mercoledì 22 ottobre 2008

Traslocatori di Amsterdam doc

Posso rivolgere un peana ai nostri traslocatori? Alla fine abbiamo risolto con Rent-a-mover, con sedi nelle grandi città olandesi e anche a Parigi, Barcellona e Alicante. Suona figo e internazionale? Adesso ve la racconto com'è veramente.

Il tutto è cominciato con una mattina di paturnie in cui mi sono rifugiata a letto con il laptop e ho cominciato a cercare traslocatori. Fondamentalmente avevamo già un'offerta della ditta del trasloco precedente, ma il capo insisteva ad averne un altro paio. Ho mandato un tot di mail, spesso direttamente dal sito (cercavo solo ditte con il sito, in quanto mi dicevo, quello che mi fa un piccolo autonomo (che affitta camioncino e montacarichi e rimedia un paio di ragazzoni robusti) me lo so fare anch'io.

In un pomeriggio sono passate tre ditte a farsi un giretto veloce e farmi un preventivo. Con i primi due + il nostro vecchio, abbiamo passato in rassegna tutta casa, loro con una check list su cui si segnvano quanti armadi, tavoli, sedie, lavatrici ecc. Tutti stavano quei due minuti davanti alla libreria a calcolare in quante scatole sarebbero entrati i nostri libri. Tutti con metodi, scatole e risultati diversi. Sul totale, bene o male eravamo sui 55 m3.

E tutti si sedevano al tavolo, si facevano i calcoli secondo la check-list e mi lasciavano un preventivo scritto (dai 2400 ai 1800), il depliant dell'associazione di categoria, quello dell'assicurazione, una comoda check list da trasloco (con voci tipo: 6 settimane prima, disdire l'affitto ecc. 4 settimane prima, il giorno prima) che non ho poi manco guardato, ma tanto il capo è project manager e quelle che si fa lui sono pur meglio, ne sono fermamente convinta.

Poi è arrivato John, anzi, per pronunciarla alla Amsterdam, "Sjon". Un uomo segaligno, sui 60-65 anni, calvo e con un accento coatto che a volte facevo fatica a capirlo. Mi ha fatto subito simpatia. Perché lui non usava il sistema della check-list, ma si è fatto un giro per casa, mi ha contato le scatole per i libri, e arrivati in cima mi ha detto: senti, ci devo venire con quattro uomini e due camion e sono 140 euro l'ora.

("Ma gli armadi devo proprio smontarli tutti?" chiedevo a tutti disperata, che se aspetto che il capo me li rimonti sto fresca e tutti gli altri, "Si, ci faccia trovare tutto smontato").

Invece Sjon:
"Va bene, allora porto anche il furgone, tanto ci devo attaccare il montacarichi, non smontarli, togli solo le porte" (e poi a un paio le porte le ho tenute ferme con lo scotch e chi si è visto si è visto, sono arrivati sani e salvi pure loro. "Vai al comune a farti fare per tempo il permesso di interruzione traffico sulla strada, tieni presente che ci vogliono 5 giorni lavorativi".

Già solo per gli armadi gli avrei detto di si subito. Ma dovevo rispondere alle domande del capo.
"Il prezzo è con IVA o senza? È assicurato? Ci dobbiamo assicurare noi a parte? È riconosciuto dall'associazione di categoria?"

E che ne so io, mica sono un project manager IO (poi ho scoperto che bastava un supplemento una tantum alla nostra assicurazione per coprire il contenuto di casa anche durante il trasporto). Io mi guardo intorno in base ai miei anni di esperienza so quanto tempo ci vuole a fare un lavoro e poi dico il mio prezzo. Come Sjon, insomma.

Anche il suocero era rimasto impressionato.
"Un vero Amsterdammer" ha detto, "Gli altri erano dei kantoormeeneren", degli scaldasedie da ufficio.

Insomma, il capo gli ha telefonato, si è apparolato, il permesso è arrivato ieri e stamane alle 8 erano in 5: Sjon, due versioni più giovani di lui pelati entrambi i tre, e in nome del multiculti un inglese che parlava solo inglese e un Surinamese (negro, diciamolo, che così capiscono tutti).

Dalle 8 alle 18 ci hanno perfettamente traslocato tutto, senza rompere né scheggiare niente, senza fare un graffio con un mobile ingombrante su nessuna delle splendide pareti intonacate e verniciate di fresco, senza manco calpestarmi una delle piantine di pomodoro intorno al montacarichi.

Si sono presi per culo in modo splendido tutto il tempo. Ci hanno raccontato storie carine di traslochi buffi mentre prendevamo il caffé, una volta a metà mattina, una volta alle cinque. Ci hanno fatto tanti auguri per la casa nuova.

"Il caff'é lo prendete adesso o volete prima finire?"
"Adesso, adesso, che non ce la faccio neanche più a sputare" e faceva un versaccio tipo "sputter sputter" che sembrava uno scongiuro slavo o ebraico.

"Sjon, ma siete fratelli?" gli chiedevo, che numero due veramente gli somigliava troppo.
"Noi, lui in realtà è nato femmina, ma siccome aveva le mani grandi si è fatto sistemare da maschio. Tecnicamente è mia sorella".

