venerdì 31 ottobre 2008

Viva la Camera di Commercio

Sono a fare la fila alla Camera di Commercio di Amsterdam e approfitto dei computer con connessione a disposizione di chi fa la fila.

Devo cambiare l' indirizzo di Madrelingua e la signora alla reception gia aveva inserito il mio nuovo indirizzo di casa nuova. Questo perche' da un tot di mesi l' amministrazione pubblica e' centralizzata: si scambiano tutti i dati non eccessivamente confidenziali automaticamente, cosi' gia' da un tot mi arriva posta a casa nuova senza che io debba fare nulla.

Cioe', avrei dovuto sapere per tempo che il telefono andava trasferito un mese prima. Ma nessuno nasce imparato.

oops, adesso tocca a D1, io sono D3, sara' il caso di prepararmi.

giovedì 30 ottobre 2008

Black out


Da domani a casa nuova non ho più Internet, né linea fissa fino al 26 novembre.


Spero di riuscire a captare la connessione del vicino, ma ho poche speranze.


Speriamo bene.

mercoledì 29 ottobre 2008

I miracoli accadono

Dico, la casistica è piena di gente che durante un trasloco ha rischiato di divorziare. Persino i miei suoceri, l'unica volta che lo hanno fatto.

Mio suocero, che non solo è un sant'uomo tranquillo, l'assertività manco sa dove sta di casa e tende ad evitare i conflitti che lo stressano, a un certo punto pare abbia lanciato un cartone di libri ai piedi della moglie, santa donna e dove sarebbe lui senza di lei, ma che tende al neurotico-dirigenziale, urlandole "Stronza".

Che pare che l'avesse fatta talmente sporca, lo ammette lei stessa, che i vicini si sono rallegrati sinceramente che lui abbia reagito, e se ne rallegra anche lei, immagino, dal sorrisetto tra il vergognoso e l'appagato con cui lo raccontava.

Noi invece niente. La coppia più equivoca del mondo, nel senso che di equivoci interculturali ce ne facciamo di continuo, nel periodo più stressante e impegnato dei reciproci lavori, una mid-life crisis in atto (e in fase di risoluzione), due gnorpoli che sono i più bravi e giudiziosi del mondo, ma ti fanno capire chiarissimamente quando è ora che ti occupi di loro che si sentono un pelo trascurati.

Noi invece ci amiamo. Il capo in bilico su una scaletta a forbice con prolunga a 3,5 mt. da terra a staccare il portatende e stuccare i buchi e ci amiamo.

Caricare e scaricare su e giù per 5 piani cartoni ch il fisioterapista ci costerà più di una rata mesnile del mutuo, eci amiamo. Imprevisti (l'ometto che stamane non si presenta e non risponde al telefono, verrà mai? boh), piccoli disastri (la lavatrice perde e abbiamo un copripiumone matrimoniale 200x240 pieno di cose da lavare), ritardi (La cucina non l'abbiamo poi ordinata,, forse domani), contrattempi vari ma sempre piccoli. E noi, inspiegabilmente continuiamo ad amarci.

La crisi, il mercato immobiliare che cala (per cui i vicini che compreranno la casa accanto la pagheranno tanto di meno, il capo già rosica preventivamente), i risparmi esauriti, per cui per finire i lavori dovremo aumentare il mutuo, ma non prima di un anno, ma non siamo alla fame e non ci facciamo mancare niente, basta che non mi ammalo che sono libera imprenditrice. E noi ci amiamo.

Platonicamente, certo, che le energie e lo gnorpolo che ti ronfa accanto, o che ti si infila a letto perché si sente poco considerato di giorno, ma la notte no. Ma ci amiamo, ce lo diciamo e ringraziamo pure il cielo.

Orso che canta continuamente e persino lo stress del mattino lo fa rientrare in tempi brevi e sia pur piangendo per le grandi ingiustizie della vita, adesso si veste da solo, mentre prima piangeva, andava vestito a forza, si opponeva con tutte le forse e si rispogliava pure.

Ennio che ha imparato a leggere e ogni giorno di più lo vedi con il naso infilato in un libro o un fumetto a compitare le parole che non conosce e a urlare quelle che già conosce. Che la settimana scorsa dalla nonna, con un bagaglio preparato in fretta alla cxxxxx di cane, a oma che voleva rifare grandi scorte di calzette a entrambi, ha ricordato che a casa hanno già tantissime calzette nuove, portate da mia madre. "Vedi come è giudizioso" si commuove mia madre al telefono, che le calzette le ha pur portate lei.

I miracoli accadono. Basta crederci ed eliminare i motivi di stress. (Poi se la collega/amica a cui affido un tot di lavori a cui tengo moltissimo ma non ho tempo di fare mi manda tutto in vacca, e mi devo gestire, clienti, reclami, casini e riduzioni dif attura che non faccio mai per principio, ma stavolta mi tocca, che faccio la ammazzo?)

martedì 28 ottobre 2008

Si brinda!

Oggi c'è stata l'ultima lezione del terzo livello del corso da sommelier AIS, conclusasi con il pranzo didattico. A dicembre, se supero l'esame, sarò un sommelier a tutti gli effetti. Insomma, mi toccherà studiare parecchio nei prossimi mesi.

Sarebbe da brindare. Ma sono rientrata distrutta dal pranzo, dalle scarpe sbagliate e dalla pioggia schifida. Stamane eravamo usciti per ritrovarci in un ingorgo pazzesco, tutta Amsterdam infartata, perché i semafori dei due tunnel sulla tangenziale si sono rotti e per un pezzo il traffico si è paralizzato totalmente.

Ho cucinato per disperazione a casa nuova perché dovevoi aspettare il capo che rietrasse per portarci a casa vecchia dove dormiamo ancora per terra. Avevo una padella, piatti e forchette di plastica e niente luce in cucina, usavo la luce del corridoio.

Risultato; frittata al parmigiano, stufatino di zucchine e per le belve passato di zucchine (ho trovato al primo colpo la scatola del frullatore. Le cose meno indispensabili sono gia state traslocate, ma tutto il resto è ancora a casa vecchia.)

Domani e giovedì lavoro al massimo per chiudere casa vecchia, venerdi consegniamo le chiavi e poi non si scappa. Dobbiamo cominicare a montare armadi e scaffali, che gli scatoloni ci tengono fuori.

lunedì 27 ottobre 2008

Offresi parquet in frassino

L'ho detto altre volte, in Olanda, se prendi in affitto una casa regolarmente, in genere il pavimento non è compreso, perché ognuno si mette la moquette o il linoleum che preferisce. Il bagno e la toilette sono in genere piastrellati, ma finisce qui.

Questo deriva ancora dal periodo in cui moquette e cerata/linoleum erano quasi il solo tipo di pavimento che si vendeva. Da una decina d'anni invece vanno di moda i laminati, i pavimenti in legno eccetera.

Quindi se state per traslocare, o avete una casa più o meno stabile e ne avete abbastanza di quello che c'è o non c'è, offro 35 m2 circa di parquet i frassino stagionato, spesso e lo si può molare almeno altre due volte, insomma, buono per i prossimi 20-30 anni, se lo trattate bene.

il punto è che giovedi riconsegnamo la casa in affitto e siccome casa nuova è più piccola e io ci voglio anche le piastrelle in cucina, ci avanza il parquet di tutto un piano. A suo tempo è stato messo flottante, ovvero ogni 30 listelli ne incollavamo un paio dal lato corto, ma siccome è a incastro, si tira fuori e si rimette in pochissimo tempo.

Unica condizione: che ve lo veniate a prendere ad Amsterdam, su Java Eiland e me lo togliate di torno. le istruzioni sul come rimontarvelo ve le forniamo grati, anche noi non l'avevamo mai fatto quando l'abbiamo messo, poi un amico pratico ci ha messo il primo metro quadro e il resto è andato da sè.

Altrimenti, con gran dispiacere, mi tocca buttarlo e un bel parquet stagionato bene di questi, contrabbandato personalmente dalla Polonia tanti anni fa sulla macchina di mio fratello, a cui aveva tolto il sedile posteriore per fare più spazio, ne converrete, è un peccato.

Il punto è che le case in affitto vanno restituite nelle condizioni originarie. Talvolta basta mettersi d'accordo con l'inquilino successivo, ma il punto è che l'inquilino successivo ancora non si trova. Peccato, gli avremmo lasciato volentieri un bel po' di roba.

Insomma, se vi interessa mandatemi subito una maila orsovolante, chiocciola, gmail.com.

domenica 26 ottobre 2008

Vittorie

I bambini sono rientrati stasera con opa.

Ennio ha una medaglia della zwemvierdaagse. Significa che per quattro giorni ha nuotato tutti i giorni 10 vasche. Molto più di quanto potrei mai fare io in questo momento. È bello quando i figli ti superano.

Io dopo una giornata di bestemmie silenziose all'indirizzo dell'inventore del mastice da moquette, ho avuto la meglio sulle scale. Le ho scartavetrate tutte con la macchinetta. E già che c'ero ho rimesso a posto una scaletta in legno che i muratori mi avevano coperto di calce. Mercoledì scartavetro i tavoloni, che così prima o poi verranno riverniciati anche loro.

Il capo è riuscito a far entrare nella nicchia delle scale nella nuova cabina armadio uno degli armadi dei bambini, che per pochi cm. toccava la sorgenza della scalinata soprastante. L'ha tagliato alla perfezione.

L'amato cugino Bob de bouwer del capo è passato ad ammirare i lavori e farsi due caffé e ci ha ricordato di chiamarlo quando abbiamo bisogno. Che adesso che ha un lavoro serio, una vita sociale ancora più seria e un secondo bebè in arrivo non lo vediamo quasi mai, ma 8 anni fa era temporaneamente disoccupato e con il capo hanno messo tutti i pavimenti di casa vecchia, ha costruito tramezzi e cassettiere.

Il capo gli ha esposto immediatamente le nuove cassettiere che vuole costruire nel sottoscala e il cassone di videogiochi MAME che vuole costruire. "Se tu fai l'involucro, io metto insieme la parte software. Wow, avremo un vero videogioco da fare in piedi, con il joystick e tutti i giochi del Commodore e delle sale giochi e tutte le simulazioni. che bello, riavremo l'emozione delle nostre adolescenze da sale giochi. ha detto di si.

E fra poco, se dio vuole, torno a casa nuova per definire con il progettista di cucina nelle cui mani ci siamo messi fin dall'inizio, di che cavolo di colore voglio questa cucina (difficile, senza aver sottomano il colore preciso delle piastrelle che vogliamo) e magari è la volta buona che la ordiniamo definitivamente.

Sono tutte piccole vittorie di questa vita. Sono piena di polvere in tutti i pori, stasera ho riesumato un tailleur e scarpe con tacco per un interpretariato last-minute domani e si ricomincia tutto daccapo, accampati nella casa vecchia fino a fine mese, fingendo che tutto sia normale, che abbiamo tutte le nostre cose sottomano e una lavatrice attaccata e una cucina seria.

Mentre invece con i bambini abbiamo cenato seduti per terra su un pavimento di cemento, sopra un cartone del trasloco che non è mai stato montato, ognuno col i piatto su un vassoio, e adesso dopo il bagno dormiremo tutti sui materassi per terra nell'unica stanza dotata di pavimento.

La nostra vera vita minimal, ancora per poco.

sabato 25 ottobre 2008

Ristrutturazioni

Adesso, se non mi finisco di avvelenare con il solvente altamente puzzolente e carcinogeno con cui mi è venuta l'ottima idea di staccare il mastice residuo dell'ex moquette dalle scale, in modo da poterlo scartavetrare e dipingere, che non avendolo fatto fare finora all'impresa ho capito che prima di 2-3 anni non se ne parla, mi congratulo con me stessa per come è andato splendidamente e senza disastri tutto il progetto di ristrutturazione/trasloco.

Adesso, alla prossima persona che parla di ristrutturare, mia suocera mi chiedo se farà solo l'elenco dei disastri capitati in un modo o nell'altro a tanta gente che conosce lei (con cui ci ha abbondantemente intrattenuti mentre iniziavamo a fare progetti), o per par condicio cita anche noi come uno di quei casi in cui tutto va bene?

