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mercoledì 30 giugno 2010

Introspezione e decisioni

Oggi finamente siamo andati con il maschio alfa a parlare con la direttrice della Montessori per concludere tutta la questione cambiamento scuola. E la prima cosa che ci ha detto è stata: fossi in voi aspetterei ancora un anno.

Mi è letteralmente caduto un peso dalle spalle. Avremo un anno per vedere come va la dependance, un anno per i bambini per scendere bene a patti con l'idea, perché è vero che ieri a tavola al giro di raccontarci la cosa più bella e la cosa più brutta Ennio ha detto che la cosa più bella era stata la visita alla nuova scuola, ma immagino che anche per loro è stato tutto troppo inaspettato, troppo veloce, troppo tegola che ti cade in testa. Un anno anche noi per vedere cosa succede.

Ieri hanno guardato i bambini, soprattutto li hanno visti reagire insieme, hanno telefonato alla scuola d'origine per controllare se quello che avevano notato loro corrispondeva ed insieme sono giunti alla conclusione di consigliarci così.

"I bambini separatamente sono molto vivaci, ma il punto non è questo. Il punto è che secondo noi non gli fa bene fare un anno nella stessa classe, e una classe separata gliela possiamo offrire solo dal prossimo anno. Sono molto focalizzati l'uno sull'altro, e alla fine succede che uno diventa quello dominante che a casa racconta la sua versione dei fatti e quella versione diventa definitiva. L'altro, indipendentemente se sia il piccolo o il grande, non ha più una storia sua".

Che dire, io mi ritengo fortunatissima ad avere avuto tutte queste attenzioni da parte di entrambe le scuole. Data una situazione di partenza, tutti si sono davvero messi ad esaminare il singolo bambino e vedere cosa è meglio per lui.

Nel frattempo ieri pomeriggio mi sono anche vista con la mia psicologa preferita. Con Anna Calogero, che conosco da 15 anni, visto che noi italiani di Olanda prima o poi ci incrociamo tutti, ho deciso di avviare un percorso che mi aiutasse ad uscire da tutte le sfighe dello scorso anno (elaborazione del lutto, mi pare si chiami:-0), ma nel frattempo è diventato un corso di resistenza alla vita. Io sono molto timida e ci vuole poco per azzittirmi, avvilirmi, vergognarmi ecc. e tutto questo oltre a impicciarmi, mi imedisce di stabilire i miei limiti, sia per me stessa che nei confronti degli altri.

Raccontandole di tutto il processo decisionale degli ultimi giorni, mi sono resa effettivamente conto che sto iniziando a reagire diversamente a certe situazioni. Soprattutto nelle discussioni con il capo (ma mi succede un po' con tutti) ci sono delle situazioni abbastanza riconoscibili in cui io non riesco a relativizzare o ascoltare l'altro, ma mi chiudo a riccio, mi sento attaccata, smetto di ascoltare in modo costruttivo.

Stavolta sono riuscita a non farlo, dirò di più, invece di nasconderle ho manifestato le mie insicurezze e questo ha permesso al mio interlocutore di prenderle sul serio. Di trovare insieme una soluzione.

Sul momento magari ho annotato che stava succedendo, ho notato che stavo reagendo diversamente, ma poi in fondo sono andata avanti con la cosa in questione. A posteriori davvero posso dire che in 6 sessioni ho imparato un paio di trucchi che mi aiutano ad aiutarmi. A me sembra fantastico, perché non l'ho fatto prima? Ma molto prima? Ma molto, molto prima? Quanti anni ed energie sprecati, ma vabbé, questo è. Già mi sento fortunata per averlo fatto.

Non sono costretta da me stessa ad essere Wonderwoman. Posso essere una sfigata qualsiasi e già mi va molto bene. E quindi posso ammettere serenamente che anche se sono adesso ancora più convinta che la Montessori possa essere un'ottima scuola con un ottimo metodo per i miei figli (specialmente per quanto riguarda la matematica, che è la loro gioia), tutta questa fretta di decidere con le relative conseguenze di fondo non mi convinceva.

Ognuno ha i suoi tempi e a casa nostra quelli decisionali sono molto lunghi. Questo perché dobbiamo mettere insieme due metodi, quello ellittico mio e quello logico-ordinato del maschio, che in fondo si integrano ala perfezione permettendoci di mettere insieme sia la pancia che la testa. Solo che come tutte le cose che tendono alla perfezione, ci vuole il suo tempo per arrivarci.

Quello che, in modo più ampio, sto cominciando a vedere è che delle volte non sono solo io con i miei riflessi condizionati che tendo a sentirmi attaccata dall'altro. Un paio dei miei interlocutori preferiti hanno anche i loro: uno tende a sentirsi manipolato, l'altra a sentirsi contestata gratis. Scoprire come funzionano questi meccanismi sta permettendo anche a me di ascoltarli meglio ed accoglierli meglio, visto che sono persone a cui tengo.

Ma una delle mie questioni da risolvere era quella dei confini: sto diventando più brava. mi rendo conto adesso che non ho bisogno di tutto e di tutti, che con alcune persone a cui voglio molto bene ma di cui non condivido il modo di crearsi problemi (che poi devono discutere a tutti i costi con me inchiodandomi delle ore) devo semplicemente ridefinire le aspettative e le attività da fare insieme.

Devo chiarire meglio che se una cosa è importante per loro non necessariamente lo è per me, che li ascolto volentieri ma meglio essere consapevoli di questo fin dall'inizio e non aspettarsi da me quello che non posso dare. E che sta a me capire subito dove andiamo a parare e dire fino a che punto posso arrivare io.