("Veramente ti ha detto questo?" chiedeva il capo incredulo).

Carucci, veramente carucci. Con quella botta di sarcasmo gentile tipica dei veri Amsterdammers e anche dei romani, adesso che ci penso, che io nel frattempo non ci casco più di tanto, ma il capo e il suocero, che vengono dal nord, ogni tanto prendevano alla lettera, e anche lì ci facevamo delle risate.

Insomma, nonostante l'alzataccia alle cinque per finir di impacchettare tutto, che come mi sono fermata nella pausa pranzo ho cominciato a tremare dalla stanchezza (e non c'era un angolo a casa nuova dove stendermi un attimo a riposare, e neanche a casa vecchia, stava tutto sui camion), mai fatto un trasloco tanto liscio.

Io dovevo solo preparare il caffé e andarlo a comprare prima ("Comodo, eh? abitare di fronte al supermercato" mi facevano gli assetati e allora gli ho preso anche i dolcetti e i biscotti al cioccolato), dire ogni tanto dove mettere cosa, ma il sistema di Sjon, un colore di adesivi per piano (arancione il primo, giallo il secondo, bianco quelle due cose a pianoterra e viola per la soffitta, che poi abbiamo messo tutto al secondo, completato dal metodo capo che ha fatto fotocopie a tutti i piani delle piantine di casa numerando le stanze, quindi arancione 1 era camera nostra e giallo 3 quella di Orso, e appiccicando a ogni stipite l'adesivo numerato relativo (e quando ieri sera tardi avevamo finito gli adesivi arancione, ma io ne avevo trovato una scatola di bianchi da indirizzi che traslocando si ritrovano tante cose, mi ha stampato con la stampante a colori dei fogli di adesivi quasi identici a quelli dell'impresa) ha funzionato da sé.

Dopo il caffé del pomeriggio, finite di fare le mie cose, mi sono sparapanzata sulla poltrona a leggere Storia di un ebreo fortunato di Vittorio Segre, fino a che tra benedizioni e ringraziamenti ci siamo separati e siamo andati dal cinese a ordinare la cena.

Cena romanticamente consumata a casa vecchia, sul tavolo che butteremo, per poi farci un giaciglio di materassi su cui restare accampati fino a fine mese, che a casa nuova la doccia non c'è ancora.

Questa casa vecchia, così vuota e bellissima, con solo le tende e una serie enorme di cose fragili o preziose che ci trasporteremo noi, e noi a dormire in mezzo al vuoto e agli scatoloni, beh, è esattamente come 8 anni fa quando ci siamo venuti.

Un addio soft meglio di questo a questa casa bellissima che non`e mai stata davvero mia, non me lo potevo organizzare.

5 commenti:

thecatisonthetable ha detto...

Un saluto davvero romantico...

Però la cosa che più mi è piaciuta di questo post è la richiesta "fammi il caffè ora, che non riesco neanche più a sputare". Trovo sia geniale... la userò!

:-)

Roberta Filava ha detto...

...aspettavo questo racconto da tempo e sono contenta che tutto sia andato bene..a volte la vita ci regala delle sorprese e degli incontri inaspettati e lascia dei ricordi fantastici...a presto sarai nella nuova casa ripagata da tanta fatica..ti auguro un buon inizio di tutto..
baci grandi
roberta

Anonimo ha detto...

di traslochi ne ho fatti due, e ogni volta, a casa vuota, me ne sono andato in giro per guardarla e cercare di fissare tutti i ricordi dei momenti belli...
la terza casa è la nostra e non so se un giorno la lasceremo per fare un altro trasloco, ma di sicuro se lo faremo sarà un trasloco internazionale...

Anonimo ha detto...

Io tra un annetto mi dovro' trasferire e solo l'idea di abbandonare la nostra casetta mi fa star male...anche se andremo nella casa nuova, 4 volte piu' grande... quello e' il primo nido...il primo nido non si scorda mai :D

Ti auguro che la casa nuova ti riservi il doppio delle emozioni che hai vissuto in quella "vecchia"

graz ha detto...

E il primo pezzo è fatto, anche se il bello viene dopo ... mi fa tenerezza, comunque, osservare come la casa, con il procedere della vita (e dell'età?? no, non l'ho detto) diventi sempre di più il nostro nido, carica di significati che vanno ben al di là delle quattro mura. La mia prima casa da sola la ricordo come fosse ora, e son trent'anni, ma non tanto per le sue caratteristiche (peraltro piuttosto trascurate) quanto per quel che rappresentava in termini di affrancamento dalla famiglia. L'ultima, questa, - cito dancerjude - è la NOSTRA e non abbiamo nessuna voglia di lasciarla, tant'è che il trasloco internazionale alla fine non c'è stato. E' una casa che ci 'respira assieme', una casa vecchia che trasuda serenità, ed io credo che le case vecchie trattengano nei muri qualcosa della vita che hanno visto scorrere. E' una casa che mi ha fatto completamente dimenticare la precedente nonostante quella abbia accolto i principali accadimenti della mia vita (alcuni molto dolorosi ed altri molto felici). Ben arrivata nel tuo nuovo mondo, un abbraccio. Graz