Adesso, se non succede nulla di notevole da qui a fine mese quando prendiamo possesso di una casa un po' messa in ordine con i mobili rimontati e gli scatoloni pazialmente vuotati, a parte il rubinetto della cucina in attesa di cucina (che ordineremo domani sera, spero) che oggi si è spontaneamente messo a schiozzettare, ma ce ne siamo accorti subito, veramente stiamo facendo uno sberleffo a Murphy e la sua legge del cavolo.

Insomma, nella vita ogni tanto va pure tutto bene.

Per ora.

Un peana alla NOVO construction. Più efficienti di Bob de bouwer.

Dichiarazioni d'amore

"Stavo pensando", mi fa il capo guidando (si, si guida parecchio insieme in questi giorni dal faidate a casa all'IKEA) "stavo pensando che prima non ci sono stato per tanto tempo e poi ci sono solo venti secondi, ma questi venti secondi li passo con te e sono felice".

Apprezzo, ma non ho capito bene. che in effetti negli ultimi anni a casa si è visto poco, ma adesso, da quando stiamo ristruttutrando, abbiamo di questi momenti di condivisione.

"Voglio dire, che in fondo in termini di univarso è molto di più il tempo in cui non siamo al mondo, che quello che viviamo. E questo tempo brevissimo che ho lo stodividendo con te".

Sono commossa, confusa e in fondo mi dico; ma quando hai questi bellissimi momenti di amore e riflessioni filosofiche, perché insisti a volermeli spiegare in italiano, che ci confondiamo?

Veramente, quest'uomo.......

Metatesi ed etimologie

L'altro giorno in macchina con il capo ho pronunciato la parola versacci che lui non conosceva e che l'ha incuriosito. Perché no so se l'ho già detto, ma il capo è un fine linguista ed oltre a laurearsi in informatica ha fatto anche lettere.

"Ma Versacci come lo stilista?"
"No, quello è Versace".
"Ma il nome di Versace deriva da versacci?"
"No".
"E da che deriva?"
"Non lo so, sarà uno di quei cognomi calabresi in - ace: Ierace, Gerace, boh".

Silenzio, che stiamo sorpassando un bus che non si capisce se si vuole staccare dalla fermata e passarci davanti al naso, o se sta ancora fermo.

"E Berlusca da dove deriva, da , come dire, berlusque?"
"No, quello che dici tu è burlesque, e si dice burlesco, ma non ha niente a che fare con il Berlusca".
"Allora è una metatesi".

Piuttosto una metastasi, vorrei dire, ma me la tengo per me.

giovedì 23 ottobre 2008

Possiamo farcela? E come no!

Secondo me ogni madre di maschi prima o poi deve fare i conti con Bob the builder, ovvero, in olandese, Bob de bouwer. Bob de bower, l'edile che non deve chiedere mai, superefficiente grazie ai suoi mezzi parlanti e senzienti, anche se un po' fessi e ingenui, su cui lui veglia come il padre che non è, trattandoli come bambini deficienti. E non fatemi parlare di Wendy, la sua segretaria e assistente, che rischiano di venirne fuori delle cose inadatte a orecchie innocenti.

E come se non bastasse, i miei figli sono anche schiavi di un'altra serie molto adatta a prepararli alla ristrutturzione di casa nuova. Una di quelle serie di cartoni che se non altro, in olandese a cui hanno fatto un voice-over che ha completamente stravolto gli intenti originali, ma ci sta benissimo, ha il pregio se non altro di avergli arricchito il vocabolario.

"Orso, questa sarà camera tua, hai visto i signori come hanno rifatto il muro che era rotto?"

"Pro-fe-ssio-na-le, papà". Ma dove le impara certe parole a quattro anni, questo qui?

Ma certo, da Pat i Mat, ovvero Buurman en Buurman (i vicini), l'esatto contrario dell'efficientissimo Bob de Bouwer. Che ogni volta, cominciano costruzioni complicatissime per risolvere le situazioni più semplici e demoliscono casa, giardino, ricostruiscono macchine. Hanno una conoscenza tecnica impressionante, questo si. Ma a quale scopo, uno si chiede, tanta scienza?

Per fare una marmellata di fragole costruiiscono prima tutta una catena di montaggio togliendo i vari pezzi a oggetti di uso comune, poi ci raccolgono e spremono automaticamente le fragole (e nel frattempo la machina, si intoppa, esplode, ricopre un quartiere di succo di fragole indelebile ecc.). Quel genere di fai-da-tè, lì, capito. Per costruirsi una piscina in un giorno di canicola, scavano una buca in giardino buttandoci bombe a mano, cose del genere.

Ecco, per Pat i Mat vanno pazzi perché sono cosi spaventosamente imbranati ed inefficienti, che anche un bambino di 4 anni capisce dove andrà male, e c'è questo piacere terrorizzato di ammirarne le imprese sapendo che ogni secondo si trasformano in catastrofi epocali, da cui però i due escono sempre soddisfatti, in quanto la perfezione non è di questo mondo e comunque se uno fa del suo meglio, chi gli può dire niente? non per niente è un cartone prodotto in Cecoslovcchia, come altre serie geniali.

Bob de bouwer, americanissimo di una di queste cittadine disneyland della provincia agricola, è invece la personificazione dell' american dream. Organizzato, paternalista, non perde mai la calma e tutta la tensione nelle sue avventure nasce da quegli imbranati dei suoi aiutanti, prototipo meccanico del buon selvaggio, che lui con angelica pazienza dirige, corregge e gli insegna a lavarsi i denti ogni 20 minuti. Indistruttibiilmente ottimista, il suo motto e tormentone della serie è: "Possiamo farcela? E come no!", liberamente tradotto dal "Can we make it, Yes we can", perché comunque la competenza in questione mi viene dalla serie olandese e non ho idea di come si dica in italiano.

Ecco, i miei figli ricchi di questa esperienza i nostri muratori li chiamavano inderogabilmente i Bobdebower, tutto quello che realizzavano era altamente Pro-fe-ssio-na-le ed è un autentico peccato che ieri si siano persi questa battuta del traslocatore surinamese, quando con il minimo di sforzo e il massimo di occhio sono riusciti a mettere in camera nostra, facendogli fare una curva rognosa, il comò antico della mia bisnonna, da loro preventivamente avvolto in strati di pellicola protettiva.

"Dimmelo, dimmelo, forza dimmelo: ma cosa c'è che non siamo in grado di fare?" e per la mimica rimando a the Fresh Prince of Bel Air.

Can we make it, Yes we can.

E mò sono affari di Obama, se lo eleggono, ad aver a che fre con i Bob de Bower e i Pat i Mat della situazione. Posso prestargli i DVD, se vuole farsi una cultura. Che è meglio che mi concentro sulla politica americana, va, mi preoccupo uguale ma mi incazzo di meno.

mercoledì 22 ottobre 2008

Traslocatori di Amsterdam doc

Posso rivolgere un peana ai nostri traslocatori? Alla fine abbiamo risolto con Rent-a-mover, con sedi nelle grandi città olandesi e anche a Parigi, Barcellona e Alicante. Suona figo e internazionale? Adesso ve la racconto com'è veramente.

Il tutto è cominciato con una mattina di paturnie in cui mi sono rifugiata a letto con il laptop e ho cominciato a cercare traslocatori. Fondamentalmente avevamo già un'offerta della ditta del trasloco precedente, ma il capo insisteva ad averne un altro paio. Ho mandato un tot di mail, spesso direttamente dal sito (cercavo solo ditte con il sito, in quanto mi dicevo, quello che mi fa un piccolo autonomo (che affitta camioncino e montacarichi e rimedia un paio di ragazzoni robusti) me lo so fare anch'io.

In un pomeriggio sono passate tre ditte a farsi un giretto veloce e farmi un preventivo. Con i primi due + il nostro vecchio, abbiamo passato in rassegna tutta casa, loro con una check list su cui si segnvano quanti armadi, tavoli, sedie, lavatrici ecc. Tutti stavano quei due minuti davanti alla libreria a calcolare in quante scatole sarebbero entrati i nostri libri. Tutti con metodi, scatole e risultati diversi. Sul totale, bene o male eravamo sui 55 m3.

E tutti si sedevano al tavolo, si facevano i calcoli secondo la check-list e mi lasciavano un preventivo scritto (dai 2400 ai 1800), il depliant dell'associazione di categoria, quello dell'assicurazione, una comoda check list da trasloco (con voci tipo: 6 settimane prima, disdire l'affitto ecc. 4 settimane prima, il giorno prima) che non ho poi manco guardato, ma tanto il capo è project manager e quelle che si fa lui sono pur meglio, ne sono fermamente convinta.

Poi è arrivato John, anzi, per pronunciarla alla Amsterdam, "Sjon". Un uomo segaligno, sui 60-65 anni, calvo e con un accento coatto che a volte facevo fatica a capirlo. Mi ha fatto subito simpatia. Perché lui non usava il sistema della check-list, ma si è fatto un giro per casa, mi ha contato le scatole per i libri, e arrivati in cima mi ha detto: senti, ci devo venire con quattro uomini e due camion e sono 140 euro l'ora.

("Ma gli armadi devo proprio smontarli tutti?" chiedevo a tutti disperata, che se aspetto che il capo me li rimonti sto fresca e tutti gli altri, "Si, ci faccia trovare tutto smontato").

Invece Sjon:
"Va bene, allora porto anche il furgone, tanto ci devo attaccare il montacarichi, non smontarli, togli solo le porte" (e poi a un paio le porte le ho tenute ferme con lo scotch e chi si è visto si è visto, sono arrivati sani e salvi pure loro. "Vai al comune a farti fare per tempo il permesso di interruzione traffico sulla strada, tieni presente che ci vogliono 5 giorni lavorativi".

Già solo per gli armadi gli avrei detto di si subito. Ma dovevo rispondere alle domande del capo.
"Il prezzo è con IVA o senza? È assicurato? Ci dobbiamo assicurare noi a parte? È riconosciuto dall'associazione di categoria?"

E che ne so io, mica sono un project manager IO (poi ho scoperto che bastava un supplemento una tantum alla nostra assicurazione per coprire il contenuto di casa anche durante il trasporto). Io mi guardo intorno in base ai miei anni di esperienza so quanto tempo ci vuole a fare un lavoro e poi dico il mio prezzo. Come Sjon, insomma.

Anche il suocero era rimasto impressionato.
"Un vero Amsterdammer" ha detto, "Gli altri erano dei kantoormeeneren", degli scaldasedie da ufficio.

Insomma, il capo gli ha telefonato, si è apparolato, il permesso è arrivato ieri e stamane alle 8 erano in 5: Sjon, due versioni più giovani di lui pelati entrambi i tre, e in nome del multiculti un inglese che parlava solo inglese e un Surinamese (negro, diciamolo, che così capiscono tutti).

Dalle 8 alle 18 ci hanno perfettamente traslocato tutto, senza rompere né scheggiare niente, senza fare un graffio con un mobile ingombrante su nessuna delle splendide pareti intonacate e verniciate di fresco, senza manco calpestarmi una delle piantine di pomodoro intorno al montacarichi.

Si sono presi per culo in modo splendido tutto il tempo. Ci hanno raccontato storie carine di traslochi buffi mentre prendevamo il caffé, una volta a metà mattina, una volta alle cinque. Ci hanno fatto tanti auguri per la casa nuova.

"Il caff'é lo prendete adesso o volete prima finire?"
"Adesso, adesso, che non ce la faccio neanche più a sputare" e faceva un versaccio tipo "sputter sputter" che sembrava uno scongiuro slavo o ebraico.

"Sjon, ma siete fratelli?" gli chiedevo, che numero due veramente gli somigliava troppo.
"Noi, lui in realtà è nato femmina, ma siccome aveva le mani grandi si è fatto sistemare da maschio. Tecnicamente è mia sorella".

("Veramente ti ha detto questo?" chiedeva il capo incredulo).

