sabato 31 ottobre 2009
Romanticismo autunnale olandese
Ultimamente, colpa anche di tutti i blog che non parlano di altro, mi sono data all'autarchia. Mi sto covando una pasta madre che non si è capito che intenzioni ha, ho scoperto il piacere del burro e dello yougurth fatto in casa e su esempio di Lerinni mi sono pure cimentata con il labna (dirò in un altro post).
Tutte queste ultime cose ovviamente verrebbero molto meglio con il latte crudo, per cui me lo sono andata a cercare, anche perché mi ricordavo di un pecoraio verso Ransdorp che fa lo yogurth buonissimo che si compra Marina.
Ma tutti questi villaggetti appena fuori dalla tangenziale ne hanno di contadini. Sono così approdata a boer Disseldorp, a Zunderdorp, e oltre a procurarci il latte crudo conservato a freddo nel distributore a moneta di cui parlo qui, ho fatto foto di un romantico, crepuscolare e nostalgico che che faccio, non ve le faccio vedere?
Il pilone ci ricorda che sempre vicino alla città stiamo.
Però voglimo mettere la luce di fine giorno e la foschia?
Queste mucche le rubo a Marina, tanto lei ne ha di altre.
E la tipica fattoria del Noord-holland, una regione sotto il livello del mare e particolarmente ventosa. La stalla e il granaio hanno questa forma a piramide proprio per offrire meno resistenza al vento che soffia da parecchie direzioni e così non se lo porta via.
E anche il fienile segue la stessa logica: un tetto a piramide che scorre sui pali, così mano a mano che il livello del fieno si abbassa, viene abbassato anche il tetto in modo da tenerlo ben coperto.
E qui vi lascio con l'albero solitario accanto al capanno
e il canaletto che scorre verso l'infinita piattezza sotto un cielo piatto.
Che se non è Paesi Bassi questo, allora vorrei proprio sapere cosa lo è.
Gli zii e i cugini
Io ho degli zii fantastici. I miei zii, in realtà, sono un sacco e sono i cugini di mio padre.
Così la settimana scorsa non solo ho scroccato una cena e un mezzo pieno allo zio preferito (uno dei tanti zii preferiti) che il distributore non accettava carte e io avevo finito i contanti, ma siamo finiti a parlare di Chomski, e di Marcel Danesi, e del prossimo libro di mio zio, che è pazzo, intendiamoci, ripassatevi le leggi di Mendel se non ci credete, ma è anche un genio (e anche qui, ri-ripassatevi le leggi di Mendel), magari incompreso, ma solo perché siamo noi che non ci arriviamo.
Mio zio che si rammarica di aver dato l'esempio sbagliato ai figli, ad aver seguito così testardamente i suoi sogni filosofici. Che a seguire le passioni poi non sai di che pagare il mutuo, lui magari si, ma i figli al giorno d'oggi? Che si preoccupa per Titti, la vede così fragile, ma i padri sono tutti così e lei invece è determinata e concreta, di che ti preoccupi?
E poi ho saputo da mio cugino (che i miei cugini sono i figli dei cugini di mio padre), che suo padre mi legge sempre e talvolta si incazza per quello che scrivo e allora faccio un annuncio pubblico: ma un commentino ogni tanto no? che quando l'ho sentito mi è venuto un colpo, mica ci penso ai parenti che mi leggono silenziosamente. Se lo facessi smetterei.
E poi la cugina-zia, tecnicamente mia cugina (vedi sopra), ma maggiore di mio padre e quindi sempre chiamata zia, che è venuta a vedermi a Roma parcheggiando in sosta vietata e poi è scappata via, sempre vitale come una farfalla anche lei.
Eravamo una famiglia numerosa, lo siamo sempre di più grazie ai nuovi acquisti, ma ci vediamo sempre meno. Mio padre era il grande accentratore, poi ho tentato di esserlo io, adesso mi chiedo, ma chi me lo fa fare?
Però rivedermi i pescaresi tutti in blocco e presenti a Pescara, pure zia Teresina novantenne, con il suo tailleurino pied-de-poule e il baschetto nero, seguita dal suo clan quasi completo, e il clan zio Carlo, che se non era per lui e le sue ripetizioni di matematica continue, col cavolo che mi diplomavo allo scientifico, mi ha fatto un piacere enorme. Il clan conta sempre un pochino, a quanto pare.
Quindi, cari zii e cugini di passaggio su questo blog, ogni tanto fatevi pure sentire così mi regolo.
Così la settimana scorsa non solo ho scroccato una cena e un mezzo pieno allo zio preferito (uno dei tanti zii preferiti) che il distributore non accettava carte e io avevo finito i contanti, ma siamo finiti a parlare di Chomski, e di Marcel Danesi, e del prossimo libro di mio zio, che è pazzo, intendiamoci, ripassatevi le leggi di Mendel se non ci credete, ma è anche un genio (e anche qui, ri-ripassatevi le leggi di Mendel), magari incompreso, ma solo perché siamo noi che non ci arriviamo.
Mio zio che si rammarica di aver dato l'esempio sbagliato ai figli, ad aver seguito così testardamente i suoi sogni filosofici. Che a seguire le passioni poi non sai di che pagare il mutuo, lui magari si, ma i figli al giorno d'oggi? Che si preoccupa per Titti, la vede così fragile, ma i padri sono tutti così e lei invece è determinata e concreta, di che ti preoccupi?
E poi ho saputo da mio cugino (che i miei cugini sono i figli dei cugini di mio padre), che suo padre mi legge sempre e talvolta si incazza per quello che scrivo e allora faccio un annuncio pubblico: ma un commentino ogni tanto no? che quando l'ho sentito mi è venuto un colpo, mica ci penso ai parenti che mi leggono silenziosamente. Se lo facessi smetterei.
E poi la cugina-zia, tecnicamente mia cugina (vedi sopra), ma maggiore di mio padre e quindi sempre chiamata zia, che è venuta a vedermi a Roma parcheggiando in sosta vietata e poi è scappata via, sempre vitale come una farfalla anche lei.
