ma è la soluzione più pratica.
Il punto è che nonna ha passato un periodo duro negli ultimi giorni e avevamo fretta di vederla e tirarla un po' su.
Il buffo è che arrivati esausti all'ultimo centro commerciale arredi, l'Alexandrium, che è un mall esclusivamente dedicato alla casa, mentre i negozi stavano per chiudere, ci siamo offerti un gelato nell'atrio. E chi vediamo arrivare tre minuti dopo? I cognati Diga di Rotterdam, belli e incinti (il terzo nipote Diga è previsto per luglio) e in cerca di un divano, visto che anche loro hanno appena comprato casa e il 16 maggio traslocano (la cucina e il bagno per ora se li tegono come sono, beati loro).
Mi sembrava stupido mollarli lì dopo una coincidenza così carina, ma cambiare gli appuntamenti con nonna, specie di questi tempi è una cosa difficile e complicata (infatti ci stava già aspettando giù nell'atrio del complesso, vestita e calzata, chiacchierando con un'altra signora), quindi li abbiamo salutati e ce ne siamo andati. Poi ci hanno chiamato dicendo che gli avrebbe fatto piacere venire anche loro, siamo tornati indietro e li abbiamo caricati.
Insomma, siamo arrivati in 4, con gran gioia della nonna che ha subito proposto di andare tutti a mangiare al ristorante cinese del quartiere (non ve lo segnalo che non è niente di eccezionale), e ci siamo divertiti un sacco. Spero che alla santa donna le paturnie per un poco siano passate.
Poi abbiamo riaccompagnato i Diga di Rotterdam alla casa attuale, in Kop van Zuid, e ho scoperto che abitano a uno sputo dal mio negozio preferito della giornata, Cucine et Bagni (www.cucine-bagni.nl).
Kop van Zuid è l'estremità nord di Rotterdam Zuid, la parte di città a sud dell'acqua, collegata dal ponte Erasmusbrug. Una storia di successo, in quanto Kop van Zuid è diventata un altro di questi quartieri di palazzoni moderni bellissimi, circondata da quello che era ed è rimasta una parte della città più povera ed etnica.
L'Erasmusbrug è stato un po' il collegamento riuscito delle due rive di Rotterdam e non a caso ci ho trovato quindi questo negozio così bello. Che come dice il nome, e come è abbastanza ovvio per chi sta seguendo le mie peripezie arredatorie, vende prodotti italiani.
Mi sono innamorata di due cose: i sanitari Pear della Agape, disegnati da Patricia Urquiola (e che paragonati ai prezzi dei sanitari senza designer che ho visto in questi giorni e a tutti gli altri progetti della Urquiola che amo da matti, ma che attualmente sono fuori dalla portata dellle mie tasche), potrebbero persino starci nel budget. E di una cucina Schiffino che venderebbero per fare posto nella showroom.
Le mie conclusioni generali di tutti questi sopralluoghi sono:
- non sappiamo ancora che pavimenti vogliamo. A me piacciono quelli in graniglia fatti su misura, stile pavimenti alla veneziana, per capirci, in colori pastello, ma costano tanto e per via dell'altezza non ci potremmo mettere il riscaldamento isolato sotto. Il capo dubita fortemente;
- in alternativa, ho scoperto delle piastrelle in graniglia della Mipa che mi piacciono da matti e costano poco meno del pavimento di cui sopra, mi sa. Sono più sottili, che fa tanto. Il capo è disposto a cercarle in Italia e vedere se costano meno, ma non sappiamo bene da dove cominciare;
- devo convincere il capo a prendere i sanitari della Urquiola per il bagno delle femmine e quelli a due soldi dei centri fai da te per il bagno dei maschi (per la par condicio). Per il quale stiamo pensando a un mix di piastrelle standard colorate, che uno la mattina per svegliarsi ha pur bisogno di un po'di allegria, e che costano poco.