Carucci, veramente carucci. Con quella botta di sarcasmo gentile tipica dei veri Amsterdammers e anche dei romani, adesso che ci penso, che io nel frattempo non ci casco più di tanto, ma il capo e il suocero, che vengono dal nord, ogni tanto prendevano alla lettera, e anche lì ci facevamo delle risate.

Insomma, nonostante l'alzataccia alle cinque per finir di impacchettare tutto, che come mi sono fermata nella pausa pranzo ho cominciato a tremare dalla stanchezza (e non c'era un angolo a casa nuova dove stendermi un attimo a riposare, e neanche a casa vecchia, stava tutto sui camion), mai fatto un trasloco tanto liscio.

Io dovevo solo preparare il caffé e andarlo a comprare prima ("Comodo, eh? abitare di fronte al supermercato" mi facevano gli assetati e allora gli ho preso anche i dolcetti e i biscotti al cioccolato), dire ogni tanto dove mettere cosa, ma il sistema di Sjon, un colore di adesivi per piano (arancione il primo, giallo il secondo, bianco quelle due cose a pianoterra e viola per la soffitta, che poi abbiamo messo tutto al secondo, completato dal metodo capo che ha fatto fotocopie a tutti i piani delle piantine di casa numerando le stanze, quindi arancione 1 era camera nostra e giallo 3 quella di Orso, e appiccicando a ogni stipite l'adesivo numerato relativo (e quando ieri sera tardi avevamo finito gli adesivi arancione, ma io ne avevo trovato una scatola di bianchi da indirizzi che traslocando si ritrovano tante cose, mi ha stampato con la stampante a colori dei fogli di adesivi quasi identici a quelli dell'impresa) ha funzionato da sé.

Dopo il caffé del pomeriggio, finite di fare le mie cose, mi sono sparapanzata sulla poltrona a leggere Storia di un ebreo fortunato di Vittorio Segre, fino a che tra benedizioni e ringraziamenti ci siamo separati e siamo andati dal cinese a ordinare la cena.

Cena romanticamente consumata a casa vecchia, sul tavolo che butteremo, per poi farci un giaciglio di materassi su cui restare accampati fino a fine mese, che a casa nuova la doccia non c'è ancora.

Questa casa vecchia, così vuota e bellissima, con solo le tende e una serie enorme di cose fragili o preziose che ci trasporteremo noi, e noi a dormire in mezzo al vuoto e agli scatoloni, beh, è esattamente come 8 anni fa quando ci siamo venuti.

Un addio soft meglio di questo a questa casa bellissima che non`e mai stata davvero mia, non me lo potevo organizzare.

martedì 21 ottobre 2008

Nen me pozze parà

Il titolo di questo blog era un'espressione dell'amica Stefì seduttrice, quando improvvisamente capitavano quei periodi che tutti la volevano e la povera era sommersa di proposte ed inviti.

Ecco, la cito volentieri. Che oggi che sto impacchettando come una disperata e domani mi traslocano, pare che tutti ora mi cerchino. Non dico gli amici, non dico i parenti, anzi chiamatemi e sostenetemi moralmente e fatemi lamentare.

Ma: colleghi, giornalisti, gente in cerca di nuova vita, in crisi, perditempo vari, vi volete scordare di me per un paio di mesi? Che vi rimbalza pure dalla mail di lavoro, fino alla prima settimana di novembre scordatemi e sicuramente fino a lunedi prossimo, che i bambini non ci sono, il capo ha due giorni di ferie e se non ne approfitto mò per buttare a mare le vecchie zavorre e spacchettare in modo vivibile una casa ancora in contruzione e senza cucina, mi dite quando lo faccio?

Che io sono debole e non so dire di no.

Meno male che mi posso attaccare al blog.

Seduta e abbandonata

Panz gli ex-morosi se li ritrova su Facebook, io invece su wikipedia e youtube. Su Facebook si farebbe fatica, visto che è morto prima (e non oso pensare cosa non avrebbe fatto adesso tra blog, youtube ecc. vabbé, tanto non ha mai senso, e chiedermi come saremmo potuti crescere insieme io ho smesso da un bel po' di chiedermelo).

Però, seduta e abbandonata: ci siamo conosciuti perché sul treno mi ha ceduto il posto, io carica come un cammello di ritorno da qualche spedizione estera, lui in temporanea fuga da Bologna verso il sud.

Dovrò chiedere la mia parte di proprietà intellettuale?

Votare contro il Lodo Alfano da Amsterdam

Ricevo questa notizia e la pubblico volentieri come servizio per la comunità italiana e per chi fosse interessato. Mi chiedo e chiedo ai lettori italiani residenti in altri paesi, come si fa da loro: volete provare a chiamare il vostro consolato ed informarvi?

Io sono apartitica da sempre e per tradizione di famiglia (qualcuno direbbe qualunquista) e da un tot di anni trovo difficile dire in quale partito mi riconosco. Però a livello personale trovo indecente e pericoloso dare i passaporti di immunità a chicchessia. In una società civile ognuno dovrebbe potersi prendere le proprie responsabilità ed essere chiamato a rispondere del proprio operato. Sapersi impuniti produce strani effetti sugli esseri umani.

Invece in Italia la trias politica è sempre stata sbilanciata da un lato o dall'altro. Ora, chi può e vuole esprimere il proprio dissenso con mezzi democratici può farlo. Certo, si tratta, per chi lavora, di perdere una mezza giornata, prendere dei permessi e sappiamo che già solo questo scoraggia i più e sto parlando solo di chi vive ad Amsterdam.

Allora la butto sul conviviale: se qualcuno vuole e può venire, ci vogliamo dare appuntamente un mercoledi pomeriggio, ci si vede, ci si saluta e ci andiamo a prendere un caffé al Girasole lì di fronte? Fatemi sapere sui commenti o per mail cosa ne pensate.

Ecco il messaggio:
"Ho il piacere di comunicarvi che potete recarvi al Consolato Generale d’Italia per sottoscrivere la richiesta di referendum contro il cosiddetto Lodo Alfano, una legge che permette alle più alte cariche dello Stato di evitare processi e relative imputazioni (nella fattispecie corruzione in atti giudiziari).

Con il suddetto quesito referendario chiediamo l’abrogazione del Lodo, nella convinzione che è eticamente inaccettabile che un cittadino sia diversamente uguale rispetto alla legge che dovrebbe valere per tutti i cittadini.
Per firmare dovete essere ufficialmente iscritti all’AIRE e portare con voi un documento di riconoscimento. Se siete ancora residenti in Italia potete firmare nel vostro comune di residenza.

La raccolta delle firme sarà possibile fino al 1 dicembre 2008.

Indirizzo Consolato Generale:
Vijzelstraat 79 III
1017 HG AmsterdamTel. : 020-5502050 http://www.consamsterdam.esteri.it/consolato.amsterdam@esteri.it

Orari di apertura del Consolato Generale:

dal lunedi' al venerdi' dalle ore 10.00 alle ore 12.00.
il mercoledi' pomeriggio dalle ore 14.00 alle ore 16.00
N.B. Il primo e l'ultimo giovedì del mese gli uffici sono chiusi

Se volete saperne di più sul Lodo Alfano vi consiglio l’ottimo video di Marco Travaglio

http://www.youtube.com/watch?v=Rh7BKikjxjA"

Ordinaria amministrazione

Oggi parte la mia mamma, più malaticcia di quanto sia arivata, ieri sera le si è misteriosamente gonfiata una caviglia e il dolore l'ha tenuta sveglia tutta la notte.

Domani arrivano i traslocatori e anche se in uno sprint da senso di colpa alle 19 ho svuotato camera nostra dagli scatoloni e le cose varie sparse, ce n'è da fare (che dire, ieri mi sono persino concessa un'ora al mercatino dei cenci del lunedi del Noordermarkt e mi sono comprata tre magliette per 5 euro le tre, che nei momenti di crisi gratifica). Ho constatato che tessuti da rivestimenti come ne vorrei io non esistono, mi sa che mi tocca la Designers'Guild.

Stanotte con il capo ci siamo abbracciati nel sonno.

E io da ieri mattina ho l'emicrania più o meno in agguato e stamane un'avvisaglia di eczema.

Si annuncia un cambiamento epocale.

lunedì 20 ottobre 2008

Com'è mio marito?


Visto l'andazzo degli ultimi post e commenti, c'è chi si chiedeva se avessi un marito siculo armato di lupara per proteggere la mia virtù, eccetera, eccolo. Secondo me una foto dice tutto, e questa del dopocena dopoteatro di ieri secondo me dice ancora di più. su di me, su di noi e su cosa ne pensiamo del matrimonio.

Sempre grazie a Marina per la foto storica, che di solito le foto le fa lui e quindi non ne ho mai una sua sottomano.

Le conseguenze della mutanda

Com'è andata ieri la Signorina Papillon lo leggete qui. Io sono distrutta, felice (nella foto mi vedete con Core Peloso, che stava malissimo ed aveva la febbre ma ha sempre un vocione che riempie il teatro), mi sono divertita veramente un sacco a farla e a ritrovarmi insieme al gruppone esteso, compreso Don Stalin che da Padova è venuto apposta a vederci. Lo amo quest'uomo.

Tutto bene nonostante il teatro che non conoscevamo. I tecnici erano bravissimi, anche solo per questo fa bene andare su altre piazze, e le chiacchiere alla fine con chi è rimasto intorno al buffet graditissime.

Il resto lo dice Marina nel blog radio e in effetti su una cosa concordo; mi stavano venendo un paio di patemini all'inizio, quando vedevo che alcune persone in prima fila quando facevo il monologo appiccicata al pubblico guardavano ostinatamente per terra e non me. Che io sono di mio tanto timida e se non era per Ruvy, che ha imposto il costume ed aveva ragione come sempre, col cavolo che mi presentavo in mutande (vabbè, calzoncini) e reggicalze en plein public.

Ma si sa, il teatro e gli amici cocciuti servono anche a farti uscire da te stessa e i tuoi limiti.

Poi, come mi rincuorava Ruvy dietro le scene tra primo e secondo atto, che mi preoccupavo per l'interazione con il pubblico sulla scaletta, che sbattere in faccia un reggicalze a qualcuno non mi sembrava carino, viste le premesse:
"Guarda che stai facendo un'opera buona, per certa gente. È quasi una vergogna che sia gratis" che dirmi una cosa del genere senza farmi stramazzare, ci vogliono giusto gli amici.

E proprio in quel momento è entrato il capo, che ha ruggito guardando Ruvy:
"Chi è che si stava spalpazzando mia moglie, poco fa?", cosa che ha finito per rassicurarmi. che avere il capo a fare le luci aiuta tanto contro le inibizioni, so che lui è lì, qualunque cosa succeda.

Veramente, con questo andazzo, mi tocca rallegrarmi che il mio povero papà non ci sia più, lui che ululava a ogni gonna che mi sfiorava il ginocchio in quanto mini e per definizione indecente, e me le proibiva. Secondo me ieri rischiava il colpo apoplettico.

Chissà, forse fare la Papillon con quel costume lì è stata una forma di parricidio. Che ci vuoi appurare, con la psiche?

Credits foto: grazie Marina

sabato 18 ottobre 2008

Parola d'ordine

Io e il capo siamo sposati da 13 anni, e dall'alto di questa esperienza mi sento sinceramente di dichiarare: il matrimonio NON è una normale relazione interpersonale.

Per carità, uno mi può dire: quale rapporto familiare lo è poi mai? Deborah Tannen mica l'ha scritto per niente il libro sui rapporti comunicativi madre-figlia.

Eh, sarà, però il matrimonio uno se lo sceglie all'età si spera della ragione, con una persona con cui non ha in genere legami di sangue, quindi non si scappa, te lo sei proprio voluto tu. E tu ti inventi il modo per gestirtelo.

Il buffo dei matrimoni, quindi, non è solo che ce lo facciamo con le mani nostre, ma che a un certo punto ci scordiamo che è una forma di contratto e ci buttiamo dentro di tutto, non solo quanto previsto dai termini su cui ci si è accordati.

Tutto il tuo vissuto in qualche modo lo scarichi in questo contenitore, pretendendo che la controparte oltre ad amarti, adorarti ed esserti fedele ti faccia da padre, madre, figlio, figlia, nipote, amica ecc. Si tratta invece di un povero coniuge, con i suoi limiti strutturali.