Eravamo una famiglia numerosa, lo siamo sempre di più grazie ai nuovi acquisti, ma ci vediamo sempre meno. Mio padre era il grande accentratore, poi ho tentato di esserlo io, adesso mi chiedo, ma chi me lo fa fare?
Però rivedermi i pescaresi tutti in blocco e presenti a Pescara, pure zia Teresina novantenne, con il suo tailleurino pied-de-poule e il baschetto nero, seguita dal suo clan quasi completo, e il clan zio Carlo, che se non era per lui e le sue ripetizioni di matematica continue, col cavolo che mi diplomavo allo scientifico, mi ha fatto un piacere enorme. Il clan conta sempre un pochino, a quanto pare.
Quindi, cari zii e cugini di passaggio su questo blog, ogni tanto fatevi pure sentire così mi regolo.
mercoledì 28 ottobre 2009
Un giretto in montagna (si, anche lungo la Statale 17)
Ha ragione Graziella a dire che sto fuori come un balcone: invece di andare alle terme un paio di giorni che sto senza figli e ho speso dei soldi, io mi metto a fare i tour de force.
Però è stato molto bello e ho incontrato gente e fatto cose e mangiato cose buone. Mi è solo dispiaciuto di essere stata troppo poco in Abruzzo, questo si. Ma grazie a Manuela che mi ha messo in mano la sua macchina, lunedi mi sono andata a fare un giretto dalle parti di casa, per riguardarmi le montagne in abito autunnale, entrare a casa e vedere cosa hanno fatto.
Lascio quindi parlare le foto.
A Popoli mi fermo al volo per prendermi un caffé con Grazia, la moglie di mio zio Piero, che lavora lì e mi rinnova l'offerta di ospitalità per mamma, cosa che mi fa un gran bene. Mi sa che ne approfitterò io la prossima volta che scendo con i bambini. E da Popoli prendo la Statale, e mi avvio verso le svolte, per salire a San Benedetto in Perillis. E chissà quanti pastori e quante greggi l'hanno fatta prima di me questa via.
Al comune, mentre aspetto, faccio una foto al gonfalone, per ricordo.
Comunque ce n'è di attività in Piazza: non solo è invasa da mezzi ed operai che stanno mettendo su le casette (che gli è toccato farsi da soli, visto che questo gioiello di borgo con l'abbazia benedettina più antica d'Abruzzo non è stato considerato terremotato abbastanza da entrare nel cratere). Ma c'era anche questa signora che vendeva fiori e non ho potuto lasciarceli. Ho preso dei crisantemi color ruggine per papà e dei ciclamini per Manuela.
Al comune sono stati felicissimi delle coperte e dei vestiti che Manuela ha raccolto con la sua Onlus: alcuni sfollati vengono ospitati temporaneamente in alcune stanze del comune, ma spero abbiano al più presto un angolo tutto loro.
Ed ecco le famose casette in costruzione. Poi sono ripartita ed è stato un piacere enorme guidare con questo sole e i colori autunnali. Decisamente da queste parti è l'autunno la mia stagione preferita.
Questa invece è una delle chiesette del tratturo, con il tipico porticato delle chiesette tratturali abruzzesi, che facevano da stazione di posta e tappa notturna per i pastori.
Sono andata direttamente al cimitero, che a Ofena è carinissimo: qui mi devono mettere l'urna cineraria, a suo tempo.
Sulla tomba di papà c'era già un vaso di crisantemi. Maria Teresa, ovviamente, che dopo me l'ha confermato. Maria Teresa è la nostra vicina ed amica, un'istituzione per noi che abitiamo intorno alla Macchietta, una piazzettina tra le scalinate Sa fare tutto, aiuta tutti e se non ci fosse lei avrei un motivo in meno per tornare ad Ofena.
Mia madre ha quest'abitudine di fare la foto alle tombe, specie se la visita al cimitero diventa una riunione di famiglia. A me all'inizio sembrava strano, adesso lo faccio anch'io. Questo è il mio pro-prozio Antonio, altra istituzione di famiglia.
Proprio oggi, il sindaco di san Benedetto, che da quando l'ha letto è diventato fan del libro, mi diceva di aver conosciuto sia lui che mio zio Ginetto. Che tanto in questi paesi se non si è parenti si è compari e comunque ci si conosce tutti di vista. Per questo è stato particolarmente distruttivo spargere tutti gli sfollati lontanissimi tra di loro. Si è sfaldato un tessuto sociale e familiare che reggeva da secoli.
Io li capisco benissimo gli 'irriducibili' che rifiutano di lasciare le tende se costretti a spostarsi lontano. Ma loro hanno bestie da accudire, campi da coltivare, un lavoro, una scuola a cui andare. Si è pensato troppo ai costruttori e troppo poco a chi nelle CASE ci deve andare ad abitare (o non può andarci ad abitare).
A casa ho visto i lavori di messa in sicurezza: mi è andata bene rispetto ai vicini
a cui hanno bloccato le finestre.
È vero che in queste case non ci si può abitare adesso, ma magari si potevano tenere i rinforzi per dopo, quando verranno risistemate.
Poi si è fatto notte con tutte le persone che ho incontrato e con cui mi sono voluta fermare a parlare un attimo.
E cosa non darei per poter dormire di nuovo qui. Ma ci piove dentro e me lo tengo. Non posso neanche salirci a fare una copertura.
Mi hanno detto che Titti ha mollato la carriera bancaria a Milano ed è tornata all'Aquila. Dice che preferisce fare la cameriera lì che la manager su. E vuoi che non la capisca? Ma lei è giovane e ce la farà a mettere insieme i suoi sogni sparpagliati. E io sono un pochino meno giovane, ma tanto ci riuscirò anch'io.
martedì 27 ottobre 2009
Il video di Trento (grazie)
Ci sono donne che i fidanzati si che se li sanno scegliere. Mi riferisco a Stefania, una delle organizzarici della serata a Trento insieme a Sonia che ha fatto le PR e Elena.