- per la cucina il campo si è ristretto a due opzioni uguali e contrarie: a noi piacciono le cucine lineari e funzionali. Quindi o ci compriamo una cucina dell'IKEA con un piano di pietra o acciaio che la protegga dalle mie intemperanze culinarie, o trovo un modello da showroom in svendita di una marca migliore (quelle viste finora costano comunque il doppio del nostro budget, ma si aprono degli spiragli).
- comunque, dopo un paio di settimane di ricerca fanatica di cucine della Siematic che posso permettermi e mi piacciono un sacco e sono lineari e funzionali ecc., ieri ho visto quelle della Schiffino (che non posso assolutamente permettermi). E mi sono improvvisamente ricordata perché, a livello di design minimalista, a me comunque piace di più il design italiano. Il che fa sempre bene, ricordarsi dei propri punti fermi.
Quindi, secondo me il discorso piastrelle di marmo comincia a uscire dalle possibilità. A noi piace il design, quindi è inutile che continuo sulla via masochistica del restauro filologico. Sto appena andando via dal quartiere Museo dell'architettura moderna, tanto bello ma scomodo da abitare, per andare in un quartiere normale, mica mi voglio far schiavizzare stavolta da delle pippe mentali di tipo formale sul restauro filologico degli interni?
(Ma di questo passo, mi chiedo, noi quando traslocheremo mai? Che è da lunedi che non metto piede nella casa nuova manco di striscio).
giovedì 20 marzo 2008
Viaggio in treno
Per una serie di fortunate coincidenze, le vacanze scolastiche di Pasqua quest'anno vanno da mercoledi a mercoledi. Quindi ieri ho portato gli gnorpoli in treno dai nonni, su a nord, per una sana settimana in campagna. Sapevamo già che erano nati 17 agnellini, ma oggi pomeriggio un aggiornamento ultimo minuto di Ennio mi ha informata anche della nascita di un vitellino. ecco, per dire che queste settimane bucoliche fanno un gran bene a tutti.
Ai nonni che se li godono come e quanto vogliono, senza interferenze da parte nostra.
Ai cuccioli, che si divertono un sacco, stanno tutto il giorno fuori nel giardinone recintato, o vanno a spasso nel bosco, o accompagnano il nonno alla fattoria dei suoi amici con le bestie in comune 9ah, questi veterinari e prof. dott. all'Università che si divertono a fare i country boys.
A me che per un po'recupero la gratuità dell'esistenza. Riesco a fare in santa pace dei discorsi seri con il capo quando serve e ci fa comodo, non quando i mostri dormono e anch'io sono un po'marinata. Non sono legata da orari.
E poi la cosa migliore e che li restituiscono sempre con un upgrade. Una volta li svezzano dai pannolini, l'altra gli insegnano ad andare in bagno da soli (Orso ha tenuto duro per un paio di mesi e per un paio di mesi un giocattolo in confezione regalo lo guardava dall'alto dello sciacquone in attesa che decidesse di produrre qualosa di consistente le luogo ad esso preposto), imparano ad andare in bici senza rotelle.
Stavolta tocca alle lezioni di nuoto, un obbligo morale e sociale per il genitorie batavo, a cui finora riesco a sfuggire. Scusate, ma quest'ira di dio di liste di attesa di mesi, sbattimenti settimanali per 20 minuti di lezione, diploma A e poi diploma B e poi diploma C e poi imparare a nuotare vestiti (e il saccone di vestiti gocciolanti chi lo deve portare a casa?) Meglio i nonni, che abitano in paese, tutto è vicino e in più hanno la macchina (no, dico, mia suocera ha 3 supermercati nel giro di 100 mt. da casa e ci va in macchina, beata lei). E forse a togliere a Ennio il vezzo di ciucciarsi il pollice che ha quattro incisivi nuovi storti ed è ora (ho messo nello zaino il liquido schifoso, Orso se lo fa mettere volentieri al mignolo pensando sia smalto, Ennio secondo me ha capito che qualcosa c'è sotto).