Va bene, arrivo al punto: oggi mi sa che abbiamo risolto una cosetta comunicativa, con il capo, che ogni volta da oltre 13 anni mi fa incazzare. Ci siamo dati una parola d'ordine.

Il fatto è che sia sua madre, sua nonna e quindi anche lui hanno questo tipo di comunicazione basata sul senso di colpa, giusto giusto quello che dice la Tannen. Cioè, una dice una cosa apparentemente innocente, ma l'altra parte coglie immediatamente il metamessaggio colpevolizzante (esempio della Tannen, cito a memoria, probabilmente sbagliato: figlia torna dal parrucchiere, la madre chiede: ma a te piacciono i capelli così corti? intendendo in realtà: guarda che i capelli corti ti stanno da schifo, sono 45 anni che te lo dico e tu insisti a farteli tagliare, e la figlia che coglie il metamessaggio giustamente si incazza per l'ennesima volta in quei 45 anni, e la madre finge di cascare dalle nuvole per pararsi il culo: ma perché, ti ho solo chiesto se ti piacciono, ecc.) un miracolo del buon dio se non ci sono 1000 volte più matricidi al mondo di quelli che già esistono.

Eh, ma si sa, la mamma è sempre la mamma, e cosa fa un povero/povera cristo? Si incazza con il marito o moglie, che con quello non ci sei parente di sangue e ti ci puoi scazzare.

Ecco, da quanto sono sposata, per qualche mistero di codici, il capo regolarmente ignora i miei metamessaggi (quindi non torna a casa per cena, non esce con me in certe occasioni in cui gradirei, non si spiccica dal computer mentre vorrei si occupasse dei figli ecc.), ma legge continuamente accuse nelle mie espressioni più innocenti.

Certe volte, la maggior parte delle volte, sto pure zitta e lascio perdere, il che non aiuta la comprensione dei miei metamessaggi e neanche l'ulcera, ma ci si abitua a tutto. Certe volte mi incazzo. Sempre penso; ma io non sono tua madre, testa di cavolo, e siccome nella mia famiglia i codici sono diversi, a quel punto faccio una scenata a MIA madre e sto subito meglio, La santa donna di mia madre, in quei casi soffre perchè lei invece viene da una famiglia in cui la madre va idolatrata, io mi sento in colpa, ma un altri tipo di senso di colpa rispetto a mia suocera ecc. e poi io e mia madre ci siamo abituate e ce lo risolviamo in famiglia (Tannen, mi segui ancora?)

Oggi ho detto al capo di prendere una misura per la libreria a casa nuova e lui si è incazzato leggendoci: lo vedi che avevo ragione io e ci dovevamo portare 5 mensole per metterle in terra e vedere a occhio che si fa prima e tu non hai voluto e adesso dobbiamo fare i calcoli e si perde tempo e tempo non ne abbiamo e quanto mi fai schifo che sei deficente e bisogna dirti tutto e morirai scemo che solo questo ti meriti? o una cosa del genere.

Cioè, io suppongo che lui abbia capito questo, perché ha avuto la solita reazione esagerata. Stavolta però gliel'ho detto: se si rende conto di quante volte io non dico manco le cose più innocenti che lui subito si inalbera, e mi sono scocciata e la piantasse una buona volta che il suo sistema non è il mio e vorrei parlarci normalmente qualche volta. e che si, lo so da me che sulle mensole avevo ragione io, ma che non mi dispiace farlo fare a modo suo che magari va anche bene. Perché io sono grande e munifica.

Che certe volte il capo è come mia madre, se non lo sfanculi non capisce. Poi ci siamo fatti due coccole e a me è venuta l'idea geniale:

"Senti, la prossima volta che succede, è inutile che ci incazziamo che sono 15 anni ormai, facciamo una cosa: io ti dico alberello, invece di incazzarci ci facciamo una risata e poi ricominciamo da dove eravamo rimasti".
"Alberello?"
"Ma si, nel senso che ti inalberi, però va bene qualsiasi cosa, una qualsiasi parola innocente che noi sappiamo cosa vuol dire, proponine tu una se alberello non ti piace".

Mi gira, mi mette a 90 gradi e pronuncia:
"Sesso anale".

Ecco, adesso se un giorno per Amsterdam vedete due in posizione da conigli che si urlano "sesso anale" e poi si mettono a ridere, non è il quartiere a luci rosse, è una banale coppia sposata che ha trovato il modo per smettere di scazzarsi gratis, che certe volte mi vengono di queste idee geniali che manco io so dove le prendo, mi sa che ci devo scrivere un libro di perle di saggezza.

Non sono del tutto sicura che, risolto questo problema, non ce ne sorgano altri derivati dalla soluzione, ma ci penseremo al momento.

Adesso però mi ricordo perché sono 13 annni che sto con questo psicopatico del senso di colpa. Mi fa tanto ridere.

giovedì 16 ottobre 2008

Noi, i bambini dello zoo di Amsterdam

Lo zoo di Amsterdam si chiama Artis, che sta per l'abbreviazione di Natura artis magistra. Noi che ci abitiamo vicini abbiamo tutti la tessera annuale, che io uso davvero troppo poco, ma insomma che ti permette di entrare quanto vuoi e delle volte uno ci va a mo' di giardinetti, che hanno delle aree giochi proprio belline.
L'altro vantaggio, se fai l'abbonamento, è che ti regalano Artis de Partis, la mascotte più orrenda dell'emisfero boreale, a cui hanno appena aggiunto Martis, il cugino verde marziano (per via della riapertura del Planetarium). Mi sono sempre rifiutata di ritirarlo e ho buttato, senza dirlo ai figli, il voucher.

Finora per me andarci era uno sfiancamento immane, che ce n'era sempre uno troppo piccolo per trascinarsi in giro e chissà perché, io Orso l'ho cacciato dal passeggino prima dei 20 mesi e mal me ne incolse, ma con senno di poi siam buoni tutti a lamentarci. Poi ce n'eran sempre due che non volevano andare via e andavano trascinati di peso all'uscita, una cosa che alla schiena non mi ha mai fatto davvero bene. Poi il tempo, che è vero che ci sono tutti i padiglioni interni carini, ma in genere ero sempre così stanca e piena di senso del dovere tutte le volte che andavamo, che magari per questo non ci andavo spesso. In tutto ciò, il motivo fondamentale è che se hai due bambini, dal momento in cui camminano tutti e due uno corre da un lato, l'altro nella direzione opposta e ce n'è sempre uno che si perde e l'altro che ti sta attaccato come una palla al piede mentre tu vorresti correre a salvare il primo.

Oggi, sotto la pioggia torrenziale e io senza ombrello, che secondo me non c'è niente di peggio di avere un ombrello da gestire mentre devi afferrare un gruppo di mostri stavamo fuori dallo zoo ad aspettarli tutti. visto che saggiamente i genitori hanno un gruppetto di 4-5 bambini, ma non il loro, che distrae troppo e dà il cattivo esempio, dei 5 affidatimi ne conoscevo bene uno. Le altre due, dal nome, erano due delle infinite biondine intercambiabili di cui la scuola è piena. I nomi, me li confondevo di continuo. alla fine della giornata invece li conosco benissimo.

Siamo andati per prima cosa nel padiglione delle farfalle, con sosta estemporanea dai rettili, causa scroscio torrenziale. non siamo finiti di entrare dalle farfalle che hanno dichiarato in coro di aver fare, e ci siamo stravaccati in una stanza buia, con dei faretti viola, in cui venivano proiettati dei film (larve e bruchi, magari non dei più appetitosi) e che aveva al centro questo megapouf morbidoso rivestito di plastica. Abbiamo riprovato un paio di bambine di un altro gruppo che avevano preso una farfalla in mano e volevano portarla fuori.
Poi ci siamo trasferiti nella stanza accanto, un tunnel panchinato con oblò che davano sulla vasca delle foche che avevano già visto in esterni.

"Che amore, è uno dei gemellini che sono nati da poco", mi aveva informata una delle bimbe quando fuori, su una roccia, c'erano una mamma foca panzallaria e una fochina curiosa accanto. che questi bambini abbonati allo zoo sanno vita, morte e miracoli di tutte le bestie e sappiamo pure, alla fine della giornata, che mamma elefante è di nuovo incinta e verso marzo nasce un altro elefantino.

L'ho tirata per le lunghe dalle foche che alle 11 avevamo una lezione dall'altro lato dello zoo e volevo star fuori il minimo indspensabile per arrivarci, a scanso di pioggia. per strada abbiamo visto gli orsetti lavatori, il porcospino gigante, i lama e altre bestie.

"Le iene", gridava uno.
"No, sono cani selvatici" correggeva l'altro e uno sguardo di nascosto al cartellino confermava.

S. mi aveva fatto promettere di portarli al museo geologico (mai stata con i miei). Dai rettili aveva persino tirato fuori una macchinetta fotografica digitale da bambini (marò), ma poi le foto migliori le ha fatte alle papere fuori.

Per strada abbiamo incrociato il gruppo di Ennio e ci siamo fatti tante coccole.

La lezione ce l'ha tenuta una signora, e chi ha prima di tutto mostrato un insetto stecco femmina e ce lo ha fatto tenere in mano a tutti. (Io, seduta dietro al bimbo inglese gli facevo una simultanea, già che c'ero).

Poi ci ha fatto vedere una colomba, spiegato dove ha le orecchie e fatta accarezzare. Poi tutti i bambini hanno potuto tenere in braccio una cavia o un coniglio e darli una foglia di indivia.

Poi ci ha fatto vedere una testa di leonessa impagliata (io credevo fosse un orso). Un molare di elefante (pesantissimo, mi verrebbe l'emicrania a portarmi in giro un molare del genere). Altre cose interessanti che ho rimosso.

Insomma, ci ha spiegato tante cose carine, ci ha dato l'anteprima del prossimo elefante e poi fuori tutti, e con S. che se li è trascinati dietro ho dovuto inseguirli al museo gelogico. per fortuna, dopo un giro veloce con tante pietre e teschi interessanti, ci siamo arenati nella saletta dei film, tutti gli altri gruppi ci hanno seguito, li' abbiamo pranzato, J. si è persa e poi ritrovata fuori, abbiamo giocato fuori sugli scivoli a forma di giraffa, gufo e stegosauro, siamo andati a trovar le capre nel recinto degli animali da fattori e finalmente, prima che si rimettesse a piovere al planetario, dove abbiamo visto un filmetto sgli astronauti e mi sono quasi appisolata.

A quel punto erano le 13;30 3 siamo andati a giocare in un giardinetto pieno di altri gruppi di altre scuola. Dopo due tuoni sono spariti tutti, tranne un altro padre temerario. alle prime gocce di pioggia ci siamo imboscati sotto le torrette dei giochi e quando ho capito che era proprio grandine li ho fatti sedere in un tunnel d'acciaio orizzontale, in cui entravano perfettamente tutti in fila appallottolati, mentre io stavo sotto la piattaforma di una torretta.

Dopo la grandinata ho deciso che per quanto mi riguardava la giornata era finita, ci siamo rimboscati in un angolo del negozio del planetario a guardare quanto pesavamo sui pianeti con una gravità diversa (e per ogni peso mostravano anche la foto di un animale di peso corrispondente, tipo il cricetone gigante delle ande che pesa una cinquantina di chili, aiuto).

Insomma, nonostante la stanchezza e la tensione che se ne perdesse uno, i cinque sono stati esemplari, io ho scoperto angoli nuovi dello zoo a cui portare le belve e anche per quest'anno ho. fatto la mia parte e mi sono conosciuta meglio con un paio di altre madri, che in quella nuova classe di Ennio, davvero, ancora non conosco nessuno.

Al ritorno siamo passati a dire ciao alle signore della libreria Italiana, che è dietro l'angolo, a riprenderci la biciclettona riparata e ad andare a lezione di percussioni.

adesso per un'oretta non ci sono per nessuno, non ho neanche il coraggio di farmi il bagnone caldo, da cui prima o poi dovrò uscire.

