mercoledì 16 novembre 2011

Come sopravvivere ai propri stagisti (diomeliconservi)

Premessa: avevo iniziato a scriverlo 2 settimane fa questo post, sono rimasta indietro.

Da Giovanna Cosenza si parla di stage e avevo iniziato con un mio commento. Il commento mi è sfuggito di mano e ne ho fatto questo post, che dedico a tutti i meravigliosi stagisti che ho avuto al mondo, ringraziandoli per quello che mi hanno insegnato e sperando lo stesso anche di loro. Poi che lo dico a fare, la maggior parte di loro sono tuttora miei amici, quindi lascerò la parola a loro, se credono.

********
Ho una piccola agenzia di traduzioni ad Amsterdam e grazie alle borse Leonardo ho potuto ospitare alcuni laureandi di scuola interpreti e università italiane. Nella mia situazione un rimborso spese di qualsiasi tipo non era proponibile, non solo per motivi finanziari (che comunque non potevo permettermi) ma soprattutto amministrativo-burocratici. Formalizzando il rimborso mi sarei accollata un lavoro che non sapevo fare, non avevo tempo e voglia di imparare e che se fatto male mi avrebbe tirato sul groppone un mare di guai.

Quello che potevo offrire era un portafoglio clienti interessante per farsi le ossa, la mia esperienza professionale, un mucchio di loving-tender-care e matritudine per studenti che avendo scelto una lingua rara, l' olandese, avevano forse più bisogno di esperienza sul campo (con i miei sottotitoli) nel Paese, e tutto il mio network che ha aiutato alcuni di loro che hanno deciso di fermarsi qui o tornarci dopo la magistrale, a trovarsi un lavoro. Ho pagato dei corsi di redazione in inglese, uso di CAT-Tools e altri training esterni rilevanti. E ho procurato dove possibile lavoretti retribuiti fuori dalla mia agenzia, perché i colleghi servono a questo.

La cosa più importante a mio avviso, e anche la differenza tra la mia e le agenzie più grandi dove lo stagista si ritrova a fare il giovane di bottega senza mai vedere da vicino una traduzione, lasciamo stare il correggerla e valutarla insieme, è l' esperienza pratica. Le scuole interpreti e di traduzione presentano spesso agli studenti un aspetto completamente irrealistico del mercato del lavoro: esistono solo le istituzioni e nulla oltre (al massimo le traduzioni letterarie, altra fucina di stage non pagati e lavoro pessimamente retribuito, ma vuoi mettere la gloria). E in nome della sacralità del lavoro presso le istituzioni si scoraggiano e terrorizzano studenti che magari hanno anche ottime capacità linguistiche, talento per il mestiere e voglia di lavorare, e che alla fine si mettono a fare la segretaria multilingue o l' account manager pur di non doversi confrontare con una cabina di traduzione senza rete.

Insegnare a uno studente quello che sta fuori dai libri, come funziona il mercato e quali sono le tariffe correnti, come farsi un tariffario e cercare committenti, quali sono i criteri di professionalità richiesti oltre ai contenuti linguistici, come fatturare e farsi pagare, aprire un conto in banca professionale, una partita IVA e una contabilità sono stati gli elementi che mi hanno detto essergli stati più utili.

Per quanto mi riguarda, avere uno o più stagisti (a un certo punto per sfighe varie ne ho avuti 3 contemporaneamente, di cui quello olandese, che stava scrivendo una tesi su Totò, tutte le mattine si sintonizzava su Radio Napoli facendocela godere a tutti. per un mese) per una ditta individuale è un lavoro. Trovargli cose da fare, correggere il loro lavoro, organizzargli i committenti esterni, tenere l'amministrazione dello stage mi sono costati molto più lavoro rispetto a farmi direttamente la traduzione nei ritagli di tempo, fatturarla e spedirlo al cliente. Però ho imparato tante cose da loro, è rinfrescante rimettersi dopo tanti anni nei panni di chi deve ancora iniziare la professione e su certi aspetti avere uno stagista è meglio di un corso di aggiornamento.

Quando è arrivato Stefano, che era il primo, io ero incinta, non avevo idea di come far fare uno stage a qualcuno, la casa che stava sopra la bottega era un disastro e dovevo ancora spostargli la postazione PC nell'ufficio sotto, per cui i primi giorni ha dovuto lavorare dalla mia camera da letto. Il primo giorno, non sapendo bene come regolarmi con un milanese, camminavo un pochino sulle uova, metti che sia berlusconiano e dico qualcosa di sbagliato. poi ci siamo messi a parlare di libri, è saltato fuori che Stefano Benni era lo scrittore preferito di entrambi (a lui il dubbio era venuto a vedere il campanello, uno dei miei figli nella vita ha un nome estremamente benniano, non ci scappi) e da lì ci siamo amati.

E siccome proprio quell' anno avevamo avviato il gruppo teatrale con Astaroth di Benni, lo abbiamo subito messo a fare il tecnico del suono, e le foto che abbiamo di lui quando alla seconda ci siamo ritrovati Benni in persona in camerino e a cena, e Stefano con l' aria di aver visto la madonna, ho avuto la tentazione di allegarla alla relazione di stage. Anni dopo mi ha ringraziata per avergli detto che a mio avviso era meglio se tornava nell'odiata Milano a fare la magistrale o qualsiasi altra alternativa sarebbe risultata complicata e lunga oltre che costosa. Tanto poi da Milano ne è sfuggito a gambe levate e se non mi sono persa delle puntate sono già altri due paesi in cui ha lavorato e vissuto.

