Sul blog di Loredana Lipperini c' è questa
interessante discussione sull' apprendistato giornalistico sul web. Ovviamente questo era lo spunto, poi la questione si è allargata.
Volevo aggiungere un commento ragionato a tutti gli spunti che la discussione nel commentario mi ha suscitata, ma è davvero troppo lunga per le regole di buona creanza. Ho pensato quindi di sportare qui le mie riflessioni, ma vi invito ad andarvi a leggere tutto il resto, perchè trovo importanti tutti i punti. E visto che siamo nel mezzo di cui discutiamo, mi farebbe un gran piacere sentire anche le vostre opinioni.
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Mi sembra molto interessante questo scambiarsi e intrecciarsi di elementi, perchè ogni reazione ne tira fuori una sfaccettatura. Vediamo se mi ricapo.
Leggendo il
vademecum in questione quello che mi colpisce è il tono paternalistico. Hai voglia a dire che la rivista non è una scuola elementare ma un liceo, il tono è quello di chi insegna ai bambini del nido la differenza tra pannolino e continenza (a parte che quest' ultimo insegnamento è notevolmente più importante e rilevante nella nostra vita). Il che mi fa credere che ci siano tra gli aspiranti redattori parecchi di quelli che da noi si chiamano acchiappagalline.
Questo ci porta al discorso professionista verso dilettante: a un professionista non hai bisogno di dire i 3/4 di quello che sta nel vademecum, e soprattutto un professionista serio lo decide da se se è in grado di scrivere o meno 2, 3, 4 pezzi sullo stesso argomento senza ripetersi. A me alcune volte è riuscito benissimo.
Certo, e qui si arriva a chi lavora gratis e/o per imparare, uno che lavora in questi termini ti procura comunque un sacco di lavoro extra di editing per rendere pubblicabile un articolo (ammesso che poi la qualità di certe pubblicazioni sia davvero a questi livelli eccelsi). Non conveniva pagare, anche poco, una persona di cui sai che ti consegna i pezzi in tempo, della lunghezza concordata e non una battuta di meno o di più, usa le convenzioni della rivista ecc. ecc.? Sarebbe questo il messaggio da far passare e su cui concentrare gli sforzi.
Zauberei invita a valutare il contesto, se chiedi soldi rischi di sembrare talmente professionale, forse troppo, e allora prendono un altro. Zau, ti do tanta ragione, ma se il contesto non cominciamo a cambiarlo noi in prima persona rifiutandoci semplicemente di lavorare gratis, che ne parliamo a fare? (E noto con piacere che anche tu, come me, hai uno stile totalmente diverso rispetto a quello del blog, quando scrivi i commenti nei blog altrui).
Il che ci porta all' imprescindibilità del lavoro pagnotta, che però appunto mi rifiuto di vedere come vita vera VS hobbismo. Io sono una libera professionista il che significa che affitto il mio tempo qualificato a chi mi paga. Che in questo tempo io organizzi una fiera, faccia l' interprete a un congresso, traduca le istruzioni di un asciugacapelli, mi inventi un corso di scrittura, scriva un ricettario, corregga testi altrui o tenga degustazioni guidate di vini, mi dovete pagare e io vi emetto fattura.
Come ci sono arrivata alla committenza: ci ho messo 20 anni, agli inizi come tutti ho fatto gratis cose che non sapevo fare benissimo, con l' accordo esplicito che in caso di soddisfazione la terza cominciavano a pagarmi.
La rivista olandese per cui scrivo da 8 anni di cucina italiana l' ho contattata il giorno che è stata rilevata da un gruppo editoriale di cui ero nella mailing list e che mi aveva mandato un comunicato dicendo che una rubrica di cucina era il mio sogno da una vita, non è che nella nuova versione volete farne una? Si, mi dicono, ma abbiamo già qualcuno. Esce il primo numero, la prima rubrica scritta in modo platealmente incompetente - bene, se questo è il nuovo andazzo editoriale fatti loro, mi dico - due giorni dopo mi chiama il direttore per chiedermi se può venire e parlarne con me perchè non è venuta come volevano loro.
Il mio editore, anche lì, avevamo avuto un contatto e-mail per una cosa diversa, gli chiedo se visto che lui ha giornalmente sotto mano i costi, quanto costa materialmente produrre un libro che avevo in mente per la fondazione con cui collaboro, mi dice: mandami 5 pagine, una sinossi e una lunghezza prevista così posso dirtelo con precisione, e poi risponde che me lo pubblicano loro, anticipando 3500 euro di spese per me, fotografo e assistente per la fase di ricerca.
Cosa suggerisco a un giovane che vuole cominciare? Leggi tanto, scrivi tanto, fai tutti i mestieri della scrittura, gira, vedi gente, fai cose e non avere mai paura di proporre un tuo progetto. Impara a fare un business plan delle cose che vuoi proporre, vai alle fiere dell' editoria e chiacchiera con la gente, informati con chi ha già lavorato per questo o per quell' editore. E se ti scegli un editore fai prima i compiti, guarda cosa pubblica, che collane ha, se ha già titoli attinenti alla tua idea, in che modo il tuo progetto completa la sua offerta. Ci vuole un sacco di tempo, come no, ma sparare a zero all' impazzata non serve (signore, dammi la costanza di fare le cose che so benissimo che dovrei fare, ma poi per me no le faccio, però mi viene cos`^bene consigliarle agli altri).
Segui dei corsi solo se pensi che ti insegnino qualcosa che ancora non sai. Altrimenti vai in biblioteca, ti prendi 10 titoli del genere che ti interessa, li leggi e li sezioni per capire di quali elementi sono messi insieme. Leggi manuali che ce ne sono tanti. Leggiti Propp se ancora non l' hai fatto.
E non credere subito che sei un genio incompreso. Dopo 10 anni magari hai imparato qualcosa e sei comunque più sicuro di te stesso. E magari fatti un blog tanto per prendere la mano a scrivere qualcosa tutti i giorni, perchè l' assiduità è tutto.
Non cedere alle sirene del lavoro gratis e degli editori a pagamento. Si, D' Annunzio liceale si è pubblicato le prime cose in proprio, ma aveva il papà ricco ed erano altri tempi. Non fa uin bell' effetto, ecco.
Se per lavoro ti dedichi all' artigianato della scrittura in campi che ritieni al di sotto delle tue ambizioni, prendi in considerazione uno pseudonimo.
Se vuoi scrivere testi teatrali comincia a seguire le prove di una buona compagnia. Lì si che serve fare il galoppino, e magari anche l' attore.
Prova a partecipare a qualche concorso letterario scremando quelli che non ti danno affidamento (e soprattutto non farlo in modo compulsivo) tanto per vedere come va, se ti riesce mantenere il ritmo, tenerti entro la scadenza, darti un pochino di disciplina.
Ecco, meno male che le ho scritte tutte queste belle cose, magari uno di questi giorni mi ricordo pure di farle alla lettera, invece di cedere alle tentazioni centrifughe del mio carattere eclettico.