giovedì 28 febbraio 2008

Umbria e letti caldi

Ma cosa sarà mai il mio viaggio in Italia? Prima don Stalin mi cede la sua camera e il suo letto commuovendomi fino alle lacrime, ieri sera la Bionda mi preleva a Terontola e mi porta a casa sua, dove per l' occasione ha messo in ordine camera di sua figlia AM, rifugiatasi altrove come ha già fatto quest'estate - AM, non russo molto, la prossima volta potremmo anche dormire abbracciate, io, tu e la gatta, che mi dici? - tre secondi dopo chiama Pina per sapere esattamente quando sarò a Roma che deve farmi il letto, il sacco a pelo potrei rivendermelo su E-Bay, a sentire ciò.

Questa mia fuga dai doveri quotidiani, decisamente mi piace, dovrei farlo più spesso. Continuo a vivere e fare programmi giorno per giorno, compro e leggo libri, mangio cose buone e non sono responsabile del benessere di nessuno. Solo del mio.

Stamattina a Marsciano le campane mi hanno svegliata alle 6.32, e adesso stanno spuntando i primi raggi di sole da che sono in Italia e nelle ultime due settimane in genere.

E stasera cambio di nuovo letto e mi trasferisco a L'Aquila da Vic, dove un giovanotto di un paio di mesi che per ora mangia e dorme verrà sbaciucchiato e coccolato fino allo sfinimento, mio o suo. Spero non si stranisca.

martedì 26 febbraio 2008

Mamma, mi hanno dirottato l'aereo

Alzatici io e il capo alle 5 del mattino per prendere l'aereo (io, il capo ritornava a dormire), non solo partiamo in ritardo, ma non atterreremo a Verona, causa nebbia. Ci dirottano a Bergamo. Saliamo su un pullman che ci riporta a Verona. Lì il paziente don Stali, alias Little V, è ancora paziente ad aspettarmi, nonostante l'alzataccia a cui l'ho costretto nell'unico giorno in cui poteva dormire di mattina. Proprio lui che nel lettuccio caldo ci vivrebbe.

"Deve volerti molto bene il tuo amico" ha commentato la Bionda che mi ha chiamato a sera, per sapere quando passerò da lei.

Si, è evidente. Posso contare le mie benedizioni.

E poi a sera ho visitato Treviso nella nebbia, ieri mattina Padova nella nebbia e poi a sera Mestre nella nebbia. Sono rientrata da Mestre, dopo non aver più trovato il bus che doveva riportarmi, scendendo a una fermata del treno, senza stazione, ricca di un parcheggio e splendidi muri colorati nel sottopassaggio. Lì, appollaiata su un muretto, sotto un paio di lampioni, nel buio avvolto dalla nebbia, mi sono letta "L'eleganza del riccio" con tutta l'urgenza che ti suscita un bel libro quando ne trovi uno. Fino a che Little V, al termine di una dura giornata di lavoro, non è venuto a prelevrmi dal muretto per portarmi a casa.

E posso solo raccomandarvi il libro, di cui sto leggendo le ultime due pagine. Prima di precipitarmi a Montebelluna a vedere se c'è nebbia anche lì.

sabato 23 febbraio 2008

Mamma, ho perso l'aereo

Non vedo l'ora di andare in Italia, e per questo, per non perdere neanche un giorno durante il soggiorno dei cuccioli dai nonni, avevo fatto un biglietto Francoforte-Treviso, che avrei preso durante lo scalo di ritorno da Salisburgo. Avevo già il comitato di ricevimento pronto a prelevarmi e scarrozzarmi in giro.

Vero che le mie esperienze di scali a Francoforte hanno come denominatore comune arrivi in ritardo e corse folli per tutto l'aeroporto per prendere la coincidenza, e quindi avevo un pelo di dubbio che forse un'ora tra l'arrivo e la ripartenza non sarebbero bastate. Sensazione vieppiù aumentata dalla scoperta, quando ho fatto il check-in su Internet, che in realtà ci avrebbero imbarcati 25 minuti prima del decollo (si, lo dicono sempre, che farci).

Quindi, visto che il mio cliente aveva da tempo pagato un biglietto fino ad Amsterdam, mi sono guardata bene dall'annullarlo, non si sa mai. E mi ero pianificata 12 gg. munita di semplice bagaglio a mano da 10 kg., oltretutto di cui un terzo erano regali vari. Per la serie: Be prepared e non stiamo lì ad aspettare di perderci i bagagli.

Arrivo a Francoforte, mi precipito fuori dal pulmino, scendo di sotto, corro per il tapis roulant del tunnel che collega i due terminal, risalgo maledicendo gli ascensori e la gente che ne esce lemme lemme come se la fretta fosse un problema solo mio, schizzo di sopra verso il tabellone partenze. Niente. Il mio volo non c'è. Guardo meglio. Controllo il numero di volo. L'orario. La destinazione. Ma proprio non c'è.

Conscia che ogni secondo conta e con l'adrenalina a 1000, afferro la prima signora munita di pass che vedo e le spiego il mio problema. Ci attacchiamo al monitorone. Le faccio vedere la mia prenotazione stampata, Frankfurt Hahn-Treviso.

Non eravamo a Hahn. Francoforte, pare, ha due aeroporti. Che bello, si impara sempre qualcosa di nuovo al mondo.

Mi avvio con calma al cancello d'imbarco per Amsterdam, dove ritrovo la collega, mi faccio fare una carta d'imbaro e con solo un'ora di ritardo ci imbarchiamo sul volo per Amsterdam.

Per dire che, affrettarsi all'aeroporto di Francoforte, non sempre paga.

mercoledì 20 febbraio 2008

Bebè altrui

Mi rendo sempre più conto che se Orso fra un po´ se ne va a scuola, dobbiamo lasciare l´asilo che tra un figlio e l´altro frequentiamo ormai da quasi 5 anni. Un pezzo di vita. Certo, tra scuola e doposcuola rimaniamo nello stesso edificio.

Ma perdo la quotidianità del contatto con le maestre (anche due maestri, per par condicio, ma non sono dei nostri) e i bambini piccoli. Quelli tutti tondi, pelati, morbidi come gnocchi (e da dove credete che venga il nomignolo di Gnorpo/Gnorpolo con cui affliggo i miei figli? Appunto, sono due gnocchi cresciuti).

Come l´altra mattina, 5 o 6 gnocchetti sulle sdraiette turchesi nuove, belli al sicuro nell´angolo tra i due divani, al riparo dalle piste di traffico dell´atrio. tutti pacifici a succhiarsi qualcosa, chi un pugnetto chiuso, chi il polso, chi un giochino. Uno si è tirato via un calzino e sta per fare la festa anche all´altro.

Arriva trotterellando un riccetto biondo che ha appena imparato a camminare, non avrà più di 18 mesi, passa dall´uno all´altro e se li sbaciucchia tutti. Se uno si mette a piangere (e allora il rischio è che per simpatia inizino tutti), c´è sempre uno più grande che se lo guarda incuriosito, gli fa una carezzina e magari gli infila un dito nell´occhio. Ma l´altra mattina stavano lì pacifici a succhiare.

Ecco, tutto il tenero di un bebè qualsiasi, ma amplificato per 20 o 30. Questo è quello che mi mancherà.

Nebbia

Odio le mattine e odio il maltempo. Ma la nebbia mi piace così tanto che mi annulla il disagio di dover portare ogni santa mattina gli Gnorpoli dalla posizione orizzontale a quella verticale, che già faccio fatica con me stessa, poi scenderli di 4 piani, e metterli seduti in bici e si va a scuola. Nel frattempo, arrivati al primo piano si scorpe che le scarpe di Orso sono al quinto, o quando erano più piccoli ce n´era sempre uno che arrivati a terra faceva la cacca e bisognsva riportarlo di sopra e cambiarlo, senya sapere cosa avrebbe combinato l´altro nel frattempo. Poi uno si chiede perchè le donne diventano multi-task.

Però nel momento che ci chiudiamo la porta alle spalle e la nebbia ci avvolge tutti, cala una grande pace.

In quei giorni decidiamo di camminare lungo la Javakade, la strada lungo la darsena. lì non c´è traffico fluviale, e anche quello automobilistico è scarso, dovuto a una genialata sadica di chi ha pianificato la viabilità che adesso non sto a spiegarvi (o meglio, si: la Javakade è attraversata da 4 canali, e solo da quell´estremità dei canali i ponti sono solo ciclabili. Con la macchina devi fare un giro a forma di greca).

E quando c´è nebbia, pedalare lungo quell´acqua divenuta invisibile, con la riva opposta definitivamente scomparsa, e il silenzio ovattato che dá l´impressione di vivere su un´isola deserta, ecco, a me sembra di galleggiare nel nulla.

