mercoledì 30 aprile 2008

Festa della regina (vedo arancione)

Il 30 aprile in tutta l'Olanda si festeggia il compleanno della regina. Le caratteristiche salienti di questqa festa di popolo sono le seguenti:

- c'è una quantità di roba arancione in giro da far male ad un daltonico;

- c'è il mercatino libero: la gente mette su una bancarella per sbarazzarsi della roba che normalmente regalerebbe all'esercito della salvezza o butterebbe direttamente. Si compra, si vende, si scambia e alla fine della giornata sono tutti felici per aver fatto l'affare. Per una volta l'ufficio tasse non si mette di mezzo, che qui è un record;

- come in tutte le feste di popolo, si mangia e si beve. Alle 16 dovunque ci sia stato assembramento e baretti in strada, si cammina sopra uno strato di 50 cm. di bicchieri di plastica. Per fortuna la nettezza urbana alle 17 comincia a pulire tutto, con squadroni di emergenza allertati per l'occasione. Si capisce, gli unici che non possono ubriacarsi per dovere d'ufficio sono i netturbini;

- a quell'ora bisogna tener conto degli ubriachi. Che nel corso della giornata hanno cantato, ballato, fatto casino, pisciato en plein air nei canali (le piazzano le toilette portatili, vedi il mio vecchio post in proposito, ma è inutile). La quantità di piselli al vento in questa giornata farebbe la gioia di un feticista (lo dico per tutti quei referrer al mio blog che mi trovano dopo aver inserito su google termini tipo: foto di uomini che fanno la pipì e simili. Lasciate perdere il mio blog, venite ad Amsterdam in centro il prossimo 30 aprile);

- se avete bambini il posto più carino ad Amsterdam è il quartiere Watergraafsmeer, a destra della linea del tram 9, all'altezza dal Middenweg. Il tram non credo passi, ma ci si arriva in bici o a piedi. Dallo zoo saranno 15 minuti di cammino, senza tener conto dell'eventuale ressa, che è imprevedibile.

C'è anche la parte ufficiale: la povera famiglia reale deve andare a fare visite ad almeno 6-7 posti diversi, accolti ovunque dall'Oranje-comité locale che organizza i festeggiamente, ricevendo fiori dalle solite bambine biancovestite, accolte dai soliti sindaci con la catenazza ufficiale al conto (da noi il sindaco non porta la fascia tricolore, porta la catenazza medievale da borgomastro, aiuto il torcicollo che mi verrebbe). Ma la povera regina, offrire una torta agli amici e parenti a casa sua e aprire i regali con calma, no?

In realtà lo fa. Il 30 aprile non è il compleanno dell'attuale regina, ma di sua madre, la povera Juliana. Juliana non sarà mai stata una cima intellettualmente o come statista, ma è stata la regina più amata dagli olandesi. Il suo segreto? Era una donna semplice, andava in giro in bicicletta, parlava con tutti e le volevano una gran bene, era una specie di zia per il popolo. Sarà che il marito gliene ha fatte di tutti i colori, la povera a un certo punto aveva questa consulente spirituale per tirarsi un po' su ma gliel'hanno mandata via per paura di plagio (Rasputin 2 per capirci).

Sua figlia, che è un tutt'altro tipo di regina, una gran bella testa ma forse un pelino più algida, specie dopo i primi decenni in cui doveva confrontarsi con lo stile regnante della madre, ha avuto l'idea intelligente di lasciare la festa alla data che tutti conoscevano. Un po' perché il suo compleanno è in gennaio, e con questo clima non è una cosa furba fare una festa di popolo in strada: rischi che si congeli il pisello ai piscioni e poi gli ospedali si riempirebbero.

E poi così un minimo di privacy per la sua festa in qualche modo la conserva, non deve andare in giro con il cappellone, il mazzo di fiori, a stringere mani alla folla festante dietro le transenne, e poi risalire sul treno reale e forza, alla prossima.

Che queste cerimonie qui per la famiglia Oranje sono sempre state l'occasione per confermare ufficialmente i vari fidanzamenti della prole: nel momento che una qualche bonazza di turno (mi riferisco all'ultima generazione, che tra la regina e le sue sorelle quasi tutti maschi hanno fatto, tranne la povera nipote Margarita di Parma e Bourbon che si è sposata il falso-barone arrivista che l'ha messa a far causa alla regina sua zia, ma poi è rinsavita, ha divorziato e dell'Edwin cattivo non si è saputo più nulla), queste presunte fidanzate, dicevo, dai giornali scandalistici passava al treno reale in cappellone, tailleur e mazzo di fiori (che nelle foto scandalistiche erano sempre un po' più normali, tipo in abbigliamento sportivo sulla barca a vela di un noto mafioso, con un sorriso a 52 denti a una festa a rotolarsi con le amiche per terra, cose così. Poi si sposano in cattedrale ed abito bianco questi principi Oranje patatoni e si ritrovano un sorriso pubblico alla Moliere, come lo descrive Dario Fo. Un sorriso genovese, direi). al massimo prendono una multa perché andavano veloci in autostrada, e devono posare con i ritratti ufficiali di famiglia ogni volta che fanno un bambino (e ne fanno parecchi, tra tutti quanti).

Comunque, oggi che pare ci sia un po' di sole, poi seguiranno scrosci variabili, ma al pomeriggio riesce il sole, i figli non ci sono, noi dobbiamo fare un attimo mente locale per la casa nuova, vado alla prima bancarella dei miei amici qui vicino (vicino casa nostra di solito non c'è mai nulla, vanno tutti fuori dal quartiere) con uno scatolone di robe di cui mi devo disfare prima del trasloco, e vediamo se riesco a liberarmene, Per poi comprare qualche altra puttanata a mia volta e dio provveda, mi toccherà traslocare pure quella).

E, quando alle 17 qualche ubriaco comincerà a stendersi sui binari alla stazione centrale per una scommessa fatta con gli amici e altri lo imiteranno e si bloccherà il traffico ferroviario di mezza Olanda, come sempre succede quando i casini sono alla stazione centrale di Amsterdam, e chi è venuto da fuori, che la festa ad Amsterdam è tutta un'altra cosa e si comprano cose migliori, starà bestemmiando per non poter rientrare a casa, io mi rallegrerò ulteriormente per vivere qui, e non in qualche buco in campagna dove il massimo della soddisfazione è che una volta, tanti anni fa, è venuta la regina a stringere mani per il compleanno di sua madre.

venerdì 25 aprile 2008

Primo meme di primavera

Brikebrok [http://brikebrok.over-blog.com/article-19043635-6.html#anchorComment] mi manda un meme: il primo. Proprio ora che il maledetto Blogger mi ha stropicciato il modello del blog (ve ne sarete accorti, prima l'intestazione strana, adesso i colori cambiati) e non so come rimettere i link del blogroll. Se qualcuno lo sa me lo dica, per favore; prima le modifiche HTML si potevano fare con il sistemino ad usum delfini, adesso invece ho solo un paginone zeppo di codici che non so cambiare più di tanto. Buhuhu.

Le regole sono : indicare il blog che vi ha nominato e linkarlo (lo farò); inserire le regole di svolgimento; scrivere 6 cose che vi piace fare; nominare altre 6 persone affinché proseguono il meme; lasciare un commento sul blog dei sei prescelti amici memati.

Intanto comincio con il mio compitino: dire 6 cose che mi piacciono.

1) Mi piace rotolarmi con gli orsi: quando erano piccoli lo facevamo sull'erba del pratino vicino casa (e non so cosa pensassero gli astanti, ma io mi divertivo quanto l'orso di turno). Mi mettevo l'orso sdraiato sulla pancia, poi si rotolava giù per la discesina, con me che puntavo gomiti e ginocchia per non schiacciarlo quando era sotto. Adesso lo facciamo nel lettone e si comincia buttando ai piedi del letto tutti i cuscini e le coperte, poi il prescelto viene fatto rotolare a spinta fino all'orlo e l'idea sarebbe che cada sulle coperte, ma di solito bisogna opporsi. Poi si rirotola indietro tutti addosso gli uni agli altri.

2) Mi piace farmi massaggiare. Peccato che non ho ancora nessuno in casa che: A-sia capace; B-abbia voglia di massaggiarmi quando ne ho bisogno io. Ma non dispero, sto allenando Orso che ci mette tanta buona volontà. Almeno quella. Per ben 20 secondi di seguito.

3) Mi piace galleggiare nell'acqua, possibilmente a temperatura gradevole. Che poi sia catino, vasca da bagno, mare, piscina, non importa. Oppure intontirmi al sole o entrare in una macchina bollente sotto il sole e stare lì dentro ad abituarmi alla temperatura e intontirmi (ovviamente odierei doverci viaggiare o guidare, ma assorbirne tutto il calorepiano piano lo trovo bellissimo)

4) Mi piace quando posso fare progetti creativi, che vanno dai complotti teatrali con i miei compagni Astarotti, al cucinare qualcosa di nuovo, al cercare cose colorate per ravvivarmi le giornate, per esempio le lane di Cri-cri, con cui dovrei fare feltri se avessi tempo, ma non lo faccio, al pensare qualcosa di nuovo da scrivere, un Libellum amicorum o una pagina di appunti.

5) Mi piacciono i profumi e gli odori buoni. Me li annuserei continuamente. Dai soffritti ai fiori.

6) Mi piacciono i gelati, specie quelli siciliani. O quello giapponese agli zuki rossi, che ho mangiato stasera con il capo.

Il meme adesso lo passo a:

1) La Pythya, http://angolodellapythya.blogspot.com/, che odia le catene di santantonio ma questa forse me la perdona

2)Mad Brain che me lo sono perso insieme ai link, ma ti avverto in altri modi

3) Animapunk, http://animapunk.wordpress.com/, che è una mamma anche lei

4) la Martellina, che se non le scrive lei certe cose su Amsterdam, devo forse farlo io?

5) Andrea Gori, http://vinodaburde.simplicissimus.it/, che mi spiega il vino

6) Mamikazen, http://mamikazen.splinder.com/, che adesso che abbiamo capito che siamo gemelle siamesi separate alla nascita, sarà il caso di confrontare i dettagli salienti.

Parlo di debiti di guerra per il 25 aprile

A me piace pensare che io e mio fratello siamo nati per pagare un debito di guerra. Due vite per una, due mezzi italiani per uno.

Il mio bisnonno materno era fornaio a Cracovia. Ha ammazzato un italiano. Lui non voleva, ma non aveva scelta. Aveva 5 bambini a casa e non poteva permettersi di non tornare vivo.

Il fatto è che all'epoca Cracovia era sotto l'Impero austro-ungarico. L'Italia non ci voleva tanto stare. Quindi per il fronte italiano hanno reclutato tutti i sudditi da tutto l'impero. Anche da Cracovia, anche il mio bisnonno.

Che si è ritrovato con un'arma in mano, su un fronte di guerra tanto lontano da casa, per una guerra non sua. E poi si è ritrovato davanti questo ragazzo giovane, con gli occhi neri. L'ha raccontato per tutta la vita, perché non se lo è mai perdonato. Ha sparato lui per primo, pensando ai suoi bambini, prima che sparasse l'altro.

È tornato a casa, dai suoi bambini. Poi una delle sue bambine ha avuto una bimba. E la sua bimba ha sposato un altro italiano. E ha fatto due bambini metà italiani.

Il mio bisononna faceva il fornaio, è sempre stato un uomo buono e ha ammazzato un italiano perché qualcuno lo aveva deciso per lui.

Allora per il 25 aprile io voglio anche festeggiare il fatto che oggi una cosa del genere, in Europa, non potrebbe più succedere. Perché lo abbiamo deciso tutti insieme, che ne abbiamo abbastanza di guerre e di morti inutili. Perché fare il soldato è diventata una professione, che forse si sceglie (forse, se hai scelta) e non più un obbligo per dovere di nazionalità.

E i figli sono figli, non debiti di guerra.

(Poi, certo, se i soldi delle nostre tasse li usano per mandare le truppe in Irak, io cosa faccio, smetto di votare quelli che ce le mandano? che debiti devono pagare loro, al popolo che rappresentano?)

giovedì 24 aprile 2008

Prime foto Papillon



Abbiamo ricevuto il solito dischetto di 400 foto fatte da Antonio di Maggio dello spettacolo (di una sera dello spettacolo) e ve ne posto qui una del finale che mi piace molto.

Altre, nei prossimi giorni, sul blog: www.lasignorinapapillon.blogspot.com.

Adesso vado, che un topo grande sta reclamando il computer per fare i giochini, prima che lo vengano a prendere i nonni per le vacanze di maggio.