(Marina, però sono riuscita a non ammalarmi. almeno come movimenti strategici dentro tutti i padiglioni al chiuso dello zoo merito 10 e lode).

mercoledì 15 ottobre 2008

Ma si può?

Domani la maestra Laura mi ha incastrato per accompagnare le belve allo zoo. Era assolutamente disperata. Ma si può?

Io che mi sono fatta i corsi per l'assertività. Che sono stata dei mesi a respirare con la coach. Che sfanculo a destra e a manca, da allora.

Adesso mi girano. Avrei potuto dire che allora tanto valeva rimandare la gita allo zoo a tempi migliori. L'avrei persino ripetuto di persona alla classe. Che poi mi guardavano con gli occhioni, che ormai ci contavano, e Ennio è una settimana che mi ripete che a scuola cercavano genitori che accompagnassero.

Per fortuna è l'ultimo giorno prima delle vacanze d'autunno.

Ma non ci casco più (ah, ah, rise la marchesa in portoghese).

Assenze per malattia

"Ennio, oggi non hai ginnastica, il maestro è malato", fa il capo.
"E tu come lo sai"?
"Perché ieri avevamo la riunione a scuola, il maestro ha chiamato la maestra Laura e lei ha telefonato a tutti per dirglielo".
"Ma come? Prima è stato male, poi è tornato, adesso sta di nuovo male?"
"Eh, lo so che è strano, ma è così".
"Però è strano".

Questo da grande mi diventa ispettore del lavoro.

martedì 14 ottobre 2008

Se vivessi a Berlino...

... sarei riuscita a farmi quell'oretta di passeggiata a cazzeggio sul Ku'damm come ho fatto oggi pomeriggio? O piuttosto sarei sfrecciata via in bicicletta a fare la trottola in giro?

Mi sarei goduta il sole di un pomeriggio di autunno con tutte le foglia gialle a terra abbandonata sul muretto della Los Angelesplatz, o mi sarebbe toccato stare appresso alle belve sulla sabbiera con scivolo accanto?

E, sicuramente, non sarei andata a cena al Bundestag. Che io stavo lì a pensare cosa fare di una serata libera a Berlino e invece, appena atterrata e ripristinato il telefono, mi sono sentita chiedere di precipitarmi direttamente al ristorante, mi sono cambiata e truccata in una toilette dell'aeroporto per avere un minimo l'aspetto decente di gala (e ho sudato come una dannata nella giacca del tailleur senza un sotto, che me lo dovevo tenere pulito per il meeting del giorno dopo, ma la giacca a pelle fa da sola così soiree, signora mia).

E ne ho approfittato per sbrodolare di sms gli amici e il capo, e le risposte me le merito tutte.

"Coattona. Io invece vado a dormire" (questo era il capo).

"Salutami Angela" in varie salse, invece dagli amici maschi (ma sempre alla politica, pensano 'sti qua).

"Stronza" (grazie stella)."

La mia amica che invece non riesco a sentirmi in santa pace da un po' mi ha mandato una risposta inquietante. Domani per prima cosa la chiamo per aggiornarmi, adesso è tardi.

Il Muller Thurgau era ottimo, il cibo anche. Ma la vista su Berlino e sulla cupola by night, batteva tutto. Ho in fondo un gran bel lavoro, quando capita.

domenica 12 ottobre 2008

Spiegarsi

Dopo il post precedente, che me l'ha ispirato una mamma blogger disperata che ho letto poco fa, devo annotare la soddisfazione che mi hanno dato le belve stasera.

La casa è un disastro, io stanca morta per via delle prove e del casino da risolvere, domani parto all'alba e devo organizzare un tot di cose, patemi vari e sindrome premestruale degli ultimi giorni, insomma, mi sento uno straccio e il letto è coperto di cose che sto riordinando, buttando, inscatolando (solo gli strati geologici del mio comodino degli ultimi due mesi).

Le belve ovviamente esagitate, fanno gli spiritosi, rifiutano di impigiamarsi, pretendono un film che per stasera si sono giocati ad ora di cena, e tento di ricattarli con il fatto che se si sbrigano gli leggo almeno una storia.

A storia letta hanno tutta la faccia di chi non andrà mai a dormire subito. mi sa che mi tocca separarli, e mettere Orso a dormire su quel che resta del soggiorno, sul divano, dove però si è trasferita mia madre, che stasera c'è anche opa che piastrellerà il bagno e che dorme in sala da pranzo. Che faccio?

"Amori adesso dovete aiutarmi e andare subito a dormire buoni buoni. Io sono stanca e devo ancora riordinare il letto e fare la valigia per domani, che sto via due giorni, lo sapete. Vi mettete a dormire buoni buoni e zitti, che voglio andare a dormire anch'io."

Poi suona il telefono e scappo giù a prenderlo. Poi arriva opa e gli faccio la cena. Poi arriva il capo e chiede:

"Ma i bambini già dormono?"

Ebbene si. Finalmente si ricomincia a vivere, in questa casa.

Il lato oscuro delle mamme

Quando sento di disgrazie, madri che per esaurimento, stanchezza, disperazione, fanno male ai propri bambini, sto malissimo. Ma le compatisco profondamente (anche i bambini), proprio nel senso che soffro con loro.

Perché ad essere onesti, quante volte ci manca davvero poco per farlo tutte noi? Io almeno si.

La prima volta che mi sono visualizzata una situazione del genere Ennio era piccolissimo, io ero sfinita dalle notti in bianco e probabilmente da quella botta di depressione che ho scoperto di aver avuto solo due anni e mezzo dopo. Ero lì, con quel bambino che non dormiva e non mi faceva dormire e mi sono vista un film davanti agli occhi: io che lo lanciavo, in una traiettoria dritta e perfettamente orizzontale a mezza altezza, dall'altro lato della stanza contro il muro. Pur di sentirlo zitto e poter dormire.

Ovviamente, dopo avr pensato una cosa del genere ho passato la notte in bianco perché ero inorridita di me stessa. Come può un mostro del genere essere madre? Ci sono stata male fisicamente per dei giorni (come se la stanchezza e le notti in bianco non fossero già abbastanza).

Fino a che mia madre mi ha raccontato un giorno di essersi trovata davanti alla finestra aperta con mio fratello neonato in braccio, senza sapere né come ci fosse arrivata, né di averla aperta, ma con la certezza che lei era lì per buttarlo di sotto. Si è fermata appena in tempo.

Ecco, le volte che una non ce la fa a fermarsi appena in tempo, poi lo si viene a sapere. Ma quante volte una si ferma appena in tempo, per fortuna, e come vive dopo la consapevolezza di quello che stava per succedere? Quanto spesso succede? Quanto bisogna essere stanche, sole, depresse, incomprese dai poveri padri che non sanno che il cervello di una madre non stacca mai e sta sempre lì a prevenire richieste, bisogni, necessità, incidenti, sempre con la paranoia che non stai facendo abbastanza per il tuo bambino, che sei una cattiva madre perché non ti mangia, non ti dorme, non ti sta bene, piange? con un rumore di fondo costante nella testa?

Quanto spesso questi momenti si esprimono in urlacci, sberloni o punizioni di altro tipo che il bambino non capisce? Quanti sensi di colpa ci portiamo dietro per questo?

Ecco, io adesso mi dico e voglio dirlo a chiunque si riconosca in questo, nella botta di rancore irragionevole, incontrollabile, ma quanto umano, che a volte ci prende. Non sentiamoci in colpa. Inventiamoci dei piccoli trucchi per non far del male a nessuno, in primo luogo ai nostri bambini e poi a noi stesse e per scaricare a terra, in modo innocuo, la carica aggressiva.

Il mio trucco solito ed immediato è l'urlaccio, di cui mi pento sempre. Come lo scappellotto, l'insulto gratuito ("Perché devi fare lo stupido?") e altro. Una cosa che non dico mai (perché l'ho letto in un libro) è di dire che se sono cattivi la mamma non gli vuole più bene e se ne va. In genere, per eccesso, dico il contrario. Gli dico che qualunque cosa facciano io gli voglio bene, ma che non devono farmi far fatica. Che devono volermi bene anche loro. (Si scoprirà poi che era questo un errore ancora più grande per la fragile psiche del pupo?)

Ennio odia sentirmi gridare e anche se mi rivolgo con tono eccessivamente arrabbiato a lui. Me lo dice chiaramente oppure si mette a piangere tutto offeso. E io a quel punto mi scuso.

Ultimamente ho pure mia madre che mi dice di non farlo, come se non bastasse la mia coscienza. Che unamadre le cose te le ripete ovvimente fino a che non è sicura che tu abbia capito, e mia madre non ci crede per senso del dovere che io capisca.

"Senti mamma, è cosi, mi dispiace per lui e per me, ma in fondo è il meglio che riesco a fare: l'alternativa sarebbe che per come mi sento in questo momento gli faccia male fisicamente e questo non posso permettermelo quindi piantala. Vedi che è un bambino fortunato".

Ma insomma, manco l'urlaccio va bene, bisogna pensare a qualcosa di ancora più invisibile ed innocuo. Ecco, io a volte mi visualizzo la peggiore delle punizioni. Mi faccio letteralmente il film. come un cartone animato del Vile Coyote, tremendo ma senza sangue e ossa rotte. Poi sospiro e nel frattempo sia il capriccio, sia la mia reazione esagerata sono disinnescate. Non lo scriverò mai, cosa mi immagino, fa paura persino a me. Ma non mi ci sento in colpa.

Noi madri, io per prima, siamo dei mostri. Ma chissà per quale miracolo, e per l'angelo custode che ci tiene d'occhio, nella maggior parte dei casi non finisce in disgrazia. Per questo le volte che a qualcun altro succede e ne sentiamo parlare, ci stiamo così male. Che il mostro è lì in agguato e potrebbe succedere in qualunque momento anche noi. Che così funziona il lato oscuro delle mamme, c'è anche quello e ce lo teniamo.

Compatiteci, aiutateci, non lasciateci da sole. Ma non giudicateci male, che siamo solo degli essere umani anche noi. E meno male che abbiamo il blog.

(E poi, preferisco essere una madre così che non la madre colpevolizzante, che fa i ricatti sentimentali e crea sensi di colpa ai figli, facendone degli incapaci emotivi e pratici. A questo proposito ricordo la storiella della yiddische mama che si vanta con le amiche: Mio figlio, mi vuol così tanto bene che da 30 anni tutte le settimane va da un dottore famoso pagandolo € 300 euro a botta e cosa ci fa da lui? Passa tutto il tempo a parlare della sua mamma. Quanto mi vuole bene.

Ecco di un figlio che mi vuole bene così non so cosa farmene. Preferisco mi mandi al diavolo dicendomelo in faccia, quando esagero. E ne conosco da vicino un paio di figli così, quindi mi tengo con gioia i 4 guai che ho.

Cosa mi consigliate a Berlino?

Lunedi e martedi non ci sarò, vado a lavorare a Berlino per il mio cliente preferito e non so se avrò un computer sottomano per aggiornamenti.

Lunedì sera avrei la serata libera (ed io adoro Berlino, ma dopo non ho manco mezzo secondo per conto mio, devo approfittarne). Qualcuno ha consigli su qualcosa di bellissimo e rilassante da fare/vedere dalle 20 alle 23 per una povera madre stanca, astemia se non costretta dal lavoro, curiosa e gourmand?

Per dire, non ho manco tempo e voglia adesso di cercarmi qualcosa su Google.

sabato 11 ottobre 2008

Giornata del coming out


Oggi è l'11 ottobre, la giornata del coming out, ed io non esco fuori dall'armadio, gli armadi li sto smontando. Ma è il pensiero che conta.
Il logo di Keith Haring l'ho preso da wikipedia, che parla anche della ricorrenza qui.

venerdì 10 ottobre 2008

Siamo tutti reazionari

La vecchiaia non migliora la gente, anzi, delle volte mi chiedo se la destra non predomini perché in fondo siamo tutti di destra. Facile infatti lottare per l'emancipazione del nostro gruppo di perdenti, poi ci emancipiamo davvero e salta fuori la botta reazionaria implicita. Insomma, essere genuinamente di sinistra magari è uno stato transitorio.