Mano a mano che cominciamo ad avvicinarci al ponte grande che collegal´isola alla terraferma, comincia a delinearsi la scaletta pedonale, poi i piloni, poi ci passiamo sotto e a destra c´è la base inclinata di cemento liscio con su incisa la sigla C107, su cui i bambini si arrampicano per scivolare, oppure Ennio arriva in alto e passa in orizzontale sul punto piÚ ripido sopra la barretta del 7, e dice che è Peter Pan, ed è ben per questo che io non torno mai a casa da scuola per quella via lì che sennò restiamo mezz´ora, ma prendo la ciclabile che attraversa i palazzoni e l´acqua si vede solo quando passiamo sopra ai canali, ma in genere quello è il punto in cui tira un vento bestia e quindi non ci soffermiamo, a meno che Orso non abbia raccolto qualche pietrona che delle volte mi tira in acqua al volo e una volta ha schizzato un signore che si stava pulendo una barchetta e a momenti me lo ammazzava, e allora sono costretta a fermarmi per scusarmi.

Arrivati a scuola, davanti c´è tutto il piazzalone vuoto che costituisce la punta dell´isola e se non ci fosse nebbia si vedrebbero benissimo la torre di vetro, il Passengers Terminal delle navi da crociera con la sua forma ondulata, più lontano il palazzo della Musica e poi la Stazione centrale, ma oggi c´è nebbia e si vede solo un nuvolone di bambagia su tre lati. Dalla scaletta del ponte scende la mamma finlandese con le due bimbe, che abitano dall´altro lato della darsena, e penso quanto dev´essere bello passare sul ponte, in alto, ancora più sospesi nella nebbia e ciechi, con tutto il mondo e la vita intorno che per un momento stanno trattenendo il respiro per non farsi sentire. In quei momenti mi si ferma il tempo.

Salisburgo

Oggi pomeriggio, dopo due cambi di aerei e una corsa folle per prendere il secondo causa ritardo da nebbia, arrivo a Salisburgo con i miei clienti preferiti e con Evelyne me ne vado in città a mangiare. Che bellina la città vecchia di Salisburgo, proprio una bombonierina, con tanti vicoli e gallerie che celano cortiletti con negozi e ristoranti e riescono su un´altra via, che poi sfocia in una piazza e poi si ricomincia. Ho visto da fuori la casa natale di Mozart.

Ci mangiamo una minestrina e un goulasch con lo gnoccone a fianco, poi ci cerchiamo una pasticceria per lo strudel. Ma troviamo solo la Sachertarte con la panna montata senza zucchero, che per me, abituata agli olandesi e alla loro mania di mettere zucchero dappertutto, anche nella maionese, mi si stanno imbastardendo le papille gustative.

Un pomeriggio di sole bellissimo.

Poi rientramo nel nostro albergo, nientepopodimenoche il Sacher Hotel (e uno puô irmi: ma non te la potevi mangiae in Hotel al Sacher Tarte orioginale? Avrei potuto, ma noi veramente cercavamo lo strudel.)

E visto che sono esentata dal presenziare a cena, vado a farmi un grasso pisolo, dopo aver ordinato un massaggio classico svedese, e poi vado in sauna. La stangona svedese poi mi massaggia a unghiate da tutti i lati, scomodo ma bello.

E ritemprata nel corpo e nello spirito vado a installarmi nella saletta con vista sul fiume e sul ponte pedonale, mi sparo una terrina di fegato d´oca e un aperitivo, scrivo abbonbdantemente su carte, e cerco di ricordarmi che questo è un viaggio di lavoro. Infatti domani mi tritano per tutta una lunga, lunghissima giornata.

Ma ne vale certamente la pena. Che bello, quando non mi vogliono a cena.

martedì 19 febbraio 2008

Topi e mostri

Io dò tanti nomi strani ai miei figli, però nei momenti di tenerezza li chiamo anche semplicemente topi. I miei topini, topoloni, topottoli.

Quello di fare il topo è anche uno dei giochi che fa Orso. Stasera, mentre pulivo il pesce, lui invitava il fratello nell'altra stana a giocare ai topi:

- Ennio, facciamo che io sono il topo piccolo e tu il topo grande.

Dopo un po'irrompe in cucina:

- Mamma, ho tanta paRura, il topo grande mi vuole mangiare.

- Ma no, topino, i topi non mangiano altri topi.

- Ma quello è un topo mostro.

Eh già. Il mondo è pieno di gente e animali che sembrano come tutti, ma in realtà sono dei mostri. Spero che i miei topi imparino sempre a riconoscere in tempo i tanti topi mostri in circolazione e lo vengano a dire subito alla loro mamma. Che diventa un mostro, se le toccano i mostricuccioli.

Bestia premiata

Sono una bestia. Ricevo un premio e pare quasi che non me ne freghi nulla e che non me lo filo. Invece no, sono davvero commossa e ringrazio Elena che ha dimostrato di apprezzare il mio blog. Ed è arrivato al momento giusto, alla fine di una settimana in cui ogni momento i miei castelli di carte potevano crollare. Perché domani parto, prima per lavoro, e poi spero, per un po' di sano e utile relax, che ne ho un gran bisogno. Prima però ho dovuto collocare figli, spesa, babysitter, mandare un'offerta per la casa dei miei sogni che chissà se me la vendono (l'ultima volta chi alla fine l'ha comprata ha pagato € 104.000 più del prezzo base, lasciamo perdere), scrivere un paio di articoli, fare il corso da sommelier ieri e oggi, facendone anche l'interprete.

Ed Elena evidentemente l'ha intuito che era il momento buono per farmi pat-pat sulla testa.

Ragazzi, non ci posso credere, ho ricevuto il premio



Adesso mi manca solo, il Nobel, vai. O meglio, l'Oscar. Però questo è il primo e il primo non si scorda mai.


Che cos'è?

"D eci e lode" è un premio, un certificato, un attestato di stima e gradimento per ciò che il premiato propone.

Come si assegna?

Chi ne ha ricevuto uno può assegnarne quanti ne vuole, ogni volta che vuole, come simbolo di stima a chiunque apprezzi in maniera particolare, con qualsiasi motivazione sempre che il destinatario, colui o colei che assegna il premio o la motivazione non denotino valori negativi come l'istigazione al razzismo, alla violenza, alla pedofilia e cosacce del genere dalle quali il "Premio D eci e lode" si dissocia e con le quali non ha e non vuole mai avere niente a che fare.

Le regole:

1. Esporre il logo del "Premio D eci e lode", che è il premio stesso, con la motivazione per cui lo si è ricevuto. E' un riconoscimento che indica il gradimento di una persona amica, per cui è di valore (nel post originario c'è il pratico "copia e incolla");


2. Linkare il blog di chi ha assegnato il premio come doveroso ringraziamento;


3. Se non si lascia il collegamento al post originario già inserito nel codice html del premio provvedere a linkarlo (nel post originario c'è il pratico "copia e incolla");


4. Inserire il regolamento (nel post originario c'è il pratico "copia e incolla");


5. Premiare almeno 1 blog aggiungendo la motivazione.


Queste regole sono obbligatorie soltanto la prima volta che si riceve il premio per permettere la sua diffusione, ricevendone più di uno non è necessario ripetere le procedure ogni volta, a meno che si desideri farlo. Ci si può limitare ad accantonare i propri premi in bacheca per mostrarli e potersi vantare di quanti se ne siano conquistati.

Si ricorda che chi è stato già premiato una volta può assegnare tutti i "Premio D eci e lode" che vuole e quando vuole ( a parte il primo), anche a distanza di tempo, per sempre. Basterà dichiarare il blog a cui lo si vuole assegnare e la motivazione. Oltre che, naturalmente, mettere a disposizione il necessario link in caso che il destinatario non sia ancora stato premiato prima.


Intanto lo girerei a mia volta a un tot di donzelle:

- a Panzallaria, http://www.panzallaria.com/
perché è il primo blog che mi guardo quando accendo il computer

- a Monica, ovvero Pythya, http://angolodellapythya.blogspot.com/2008/02/la-stanza-delle-donne.html
che conosco da una vita e finlmente si è decisa a mettere un blog anche lei (esattamente come lei, così me la sento più vicina)

- a Martellina, http://martellina.splinder.com/
che ci vuole pure qualcuno che racconti di dove andare ad Amsterdam quando esci, che se contate su di me si crolla a letto alle otto di sera. A proposito, quando lo cominciamo il corso di danze orientali a casa mia?

- alla Signorina Papillon, www.lasignorinapapillon.blogspot.com
che mi impegna tanto ultimamente e bisogna in qualche modo stimolare i due papillonisti silenti a farsi ascoltare. Armand e Marie Louise, quand'è che vi mettete dietro al computer a raccontarci i fatti vostri?

- ad Elena stessa, http://blog.libero.it/Traspablog/
non per contraccambiare, ma perché leggo con tanto piacere il suo blog, che è una vera boccata di aria fresca, semplice, tenero e rilassante come una tisana al tiglio quando sei stanca, come me adesso, e devi ancora mettere i mostri a letto e fare un bagaglio a mano sufficiente per 12 giorni. E poi perché mi piace tanto che anche lei chiami la piccola il mostro. Al suo mostro dedico il prossimo post.

Insomma, un bacione e le finezze tecniche le aggiusto quando torno.

domenica 17 febbraio 2008

Amori tossici

Alcune mie amiche erano specializzate in fidanzati tossici, da giovani. Anzi, una di loro raccontava papale papale che tutti i suoi primi ragazzi nel frattempo erano morti di overdose. Mah, meglio così che un attuale fidanzato che ti picchia tutti i giorni e ti tromba tutte le notti, che ci sono anche quelle storie lì, che io metterei tra amori tossici.