Non sparate sul traduttore

Ma non si può proprio vivere! Non solo i clienti sono convinti che qualunque bischero sia in grado di tradurre, e infatti i lavori li danno ai bischeri e si vede, non solo per le tariffe è un gioco al massacro al ribasso, non solo in Italia fare il traduttore in proprio è considerato alla stregua di fare il notaio, con relativo trattamento fiscale, se ti ammali non ti paga nessuno, se fai figli manco, tutte le deadline erano per l'altroieri, i pagamenti, lasciamo perdere

MA ADESSO LA MAFIA RUSSA NO!

Insomma, una collega mi manda, da fonte attendibile dice lei e per me nessuna fonte è attendibile, neanche me stessa, una notizia relativa a una truffa da parte della SOFION PRESS, che manda lavori da fare, poi all'atto del pagamento sostiene che c'è stato un errore e che hanno accreditato lo stipendio del direttore, per favore rispedirlo indietro TRAMITE Western Union. Questi soldi non ho capito se sono mai arrivati sul conto del traduttore, che giustamente insospettito si è rivolto alle autorità.

Pare si tratti del'ennesima strategia di lavaggio soldi sporchi, alla fine gli unici dati registrati di soldi in entrata e uscita sono del traduttore, che poi cazzi sua (excuse my French).

Intanto la SOFION PRESS continua a chiamarlo per chiedergli i soldi, il che non mi farebbe piacere, se fossi il traduttore in questione.

Su Internet quello che ho trovato è un blog che riporta uguale la mail che ho ricevuto io e un disclaimer sul sito della casa editrice Sofion in Russia che nega di aver a che fare con la SOFION PRESS che, pare, le ha copiato il sito, ha mandato mail con un indirizzo tipo il loro e fatto svariate altre porcate.

Per dire, non c'è pace tra gli alligatori.

Il contatto originario con il traduttore in quesyione è avvenuto tramite il sito www.proz.com, che porello, come tutti i siti fatti per mettere in contatto la gente, non è che magari sa chi è che gli si iscrive, ma lo cito per rispondere a quel paio di persone che mi chiedono se li conosco e se ho mai lavorato per clienti tramite loro. No, e non so se lo farei.

Io lavoro solo tramite Aquarius e preferibilmente proprio per la loro agenzia che si chiama Language Networks, ma solo perché stanno ad Amsterdam, ci lavorava un mio collega e sono stata una volta nei loro uffici, e mi hanno sempre pagata in orario. Ma sono anche troppo cara per loro e in genere mi affidano cose last-minute o giurate.

Tutto questo lo scrivo per dovere d'ufficio e anche perché non si ricorda mai troppo spesso che lavorare per gente che non hai mai visto in faccia, è, come tutto nella vita, una questione di fingerspitsgefuhl (excuse my German, che non l'ho mai imparato e rischio magari uno strafalcione). Della serie, fidarsi è bene, che bisogna pur lavorare, ma valutare il rischio che si vuole correre è meglio. Posso rischiare alcune ore di lavoro per un cliente che spero mi paghi, ma non giornate intere, magari con la fretta, ecc. ecc. e rinunciando ad altri lavori meno pagati ma più sicuri.

PS: il motivo per cui scrivo tutto ciò è che la mail originaria, forse a ragione e forse a torto, conteneva una serie di elementi che sono anche comuni degli hoax. Un esempio per tutti:

"Per questo motivo scrivo a tutti voi (su consiglio del vicepreside Marco Mazzoleni)"

Vicepreside Mazzoleni, lei esiste? Sa di questa storia? È d'accordo che il suo nome venga fatto per dare autorità a una mail su una situazione poco chiara?

Che su Internet bisogna diffidare anche della propri mamma.

martedì 22 aprile 2008

La vita è bastarda

Uno dei miei traumi storici ereditari è quello delle giovani vedove. Nella mia famiglia ce ne sono state un paio, con bambini piccoli, che se la sono cavata egregiamente dal punto di vista pratico, ma sanno solo loro e i loro figli il prezzo pagato.

Oggi, passando a prendere Ennio al doposcuola la maestra Bianca dell'asilo si affaccia alla finestra per fare lo coccole a Orso. Poi abbassa la voce:

"Hai sentito del papà che è morto?"

Oddio, chi? Che qui ci conosciamo quasi tutti.

"Il papà dei gemelli X e Y del gruppo 5".
"Il marito di C?"

Proprio lei. La nostra carissima logopedista e vicina. Rientrata a casa dal lavoro per trovare i gemelli a letto a dormire e lui sul divano. Così.

Quelle cose che non auguri a nessuno. Che speri non succedano davvero, che siano solo parte dei tuoi brutti sogni.

Ho solo voglia di starmene a letto a piangere.

Giovedi la cremazione e dalle 14 alle 16 ci si può fare le condoglianze al caffé vicino al cimitero. A me invece viene solo voglia di farle un pentolone di minestra e andare a casa sua a farle il caffé. Ho bisogno di rituali atavici.

A me per favore, quando sarà ora, fatemi la veglia in casa e venite a cucinare, mangiare, e farvi due risate alla faccia del mondo dopo il funerale. Laico.

lunedì 21 aprile 2008

Intervista Pancho Pardi a Liberalaradio

Segnalo, a chi è interessato, un'intervista con Pancho Pardi, senatore di fresca nomina con Italia dei Valori, sul programa Liberalaradio di Radio Onda Italiana di Amsterdam lunedi 27 aprile dalla 20 alle 21.

Per ascoltarlo in Streaming dovete andare su www.salto.nl, poi cliccare su Wereld FM e poi su "Luister Live" durante l'orario di trasmissione.

Liberalaradio è un programma di interviste su argomenti di tipo cultural-politico-sociale ideato e condotto da Silvia Terribili. Silvia di solito, in modi che non ho mai voluto indagare, è l'unica che riesce a mettere i suoi programmi su youtube e recentemente, per esempio, ha intervistato Dario Fo, ma anche un mucchio di altra gente interessante. Cercateveli su youtube usando Liberalaradio come termine di ricerca.

A me piace ascoltare i programmi di Silvia perché intervista persone interessanti, trattandole con il massimo rispetto e cercando di far tirar loro fuori il meglio di sé. Un po' come Fabio Fazio, io adorerei essere intervistata da fabio Fazio.

Però la radio la fa da decenni per passione e per pagarsi il mutuo fa altre cose e quindi può fare le domande che vuole (e le fa) senza menarsela con format, direttori di programma, redazioni, sponsor, veline, ecc. e per l'ora che dura il suo programma lascia tutto lo spazio possibile ai suoi intervistati. Magari con limiti più ampi di quelli di Fabio Fazio.

Quindi, io ve l'ho detto, adesso sapete anche perché lunedi prossimo tra le 20 e le 21 non ripondo al telefono, poi ognuno si regoli come vuole.

domenica 20 aprile 2008

Influenza, psicomotricità e Bambi

Giovedi sera è arrivato ad Amsterdam Vittorio Ferro, per tenerci il corso di psicomotricità di oggi. Io ero sfatta e strapazzata, ma l'ho attribuito a un pomeriggio in giro (cornetti, parchi giochi e logopedia) con i cuccioli sulla mega-biciclettona pesantissima.

Per cui quando Vittorio propone una birretta di dopocena al volo, per dovere di ospitalità non mi sono sentita di rifiutare. E poi perché sono bischera siamo tornati a casa controvento facendo il giro lungo, per fargli fare un minimo di giro turistico del mio quartiere. Sono rientrata morta.

Insomma, quello che fingevo di ignorare, era che mi era saltata addosso la peggiore influenza degli ultimi anni. Quelle con il torcicollo, i dolori ai muscoli, ai denti, a tutto, con le ondate di freddo che ti sembra di avere la malaria nonostante due piumini addosso e un orsopadre accanto. E poi le ondate di caldo che ti toglieresti tutto di dosso ma sai che poi la cosa ti frega. Mi sono sfanculata da sola per essere uscita.

Venerdi, nel bene e nel male, ho tentato la cura del sonno (non potevo altro) e in parte ci sono riuscita. Mi sono subito rovesciata un bicchierone d'acqua sul letto, cosa che mi ha temporaneamente abbattuto la febbre, ho buttato tutte le lenzuola fuori sfanculando, e mi sono trasferita con un piumino extra a letto di Ennio, sperando che i miei materassi si asciugassero per tempo (quanto può un singolo bicchiere d'acqua).

Venerdi sera ho dovuto cucinare ai cuccioli e non ho avuto cuore di rimandare la cena di feedback de La signorina Papillon da lungo pianificata (più che altro, mi costava meno fatica cucinare che mettermi a telefonare a tutti). Causa bici rubata alla bruttodio i tre ospiti non autocancellatisi sono arrivati alle 21:15dalle 20:00 che li aspettavo.

Orsopadre era intanto andato a letto dopo aver cenato a pane e formaggino. Vittorio si è fatto fuori un altro mezzo kg del pane buonissimo di farro e semini vari di Bread & Bagel. Io tremavo sul divano avvolta nei due piumini e per sicuramente 3/4 d'ora li ho sfanculati con passione. Però mi hanno portato il video provvisorio della Papillon e lo abbiamo visto parzialmente. E mi hanno finito il risotto per 12 che avevo fatto, che a una cuoca fa sempre piacere. E mi hanno portato gli ingredienti per la fonduta al cioccolato bianco. E ci abbiamo bevuto una wodka sopra. Insomma, sono andata a letto meglio della sera prima, tutto fa, ma tutto quello che avrei desiderato quella sera era andare a dormire alle 20.

Sabato mi sveglio a pezzi ma abbiamo la riunione fiume della fondazione, anche lí, la seconda metà dal divano e sotto i piumini. L'Orso padre, che aveva un pomeriggio di giochi al computer con il cugino, e si sarebbero tenuti i figli, tra cui la nuoca cucciola di 8 mesi, allunga la testa in sala riunione e mi comunica che va lui dal cugino lasciandomi i figli. Falli almeno mangiare, dico io. (Mentalmente lo sfanculo, lui e il cugino, che dopo la riunione volevo dormire e invece mi mollano i figli).

A sera con Vittorio e i bambini a mangiare una pizza ottima dal nostro solito Pizza Taxi da Paolo e Seba, in Ceintuurbaan quasi di fronte al cinema Rialto (ma solo perché avevo la macchina e punta energia di cucinare). Paolo mi ha sfottuto i pantaloni viola e rossi, Seba da in fondo alla cucina mi ha vista sbattutissima e mi ha consigliato di andarmene a dormire, i bambini sono stati angelici per una volta e Orso ha tentato di fregarsi il veliero bomboniera del nipote di Seba, ma lo abbiamo costretto a restituirlo.

In entrambi i giorni Vittorio tentava di convincermi che il corso mi avrebbe fatto benissimo e di pensare in positivo, io lo odiavo, odiavo gli impegni di cui non mi ero sbarazzata e volevo morire così non mi rompeva più le scatole nessuno.

Se dio vuole, stamattina siamo partiti per il corso, io con la biciclona stracarica di stereo, zaino e ammennicoli vari, lui che continuava ad ammorbarmi con il positive thinking (e io continuavo a sfancularlo, che gli amici servono pure a questo, farti sfanculare quando stai male).

Al corso eravamo in 6, poche ma bone, è andato benissimo, ho sudato, pianto scaracchiato, buttato fuori di tutto, come le altre, ne siamo uscite felici e trionfanti, il sole splendeva, abbiamo mangiato una zuppina buonissima mentre ci facevamo il feedback e poi mi sono caricata Vittorio e figli in macchina e siamo andati alla riserva naturale delle dune di Vogelezang, dove nei corsi d'acqua purificano l'acqua potabile di Amsterdam.

I bambini hanno collaborato, lasciato senza troppe storie il parco giochi subito all'ingresso, accettato con filosofia che le crepes erano finite e non le avremmo mangiate, camminato nel parco senza far storie, rincorrendosi, raccogliendo rami, giocando con i dinosauri e i ragni assassini con P38 (una teoria d Orso, i ragni cattivi che sparano). E poi un grido:

"Guarda, mamma, Bambi".

Mica uno. Cinque. A manco 30 metri da noi.

"Silenzio bambini, non spaventiamoli".

Ci hanno guardati. Li abbiamo guardati. Poi uno a uno ci hanno trotterellato di fianco, dietro gli alberi, sono andati via e scomparsi dietro al crinale di una duna. Li abbiamo seguiti. Ci siamo guardati di nuovo. Poi se ne sono andati definitivamente.