Lo ammetto, li ho sfruttati vergognosamente: quando Dafna, la mia seconda stagista mi ha dichiarato che lei sarebbe stata altrettanto felice di tenermi i bambini quando non c' erano traduzioni, ne ho approfittato. Lei me li riprendeva dal nido mentre io cucinavo per tutti. Abbiamo ancora un suo disegno fatto con i bambini attaccato alla porta della camera di Orso, e adesso che lei il figlio se lo è fatto in proprio spero un giorno di ricambiare.

Idem dicasi per Francesca, anche lei quando mi ritrovavo incastrata con telefonate e rogne varie mi riprendeva Orso dal nido e ho saputo solo a stage ultimato che all' epoca mio figlio esaminava interessato tutti i ragni e le ragnatele per strada mentre lei aveva la fobia dei ragni. Santa subito.

Il discorso figli si è ribaltato con Martina, che invece all' epoca aveva Alice che neanche camminava e poteva pagarle il nido solo un giorno, quindi negli altri se la portava dietro e ci divertivamo tutti. Alice si è presa una cotta spaventosa per Ennio, che era tenerissima da vedere come gli agitava le braccine, ma mio figlio già allora delle donne che lo amano capiva poco e la situazione persiste tuttora. Le piccole lo adorano e lui manco se ne accorge e se qualcuno glielo dice si spaventa.

Nel tempo libero li ho messi tutti a fare i volontari per la Fondazione quelli di Astaroth nei ruoli più disparati (Edoardo a suo tempo aveva coniato i titoli di: tirapiedi, scagnozzo e Gran Ciambellone) in cui spero si siano divertiti e abbiano imparato cose. Jos all' epoca ci ha fatto una traduzione di un brano di Tondelli in olandese che ancora mi dico quanto è bella. Poi è scomparso tra Francia e Spagna pure lui.

Edoardo ci ha intrattenuti con il suo umorismo molto british, poi è scomparso e non se ne seppe più nulla, speriamo sia felice e stia bene.

Valentina non l' ho praticamente mai vista, si è rotta un piede tre giorni prima di iniziare, stava a Rotterdam dal suo ragazzo e ci siamo fatte lo stage per telefono e e-mail con traduzioni avanti e indrè. Lei e Alice, la sua amica e collega che mi ha spedito dopo, sono state le più faticose da mettere al lavoro semplicemente perchè non sapevano l' olandese e tutto il lavoro che potevano fare era in inglese, ma ci siamo divertite anche così.

Da qualche anno ho smesso perché ho cambiato l' impostazione della mia agenzia, ma nel nostro caso le borse Leonardo sono state risolutive. Alla faccia di quello che dicevano all' epoca certe colleghe, infatti, tutti i lavori retribuiti svolti dai fanciulli glieli ho rimborsati fatturandoli (e pagandoci le tasse) io e ripeto, il lavoro che ti procura gestire una persona quando in fondo non è che in quel periodo si morisse dal lavoro e che certe cose le potevo fare solo io, è uno stress di cui in questa fase della mia vita faccio volentieri a meno.

Alla fin fine hanno tutti lavori completamente diversi tra loro nei campi più disparati (la metà sempre con le traduzioni, quelli che hanno studiato olandese in Italia non ci sono più rientrati, con quelli che sono diventati traduttori free-lance continuiamo a passarci lavori e clienti reciprocamente, ecco, alla faccia di quello che ho detto sopra, se avessi le condizioni per offrirgli qualcosa di utile io uno stagista me lo riprenderei di corsa in casa. Ma c' è troppo poco lavoro per tenerli occupati full-time e allora ciccia.

3 commenti:

mariantonietta ha detto...

Un commento da ex stagista, presso una nota casa editrice.

Ho avuto un "capo" come te. Però era un uomo.

Quello che ho imparato lavorando con lui (e non solo per lui), sta fruttando ancora adesso e non solo in termini lavorativi, ma umani, di crescita personale.

Applaudendo te, ricordo con molto affetto e un'immensa stima anche lui.

Stezo ha detto...

Ciao Barbara!
Scusa se ti rispondo solo adesso ma Facebook mi aveva bloccato l'accesso per "presunto falso nome"... Vabbe', no comment...
Tornando a noi, quando ho letto il tuo post mi è venuta tanta nostalgia che quasi piango! Per me fu una cosa unica e irripetibile, soprattutto sotto il profilo umano. Nonostante l'ufficio fatiscente, la gravidanza e le mie notti accavallanti, ho imparato tanto grazie al tuo aiuto e alla tua pazienza. Spero di riuscire a tornare presto ad Amsterdam per riabbracciarti! Buone feste e un bacione alle creature!

Mammamsterdam ha detto...

Ste, fatiscente, mi fai quasi paura, disorganizzato magari si. Anche a me mancate moltissimo, si lavora diversamente adesso e non so, mi piaceva un sacco anche prima.