Oggi però ci pensavo perché in una splendida mattina di sole e freddo secco (per quello che può essere secco ad Amsterdam) e senza il malefico gelido vento dall'Est di ieri che si infilava nei polsini e sotto gli orli dei vestiti per gelarti le ossa, me ne stavo andando tutta felice in bici a fare le prove. Proprio nel tratto lungo il porto tra il museo Marittimo e il Nemo di Renzo Piano, ho visto sul marciapiede un furgoncino con due sciure davanti. Si apre una porticina elettrica e una delle due sciure sale, l'altra aspetta fuori.

Come descriverle le sciure, in direzione 50 anni vestite un pelo sullo svampito dark lady. Da dire che Betsy Palmer ne avrebbe immediatamente fatto un item per le Malvestite.

Il furgoncino aveva il logo della ASL. Allora mi sono ricordata di quando l'amica X era andata al furgoncino dell'Assisitenza per le tossicodipendenze, che pare stia in certi giorni dalle parti del quartiere a luci rosse, non lontanissimo quindi. Sta lì perché con il solito pragmatismo, gli olandesi riconoscono che certe piaghe sociali è difficile eliminarle e allora adottano una politica di collateral damage control.

L'amica X ci era andata un venerdi quasi estivo dopo il lavoro, con il suo taierino da manager, per fare provviste per l'ex fidanzato (uno di quelli sopravvissuti) che sarebbe passato per il weekend e conoscendo i suoi polli, lei sapeva come sarebbe andata a finire.

Si mette in fila davanti al furgone e quando tocca a lei, fa la sua richiesta:

- Allora, mi dia una confezione di acido citrico, una di acqua distillata e cinque siringhe.

Il tossicone sdentato rasta lì accanto, la squadra, considera il taierino e la cartellina e la borsetta e le dice:

- Certo che tu proprio non sembri il tipo che si fa.

Osservazione molto to the point, che il bus non sta lì con i soldi dei contribuenti per le sciure o i turisti in vena di shopping. E per salvare capra e cavoli, la povera X presa alla sprovvista riesce solo a dire:

-Si, be, è che ho cominciato da poco.

Intanto l'addetto le porge il suo sacchettino, lei lo mette in borsa, ringrazia e se ne va, seguita dall'osservazione del rasta:

- E mi raccomando, non fartele tutte e cinque insieme in una volta.

Ecco, per dire che una se ne va felice per fatti suoi in bicicletta canticchiandosi "Una splendida giornata", incrocia un furgoncino anonimo della ASL, e ti tocca ripensare agli amori tossici delle amiche, in mancanza di esperienze in proprio. e il resto della giornata è proseguito in salita.

venerdì 15 febbraio 2008

Quello che mi fa stare tanto bene...


... è sapere che stasera ho una prova extra, e domenica la superprova di tre ore + due di training. Che dirvi, io mi sballo con poco: ormoni naturali, endorfine, teatro, risate. E omega 3 in varie forme (la settimana scorsa mi sono sbafata un tocco di bottarga da sola, così, in una mattinata. Se ne avevo così voglia evidentemente l'organismo ne ha bisogno, diceva sempre mia madre).

Io ci credo, ai messaggi del mio organismo. Specialmente se contengono la parola cioccolato e salamoia.

(La foto della prova di un paio di settimane fa è di Alma Anselmi, che linkerò appena si decide a mettere dei contenuti nel suo sito).

Lei deve parlare olandese al bambino

Credevo non mi sarebbe capitato più, quelle cose che tutti raccontano, e che credi sempre, si, ma ormai quei tempi sono passati. Invece, mai dire mai. Ieri in sala d'aspetto dal medico, mentre stavamo rivestendoci per andare via, una signora anziana attacca discorso con Orso e di conseguenza con me. Caruccia.

Poi però mi sente dire ad Orso, in italiano, di mettersi la giacca che dobbiamo andare (lui era impegnato con il triciclo della sala d'aspetto, ci è addirittura entrato dal medico).

E mi dice, gentilmente, la frase del titolo.

"Invece no, le rispondo con calma ma con quell'intonazione inequivocabile che gli olandesi native e noi stanziali da anni ormai capiamo al volo, ci hanno proprio consigliato il contrario, altrimenti lui da me imparerebbe un olandese da straniero. Invece lo deve proprio parlare con il padre e fuori casa, per impararlo bene".

Non lo sapeva.

Ecco, questa è una cosa che già solo dirmela un paio di anni fa, mi sarei incazzata dentro di me e ci avrei rimuginato per dei giorni.

Adesso invece mi dispiace soltanto per quelle persone, che tanto in buona fede, elargiscono consigli inutili, e anzi a volte controproducenti.

Ma ci vogliamo convincere che nel bene e nel male, la maggior parte dei genitori sono i genitori perfetti per il bambino specifico che hanno?

E che se con la storia delle lingue e del bilinguismo sono riusciti a rendere insicura me, che il bilinguismo l'ho vissuto e per questo studiato, cosa non riusciranno mai a fare - e sono riusciti a fare - con la mamma analfabeta del Rif? Gli australiani hanno appena chiesto scusa per la generazione perduta.

L'amica Marianna, cresciuta a Torino con nonno siciliano aveva imparato a dire scecco invece di asino.

"Signoooraa, così rovinate la bambinaaa" tuonava la maestra. La bambina è riuscita benissimo, sta facendo una carriera internazionale prima in Olanda e adesso in Austria. Ma il povero nonno, a ottant'anni, dovette imparare l'italiano o non poteva parlare con la nipote.

Il che dimostra che si può sempre imparare a qualsiasi età. Se non per forza, per amore.

giovedì 14 febbraio 2008

Buon san Valentino, da donna a donna

Mia madre e mia nonna sono state della generazione che ha vissuto la propria sessualità con un'unica, grande angoscia: speriamo di non rimanere incinta. Io sono di quella che decide di fare figli tardi e ha semmai, a volte, l'angoscia opposta: ma perché non rimango incinta?

Che gioia. Mia madre per farsi prescrivere le prime pillole (che la stroncavano di emicranie) e la prima spirale, senza controlli una volta iniziato, è dovuta andare in Francia, non proprio un viaggio di piacere e un gran sacrificio economico all'epoca. Ma sempre meglio di un aborto clandestino da un medico di Alba Adriatica, il cui nome veniva sussurrato dalle donne in attesa nella macelleria.

Quando gli italiani hanno detto si al referendum sull'aborto ero alle elementari. L'epoca era quella e io ero una bambina curiosa, quindi verso i 12 anni sapevo a memoria tutti i metodi contraccettivi esistenti sul mercato con la relativa percentuale di sicurezza. Il miglior surrogato al sesso in sé, che a noi giovani intellettuali ipertrofiche magari interessava più in teoria che in pratica.

All'università ho scoperto l'AIED, e un paio di volte ci ho trascinato amiche in cerca di prescrizione per la pillola del giorno dopo, facendomi un'idea della burocrazia necessaria a farsi prescrivere una pillola anticoncezionale in Italia.

Quando a me la pillola l'hanno prescritta in Olanda, sono rimasta shoccata nel sentirmi dire, non che dovevo fare 1000 analisi del sangue e visite prima, ma semplicemente: la pillola va trattata come un antibiotico, se ci sono controindicazioni note non possiamo prescriverla e bisogna cercare un'alternativa, comincia a prenderla e vediamo che succede, e qualsiasi effetto fuori dalla norma noti, vieni immediatamente a farti vedere. Dopodiché la ginecologa (italiana, dio ti benedica Katia) che mi aveva visitato e spiegato tutto per bene mi ha consegnato un tot di scatole di Diane sufficienti per almeno un anno e mezzo.

E anche così bastava me ne scordassi una per cadere nel panico, perché a me un aborto continua a sembrare la cosa peggiore che mi possa accadere. Ma esigo come donna e cittadina che le donne possano decidere da sole su una cosa così delicata. Non fate della 194 un mercato di poltrone, potere e voti o m'incazzo di brutto.

Perché sono troppe le situazioni umane e possibili in cui bisogna valutare, ognuno per sé, se una gravidanza è una benedizione o una tragedia. È troppo l'oscurantismo nel nostro paese, che fa sí che genitori "moderni" non parlino con i figli di cosa comporti una sessualità vissuta serenamente. È troppo grosso, ma nessuno ci fa caso, lo scandalo dei medici obiettori. Fai il geriatria, il dentista, l'urologo se hai problemi di coscienza. Sono troppi e troppo stanchi i medici non obiettori che si ritrovano a fare solo aborti, non certo la carriera ideale per chi da bambino voleva fare il dottore. E poi perché il banco del macellaio? Esiste o no una pillola abortiva?