Il capo ci porta alla stazione, trova un buchino di parchegio, mette le doppie frecce, che c'era traffico e si sta stressando come un pazzo (ma di che? Se perdiamo il treno dopo mezz'ora prendiamo il successivo e che ci vuole?), mi porta gli gnorpoli al binario, mentre io rompo la borsona in cui ho ficcato zainetti, borsa panini e il vaso di bulbi fioriti per oma e litigo con la macchinetta per i bigietti, che alla fine mi fa bene quelli dei cuccioli ma rifiuta di riconoscere le mie tessere. Bancomat, carta di credito, nulla, ha deciso che non mi vuole conoscere.
Come dio vuole faccio il mio biglietto, il treno parte 4 minuti dopo quello che mi ricordavo e saliamo a bordo. Parte in ritardo e dopo 20 minuti, a Hilversum, scendiamo ed ovviamente abbiamo perso la coincidenza. Quindi la mezóra ci tocca. Stazione scassata in restauro, li trascino a un caffé per il cioccolato caldo che mi chiedono a gran voce contro il freddo. Usciamo e si mette a nevicare. Nevica fino al momento in cui saliamo sul prossimo treno, un Amsterdam-Berlino-Stettino che alla stazione successiva abbandoniamo per prendere la coincidenza seria. el momento in cui esce dalla stazione, spunta il sole.
Ad Amersfoort sul binario ci sono milioni di vecchi in attesa del treno. Ennio insiste per passare davanti a tutti e io conto sulla spontaneità del bambino che nessuno si offenda, raccomandandogli di prendere i primi tre posti vicini che trova.
Mi va male, lui decide che in tre stiamo bene su un sedile doppio, ed ha ragione, che li incastro e non mi sfuggono più. Giochiamo, mangiamo mandarini e caramelle al Ribes del dott. Leone, andiamo varie volte in vari turni al bagno e ci raccontiamo storie (quella del principe che voleva un cavallo alato e incontra il passerotto magico che gli mette incinta la cavalla per accontentarlo. La fase del corteggiamento del passerotto è quella in cui mi sono divertita di più. Inventata lì per lì, of course).
(Ma perché il treno è così pieno da scoppiare di anziani, me lo spiegate? Tutti con la tessera per la riduzione, quindi recidivi).
Poi mi chiama un cliente che entro 15 minuti ha bisogno di un interprete inglese-italia no. E gliela pure trovo, ma in quel quarto d'ora di telefonate i mostri mi sfuggono, scappano per tre o quattro vagoni successivi, vado a cercarli ed Orso è scomparso, imboscato sotto dei sedili. Io minaccio di risalire immediatamente sul treno come arriviamo e non andare più dai nonni, e funziona. Funziona sempre.
Poi a un certo punto come dio vuole arriviamo, alla stazione li consegno ad Opa, mi faccio un grasso giro nel centro di Groningen e senza fretta torno a casa. Sbaglio treno e mi tocca rientrare in metro, congelandomi davanti al World Trade Center. mi facio un grasso bagno caldo, mi ficco a letto e iaddormento libera. Per due giorni, ma libera. Ed è tutto un altro dormire.
Ai nonni che se li godono come e quanto vogliono, senza interferenze da parte nostra.
Ai cuccioli, che si divertono un sacco, stanno tutto il giorno fuori nel giardinone recintato, o vanno a spasso nel bosco, o accompagnano il nonno alla fattoria dei suoi amici con le bestie in comune 9ah, questi veterinari e prof. dott. all'Università che si divertono a fare i country boys.
A me che per un po'recupero la gratuità dell'esistenza. Riesco a fare in santa pace dei discorsi seri con il capo quando serve e ci fa comodo, non quando i mostri dormono e anch'io sono un po'marinata. Non sono legata da orari.
E poi la cosa migliore e che li restituiscono sempre con un upgrade. Una volta li svezzano dai pannolini, l'altra gli insegnano ad andare in bagno da soli (Orso ha tenuto duro per un paio di mesi e per un paio di mesi un giocattolo in confezione regalo lo guardava dall'alto dello sciacquone in attesa che decidesse di produrre qualosa di consistente le luogo ad esso preposto), imparano ad andare in bici senza rotelle.