Ecco, a me, dopo una giornata così l'influenza mi fa un baffo. Però gli sfanculamenti aiutano a far passare più in fretta l'influenza, di questo sono convinta.

giovedì 17 aprile 2008

Gita ad Eindhoven con sushi e vestiti


(foto dal sito di Herman Thijs che ha fatto gli interni)

Chi vive ad Amsterdam non si sposta volentieri. Tutto il resto dei Paesi Bassi, ci sembra questa campagna noiosa in the middle of nowhere dove non vogliamo trovarci manco morti e in cui non abbiamo niente da cercare e non succede mai niente. Che noi stiamo bene qui. In fatti con i miei amici italiani qui usiamo l'espressione "andare a Puttemburgo" quando ci propongono ingaggi in trasferta. Però ci andiamo sempre volentieri, se si tratta di esibirci.

Facciamola breve, con un giorno di preavviso mi mandano a fare l'interprete ad Eindhoven. Eindhoven la conosco o perché in effetti a volte vado a fare l'interprete per la DAF, o perché ci prendo il low-cost per l'Italia con i bambini, o ci arrivano mia madre o altri amici.

Ieri era invece una roba di metallurgia. Il primo commento della mia amica: oh, povera te, così lontanto? Poi facendo mente locale ci siamo rese conto che un'ora e 20 di treno, ci arrivo prima che se dovessi andare con i mezzi a fare un lavoro ad Amsterdam West. Per dire, la barriera psicologica.

Stavolta, invece di finire in centri industriali o congressuali in mezzo ai boschi, l'indirizzo è in centro. Scopro così che si tratta di un simposio nella Sala Musica di Eindhoven, inserita nella Heuvel galerie, galleria di negozi in pieno centro.

Il lavoro in sé, massacrante, una di quelle cose da rifiutarsi, ma ormai c'ero. Con un microfono in mano, da uno dei palchi nella sala tradurre quello che i vari oratori che si succedevano sul palcone racontavano al pubblico in platea. Praticamente con la mia voce mi coprivo quello che dicevano loro, una simultanea massacrante. Senza cambio per blocchi di un'ora e mezzo. All'ultimo oratore, un tedesco che parlava un inglese incomprensibile, un paio di volte mi è quasi caduto il microfono nel momento di abbiocco. Che io ho scoperto questa cosa: che in cabina con le cose difficili e lunghe a volte mi abbiocco pur continuando a tradurre (la collega a fianco non si accorge di nulla di strano, mi dicono). Io poi nel momento in cui mi ciondola la testa mi risveglio di colpo e mi accorgo che stavo dormendo. Solo che ieri mi ha stancato anche il semplice fatto di tenere sempre appiccicato alla bocca il microfono pesante.

Allora, uscita di lì e senza colazione dal mattino, mi premio con un sushi. Finisco da SOHO Kitchen, in Jan van Lieshoutstraat 24a, una stradina che comincia dalla piazza (Markt) e finisce in una zona con tanti negozi. (tel. 040-2364228).

Fanno Asian fusion, come lounge bar (una roba minimalistica con soffittoni alti, lampade a forma di ramazza spettinata in metallo, bellissime, e vetro, un sacco di vetro) e anche come Take-away.

Tutti i soliti piatti a base di riso o vermicelli e altro li servono nella scatolina quadrata da asporto. Per il sushi, ma anche tutta una bella serie di altri piattini, Miso-soup + altre minestre giapponesi grandi e nutrienti a base di soba, praticano la formula all-you-can-eat.

Per il prezzo fisso di €16,50 fino alle 17 e € 20 dalle 17 in poi, per due ore ordini quello che vuoi. Se ordini troppo e fai sprecare le cose, quello che non mangi te lo mettono in conto, così impari.

Il menu con le foto dei sushi è plastificato e basta fare con il pennarello in dotazione una croce su quello che si vuole. Quando hai finito, te lo riportano se vuoi ordinare altre cose. Di fianco alle foto dei sushi c'è una serie di altri piatti e minestre, polpettine di pesce, ecc.

In breve, ho ordinato una miso-soup, buona e leggera, con le alghe e le strisicoline di frittatina a strati (all'inizio pensavo fossero verdure) e erba cipollina. Un pelo sciocca (da noi si dice sciapa), ma buona, e calda, che anche con il sole, fa ancora freddino qui.

Poi tutta una serie di sushi: la barchetta con le uova di salmone, che poi ho preso anche nella versione con le uova di un'altra bestia, pure arancioni ma quelle piccolissime. Un california roll con avocado e cetriolo. Una barchetta all'insalata di tonno, quindi non crudo ma in scatola. Un Thai chicken, una porzione completa, visto che mi ero preparata agli assaggini. Un altro paio di cose che volevo sperimentare. I sashimi, o comunque i bocconcini con la fettona di pesce crudo sopra non li ho provati, anche se quello con il polpo alla griglia mi intrigava.

Il fatto è che con il pesce crudo non so mai come reagisco. Con le bacchette non riesco a farlo a pezzettini, che è la cosa che mi viene facile. E alcune cose, come le ostriche, so che mi fanno male, magari sono allergica. Sulle ostriche che posso mangiare, dirò in un post-futuro.

Insomma, mi sono tenuta, e sono persino riuscita ad alzarmi da tavola con la nostaglia per un altro paio di sushi che avrei assaggiato volentieri. Ma rifare l'ordine ed aspettare che me li preparassero, che sono anche stati veloci, ma fanno tutto al momento, come è giusto, non avevo più tempo.

In genere sono un po' contraria per principio alla formula all-you-can-eat: primo, perché di solito la qualità non è granché. Secondo, perché io sono una di quelle con la carne debolissima e mi ingozzo esageratamente. Anche i buffet mi fanno questo effetto. Perché ho la curiosità di assagiare un poco di tutto e mi frego con le mie mani. Con il sushi invece mi sembra una formula splendida, che ho assaggiato così anche cose nuove.

Tra tutto il mio shopping ho scoperto anche il negozio di una delle mie marche preferite di vestiti, ART. È l'acronimo di Atelier Rare Toggerij cioè l'atelier delle pezze strane. Hanno iniziato con una botteghina a Nimega, facendo vestiti con stoffe da tappezzerie, da cui il nome. Hanno sempre delle cose molto belle e strane, stoffe con testure particolari e pantaloni larghissimi con grandi tasche. Purtroppo non hanno un negozio ad Amsterdam, ma solo Utrecht e cittadine di provincia. Io li ho scoperti a Groningen e me ne sono innamorata. e hanno taglie dalla XS alla XXXL. E io sono XXL, che bello, esistono vestiti che potrebbero starmi larghi.

Mi ero comprata a Groninen una camicetta e gonna con una stampona rossa, viola e con dei bordini bianchi (sembra una cosa esagerata, e lo è, ma basta combinarla bene, ieri avevo la camicia con un serissimo tailleur pantalone nero, e oggi porto i pantaloni con un vestito al ginocchio di cotone e un gilet lungo di maglia viola), e ieri trovo che hanno anche il pantalone larghissimo a pigiama di maglina. Comprato al volo, e mi ha salvato, che ho lasciato la sciarpa a teatro, e mi stava venendo il mal di gola. Ho usato i pantaloni appena comprati come sciarpa.

Come per i vestiti di Cora Kemperman, di cui ho scritto in precedenza, anche i vestiti di ART sono pensati per donne con i fianchi larghi e il seno e le spalle non enormi. Ma i pantalonacci stanno bene a chiunque, secondo me anche alle piccoline se ci mettono dei tacchi alti sotto. I vestiti invece mi stanno un disatro. Ma le magliette le amo, e si trovano anche ad Amsterdam da Sjerpetine.

E poi in treno, mi sono addormentata due volte, che uno pensa che fare l'interprete sono capaci tutti, ed invece a volte ci si stanca. Ma mi piace troppo il mio lavoro.

martedì 15 aprile 2008

Cosa capita a non avere la televisione (cose brutte)

Io da quasi 15 anni non ho la TV. Un po' è che non l'ho mai veramente guardata neanche prima, poi si è rotta, poi abbiamo traslocato 3000 volte, alla fine anche per principio non l'abbiamo mai più ripresa. Che noi siamo più i tipi che leggono e internettano. E poi abbiamo questa fragilità di serie: davanti a uno schermo ci ipnotizziamo, ne riemergiamo ore dopo dicendo: dov'ero, cosa è successo? Insomma, a noi ci sembrava una cosa poco sana.

Cioè, la TV a casa ce l'ho, per guardare i DVD, ma non ho nessun collegamento. Mi rendo conto che ci sono vantaggi innegabili, specie con dei bambini in casa. Occhio non vede, cuore non duole, vale un po'per tutti noi.

Poi però succedono cose che ti rendi conto che può anche essere pericoloso. Che quella volta che ti esponi a programmi televisivi non sei assolutamente preparato.

Facciamola breve, ieri al dibattito multimediatico, c'era un maxi-schermo che, quando non mandava i risultati delle mini-elezioni nostre interne, che a una serie di affermazioni ad hoc potevamo rispondere se eravamo d'accordo o no premendo una specie di telecomando, e poi sempre sullo schermo apparivano i risultati, o, sempre sullo schermo, i collegamenti a distanza, ecco, lì mandavano senza audio un qualche canale italiano, dedicato alle elezioni. Tutte facce a me sconosciute, poi ci stavo seduta sotto, quindi per guardare bisognava torcersi tutti, e allora non è che guardassi granché.

Bé, a un certo punto, non inquadrano per un tempo interminabile Ignazio La Russa che stava dicendo qualcosa?

Incoscienti. Ma io ho due bambini piccoli in casa. Meno male che non ho la TV.

Ecco, lì mi sono resa conto di due cose:

1) ho fatto bene a non collegarmi alla TV da 15 anni
2) madonnina che trauma, quando non ci sei abituata, a vedersi faccia a faccia certi figuri. Signore iddio. e meno male che non l'ho incrociato di notte in un vicolo dei quartieri a luci rosse. Allora si che urlavo.

La terza considerazione la metto qui:
3) certo che alcuni tipi di riflessione tirano fuori l'idolatra in me. Sarà il trauma.

Lo stato della democrazia in Italia (commenti etilici)

Torno or ora da una serata dedicata allo stato della democrazia in Italia, la prima di una serie (il mese prossimo tocca al Ghana, speriamo stiano messi meglio) organizzata dal covo della sinistra intellettuale di Amsterda, il de Balie. Hanno tentato, come running gag, di imitare un talk show televisivo, completo di votazioni, figa elegante che tiene il microfono, presentatori pseudo piacioni, panello di pseudo esperti e collegamenti via Skype con l'Italia. Il livello era un pelo soporifero: il primo panellista era caruccio ma non ha detto niente di sconvolgente. Il secondo, prof universitario, aveva un modo impastato (non impostato)di parlare.

Ora è vero che l'accento posh olandese viene descritto come: parlare con una patata bollente nella gola, ma quello lì, avrei detto piuttosto che era l'effetto di due grappini di troppo. Che dopo si è pure incartato nei suoi argomenti. Per dire, il tono della serata. Dopo la pausa, per fortuna, è intervenuto Marc Leijendekker, giornalista olandese a Roma dal 1988 al 2001 come corrispondente per NRC Handelsblad, quello che era il nostro quotidiano prima di disdire l'abbonamento.

Ha scritto un libro, Il paese dell'arabesco (Marc, se decidi di farlo tradurre in italiano tienimi presente, per favore) e in generale ha alzato il tono del dibattito, dicendo molte cose a proposito. Alla domanda dei conduttori:

"Dicci quattro motivi per cui Berlusconi ha successo" ha citato la sua capacità di entertainer, raccontando di un suo incontro con altri giornalisti. Il punto è che ci ha ricordato chi fossero i leader della sinistra all'epoca dell'ascesa dell'entertainer. Prima Occhetto, tra tutti il più umano. Mi sono ricordata della sensazione sudscitata dalla famosa foto del bacio a Capalbio, vi ricordate? Il comunista dal volto umano, un tocco di comunicazione bellissimo. Poi è venuto D'Alema (e basti pensare al personaggio Dalemoni). Poi Prodi. Riesco quasi a seguire il ragionamento: a livello di immagine, talento da entertainer, entrare nei cuori della gente, è un po' la stessa lotta impari fra Lady Diana e la Camilla Parker Bowles degli inizi. Non c'è gioco.