Per questo sottoscrivo e vi invito a leggere anche i due post di Panzallaria in proposito: http://www.panzallaria.com/

E chi può, fatelo per san Valentino, può andare a dimostrare contro il blitz al Sant'Orsola. Un modo migliore di festeggiare san Valentino rispetto a comprare cazzate:

http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article1583

Perché, tanto per aggiungere un solo accento al titolo di un libro (che non ho letto), scritto da Karol Woityla quando era cardinale, L'AMORE È RESPONSABILITÀ.

Allora, visto che fra un po' ci tocca votare, facciamo come certi sacerdoti: interroghiamo le nostre coscienze, guardiamo in faccia il ruolo che ci stanno appioppando come donne e cittadine con le discussioni sulla 194, e votiamo secondo coscienza. Coscienza di donne sula propria autodeterminazione. Ricordiamocene quando i nostri figli ci faranno domande sul sesso.

E buon san Valentino a tutti.

mercoledì 13 febbraio 2008

Habemus locandina



La nuova produzione teatrale di Quelli di Astaroth procede a pieno ritmo. Tutti i nostri momenti liberi sono presi da prove, costumi, scenografie, PR, corso di teatro con Margherita Bencini, muscoli doloranti. Due domeniche fa una sessione fotografica con Alma Anselmi. Poi Barbara Pollini, giovane genio della sala progetto (cito dal dr. Seuss, la Battaglia del Burro) da una delle foto ha tirato fuori una locandina provvisoria, che ci piace così tanto che con poche modifiche vorremmo diventasse definitiva.

Mi dite se vi piace? A cosa vi fa pensare? Che pezzo credete sarà la Signorina Papillon? perché noi non scegliamo mai dei pezzi facili. Sempre cose che ci fanno male, che ci costringono a scavare, a faticare, a guardarci dentro. Poi risultano sempre essere delle commedie brillanti, con grandi parti comiche. Ma il tarlo, se allo spettatore non innestiamo un tarlo, non siamo contenti.

Quest'anno ne potete anche seguire the making of su:

www.lasignorinapapillon.blogspot.com

dove ci sono altre foto.

Il mito della chiacchierata in circolo

Quello del circolo è una cosa tutta olandese. Ai compleanni ci si siede in circolo intorno alla stanza e si chiacchiera, al lavoro le riunioni o i corsi si aprno con una presentazione in circolo, oppure con il circolo delle domande (e se a me la domanda geniale viene in mente dopo il mio turno? Me la tengo).

Ora, non voglio dire che gli olandesi hanno il copyright su questa forma di conversazione di gruppo (però attenti alle presentazioni, in tutti i setting formali e informali, noi tendiamo a scordarcene e poi a loro sembra sia mancata una cosa essenziale) però è vero che salta all'occhio.

E la cosa comincia da piccoli: a scuola la giornata comincia e finisce in circolo.

Oggi finalmente ho assistito al circolo di apertura della classe di Orso.
Ci si saluta. La maestra annuncia che c'è un bambino nuovo. Chi lo conosce già (metà della classe alza la mano, uno di loro può rispondere "è il fratellino di Ennio").

Chi sa come si chiama (Alex, la gemellina della compagna di classe di Ennio lo dice "Orso". Adesso allora, dice la maestra, dobbimo presentarci noi. Ciao, io sono la maestra L.. Tutti i bambini, più o meno timidi, salutano e si presentano. Bene, che mi ripasso i nomi per quando gli faccio la sorveglianza.

Poi si controlla chi è il bambino del giorno: è M. la penultima arrivata in classe, scopro che anche suo fratello più grande è presente. La bambina del giorno può andare alla lavagna e leggere il piano di lavoro: che giorno è? È un giorno rosso, quindi mercoledi. Che numero è: M. riconosce il tre. Chi lo sa? Una bimba alza la mano: ventitrè. Quasi giusto, dice la maestra. Un altro bambino lo dice meglio: è il tredici. Bene, di che mese? Febbraio.

In base alle cartoline magnetiche ripassiamo le attività che seguiranno. Poi in coro i giorni della settimana. Poi i mesi dell'anno. Poi i numeri in olandese, fino a 10 (mi meraviglio che specifichi: in olandese, cos'altro parlano questi cucicoli di 4 e 5 anni?)

Eccolo perchè: in questa classe c'è A. una bimba francese che l'anno scorso, senza sostegno, in due mesi ha imparato l'olandese. Vai fino a 10 in francese. Tutti in coro. Poi in inglese, che è materia scolastica: bell'accento tutti quanti, mi piace come dicono One e Nine. Alla fine, la maestra comunica che Orso sa anche un'altra lingua, quale? Orso non sa dirlo. Qualcuno può chiedermelo. Me lo chiedono, che altra lingua parli? Con Orso l'italiano, faccio io, con la mia mamma il polacco. Ci conti in italiano? Certo, sapete assomiglia un pochino al francese.

Il globetrotter del gruppo: quando eravmo in Italia parlavano tutti così (a 5 anni).

Poi fa la maestra: a che altro assomiglia, l'italiano? Lo sapete, lo abbiamo fatto l'anno scorso. Allo spagnolo, dice un grande appena rientrato dalla visita dal medico scolastico. Per forza, l'anno scorso la festa di fine anno aveva la Spagna come tema, quindi un paio di canzoni e parole in spagnolo le hanno pure imparate.

Questa non è la scuola Europea. Questa è una normale scuola di quartiere ad indirizzo Dalton. Certo, è un quartiere fighetto abitato da una percentuale impressionante di liberi professionisti e creativi con formazione (para) universitaria, che magari se vanno in vacanza, vanno all'estero. In un campeggio di olandesi con i bambini, ma all'estero. Certo, è una piccola scuola fondata da poco e tutta in crescita con una percentuale impressionante di bambini bilingui, forse anche perché le scuole più grandi e con classi più piene fanno fatica a prenderne troppi ed aiutarli ad inserirsi. Ma non è una scuola disperata per il numero di iscrizioni che rappresentano i soldi che gli danno per funzionare. È una scuola che per indirizzo programmatico dichiara di essere aperta ad altre culture. E lo sono davvero.

Anche se sono profondamente olandesi. Anche se hanno bisogno del circolo per funzionare. Ma per i miei bambini non potrei volere una scuola migliore. E il circolo, mah, ci si abitua a tutto nella vita.

Come funziona una prima elementare olandese

Oggi per un quarto d'ora mi sono ripassata con Orso come funziona una prima elementare olandese. Il mio cucciolo ha iniziato l'inserimento e non ricordo di aver fatto tante storie con suo fratello, ma la sua prima scuola è finita così male che forse ho solo rimosso.

Lui è prontissimo. Già il mese scorso la maestra Bianca dell'asilo mi aveva avvertita che aveva tutto un fan-club tra le ragazzine dell'elementare, che i due cortili sono separati da una rete e un cancello, e quando erano tutti fuori a giocare, un branco di ragazzine, pare, lo chiamava e coccolava attraverso la rete.

Dopo un intero weekend in cui si è coccolato, tesoreggiato e ha mostrato a tutti il suo zaino tutto pronro, ieri ha insistito per mettere nel portapane 3 gallette di riso, eper farmi riempire il termos d'acqua. Be prepared, questo qui lo mando dagli scout appena posso. Mia madre direbbe che sembra dziadek, mio nonno polacco (il che conferma quanto scrive Helena Janeczek sulla possibilità di ereditare la fame patita nei campi dai nostri genitori, anche se noi cresciamo nell'abbondanza. La memoria genetica della fame).

Stamane prima delle 7 era nel mio letto, Papà ha fatto foto, Ennio anche (poi se riesco a scaricarle, magari le posto). Alle 8:05, mai successo, eravamo pronti per uscire. Pare abbia avuto un momento di insicurezza con suo padre di sopra, temeva che i bambini lo avrebbero preso in giro o avrebbero riso di lui.

Viene in bagno a spiegarmelo:
"Perché io sono piccolo, non sono grande".
"Amore mio, tu sei grandissimo, altrimenti mica potevi andarci a scuola".

In Olanda i bambini entrano a scuola il giorno che compiono 4 anni, ma fino ai 5 compiuti non c'è obbligo scolastico. Puoi tenerli a casa qualche giorno, se ti accorgi che la novità li stanca troppo. Prima di ciò ci sono le giornate di inserimento. Stanno solo la mattina per prendere confidenza con la scuola. Lui ne ha sette di queste mattine in un mese, intervallate dai giorni di asilo nido in cui potrà raccontare le sue prodezze ai piccoli. E cominciamo oggi.

Per prima cosa si entra in classe, si dà la mano alla maestra e si dice buongiorno, e poi si scorrazza in giro finché non suona la campanella. Mettiamo lo zaino con la merenda fuori nel cestone, nell'altro ci sono le borse da ginastica che ogni venerdi riportano a casa per il cambio. La maestra ci ha dato la mantellina per la giacca, pare sia un metodo per evitare eventuali contagi da pidocchi.

"Va bene blu?"
"Si", e ci scriviamo il suo nome. Poi gli fa vedere il suo banco e la sua sedia, raggruppato con altri in 5 tavoloni collettivi per 4-5 bambini, e poi lo porta alla lavagna per spiegargli cosa faremo. Lavorano molto con le immagini e i colori, ci sono cartellini colorati con i giorni della settimana e del mese, e la maestra tutte le mattine scrive la data e riordina il planning, cosi i bambini sanno sempre cosa resta da fare.

