martedì 4 gennaio 2011

Ignorance is a blessing

Il bello della vita è che incontrando altra gente e parlandoci uno può sempre cambiare idea. Io per esempio sono della scuola che le cattive notizie bisogna darmele sempre e comunque, così ho tempo di prepararmi.

La volta che zia Filomena è morta mentre ero in Polonia da mia nonna e intanto che aspettavano che rientrassi e cenassi e arrivasse il momento buono per dirmelo, che tanto qualcosa avevo annusato, e poi mio fratellino ha spifferato tutto senza neanche darmi il tempo di sedermi, ecco quella volta mi sono incazzata e ho imposto alla sacra famiglia di non tenermele più nascoste le cose. Devo dire che l'hanno sempre fatto.

Ci ho ripensato e mi ci ha fatto ripensare la mamma dell'amichetto davanti a scuola.

Che non so se ci avete fatto caso, noi madri ci affezioniamo di più agli amichetti le cui madri (o padri) ci stanno simpatici pure a noi e con questa mamma qui, anche se ci siamo viste giusto quel paio di volte e sempre a scuola, ci siamo simpatiche.

Per cui anche se di mio sono una cagona, avevo deciso di farmi insegnare a cateterizzare l'amichetto in questione, che per motivi a me ignoti va aiutato a far pipì ogni tre ore e questo limita molto gli appuntamenti e i pernottamenti.

Suo padre, separato ma abitano accanto con la madre, e che una volta mi ha organizzato un pernottamento nel giorno in cui era di turno la madre, me l'aveva anche spiegato:
"Guarda, lui non sente assolutamente niente, l'unica difficoltà è psicologica per noi, perché uno pensa che faccia chissà cosa, ma non è così, basta abituarsi".

Ieri quindi ci stavamo facendo gli auguri davanti alla scuola e le ho chiesto di farmi vedere alla prima occasione così mi impratichisco.

"Senti ma ti posso chiedere come mai lo dovete cateterizzare? È una cosa temporanea?'
"Ah pensavo lo sapessi, no, è nato con la spina bifida, per fortuna gli è venuta molto bassa quindi ha solo problemi per urinare, tutto il resto va benissimo".
"Mannaggia, chissà come ti sei sentita, appena partorita e ti danno una notizia del genere".
"Per fortuna me l'hanno detto solo otto ore dopo".

E lì ho ripensato alla mia regola di vita, e mi rendo conto che le brutte notizie, per carità, quasi sempre prima o poi ti toccano, ma che in certi momenti darti un po' di tempo per stare tranquilla non è poi quella cosa sbagliata.

"A lui l'abbiamo sempre detto molto apertamente, anche perché per via delle operazioni alla schiena ha un paio di cicatrici e quando fano la doccia a ginnastica si vede".
"Come li conosco quei ragazzini lì, sono sicura che le cicatrici gli sembrino una cosa eroica e da fighi".
Si mette a ridere:
"È esattamente così che gli ho detto di fare, se qualcuno gli dice qualcosa deve voltarsi e dire: ah, e io ho ho due cicatrici grandissime e tu no".

A proposito di lezioni di vita: indipendentemente da tutti i patemi che avrà avuto questa donna (mi sono appena letta su wikipedia cos'era esattamente la spina bifida e sto male io, figuriamoci) trovo bellissimo il modo che ha di tirare su questo bambino, che se non me lo diceva io mica me ne sarei mai accorta.

"In realtà con il fatto che è una vertebra bassa è andata fin troppo bene, ma con tutti gli ospedali che abbiamo visto e ti rendi conto davvero quanti bambini hanno dei problemi stigmatizzanti, impari a relativizzare".

Ecco, io pensavo di saper relativizzare, ma si può migliorare.

3 commenti:

ziacris ha detto...

Di fronte a certe situazioni, tutto diventa relativo, tutto cambia sapore e colore, niente è più importante, a tutto c'è rimedio tranne la morte e così cambia il tuo approccio con la vita sgangherata che ti circonda, dopo la vita non è più sgangherata, ma un dono prezioso a cui sorridere tutti i giorni

barbara ha detto...

Io non ho mai capito quelli che hanno bisogno che gli capiti qualcosa, per imparare a relativizzare. Basta guardarsi intorno, appena un po' al di là del proprio ombelico, e si relativizza subito, eccome se si relativizza.
Poi ogni tanto un pianterello sulle proprie piccole e grandi disgrazie si puo'anche fare, eh.

Mammamsterdam ha detto...

Relativizzare credo sia stata la scuola pedagogica di mia madre, non so quindi se sia una cosa da imparare come metodo, una questione di carattere, o appunto le sfighe che la vita ti mette davanti.

Sul guardare invece al di là del proprio ombelico sono perfettamente d'accordo, quella temo sia una malformazione innata, se penso a quanta gente uno incontra che proprio non lo fanno né pare ci riescano, neanche se messi alle strette.