martedì 30 giugno 2009

Piccoli gnorpoli crescono

"Ma quanto è cresciuto Ennio, dopo l'estate cosa fa, va al gruppo 6" mi fa Rute, una delle mamme volontarie con cui per un annetto ho fatto la sorveglianza a ora di pranzo.

"No, al 4". Però ha ragione, me lo guardo sempre, questo mio figlio bellissimo e fragile e mi dico che adesso, fatta salve l'eventuale acne, so esattamente come sarà fra 10 anni.

Perché negli ultimi mesi non solo è cresciuto, ha perso tutte le caratteristiche da bambino. È forte, dinoccolato, fa le gare a chi ha il bicipite più duro e mi sembra abbia davvero imparato a contrarlo. Signore benedetto, ha persino degli addominali, quando sta a testa in giù sulla sbarra con la maglietta ala diotifulmini. È un bonazzo mio figlio, da chi avrà preso non lo so.

"Dal postino, chi altro" fa il capo laconico.
Lo guardo camminare tutta intenerita "Guardalo come sculetta carino". Tutto suo padre.

Però siamo arrivati alla fine dell'anno scolastico e anche Ennio è stanco. Da un paio di settimane piange di continuo. E questo, o quest'altro, o non lo ascolto con la dovuta attenzione, o lo interrompo, e la sera ha paura a dormire da solo e va da Orso. magari lo sveglia o fanno caisno. Io urlo e lui si secca che urlo e me lo dice.

Parla ininterrottamente, si intromette in tutte le conversazioni, specie quelle in cui cerchiamo di fare qualcosa con Orso. Tipo ieri, che per il libro d'addio che stanno facendo per la maestra che se ne va, doveva rispondere a delle domande e disegnarla e a quel punto io ho trascinato via Ennio, che si intrometteva e cambiava le risposte di Orso, che già non era propenso a darne e poi cominicavano a litigare su certe risposte, dio mio, quanto si impiccia questo figlio.

Si impiccia, ovviamente, perché ha la sindrome da figlio maggiore, proteggere e punire e lo fa così tanto che adesso anche suo fratello si è ribellato ed Ennio deve ancora capire bene quest'autonomia. Parla tanto, ma ti sa dire benissimo quello che lo secca e gli piace o lo entusiasma, le sue emozioni sono un libro aperto ed esplicito, tanto ce lo dice lui.

Però qualunque risveglio faticoso o paturnia del mattino, svanisce come neve al sole se appena appena si ricorda cosa lo aspetta a scuola:

"Nooo, mamma, sono troppo stancooo... però oggi la maestra ci fa fare i calcoli, che bello, che bello, mamma io so fare tanti calcoli e tu che calcoli sai fare?" e zompa giù dal letto incontro alla giornata. (Gli piace fare i calcoli. Adora fare calcoli. Decisamente non è figlio mio).

"Basta dargli una pila di compiti e non lo senti più fino a che non ha finito", dice la maestra, ed entrambe sappiamo quanto sia difficile farlo stare zitto, quanto non riesca a non fare la diva, il clown, quello che deve stare al centro dell'attenzione perché se non ti guardano non esisti e se non esiti per gli altri..... aiutoooooo.

Figlio mio, sei una diva, sei enormemente competitivo, e il bello è che sotto pressione lavori benissimo, non ti fai per niente imbarazzare dal tempo che scorre o dalla difficoltà del compito. Sei enormemente timido e se ti offendi va subito in lacrime.

Cosa ti ho fatto perché tu sia così fragile? Cosa posso fare per farti sentire abbastanza amato, abbastanza sicuro, abbastanza sufficiente a te stesso? A non dipendere dal gruppo, dagli amici, dall'approvazione della folla? Mica mi vuoi diventare come quello lì, no?

Poi penso che a te il rialzo nelle scarpe è l'ultima cosa che ti serve. Allora no, come quello lì non mi diventi e mi tranquillizzo.

Sei il mio bambino bellissimo, quello che mi ha insegnato a fare la madre, e sicuramente un sacco di cose ce le siamo inventate per strada e potevano andare meglio, ad averne il tempo, la testa, a non avere la depressione e la stanchezza cronica. Sei quello che mi ha legata, fermata, privata della libertà di andare, venire, fare e improvvisare. Perché con un bambino non improvvisi e ho fatto fatica a capire quel punto.

Adesso però andiamo, facciamo e leggiamo insieme. E se non ci sono, tu te la cavi benissimo senza di me. Non sei il figlio mammone appiccicoso. Sei autonomo, anche se abbiamo un gran bisogno l'uno dell'altra. anche se io già sento la sindrome del nido vuoto, perché hai appena imparato a leggere, stai crescendo e io ho bisogno di un po' di anni per abituarmi a una vita quotidiana tua, separata, da grande.

Ma sei ancora il mio bellissimo e intelligentissimo e dolcissimo, un bambino con tanta voglia di fare, di aiutare, di crescere, di imparare. Con un bellissimo senso critico e voglia di capire. Che certe volte sai delle cose che manco so da dove le prendi, ma ti indigni.
"Mamma, ma come si chiama quel paese, dove le bambine non possono andare da sole a scuola, e neanche le mamme?"
Fa dei suoni che non si capisce bene e tiro a indovinare.
"Arabia Saudita?"
"Si, ma perché sono così cattivi? Dimmelo."
"Vieni qui che parliamo di dio, che ha a che fare con quello".

Tutto quest'inverno alla richiesta: raccontami una storia che non ho ancora sentito, ci siamo salvati con le storie di dio. Cominicamo con il discorso di dio e di come tanta gente lo stravolge per i comodi suoi, po per il resto, abbiamo una vita davanti.

5 commenti:

Monica ha detto...

grazie.

grazie di questo sguardo su tuo figlio e sulla forza fragile e la fragilità forte che lo percorre.

mi sembra che i figli si vedano così, come attraverso un vetro trasparente.

veri e incredibili.

amati.

buon viaggio ...

Mammamsterdam ha detto...

Comunque erano l'Afganistan e i talebani, mi ha poi spiegato il capo.

Anonimo ha detto...

Devi essere una persona bellissima, cara Mammamsterdam :)
Grazie per queste pagine di poesia,

A.

emily ha detto...

concordo con l'anonimo A questa donna è proprio bellissima, dentro e fuori.
cara barbara la fragilità di mio figlio spaventa anche me, spero che crescendo capisca che l'importante è quello che c'è dentro e nn fuori di lui. che si è pirla anche sopra una ferrari e si è eccezionali anche sopra una due cavalli.
speriamo e nel frattempo continuiamo a parlargli, a capirli e ad amarli

Mammamsterdam ha detto...

Ma no, non cominciate a farmi i complimenti, che mi servono tutti, ma poi mi vergogno. il fatto è che ha santa ragione Monica, i figli e quelli che amiamo in genere li vediamo in trasparenza (capirli e fargli fare quello che vogliamo noi è un'altra cosa).