Insomma, il sant'uomo ci ha scarrozzate, a rischio di metter sotto un cane (e noi stronze abbiamo pure detto: io, se lo metti sotto esco dalla macchina dicendo, non c'entro niente, sono una scrittrice, scusate ho un impegno e me ne vado. La fidanzata avrebbe detto: io sono la sua addetta stampa e mi avrebbe seguito, e lui lo lasciavamo lì a vedersela con il padrone e il cane. Fortunatamente tutto ciò non è successo).
Dicevo il sant'uomo e la santa donna sua fidanzata, che mi hanno prelevata alla stazione, portata a vedere il Nettuno e mangiar canederli e capocollo di maialino con i crauti, e poi riaccompagnata in stazione la mattina dopo e restituito la chiave di casa ad Elena, il sant'uomo è anche un professionista del video. E si vede tutto. No, dico, guardate il montaggio:
(Cioè, io come riesco a fingere di essere grassa e avere il doppiomento in questo video, mai nella vita, ma ero nervosissima, oppure consoliamoci, sono una grande attrice per i ruoli da sciura sovrappeso).
Grazie di tutto, ragazzi. E a buon rendere.
E chiunque altro abbia bisogno di un video, potete cercarlo qui: www.latocreativo.net
Insomma, il sant'uomo ci ha scarrozzate, a rischio di metter sotto un cane (e noi stronze abbiamo pure detto: io, se lo metti sotto esco dalla macchina dicendo, non c'entro niente, sono una scrittrice, scusate ho un impegno e me ne vado. La fidanzata avrebbe detto: io sono la sua addetta stampa e mi avrebbe seguito, e lui lo lasciavamo lì a vedersela con il padrone e il cane. Fortunatamente tutto ciò non è successo).
Dicevo il sant'uomo e la santa donna sua fidanzata, che mi hanno prelevata alla stazione, portata a vedere il Nettuno e mangiar canederli e capocollo di maialino con i crauti, e poi riaccompagnata in stazione la mattina dopo e restituito la chiave di casa ad Elena, il sant'uomo è anche un professionista del video. E si vede tutto. No, dico, guardate il montaggio:
(Cioè, io come riesco a fingere di essere grassa e avere il doppiomento in questo video, mai nella vita, ma ero nervosissima, oppure consoliamoci, sono una grande attrice per i ruoli da sciura sovrappeso).
Grazie di tutto, ragazzi. E a buon rendere.
E chiunque altro abbia bisogno di un video, potete cercarlo qui: www.latocreativo.net
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se non ci fossero gli amici,
Statale 17
venerdì 23 ottobre 2009
In turné
Davvero avrei bisogno di alcune ore se volessi mettere giù tutte le belle persone che ho praticato in questi giorni. Due giorni a Torino e una notte a Trento in cui: ho dormito una mattina fino alle 11 senza neanche rendermene conto, chiacchierato fino a notte fonda, ho conosciuto un' infinità molto finita, ma l'iperbole è una figura di stile, di blogger che mi hanno confermato che è proprio vero, se una persona la conosci virtualmente prima e in faccia dopo, non è che ci sia questa grande differenza, comunque ti riconosci e il discorso invece di costruirlo tutto da capo lo porti avanti da dove ti eri interrotto.
Ho rivisto due amiche di Amsterdam remigrate che davvero vedo troppo poco e con cui davvero potrei fare un sacco di cose, a fare lo sforzo di vedersi di più, ma intanto ci siamo riviste perché ci siamo volute rivedere e questo è un inizio.
Ho mangiato un sacco di roba buona ed ho saccheggiato Eataly (scusa capo, ma giuro che è l' unico shopping che ho fatto e farò ed è tutto da mangiare), ho fatto ore di treno e stamattina scendo a Roma cobas permettendo, che Maura mi iperventila da due giorni all' idea che potrei non arrivare per tempo alla presentazione. Ma ci arrivo.
Il caffé Basaglia è un gran bel posto e spero di portarci una serata abruzzese alla prossima. La libreria Rileggo e la presentazione sono state molto carine, con tante persone interessate e una bella chiacchierata. E anche se non sono riuscita ad invitarci le Derelitte, in loro onore la fontana del Nettuno me la sono visitata. Caruccia Trento, proprio da tornarci con calma e con i maschi.
E poi sono arrivata a Roma, saltando su un taxi che si è un po' perso tra i vicoli, ma sono arrivata all' Emporio alla Pace. Che è stato un po' un tornare a casa: abruzzessi i gestori (e a me già l' idea di un Bookstore Bar piace da matti, se poi ha quelle belle poltrone e divano accoglienti in velluto rosso è pure meglio). Abruzzesi gli ospiti, alcuni almeno, parenti e amici gli altri. Mi sono vista in faccia anche se troppo brevemente con tre blogger che pratico da tempo, Animapunk, Piattini Cinesi e Yeni Belquiz, oltre a rivedere Farouche.
E confermo tutto: la Rete, che modo fantastico di conoscere delle anime affini, e incontrarle di persona non fa altro che proseguire la conversazione su altri piani. Ma tanto ci si conosce già.
Poi ovviamente che Farouche si sia scoperta mezza cugina con il Provocatore, che Piattini conoscesse già i miei editori, che tutta un' altra serie di agnizioni non sono mancate ecc. ecc. era anche prevedibile.
Rettifica: non era Piattini, ma ti somiglia un sacco comunque. però l'ho scoperto solo il giorno dopo.
Il che spiega anche la dicitura sullla fascetta del libro: storie e rivelazioni dalla terra del sisma. Rivelazioni, proprio quello che mi mancava, nella vita.
Comunque, grazie a tutti. Quelli che c' erano, soprattutto, e quelli che non c' erano.
Ho rivisto due amiche di Amsterdam remigrate che davvero vedo troppo poco e con cui davvero potrei fare un sacco di cose, a fare lo sforzo di vedersi di più, ma intanto ci siamo riviste perché ci siamo volute rivedere e questo è un inizio.
Ho mangiato un sacco di roba buona ed ho saccheggiato Eataly (scusa capo, ma giuro che è l' unico shopping che ho fatto e farò ed è tutto da mangiare), ho fatto ore di treno e stamattina scendo a Roma cobas permettendo, che Maura mi iperventila da due giorni all' idea che potrei non arrivare per tempo alla presentazione. Ma ci arrivo.