Stavolta tocca alle lezioni di nuoto, un obbligo morale e sociale per il genitorie batavo, a cui finora riesco a sfuggire. Scusate, ma quest'ira di dio di liste di attesa di mesi, sbattimenti settimanali per 20 minuti di lezione, diploma A e poi diploma B e poi diploma C e poi imparare a nuotare vestiti (e il saccone di vestiti gocciolanti chi lo deve portare a casa?) Meglio i nonni, che abitano in paese, tutto è vicino e in più hanno la macchina (no, dico, mia suocera ha 3 supermercati nel giro di 100 mt. da casa e ci va in macchina, beata lei). E forse a togliere a Ennio il vezzo di ciucciarsi il pollice che ha quattro incisivi nuovi storti ed è ora (ho messo nello zaino il liquido schifoso, Orso se lo fa mettere volentieri al mignolo pensando sia smalto, Ennio secondo me ha capito che qualcosa c'è sotto).
Il capo ci porta alla stazione, trova un buchino di parchegio, mette le doppie frecce, che c'era traffico e si sta stressando come un pazzo (ma di che? Se perdiamo il treno dopo mezz'ora prendiamo il successivo e che ci vuole?), mi porta gli gnorpoli al binario, mentre io rompo la borsona in cui ho ficcato zainetti, borsa panini e il vaso di bulbi fioriti per oma e litigo con la macchinetta per i bigietti, che alla fine mi fa bene quelli dei cuccioli ma rifiuta di riconoscere le mie tessere. Bancomat, carta di credito, nulla, ha deciso che non mi vuole conoscere.
Come dio vuole faccio il mio biglietto, il treno parte 4 minuti dopo quello che mi ricordavo e saliamo a bordo. Parte in ritardo e dopo 20 minuti, a Hilversum, scendiamo ed ovviamente abbiamo perso la coincidenza. Quindi la mezóra ci tocca. Stazione scassata in restauro, li trascino a un caffé per il cioccolato caldo che mi chiedono a gran voce contro il freddo. Usciamo e si mette a nevicare. Nevica fino al momento in cui saliamo sul prossimo treno, un Amsterdam-Berlino-Stettino che alla stazione successiva abbandoniamo per prendere la coincidenza seria. el momento in cui esce dalla stazione, spunta il sole.
Ad Amersfoort sul binario ci sono milioni di vecchi in attesa del treno. Ennio insiste per passare davanti a tutti e io conto sulla spontaneità del bambino che nessuno si offenda, raccomandandogli di prendere i primi tre posti vicini che trova.
Mi va male, lui decide che in tre stiamo bene su un sedile doppio, ed ha ragione, che li incastro e non mi sfuggono più. Giochiamo, mangiamo mandarini e caramelle al Ribes del dott. Leone, andiamo varie volte in vari turni al bagno e ci raccontiamo storie (quella del principe che voleva un cavallo alato e incontra il passerotto magico che gli mette incinta la cavalla per accontentarlo. La fase del corteggiamento del passerotto è quella in cui mi sono divertita di più. Inventata lì per lì, of course).
(Ma perché il treno è così pieno da scoppiare di anziani, me lo spiegate? Tutti con la tessera per la riduzione, quindi recidivi).
Poi mi chiama un cliente che entro 15 minuti ha bisogno di un interprete inglese-italia no. E gliela pure trovo, ma in quel quarto d'ora di telefonate i mostri mi sfuggono, scappano per tre o quattro vagoni successivi, vado a cercarli ed Orso è scomparso, imboscato sotto dei sedili. Io minaccio di risalire immediatamente sul treno come arriviamo e non andare più dai nonni, e funziona. Funziona sempre.
Poi a un certo punto come dio vuole arriviamo, alla stazione li consegno ad Opa, mi faccio un grasso giro nel centro di Groningen e senza fretta torno a casa. Sbaglio treno e mi tocca rientrare in metro, congelandomi davanti al World Trade Center. mi facio un grasso bagno caldo, mi ficco a letto e iaddormento libera. Per due giorni, ma libera. Ed è tutto un altro dormire.