Facciamola breve, Silvia era incazzata come una iena, senza manco sapere in che posto sta e quanti voti ha preso. Noi tutti un po'con l'idea che dovevamo salvare la serata. Abbiamo deciso di ubriacarsi al bar del De Balie, e io ci sono risucita benissimo on una sambuca. Abbiamo aprlato, riso, Betta mi ha raccontato della polaca che parlava italiano con accento napoletano da lei incrociata in Tadjikistan (Betta è romagnola, ma è stata in Cina come corrisodente per la BBC, mi pare, ed è esperta di Asia. pinuccia, un paio di olandesi carine, una più incazzata pare giornalista in Italia e il mito dei miei figli: Beppe Costa attore. Grande la mia sopresa, quando, decidendo di presentarci, pare che il Costa mi conosca di fama (o quantomeno di nome)

Un buon motivo per sbaciucchiarmelo alle scene di addio, anche se lui è del Canavese e dà per principio del lei a tutti.

Per fortuna prima di ubriacarmi avevo concordato con Pinuccia di dividerci un taxi verso casa. Mi ci ha spinta dentro e come dio vuole sono rientrata.

La prossima sbronza elettorale spero di prenderla prima di cinque anni.

domenica 13 aprile 2008

Aiutateci: cercansi rivestimenti e cucina

Noi a orecchio e con l'aiuto dell'agente ci siamo fatti un preventivo di massima di quello che ci costerà rendere casa nuova abitabile. Ma abbiamo fatto i conti senza l'oste. Il 28 dobbiamo fare il passaggio e la consegna delle chiavi. Dal 29 ci mettiamo a lavorare, il capo ha due settimane di ferie e i nonni ci tengono le belve la prima settimana di vacanza.

Comunque con un colpo d'ala ho appena convinto il capo a venire dal 24 sera al lunedi successivo in Italia, affittare una macchina e farci un giro mirato di centri cucine e piastrelle/rivestimenti ed eventualmente sanitari. Il tempo stringe. Chi di voi ha recentemente ristrutturato casa e sa darci qualche indirizzo? In linea di massima pensiamo di volare in Veneto o a Bergamo, quindi la nostra zona d'azione è tra Milano e Treviso con punte in Emilia-Romagna. possibilmente con tempi di consegna non troppo lunghi.

Se poi avete anche indicazioni di prezzo per pavimenti in travertino o marmo (qui quelli che piacciono a noi, travertino turco, marmo botticino o rosso veronese costano tra i € 60 e € 110 al m2) o potete indicarmi dei siti, tanto per capire se è una cazzata la mia idea, o se effettivamente facciamo una cosa furba.

Una conoscente mi ha segnalato un centro Caimi dalle parti di Milano dove lei ha preso le piastrelle Bisazza a metà prezzo, ma su Internet trovo solo un Caimi che fa complementi d'arredo.

In breve, dobbiamo farci: una cucina, che io possa utilizzare anche per i corsi di cucina che tengo ai batavi. Per questo mi sono fregata tutto il pianoterra, privando il capo del soggiorno. Due toilette e due bagni. L'intonaco è un mezzo disatro, adesso so anche come farcelo da soli, ma va rifatto ovunque, se vogliamo verniciare. E un pavimento di pietra in cucina, che ci piace a tutti e due.

Non sto a dirvi di tentativi (parzialmente falliti) di portarci qualche esperto a vedere la casa, che le chiavi le ha solo l'agente del venditore e ce le presta per mezza giornata ma poi devo riportargliele dall'altro lato della città. Di visite a showroom, risicate e senza metodo che a marzo avevo il teatro e adesso è il capo che non ha un giorno libero. Poi, non so se si è capito, lui è un uomo prudente e comodo.

Però, anche per via dell'affitto mostruoso che continuo a pagare, la nostra idea è di fare tutto in due mesi, facendo il più possibile da noi in modo da non dover tenere conto del timing di varie imprese, operai ecc. Suo padre ha recentemente fatto due bagni a casa sua, installare sanitari (le tubature ci sono tutte e sono nuove) e posare piastrelle ce lo fa o ci insegna lui.

Che il fai-da-te in Olanda è l'unico modo per salvarsi dalle imprese, artigiani ce ne sono pochissimi e per fare le cose alla carlona pagando un sacco, tanto vale farsele da sé con i manualetti dei negozi e delle riviste. È così che nelle due case precedenti ci siamo fatti da soli la posa prima di un pavimento in laminato finto legno, poi di legno massiccio in tavoloni. Poi vuoi mettere la soddisfazione.

Insomma, se avete info, indirizzi, notizie, parenti che lavorano nel settore, trucchi, dritte ecc. ditecelo nei commenti, ve ne saremo grati.

Habemus casam (comprare casa ad Amsterdam in 10 anni)


Dopo 10 anni di ricerche, a fasi alterne di grande impegno e pelandrite, abbiamo comprato la nostra prima casa. Amsterdam è abbastanza difficile come mercato: prima di tutto perché c'è una richiesta enorme di case in vedita, ma solo un 30% scarso ha tale destinazione. Il grosso sono abitazioni appartenenti alle grandi corporazioni edilizie, che con un concetto paragonabile a quello dell'edilizia popolare affitta case agli aventi diritto. Questo è un settore completamente intasato: è vero che è sempre possibile affittare case carine e in belle zone a prezzi favorevoli dopo 20 anni di lista d'attesa (e nel frattempo bisogna pur vivere da qualche parte), ma è anche vero che chi ha una casa del genere non la molla più.

Anche perché, arrivati al punto in cui si guadagna di più e si vorrebbe comprare, non c'è più proporzione o offerta, e quindi si resta dove si sta, bloccando tutto. Il fatto è che le corporazioni edilizie hanno come scopo quello di provvedere a un numero sufficiente di abitazioni, costruendo e ristrutturando, ma non sempre ci riescono. Inoltre sono legate a ogni sorta di regole arcaiche: una per esempio è che a una famiglia si possono allocare al massimo 90m2. L'altro è che non si possono eliminare abitazioni, accorpando per esempio due piani piccoli per creare una casa più grande. Neanche i privati possono o farlo, o, se del caso, devono seuire un iter sfiancante.

Inoltre, se io mi compro una cosa che fino a un paio di anni fa ancora si trovava, ora non più, cioè uno stabile con primo e secondo piano affittati, e terzo e sottotetto libero (le uniche possibilità di avere case più grandi è ai piani alti accorpando le soffitte), poi non necessariamente, una volta partito l'inquilino a tasso bassissimo, potevo mettermi in casa chi volevo io: mia madre, un amico. No, l'inquilino nuovo me lo assegnava l'ufficio preposto in base alle loro liste e precedenze e sistema a punti. Non ci ho neanche mai provato ad entrare in questo circuito di affitto, sono semplicemente arrivata troppo tardi.

Io in realtà sono arrivata l'anno in cui si è scatenata la febbre dell'acquisto. In pochi anni i prezzi delle case sono quasi raddoppiato, poi è arrivato l'euro e la cosa si è ripetuta, complici tassi di interesse al minimo storico e sgravi fiscali per chi acquistava. C'è chi comprando al momento giusto e lasciando la città si è davvero fatto i soldi. Anche i quartieri più sfigati sono diventati richiestissimi.

Insomma, negli ultimi 10 anni il mercato era dei venditori. La gente si scannava alle visite alle case per poter fare un'offerta per primi. Anche a noi, a una seconda visita alla casa dei miei sogni (un piano alto con due inquilini sconosciuti sotto) con il capo sottratto al lavoro, ci siamo visti l'altra visitatrice in preda al panico fare un'offerta prima che arrivasse suo marito e prima che il mio potesse dire buongiorno all'agente. Per paura che la facessimo prima noi.

Ma è da anni che è risaputo che per i prezzi medi si riesce a comprare solo se si conosce qualcuno o affidandosi a un agente. E anche lì è una jungla. per le case dai 3 milioni in su, il giro forse è diverso.

10 anni fa, appena capito come giravano le cose, mi rivolsi al signor Versteeg della Galman en Versteeg, su raccomandazione di un conoscente. All'epoca il signor Galman si era già ritirato ma sostituiva il socio durante le vacanze. Versteeg avrà avuto sui 70 anni, di cui 40 trascorsi a insegnare il mestiere alla scuola per agenti immobiliari. Gli bastava guardare una casa per fargli la radiografia. Ci siamo piaciuti al primo appuntamento, gli spiegai le nostre esigenze e possibilità economiche e, memore di quanto mi aveva detto un precedente immobiliarista rampante, che all'epoca imperversavano, gli chiesi se dovevo firmargli una delega. Il rampante mi aveva spiegato che anche se alla fine avessi trovato e comprato una casa per conto mio, che so, comprandola da un parente, comunque la percentuale gli toccava in virtu del pizzino che voleva farmi firmare.

Il Versteeg mi guardò bene, sorrise e disse: "Signora, in quarant' anni di professione lei sarebbe davvero la prima a firmarmi una cosa del genere." E ci demmo la mano. Da allora la Janny dell'ufficio mi mandava ogni giorno dei fax con le case che corrispondevano alle mie caratteristiche.

Ne ho viste un sacco di case con lui, ed è così che ho imparato un sacco di vie di Amsterdam. Ogi volta le esaminava, mi portava dall'altro lato della strada, mi indicava la facciata e mi spiegava: "La vede quella crepa lì? (non vedevo un accidente) Significa che in quel punto stanno cedendo le fondamenta. Tempo tre anni (o cinque, o 10) e le dovrete rifare ed è una cosa lunga, costosa e rognosa. Lasci stare, mi creda, non fa per voi."

Ho imparato un sacco da lui, ma trovavo che le sue valutazioni del prezzo degli immobili fossero troppo conservatrici. Si rende conto quest'uomo che dopo 40 anni di immobilismo il settore sta esplodendo? Che i prezzi salgono di giorno in giorno? Che devo trovare in fretta qualcosa? Che con quello che costano gli affitti ogni giorno che passa perdo dei soldi? No, lui aveva le sue idee su cosa valessero le case e se c'erano dei pazzi pronti a far levitare i prezzi pur di aggiudicarsi la casa dei loro sogni peggio per loro. Lui doveva proteggere i suoi clienti dalle cazzate emotive.

"Pensi, dio ne liberi, che lei magari dopo un paio d'anni si trova costretta a vendere per qualsiasi motivo. E ha pagato la casa eccessivamente, per cui o non riesce a rivenderla, o nel frattempo il mercato ha subito una flessione? Sul lungo termine importa poco, ma nella vita non si sa mai".

A un certo punto abbiamo trovato da affittare con contratto minimo di un anno nel cosiddettto vrije sector o settore libero: paghi prezzi conformi al mercato e affitti una casa per un minimo di un anno. Puoi anche restarci tutta la vita. Smisi di farmi mandare le offerte, tanto per un po' restavo lì.

Nel frattempo venne Internet e su www.funda.nl gli immobiliaristi associati mettevano le loro offerte. Siccome per evitare conflitti di interessi (quanto avremmo da imparare in proposito) in questo paese esistono un agente che rappresenta il compratore e uno che rappresenta il veditore (a meno che non si scelga per il fai da te, (ma, ripeto, ad Amsterdam è una pia illusione), se si trovava qualcosa di interessante contattavo l'agente che vendeva, andavo a visitare l'immobile, cercavo di convincere il capo, quanto mai recalcitrante sull'argomento, che davvero dovevamo comprare e ora. Lui non ci sentiva, trovava tutto esageratamente costoso, e nonostante il settore libero il nostro affitto, di proprietà di un fondo pensioni, non aumentava esageratamente e ci costava meno dei soli interessi sul valore della casa.

Facciamola breve: da quando ho figli una casa spalmata su 5 piani è un incubo. Mi sono rovinata la schiena a portarli su e giù. Pago tanti metri sfruttati male perché anche se bellissima la nostra casa è poco pratica. L'ho messo con le spalle al muro ricordandogli che abbiamo due figli a cui pensare e non ci siamo mai assicurati, che io non ho una pensione e che comunque avevo le palle cosi girate che niente niente divorziavo se non si decideva, che io dovevo traslocare e subito, porca puttana. A costo di riaffittare, volevo una casa su un solo piano (altra pia illusione in questo paese). Secondo me l'ha convinto la pensione.

Abbiamo cercato un po' rendendoci conto che il mercato è sempre peggio, lui vuole la casa grande e ha cercato di convincermi ad andare a vivere in un paesino, io gli ho spiegato che se vivo in Olanda è perché sto ad Amsterdam e nel suo paesino, con lui tutto il giorno fuori per lavoro io da sola con i bambini e l'isolamento sociale mi suicido in tre settimane, risultato: abbiamo capito che avevamo bisogno di un agente.