Il caffé Basaglia è un gran bel posto e spero di portarci una serata abruzzese alla prossima. La libreria Rileggo e la presentazione sono state molto carine, con tante persone interessate e una bella chiacchierata. E anche se non sono riuscita ad invitarci le Derelitte, in loro onore la fontana del Nettuno me la sono visitata. Caruccia Trento, proprio da tornarci con calma e con i maschi.
E poi sono arrivata a Roma, saltando su un taxi che si è un po' perso tra i vicoli, ma sono arrivata all' Emporio alla Pace. Che è stato un po' un tornare a casa: abruzzessi i gestori (e a me già l' idea di un Bookstore Bar piace da matti, se poi ha quelle belle poltrone e divano accoglienti in velluto rosso è pure meglio). Abruzzesi gli ospiti, alcuni almeno, parenti e amici gli altri. Mi sono vista in faccia anche se troppo brevemente con tre blogger che pratico da tempo, Animapunk, Piattini Cinesi e Yeni Belquiz, oltre a rivedere Farouche.
E confermo tutto: la Rete, che modo fantastico di conoscere delle anime affini, e incontrarle di persona non fa altro che proseguire la conversazione su altri piani. Ma tanto ci si conosce già.
Poi ovviamente che Farouche si sia scoperta mezza cugina con il Provocatore, che Piattini conoscesse già i miei editori, che tutta un' altra serie di agnizioni non sono mancate ecc. ecc. era anche prevedibile.
Rettifica: non era Piattini, ma ti somiglia un sacco comunque. però l'ho scoperto solo il giorno dopo.
Il che spiega anche la dicitura sullla fascetta del libro: storie e rivelazioni dalla terra del sisma. Rivelazioni, proprio quello che mi mancava, nella vita.
Comunque, grazie a tutti. Quelli che c' erano, soprattutto, e quelli che non c' erano.
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Abruzzo nel cuore,
l'olandese volante,
mamma in corriera,
Statale 17
lunedì 19 ottobre 2009
Dove sarò questa settimana: "Statale 17" in Italia
Allora, io domani parto, e spero serva almeno a farmi passare la tosse. Ne approfitto per una serie di incontri con vari blogger, lettori e librai che ospiteranno presentazioni di Statale 17, storie minime transumanti, che ormai lo sanno pure i sassi, perlomeno i sassi che transitano di qua, che è il mio libro sul quel pezzetto di provincia dell'Aquila lungo il tracciato del tratturo Magno, edito da Èxórma.
A Torino, grazie ai buoni uffici di Giuliana e Graziella ci incontreremo mercoledì http://www.caffebasaglia.org/al Caffé Basaglia in via Mantova 34, dalle 19:30.
A Trento invece ci vediamo alla libreria Rileggo
grazie ai buoni servigi di Elena, Stefania e Sonia giovedì 22 ottobre alle 21, in via San Martino 64.
Però non sono solo le amiche di blog che mi hanno dato retta ed hanno organizzato queste cose, anche i miei fantastici editori (e sennò a che ti serve, un editore?)Maura e Orfeo, magari con lo zampino dell'Artista Borderline, si sono dati da fare, non solo, hanno fatto tutti questi inviti e locandine fighe che vedete.
Il 23 ottobre a Roma, al Bookshop Bar Emporio alla pace, in via della Pace 28, dietro piazza Navona, dalle 18. Che poi l'attività della mia bisnonna a Ofena si chiamava Trattoria della Pace, quindi mi sembra di buon augurio già solo il nome.
Finisco a Pescara il 25 ottobre, alla libreria Edison in via Carducci 102, alle 18, che mi sembra anche giusto, buono e carino chiudere in Abruzzo. E pare che i miei amici e parenti si faranno vivi, almeno me li sbaciucchio un po', soprattutto gli zii preferiti.
Poi sabato bolle qualcosa in pentola a Tortoreto, ma quando mi diranno lo saprò e riferirò, però ecco, se Tortoreto vi viene più comodo, tenetevelo libero, male che va ci andiamo a fare una pizza.
Il corpo della donne e la libertà di stampa in Italia, com'è andata?
Ieri a Cinemissimo il pomeriggio dedicato alle donne: prima Colpi di testa, il documentario dedicato alla prima squadra femminile di calcio in Italia. Molto, molto carino, senti parlare queste donne di mezza età, molte corpulente come accade a volte a chi smette di praticare attività agonistica, come per esempio Erika Terpsrta, ministro dello sport olandese, in gioventù campionessa olimpica, e che nomino solo perché è molto presente e visibile in qualsiasi manifestazione.
Ecco, molte di queste ex-calciatrici mi ricordavano una Erika Terpstra che parlava romananesco. Veramente un gran bel documentario.
Quella che però aspettavo era la discussione condotta da Silvia Terribili che ha intervistato Judith Sargentini, europarlamentare olandese per i verdi. Su donne, potere, ma alla fine vuoi o non vuoi, sulla libertà di stampa in Italia.
La Sargentini è una biondina riccia con il capello a carciofino, una bella faccia larga, e insomma, una ragazza, forse un pochino più giovane di me. Fa effetto sentirla parlare di come funziona il suo lavoro di parlamentare. Fa effetto la serietà e la leggerezza di modi con cui ti dice: ne abbiamo discusso (in parlamento, nei corridoi) però il contenuto di queste discussioni non posso dirlo qui. Neanche a me farebbe piacere se gli altri parlamentari raccontassero cosa ho detto io in situazioni informali. Insomma, sa dire di no con delicatezza.
La questione della libertà di parola in Italia per lei è fondamentale: come facciamo a tenere la Turchia fuori dall'Europa, o bacchettare Romania e Bulgaria su tutte le questioni che non ci stano bene in quei paesi, se poi uno dei paesi fondatori dela Ue fa uguale e nessuno dice niente?
