Da quando sono diventata madre mi rendo conto che senza saperlo, una delle cose che mi hanno segnata di più da piccola, è stato il periodo in cui, avevo tra i due e i tre anni, mio padre ha trovato lavoro a Roma e i miei sono andati a vedere se riuscivano a costruirsi un futuro per loro e per me lì.
Io sono rimasta ad Ofena con nonna e zia Filomena. A posteriori, mi rendo conto che la mancanza dei miei genitori mi ha fatto patire parecchio. Però i ricordi consci che ne ho sono ancora tra i più belli della mia infanzia, a fare la principessina in paese.
Io dormivo con zia Filomena, che era un'ex maestra, monaca di casa, zoppa e gobba e l'autorità indiscussa in famiglia. Tipo severo e di poche smancerie, ma quanto bene mi ha potuto volere, ed è stata la mia prima mentrice. Dormivo con lei nel lettone scaldato dal prete di legno con la brace, e quando alle sette di mattina lei si alzava per andare alla prima messa, mi rotolavo dal suo lato perché era più caldo.
Poi quando tornava, ci mettevamo sul tavolo della sala, l'unica stanza fornita di camino della casa, con la sua radio Grundig, e lei tirava fuori un sacchettino di lenticchie e un vassoio, e una a una le sceglieva, mentre sul tavolo, di fianco, si creava un monticello di quei piccoli sassetti calcarei che disseminano tutti i nostri campi di mezza costa, qualche pagliuzza, tutte cose che non dovevamo mangiare. Erano lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, un paesino un po' più su sulla montagna. Fino all'età adulta, non ho mai mangiato altre lenticchie che queste. Che delusione scoprire che le Blondes, così grandi e piatte e chiare, si spappolano tutte in cottura.
Una volta pulite le lenticchie venivano messe nella callara di rame tutta annerita, con uno spicchio di aglio di Sulmona, una foglia di lauro, acqua, il coperchio di legno sopra, appesa al gancio del camino, a lessare quella mezzoretta finchè non si cuocevano.
Nel frattempo zia Filomena sferruzzava alla cieca, leggendo contemporaneamente (da chi avrò imparato ad essere multi-tasking?) o raccontandomi qualche storia, mentre io giocavo o attizzavo il fuoco. È stata quella l'età in cui ho imparato ad accendere e mantenere un fuoco, ma questa è un'altra storia, che prima o poi pubblicherò.
Poi arrivava nonna, che pur di sfuggire alla sorveglianza di zia Filomena aveva sempre commissioni da fare, per noi o per altri, e dai suoi giri riportava sempre qualche ovetto fresco per farmi il rosso d'uovo.
Il regno di nonna era la cucina, fredda, ma a nonna non seccava, lei era sempre caldissima. Gli sbalzi di temperatura tra sala e resto della casa erano enormi, ma il freddo fortifica e zia Filomena mi faceva kilioni di maglioncini caldi e pesanti. Quindi potevo andare in cucina con nonna, che con un paio d'uova e tutta la farina che si tiravano (mia nonna le porzioni di sagne, la pasta fatta in casa, le ha sempre contate a uova: oggi vorrei fare un tre uova di pasta) e un pizzico di sale, impastava, pardon, ammassava, con la macchinetta Imperia tirava delle strisce di pasta un po' spessetta, più spessa di quella delle tagliatelle e ancora di più di quella dei ravioli.
È un piatto così leggero che si può mangiare tiepido o freddo in estate, ma resta anche fortemente il mio piatto invernale, quello che mi scalda e mi conforta in questo clima infame olandese che mi sono andata a cercare, e se mi ricordo di aggiungere qualche pezzetto di pelati alle lenticchie prima di calare la pasta, mi restituisce tutta la mediterraneità di cui ho bisogno per superare un altro lungo inverno.
E c'è tutta zia Filomena qui dentro: storie bibliche e piatto biblico, che la storia di Giacobbe ed Esaù e la primogenitura venduta per un piatto di lenticchie, non avevo dubbi: al posto di Esaù avrei fatto lo stesso.
Perché ho voluto regalare questa ricetta? Perché è la mia preferita, in olandese l'avrò data a destra e a manca, e poi perché nella cucina nuova ci starebbe benissimo un Kitchen Aid rosso come quello messo in palio da Sigrid.
Io sono rimasta ad Ofena con nonna e zia Filomena. A posteriori, mi rendo conto che la mancanza dei miei genitori mi ha fatto patire parecchio. Però i ricordi consci che ne ho sono ancora tra i più belli della mia infanzia, a fare la principessina in paese.
Io dormivo con zia Filomena, che era un'ex maestra, monaca di casa, zoppa e gobba e l'autorità indiscussa in famiglia. Tipo severo e di poche smancerie, ma quanto bene mi ha potuto volere, ed è stata la mia prima mentrice. Dormivo con lei nel lettone scaldato dal prete di legno con la brace, e quando alle sette di mattina lei si alzava per andare alla prima messa, mi rotolavo dal suo lato perché era più caldo.
Poi quando tornava, ci mettevamo sul tavolo della sala, l'unica stanza fornita di camino della casa, con la sua radio Grundig, e lei tirava fuori un sacchettino di lenticchie e un vassoio, e una a una le sceglieva, mentre sul tavolo, di fianco, si creava un monticello di quei piccoli sassetti calcarei che disseminano tutti i nostri campi di mezza costa, qualche pagliuzza, tutte cose che non dovevamo mangiare. Erano lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, un paesino un po' più su sulla montagna. Fino all'età adulta, non ho mai mangiato altre lenticchie che queste. Che delusione scoprire che le Blondes, così grandi e piatte e chiare, si spappolano tutte in cottura.