Richiamo la Galman en Versteeg, ritrovo la Janny al telefono che mi dice che l'agenzia l'hanno rilevata lei e l'altro ex-dipendente, ma che lavorano sempre secondo lo steso metodo. Di nuovo ci hanno pazientemente portato a veder case, anche se i nostri gusti non coincidevano, anche lí ci sconsigliava le cazzate (tipo una casetta bellissima TUTTA da rifare dalle fondamenta in su in un punto idilliaco di Amsterdam, tra le dighe, le mucche e i prati, sembrava di stare nel paesino del cavolo, ma in centro in 20 minuti di bici e traghetto. "Questa casa, con due bambini, il lavoro che fate e tutto il resto ti costa il tuo matrimonio, dammi retta").

E adesso l'abbiamo trovat. è bastato che il capo ci credesse. Certo, era la terza per cui eravamo davvero convinti, ma le altre due una ce l'hanno soffiata sotto il naso e l'altra, offerta in busta chiusa, l'hanno venduta a € 104.000 più del prezzo di base, un tetto e 4 pareti in cui fare tutto. Per dire, il mercato congestionato.

Anche qui, offerta in busta chiusa, Qui il capo mi ha sorpeso:

"Senti, questa la vogliamo e per come la vedo io è la nostra ultima occasione di trovar casa ad Amsterdam, è inutile che stiamo lì a calcolare se offrire 10 o 20mila euro in più, vediamo cosa riusciamo a rimediare tra mutuo e facendoci prestare soldi dai nostri. Dal totale togliamo i € 50.000 che ci costa la ristrutturazione e offriamo quello, punto".

Prima telefonata: non ce la vendono. Qualcuno ha offerto un € 5.000 più di noi (bene, stiamo cominciando a capire come va il mondo). Ma dopo tre giorni ci hanno ripensato.

Ci richiamano, io sono in Italia, il capo telefona per chiedermi: siamo davvero sicuri di volerla? Si. Intanto noi da un mese stiamo rimediando soldi da tutte le parti. Abbiamo fatto due assicurazioni sulla vita. Abbiamo scelto il tasso fisso per 30 anni per stare sicuri. Ci siamo legati mani e piedi. Abbiamo passato notti insonni. Ma abbiamo una casa. A fine mese ci danno le chiavi. Assomiglia un po' a questa qui sopra, sta alcune porte più in là. Di questa vendono il pianoterra, 64m2 a 160.000, a chi può interessare. Così diventiamo vicini, che come dicono gli olandesi:

"Un buon vicino è meglio di un amico lontano". E la maggior parte dei nostri amici stanno tutti lontani. Ma cinque porte più in là abitano 3 compagne di scuola dei mostri con genitori simpatici. E tre strade più in là un'altra. Non siamo così isolati, dopotutto.

sabato 12 aprile 2008

Finché la barca va (vacci a mangiare con i bambini)

[foto tratta da www.aub.nl]

Che il mio quartiere fighetto nei docks ha avuto tutt'altro passato ogni tanto, a guardar bene, si vede. Negli anni '80, quando il porto è stato dismesso, ci si sono accampate varie comunità di artisti, scoppiatoni e alterativi vari, che hanno occupato i pochi edifici rimasti in piedi, o barconi e tende. Questo si vede ancora, anche adesso è forse il quartiere che ospita la maggior parte di creativi di tutta la città (i giovani artisti cresciuti e forse diventati pure famosi). Post-production e media vari, pubblicitati, grafici, scrittori, giornalisti ecc., siamo pieni. Se ne è accorto il comune, che ogni volta che tenta di imporre una normativa, un senso unico, una destinazione d'uso che al buon senso sembrano le solite cazzate burocratiche, si vedono arrivare dei ricorsi e delle opposizioni scritti e documentati talmente bene che non sanno come ribattere. C'è stato un periodo che ci odiavano in blocco, quando tutti i lavori erano ancora in corso ma la gente ci abitava già.

Una delle istituzioni però di quel periodo di creatività, collettivi e autogestione che è rimasto, è la barca Einde van de wereld (la fine del mondo, che allora Amsterdam finiva ben prima di questa zona, oggi invece siamo in centro).

Questo era il nome di un ristorante autogestito, che a suo tempo stava in un edificio, che dopo essere stato buttato giù adesso ospita un nuovo ristorante da fighetti (si mangia bene ma ci mettono tanto tempo e costa un sacco) che lo hanno chiamato Voorbij het einde, ovvero al di là della fine, per ricordare il ristorante originario.

Questo però come ristorante autogestito esiste ancora ed è stato trasferito su un barcone in Javakade, (http://www.eindevandewereld.nl per ulteriori foto e info in olandese) e ogni mercoledi e venerdi, dalle 18 in poi, ci si può andare a mangiare.

Cucina e servizio vengono effettuati da volontari e si può scegliere tra un piatto del giorno con carne biologica a € 8 e la sua versione vegetariana a € 6. In genere c'è poi un dessert a circa € 2, e una carta bevande semplice. La cosa bella di un posto del genere è l'ambiente e la gente, il cibo dipende da chi è di turno ai fornelli e comunque se siete i tipi schizzinosi che hanno bisogno di scegliere, cambiare ingredienti, farsi sostituire roba, lasciate direttamente perdere. Lì hanno una cosa in due varianti e tant'è.

Ieri rientro distrutta e tardi da un pomeriggio di interpretariato in tribunale in 3 lingue, e il capo non c'era che avrebbe mangiato al lavoro con la mia pasta al tonno per i maratoneti che hanno corso la maratona di Rotterdam (è andata così, l'anno scorso si è iscritto con il gruppo alla mezza maratona per avere uno stimolo ad allenarsi, la cosa è andata in vacca come mai e per multa gli hanno fatto portare una pasta da mangiare insieme e gli è piaciuta, quindi quest'anno bis).

Allora prelevo i mostri dal doposcuola e così come stiamo, io in tailleur e loro con le cartelle e le borse da ginnastica, andiamo dritti dritti al barcone. L'anno scorso ci eravamo capitati con tutto un gruppo di amici e bambini, che questo è il posto ideale per andarci con i bambini se riesci ad impedirgli di stare sul ponte ed eventualmente buttarsi in acqua, ma se li tieni sottocoperta. La cena quella volta l'avrei defnita adatta a un orfanotrofio molto rigido e molto povero, ma l'ambiente era bello ed ho voluto riprovarci.


[foto dal sito del gestore]
Abbiamo trovato un tavolino tutto per noi sul palco e siamo andati al bancone ad ordinare. sulla lavagna il menu: moussaka con insalata e tzatziki, e crepes al gelato con fragole, pesche e panna montata. Vai. La signora si è annotata l'ordine, e il nome, mi ha segnata una moussaka da dividere in due piatti per le belve, mi ha dato due bigliettini per ritirare il dessert e passo alla cassa per ordinare da bere. Tre succhi di pera bio (hanno anche mela e arancia), un vino bianco portoghese buonino e siamo tornati ad aspettare a tavola. Sui tavoli più grandi c'erano grosse ciotole di pane arabo a pezzetti e burro alle erbette da spalmarci, ci hanno detto di prendercelo semplicemente dagli altri tavoli se non l'avevamo, che questo è pur sempre un collettivo.

Era pieno di gente: alcune famiglie ai tavoloni, un po' nelle mie condizioni, ho visto un paio di padri vestiti da ufficio con la cravatta allentata. Al tavolo accanto al nostro tre signore di mezza età carine e ben vestite. Un po' di tipi stile lupi di mare o ex-fricchettoni recuperati alla società, un bel gruppone eterogeneo e sociale.

Dopo un po' che tentavo di trattenere i bimbi a tavola, è venuto un signore con una cartelletta di disegni da colorare e una busta di confezioni di colori. I disegni potevamo riportarceli, i colori, quando finiamo, bisogna lasciarglieli per la prossima volta.

Siamo andati a farci un giretto sul ponte, nei bagni (grandi e tenuti molto bene) e poi di nuovo giù. Ho lasciato i bambini a piede libero e Ennio è andato a farsi grandi chiacchierate con la signora delle ordinazioni.

Quando i piatti sono pronti, ti chiamano il nome che hai lasciato con l'ordine e te lo portano. Era tutto un "Bep", "Ria", "Bart", eccetera. Durante uno dei giretti fuori per recuperare Orso che tentava di procurarmi un infarto uno dei volontari ha fatto una ramanzina ai mostri dicendo che dentro potevano andare in giro quanto volevano ma era proibito superare la porta rossa, poi di nascosto mi ha strizzato l'occhio e ha fatto:
"Se gli occhiacci glieli fa un estraneo chissà perché funziona meglio".

Secondo me gli sono sembrata molto impegnata a tenerli fermi, chissà perché, io la vivevo come una serata così rilassante, fino a che non è arrivato il cibo. Gli altri bambini presenti erano più grandi e stavano seduti a tavola o potevano andare da soli sul molo a giocare a pallone con un pezzo di copertone che stava in giro. Ma Orso ovviamente devo ancora tenerlo al guinzaglio.

La moussaka, come temevo, non è stata un grande successo con le belve: troppi pezzetti e pezzettini e salsine poco identificabili. Però vivisezionandola e tirandone fuori la carne macinata che è bastato spacciare come polpetta, i pezzetti di peperoni, cetrioli e pomodoro dell'insalata, previa leccata materna per togliere i condimenti strani e le foglioline, l'hanno mangiata. Un po'. Il resto l'ho mangiato io che era buonissimo.

Poi abbiamo dovuto aspettare per le crepes e lì i mostri erano già un po' cotti. Le crepes però erano buonissime e stamane Orso è venuto nel lettone per spiegare a suo padre (soprannome da giovane: Dr. Pancake) che avrebbe dovuto fargli le crepes con il gelato, la panna montata e le fragole. Il capo è rimasto impressionato dal coté gourmand di suo figlio piccolo e ha accettato.

A quel punto il volume e la temperatura nella barca si erano notevolmente alzati, tutti parlavano con tutti ed è stato un peccato portarli via. Ma devo decisamente tornarci. Specie in estate che si può stare seduti e sbevazzare sul ponte.

La citazione carina della serata: sul retro del cartellino plastificato per ritirare le crepes c'era: "Vuoi concludere la serata con un buon Irish coffee a € 3,50? Chedi al bar.

Tieni presente che siamo tutti volontari e che quindi non guadagniamo un tubo da questo lavoro".

Però secondo me si divertono tanto.

Per gli interessati: cercano cuochi per il mercoledi, in cambio tanta compagnia, si conosce gente e ci si diverte. Se siete da poco ad Amsterdam o in Olanda e cercate di conoscere e socializzare con veri autentici olandesi carini ed espansivi, che se non lo fossero, passerebbero le serate diversamente, io ve lo consiglio di cuore. Passateci un mercoledi o venerdi dalle 15 alle 21 e parlateci. O cercate sul sito il numero di telefono da contattare.

Inoltre, al di fuori di questi due giorni la barca si può prendere in affitto con cucina e bar, c'è un mixer luci e audio, un palchetto e un pianoforte tinto di bianco. Ho visto che ci fanno matrimoni, compleanni e altro. E la vista del tramonto dal ponte è bellissima.

venerdì 11 aprile 2008

Coffee-time (che non è un coffee-shop)

Oggi ho portato a spasso un simpatico signore italiano, qui per affari conclusisi molto presto, e abbiamo bevuto due caffé in giro, con risultati contrastanti. Cosa che mi ha ricordato che anche se FrancisFrancis, Illy, Lavazza e Segafredo ormai sono parenti stretti per molti olandesi, c'e ancora tanta strada da fare.

Inauguro con questo post, quindi, l'etichetta "Guida di Amsterdam per iniziati", per condividere i miei indirizzi preferiti che non comprendano solo i sex-shop.

Che caffé sono disponibili in giro, sotto che denominazione:

Koffie
Facile, è la broda olandese a torrefazione chiara e macinatura grossa da filtro, ovunque tu vada te la tirano dietro (nei bar ti tocca pagarlo) si trova ovunque e comunque, e considerato l'amore per il risparmio dei batavi, in genere usano la qualità rossa a prezzo d'occasione e in tal caso si riconosce per un sentore acido che la pervade. Buona per le giornate di freddo umido gelido pioggia scarpe-bagnate, quando c'è bisogno di avvelenarsi con qualcosa per tirarsi su (dico, da noi c'è gente che corregge con la grappa allo stesso scopo, quasi quasi preferisco un koffie).

Koffie verkeerd
Idem come sopra, ma macchiato al latte. Tazzona di contenuto color beigeolino.

Cappuccino
Idem come sopra, ma con la schiumetta tirata fuori a forza dal bricco a scucchiaiate, che il movimento di polso del vero barista, chi l'ha mai imparato? La prima volta che venni in NL, in quel di Groningen, la pasticceria Bommen Berend che aveva il menu figo ti spacciava come cappuccino un koffie verkeerd in bicchierone di vetro spesso con schizzata generosa di panna montata sopra. Altri tempi, l'Ue ancora non c'era e per nostalgia e giovanile incoscienza ne avrò bevuti un po'.

