Sono due giorni che vado leggendo in qualsiasi ritaglio di tempo il libro Tutta un'altra vita di Lucia Giovannini, l'amica e collega della mia coach Betta e ci ritrovo tante cose. Del libro parlerò più in dettaglio quando l'avrò finito e riletto un paio di volte, ma già ora mi è utilissimo.
Mi è utilissimo perché mi ricorda un sacco delle cose che ho imparato su me stessa facendo respirazione con Betta e un corso di crescita personale, che non rifarei, sicuramente non con quell'organizzazione, ma che mi è stato molto utile per smuovere il culo quando ero incinta di Orso. Semmai me ne vado con il capo in Thailandia a fare il corso con Lucia e Nicola e strafocarci di pesce, una cosa che ho nel cassetto da un paio d'anni.
Questo libro è fondamentalmente un corso sul cambiamento. Sul cambiamento che anche se non ci piace, ne abbiamo paura e ci mettiamo a testa in giù pur di non ammettere che i meccanismi difensivi che abbiamo sviluppato in una vita, non solo non ci servono più, ma ci stanno enormemente fra i piedi senza neanche che ce ne accorgiamo.
Molte della cose che ho letto ho potuto facilmente ricondurle sia a piccoli cambiamenti che negli anni sono riuscita a introdurre nella mia vita, nel rapporto con gli altri e nel modo che ho nell'affrontare le cose, sia a tutto il periodo di riepensamento su sé stesso e la vita su cui da qualche mese il capo si interroga, senza ancora fare delle mosse definitive per venirne fuori.
Io non credo che leggere un libro del genere, per quanto scritto bene, che ti parla ecc. riesca a smuoverti, se sei in una fase di cambiamento. Tuttalpiù può stimolarti delle riflessioni, convincerti a farti delle domande in modo ragionato ed eventualmente portarti a chiederti che visto che evidentemente ci sono persone che con fatica e tempo riescono a modificare dei meccanismi frusti, in genere comunque stimolati dal fatto che non ce la fanno più ad andare avanti come vanno, magari potresti riuscirci anche tu.
Il che mi riporta al fatto che una cosa è capire dove ti affossi, vederne i meccanismi, capire da quale piccolo episodio sono stati generati (i cosidetti aha-erlebnis, ovvero il momento di introspezione in cui ti fai aha, ecco perché mi infogno sempre in questa tale reazione, ecco perché mi incazzo sempre su questa cosa, ecco perché se mi liberassi del tale meccanismo vivrei meglio).
Ma una cosa molto più difficile, e che a volte dura anni, è abbandonare questi atteggiamenti limitanti che vedi, riconosci, nomini, ma che, miseriaccia, ti si ripropongono di continuo. Eccheddiamine.
Ecco, secondo me il capo si è fatto, anche parlando insieme e con i miei contributi su come io lo vedo da fuori, una gran bell'analisi delle cose che lo frustrano, dei meccanismi in cui ricade sempre, e persino del fatto - anche se secondo me su questa si deve convincere un po' meglio - che in realtà lui si giudica troppo severamente e a guardare oggettivamente come funziona, nel lavoro e a casa, persino nei periodi in cui lui è convinto di sbattersi senza arrivare da nessuna parte, in realtà così male non va, ma ancora non ne viene fuori.
Non fa il passo successivo, quello di trovarsi qualcuno che lo aiuti a realizzare le diverse condizioni in cui vorrebbe vivere e lavorare. E nel frattempo si disamora, si deprime e non se ne esce.
Per quanto riguarda i miei buoni propositi per il nuovo anno, io sto a metà. Mi sono fatta una bella chiacchierata a cuore aperto con mia suocera, chiedendole per favore, anche se ha mille ragioni, di piantarla di battere il chiodo sul fatto che siamo sovrappeso e moriremo d'infarto entro i 40 anni, che ormai ne abbiamo 41 e non è che questa pressione che lei ci mette addosso rientrando in argomento tutte le volte e in tutti i modi che può, ci motivi.
E che ho già deciso da un paio d'anni di riprendermi in mano l'amministrazione del mio lavoro, in modo da togliere un peso che influisce sul tempo libero del figlio, che ho cominciato a farlo per il 2009 ma che finché non facciamo le dichiarazioni dei redditi vecchie, che ha in mano tutto lui, e finché non molla i pagamenti, non se ne viene fuori.
Cioè, io lavoro come una pazza senza mai sapere se lo faccio in profitto, in perdita e a che punto sono esattamente, se le persone che contratto io vengono pagate in tempo (che poi le cazziate per i ritardi me le becco tutte io e la cosa mi stressa oltre ogni dire) e soprattutto se mi pagano in tempo.