Perché il punto è questo nessuno dice niente, soprattutto i partiti della coalizione di centrodestra. I parlamentari cristiani olandesi fanno sicuramente fatica ad accettare tutti gli aspetti del Silvio uomo che sono emersi negli ultimi mesi. Ma poi fanno assenze strategiche quando vanno votate determinate mozioni.
"E che moralmente facciano fatica a sentirsi in coscienza con tutto questo", sottolinea la Sargentini, "non è che a me cambi la vita dal punto di vista del voto e delle procedure".
Perché partire proprio dalla libertà di parola?
"Perché è la cosa più semplice ed inequivocabile. Tutti i paesi della Eu si sono impegnati solennemente a garantire la libertà di parola, è semlicissimo dimostrare che in Italia questo non è il caso e che i cittadini sono impediti nell'esercizio di scelte informate, perché vengono informati male, quindi facile".
Però manca la volontà politica di avviare queste procedure?
"Certo, perché il centrodestra non lo considera un problema urgente, anzi, gli italiani riescono a fare di tutto per farla sembrare una questione interna. Mentre non lo è, anche per la questione che si diceva nei confronti di altri paesi".
Diversi tra il pubblico si sono chiesti se non fosse una questione per Neelie Kroes, l'eurocommissario addetta all'antitrust. Lo sarebbe senz'altro, ma la Kroes è a fine termine e quindi dimissionaria, il prossimo candidato per una questione di alternanze dovrà essere di centrodestra anche luiii o lei, possibilmente un francese, che così funzionano le nomine, e quini la Kroes non può avviare nulla di serio e la questione è se un successore abbia la volontà per fare qualcosa contro lo strapotere mediatico di Silvio.
La cosa interessante e sconfortante è quindi non che ci siano dei dubbi sulla legittimità della situazione in Italia, quelli ci sono tutti e fondati. È il capire che tutto è una questione di volontà politica, e che questa volontà manca per motivi di parrocchia. O di convinzione. E comunque dettati tutti dal pensiero di sfondo: questi italiani pazzi, che se la vedano loro con le loro questioni interne.
Cioè, io la interpreto così: ci stanno buttando a mare. Perché anche sui respingimenti dei barconi consegnati alla Libia c'è tanto di sbagliato e in contrasto con la Convenzione di Ginevra, che l'Italia ha firmato e calpesta con i piedi, rimandando la gente proprio in Libia che è uno dei pochissimi paesi che non l'hanno mai firmata invece. Ma nessuno in questo momento ci prende sul serio quel tanto che basta da ricordarci i nostri impegni.
Ed è una constatazione molto triste. Contiamo come il due di coppe a briscola e non ce ne frega niente.
Ecco, molte di queste ex-calciatrici mi ricordavano una Erika Terpstra che parlava romananesco. Veramente un gran bel documentario.
Quella che però aspettavo era la discussione condotta da Silvia Terribili che ha intervistato Judith Sargentini, europarlamentare olandese per i verdi. Su donne, potere, ma alla fine vuoi o non vuoi, sulla libertà di stampa in Italia.
La Sargentini è una biondina riccia con il capello a carciofino, una bella faccia larga, e insomma, una ragazza, forse un pochino più giovane di me. Fa effetto sentirla parlare di come funziona il suo lavoro di parlamentare. Fa effetto la serietà e la leggerezza di modi con cui ti dice: ne abbiamo discusso (in parlamento, nei corridoi) però il contenuto di queste discussioni non posso dirlo qui. Neanche a me farebbe piacere se gli altri parlamentari raccontassero cosa ho detto io in situazioni informali. Insomma, sa dire di no con delicatezza.
La questione della libertà di parola in Italia per lei è fondamentale: come facciamo a tenere la Turchia fuori dall'Europa, o bacchettare Romania e Bulgaria su tutte le questioni che non ci stano bene in quei paesi, se poi uno dei paesi fondatori dela Ue fa uguale e nessuno dice niente?
Perché il punto è questo nessuno dice niente, soprattutto i partiti della coalizione di centrodestra. I parlamentari cristiani olandesi fanno sicuramente fatica ad accettare tutti gli aspetti del Silvio uomo che sono emersi negli ultimi mesi. Ma poi fanno assenze strategiche quando vanno votate determinate mozioni.
"E che moralmente facciano fatica a sentirsi in coscienza con tutto questo", sottolinea la Sargentini, "non è che a me cambi la vita dal punto di vista del voto e delle procedure".
Perché partire proprio dalla libertà di parola?
"Perché è la cosa più semplice ed inequivocabile. Tutti i paesi della Eu si sono impegnati solennemente a garantire la libertà di parola, è semlicissimo dimostrare che in Italia questo non è il caso e che i cittadini sono impediti nell'esercizio di scelte informate, perché vengono informati male, quindi facile".
Però manca la volontà politica di avviare queste procedure?
"Certo, perché il centrodestra non lo considera un problema urgente, anzi, gli italiani riescono a fare di tutto per farla sembrare una questione interna. Mentre non lo è, anche per la questione che si diceva nei confronti di altri paesi".
Diversi tra il pubblico si sono chiesti se non fosse una questione per Neelie Kroes, l'eurocommissario addetta all'antitrust. Lo sarebbe senz'altro, ma la Kroes è a fine termine e quindi dimissionaria, il prossimo candidato per una questione di alternanze dovrà essere di centrodestra anche luiii o lei, possibilmente un francese, che così funzionano le nomine, e quini la Kroes non può avviare nulla di serio e la questione è se un successore abbia la volontà per fare qualcosa contro lo strapotere mediatico di Silvio.
La cosa interessante e sconfortante è quindi non che ci siano dei dubbi sulla legittimità della situazione in Italia, quelli ci sono tutti e fondati. È il capire che tutto è una questione di volontà politica, e che questa volontà manca per motivi di parrocchia. O di convinzione. E comunque dettati tutti dal pensiero di sfondo: questi italiani pazzi, che se la vedano loro con le loro questioni interne.
Cioè, io la interpreto così: ci stanno buttando a mare. Perché anche sui respingimenti dei barconi consegnati alla Libia c'è tanto di sbagliato e in contrasto con la Convenzione di Ginevra, che l'Italia ha firmato e calpesta con i piedi, rimandando la gente proprio in Libia che è uno dei pochissimi paesi che non l'hanno mai firmata invece. Ma nessuno in questo momento ci prende sul serio quel tanto che basta da ricordarci i nostri impegni.