Tutte queste considerazioni profonde me le ha suscitate la lettura di una rubrica di Giorgio Bocca, autore che non ho mai condiviso al 100% ma ammiravo perché parlava di cose scomode, in modo magari anche scomodo, però poi ci azzeccava o comunque mi toccava dargli ragione.

Adesso leggo con mia madre sull'Espresso tutta una farneticazione sui bei tempi di una volta quando la donna di servizio era una di famiglia e sapeva fare il lesso, adesso lui le ultime 7-8- colf straniere non ce n'è una che glielo sappia fare, e usano troppe spezie, e non si integrano, e per carità, magari hanno pure ragione a rivendicare i propri diritti e finito l'orario di lavoro vanno a casa loro e chi s'è visto s'è visto, però questa è la riprova che sono loro che proprio non si vogliono integrare.

Noi allibite e incazzate. Mia madre è una santa donna e oggettivizza le cose:

"Ma non si è accorto che il lesso viene male perché la carne non è più quella di una volta? e che se la sua idea di lesso è quello che gli faceva la mamma, oggi non lo troverà mai più?"

Io che sono una che quando si incazza le scappano le carriole poi mi passa, mi viene solo da dire quanto segue, e lo elenco brevemente, sennò rifaccio un lenzuolo per argomento:

1) se ti fa tanto schifo la colf straniera, comè che ce l'hai? guarda che a pagarla uno stipendio dignitoso e pari ad altre professioni, con tutti i bollini e giorni di vacanza, una padana che il lesso te lo sa fare la trovi. con questi chiari di luna chi vuoi che dica no a un lavoro secondo le regole? Ma forse lo stipendio che dai alle straniere ti conviene.

2) eccerto, comenò, le ragazze a servizio di una volta, che ci andavano perché altrimenti morivano di fame e se le violentavano tutti i maschi di famiglia e poi se rimanevano incinte le si buttava fuori come zoccole e finivano veramente nella prostituzione, che altro non gli restava. Bello, il senso di famiglia di una volta.

3) sei convinto che ci voglia il sentimento di familiarità? Allora io, al compleanno della colf (ma manco sai quand'è immagino) o a Natale, che ci si integra anche se qualcuno si prende la briga di introdurti, tu li inviti a cena con tutta la famiglia, gli fai il lesso raccontandogli che teneri ricordi di suscita, così sa come ti piace e forse riesce a rifartlo uguale, e li metti a loro agio spiegandogli l'Italia. Senza fini didattici, solo come bella conversazione in clima di familiarità.

4) begli gli intellettuali italiani, predicano bene e poi senza la donna di servizio non sono capaci di campare. Io trovo che un uomo o donna adulto e autonomo come minimo debba sapersi pulire il bagno (è una sineddoche, intendevo un'altra cosa), cucinare un piatto di pasta e stirarsi e attaccarsi un bottone alla camicia, fa parte del bagaglio minimo per stare al mondo, (come imparare a guidare o a non fare i rutti in pubblico). Poi che paghi qualcuno per farglielo, vedi punto 1. Però saperlo fare, ti dà anche la misura di che tipo di lavoro sia e vedi come apprezzi la persona che ti evita di fartelo tu.

Scusate, mi cascano le braccia. sono anni che leggo l'Espresso per disperazione che qui non trovo altro e a volte cedo pure io, ma sono decennii che la stampa italiana ha il livello che ha. Mi traumatizza leggere una cosa del genere da Giorgio Bocca, su una rivista cosiddetta seria. un GB che si unisce bellamente al coro di fuori gli stranieri dall'italia che ci fanno schifo, ripristiniamo il regime feudale con me come feudatario. Che i servi della gleba sono sempre gli altri.

Mi consolo pensando che se l'assunto iniziale funziona, fra un po' divento così pure io e non ci farò più caso. Da oggi potete rivolgervi a me con il titolo di Madonna. Tanto Giorgio Bocca era un partigiano, e non ci meravigliamo se questa al giorno d'oggi è un insulto.

Considerazioni estetico-fashionista

Il bello dei figli maschi è per un tot di anni te li puoi vestire come piace a te. Le femmine pare che nel momento in cui comincino a camminare ti impongano il loro gusto e poi ti arrangi tu a discutere 3 quarti d'ora ogni mattina.

Ennio è da un po' che la mattina si sceglie e mette i vestiti che preferisce ed io non ho nulla da eccepire, tranne per l'insana passione per i pantaloni di velluto a costone color senape che a me fanno schifo ma mi piaceva troppo la stoffa per gli inverni rigidi, ma che lui indssa preferibilmente quando fuori ci sono dai 24 gradi in su.

Orso quest'estate mi ha chiesto di prendergli dei pantaloni verde acido, un colore che io adoro e che a lui sta benissimo.

Solo che la pacchia sta per finire.

"Mamma, tu vuoi che mi vesto bello, ma io mi voglio vestire cool."
Basta che mi risparmino i tatuggi e i piercing, poi posso morire felice.

Kinderboekenweek


E parto con una serie di minipost a raffica, che ce ne sono di cose in questi giorni su cui vorrei scrivere un po' di più, ma non ho assolutamente tempo e i temi mi ronzano nelle orecchie, che dà un bel fastidio. La prima è che domani finisce la Kinderboekenweek, ovvero la settimana del libro per bambini.

Nei Paesi Bassi ci sono la Boekenweek, ovvero la settimana del libro, in cui il settore editoriale chiede ad un autore famoso di scrivere il regalo della settimana del libro, un breve scritto, un librino, novella, racconto lungo o miniromanzo, che poi viene regalato nel corso della settimana a tutti gli acquirenti di libri. La cosa culmina nel Boekenbal, l'esclusivo ballo per il quale gli scrittori si scannano per esserci, in quanto tutte le case editrici hanno un numero limitato di inviti. Insomma, si fa il conto di chi conta e ci no. come l'anno che Salman Rushdie arrivò accompagnato dalla bonazza super, che poi i giornali di questo hanno parlato.

Poi, per par condicio, esiste anche l'equivalente per la letteratura dell'infanzia e della gioventù, un settore sul quale si investe moltissimo, in questo paese, che evidentemente rende. Si comincia alle prime vaccinazioni del pupo, in cui al consultorio ti raccomandano di leggere ad alta voce al bambino, anche se di pochi mesi, per aiutarlo nello sviluppo linguistico.

Per dire, in tema di trasloco, avrò riempito tre scatoloni solo con i libri dei bambini. La Kinderboekenweek, però, è molto più micragnosa dell'equivalente per adulti. Non solo nessuno ti regala un bollino, i poster che la nostra scuola ha appeso per il corridoio, li hanno pure pagati. boh.

Il tema di quest'anno era la poesia e oggi pomeriggio la nostra scuola ha presentato a quei genitori che potevano andare a prendere i figli, una raccolta di "poesie" scritte da tutti i bambini. a quell'età poesia significa rima, un esercizio che ci tornerà buono per Sinterklaas, a dicembre, per scrivere le rime sfottò con cui accompagnare i regali.

Insomma, lo dico di cuore: questa raccolta di disegnini, prove di scrittura dei piccoli (che dovevano giocare con l'acronimo del proprio nome) e di rime dei più grandini, che sono a volte dei divertissement molto buffi e teneri, rimarrà uno dei miei ricordi più cari e sono cavoli di chi mi sgombrerà la soffitta quando muoio.
Però al mio orecchio di scrittrice, fanno decisamente schifo. Se ne salvasse uno. ci fosse uno spunto, un pensiero, una assonanza che ti saltino un attimo all'occhio. Lo so, non era questa la pretesa. E se vedo l'età degli autori, mi dico: un peana alla buona volontà, ma 'ste grandi promesse letterarie io non le vedo.

Se non fosse per la settimana del libro in fondo nella scuola olandese non c'è questa ossessione per (il bello) scrivere, tutta quella camurrìa di pensierini, temi, discorsi che ci toccavano a noi. E i risultati si vedono.

Magari la differenza è questa; loro sono un popolo di lettori, noi di scrittori. E in nessuna delle due direzioni questo commento implica un giudizio di qualità.

Ci venite a vedere "la Signorina Papillon?"


Sta per avvicinarsi il giorno della replica de La signorina Papillon, (che ha anche un blog, ormai ce l'hanno proprio tutti) il nostro pezzo teatrale dello scorso marzo, e tra impacchettamento di libri, interpretariato per Achille Bonito Oliva oggi, il corso da sommelier, i figli, il marito, la mamma, la vita, il trasloco, la ristrutturazione, ci escono persino delle prove.

Domenica scorsa abbiamo provato delle cose nuove, che da quando abbiamo visto La bisbetica domata del Toneelgroup Amsterdam, che sono bravissimi e pieni di soldi, quindi fanno cose fantastiche rompendo tutte le regole (insomma, andateveli a vedere, quest'anno hanno un cartellone da paura con omaggi ad Antonioni e altre cose), Roberto ha deciso che nella Papillon c'è più sesso di quanto ne abbiamo tirato fuori.

Ora, la Papillon sarei io. Allora, da un lato sarei felicissima dell'occasione di lavorare su un personaggio che ormai ho metabolizzato per andare oltre me stessa e vedere quante altre sfumature ha. Dall'altro: ma quando lo faccio, di notte? con la suggestopedia? Le prove sono quelle che sono, la sala anche.

Che invece di ripassarmi il testo, ieri, impacchettando libri ho ritrovato How to kill your husband and other handy househols tips, e sebbene il proposito in questione sia l'ultimo dei miei pensieri, perché di questi tempi il capo lo amo e tesoreggio e non mi fa manco incazzare per sbaglio, che è troppo stanco, mi sono depressa a leggere cosa succede al sesso tra gente che si ama, quando la vita e i difetti propri e altrui hanno il sopravvento.

Beata la Papillon, invece, che non ha marito, non ha figli, non ha impegni con deadlines (non deve soprattutto traslocare il giorno dopo la replica), e vive in un giardino di rose infilzando farfalle. in quelle condizioni magiche, persino io avrei tempo di lavorare sul mio personaggio e darmi al sesso botanico. Un suggerimento per uscire da me stessa?
LA SIGNORINA PAPILLON
vaudeville in 2 atti di Stefano Benni
Domenica 19 ottobre 2008 Ore 15.00
ZIMIHC theater
Bouwstraat 55 – 3572 SP Utrecht
Per prenotazioni: 030 - 2723455

giovedì 9 ottobre 2008

Stato trasloco


Io ho finto di illudermi che una volta molato il pavimento di legno, pitturate le pareti, fatto UN bagno (l'altro dio provvederà quando avrò di nuovo un po' di tempo, testa e soldi), una cucina da campo (quella vera dovrei decidermi ad ordinarla), trovato il traslocatore e impacchettata la roba, bene o male eravamo a posto. persino le bollette nuove già ci arrivano al nuovo indirizzo (per tacere delle tasse sul rusco ecc).

È vero, sto cercando l'impresa che mi metterà il riscaldamento sul pavimento. È vero, devo decidermi ad ordinare piastrelle per la cucina e mobili per la suddetta. È vero, ci sono un sacco di cose che mi sto scordando.

Nella mia ingenuità non ho manco considerato che spostare numeri di telefono, internet, e cose del genere, immateriali, sarà un'altra cosa campale.

Però, ecco, da oggi almeno le cartoline di cambio indirizzo ce l'ho (grazie a Polly, il mio genietto grafico preferito).

mercoledì 8 ottobre 2008

Crescono?

Oggi pomeriggio mia madre ha dichiarato di aver bisogno di fare due passi e armate di carrettino ce ne siamo andate al mercatino biologico del mercoledi nel nostro quartiere, passando davanti al doposcuola dove le belve si stavano divertendo così tanto che ci hanno ignorate.

Dopo il mercatino è uscito il sole ed ho proposto un te da Sissy Boy, per leggerci un paio di riviste di abbonamento. avevamo appena ordinato una torta di carote e una al cioccolato che si sono rivelate enormi che squilla il telefono.

"Sono Bo, ti Disturbo?"
"Scherzi, ci mancherebbe".
"Volevo dirti che sotto casa mia c'è Orso che sta giocando con un altro bambino, gli ho chiesto dov'eri e ha detto a casa".