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venerdì 15 febbraio 2008
Quello che mi fa stare tanto bene...
... è sapere che stasera ho una prova extra, e domenica la superprova di tre ore + due di training. Che dirvi, io mi sballo con poco: ormoni naturali, endorfine, teatro, risate. E omega 3 in varie forme (la settimana scorsa mi sono sbafata un tocco di bottarga da sola, così, in una mattinata. Se ne avevo così voglia evidentemente l'organismo ne ha bisogno, diceva sempre mia madre).
Io ci credo, ai messaggi del mio organismo. Specialmente se contengono la parola cioccolato e salamoia.
(La foto della prova di un paio di settimane fa è di Alma Anselmi, che linkerò appena si decide a mettere dei contenuti nel suo sito).
lunedì 11 febbraio 2008
Chef e sommelier

Rispondendo al commento di Andrea nel post precedente, dico, dichiaro e sottoscrivo:
questi sono gli unici chef che non tradirò mai.
(E lunedi comincio il corso per sommelier, per una quasi astemia come me quasi un esercizio zen. Oh, be, c'è chi va nell'ashram in India e torna con il nome cambiato, e chi si dà al vino).
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Piezz' e core
venerdì 1 febbraio 2008
Preparativi di fuga
Inutile, a me tra gennaio e febbraio pesa l'Olanda, il clima olandese, le giornate così buie, le influnze ricorrenti, l'inverno che non ha l'aria di voler finire prest, anzi, che sembra appena cominciato.
I primi anni tornavo in Italia per una settimana, in questo periodo. Era l'ideale, tornavo a Tortoreto e lì c'erano le mimose in fiore, anche se era brutto tempo sembre meglio di qua, amminavo sulla spiaggia deserta e mi annusao l; odore delle mareggiate, mangiavo, respiravo liberamente, vedevo famiglia e amici, ricaricvo le batterie e voilà: rientravo che le giornate lì avevano giusto cominciato ad allun garsi, più che in Italia, con un colpo solo allungavo di due volte le giornate.
Poi il lavoro, la ditta, i figli, le fughe di fine inverno sono diventate un ricordo.
L'inverno scorso stavo proprio messa male, sapevo di dover far qualcosa o rischiavo seriamente un burn-out. Così per le vacanze di febbraio ho affidato i cuccioli ai suoceri, con la scusa di dovermi fare un corso di polacco intensivo a Cracovia, e sono stata a farmi coccolare da zia e cugine, in una famiglia di femmine, che mi fa così bene a volte. e ho studito come un'assatanata.
Dico io, ma è l'etica protestante e calvinista, che quando sto per avere l'esaurimento nervoso, invece di andare una settimana alle terme devo giustificarmi con un corso intensvo e il lavoro? Boh.
quest'anno stavo per fare la stessa cosa, con la differenza che adesso a Cracovia c'è la mia mamma con a sua casettina, e andare nel nido una settimana mi sembrava un'idea splendida.
Poi ci ho ripensato: ho deciso che per una volta non devo sentirmi in colpa a fare quello che piace a me.
E allora ho prenotato per l'Italia, ho allertato un tot di amiche che non vedo mai e quando le vedo e sempre di corsa, durante le vacanze, con marito e figli al seguito che vanno accuditi e che non riusciamo mai a farci una ciacchierata core a core tra femmine, da troppi anni.
Arrivo al nord e riparto da Roma. 9 giorni (e ho già sistemato tutte le babysitter che mi devono coprire il paio di giorni di scuola extra, visto che prima di ciò sono in austria 3 giorni con i miei clienti rpeferiti e il loro consiglio di amministrazione).
Libera, programmi minimi, e una grandissima intenzione di coccolarmi e farmi coccolare.
Che senza un po' di sano egoismo, come si fa a dare agli altri?