Esaminiamo il piano della giornata:
- sul primo cartellino magnetico ci sono due mani che si stringono, il saluto.
- sul secondo, i bambini in circolo. Si comincia sempre con la chiacchierata nel circolo, appena arrivati i bambini portano le loro sedie nel mezzo.
- sul terzo, una minicopia del planning settimanale. Il planning è un foglio plastificato in cui tutti i giorni della settimana sono indicati con gli stessi colori della lavagna (mercoledì è rosso e c'è solo la mattina, alle 12 tutte le classi escono). Il giovedi ogni bambino attacca sulle varie caselle del mattino o del pomeriggio un adesivo che indica cosa vorrà fare. Può essere leggere, o costruire o disegnare qualcosa, fare un compitino di calcolo, il computer.
- dopo c'è ricreazione. Mi manca, della vecchia scuola di Ennio, che per ricreazione si mangiava frutta, ognuno ne portava uno, si metteva nel cestino e la maestra sbucciava e tagliava tutta la frutta su un vassoio, così i bambini la mangiavano mista, e assaggiavano magari cose che a casa non entravano (da noi, i kiwi che a me non piacciono e mi scordo sempre di comprare). Da quando abbiamo cambiato scuola non sbuccio più al mattino, al massimo gli dò una banana, o carota, o verdura cruda. Peccato. I am a lousy mother.
- Dopo la ricreazione si va a giocare fuori.
- Dopo si può giocare con il compagno/a di quella settimana e decidere insieme cosa fare.
- Dopo si conclude con un circolo, per fare il riepilogo della giornata.
- Ci si saluta di nuovo.

I giorni che stanno a scuola fino alle 14:30 alle 12 mangiano mezz'ora in classe con la maestra. I bambini che hanno l'abbonamento al latte scolastico, ricevono il loro pacchetto di latte, yogurth o latte al cioccolato, che la ditta consegna ogni paio di giorni nel frigo apposito all'ingresso, e la maestra distribuisce le cannucce.

Poi vanno in cortile a giocare un'altra mez'ora (i grandi solo un quarto d'ora), sotto il controllo delle madri volontarie che a turno fanno la sorveglianza (tanto, è inutile essere politicamente corretti, la maggior parte sempre madri sono. I padri devo dire vengono a leggere o fare altre attività perdiodiche, o a fare buchi con il trapano quando ci sono decorazioni da appendere o piccole cose da riparare).

Nei giorni lunghi (escluso il mercoledi quindi) fanno anche ginnastica ogni giorno. I grandi vanno nella palestra di un'altra scuola, i piccoli hanno una salagiochi attrezzata sotto.

Alle 14:30 (15:00 altre scuole) i genitori aspettano fuori per riprenderseli, o vengono le maestre del doposcuola a ritirarsi i loro. A volte i bambini a ricrezione si sono già dati grandi appuntamenti per giocare a casa dell'uno o dell'altro e alcuni genitori se ne riportano un gruppetto.

Il punto è che gli olandesi durante la guerra sono stati neutrali. Gli uomini non sono andati al fronte e le madri sono rimaste a casa. Per questo qui il sistema scolastico è costruito pensando a una madre che porta i bambini a scuola al mattino, se li riprende alle 12 per fargli mangiare il tipico panino, li riporta a scuola alle 13 e li riprende alle 15, dove a casa li aspetta il the bello pronto. Magari nella pausa fa la spesa, che qui la spesa si fa tutti i giorni e dio ne liberi, se inviti qualcuno all'ultimo momento. "Non posso, ho già la spesa fatta per oggi". (cucinartelo domani no, vero?)

Per questo la sorveglianza è un discorso di madri volontarie che la fanno, per evitare questi spostamenti di massa tra le 12 e le 13. In certi paesini manco esiste, solo dal 1 gennaio di quest'anno per legge le scuole devono procurare la possibilità del tempo pieno e del doposcuola, che in genere vengono affidati ad organizzazioni su base commerciale. Nelle città ovviamente questo era già sviluppato bene, ma fare la madre che lavora, anche part-time, in Olanda, ti costringe a costruire contatti sociali con altri genitori, altrimenti è un disastro.

Quindi, cara signora Lungarotto, che lunedi ha esclamato: "Questo si che è un paese civile" al sentire che entro le 18:15 dovevo ritirare i figli da asilo e doposcuola, si, è vero che è un paese civile, ma lo stato non ci regala niente. È la domanda e l'offerta che hanno creato questa situazione e tra asilo e oposcuola io spendo quasi uno stipendio part-time. Nulla di strano che tante madri in carriera rinunciano, quando hanno figli in età scolastica. Ma questa è una storia che purtroppo conosciamo anche in Italia, che durante la guerra non siamo affatto stati neutrali.

The doctor is out

Io attiro i pazzi. Ho quel talento da confessore empatico di mio padre e l'orecchio/occhio di mia madre nel leggere il fanciullino che soffre dentro le persone. Ho imparato a prenderne atto e non farmene distrarre più di tanto nei rapporti, che le persone sono molto più della loro pena segreta. Da 10 anni e specialmente da quando ho figli rifiuto di farmi coinvolgere più di tanto. Se volessi perderci tempo, di tante persone che conosco intuisco la piccola pena che hanno, a molte a cui voglio bene forse leggo di più dentro, anche se io non chiedo e loro non dicono. Se dicono qualcosa, io la dimentico e non ci torno più sopra, grata della fiducia. Con gente che conosco meno ma magari ci piacciamo reciprocamente, accade che si confidino e poi in genere, anche se continuiamo a piacerci, si crea una distanza. So troppo di loro ed è una situazione impari, che capisco benissimo.

Ho passato notti a cercare gente in preda a psicosi che poi ho consegnato alla neuro e poi sono dovuta ad andare ad avvertire i genitori. Vado a trovare la mia amica di infanzia il giorno dopo che è scappata di casa e trovo la madre distrutta. Ho un'altra amica, che mi ha chiesto di assisterla nel parto, di cui sospetto con quasi certezza che a 16 anni ha subito un aborto da cui ha fatto una gran fatica a staccarsi, anche se lei non me l'ha mai detto, ne potrà mai dirmelo che conosco troppo bene suo marito, che è stato per un pezzo, finché non si sono messi insieme, il mio amico-figlio. Stupri ed aborti, va da sé, prima o poi qualcuno me li racconta. Ho lavato e imboccato vecchie, ho vestito e composto morti.

Da giovane ti gratifica pure perché nella tua ingenuità ti senti utile al mondo, ma nel frattempo ho imparato a fare qualcosa per proteggermi. Con alcune persone è difficile, sono talmente invasive che possono trascinarmi in un attimo nel loro pozzo nero. Ma mi rifiuto di scontare le colpe che certa gente attribuisce a sua madre e non sono disposta a colmare il buco di attenzioni di cui sono in credito con lei. Ho già i miei figli per questo e non posso salvare il mondo. Preferisco stargli sul cazzo, a conti fatti.

Quindi, quando mi scazzo di brutto con certa gente, così, out of the blue, prima di chiedervi se sono uscita di testa (no worries, non è successo finora che magari un minimo di appiglio c'era, ormai per adesso non succede), o se è una sindrome premestruale gestita male, guardateli bene. Un po'meglio. Si, cominciamo ad esserci.

Ragazzi miei, vuol dire che ho appena evitato un pozzo nero, ne sto soffrendo e statemi quindi alla larga.

Tutto questo non mi succede mai con i pazzi tranquilli. Solo con gli attaccabottoni.

Per tutto il resto, non nego di essere una grande rompicoglioni, un po' come tutto il resto del mondo. Ma lasciatemi perdere sul coté pazzia.

lunedì 11 febbraio 2008

Chef e sommelier



Rispondendo al commento di Andrea nel post precedente, dico, dichiaro e sottoscrivo:

questi sono gli unici chef che non tradirò mai.

(E lunedi comincio il corso per sommelier, per una quasi astemia come me quasi un esercizio zen. Oh, be, c'è chi va nell'ashram in India e torna con il nome cambiato, e chi si dà al vino).

sabato 9 febbraio 2008

Rapporto scolastico

Venerdì mi hanno consegnato il rapporto scolastico di Ennio. Non lo sapevo ma hanno fatto anche il CITO-test, un test che torna tutti gli anni e che alla fine è fondamentale per scegliere le scuole superiori. Determinati licei di Amsterdam, quelli dove tutti i genitori vogliono iscrivere i figli, selezionano in base ai risultati del CITO dell'ultimo anno.

Sul rapporto comunque non c'erano solo i risultati del test, ma anche osservazioni sul suo comportamento nel gruppo, sviluppo motorio, attività creative, come svolge i compiti indcati nel planning settimanale (ebbene si, è una scuola a indirizzo Dalton, responsabilità in sicurezza, e il giovedi fanno il planning individuale per la settimana successiva. Crescono dei piccoli project manager, tutto sommato).

Per farla breve: in olandese, preparazione alla lettura e alla scrittura ha preso D, sotto la sufficienza e voto più basso. In calcolo ha preso A, l'esatto opposto. In inglese va bene. attività creative pure e non si vergogna di fare gli assoli di canto davanti al resto del gruppo.