È scappato dal doposcuola!

La bestia.

Cioè, scappato, stavano giocando tra doposcuola e pratone e magari si è messo a seguire un altro bambino o a camminare in giro ed è andato verso casa.

Impacchettiamo le torte, ci ingozziamo di te, mamma gli va incontro e io al doposcuola per recuperare Ennio e zaini ed avvertire le maestre.

Pare che abbia annunciato che stava andando a casa con la nonna, e siccome l'ha maestra ha visto mia madre fermarsi a chiacchierarci fuori dal doposcuola, ha pensato che fosse dentro, o di lato con Ennio e non si è preoccupata. E siccome questa maestra non mi è parsa particolarmente sveglia ho avvertito subito un'altra, che era dentro, che stavolta è stato un problema di comunicazione, ma di tener presente che Orso è capacissimo di squagliarsela così, se trova qualcosa di interessante da seguire.

Per fortuna è tutta pista ciclabile e giardini interni, ma se Bo non lo avesse visto, dove lo ritrovavo? O dove mi andava a finire, tenendo presente che noi ci saremmo mangiate con calma il dolce per almeno mezz'ora?

(Magari rientrava da sé al doposcuola e nessuno si accorgeva di niente).

Non so, mi viene quasi da rimangiarmi il post precedente.

Crescono

Ebbene, non ci credevo, ma i miei figli crescono. Ennio si sveglia e si veste da solo con grande entusiasmo. Leggono in silenzio. Orso sta seduto a tavola a disegnare senza allargarsi su muri, tavoli parquet.

Ecco: giocano seduti! Oltre alle normali attività iperfisiche, correre, arrampicarsi, volare, demolire, cominciano a scoprire il piacere dei giochi da tavolo.

Venerdi sono andata aprendere Orso al doposcuola e l'ho trovato con una maestra e degli altri bambini, vestito da drago con un pellicciotto in peluche con delle scaglie sulla schiena e la coda, a tirar dadi e spostare pedine. ho dovuto aspettare la fine della partita prima di convincerlo a sdragarsi e andare alla festa di Oskar. A 4 anni.

Sabato avevamo anche Isadora ospite, una bimba quanto mai silenziosa ed angelica e dovendo andare a comprar vernici nel mio postaccio vicino Haarlem, li ho portati con la promessa che poi saremmo andati un'oretta al parco delle dune a vedere i cerbiatti. li ho parcheggiati con la mia povera madre, che compativo sinceramente, in un caffé sperando che la promessa di succhi di frutta li avrebbe tenuti buoni quel paio di minuti.

Li ho raggiunti, pensando di trovarli che si rincorrevano intorno al tavolo urlando, con la mia povera madre che si imbarazza da morire di queste cose, lei che viene da una cultura in cui i bambini piccoli non si devono sentire, così poi da grandi possono ubriacarsi fino a cadere sotto il tavolo per superare le frustrazioni dell'infanzia, e niente. stavano tutti e quattro zitti zitti intorno al tavolo, i bambini ognuno profondamente immerso in un topolino preso al tavolo delle riviste del caffé.

Poi ho perso la strada, ho fatto tardi, i cerbiatti quando mai, siamo arrivati in tempo alla scuola italiana dove abbiamo fatto il girotondo insieme, e Orso, che solo qualche settimana fa mi diceva la maestra che era cresciuto ma che non osava mai mettersi davanti al gruppo a dire o fare qualcosa, ha deciso spontaneamente che avrebbe fatto lui la penitenza: in un angolo si è messo a piangere singhiozzando, e nell'altro angolo si è messo a ridere così teatralmente, solo che poi gli è sfuggita di mano la cosa ed ha continuato a ridere per il puro piacere di farlo davanti a tutti, con le braccia nel gesto di Pavarotti al "-ma" di 'Nessun dooor-ma".

E fanno sempre meno storie per mangiare. Sarà la cucina e la presenza taumaturgica della mia santa madre, ma insomma, sono proprio cresciuti e io sclero molto di meno.

lunedì 6 ottobre 2008

Annuncio: incontro giovani italiani a Utrecht 11 ottobre

Ricevo e comunico, per chi possa essere interessato (io non ci vado per motivi contingenti e non sono giovane).

Solo due domande: chi è un giovane italiano all'estero?
Come pensano di raggiungerli i Comites e le associazioni italiane, se la maggior parte di loro è qui per studio e inoltre manco è iscritta all'AIRE? Il passaparola è l'unica, peccato che appunto, siano i vecchi a farlo. Per questo offro questo spazio. Perché credo nei giovani, non nelle iniziative di governo sui suddetti.

Alle Associazioni ed ai sodalizi italiani in Olanda
Loro sedi
Oggetto: incontro giovani italiani

Caro Presidente,
il Governo Italiano organizzerà nel dicembre prossimo a Roma la Prima Conferenza Mondiale dei Giovani italiani all’ estero.

L’ iniziativa è una prima risposta del Governo alle sollecitazioni dei Comites nel mondo e del Consiglio generale degli italiani all’ estero che sollecitano da tempo l’ adeguamento delle politiche dirette alle comunità italiane a fronte dei cambiamenti generazionali e dei processi di integrazione civica, economica, culturale e sociale frattanto raggiunte dalle prime e successive generazioni di connazionali nei paesi di insediamento.

L’ Italia, prima di metter mano a nuove politiche di rapporto e di collegamento con le mutate realtà, vuol sentire dalla viva voce dei giovani, tra tutti i più direttamente coinvolti nei cambiamenti, quali sono le esperienze, quali i livelli di integrazione, quali sono le aspettative e questo al fine di poter decidere gli interventi più consoni per una solida politica di rapporto con le nuove generazioni.

Anche il Comites in Olanda, al pari di quelli in tutto il mondo, ha da tempo informato dell’ iniziativa le comunità di giovani quì residenti conosciute e palesemente attive.

Allo scopo di risvegliare nuovi interessi e favorire nuove adesioni alle iniziative del gruppo dei giovani italiani in Olanda, il Comites organizza un incontro formativo ed informativo sull’ iniziativa del Governo, sulla realtà delle diverse tipologie di giovani italiani quì residenti e sul possibile contributo da portare alla Conferenza alla quale prenderanno parte anche tre delegati dall’ Olanda.
Tale incontro è aperto sia ai gruppi di giovani che fino ad oggi non si sono manifestati al Comites che ai singoli interessati.

Tale incontro avrà luogo sabato 11 ottobre 2008 presso la sede del C.O.I. ( Centro Italiano ) al primo piano del Weerdsingel WZ 20a - 3513 BB Utrecht – tel. 06-29045331
L’inizio sarà alle ore 14.00.
Non sono previsti rimborso spese.

Perché avere un blog

Forse dobbiamo essere tutte grate a Claudia, pardon, Elastigirl, se improvvisamente l'Italia ha scoperto le mamme blogger (anche se guardando il programma postato su youtube, ti rendi conto che troppa gente ancora non ha capito bene cosa sia DAVVERO un blog per chi li scrive e chi li legge).

Per quanto mi riguarda sono grata a Patrizia Violi per l'articolo in cui cita questo blog, uscito su Oggi di questa settimana. E a Simo che nel commento al post precedente me lo ha segnalato.

Cos'è per me il blog? Innanzitutto uno strumento per mettere giù regolarmente alcune delle cose che prima affidavo a tutti i miei vari taccuini disorganizzati. Alcune delle cose, perché ovviamente avendo scelto di non nascondermi poi troppo, tento di non sputtanare troppo me stessa e le persone che mi frequentano agli occhi dei tanti sconosciuti che mi fanno il piacere di leggermi.

Il mio blog è nato come un modo per tenere aggiornati tutti i tanti amici e parenti lontani con cui per motivi contingenti mi sento troppo poco. Funziona, quando finalmente ci vediamo di persona o ci telefoniamo posso saltare a piè pari una parte di resoconti. Che il poco tempo che abbiamo è prezioso.

Il mio blog è cominciato (credevo) come una forma più completa di quelli che fino ad allora erano i miei diari dei bambini. In cui mettere facilmente le foto e i filmini (se nel frattempo avessi capito come scaricarmeli senza ricorrere al capo). Se con il trasloco li ritrovo, cercherò di postare anche le cose che scrivevo e provavo e pensavo e piangevo nelle notti insonni, quando avevo due bambini molto piccoli e una casa tanto inadeguata (la testa e lo stile di vita erano inadeguati anche loro, ma nessuno nasce imparato, no?)

Poi però il blog è diventato molto di più. La discriminante l'avete creata voi che leggete e commentate, e a volte instauriamo corrispondenze per mail, ci conosciamo di persona, insomma, abbiamo uno scambio di amorosi sensi, se così posso esprimermi. Per questo adesso vivo le mie giornate con l'occhio del blogger; mi capitano delle cose e dentro di me me le formulo già, o le guardo ed elaboro pensando a come poterle riportare. Non lo faccio sempre, ma il meccanismo è quello.

E infine, e questo me l'ha detto così bene Roberta quando ci siamo conosciute, un blog è un potentissimo strumento di selezione: automaticamente ti trovi a leggere e corrispondere con le persone che ti sono più affini, per come scrivono, o per quello che scrivono, o semplicemente perché ti sono simpatiche.

Se le conosci di persona è una festa ritrovarsi: in fondo non vi siete mai visti in faccia prima, ma conoscete un tot della quotidianità reciproca. E diciamocelo, quello che fa la tua vita è la quotidianità. Poterla condividere con qualcuno te lo rende un po' parente.

Io per esempio è da un po' che sostengo che con Mamikazen dobbiamo essere gemelle siamesi separate alla nascita. E non appena avrò occasione di incontrarla, potremmo riconoscerci o starci antipatiche, ma la Mami del blog resterà sempre una mia amica.

Paradossale? Non reale? E chi lo dice. Ci sono, è vero, tanti blog, diciamo letterari, i cui autori si presentano con il filtro di un personaggio, e se riescono a tenerlo su per tanto tempo, complimenti. C'è chi per discrezione, timidezza, o per permettersi una maggiore libertà scrive con un avatar.

Ma quello che c'è dietro è splendida, genuina personalità e quotidianità e quella è autentica e reale quanto lo siamo noi stessi. E in quanto tale la riconosciamo. Ognuno di noi che scrive ci mette del suo, ma chi legge ce ne mette ancora di più e i commenti lasciati su un blog io li vivo come un regalo, come un darmi una piccola parte di sé di chi mi scrive.

E allora, come diceva un vecchio tirchio che ho conosciuto da bambina, sull'amarsi (io lo dico sul bloggare):

Fratelli e sorelle di blog, blogghiamo, tanto non ci costa dei gran soldi.

sabato 4 ottobre 2008

Ricetta: Sagne e 'ndicchie



Da quando sono diventata madre mi rendo conto che senza saperlo, una delle cose che mi hanno segnata di più da piccola, è stato il periodo in cui, avevo tra i due e i tre anni, mio padre ha trovato lavoro a Roma e i miei sono andati a vedere se riuscivano a costruirsi un futuro per loro e per me lì.

Io sono rimasta ad Ofena con nonna e zia Filomena. A posteriori, mi rendo conto che la mancanza dei miei genitori mi ha fatto patire parecchio. Però i ricordi consci che ne ho sono ancora tra i più belli della mia infanzia, a fare la principessina in paese.

Io dormivo con zia Filomena, che era un'ex maestra, monaca di casa, zoppa e gobba e l'autorità indiscussa in famiglia. Tipo severo e di poche smancerie, ma quanto bene mi ha potuto volere, ed è stata la mia prima mentrice. Dormivo con lei nel lettone scaldato dal prete di legno con la brace, e quando alle sette di mattina lei si alzava per andare alla prima messa, mi rotolavo dal suo lato perché era più caldo.