Quest'anno per la prima volta mi sono detta: adesso prendo in mano gli insolventi e gli faccio il culo. Prima era un confronto che volevo evitare, che in fondo i soldi non sono mica il motivo per cui mi sbatto. La mia motivazione è fare cose che mi piacciano. Si, bello, ma c'è un limite a tutto, che di cose che mi piacciono ce ne sarebbero.
Che anche sul fatto che pecunia non olet e che non c'è niente di male a guadagnare quello che ti meriti, l'amico spirituale Peter mi ha messo un gran bel libro in mano, che da anni non riesco a finire e mi perdo di continuo. Che evidentemente è un tasto su cui devo lavorare meglio, ma non è il libro che me lo fa fare.
Insomma, un paio di passi quest'anno li ho intrapresi e adesso devo portarli avanti, comprandomi un programma per l'amministrazione spicciola, che sono anni che lo dico, finalmente l'anno scorso sembrava inevitabile, che si era arrivati all'accordo di metter tutto in mano a un ufficio di persone che conoscevamo e che presupponeva il possesso di un programma, ma il capo, a decisione presa, è riuscito talmente a procrastinare la cosa che quando 8 mesi dopo gli ho detto "noi saremmo pronti, quando cominciamo", loro ormai da tempo ci avevano dimenticati ed erano strapieni.
Cosa che io ovviamente ho preso come un rifiuto personale, anche se sono già un po' di annetti che lavoro su questo. che uno dei MIEI pensieri limitanti è proprio qiuesto e mi ci è voluto il corso weekend americanoidizzato per renderme ben conto e passarci un pochino sopra.
Per quanto mi riguarda, io devo risolvere questa cosa della monetizzazione del mio lavoro. E lui deve decidersi a risolversi praticamente un paio dei suoi schemi che lo limitano, e poi decidere cosa davvero vuole fare nella vita. Che poi decida di licenziarsi o meno, di mettersi in proprio o meno, di continuare a fare il suo lavoro, o mettersi ad allevare con successo libellule canterine fluorescenti e diventare ricco e felice perché questo è ciò che il suo cuore ha sempre voluto, a me sta benissimo, basta che se ne esce, che non se ne può più.
Ma lui è uno di quei testoni pseudorazionali e secondo me ci deve sbattere ancora un pochino, prima di darsi una mossa e capire, che nel frattempo io ho deciso di diventare più autonoma da lui per quanto riguarda le decisioni che mi riguardano, se lui rimanda troppo per i miei gusti.
Solo la comunicazione interna va affinata, che stasera abbiamo appena scoperto di aver affittato due macchine per lo stesso soggiorno in Italia, cosa che avrebbe dovuto far lui, ma che siccome mi andava per le lunghe, ho fatto io e mi sono scordata di dirglielo. Tanto lui le cose non le fa mai nei tempi in cui io vorrei, vero?
Che tutte le volte che ho insistito per fare cose che lui non voleva, ha fatto di tutto per sabotarle e tenersi il trauma per anni. Come la volta che ho comprato il mio primo fax di seconda mano. È andato lui a prenderlo, funzionava perfettamente a casa del tipo, ma lui era talmente convinto che non ci servisse e gli stava talmebnte sulle scatole il fatto di aver ceduto, che è riuscito a scassarlo per strada (mia lettura del fatto) e non siamo mai riusciti ad usarlo.
Il fatto che quando l'ho dato a mio fratello, con una mini riparazione da due soldi lui sia riuscito ad aggiustarlo e lo ha usato per anni con piacere, ovviamente non conta. Questo trauma del fax lo ha tirato fuori due giorni fa quando a forza di incazzature si è deciso a pagare la libreria di seconda mano che ero andata a visionare a Franeker. Convinto che sarà una fregatura.
Alla faccia del pensiero limitante, questa volta, la dura strada della consapevolezza di sé mi ha fregata. Chissà quanti anni ancora me lo rinfaccerà. Se glielo permetto.
Che una delle cose che mi ha ricordato Lucia nel libro oggi, è che noi ci stressiamo per gli altri perché glielo permettiamo.
E siccome nell'ultimo paio d'anni ho tagliato con enorme soddisfazione e maggiore pace mentale dei rami secchi che avevo tenuto troppo a lungo, ben venga l'overbooking come metafora di quello che va riaggiustato nelle comunicazioni interne di casa Diga. Che certe volte non mi sembra di vivere insieme, ma uno accanto all'altro indipendentemente ma tagliandoci le gambe, e il 2009 mi sembra una buona annata per darci un taglio.
Insomma, domani mi tocca scoprire se riesco a disdire uno dei due. E se decide di rompermi su questo, forse è meglio che se ne sta a casa e non viene con noi in Italia, anche se proprio oggi ho deciso che non andiamo a trovare nessuno, ma ci prendiamo quel weekend che lui viene con noi come momento in famiglia nella nostra bella casa gelida di montagna, tutti abbracciati davanti al caminetto per non assiderare.
