Che a me l'idea di far passare un compleanno senza fare una festa fa davvero soffrire, che la vita è breve, e anche se le feste si fanno benissimo senza scuse, quando poi la scusa ce l'hai e buona, è un peccato lasciar perdere. Ma stavolta ho lasciato perdere in blocco la festa per Ennio, che già gli ho organizzato la festa con 7 bambini grandi come lui a fare un quadro con la maestra di pittura dove ha fatto il corso lo scorso anno, e chiaramente volevo fare una torta con the a casa per gli amichetti piccoli, quelli i cui genitori stanno simpatici pure a me.
Ma per fortuna ho lasciato perdere. Abbiamo festeggiato in famiglia, all'ultimo momento anche i nonni hanno lasciato perdere.
Allora stamattina è ricominciato il corso di pittura, che di fronte la nostra isola c'è un vecchio magazzino portuale riadattato ad atelier, e in questi atelier ci lavorano un sacco di creativi, alcuni ci pure abitano e c'è Marianne Wagemaker che organizza questi bei corsi, vorrei farne uno anch'io a volte. E abbiamo scoperto stamattina che al corso ci vengono altri due bambini che Ennio conosce ed erano tutti contenti di ciò.
Poi siamo andati a prenderli con i loro sbaffi di colore addosso, siamo saliti sul tram 25 che ci porta dritti al mercato, siamo entrati nel mercato preferito di mamma, che è l'Albert Cuyp, siamo entrati nel negozio di giocattoli di legno, che di solito c'è una signora quasi anziana tanto caruccia, oggi invece ce n'era una che si seccava se i bambini prendevano in mano le cose o facevano rumore o ci mettevano tempo a decidersi, e faceva tactactac con una monetina sul bancone, che sembrava il mio vecchio prof di latino, Mario Montebello, che anche lui faceva tactactac con la fede mentre noi facevamo le versioni alla lavagna, ma lui era in fondo un sant'uomo. Che pure il capo ha pensato tra sé e se', ma se ti scocciano tanto i bambini, proprio un negozio di giocattoli dovevi aprire, ma lui non sapeva che di solito c'è la signora caruccia e non questa qui che davvero non so da dove è uscita.
E poi siamo andati al Bazar a pranzare. A me il Bazar piace tanto e ultimamente l'ho proprio scoperto come posto ideale per andarci con i bambini. Che una va al mercato trascinandosi una o più belve che non sempre hanno voglia di assecondare, e spesso piove e tu ti trascini belva e acquisti per questo mercato lunghissimo, e anche se ci sono tanti localini carini tu ne vorresti uno dove rilassarti in compagnia dela belva, che se non ti stressi tu e non stressi lui a forza di dire, siediti, non toccare, non dare fastidio alla signora, mangia, allora è proprio bello portarsi i bambini al mercato, che poi passiamo davanti al girarrosto dei polli, e loro si fermano a gardare, ed Ennio oggi non voleva andarsene e diceva con aria rapita "aspetta un attimo, voglio solo annusare" facendo sorridere tutta la fila dal pollaiolo specializzato in selvaggina e carni anomale, e poi mentre ci allontanavamo diceva: "Mamma, che profumo buonissimo" mentre io pensavo che di uno di quei polli lì ho ancora tutte le parti molli in casa, che l'abbiamo comprato ieri perché l'ha visto Orso, ma proprio tu, quoque fili mi, ti sei rifiutato di assaggiarlo, e io e Orso ce lo siamo disossati e sgranocchiati, che a lui una zampa da rosicchiare piace da quando aveva 10 mesi.
Però dicevo del Bazar. Il Bazar una volta deve essere stato una chiesa o una sinagoga, non uno di questi locali micro che ci sono ad Amsterdam, 5 tavolini e un bancone, che arrivi dal mercato e non sai dove mettere le buste, ma bello grosso, con una balconata di sopra, una parete di fondo tutta ricoperta di bellissime piastrelle e un montacarichi postmoderno con tutti pannelli di plexiglas colorato che è il miglior amico di Orso, che sale sempre sopra a farsi un giretto e a salutarlo. E sotto, un po' in disparte vicino alla cucina di sotto, che c'è né una anche sopra, un angolino con 5 tavolini, un TV messa sui cartoni e una cassa piena di giocattoli. Che io posso sedermi con calma, ordinare qualcosina che mi ispira, dare persino appuntamento alle amiche e poi ritemprata recuperare figli e acquisti e andarcene verso il tram 25 che ci porta vicino casa.