I primi anni tornavo in Italia per una settimana, in questo periodo. Era l'ideale, tornavo a Tortoreto e lì c'erano le mimose in fiore, anche se era brutto tempo sembre meglio di qua, amminavo sulla spiaggia deserta e mi annusao l; odore delle mareggiate, mangiavo, respiravo liberamente, vedevo famiglia e amici, ricaricvo le batterie e voilà: rientravo che le giornate lì avevano giusto cominciato ad allun garsi, più che in Italia, con un colpo solo allungavo di due volte le giornate.
Poi il lavoro, la ditta, i figli, le fughe di fine inverno sono diventate un ricordo.
L'inverno scorso stavo proprio messa male, sapevo di dover far qualcosa o rischiavo seriamente un burn-out. Così per le vacanze di febbraio ho affidato i cuccioli ai suoceri, con la scusa di dovermi fare un corso di polacco intensivo a Cracovia, e sono stata a farmi coccolare da zia e cugine, in una famiglia di femmine, che mi fa così bene a volte. e ho studito come un'assatanata.
Dico io, ma è l'etica protestante e calvinista, che quando sto per avere l'esaurimento nervoso, invece di andare una settimana alle terme devo giustificarmi con un corso intensvo e il lavoro? Boh.
quest'anno stavo per fare la stessa cosa, con la differenza che adesso a Cracovia c'è la mia mamma con a sua casettina, e andare nel nido una settimana mi sembrava un'idea splendida.
Poi ci ho ripensato: ho deciso che per una volta non devo sentirmi in colpa a fare quello che piace a me.
E allora ho prenotato per l'Italia, ho allertato un tot di amiche che non vedo mai e quando le vedo e sempre di corsa, durante le vacanze, con marito e figli al seguito che vanno accuditi e che non riusciamo mai a farci una ciacchierata core a core tra femmine, da troppi anni.
Arrivo al nord e riparto da Roma. 9 giorni (e ho già sistemato tutte le babysitter che mi devono coprire il paio di giorni di scuola extra, visto che prima di ciò sono in austria 3 giorni con i miei clienti rpeferiti e il loro consiglio di amministrazione).
Libera, programmi minimi, e una grandissima intenzione di coccolarmi e farmi coccolare.
Che senza un po' di sano egoismo, come si fa a dare agli altri?
mercoledì 7 novembre 2007
Creatività
I giorni cupi autunnali mi stroncano, ho passato giorni da un attacco di pelandrite all'altro. Per fortuna mi vengono delle botte creative e mi sono messa a far feltro.
Fare sciallini in feltro è un'arte che ho appreso da Cristina Pacciani, che ha un atelier sull'Overtoom e con cui ci siamo fatte subito simpatia. Eh, noi povere mamme italiane ad Amsterdam, se non ci si consola tra di noi. Lei è un'artista dei colori pastello, io cerco di fare colorini più forti.
Però per un'esposizione per cui doveva fare dei pannelli da 5 metri voleva lavorare in bianco e nero. Un'allegoria della giustizia. Una prova di bravura enorme per una feltraia. Per fortuna ci ha ripensato e ha fatto una serie di pannelloni bellissimi color pastello con dei piccoli inserti che a me sembravano delle vulvette (a domanda precisa ha risposto sibillina, ah questi artisti) e avevao un qualche tema d'amore.
Questi giorni, quindi, per scacciare il winter blues già in autunno (meno male che non vivo sopra al circolo polare, mi suiciderei in inverno) ho feltrato. Un cappello con Lily, che non avevo mai provato forme tridimensionali e infatti non è venuto un granché, ma lo considero sempre un lavoro in corso.
