martedì 20 maggio 2008

Sommeliers, radio e tenere a bada i batavi

Dove sono stata l'ultimo paio di giorni, lo spiega molto meglio lui, Andrea Gori, il sommelier informatico che ieri e oggi ci ha tenuto le prime lezioni del corso di secondo livello per diventare sommelier dell'AIS (www.sommelier.it).

Potete leggervelo sul suo blog di oggi:
http://vinodaburde.simplicissimus.it/2008/05/20/amsterdam_per_lavoro5_mosche_nuove_frontiere_trappiste_olandesi_locali_20_e_schiopetto/

che a parte le cene nei locali di lusso, c'ero anch'io. Nei ritagli di tempo mandavo avanti famiglia e ufficio.

Insomma, ho cominciato il corso di secondo livello del corso da sommelier, per il quale interpreto pure, una combinazione mai provata precedentemente, e noto che i neuroni perdono i colpi (e no, non è l'alcol ingurgitato, che noi sommelier sputiamo elegantemente nel secchio). Poi il penultimo vino di oggi puzzava e mi ha veramente disgustata (no, non sono neanche incinta).

Il corso è interessantissimo, magari ci si può chiedere come mai una che è rimasta astemia fino a oltre i trent'anni e con marito completamente astemio a partire dai venti, ecco, come mai a una così diversamente beona, per non dire handicappata nel coté alcolico, le viene in mente di fare il corso da sommelier.

Appunto. Io di vino arrivo massimo a capire se sono molto buoni o molto cattivi, ma tutte le sfumature intermedie me le debbono spiegare. E per essere una che scrive professionalmente di cucina, mi sembrava un buco un po' troppo grosso. Una lacuna che ho deciso di colmare, nel momento in cui mi hanno chiesto di fare da interprete per il corso.

Stasera in più avevo radio, e la mia commare di malefatte, Marina, aveva un'intervista con, guarda caso, un produttore di Barolo che lei è andata a stanare nel suo territorio la settimana scorsa. La cosa di cui mi sento più orgogliosa di questa trasmissione è che Gilberto, il nostro tecnico, stasera ci ha dato buca (e il suo numero non è raggiungibile, non so se preoccuparm, è così poco da lui). Insomma, mi sono messa alla bruttodio dietro la consolle, a pigiar tastini e tirare su e giù cursori, e, miracolo, siamo andati in onda. Il corso di tencica di tanti anni fa, mai messo in pratica, evidentemente mi è restato impresso. Spero avvenga lo stesso all'esame da sommelier.

Questo corso da sommelier, metà dei partecipanti italiani e metà olandesi, è una gran scuola di interculturalità. Mi conferma che i Batavi vanno frustati. Con gli italiani invece ancora non so, uno mi sfotte per partito preso dal primo giorno, e io che oltre a essere ingenua come la Vispa Teresa pratico il dubbio metodologico, ogni volta ci casco, penso dica sul serio e cerco di argomentare le mie ragioni. Faccia di tolla.

Oggi ho dovute mettere in riga i Batavi un paio di volte. Premesso che dal livello uno li ho informati che per ragioni di tempo e condizioni difficili di lavoro era meglio se
1) tutti i batavohablantes mi si sedevano vicino
2) tutti, nessuno escluso, prima di fare domande dovevano aspettare di farmi tradurre, sennò mi scordo
3) nella seconda metà della lezione mi devono svegliare se mi appisolo invece di tradurre
4) tengano presente che io pratico le ossidoriduzioni: ripeto in modo conciso quello che ha detto l'insegnante, senza ripetere alla lettere le circolarità, ripetizioni, scambi con gli italohablantes che non aggiungono informazioni extra e quant'altro io reputi inutile. Invece aggiungo e ripeto tutto quello che mi sembra vada ampliato ad uso degli olandesi, in caso gli italici parlino di cose che per loro sono scontate, ma non necessariamente lo sono per la controparte.

Succede che al questionario del livello 1 qualcuno si lamenti per la traduzione, dicendo che non traducevo tutto e che facevo troppo in fretta. Guarda caso, detto da quelli che mi si sedevano il più lontano possibile e passavano il tempo a raccontarsi i fatti loro.

Ho ribadito prima della lezione i punti da 1 a 4. Poi oggi mi sono beccata un applauso, quando verso la fine, tutti erano cotti, parlavano dei fatti loro e non ascoltavano né me né Andrea. Normalmente smetterei di parlare in attesa che qualcuno lo noti (ma de ché, lo so, però mi riposo), stavolta invece li ho ripresi:

"Cocchi belli, io e Andrea ci stiamo sgolando a parlare, ma se nessuno ci si fila sono poi fatti vostri. Io non ripeto".

Sono tornati attenti e si sono scusati.

Poi a un certo punto, mi ero saltata qualcosa che un altro tizio invece aveva capito, e visto che era tardi gli ho chiesto se non facevamo prima se lo diceva lui in olandese, invece di perder tempo a farmelo rispiegare io da Andrea e poi tradurlo.

"No, non sono io che sono pagato per tradurre". Sono fatti così. Io anni fa ci avrei patito.

A quel punto qualcun altro ha fatto la battuta per cui io non pagherei il corso.

"Sentite, chiariamo una cosa, io il corso lo sto pagando come tutti, in più non ho tempo di fare le mie domande e il test di primo livello l'ho fatto peggio di tutti che non riesco a concentrarmi se traduco. Quindi a conti fatti ci sto rimettendo, quindi non mi scocciate".

A quel punto si sono sentiti una serie di commenti imbarazzati diretti al nulla:

"Si, ma ha ragione, no è davvero ridicolo, ma come si fa..."

Anche qui, anni fa non avrei risposto e mi sarei magari offesa, adesso mi rendo conto che rispondere a muso duro e non farne cadere neanche una è il modo per farsi rispettare dai batavi. E riuscirci al termine di una duegiorni di traduzioni etiliche, vuol dire che questi meccanismi ormai li ho interiorizzati al punto di farmeli diventare automatici.

Aiuto, forse mi sono batavizzata anch'io.

3 commenti:

Roberta Filava ha detto...

sei un'eclettica simpatica..brava fatti rispettare italianamente parlando!
roberta

Burde.it ha detto...

a me sono parsi un filino più educati rispetto all'altra lezione, direi che però non è dai batavi ma delle persone in genere che se metti le cose in chiaro e rispondi duro quando serve poi si mettono in riga!
brava cmq...e il nus malvoise con che vitigno si fa???

Mammamsterdam ha detto...

Aiuto, ma tu certe domande me le fai di prima mattina? Allora: NON è la Malvasia, e questo per fortuna lo so. È quel vitigno con il nome francese: petit rouge? petit pois? mon petit chou? Oddio, osa gli dico all'esame.