Ed è una constatazione molto triste. Contiamo come il due di coppe a briscola e non ce ne frega niente.
sabato 17 ottobre 2009
Siamo tutti comunisti
Ultimamente, all'ennesimo conoscente dichiaratamente di destra che mi dice (A ME): voi di sinistra, voi comunisti, mi si erano scatenate una serie di considerazioni.
Perché non so voi, ma a me ha sempre dato un fastidio sentirmi definire di sinistra, poi chissà come mai, sono decenni che ogni tanto salta qualcuno che me lo deve ricordare. E la mia prima rezione è sempre quel moto intimo di ribellione. Io preferivo definirmi trasversale, che ve ne sembra? E il turchese è da sempre il mio colore preferito e calzini turchesi ne indosso sempre.
No, io non sono comunista. Bisognerebbe ricordarsi che branco di bacchettoni, retrogradi, misogini e tristi che erano i comunisti in Italia al tempo del glorioso PCI. Bisogna ricordarsi il dogmatismo, l'incapacità di ascoltare le critiche, peggio ancora se ben intenzionate e che venivano dall'interno, da gente che l'ideale ce l'aveva forte come tutti ma che rifiutava di mettersi i paraocchi.
I comunisti migliori che ho conosciuto, ai tempi, era gente che era stata espulsa dal partito. E ho detto tutto.
Bisogna aver avuto famiglia ed amici dietro la cortina di ferro, come li avevo io, per distinguere tra la linea del partito in Italia e quello che avveniva davvero nei paesi del comunismo reale.
Ecco, per dire, per reazione mio fratello si è sempre definito fascista, a sedici anni perché fa figo e bischero fare il saluto romano e mettere in crisi la tua famiglia, che ti vuole bene ma tanto lo sa che sei un coglione esibizionista. Con l'età definirsi finiano e questo già diventa una cosa socialmente più presentabile, tant'evvero che la battuta sull'inutilità delle primarie, tanto c'è già Fini come candidato ideale per il PD è bella come tutte le cose che sembrano plausibili. Ci si sorride sopra e poi si torna alle cose serie.
A mio fratello un paio d'anni fa glielo chiesi: ma quale tipo di ideali, quali aspirazioni nella vita ti soddisfa il poter votare a destra? Lui me ne elencò alcuni che erano precisi i miei, per cui sono rimasta ancora più perplessa. Ma ho lasciato perdere, tanto a discutere con uno di destra, a chi serve?
Tutto questo, e soprattutto il fastidio e il rifiuto, è evidente, dimostrano che davvero sono una figlia della sinistra. Perché è caratteristico della sinistra italiana darsi le martellate nei coglioni, più forti quanto maggiore è il senso di appartenenza. È caratteristico della sinistra fare i distinguo, misurare le sfumature, cercare di non fare troppo di ogni erba un fascio, semmai infiniti sacchettini da the, tutti provvisti della loro bella etichettina. ci si mette del tempo, ma la sostanza è salva. Nel frattempo la destra con i fasci, più o meno erbacei, ci vince le elezioni e irregimenta i sacchetti da the, però vuoi mettere il piacere per un lavoro ben fatto?
Invece queli di destra, fateci caso, mica si fanno problemi a denunciare la propria appartenenza. No, loro ne sono fieri, te lo dicono che sono di destra (semmai si vergognano talvolta un pochino di specificare quale destra, esattamente). Il ricino? E fa tanto bene alla salute. Mussolini? Mal consigliato ma ha bonificato la Maremma. La soluzione finale? E che sarà poi mai, confrontato con tutto quello che di brutto c'è al mondo.
Noi di sinistra siamo i campioni dell'automartellata, loro del relativismo prodomosua. Poi le donne, i froci e le minoranze gli fanno schifo a entrambi, non ci facciamo illusioni su questo.
E allora, facciamolo per il principio, per il grande ideale socialista di uguaglianza e felicità sociale e internazionalismo, facciamolo per ergere una diga alle caterve di merda che l'anticomunista per eccellenza ci sta tirando addosso a vagonate, facciamolo per Dino Boffo e i calzini turchesi del giudice Mesiano, per una volta abbiamo il coraggio di quello che siamo: diciamolo, siamo tutti comunisti.
Anche voi finiani a cui fa schifo allo stesso modo la guerra agli avversari in corso da alcuni mesi. Compreso il vostro Gianfranco, che lo tengo nel cuore perché se e quando toccherà a lui non ci andranno giù leggeri. Come minimo diranno che ha fatto sesso in Thailandia con bambini di 18 mesi, poi non dite che ho lo sguardo preveggente, perché il livello è questo, lo stiamo vedendo tutti.
Perché se a suo tempo la stella di davide se la fossero messi addosso tutti, ma proprio tutti, qualcosa si capiva. No, perché chi è fortemente convinto di essere nel giusto e lo dice, come lo dice il nostro sfidando tutte le leggi della credulità, le sfumature le capisce solo se inculcate a martellate. Ditevelo davanti allo specchio ad alta voce, non dovete crederci fino in fondo, ma è un gesto potente di autodifesa: IO SO-NO CO-MU-NI-STA.
Soprattutto se lo dica la sinistra italiana, per favore, o vengo giù a prenderli a calci. 'Sti fighetti reazionari del cazzo.
venerdì 16 ottobre 2009
Mom Camp a Roma
Bravissime. Repubblica ne parla qui.
Che peccato non esserci, ma auguri a Matilde, Flavia e tutte le altre che conosco e che ci saranno.
Che peccato non esserci, ma auguri a Matilde, Flavia e tutte le altre che conosco e che ci saranno.