Poi quando tornava, ci mettevamo sul tavolo della sala, l'unica stanza fornita di camino della casa, con la sua radio Grundig, e lei tirava fuori un sacchettino di lenticchie e un vassoio, e una a una le sceglieva, mentre sul tavolo, di fianco, si creava un monticello di quei piccoli sassetti calcarei che disseminano tutti i nostri campi di mezza costa, qualche pagliuzza, tutte cose che non dovevamo mangiare. Erano lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, un paesino un po' più su sulla montagna. Fino all'età adulta, non ho mai mangiato altre lenticchie che queste. Che delusione scoprire che le Blondes, così grandi e piatte e chiare, si spappolano tutte in cottura.

Una volta pulite le lenticchie venivano messe nella callara di rame tutta annerita, con uno spicchio di aglio di Sulmona, una foglia di lauro, acqua, il coperchio di legno sopra, appesa al gancio del camino, a lessare quella mezzoretta finchè non si cuocevano.

Nel frattempo zia Filomena sferruzzava alla cieca, leggendo contemporaneamente (da chi avrò imparato ad essere multi-tasking?) o raccontandomi qualche storia, mentre io giocavo o attizzavo il fuoco. È stata quella l'età in cui ho imparato ad accendere e mantenere un fuoco, ma questa è un'altra storia, che prima o poi pubblicherò.

Poi arrivava nonna, che pur di sfuggire alla sorveglianza di zia Filomena aveva sempre commissioni da fare, per noi o per altri, e dai suoi giri riportava sempre qualche ovetto fresco per farmi il rosso d'uovo.

Il regno di nonna era la cucina, fredda, ma a nonna non seccava, lei era sempre caldissima. Gli sbalzi di temperatura tra sala e resto della casa erano enormi, ma il freddo fortifica e zia Filomena mi faceva kilioni di maglioncini caldi e pesanti. Quindi potevo andare in cucina con nonna, che con un paio d'uova e tutta la farina che si tiravano (mia nonna le porzioni di sagne, la pasta fatta in casa, le ha sempre contate a uova: oggi vorrei fare un tre uova di pasta) e un pizzico di sale, impastava, pardon, ammassava, con la macchinetta Imperia tirava delle strisce di pasta un po' spessetta, più spessa di quella delle tagliatelle e ancora di più di quella dei ravioli.


Per le sagnette da minestra bastano due uova piccoline, o tre di quelle delle gallinelle mignon di zia Vittoria.


Io potevo girare la manovella, e se mi stancavo, nonna mi aiutava. Poi si tagliava la pasta in taglierini corti un terzo di striscia di pasta e larghi un paio di millimetri (tanto erano tutti irregolari). I taglierini si mettevano su un vassoio e si portavano in sala, si gettavano direttamente nella callara con le lenticchie lesse, si aggiustava di sale, e si servivano direttamente, condendo con un filo di olio a crudo dei nostri olivi.

È questo quello che chiamiamo imprinting? Le lenticchie ancora oggi, ma in particolare sagne e n'dicchie restano il mio piatto preferito. Le sagne, fatte con la farina normale, quindi di grano tenero, per via dello spessore e della cottura breve devono sentirsi bene sotto i denti. C'è chi le ama più brodose, ma a me vanno date quasi asciutte.

È un piatto così leggero che si può mangiare tiepido o freddo in estate, ma resta anche fortemente il mio piatto invernale, quello che mi scalda e mi conforta in questo clima infame olandese che mi sono andata a cercare, e se mi ricordo di aggiungere qualche pezzetto di pelati alle lenticchie prima di calare la pasta, mi restituisce tutta la mediterraneità di cui ho bisogno per superare un altro lungo inverno.

E c'è tutta zia Filomena qui dentro: storie bibliche e piatto biblico, che la storia di Giacobbe ed Esaù e la primogenitura venduta per un piatto di lenticchie, non avevo dubbi: al posto di Esaù avrei fatto lo stesso.

Perché ho voluto regalare questa ricetta? Perché è la mia preferita, in olandese l'avrò data a destra e a manca, e poi perché nella cucina nuova ci starebbe benissimo un Kitchen Aid rosso come quello messo in palio da Sigrid.


E a Santo Stefano ci sono sempre andata con piacere, ma negli ultimi anni ancora di più perché ho conosciuto Daniel, Giovanni e il loro lavoro che mi entusiasma (e poi per i bonazzi con l'accento milanese ho sempre avuto un debole). Direi che ci potete andare anche voi.

Battesimo ad Amsterdam

Un po' di battesimi in vita mia li avrò anche visti, ma quello di Oskar venerdi pomeriggio li ha superati tutti. Innanzitutto, col fatto che era di pomeriggio alle 16, la madre ha scusato d'ufficio tutti quelli che non sarebbero potuti venire in chiesa, ma invitandoli a passare a casa dopo, a loro comodo, per una cena in piedi. (Mia madre le ha fatto 60 crepes per i bambini, che tanto non mangiano altro). E già così eravamo comunque in tanti, c'è chi è uscito un paio d'ore prima dal lavoro apposta.

E c'erano tanti bambini. Tutto il primo banco era così pieno di amichetti, che Ennio, che era il più grande, ha deciso che si sentiva più sicuro seduto dietro con me. Il parroco (che non sapevo ancora chi fosse, pensavo uno zio), ha salutato Ada facendole i complimenti per il vestito e il diadema da principessa, poi è rientato con i paramenti osservando che anche lui, come noi, per l'occasione si era messo dei bei vestiti.

È stata una funzione rivolta molto ai bambini, didattica, ai quali il parroco ha spiegato con esempi semplici tutti i vari momenti della cerimonia, man mano che succedevano. Anzi, per un attimo ho temuto che facesse un battesimo urbi et orbi a tutti i bambini presenti.

"Gesù, se glielo riporto a casa battezzato il capo divorzia," ho pensato. Che al capo sta mostruosamente sul cavolo essere registrato presso un'istituzione che lui disapprova fortemente per tutto quello di cui è stata reponsabile nella storia, dalle crociate allo sterminio degli ebrei, e detesta l'idea che nessuno lo abbia consultato in proposito. Che quell'uomo è così, sui principi non transige.

"Chi di voi non ha mai visto un battesimo?" ha chiesto giustamente.
"Perché mi alzi la mano?" ha chiesto Ennio. "E cos'è un battesimo?"

Poi il suo istinto da commediante è saltato fuori, avrebbe commentato tutto ed ho dovuto tenerlo in braccio e spiegargli che in chiesa si parla a voce bassa e durante una cerimonia parla il parroco e non è un dibattito.

La madrina ha letto la versione inglese di Caminante, no hay camino, se hace camino al andar

Traveler, there is no road;
you make your own path as you walk.
As you walk, you make your own road,
and when you look back you see
the path you will never travel again.
Traveler, there is no road;
only a ship's wake in the sea.

(E lì ho pianto la prima volta, che è un testo che amo e che ho letto/cantato con Silvia alla giornata delle associazioni migranti dell'Europa del sud).

Poi il parroco ha spiegato l'imposizione delle mani, come un antico rito che bisogna che ci immaginiamo sia come quando ci facciamo male e mamma e papà ci danno un bacino sulla bua che poi non fa male più. Un'energia che tu trasmetti perché Oskar cresca grande e forte, e come ha detto la madrina, possa percorrere la propria strada. Genitori, nonni, padrino e madrina e soprattutto la sorellina gli hanno fatto una croce sulla fronte e poi anche gli altri bambini, Ennio per primo, però dovevo dargli la mano per rassicurarlo.

"Mi ha toccato la testa anche lui", si meravigliava Ennio.
"Si, perché tu sei suo amico".
"Forse anche lui già mi conosce un pochino", che Oskar ha otto mesi e ci siamo visti davvero molto poco da quando è nato.

Poi il sacerdote è venuto dai bambini con in mano un barattolino mignon delle confetture bonne maman pieno di sale ed ha chiesto ai bambini se sapevano a casa a cosa serviva il sale? Per dare più sapore al cibo.
"Si,"fa una bimba di forse 4 anni "un poco va bene, ma troppo no che poi ti fa male al sangue".

Mi volto per non ridere e vedo la mia vicina con una faccia del tipo: ma come fa una bambina così piccola a saperlo?

E Oskar riceve anche un pochino di sale sulla lingua e lo sentiamo fare dei piccoli schiocchi.

"Prima di andare dietro la chiesa, dove c'è il fonte battesimale, vorrei che rifletteste sul fatto che in chiesa in fondo si usano cose che tutti hanno a casa, l'acqua, il sale. Ma anche l'olio. L'olio lo sapete, c'è in tutte le case, c'è l'olio per i motori. E in chiesa usiamo l'olio santo nei sacramenti".

"Olie? Wat is olie? Mamma perchè serve per la macchina?" Ennio non ci capisce niente, forse perché non conosce la parola olandese olie.
"Amore, ma lo sai, tu mangi sempre pane e olio e sale" e penso contemporaneamente che si tratta del piatto più liturgico che ci sia, ora che ci penso.
"Ah, l'olio, ma lui lo chiama olie".

Il fonte battesimale, vicino all'ingresso, è protetto da una grata. Il parroco solleva tutti i bambini uno ad uno per fargli vedere l'acqua dentro. Genitori e padrini e battezzando quasi non ci entrano, con tutte le belve interessate intorno. Il padrino deve accendere la candela battesimale al cero pasquale.

Oskar viene battezzato, e unto (ti ungo gli occhi perché tu possa vedere, le orecchie perché tu possa sentire, il naso perché tu possa annusare, la bocca perché tu possa gustare, le mani perché tu possa sostenere e curare, i piedi perché tu possa andare) e intanto dietro le spalle della madre l'unto afferra con enorme energia nel suo pugnetto le grate, scuotendo in particolar modo le applicazioni dorate che tremano.

"Oddio, adesso ne stacca una", penso. Le mani perché tu possa demolire.

Accanto al fonte è appesa una copertina di damasco e pizzi bianca che va messa sulle spalle del neocatecumeno per la parte relativa alla veste bianca senza macchia del peccato originale, poi usciamo, ci facciamo le foto, facciamo gli auguri a tutti, i bambini cominciano a rincorrersi per tutta la chiesa con Ennio in testa, che non riesco a placcare per farlo smettere, poi le bimbe scoprono la grata del riscaldamento sul pavimento e giocano tutte a farsi gonfiare le gonne come mini-Mariline. Foto.

È andata benissimo. Sua sorella, che era già più grandina quando è stata battezzata, era riuscita ad annegare nel fonte battesimale il suo Mimi, l'orsetto, che le era sfuggito di mano. Mi chiedo se ci abbiano mai provato a Lourdes. Mimi, l'orsetto taumaturgico.

Riesco a bloccare Ennio e distrarlo con il giro della via Crucis affrescata alle pareti. Mi fa rifare il giro. È talmente preso dal racconto e dal ruolo che la morte ha in esso, che mi fa ripetere 5 volte la parte relativa all'angelo sul sepolcro che annuncia la risurrezione, tanto per tranquillizzarsi.

Poi usciamo, andiamo alla stazione a prendere il 42 che ci porta tutti a casa, finisco la puntata teologica.

Ennio corre sul muretto seguito da un ragazzone che ha fatto foto tutto il tempo e solo adesso alla luce del pomeriggio mi accorgo che è un pischellone tenero alto alto, e che passerà tutta la sera ad intrattenere e giocare con i bambini in corridoio.

"Ma quanto è grande e sveglio questo bambino, sembra molto più grande, questo fra un po' ti corre lui sul muretto. Mi faceva quasi impressione a vederlo battezzare così grande". Che Oskar è stato bravissimo, con la sua facciolotta tonda e i polpaccetti tutti da stritolacchiare.

Recupero Orso dal doposcuola e ci uniamo alla splendida cena in piedi. La mamma di A. che deve andare al suo corso di agopunturista me la affida fino all'arrivo del padre, sul treno da Groningen, li porto a casa e li lascio sul mio lettone tutti e tre a guardarsi i cartoni della Talpina.

"A., papà è appena sceso dal treno e sta per prendere l'autobus per venirti a prendere, io devo andare al lavoro, posso? E tu rimani con i ragazzi e con Berend?", che A. non si fa affidare a chi non conosce bene ed approva, e né mia madre né mio suocero sono tra questi.

"Si, per me puoi andare".

Caminante, no hace camino, se hace camino al andar.