Prima di farci il Bazar, lì c'era il South Miami Plaza,, ma sto parlando del 1994, che vendeva musica, poi ci hanno fatto il caffé dell'Angelo, ma non è durato molto, e adesso Bazar, che originariamente era nato a Rotterdam, e lì c'è ancora, ma l'unica volta che ci abbiamo mangiato che al film Festival davano un corto ui abbiamo partecipato in svariati modi tutti noi Quelli di Astaroth, ma il Bazar Rotterdam non era grnaché, sono diventati famosissimi e se la tirano.
Il Bazar di qui invece è molto carino, sta aperto fino a tardi che è la nostra unica salvezza senza prenotazioni per il dopo teatro, teatro quando ne facciamo noi, intendo, che il nostro stabile è lì dietro, ma in genere tra mettere a posto, rivestirci e cagarci un minimo i fan, facciamo sempre le 11:30, con una fame boia e non sappiamo mai dove andare, a meno di non aver prenotato dall'assiro, che oltre a essere gentile e simpatico ha questi figli e nipoti bonazzi. Però a furia di andarci ho notato che anche al Bazar lavorano un sacco di bonazzi dall'aria mediorientale, o come si dice politicorrecticalmente qui ogni volta che c'è qualche schifìo a opera di Marocchini e co, "Il sospettato aveva un aspetto mediterraneo".
Oggi quindi, compleanno di Ennio al Bazar con cartoni, bonazzi, cosine buone, featuring papà, courtesy of himself.
Poi alla fine i mostri si sono mangiati una mezza scrippella al miele e frutta in due, gli spiedini di pollo li hanno assaggiati ma ho potuto finirmeli io, tanto buon pane, mentre noi ci godevamo taboulè, falafel e un' insalata iraniana di yogurt e spinaci, una specie di zaziki. Io ho preso la mia solita minestra tunisina al pesce, l'unica cosa, decorata con uno spettacolare gamberone di fiume che dal sapore era di quelli comprati lessati e congelati e che non sanno di nulla. Un ulteriore giretto in centro per un paio di commissioni, poi, con orario di scadenza raggiunto in cui i mostri litigavano, rognavno, si buttavano per terra, siamo risaliti sul 25 e siamo tornati a casa.
E adesso vado ad assemblare la torta, che forse passano gli amici preferiti per mangiarla insieme.
5 commenti:
"Il Bazar una volta deve essere stato una chiesa o una sinagoga"
Il padre del mio moroso ha sempre avuto/gestito supermercati. Alcuni anni fa, credo fosse a Driebergen, ne aveva uno realizzato dentro ad una chiesa. Una vera vecchia chiesa, con tanto di lastre tombali (sai quelle di marmo con scritto in idiomi incomprensibili che pinco pallino giace qui più o meno lieto di giacerci) appiccicate ai muri perimetrali e lastrone di marmo istoriato giusto davanti al portale di ingresso. Debbo dire che non sono mai riuscita a decidere se la dissacrazione era più buffa o sconcertante. "Dling dlong nel banco a fianco all'altar maggiore trovate l'offerta della settimana, il tre per due invece si trova nell'acquasantiera alla vostra destra dling dlong" - Ciao,graz
mi piacciono tanto el tue descrizioni....sembra tutto così esotico...anch'io sognavo un futuro lontano, all'estero, ma ho trovato un coinquilino profondamente legato alle sue radici che, lavorando a 15 km di casa, già si sente un po' troppo lontano....vabbè....
buona domenica
billo
billo, ma sai che proprio ieri mentre rientravamo sul 25 mi si era scatenata una riflessione sul fatto che il quotidiano dell'uno è l'esotico dell'altro, giusto mentre mi chiedevo che valore aggiunto potessero avere le mie cronache di madre che lavora.
Ecco, grazie per avermelo detto, proprio al momento giusto (che a me piace invece così tanto leggere del bimbillo).
Auguri ad Ennio, in ogni caso, e anche alla sua mamma (che tot anni fa non se la stava davvero spassando), al suo papà (che tot anni fa + 9 mesi se la stava spassando con la mamma), al fratellino Orso e a tutti i vicini, i parenti sparsi per il mondo, i colleghi di mamma e papà, i loro amici e conoscenti...
Ehhh, mò, i vicini lasciali stare. Comunque rettifico, io i miei parti me li ricordo come una gran figata, anche se il testimone oculare sostiene il contrario. A me sembra di averne un così bel ricordo, ricomincerei domani, guarda. E certamente dopo quello di Orso, ricordo che trenta secondi dopo ho pensato: ma se ci potessi mettere la firma che è sempre così, io ne faccio minimo altri tre. Vabbé, son cose che si dicono, per dire, il problema nn è il parto, è il dopo.
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