Una volta pulite le lenticchie venivano messe nella callara di rame tutta annerita, con uno spicchio di aglio di Sulmona, una foglia di lauro, acqua, il coperchio di legno sopra, appesa al gancio del camino, a lessare quella mezzoretta finchè non si cuocevano.
Nel frattempo zia Filomena sferruzzava alla cieca, leggendo contemporaneamente (da chi avrò imparato ad essere multi-tasking?) o raccontandomi qualche storia, mentre io giocavo o attizzavo il fuoco. È stata quella l'età in cui ho imparato ad accendere e mantenere un fuoco, ma questa è un'altra storia, che prima o poi pubblicherò.
Poi arrivava nonna, che pur di sfuggire alla sorveglianza di zia Filomena aveva sempre commissioni da fare, per noi o per altri, e dai suoi giri riportava sempre qualche ovetto fresco per farmi il rosso d'uovo.
Il regno di nonna era la cucina, fredda, ma a nonna non seccava, lei era sempre caldissima. Gli sbalzi di temperatura tra sala e resto della casa erano enormi, ma il freddo fortifica e zia Filomena mi faceva kilioni di maglioncini caldi e pesanti. Quindi potevo andare in cucina con nonna, che con un paio d'uova e tutta la farina che si tiravano (mia nonna le porzioni di sagne, la pasta fatta in casa, le ha sempre contate a uova: oggi vorrei fare un tre uova di pasta) e un pizzico di sale, impastava, pardon, ammassava, con la macchinetta Imperia tirava delle strisce di pasta un po' spessetta, più spessa di quella delle tagliatelle e ancora di più di quella dei ravioli.
Per le sagnette da minestra bastano due uova piccoline, o tre di quelle delle gallinelle mignon di zia Vittoria.
Io potevo girare la manovella, e se mi stancavo, nonna mi aiutava. Poi si tagliava la pasta in taglierini corti un terzo di striscia di pasta e larghi un paio di millimetri (tanto erano tutti irregolari). I taglierini si mettevano su un vassoio e si portavano in sala, si gettavano direttamente nella callara con le lenticchie lesse, si aggiustava di sale, e si servivano direttamente, condendo con un filo di olio a crudo dei nostri olivi.
È questo quello che chiamiamo imprinting? Le lenticchie ancora oggi, ma in particolare sagne e n'dicchie restano il mio piatto preferito. Le sagne, fatte con la farina normale, quindi di grano tenero, per via dello spessore e della cottura breve devono sentirsi bene sotto i denti. C'è chi le ama più brodose, ma a me vanno date quasi asciutte.È un piatto così leggero che si può mangiare tiepido o freddo in estate, ma resta anche fortemente il mio piatto invernale, quello che mi scalda e mi conforta in questo clima infame olandese che mi sono andata a cercare, e se mi ricordo di aggiungere qualche pezzetto di pelati alle lenticchie prima di calare la pasta, mi restituisce tutta la mediterraneità di cui ho bisogno per superare un altro lungo inverno.
E c'è tutta zia Filomena qui dentro: storie bibliche e piatto biblico, che la storia di Giacobbe ed Esaù e la primogenitura venduta per un piatto di lenticchie, non avevo dubbi: al posto di Esaù avrei fatto lo stesso.
Perché ho voluto regalare questa ricetta? Perché è la mia preferita, in olandese l'avrò data a destra e a manca, e poi perché nella cucina nuova ci starebbe benissimo un Kitchen Aid rosso come quello messo in palio da Sigrid.
E a Santo Stefano ci sono sempre andata con piacere, ma negli ultimi anni ancora di più perché ho conosciuto Daniel, Giovanni e il loro lavoro che mi entusiasma (e poi per i bonazzi con l'accento milanese ho sempre avuto un debole). Direi che ci potete andare anche voi.
4 commenti:
Ciao Mammamsterdam :) Scrivo qui perche' non so come contattarti (ho letto che tanto i commenti li devi approvare prima...) Sto leggendo un giornale "Oggi" di questa settimana e ho trovato un articolo dove si parlava di bambini e mamme che si aiutano in rete e c'e' una parte dedicata alle mamme in trasferta e ci sei anche tu, con l'indirizzo del tuo blog :) Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere saperlo...se ti interessa, fammi sapere che ti scannerizzo la pagina :) Un bacio e buonanotte!
ciao, sostituite le lenticchie con i fagioli della vandra e zia filomena con nonno antonio, hai descritto la mia infanzia. la mia nonnina è viva e a 82 anni fa ancora sagne e fagioli con la sua imperia (non quella vecchia, mandata in pensione qualche anno fa, ma una nuova e identica alla vecchia). quando ritornerò a casa dopo gi esami me ne farò fare sicuramente un bel piatto!
p.s. anche nonna misura tutte le ricette con le uova e la farina... quella che prende!
ciao non conosci la zona dei miei fagioli perchè sono molisana e la vandra è un fiumiciattolo in rpvincia di isernia che passa per il mio paesello.
forse hai raione siamo cugine di legumi!
ciao ciao
...che bella storia barbara e che bei ricordi..io invece ricordo di mia nonna il suo negozio di fiori e come per te le lenticchie i fiori sono rimasti imprigionati nella mia anima...
un bacio grande e grazie per tanta poesia
roberta
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