Piccoli annunci: ho bisogno di lavorare
Allora, per una volta ve lo chiedo io un aiuto e un consiglio. Ho un gran bisogno di trovare nuovi incarichi, perché sicuramente da aprile mi sono talmente fatta risucchiare da tutti gli annessi e connessi del terremoto e sue dirette conseguenze per mia madre e la mia famiglia, che praticamente non ho fatturato. E nel frattempo il mio più grosso cliente ha assunto qualcuno per fare il grosso di quello che prima faceva fare a me. perché ovviamente gli costa di meno.
Cosa so fare:
1) So scrivere, questa è la cosa a cui potete credere tranquillamente e constatare di persona. Ma non solo so scrivere quello che piace a voi leggere: posso scrivere prospetti, agiografie (si, che ne dite di festeggiare l'anniversario dell'azienda con una bella biografia del fondatore? Fa figo, no?), programmi, corrispondenza difficile, manuali, articoli su argomenti vari, usando una varietà di registri e toni. E ve li scrivo in tre lingue diverse, italiano, olandese e inglese, se serve.
2) So motivare. Faccio da una vita il trainer e quello che mi viene meglio, perché ci credo, sono interculturalità, presentazioni e comunicazione, soft-skills in genere, trattative. E so fare presentazioni per conto terzi. (Come diceva la mia amica americana: dopo che ho parlato con te non solo ho l'impressione di poter fare tutto, un Ph.D., una nuova casa, rivedere la mia vita, ma finisco pure per farlo davvero).
3) So cucinare e insegnare a cucinare, ma anche qui, dare un corso mi viene molto meglio che mandare avanti una cucina quotidianamente. Però per fiere, presentazioni di prodotti e promozione dell'agro-alimentare italiano, io ne conosco solo una meglio di me, ed è Flavia.
4) So recitare, ma non mi sembra al momento il sistema più efficace per pagare le rate del mutuo. Ma torna tanto utile per tutto il resto, fidatevi.
5) So organizzare eventi, dal matrimonio romantico in Abruzzo a un festival culturale, da una missione commerciale all'estero al lancio di un nuovo prodotto o al concerto di beneficenza. E sono pure in grado di farne parlare la stampa olandese. Tanto tutto dipende dal budget, e sono così brava a metter su cose senza una lira, che figuratevi cosa non succede quando la lira c'è e la si usa dove serve.
6) Poi, a cosa che sempre e comunque mi piace, faccio più spesso e mi viene meglio è fare l'interprete in italiano, inglese, olandese e polacco. In cabina, a testa in giù, con un sacco sulla testa (ma meglio senza). E ve lo dico con enorme cognizione di causa, sono una delle migliori sulla piazza.
7) E i miei corsi di scrittura meditativa, che ti cambiano la vita e sicuramento lo stile, ne vogliamo parlare? O ne faccio parlare direttamente quelli che l'hanno seguito?
Insomma, una cosa non chiedetemi di fare: vendere. Convincere la gente a comprare è una cosa, lì sono brava. Ma una vendita pura e semplice è un'arte che non posseggo. Io sono una libera professionista, mando un preventivo e una fattura e per quanto mi riguarda, il resto lo lascio a chi lo sa fare.
Ma io so che li fuori siete in moltissimi più bravi di me a fare questo. Quindi la domanda è: vi va di vendermi? Astenersi perditempo.
Cosa so fare:
1) So scrivere, questa è la cosa a cui potete credere tranquillamente e constatare di persona. Ma non solo so scrivere quello che piace a voi leggere: posso scrivere prospetti, agiografie (si, che ne dite di festeggiare l'anniversario dell'azienda con una bella biografia del fondatore? Fa figo, no?), programmi, corrispondenza difficile, manuali, articoli su argomenti vari, usando una varietà di registri e toni. E ve li scrivo in tre lingue diverse, italiano, olandese e inglese, se serve.
2) So motivare. Faccio da una vita il trainer e quello che mi viene meglio, perché ci credo, sono interculturalità, presentazioni e comunicazione, soft-skills in genere, trattative. E so fare presentazioni per conto terzi. (Come diceva la mia amica americana: dopo che ho parlato con te non solo ho l'impressione di poter fare tutto, un Ph.D., una nuova casa, rivedere la mia vita, ma finisco pure per farlo davvero).
3) So cucinare e insegnare a cucinare, ma anche qui, dare un corso mi viene molto meglio che mandare avanti una cucina quotidianamente. Però per fiere, presentazioni di prodotti e promozione dell'agro-alimentare italiano, io ne conosco solo una meglio di me, ed è Flavia.
4) So recitare, ma non mi sembra al momento il sistema più efficace per pagare le rate del mutuo. Ma torna tanto utile per tutto il resto, fidatevi.
5) So organizzare eventi, dal matrimonio romantico in Abruzzo a un festival culturale, da una missione commerciale all'estero al lancio di un nuovo prodotto o al concerto di beneficenza. E sono pure in grado di farne parlare la stampa olandese. Tanto tutto dipende dal budget, e sono così brava a metter su cose senza una lira, che figuratevi cosa non succede quando la lira c'è e la si usa dove serve.
6) Poi, a cosa che sempre e comunque mi piace, faccio più spesso e mi viene meglio è fare l'interprete in italiano, inglese, olandese e polacco. In cabina, a testa in giù, con un sacco sulla testa (ma meglio senza). E ve lo dico con enorme cognizione di causa, sono una delle migliori sulla piazza.
7) E i miei corsi di scrittura meditativa, che ti cambiano la vita e sicuramento lo stile, ne vogliamo parlare? O ne faccio parlare direttamente quelli che l'hanno seguito?
Insomma, una cosa non chiedetemi di fare: vendere. Convincere la gente a comprare è una cosa, lì sono brava. Ma una vendita pura e semplice è un'arte che non posseggo. Io sono una libera professionista, mando un preventivo e una fattura e per quanto mi riguarda, il resto lo lascio a chi lo sa fare.
Ma io so che li fuori siete in moltissimi più bravi di me a fare questo. Quindi la domanda è: vi va di vendermi? Astenersi perditempo.
giovedì 15 ottobre 2009
da oggi a lunedì: CINEMISSIMO ad Amsterdam
De Uitkijk è il primo cinema di Amsterdam, in pieno centro, sul Prinsengracht all'angolo con la Leidsestraat. Un gioiellino di cinema, piccolo, raccolto, con il baretto simpatico, i dettagli d'epoca perfettamente restaurati. Un piacere andarci proprio.