Qui si sta prospettando un'estate interessante, decisamente.

sabato 2 maggio 2009

Qualcuno ha consigli? Li dia

L'anonima che mi ha lasciato questo cri-de-coeur, la tengo appunto nel cuore da quando mi ha scritto, solo erano i giorni tra Pasqua, terremoto, evento di beneficenza e sapevo di non esserci con la testa per darle un qualsiasi tipo di conforto morale, anche se la sua lettera mi ha fatto tanto riflettere.

Tuttora ancora non so bene cosa dirle (cioè, me ne verrebbero tante da dire, ma mi vorrei limitare ai commenti costruttivi): vi va di darle una mano?

Questo è il suo racconto: una situazione tanto, ma tanto riconoscibile, e secondo me di quele che a guardarle con gli occhi freschi di chi non è coinvolto, forse trovi degli appigli utilizzabili. Pr dire, nel mio momento di crisi delle volte bastava la mia coach mi dicesse: ma a lui questo lo hai mai detto? e io mi fermavo interdetta, in effetti no, non glielo avevo mai detto, però mi incazzavo per il fatto che non lo capisse telepaticamente.

Ecco, a volta una domanda o un commento ingenui, spalancano portoni interpretativi. O basta anche un piccolo pat pat sulle spalle.

cara mammamsterdam, scusa se non commento il tuo post,ma non so in che altro modo contattarti...essendo io una negata di internet! già altre volte mi hai dato saggi consigli direttamente o solo leggendo i tuoi personali commenti sulla tua vita quotidiana, mi sono rinfrancata. Scusa quindi sin d'ora se ti scambio un momento per la rubrica del cuore!ur

Sto in un mare di guai con mio marito...ahi ahi ahi. Mi sento stanca e stufa di essere il perno della vita della mia famiglia, mio marito infatti non lavora da quasi due anni e, più volte sollecitato, risponde che lui sa solo fare quello che faceva (scrivere) e che quindi non riesce ad immaginare nessun altro lavoro per lui. Nel frattempo smanetta su internet, e ogni tanto produce qualche scritto (non remunerato e raramente completo quindi invendibile), ma con molta moltissima fatica.

Direi che la sua atavica pigrizia contribuisce a soffocare quegli slanci produttivi che a volte lo animano. Insomma evidentemente per lui non è un problema NON lavorare, anche se è paralizzato dalla paura di non lavorare mai più. In pratica non fa nulla per procacciarsi il lavoro, ma sta lì ad aspettare che qlcn si ricordi di lui e lo chiami per affidargliene uno! Lui dice che chiedere lo metterebbe nella posizione dello sfigato e che in quel modo non riuscirebbe più a risalire la china e sarebbe marcato a vita...e su questo posso anche essere d'accordo, ma personalmente credo che ci sia modo e maniera di chiedere senza dover necessariamente apparire sfigato!

Vabbè che poi di fatto se non lavori da 2 anni forse sarebbe costruttivo accettare che sei uno sfigato e cercare di capire perchè sei finito in quel girone. Resta però un incrollabile dato e cioè che lui è davvero molto bravo, solo che a questo mondo, come sappiamo, la bravura conta abbastanza poco. Metà della nostre professioni è costruita su tutt'altro: carattere, fortuna, raccomandazioni (si pure quelle) e poi forse capacità. Lui c'ha solo l'ultima e quanto a carattere è negato.

Nel frattempo io lavoro, e sono precaria (da anni mi rinnovano un contratto ma potrebbero pure smettere un giorno) mi ingegno per trovare un piano B che ci salvi in caso di licenziamento, organizzo la casa (quindi spesa, cibo, tata, figlia e quant'altro conoscerai benissimo)e, per ottenere un momento di pace e farmi i fattacci miei, devo andare in ufficio all'alba o non dormire la notte.

Basta.

Siccome che questa situazione in cui io lo cazzio e lui che si difende si protrae appunto da tempo e che il nostro matrimonio per mia stanchezza sta per andare all'aria, io, dico io, ho deciso di tornare in analisi per capire se potevo fare qlcs per arrestare l'inesorabile allontanamento. Poi ho duramente, con ferite e sangue, convinto lui a provare l'analisi (siamo 2 sedute e già apprezza dopo aver remato contro per anni e anni!?!).

Ora qlcn gli ha elemosinato un lavoro, ma io ,non so perchè sono irascibile più di prima...proprio ora che lui sembra aver fatto un passo avanti (sull'analisi, non sul lavoro visto che non ha fatto NULLA per procacciarselo!). Litighiamo come due che non si sono MAI CAPITI. Io mi sento sola a tirare la carretta da tempo e ora più che mai.

Sento che lui non capisce nemmeno quello che io intendo per condivisione delle responsabilità della famiglia. Infatti quando chiedo che accadrebbe se io non ci fossi più, come farebbe a campare con nostra figlia a carico, lui dice che non lo sa e che io sono una terrorista. Vero, verissimo, ma lo divento perchè cerco sempre nuovi elementi che finalmente gli aprano gli occhi

Il mio obbiettivo non è un guadagno extra, grazie a Dio il mio guadagno è sufficiente, ma non voglio questo ruolo, mi sento sua madre, che lo controlla, che ha paura che lui non ce la faccia quando gli arriva un lavoretto, che gli chiedo se per favore mi lascia qlc ora libera dalla bimba perchè devo finire di fare una cosa di lavoro, ecc.

Lasciamo perdere il capitolo sesso che dopo la nascita è argomento quadi chiuso. E ci manca, ce lo diciamo ma non riusciamo a venirne fuori.
Il senso di tutto questo è che ho la sensazione che sarà difficle uscirne senza una separazione, cosa che io non voglio. E non chiedermi ti prego se lo amo, perchè è tale il rancore che in questo momento direi una cazzata.
Che per caso ce l'hai un consiglio da darmi?
mmmciù