Mi ci voleva il rapporto per capire che questo figlio mio è la perfetta sintesi dei pregi dei suoi genitori? Anche nelle lingue va bene, me lo dimostra l'inglese, dove sono partiti tutti allo stesso livello. Per l'olandese migliorerà.

Shall I say more?

Preparativi scolastici

Oggi Orso cucciolo e Orso padre sono andati in missione speciale alla HEMA, (la standa olandese, ma bellissima), a comprare il portapane per la scuola (l'ha voluto identico a quello del fratello) e il mini-termos giallo. Poi ha chiesto e ottenuto un pacco di barrette di plastica per mescolare i cocktail, con tante stelline verdi sopra. il padre ha ceduto (poi sono io quella che riporta troiai in casa).

Venerdi sono andata al mio mercato preferito (Albert Cuyp) con Orso per comprargli la cartella, cioè lo zainetto. Tra ben due di Bob the Builder, suo idolo che quest'inverno ho fatto una fatica bestia a convincerlo del giubbotto nuovo, cercava sempre quello vecchio di Bob che ormai gli sta corto di maniche), uno di Cars, uno di Spiderman ecc. ha voluto quello con la foto di due cavalli.

(commento del padre: OK, per adesso ancora può, sessista del cavolo). lui anzi ci è rimasto male quando ha visto la signorina portarglirnr uno nuovo dal negozio, credeva gli avrebbero dato quello esposto. Poi la sera siamo partiti per il superweekend di compleanni dai nonni. Abbiamo usato lo zaino nuovo per mettergli i vestiti. Orgogliosissimo. Si è addormentato in macchina abbracciato al suo zaino.

Siamo prontissimi per mercoledi.

giovedì 7 febbraio 2008

Pietre miliari: primo giorno di scuola

A metà marzo Orso compie 4 anni e comincia la scuola nella classe unica di 1a e 2da per i piccini. Insomma, la scuola materna, ma accidenti quante cose gli fanno fare. Vaddasé che sarà la stessa scuola del fratello, stesso edificio provvisorio del suo asilo e del doposcuola.

La settimana scorsa mi sono ricordata che forse è ora di controllare le liste di attesa del doposcuola e farmi mandare il contratto, e prendere accordi con la scuola per i giorni in cui andare ad abituarsi. Si tratta di otto mattine intervallate con i giorni di asilo, prima del vero primo giorno di scuola.

Non che debba abituarsi a nessuno dei due: tra feste della scuola, accompagnare Ennio al mattino, le varie attività che svolgo io lì e me lo porto dietro, il fatto che la scuola è in fondo piccina (55 bambini per ora) lui conosce tutti e tutti conoscono lui, che i fratelli piccoli fanno presto a diventare le mascotte. Ha una gran voglia di iniziare e da quella volta che dopo la sorveglianza del venerdi la maestra di Ennio lo ha invitato a guardare un filmino didattico insieme, lui sa una cosa soltanto: voglio andare a scuola.

Lunedi vado a chiedere con chi dovrò mettermi d'accordo. La segreteria è in cucina (o la cucina è una segreteria) perché i locali sono pochi ed è molto piacevole per tutti avere un ritrovo conviviale per le attività non didattiche. Scopriamo così che non l'abbiamo mai iscritto. Succede, quando in una scuola direttrice e insegnanti e genitori danno così per scontato che stai per arrivarci.

Per fortuna oggi mi confermano che non è un problema e adesso sappiamo che:

mercoledì prossimo è il grande giorno, starà da solo a scuola tutta la mattina. Finisce in classse con la maestra Lizette, una biondina dolce ma dal carisma enorme. Li tiene nel pugno di ferro, quei casinari lì. E in classe ci sono Giulia e Matej che lui conosce dall'asilo. Forse anche qualche bimbo in più che lui conosce. (È una classe di casinisti e lui la mattina ha bisogno di tranquillità, speriamo bene).

Domani andiamo a comprare la prima cartella e il primo portapane insieme. Che meraviglia. Io ancora mi ricordo la spedizione in cartoleria per il mio primo giorno di scuola e la mia cartella giallo senape con mamma e baby elefante.

Mi sento così tanto mamma.

Tanto riesce a fare la prospettiva di un po'di shoping mirato.

mercoledì 6 febbraio 2008

Beviamoci un kompot

In genere a casa non beviamo cose comprate. Il capo è astemio, l'acqua di rubinetto mi va benissimo (anche se amo un po' di bollicine) e i bambini li tengo a razione altrimenti finiamo che non bevono più acqua (infatti si scolano litri di latte, anche quello mi tocca razionarlo a volte). Orso ha sviluppato quetsa insana passione per lo "schifo", che sarebbe quello che ha commentato la prima volta che ha insistito per assaggiare la cocacola, ma poi ci ha preso gusto. Ieri per esempio mi ha segnalato un camion di schifo, era quello che consegnava il prodotto, tutto pieno di loghi. Acc!

The e tisane quante ne vogliamo. C'è però una bevanda che faceva sempre la mia nonna polacca, che mi scordo sempre di fare, ma che merita di essere conosciuta. Si chiama Kompot ed è una specie di brodo dolce vegetale ma alla frutta (insomma, non sa affatto di brodo, ma la tecnica è quella).

Si mettono mele o pere, prugne secche o altro, con un bastoncino di cannella, o un chiodo di garofano, o una fettina di zenzero in un pentolone d'acqua fredda (io uso la pentola a pressione), si fa lessare e quando la frutta è pronta si filtra e si beve caldo o freddo. Io che sono una che si scotta mostruosamente la lingua con le bevande troppo calde, lo bevo tiepido o freddo, lo passo nel colino e lo metto in bottiglia e in frigo e la frutta tento di mangiarmela a colazione (poi mi va male che ho fame e mi attacco ai biscotti, vabbé, 85 kg. non sono una sciocchezza da mantenere, bisogna mangiarci sopra sennò mi sciupo).

Per spicciarmi qui in Olanda compro le confezioni di TuttiFrutti, frutta secca mista con prugne, albicocche e altre cose meno identificabili, perché la frutta secca lo rende più dolce. A volte l'ho fatto con il cranberry fresco, che gli dà uno splendido colore rosso, ma va abbondantemente corretto con il dolce. Le spezie riscaldano e talvolta ci metto anche una fettina di limone o bergamotto, il mandarino sbucciato che Orso mi fa mummificare in giro perché ne mangia due spicchi e poi se lo dimentica e si secca, ma per il kompot va anche quello.

Quel bambino ha ripreso in questo da mio suocero: che se è di vena si fa fuori una mela intera compresi buccia, semi e torsolo (e forse, una volta, sospetto anche il picciolo), ma più spesso si lascia andare a passioni improvvise, mi comincia a mangiare una mela e poi trovo i pietosi resti in giro nei posti più impensati, sotto al divno, dietro al termosifone, nel suo letto, cose così, in vari stati di decomposizione.

Insomma, bevete il kompot che fa bene ed è sano.

lunedì 4 febbraio 2008

Pinolizzazione

Dopo quanto ho detto nel post precedente sulla rucolizzazione, posso solo aggiungere che il prossimo trend prevedo sia la pinolizzazione. Che dai pinoli non riusciamo più a salvarci.

E pensare che quando andavo al liceo, colonia marina mussoliniana circondata da pini marittimi, il bidello signor Marchetti raccoglieva tanti pinoli e per me era sempre un mistero capire cosa ci facesse. Secondo me è un mistero per lui capire come è possibile oggigiorno sbattere un pinolo ovunque, dal potage all'insalata. Io ci ho fatto un dolce, tanto per fare tendenza.

Ingredienti:
- 3 uova intere
- 170 gr. di zucchero semolato
- 170 gr. di burro fuso
- 160 gr. di farina doppiozero
- 1 cucchiaino da te di lievito per dolci
- 2 manciate di pinoli
- buccia grattuggiata di 1 limone bio

Facoltativa:
- panna montata a.l.
- altri pinoli a.l. per decorare la panna

Sbattere tutti gli ingredienti nell'impastatrice, mescolarli bene, versare la pastella in una forma di silicone (e se proprio vogliamo esagerare cospargere prima il fondo della forma con ulteriori pinoli o altri elementi graziosamente decorativi purché commestibili), mettere la forma in un forno già caldo a 180 gradi e cuocere per 40 minuti, controllare con uno stecchino se cotto, e altrimenti farlo stare ancora un po'. Versare su un piatto o tagliere e servire a fetine, accompagnte da un quantitativo più o meno esagerato di panna accanto, cosparsa (la panna) di pinoli.

domenica 3 febbraio 2008

Rucolizzazione

Un po' di anni fa si è assistito alla rucolizzazione della ristorazione, almeno in Olanda, ma sospetto in ben altri posti sia successo lo stesso. Intendo dire che improvvisamente, sempre, ovunque e in ogni salsa, sui menu e tra gli ingredienti compariva la voce 'rucola'. Pesto alla rucola, sandwich con rucola, marinata di rucola, pasta e risotto alla rucola e non c'era specialità del giorno che non venisse servita su un lettino di rucola.

