mercoledì 29 dicembre 2010

Gli zii del clan: Citto

Una disgrazia i parenti e la famiglia, perché ti appioppano un soprannome quando sei piccolo e poi per loro, anche se cresci, diventi una persona seria, con dei titoli, non so, ingegnere per esempio, e una carriera tipo supermegamanager, resti sempre affettuosamente il piccolo. Giovannino, che è alto 1,90. Giannetta. Ughetta.

E Citto, per esempio. Citto che si chiama Giovanni, ma l'ho saputo da adulta. Che non so a lui da dove venga, ma da noi citele è quello che in Casentino chiamano giustamente citto, o altrovezito, un bambino, il piccolo di casa, insomma, e pare, se tirato abbastanza per i capelli, che ne vengano fuori anche pulcino e pulzella. Il piccolo per definizione. Perché viene da una radice germanica che è la stessa di zizze, tette, insomma, per contiguità, è il lattante.

Citto che ci ho ballato un twist scatenatissimo al matrimonio di mio cugino Stefano, un 7 anni fa circa, che ci siamo divertiti da pazzi ma ogni momento pensavo: dio, fa che non gli venga un infarto a questo mio zio troppo tondo, ed era una di quelle situazioni che vivi da bambina piccola quando i padri, e gli zii, perché sono sempre questi figuri qui a farlo, ti lanciano per aria e ti riacchiappano al volo e tu sei lì presa dall'esaltazione fisica e dal divertimento che vorresti gridare, mitigato dal terrore che forse, oddio, speriamo non ci scappi il morto. Ecco, avevo 37 anni, un figlio piccolo e mi stavo divertendo da pazzi con mio zio nelle stesse modalita dei piccoli.

Citto è lo zio allegro e divertente figlio della zia più integralista e arcigna, ma dal cuore d'oro pure lei, però, ecco, imponente, una che nessuno a memoria d'uomo ha mai contraddetto. Tranne Citto.

Citto che la madre la sabotava sfottendola, svicolando o rispondendole, ma aveva sempre detto che forse per il suo carattere come madre gli ci sarebbe voluto crescere con la zia Peppina, che era mia nonna, ed era un tipetto sociale, chiacchierone, vivace e allegro. Mentre mio padre sosteneva che a lui, avere una madre come zia Ida forse lo avrebbe inquadrato nella vita. Che il bello i avere cugini è che puoi immaginarti questi mondi paralleli in famiglie che conosci abbastanza bene da dentro per capire come sono davvero.

Citto che ho sempre visto troppo poco e spesso gli zii che vedi poco quando li vedi sono allegri, simpatici e divertenti. Poi si cresce e gli stessi zii cominciano a farsi chiamare per nome e li sfotti tu, dicendo che ovviamente non possono fare la figura dei vecchi con la nipote adulta, e che facendosi chiamare per nome sperano nell'effetto coetanità.

Perché per fortuna con i miei zii e le poche zie io queste battute le ho sempre potute fare. Siamo, o meglio, eravamo, una famiglia così. I miei infiniti zie e zii e cugini erano i cugini di mio padre e i loro figli. Una distanza che nelle migliori famiglie, specie se sparse ai 4 venti come noi, basterebbe per fare di noi degli estranei.

Ma la fortuna è che ci univano 9 sorelle, e le sorelle si sa, hanno un altro tipo di legame, ci tengono, si vedono, si sentono. Tengono la famiglia insieme. Poi, un po' bisogna pure crederci e da quando è morto mio padre, come dice sempre mia zia Ughetta, ci siamo un po' dispersi, ma questo nocciolo duro è sempre rimasto.

Quando li ho rivisti tutti quanti? Al funerale di papà, dove avevamo chiesto di non portare fiori ma fare una donazione a qualche istituzione che aiutasse i bambini, non sapevamo quale perché eravamo troppo frastornati, e in cucina, perché ai funerali è sempre in cucina che si prendono le decisoni di famiglia, zia Ida sosteneva a gran voce, che lei avrebbe preferito se tutti facessero ordinare le messe con il coro gregoriano per papà, e alle deboli proteste dei presenti, l'unico fu Citto: "Mamma, ti senti solo tu". Poi comunque furono messe gregoriane, mi dispiace per l'Unicef.

A noi le messe gregoriane, come dire, si, da un lato avrebbero soddisfatto lo spirito estetico dell'ex-seminarista scappato che era stato mio padre da bambino, perché il seminario era l'unico modo a disposizione di mia nonna di dargli un'istruzione. Dall'altro il suo motto era sempre stato: meglio un'opera buona che una messa cantata, ma già faglielo capire a una zia che sempre Citto, in un momento felice, aveva definito come il capo delle integraliste cattoliche Silvestrone, una definizione che ci era talmente piaciuta che ce la siamo tenuta tutta la famiglia allargata.

La famiglia allargata che per sopraggiunti limiti di età e malattia si sta restringendo, e mi restano sempre meno zii.

Citto che se ne è andato ieri. L'unica messa cantata in cui credo è ricordarlo.

4 commenti:

barbara ha detto...

Eh ma non è possibile un colpo basso così, che prima scrivi un post che mi fa quasi affezionare a una persona che non ho mai visto, e poi mi dici che se ne è andata.
Lucrezia comunque una volta ha osservato (parlando di mio padre) che sicuramente in Paradiso li leggono, i blog e Facebook, e mi piace pensare che tuo zio si stia godendo il tuo ricordo molto di più di una messa cantata.

Mammamsterdam ha detto...

Lucrezia è una donna molto saggia e mi ha dato un'ottima idea.

mamikazen ha detto...

Citto, è davvero un colpo basso. Dai un bacio a zì Piè e zio Giancarlo (lui era troppo bello e troppo strambo persino per Ferrara, per avere un soprannome).
Un bacio alla nipote che resta a ricordare (ché, come tentavo ieri di dire al seienne, la matrigna di Raperonzolo sbagliava perché l'unico modo per diventare immortali è amare e innestarsi nei cuori degli altri)

ziacris ha detto...

Che brutto scherzo che ha fatto Citto