Espresso
Si, lo so, uno si illude. In linguistica queste parole qui si chiamano i falsi amici. Pensi a una cosa e te ne danno un'altra. Ma ci ricordiamo che il batavo è sparagnino? Ci sarà anche scritta la marca italiana nell'insegna, ma se ordini una tazzina e la paghi, piena fino all'orlo ti tocca. E i baristi lo sanno e fanno traboccare.

Qui dalle mie parti, in KNSM-Eiland, c'è questo caffé Kanis e Meiland che è carino, ci si mangia, col caldo hanno i tavolini fuori a pelo d'acqua con moletto d'attracco per chi arriva in barca. Quando Ennio era in passeggino ci siamo andati un tot di volte, anche a fare colazione che nel weekend fino alle 11 è pieno di famiglie con bambini, i genitori leggono il giornale mentre i pargoli si arrangiano. Ci vado una volta con il capo e mi fanno questo ottimo Segafredo. Ci torno con la mia mamma, chiedendo apposta una tazzina a metà piena e mi arriva con l'orlo colmo. Glielo rendo dicendo: ma come, la tua collega due giorni fa mi ha fatto un caffé così buono, cos'è 'sta roba? La bimba mi guarda esterrefatta e mi fa: ma la macchina così lo fa. Cioè, spingi un pulsante e ne esce la dose predefinita. Hai capito come fanno il caffé qui al bar? (tesoro, ma il metodo coitus interruptus, cioè tirare la tazzina indietro quando è a metà, no, eh? Tutta colpa della pillola anticoncezionale di massa).

Per fortuna nel frattempo a salvarci è arrivato il

Ristretto
Anche lui preprogrammato dalla macchina, ma vivaddio meno umido, che qui già ne abbiamo troppa d'acqua, per ritrovarcela in eccesso nel caffé.

Poi nei posti ancora più fighetti siamo persino arrivati al concetto di

Macchiato
E penso di non aver nulla da spiegare.

Facciamola finita, il posto che da anni raccomando a tutti è:

Coffee Connection,
in Nieuwezijds Kolk 33 angolo Nieuwezijds Voorburgwal, praticamente in centro quasi di fronte alla prima fermata dopo la stazione dei tram 1, 2, 5, 13.

Si tratta di un localino micro, sull'angolo (ottuso, volevo dire ottuso) di una casa, con un bancone al piano rialzato, alcuni tavolini al piano superiore e un bagnetto e deposito nel sotterraneo. Non andateci in gruppo che non ci si entra, a meno che il tempo sia favorevole e i tavolini siano fuori. Fanno bagels e panini, torta di mele e brownies, e si autodefiniscono un tocco d'Italia con una manciata di Seattle. Hanno anche un sacco di caffé di quelli elaborati ed aromatizzati, per chi ama il genere, con gli sciroppi Mounin buonissimi che a casa nostra ci facciamo di tutto (ma non il caffé).

Anni fa lo aprì Leigh, un'americana simpatica che dopo un periodo in Veneto in cui scoprí il caffé italiano, si è messa a fare e torrefare le sue miscele qui. All'inizio per uso del baretto e un altro paio di locali suoi. Poi, concluso che quello che a lei piace è creare i blend di caffé, ho saputo che ora fa solo questo, e il baretto lo ha preso Dave Gelici, un ragazzo carinissimo di origine armena che non solo mi ha fatto il miglior macchiato della mia carriera oggi pomeriggio, ma parlicchia italiano e ti saluta (non me, il signor Franco simpatico) con "Ciao dottore".

Un altro posto in cui farsi confondere le idee dai tanti tipi di caffé è la catena Coffee Company, con il loghetto a spirale, ce ne sono parecchi in giro, non male. Per indirizzi guarda su: www.coffeecompany.nl.

Un altro posto carino è il Buna Bet in van Woustraat 74, un baretto etiope trendy (ci vado domani a ri-testarlo, che è un po' che latito). Per piccoli gruppi e su prenotazione organizzavano anche degli assaggi di caffé di diversi tipi, una cosa che ho sempre voluto organizzare per vedere com'è. PS. ci sono andata ieri con Nella, il caffé era ottimo e il té etiope anche. È semplicemente un té con il sacchetto, ma molto buono.

Un altro posto è il bar Girasole, dell'Hotel Jolly Cartlon di fianco al mercato dei fiori galleggiante, angolo Vijzelstraat vicino al Munt, l'unico posto dove posso ordinare il mio preferito senza stare tanto lì a spiegare. Basta dirgli un macchiato freddo, quasi tutti i baristi sono italiani DOC, che voglio di più? e hanno un pranzo caruccio al buffet, ma io in genere ci vado per un dolcino al volo prima o dopo il cinema, o per appuntamenti di lavoro in centro.

Infine, ci vado spesso e ci ho fatto girare persino un cortometraggio ("Cinque caffé", di Werther Germondari e Maria Laura Spagnoli, bellissimo, di un realismo surreale), il bar Issimo dell'Hotel Hilton in Apollolaan. Che bello averci da lavorare la mattina presto, che posso farci colazione. Chiuso nel weekend.

Bene, dopo tutti questi caffé di oggi si è fatta l'una di notte, mi sarà passata la botta di insonnia?

mercoledì 9 aprile 2008

Profilo dello studente olandese di italiano

Questa cosa, che Mamikazen era un po' intrigata dalle mie affermazione nel post precedente, va spiegata meglio.

Comincio con l'argomento statistico: quasi tutti gli insegnanti di lingue straniere (quindi non solo italiano) che conosco in Olanda, e anche un paio a Roma che hanno avuto in classe degli olandesi, concordano su un punto: se riesci ad insegnare agli olandesi, riesci ad insegnare a chiunque.

Perché ciò? in primo luogo perché si tratta di olandesi, quindi la loro batavicità emerge al meglio nella situazione in classe. Come riconoscere uno studente olandese nel mucchio? Qui sotto alcune caratteristiche, che in diversi modi, combinazioni, sfumature, li caratterizzano.

Premessa 1:
lo studente olandese sa tutto meglio di tutti. Questo lo definiscono loro stessi il complesso del ditino indice sollevato ad ammonire, indicare, giudicare. L'olandese, che nei secoli ha girato il mondo o come commerciante, ma soprattutto come missionario, ne ha ricavato l'incrollabile certezza che come le fa bene e come le sa bene lui le cose, nessuno.

Premessa 2:
l'olandese in genere è democratico e antiautoritario (non me lo sono inventata io, lo dice Hofstede). Loro non pretendono di imporre, ma di convincere (e lo fanno con tale convinzione che uno si augura un despota, fa meno male). Una 15-ina di anni fa hanno fatto furore con il loro sistema orizzontale di decisionismo, qualcuno ha persino tradotto un libro sul tema in italiano, che ho visto nella libreria Bonardi. Nel frattempo, come tutte le grandi scoperte, anche questa si è ridimensionata e loro stessi si rendono conto che la politica del consenso a tutti i costi, raggiunta a prezzo di lunghe e faticose discussioni, non sempre è la migliore o la più efficiente. Però quello è il vizio della bestia e loro hanno bisogno di criticare, giudicare, opinare.

Risultato:
lo studente olandese, anche se pagandoti è costretto a riconoscere che hai qualcosa di cui lui ha bisogno, non ti darà mai fiducia e non riconoscerà mai la tua competenza a priori. Questo si conquista sul campo, minuto per minuto, ogni decisione didattica va discussa e approvata in gruppo e si perde tempo in queste cose.

Altri fatti
L'olandese ha per natura l'espressività di una patata lessa. Non è innato, è una caratteristica accuratamente coltivata fin dalla prima infanzia. Guardi in faccia un olandese e difficilmente sai se sta andando al funerale della madre, o a proporre un matrimonio alla sua bella. A volte si capisce se è sbronzo, ma anche lì, non sempre.

Quindi se ti ritrovi una classe di facce ingrugnita e anche se sai il fatto tuo, la prima cosa che come insegnante di italiano sei abituata a capire è: oddio non gli piace. Mi odiano. Gli faccio schifo. Applichi i tuoi schemi espressivi agli altri, e la cosa non può funzionare.

Esempio di vita vissuta 1
La Sturni, una dei due insegnanti che dicevo la volta scorsa, è una donna assertiva quanto poche altre mai. Lo vedi dalla faccia, sembra quasi un'olandese. È milanese, ha il culto della carriera e adora il suo lavoro. Bene, al suo primo giorno di lezione da me nella pausa tra due corsi me la sono ritrovata in cucina in lacrime. Era il suo primo corso in Olanda e io non ho mai avuto dubbi sul fatto che sarebe stata una splendida insegnante, proprio quello che ci vuole per i miei polli. Ma in 75 minuti me l'avevao ridotta a un semolino. Una classe di principianti. Per fortuna anch'io ho versato tante lacrime le prime volte e mi è venuto il dubbio. Mi precipito a salutare i corsisti che stavano sciamando via e con nonchalance chiedo:

"Allora com'è andata? vi siete divertiti?"
"Si, tantissimo, Laura è splendida, ci ha fatto tanto ridere, è bravissima, non vediamo l'ora che arrivi la prossima lezione".

Lei ovviamente non ci voleva credere, ma piano piano si è abituata. Diciamo che per tutto il tempo che ho organizzato quei corsi lì la gente si iscriveva al livello successivo a condizione di avere lei. Ma un sorriso a lezione, ragazzi, solo le volte che portavamo il vino in classe.

Il che introduce quanto segue adesso.

Altri fatti 2
L'olandese ci mette un po' di tempo a sciogliersi. Non vi fate ingannare da tutte le persone gentili che per strada aiutano spontaneamente i turisti. Sono gentili perché sanno che i turisti si tolgono subito dai piedi e che sono fondamentali per l'economia nazionale (e, siamo giusti, anche perhé gli viene spontaneo). Ma se sospettano che rischi di piantare le tende qui un po'a lungo ti odiano, che il paese è piccolo, densamente popolato e l'unico modo di sopravvivere è quello di chiudersi nella propria bolla e ignorare gli altri.

Però poi il batavo apprezza le piccole attenzioni, coglie le sfumature. Per esempio, se volessi sedurre uno dei miei vicini, che non ci conosciamo e non ci guardiamo, ma più o meno per strada ci riconosciamo, devo solo guardarlo mezzo secondo negli occhi la prossima volta che ci incrociamo e sollevare di un millimetro l'angolo sinistro della bocca. Capirà di piacermi e magari si decide a dare cenni di vita.

Mai aspettarsi da loro grandi gesti, ma poi te li compri con poco, se conosci il meccanismo. Certo, si accontentano di poco loro, quindi devi aspettarti quel poco anche tu. Basta resettare il proprio sistema di aspettative. Per esempio ai matrimoni ti regalano 10 euro in una busta, chiusa in un palloncino tutto decorato e pieno di coriandoli a forma di cuore. Costa più la confezione. Però ci si diverte a confezionarlo e aprirlo e questo è quello che conta.

Esempio di vita vissuta 2
Anna, che è una persona profondamente empatica e ha una famiglia olandese di quelle asociali e dure DOC, è quella che mi asciugava telefonicamente le lacrime per tutto il mio primo anno di lezioni in Olanda. Lei che ormai, come me, conosce i suoi polli, si diverte a stuzzicarli nel profondo e a osservarne e pilotarne le reazioni pavloviane. Con la scusa che lei tanto è italiana, li sbaciucchia, li coccola e fondamentalmente se ne frega di accontentarne le aspettative.

A una lezione un 8 marzo (che qui non si festeggia), si portò dietro, in mancanza di mimose, un vasetto di fiori gialli. Alla fine della lezione consegnò a ogni signora presente un fiore, spiegandone il motivo. La reazione tipo fu:

La signora, donnone olandese rotto a tutte le intemperie e a tutte le discussioni, prende il fiore e lo guarda con la solita faccia inespressiva e tace. Da rimanerci male, se sei un cuoricino sensibile e interpreti faccia e silenzio come una critica. Dopo un paio di minuti tenta di razionalizzare la sorpresa:

"Ma che bel fiore, allora appena rientro a casa devo trovare un bel vasetto per mettercelo"
sospirone
"perché è davvero un pensiero così carino"
e adesso il labbro inferiore le comincia a tremolare
"e qui da noi queste cose non le fa nessuno"
sta tirano su con il naso
"e tu sei così gentile che mi sono proprio commossa"
e la cosa finisce in lacrime e abbracci a riprova del fatto che in fondo in fondo gli olandesi non sono poi quei batavoni insenibili che sembrano, è che gli fanno il lavaggio del cervello fin da piccoli.