Ora, a casa mia la rucola si chiamava ruchetta ed era un'erba selvatica che quei fanatici di zia Ughetta e Zio Walter si andavano a raccogliere sempre e ovunque passeggiassero. Poi a casa si metteva nell'insalata. E tutti li predevano per dei maniaci. Improvvisamente, invece, faceva figo. E dagli addosso con la rucola.

A un certo punto sono diventata, senza la minima intenzione, la spigolatrice nazionale d'Olanda della rucola selvatica. Prima Diny Schouten per la sua rubrica su quello che è il mio settimanale preferito, mi porta con il suo fotografo a raccogliere rucola ad Ijburg, queste isole artificiali che un paio di anni fa hanno creato fuori dalla tangenziale di Amsterdam, nel bel mezzo di un lago ventoso, con tutta l'architettura moderna sullo sfondo. Poi la televisione di Amsterdam decide di farmi parlare di rucola, e vai con Ennio di 1,5 anni e una bandana rossa con la regista per montarozzi sabbiosi a vedere la differenza tra fior di rucola e fiore giallo generico (e le maestre dell'asilo il giorno dopo: ma era proprio lui in TV?) Infine, un ente di protezione della natura pubblica un libro sulle piante commestibili del bosco e del fosso, e di nuovo mi chiedono della rucola.

"Ma tu ne vai spesso a cogliere per mangiarla" mi chiedono. Maché, solo con la stampa riunita. Però poi ci prendo gusto e per una primavera ho ripulito dalle erbacce (piantine tenere di rucola) che spuntavano tra le mattonelle tutto il cortile dell'asilo, solo perché erano recintate e sapevo con certezza che mai cane pisciante ci aveva messo piede.

Ora, la domanda sarebbe: embé? Che c'è di particolare nell'andarsene a raccogliere rucola in giro? Non per noi italiani, che tra hunter e gatherers sicuramente apparteniamo a questi ultimi.

Ma gli olandesi no. Gli olandesi, se non c'è la lista degli ingredienti e la data di scadenza sopra, non si fidano a mangiarla, la roba. Tranne il pesce, ma questo è un altro discorso. E gli olandesi, mai e poi mai, si mettono a cogliere roba così, dal ciglio della strada. A parte che non si sa mai bene se è proibito o no. Uniche eccezioni le more di duna, e qualche volta i fiori di sambuco per lo sciroppo. Ma sono pratiche in via di estinzione curate per abitudine da chi a suo tempo si è fatto il famigerato "inverno della fame" durante la guerra. Che per il trauma di aver dovuto mangiare i gatti per necessità in quei tempi, a tutt'oggi nessuno mangia quasi più il coniglio.

Infatti l'argomento decisivo della trasmissione TV è stata, mostrando il mazzetto di rucola colto in diretta in mezzo minuto: "Questo qui al supermercato meno di 5 euro non lo pagate".

E anche così, non ho l'idea che nel frattempo la rucola sia diventata rara come la stella alpina da quest parti. Per dire che più del dolore al portafoglio conta la paura della propria responsabilità. Perché, diciamocelo pure, se rimani invalido per colpa della rucola self-picked, chi glielo racconta a quelli dell'assicurazione?

venerdì 1 febbraio 2008

Computerdipendenza

Gnorpo One adora il computer. Che si tratti di guardare cartoni o video musicali su youtube, o giocare ai giochini di due siti di cui sa il nome, ma per fortuna ancora non sa scriverlo e qualcuno deve farlo per lui, una volta online si fa fatica a staccarcelo.

I primi tempi, preso dal gioco, evitava persino di andare in bagno, con risultati umidi. Poi veniva vergognoso: "mi sono fatto pipì nei pantaloni" e noi esplodevamo in sfuriate. Su minaccia di tagliargli i giochini adesso non lo fa più. Ma spiccicarlo dal computer, si continua a far fatica.

Il capo ha deciso da tempi immemorabili di cannibalizzare tutte le parti vecchie di computer che abbiamo in casa per fargliele uno loro, con un timer che regoli la durata di utiizzo, e ogni sorta di filtri e controlli. Io sono scettica, ma sapendo come funzionano le cose in questa casa, saggiamente taccio. Andrà a finire che uno degli Gnorpi imparerà a costruirselo da solo il computer, prima che il padre abbia tempo di mettercisi.

E poi, diciamocelo, a me fa comodo delle volte parcheggiarli davanti al computer, vito che non abbiamo TV e che io lavoro da casa. Tremo solo all'idea che fra poco sarà perfettamente capace di scriverselo solo il nome del sito dei giochini.
Ma anche quello delle lezioni di anatomia dei bambini, che è la sua ultima passione e mi sono rinfrescata recentemente la posizioneprecisa degli organi interni, per dire, il pancreas mica sapevo bene dove stava, così sui due piedi, e invece adesso lo so.

Oggi, dopo essere andati dal medico e a fare la spesa (si, ha un'otite e se la tiene senza antibiotici, solo anagesici), dovevo assolutamente finire una traduzione che mi trascino da troppo tempo per un signore siculo caruccio. Lo metto davanti al computer con il maxischermo e io con il laptop a letto a tradurre. Finita la traduzione, decido che mi merito un pisolo, che in fondo sono malaticcia anch'io, ho fatto controlare dal medico anche le orecchie di Orso che non voleva ("le mie orecchie non sono rotte", diceva) ma non le mie, che invece sono sicura di averle un po' scassate, lo sento contro la tonsilla dolorante. Vabbé, noi madri. Pisolo.

In quel momento arriva Gnorpo One. "Amore, hai finito di giocare?"
"Sai, io ho pensato che forse tu non vuoi che gioco così tanto, allora sono venuto qui".

Un'ondata di orgoglio materno, ma che bambin ragionevole che ho.

"E poi il computer si è un pochino rotto".

"Ti si è rotto a te?"

"No, si è rotto da solo, e io voglio un pochino dormire"

Si infila accanto a me, mi infila due piedi gelidi tra le gambe, e ci godiamo un'altro di questi splendidi pisoli abbracciati di quando stiamo male. Basta che non gli tocco l'orecchio. Mi prende però la mano e se la tiene sul couzzolo della testa.

Povero Gnorpo One, non solo è malato, ma le cose gli si rivoltano contro.

Incostanza (101)



Ossignore, questo è il mio 101esimo post e neanche me n'ero accorta di averne fatti cento.

E pensare che mi accusano di incostanza.

Grazie a tutti per i commenti e l'incoraggiamento, senza mica ci arrivavo a tanto.

Mi autocelebro con una bella foto dei cuccioli fatta da Antonio di Maggio, in una sua bellissima serie di un anno e mezzo fa.

Preparativi di fuga

Inutile, a me tra gennaio e febbraio pesa l'Olanda, il clima olandese, le giornate così buie, le influnze ricorrenti, l'inverno che non ha l'aria di voler finire prest, anzi, che sembra appena cominciato.

I primi anni tornavo in Italia per una settimana, in questo periodo. Era l'ideale, tornavo a Tortoreto e lì c'erano le mimose in fiore, anche se era brutto tempo sembre meglio di qua, amminavo sulla spiaggia deserta e mi annusao l; odore delle mareggiate, mangiavo, respiravo liberamente, vedevo famiglia e amici, ricaricvo le batterie e voilà: rientravo che le giornate lì avevano giusto cominciato ad allun garsi, più che in Italia, con un colpo solo allungavo di due volte le giornate.

Poi il lavoro, la ditta, i figli, le fughe di fine inverno sono diventate un ricordo.

L'inverno scorso stavo proprio messa male, sapevo di dover far qualcosa o rischiavo seriamente un burn-out. Così per le vacanze di febbraio ho affidato i cuccioli ai suoceri, con la scusa di dovermi fare un corso di polacco intensivo a Cracovia, e sono stata a farmi coccolare da zia e cugine, in una famiglia di femmine, che mi fa così bene a volte. e ho studito come un'assatanata.

Dico io, ma è l'etica protestante e calvinista, che quando sto per avere l'esaurimento nervoso, invece di andare una settimana alle terme devo giustificarmi con un corso intensvo e il lavoro? Boh.

quest'anno stavo per fare la stessa cosa, con la differenza che adesso a Cracovia c'è la mia mamma con a sua casettina, e andare nel nido una settimana mi sembrava un'idea splendida.

Poi ci ho ripensato: ho deciso che per una volta non devo sentirmi in colpa a fare quello che piace a me.

E allora ho prenotato per l'Italia, ho allertato un tot di amiche che non vedo mai e quando le vedo e sempre di corsa, durante le vacanze, con marito e figli al seguito che vanno accuditi e che non riusciamo mai a farci una ciacchierata core a core tra femmine, da troppi anni.

Arrivo al nord e riparto da Roma. 9 giorni (e ho già sistemato tutte le babysitter che mi devono coprire il paio di giorni di scuola extra, visto che prima di ciò sono in austria 3 giorni con i miei clienti rpeferiti e il loro consiglio di amministrazione).

Libera, programmi minimi, e una grandissima intenzione di coccolarmi e farmi coccolare.