Uno scialle bianco da un lato e lilla, turchese con tocchetti di verdino e arancione acceso dall'altro. Uno scialle antracite con tocchetti in bianco e nero, e la scritta musa in rosso da un lato. L'ho regalato a Samila Bayat, artista iraniana in visita in questi giorni, che due anni fa ha fatto questa mostra da me con quadri sognanti e deliziosi per bambini. Il più bello era la bimba che decide di lucidare la luna, e sale su una scaletta altissima più in alto delle case, degli aquiloni e delle nuvole, tutto sfumato nei toni del blu notte. A Ennio è piaciuta tanto la megalumaca verde, sempre in attesa di essere appeso in camera sua. Una pittrice dovrebbe sempre avere la musa a portta di mano.
Poi: ho elaborato con Ruvy un act sul tema del mecenate, ce se ci lavoriamo un po'meglio viene bene per una prossima occasione.
Abbiamo scelto il pezzo che reciteremo a marzo: Signorina Papillon di Stefano Benni, che dovremo implorare di illuminarci, che è un pezzo tanto ermetico.
E domenica, andiamo ad esibirci per il Lize, l'organismo decisionale per `gli europei del sud in Olanda. Grazie a M-A, ho trovato dei pezzi di Machado, che negli anni '70 erano stati musicati da tale Joan Manuel Serrat, catalano. Leggerò questi, oltre ai nostri soliti pezzi.
Insomma, adesso mi resta solo da cucinare per la festa di san Martino di sabato, domani ci diamo alle torte di zucca con Monique, e poi ho finito.
Cosa non tocca fare per tenersi su quando il clima ti uccide.
Fare sciallini in feltro è un'arte che ho appreso da Cristina Pacciani, che ha un atelier sull'Overtoom e con cui ci siamo fatte subito simpatia. Eh, noi povere mamme italiane ad Amsterdam, se non ci si consola tra di noi. Lei è un'artista dei colori pastello, io cerco di fare colorini più forti.
Però per un'esposizione per cui doveva fare dei pannelli da 5 metri voleva lavorare in bianco e nero. Un'allegoria della giustizia. Una prova di bravura enorme per una feltraia. Per fortuna ci ha ripensato e ha fatto una serie di pannelloni bellissimi color pastello con dei piccoli inserti che a me sembravano delle vulvette (a domanda precisa ha risposto sibillina, ah questi artisti) e avevao un qualche tema d'amore.
Questi giorni, quindi, per scacciare il winter blues già in autunno (meno male che non vivo sopra al circolo polare, mi suiciderei in inverno) ho feltrato. Un cappello con Lily, che non avevo mai provato forme tridimensionali e infatti non è venuto un granché, ma lo considero sempre un lavoro in corso.
Uno scialle bianco da un lato e lilla, turchese con tocchetti di verdino e arancione acceso dall'altro. Uno scialle antracite con tocchetti in bianco e nero, e la scritta musa in rosso da un lato. L'ho regalato a Samila Bayat, artista iraniana in visita in questi giorni, che due anni fa ha fatto questa mostra da me con quadri sognanti e deliziosi per bambini. Il più bello era la bimba che decide di lucidare la luna, e sale su una scaletta altissima più in alto delle case, degli aquiloni e delle nuvole, tutto sfumato nei toni del blu notte. A Ennio è piaciuta tanto la megalumaca verde, sempre in attesa di essere appeso in camera sua. Una pittrice dovrebbe sempre avere la musa a portta di mano.
Poi: ho elaborato con Ruvy un act sul tema del mecenate, ce se ci lavoriamo un po'meglio viene bene per una prossima occasione.
Abbiamo scelto il pezzo che reciteremo a marzo: Signorina Papillon di Stefano Benni, che dovremo implorare di illuminarci, che è un pezzo tanto ermetico.
E domenica, andiamo ad esibirci per il Lize, l'organismo decisionale per `gli europei del sud in Olanda. Grazie a M-A, ho trovato dei pezzi di Machado, che negli anni '70 erano stati musicati da tale Joan Manuel Serrat, catalano. Leggerò questi, oltre ai nostri soliti pezzi.
Insomma, adesso mi resta solo da cucinare per la festa di san Martino di sabato, domani ci diamo alle torte di zucca con Monique, e poi ho finito.
Cosa non tocca fare per tenersi su quando il clima ti uccide.
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