L'Anna ci si diverte da morire con queste cose. Anch'io.

Che dire, il batavo ha bisogno di certezze e sicurezze nella vita, non concepisce la nozione di caos, e anche se alla fine un italiano ci si abitua e ci lavora benissimo, non sono cose che si improvvisano. Poi un corso di lingua è comunque una situazione di estrema fragilita per un adulto che improvvisamente si ritrova il bambino che deve apprendere tutto da capo e per farlo può solo affidarsi all'altro adulto che solo per quello ha potere su di lui. Partono quindi le reazioni pavloviane, e bisogna un po'conoscerli e un po' saperci fare.

Fatto numero 3
L'olandese non conosce i termini grammaticali e di serie non possiede il congiuntivo. Non è capace di pronunciare vocali pulite e per spiegargli le consonanti doppie funziona solo un trucco che mi sono inventata io (diciamo che non puoi spiegarglielo in termini di consonanti). Si scoccia a imparare la teoria e vuole parlare subito. Lavoraguadagnapagapretende. Si sente innanzitutto cliente e poi, forse, discente.

E poi è fermamente convinto che che essendo lui olandese, ovvero perfetto, e tu italiana, ovvero approssimativa e caotica, ha per definizione sempre ragione lui. E non manca di fartelo notare, se fai tu una piccola imprecisione. Che dire, in fondo è un popolo della Bibbia, e la storia della pagliuzza nell'occhio del vicino e la trave nel proprio gli sta proprio a pennello.

L'olandese non è un tedesco. Chi si illude di aver a che fare con persone precise, affidabili e inquadrate, sbaglia. Finché non hai i soldi in mano, non dare nulla per scontato. L'olandese è inflessibile se ciò fa comodo a lui, ma quantomai approssimativo se la precisione negli accordi fa comodo a te.

Esempio di vita vissuta 3
L'amico Vincenzo ha lavorato lunghi anni in finanza internazionale ad Asterdam. Uno dei campi in cui i batavi vanno giustamente famosi. Anche uno dei campi in cui, si presume, le cose vadano svolte con precisione cirurgica. L'amico Vincenzo riassumeva le sue esperienze in una sola frase:

"Fanno tanto i perfettini perfezionisti, poi sono peracottari come tutti gli altri".

L'insegnante convinto della propria autorità e della giustezza del proprio metodo non è l'ideale. L'insegnante che si mette sempre in discussione neanche. L'insegnante che crede a alti ideali di cultura classica rischia di farsi male. Soprattutto se non tiene duro sulle quesitoni economiche.

Bisogna essere pragmatici, pazienti, idealisti, teneri in fondo, sapersi far valere, avere molta sicurezza in sé stessi ma mettersi nei panni del gruppo, diplomatici e un tot di altre cose, e soprattutto farsi pagare in anticipo. Chi tiene duro per anni in questo lavoro ha la mia più profonda ammirazione. Io se non facessi 3000 altre cose per vivere e pagare l'affitto, li avrei già mandati tutti a farsi benedire.

Però sono sicura che a lavorare con gli italiani in Italia mi incazzerei ancora di più. Viva gli olandesi, allora. Che almeno l'IVA qui è del 19%.

Se decidi di vivere ad Amsterdam insegnando l'italiano

Spesso mi scrivono persone, in genere neo-laureati, che con o senza esperienza, vogliono venire a vivere ad Amsterdam e mantenersi insegnando italiano.

Io un paio che ci riescono ne conosco e ci lavoro insieme, ma sono comunque degli splendidi insegnanti, parlano benissimo olandese, hanno casa e contatti qui e se li sono fatti prima di mettersi a fare questo lavoro ed è gente che sa stare al mondo.

Tutti gli altri, a mio avviso, prima di lanciarsi devono tener presenti un paio di cose, che elencherò sotto, alcune scontate forse, altre magari meno.

SULLA SITUAZIONE IN OLANDA

- Nessuno ti assume per un lavoro del genere, tutti lavorano con i free-lance
- Solo che nell'ordinamento giuridico olandese il free-lance non esiste, esiste il lavoratore autonomo senza personale (ZZP'er) con partita IVA (BTW-nummer) e che emette fattura ed è riconosciuto dall'ufficio imposte (Belastingdienst) come tale per mezzo di lettera, che si farebbe bene ad allegare alle domande di lavoro insieme a una copia del proprio passaporto. Tutto ciò viene spiegato benissimo nel sito del Belastingdients, in olandese of course, quindi o ve lo sapete leggere, o avete amici dediti e con tanto tempo a disposizione e che ci capiscano un pelo, che sempre linguaggio da ufficio imposte è, e che con amore ve lo traducono. (Esagero, una parte di quel sito è anche in inglese).
- La conoscenza dell'olandese serve anche ad esser presi sul serio da corsisti e scuole, anche se, ovviamenfe, la lingua parlata nei corsi è solo quella che si vuole insegnare.
- L'esperienza di insegnamento nelle scuole italiane di ogni ordine e grado costituisce a mio avviso titolo di demerito. Non solo non ti prepara minimamente ad insegnare a studenti adulti olandesi, ti dà l'atteggiamento di partenza sbagliato.
- Viceversa, esperienza di insegnamento dell'italiano a stranieri, aiuta già parecchio, perché con un po' di fortuna forse avete già avuto studenti olandesi e vi rendete conto di cosa vi aspetta.

SULLA PROFESSIONALITÀ DELL'INSEGNANTE DI ITALIANO

- Non ci improvvisa insegnanti della propria lingua solo perché la si parla.
- In genere non si insegna o non si traduce verso una lingua che non è la tua lingua madre, a meno di non conoscerla benissimo. Non succede spesso, ma perché escluderlo a priori?

Il concetto di professionalità implica non solo conoscenza della materia ma anche:
- Sai quanto farti pagare (svenditi e la gente ti tratterà di conseguenza, trovi solo sfigati e seccatori. Punta in alto e forse ti andrà bene una volta per puro caso, ma ti metti fuori dal mercato).
- Sai come farti pagare, ovvero sei in regola con le imposte e puoi emettere fattura e possiedi un conto in banca olandese su cui farti pagare (il che implica un tot di altre cosine burocratiche già svolte, per poter aprire il conto in questione).
- Capisci la differenza tra studente e cliente e ti comporti di conseguenza.
- Non fai le scarpe a nessuno, che il paese è piccolo e le cose si risanno.
- Comportati in maniera collegiale e frequenta i colleghi, che ti passeranno i corsi che non possono tenere di persona.
- Ti aggiorni continuamente, usi materiali autentici, possibilmente sai che non ti conviene usare un libro di testo, anche se agli studenti piace tanto, se vuoi che imparino la lingua che insegni. Se invece l'idea è di seguire il libro, allora il testo va benissimo, ma è una cosa diversa dall'insegnare/imparare una lingua.

GUARDA LA TUA CANDIDATURA CON GLI OCCHI DELLA SCUOLA A CUI SCRIVI
- Ogni giorno mi arrivano dei curriculum, la maggior parte fatti con lo stampino.
- Spesso sono scritti in un inglese terrificante, con un periodare faticoso. Se un candidato la lingua la sa poco basta che scriva secondo lo schema: oggetto, verbo, oggetto, punto. Frase successiva, idem. "Instruction" non è "education".
- Contengono informazioni irrilevanti, mancano quelle che mi interessano (vedi punti precedenti). Tra cui quanto vuoi essere pagato e come posso farlo.
- Contengono una precisazione sui dati personali e la privacy che manco so cosa dice. Se mi scrivi per un lavoro vuoi che io abbia i tuoi dati.
- Se sono su carta mi prendono spazio, elettronici li archivio meglio.
- Li manda gente che non sa cosa vuole dalla vita: fra due settimane si sono trovati lavoro in un call-center, o non controllano spesso le mail, o mi fanno perdere tempo a cercarli quando ho bisogno di un insegnante. In genere non investono nella propria professionalità.
- Sparano nel mucchio e non mandano aggiornamenti. Basta farsi risentire in breve ogni sei mesi o a ogni cambio essenziale di indirizzo telefonico e mail (gli indirizzi fisici, i primi tempi, ad Amsterdam cambiano con la velocità della luce).

Fondamentalmente se a me, scuola, serve un insegnante in più, chiedo a chi già conosco se hanno un collega da raccomandare. contattare chi mi manda un curriculum è faticoso, mi fa perdere tempo e di rado mi procura un insegnante competente.

COSA FA BUONA IMPRESSIONE
Dare l'impressione che sai cosa stai facendo. Hai un indirizzo a una distanza ragionevole dalla scuola. Hai un conto in banca, il che implica un indirizzo vero o fittizio, comunque con nulla osta del padrone di casa, un'assicurazione sanitaria, un codice fiscale olandese. Sei in regola con l'ufficio imposte e puoi emettere fattura. Hai un numero di telefono olandese. Non devo spiegarti le cose elementari. Che non mi mandi una domanda dall'estero dichiarandoti disponibile a un colloquio, che nessuno si prende la responsabilità di farti venire per un colloquio senza impegno per un lavoro saltuario e non pianificabile. Se lo fanno ti devono dare delle ottime motivazioni, o pagarti il viaggio e il soggiorno. Altrimenti sono cialtroni.

Probabilmente un sacco di altre cose che al momento mi sfuggono. Ma penso di aver detto il paio di cose fonamentali e chiarito il fatto che io non sto qui a fare tutto questo per te. Io ho già il mio lavoro, la mia famiglia, i miei hobby, i miei amici e un tot di persone a cui non posso dire di no. Non posso organizzare la vita degli altri, a meno di non spacciarmela alla voce lavoro o famiglia.

Però con questo post spero di aver fatto una cosa utile a chi aveva idea di proporsi come insegnante di italiano, pur di poter vivere d Amsterdam.

lunedì 7 aprile 2008

Il bambino ricercatore

Il tema pedagogico del nido di Orso ed Ennio era: il bambino ricercatore. La cosa più bella me l'ha scritta la maestra Anouk nella cartella di addio con tutti i suoi disegni e i suoi rapporti, che ci hanno regalato bella impacchettata in carta regalo alla festa di compleanno e di addio del mese scorso.

"Orso, tu sei sempre stato per me la perfetta personificazione del bambino ricercatore. Ti vedo ancora, sdraiato sul pavimento mentre con una cordicella, un tappo e un pezzo di cartone stai a fare esperimenti."

La foto accompagnatoria mostra il piccolo ricercatore sdraiato in terra, che con un pendio di cartone appoggiato a una pentola scopre la trasformazione dell'energia potenziale in energia cinetica facendovi rotolare un tappino di plastica. Secondo me è un concetto che ha assimilato splendidamente, infatti quando scendiamo per il mini-pendio verso il ponte urlano entrambi che devo frenare ed è pericoloso.

Peccato che la nuova maestra a scuola si sia lamentata che Orso non sa stare seduto sulla sedia, neanche nel corso dei 10 minuti di conversazione in circolo del mattino.

"Sta sempre sdraiato per terra", dice, "e non ascolta".

Si, lo ha letto, sul rapporto dell'asilo che gli piace pensare sdraiato. Si, se lo ricorda che le ho spiegato che è un bambino cinestetico e che quindi spesso proprio non sente se gli si parla, bisogna toccarlo o farsi guardare negli occhi. E nel rapporto avevo fatto mettere apposta che se non guarda negli occhi, non è un comportamento innato ma appreso, perché noi in Italia meridionale a volte ci sembra sfacciato o poco educato guardarci fissi. Molte cose le diciamo distogliendo lo sguardo. E Orso anche questo lo ha appreso benissimo.

"Stai attenta" mi avverte l'amica G., "Quanto prima ti raccomanderanno di portarlo al centro per l'autismo". Come i suoi, che davvero hanno un quoziente di intelligenza spaventoso.

Stiamo parlando di un cucciolo che ha compiuto 4 anni due settimane fa.

L'asilo sarà anche pronto per i piccoli ricercatori. È alle elementari che la strada verso il Nobel diventa faticosa.

domenica 6 aprile 2008

La prova del 9 della maternità responsabile

Ho letto questo articolo bellissimo (clicca sul titolo) perché con due figli tra nido e scuola materna/elementare si entra nel circuito delle valutazioni, delle diagnosi, dei test.