12 commenti:
Ecco...la consapevolezza del sè può andare...è la consapevolezza del me che non va ;)
Baol, così non l'avevo mai guardata. Adesso ci rpovo con il me.
mi piace molto la frase sul "rendersi autonoma per le cose che ti riguardano" senza dipendere a tutti i costi da qualcun altro...
per anni io ho fatto le cose, (soprattutto organizzato gite e vacanze), affannandomi: "sarà contento il Regista?" "verrà a scegliere questo mobile?" "sarà d'accordo su questi lavori?"
ultimamente mi sembra più utile informarlo e poi procedere: intanto sono contenta io e se lui vuole votare contro, deve dirlo forte e chiaro. le cose vanno molto meglio.
quanto al lavorare in perdita o no... eheheh anche noi siam sempre lì, perché... quelli che non lo pagano, le fatture già uscite, su cui si deve dare comunque iva e tasse nei tempi giusti; i lavori fatti 'per la causa'; il tre per due come nei discount! io chiamo la sua impresa "L'opera pia V." e non si sa bene come faccia a restare a galla. per ora sta.
un abbraccio ;-))
ehm... titolo e autori dei libri citati? (se non sono in olandese, naturalmente)
brava! davvero!!
(e voglio anch'io il titolo)
una domanda a latere.
Capisco benissimo che uno non voglia mettere i nomi veri, ma scrivere nei blog "il capo", "il regista" come MAQ qui sopra, non vi cambia un po' la percezione della persona in questione? (ops la rima)
Tempo fa ho avuto una storia lunghissima che poi finì male, ovviamente per varie e complicate ragioni, ma poi mi sono chiesta se non avesse contribuito anche il fatto che nel mio diario il tipo in questione lo chiamavo semplicemente D.
(Ora faccio ben attenzione, scrivendo, a non chiamare mio marito con abbreviazioni ad hoc...)
luisa
sono sbalordita. man mano che leggevo pensavo: questa è la mia situazione, pari pari, a parte che noi siamo già in proprio ma è cmq una situazione che ci sta stretta, nn è quello che volevamo abbiamo ereditato ( che poi il concetto di eredità riporta a gratis invec noi ce la siamo pagata tutta, anzi stiamo ancora pagando) e così la situazione è la stessa, è un po' come essere dipendenti di noi stessi ma è difficile da spiegare.
devo rileggerlo con calma a casa questo post, anzi adesso me lo stampo.
grazie
Ussignur ... ma mi leggi nel pensiero??? Consapevolezza di sè ... al presente mi sento come un gomitolo dopo che ci ha giocato il gatto.
Ref.: "ultimamente mi sembra più utile informarlo e poi procedere" strada che percorro ormai da anni. Il risultato? 'Procedo' = faccio tutto io. O giù di lì.
Ok, il mio personale olandese è un caso limite, un esempio per tutti? tentai per un'eternità di coinvolgerlo sull'amministrazione familiare e visto che non ottenevo risultato alcuno decisi che me ne sarei disinteressata. Lo informai e così feci. Risultato? risparmi brasati e 10k€ in rosso!! /graz
Il titolo e l'autrice, cocche belle, sta nel primo paragrafo: "tutta un'altra vita", dilucia Giovannini, ed. Sperling e Kupfer (io comincio a fare le domande a trabocchetto per vedere se state attente).
I titoli ai mariti: per quanto ne so il marito di MAQ fa davvero il regista, il mio invece è l'uomo meno macho che conosco, praticamente una madre, mi lascia quindi tonnellate di libertà condizionata, solo che poi per motivi che illustrerò nel post che segue, mi tocca sempre aspettare lui per decidere, quindi il capo gli tocca come contentino.
Per il resto rimando a oggi. ('azz e invece di finire l'amministrazione che il capo crede ci stia lavorando dalla settimana scorsa adesso faccio un post, quello mi ammazza).
E' duro accettare i nostri limiti, perchè la consapevolezza di noi vuol dire arrivare a capire i limiti che abbiamo
Si ziaCris, ma il bello è anche che poi li possiamo superare perché dipende solo ed esclusivamente da noi. Certo, è spaventoso o difficile, ma arriv SEMPRE UN MOMENTO CHE VIVERE CON I LIMITI NON SI PUÒ PIÙ, O TI AMMALI.
Ci hai messo talmente tante cose, in questo post, che mi sono persa ;)
Il rendermi autonoma per le decisioni che mi riguardano ok. In realtà ho sempre avuto il problema opposto, un po' più di sostegno nelle scelte non avrebbe guastato, che a volte l'eccesso di rispetto delle decisioni altrui può essere faticoso come l'eccessiva intromissione.
La consapevolezza di sè..oh, bè. Quella è venuta un po' con l'età. Non so se è rassegnazione (al fatto che ormai s'è capito che tante cose non potrò più farle) oppure solo faccia tosta. Andrebbe verificata davvero cambiando lavoro, paese, vita ;)
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