Che senza un po' di sano egoismo, come si fa a dare agli altri?

Esercitazione antincendio

Stamane, come d'ccordo, abbandono Ennio ancora malaticcio davanti a un cartone e on Orso andiamo a prendere l'amichetta A. che oggi viene all'asilo con noi. A. e Orso sono proprio belli insieme. Oltre a essere quasi gemelli (lui ha anticipato di una settimana, altrienti rischiavano di nascere lo stesso giorno), sono in grande confidenza e chiachierano volentieri.

"Mio papà mentre stavamo giocando mi ha fato male" fa lei.
"Oh, quanto mi dispiace per te" fa lui empatico. Decisamente questo mio figlio sa parlare con le donne.
"Papà è un cattivone"
"Si, papà è un cattivone" si scambiano grandi risate complici.

Entriamo all'asilo in tempo per vedere tutta la classe di Orso che accompagnata dalle maestre si direge verso il corridoio del doposcuola. Cavolo ci faranno lì? mi chiedo.

Una tipa bionda in giacca che ho visto in giro delle volte ma non è una delle maestre, si volta verso di noi e fa: stiamo facendo l'esercitazione antincendio, venite, presto, seguiteci anche voi.

Arriviamo davanti alla porta d'ingresso del doposcuola.

"E adesso, usciamo"
"No, normalmente si e ci riuniamo al parcheggio, ma oggi fa troppo freddo, basta che siamo arrivati alla porta".
"Avete preso la cartella?" fa la bionda.
"Ecco, vedi, la cartella" fa Anouk, e torna in classe a prenderla.
"così, fa la bionda, potete controllare le presenze ed accertarvi che avete tutti i bambini, e avete anche i numeri di telefono per avvertire i genitori".

Torna Anouk con la cartella "Che fortuna, le fiamme ancora non ci erano arrivate," scherza, "ma sai, "fa alla bionda" eravamo così prese dai bambin che non ci abbiamo più pensato".

La bionda concorda che i bambini sono assolutamente la priorità. In tutto questo io muoio di caldo, tutta imbacuccata, ma Orso e A mi hanno già mollato cappelli, giacche, sciarpe e ombrelli.

"Adesso dobbiamo aspettare che venga Ada".
In quel momento spunta Ada "Quando avete portato i bambini al sicuro, l'idea è che una di voi venga ad avvertirmi, così so a che punto siamo".

Chiarito ciò, mollo Orso nella sua classe e porto A. nella sua, che sta riunita vicino all'altra porta di emergenza. Anche lì, rientriamo con i bambini e noto che nell'aula un neonato si dondola nell'amaca.

"Vi siete scordati un neonato nell'incendio" scherzo.
"No, fa la maestra, e mi mostra la bambola che si sono portati fuori al posto del piccolo che dormiva pacifico ed era un peccato svegliarlo per l'esercitazione. Ma che bello, quanto sono precisi.

"Ho portato A. che ha un giorno extra oggi, la viene a prendere suo padre" informo l'altra maestra
"Si, però anche nel giorno extra deve essere qui alle 9:30"(e saranno le 10:15).

"Senti pallina, ho dovuto portar fuori il mio, ne ho un'altro ammalato in casa, sto poco bene anch'io, sua mamma è immobilizzata, che farci, è andata così" le rispondo.
Ma che palle, quando sono così precisi. Ci siamo appena esercitati a scampare a un incendio e tu vai a guardare l'ora?

Ma io gli olandesi proprio non li capisco. Le emergenze, potrai pure esercitarti, ma mica le puoi pianificare come i giorni normali?

Bello e impassibile

Chiama ieri l'amica Ma. per chiedermi se le porto all'asilo la bimba, coetanea per la differenza di una settimana di Orso, perché lei si è slogata una caviglia e fottuta il tedine di achille. Ma certo, ci mancherebbe. Non è che sei incinta, chiedo, memore dell'atroce storta che beccai al 5 mese di Orso e che mi ha fatto male per almeno altri 5 mesi. Avrei preferito rompermi qualcosa, toh, piuttosto che quel dolore lì.

No, fa lei, correvo dietro all'autobus e sono caduta tra autobus e marciapiede. Ma l'autista mi ha aspettata, i passeggeri mi hanno caricata a braccia e il dottor Me. mi ha riportata a casa.

Ah, donna fortunata. Il dottor Me. (sospiro). Il dottor Me. è l'unico medico maschio del nostro ambulatorio. Il dottor Me. è il sogno bagnato di tutte le madri che incrocio alla sabbiera, più siamo sposatissime, nei secoli fedeli e possediamo maschi belli in proprio, più ci piace il dottor Me., ma non è il nostro medico di famiglia. Lo era dell'amica Ma. Che poi ha cambiato ed ha chiesto di passare alla dottoressa J., la nostra, perché lui lo trovava poco comunicativo. Un gran bell'uomo alto, biondo, lineamenti regolari, quell'aria giovane che hanno i nordici belli, bello e impassibile (come tanti di questi begli uomini nordici).

L'amica Ma. aveva problemi di comunicazione con il dottor Me. Per carità, medico competente, lo so che una volta gli ho portato d'urgnza Ennio di pochi giorni che non solo aveva il mughetto, ma proprio mentre gli descrivevo telefonicamente quelle macchiette bianche di cui ignoravo tutto (che erano le 17 e 01 e c'era rimasto solo lui per caso in ambulatorio) notai che Ennio si era fatto tutto grigiastro e assolutamente inerte.

"Me lo porti in ambulatorio"
"Cioè, adesso?" abituata come sono che fuori orario in Olanda al massimo ti prendono un appuntamento per il giorno dopo.
"Si, immediatamente".
Me lo ha guardato, controllato e in 30 secondi si è fatto passare il pediatra di turno all'ospedale, dicendogli che gli mandava un neonato cianotico e inerte e di aspettarlo al pronto soccorso. "Non è sicuramente niente, mi disse, ma questi bimbi così piccini meglio tenerli bene d'occhio e star sicuri". Da allora il dottor Me. è il mio eroe, che farci, noi puerpere abbiamo ancora gli ormoni scombinati e siamo facilmente influenzabili. Poi come il pediatra gli ha messo uno stetoscopio sulla schiena Ennio ha cominciato ad urlare e piangere, si è fatto tutto rosso, e in mezzo secondo non era più né cianotico né inerte.

(Poi un mese dopo, in un'articolo sul pronto soccorso del nostro ospedale e i suoi lunghi tempi di attesa, in quanto unico del centro e quindi si ritrova turisti, tossici, incidenti stradali, più tutto il bacino d'utenza normale, leggiamo: "un venerdì di inizio febbraio, sala d'aspetto del pronto soccorso XY. Un ubriaco inveisce seduto in un angolo, due poliziotti portano dentro un turista inglese caduto nel canale e in stato confusionale, la centralinista allerta il pediatra che sta arrivando urgentemente un neonato cianotico e inerte su indicazione del medico di famiglia." Siamo noi, abbiamo pensato, appena nato e già sul settimanale di famiglia).

Ma l'amica Ma. iraniana di formazione francese faceva fatica a farsi strada in questo uomo impassibile (ma è olandese), laconico (ma è un uomo), che rispodeva a dubbi esistenziali solo se interrogato e non di sua iniziativa (ma è fatto così, tu chiedigliele le cose) e siccome aveva in quel periodo disturbi ginecologici, glielo ha detto subito: sa, magari per la natura dei miei problemi forse ho più confidenza con un medico donna, se non le spiace passo alla sua collega, e così fu.

Che abbiamo da scegliere tra la dottoressa B., indonesiana, che a differenza dei colleghi ti prescrive quello che vuoi senza discutere, vuoi farti la TAC al'unghia incarnita? e facciamola, se ti tranquillizza, e che bisogna sempre aspettare almeno 45 minuti sull'orario dell'appuntamento, ma poi ti ascolta per benino e ti spiega tutto (e anche questo ha i suoi estimatori da queste parti) e la dottoressa J., olandese, bionda, laconica e competente, ma molto carina e con una sensibilità particolare per i casi di (in)fertilità, figli e robe familiari (ed essendosi presa una volta un congedo per adozione, sospetto il perché). Lei la amo da quando oltre 10anni fa, appena arrivata ad Amsterdam, dopo un predictor (falso) positivo le sono piombata sprizzante gioia in ambulatorio per poi scoprire che il suo, di test, era negativo. Mi ha spiegato con dolcezza che con queste diagnosi cosi precoci un mucchio di volte una si diagnostica troppo presto una di quelle mini-gravidanze che iniziano da sé e altrettanto da sé cessano, senza che ciò voglia dire nulla sulla tua capacità procreativa, e anzi, continuate a provarci serenamente, che è tutto nelle statistiche. Così solo 4 anni e mezzo dopo ho cominciato a chiedermi se fosse il caso di approfnodire le cause di tutti quei test negativi e forse l'ho pensato che ero incinta da un paio di giorni e ancora non lo sapevo.

Tutto questo il dottor Me. probabilmente non me l' avrebbe mai detto. Però per una storta alla caviglia, che culo incontrare proprio lui sull'autobus.