Innanzitutto ringrazio il cielo che in Olanda esiste il consultorio da 0 a 4 anni, in cui, a richiami regolari, i bambini vengono misurati, pesati, testati, vaccinati e nel caso, i genitori ricevono consigli su come gestire inappetenza, disturbi del sonno e della crescita e in generale i tremila patemi che ci affliggono. Il tutto viene annotato in un librettino carino in modo da ricordarsene. Il libretto riporta una serie di informazioni e schemini divisi per età, in cui ci comunica cosa rientra nella "normalità" e cosa sarebbe bene invece controllare.

Che i miei figli ci vedono, ci sentono e si sviluppano bene, me lo comunica quindi il consultorio. Che a nove mesi mi ricorda che è bene sospendere ciucci e biberon e insegnare ai bambini a bere da un bicchiere, che più tardi è ora di educare i bambini al vasino e come farlo, eccetera. A 4 anni i bambini passano sotto il medico scolastico fino ai 18 anni. Per le patologie invece c'è il medico di famiglia, che volendo tiene tutti sotto controllo e magari sa già se certe cose vanno viste in una prospettiva famigliare.

Per tutte le situazioni anomale esistono specialisti di tutti i tipi, e una funzione di segnalazione alla fonte la svolgono proprio asili e scuole. E qui cominiciano i problemi. Come sono equipaggiati asili e scuole per fare fronte a tale funzione? Vall'assapé. Un corso di aggiornamento di mezza giornata? Una circolare del ministero della sanità? Una classe sovraffollata in cui ogni bambino che scoccia va isolato, diagnosticato e resettato?

A me sembra che oggigiorno tutti i bambini abbiano qualcosa da rivedere e correggere. Certo, alcune cose possono sfuggire ai genitori che in fondo hanno sott'occhio solo i propri figli, chi invece ne vede quotidianamente una 30-ina di anno in anno, ha magari di più l'occhio nel percepire le variazioni dalla norma.

Ma prima di diagnosticare, che è il primo passo verso la medicalizzazione e dio solo sa se il Ritalin di massa sia la soluzione per tutti i problemi dellla società, ricordiamoci che avere l'occhio per la variazione alla norma ancora non ci dice se un bambino specifico è felice, ha dormito bene, ha un dispiacere, ha perso una persona o giocattolo caro, ha una situazione tranquilla in famiglia.

Che a volte i genitori, nella loro ignoranza specifica sono e restano i migliori esperti dei propri figli. Che se il bambino è felice e cresce bene non gli importa se a una determinata età conosce 50 o 100 parole. Perché sanno che magari zio Ernesto anche ha iniziato a parlare solo a 4 anni e ciò non gli ha impedito di fare carriera.

Inutile dire cosa potrebbero fare meglio le scuole, e non fanno per tutti i limiti normali e accettati (ma accettabili?) che sappiamo. Mancanza di fondi, di strutture, di tempo, di energie. Lo sappiamo tutti che una classe di 10 bambini è meglio di una di 25, ma non esiste e ci teniamo quella di 25 o di 30 bambini cercando di trarne fuori il meglio. Nessuno ha mai vinto le elezioni promettendo e realizzando classi piccole in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Una visione poco lungimirante, se vogliamo, che sul lungo termine magari questa sarebbe una soluzione a tanti dei mali del paese, di qualunque paese, ma vabbé.

Quello che le scuole potrebbero fare, e non fanno abbastanza, è ascoltare e guardare seriamente i genitori. Inutile dire che il bambino si agita ed è incapace di stare seduto tranquillo, se lo stesso bambino a ricreazione beve tutti i giorni il succo di finta frutta con concentrazioni di glucosio altissime. Una circolare che proibisce di bere altro che acqua o spremute fresche di frutta, non la farà mai nessuno. A chi conviene, a parte bambini, insegnanti e genitori?

Meglio imbottire i bambini di glucosio, lattosio, e tutti i numeri E- che gli diamo da mangiare. Più facile fare diagnosi cognitivo-comportamentali, così che di tutti i bambini che conosco pare non ce ne sia più nessuno senza allergie, senza ritardi, senza stranezze, senza terapeuta. Creiamo una generazione finto-problematica, abdichiamo al nostro obbligo di osservare, informarci e decidere da noi se intervenire o far intervenire un esperto sui nostri figli.

In fondo siamo solo genitori. Vogliamo il meglio per i nostri figli. Vogliamo comprare un succo di frutta al prezzo più basso, non passare un quarto d'ora a leggerci la lista degli ingredienti on il librino alla mano. Anche perhé se il succo non passa l'esame, ciò non ci ha ancora procurato un'alternativa da dare ai nostri figli.

E se questo meglio per i nostri figli passa per una pseudo-diagnosi, anche se intimamente poco convinti della sanità e utilità della cosa, ci adattiamo. Per quieto vivere, per essere come gli altri, perché non resistiamo al ricatto di essere genitori irresponsabili che non si preoccupano per il proprio figlio. come se non facessimo altro ogni minuto della nostra vita. Ci martellano sul nostro punto debole per farci comprare, consumare, allinearci.

Mi piace la chiusa di quest'articolo: come possiamo convincere i nostri figli adolescenti a non fare cazzate semplicemente perché le fanno tutti gli altri, quando noi facciamo lo stesso? "Mi stai dicendo che salteresti dal ponte solo perché lo fanno tutti?" "Cara mamma, e TU cos'altro hai fatto?"

Perché mi è più facile ogni settimana, con la neve o con il sole, portare Ennio dalla logopedista (santa donna) e sprecare almeno un'ora e mezzo e tanta fatica, per tacer dei soldi, piuttosto che sedermi con lui 10 minuti tutti i giorni a giocare alle rime e alle parole? Mi basterebbe un buon manuale per farlo, e portarlo ogni sei mesi solo a fare il test.

Io sono sempre stata negata in matematica, ma anche la prova del nove della maternità, non so se ora come ora la passerei.

sabato 5 aprile 2008

Beata gioventù

Proprio ieri il giovane genio della sala progetti, a una chiacchierata informale con i torinesi poeti alla Libreria Bonardi, baluardo della patrie lettere ad Amsterdam, si chiedeva come incontrare una ninfomane e, nel caso, come riconoscerla. (il tutto successivamente a una discussione sul sesso in genere e la fenomenologia della ninfomane, che certi dubbi non nascono out of the blue).

Non so, secondo me, chiederlo alla sottoscritta e all'amico ruvido nella cui vita non c'è mai stato posto al sesso con le donne, non è che aiuti molto ai fini pratici.

Ma sono commossa per il presupposto di competenza. Sarà che vivo ad Amsterdam e ciò mi rende un'esperta a priori? A volte mi sento sopravvalutata.

Comunque adoro gli under 30 e le loro domande esistenziali che io non mi pongo più.

Lo scazzo come momento pedagogico

Sono stanca. Sarà la primavera, l'accumulo degli scorsi mesi, il post-produzione, lo stress casa. E, mal comune, mezzo gaudio, anche il capo è stanco.

Così che il weekend è l'occasione ideale per gli scazzi intorno al desco familiare. Che anche queste sono occasioni di coesione. Poi ci si spiega, ci si bacia, e via con le incombenze finesettimanali.

All'annuncio che andiamo a lavare la macchina, Orso ha esultato: e allora andiamo anche alla vasca delle palle all'IKEA? che è tanto lontano.

Ma la cosa che non capisco: perché dopo gli scazzi gli gnorpoli si decidono a mangiare il pranzo amorosamente preparato dalla mamma, e prima invece cazzeggiano minacciando spuntini di Cracottes?

Àdesso è persino cessato lo scroscione portato da nuvolacce nere e che è durato giusto lo spazio di un pranzo. Non dico che sta uscendo il sole, ma potrebbe, ne ha tutta la luce.

Poi mi dicono che sono metereopatica.

Accendiamo la luce

Ogni tanto passo dal circuito del tram di Wetering, di fronte alla birreria Heineken dove la gente va a farsi la Heineken Experience (e vabbé, ci sono pure quelli che vanno a farsi fregare soldi dal Museo del Sesso, che è una stronzata).

C'è un muro con un verso di H.M. van Randwijk (Gorinchem 9 novembre 1909 - Purmerend 13 maggio 1966).



Ecco, ci pensavo stasera dopo una conversazione con dei poeti torinesi in visita a Amsterdam, e una discussione su come sia difficile in Italia uscire dai ricatti. Muori sul lavoro perché non osi lamentarti delle misure di sicurezza che mancano, la politica viene vista come una cosa profondamente estranea, il paese è in mano alla criminalità, come si fa a parlare di elezioni libere in certe regioni, non si dimostra più, tutti sembrano estremamente depressi e hanno l'idea che non ci sia via d'uscita. Che bisogna star zitti e tirare avanti, che tutto il sistema è marcio e protestare, sei da solo, allora abbozzi e subisci.

Detto da poeti, gente che almeno in questo modo una sua via d'uscita la cerca e la trova, che dire, ci ha buttati molto giù. E allora ho pensato al verso di van Randwijk, che in modo bellissimo e intraducibile (mi appello alla corrente di pensiero che afferma che tutta la poesia per definizione è intraducibile) dice che:

se un popolo cede ai tiranni,
perde ben più del corpo e dei beni.
Perché allora la luce scema.

Non facciamola spegnere la luce, per piacere. Deprimendoci, facciamo il gioco di chi ci vuole impotenti.

mercoledì 2 aprile 2008

Blog-action: lettera aperta


2 aprile 2008



Ai partiti politici, ai politici italiani, agli organi di informazione, alla cittadinanza tutta

Questa lettera nasce da uno sforzo collettivo di cittadini italiani della Rete, che si sono confrontati in maniera concreta e proficua usando i mezzi offerti dal social network e partendo da un approccio comune e condiviso, al di là dell’appartenenza politica di ciascuno, per agire attivamente nell’attuale contesto politico e socioculturale.Vogliamo richiamare l’attenzione di chi ci governa, degli organi d’informazione e delle istituzioni verso quelli che dovrebbero essere i principali obiettivi di una politica civile, etica e basata sul bene comune.

La tutela dei valori costituzionali del nostro Paese: laicità dello Stato; diritto al lavoro e alla sicurezza sul lavoro; diritto di scelta per la propria salute e tutela della stessa, per tutti; informazione libera, pluralista e basata sulle interazioni.
L’adempimento del mandato elettorale per il quale si viene eletti e del quale i cittadini elettori sono costantemente giudici. Tale adempimento dovrebbe rappresentare una condizione minima, senza la quale “fare politica” diventa semplicemente un modo per raggiungere obiettivi personali e di potere.
La risoluzione di emergenze sociali, tra cui (ne citiamo solo alcune): impatto ambientale dei rifiuti; sistema della Sanità; aiuti alle famiglie e tutela della maternità, attraverso sussidi e asili nido in numero sufficiente; sistema dell’Istruzione e della scuola e scollamento tra questo e il mondo del lavoro; precarietà diffusa e formalizzazione del salario minimo legale.
L’attuazione di riforme politiche non più procrastinabili, quali: l’immediata risoluzione del conflitto d’interessi; una seria riforma del sistema elettorale che impedisca le nomine dall’alto dei parlamentari attraverso l’indicazione della propria preferenza sulla scheda; la decisione sulla non eleggibilità di cittadini, se condannati in via definitiva, o in primo e secondo grado in attesa di giudizio finale.

Crediamo che fare politica, nel senso etimologico e più nobile del termine, comporti soprattutto fornire un esempio etico, culturale e di serietà ai cittadini che si governano, e che costituisca un ruolo da non sperperare in inutili e volgari liti, dichiarazioni razziste, aggressioni fisiche; questi comportamenti impoveriscono tutti, sia in un contesto interno alla nazione, sia rispetto all’immagine che essa deve offrire al resto del mondo.

Dal momento che Voi siete chiamati a rappresentarci, dovreste porvi come portavoce di coloro che vivono la realtà quotidiana e trasmettono le sue problematiche concrete.

Pretendiamo che la politica torni a essere un servizio alla collettività e che nel fare questo rispetti alcuni precisi standard di correttezza, buona educazione civica, coerenza e chiarezza.

Noi non siamo solo numeri.
Non vogliamo assistere impotenti alla banalizzazione delle parole che non si trasformano in fatti coerenti e responsabili.
Noi siamo quelli che votano. Quelli che scelgono. Quelli che criticano. Quelli che domandano. Quelli che giudicano.

Noi siamo coloro a cui dovete rispondere del Vostro operato, ogni giorno, in qualsiasi momento.
Attueremo un controllo serrato sulle azioni della prossima legislatura e daremo ampio risalto sui nostri blog di ciò che di buono e di cattivo verrà fatto.

Siamo in grado di criticare l’informazione, di valutare l’attuazione del programma elettorale, di giudicare sui fatti e non sulle promesse e sulle favole.