Ed è qui che comincia stasera il secondo festival di cinema italiano Cinemissimo, messo su dai soliti volontari perdigiorno con la passione della cultura italiana. Un festival fuori dai normali schemi, in cui ai film di nome si affiancano documentari, cortometraggi, incontri con i registi e dibattiti.
Ora, io non so se vi rendiate esattamente conto di cosa significa metter su un festival del genere, senza una lira, innanzitutto, ma questo sarebbe il minimo. Le rogne più grosse sono quelle di far arrivare i film: alcuni accettano entusiasti, capiscono la situazione e ti chiedono il minimo sindacale di diritti.
Altri semisconosciuti ti fanno sospirare manco fossero le pizze trafugate a Pasolini un dischetto brandato in casa e spedito se e come e quando gli pare senza manco preoccuparsi che sapere in anticipo un titolo partecipante significa andare in stampa con il programma, metter su un sito, far partire i comunicati stampa e le copie per quei critici che abbordati allimite dello stalking forse si degnano di guardare il tuo film da casa loro ed eventualmente parlarne bene e possibilmente prima che tutto il baraccone inizi. E pretedono che a festival concluso tu glielo rispedisca per corriere (signore, certa gente quanto fuori dal mondo è?)
Perché oltre a farti il culo, tocca anche sperare si vendano dei biglietti o ci tocca buttar dentro, oltre ai mesi di lavoro, anche la tredicesima.
Eppure concessioni al programma non se ne fanno mai.
Eppure Lorella Zanardo viene a parlarci de Il corpo delle donne pagandosi il biglietto di tasca sua, che noi neanche un low-low cost potevamo offrirle.
Eppure Judith Sargentini, Europarlamentare dei Verdi in Olanda viene a dibattere su donne e potere per il pomeriggio dedicato a film di donne.
Frans Weisz, dico, il Luchino Visconti olandese, viene ad aprire il festival e si rifiuterà di parlare in olandese perché lui ama l'Italia, gli italiani, il cinema, e secondo me gli dispiace non esserlo anche lui.
Eppure tutti i film che per ragioni di spazio non è stato possibile proiettare all'Uitkijk in questi giorni hanno immediatamente trovato una programmazione allo Smart Space Project, che non vedeva l'ora di avere persino "gli scarti" del programma principale. Per dire della qualità anche degli scarti.
Eppure c'è gente che ci crede e ci sta sputando l'anima.
Vedremo delle istituzioni italiane chi accetterà l'invito per l'apertura. Anche se avremmo preferito un sostegno finanziario per lavorare almeno sereni e senza patemi, non per pagarci il tempo che ci abbiamo messo, abbiamo deciso comunque di offrire dei biglietti gratis noi. Anche perché crediamo che la vera cultura italiana e la promozione della stessa si faccia meglio fuori dalle istituzioni, anche se è un peccato che debba essere così.
E comunque l'importante è divertirsi facendo cose serie. Potrebbe quindi capitare, in questo spirito ludico, di ritrovarsi oggi pomeriggio, verso le 18, davanti all'Uitkijk in Prinsengracht 452 una Naomi, che a un festival di cinema non può mancare mai, lavorare di frusta sull'uomo della sua vita, quello che non le mantiene le promesse. Io non vi ho detto niente.
Filmtheater De Uitkijk - Prinsengracht 452 - 1017KE - Amsterdam - (020)6237460 - info@uitkijk.nl
martedì 13 ottobre 2009
Del dentro e del fuori
L'assessorato al turismo della regione Abruzzo stasera ad Amsterdam ha presentato l'offerta turistica agli operatori. La parte istituzionale me la sono persa per questioni di tosse, e per non disturbare me ne sono uscita.
Poi sono rientrata a vedere il video, e bello era bello, con tante visioni anche aeree di posti che conosco. Insomma, me lo stavo godendo tanto bene, fino a che non è arrivata la parte della Madonna che corre in Piazza, una tradizione di Sulmona per Pasqua. Praticamente questa statua della Madonna velata a lutto, viene portata lentamente a spalla, fino al momento in cui uno sparo, il velo cade facendo volar via delle colombe e i portatori cominciano a correre fino all'altro lato della piazza, per simboleggiare che la madonna ha visto il sepolcro vuoto del figlio e corre, corre per vedere se è davvero resuscitato, e il velo nero cadendo ce la svela tutta bianca e verde speranza.
Io questa tradizione l'ho vista una volta sola, molto da lontano, affogata nella folla e stasera vista bella con le riprese dall'alto... insomma mi sono messa a piangere.
Perché tutto questo che io conosco e vivo così profondamente non mi appartiene più. Quello che voglio rivedere, mi tocca farlo da turista.
Non sono più parte del dentro, sono fuori.
Io un posto dove stare in Abruzzo non ce l'ho più.
Ora, ho capito che sono debilitata dal'influenza, che certi posti sono semplicemente troppo belli e mi dicono troppo, che la Madonna a lutto non è che propizi gli scoppi di risate. Ma qui si esagera.
Insomma sono corsa di nuovo fuori a bermi un bicchiere d'acqua, mentre Gianni che mi conosce da tanti anni mi faceva un paio di pat pat imbarazzati sulla schiena.
Poi mi è passata, mi sono rimescolata alla folla, ho fatto la mia parte, mi sono tanto divertita e ho conosciuto di persona un'abruzzese con cui in aprile mi ero sentita per e-mail, che insegna linguistica a Leiden e che ha avuto la mia stessa insegnante di russo all'Aquila e ci siamo sedute vicine a tavola e abbiamo dato una dimostrazione di dialetti abruzzesi, lei del pescarese e chietino, io dell'aquilano, ai presenti.
La pasta era scotta, l'agnello favoloso, il vino non lo sento per via del raffreddore, in fondo basta poco per riconciliarmi con il mondo, ho saltato il fiadone di dessert per rimettermi a letto.
E pensare che prima di uscire mi sono dovuta risollevare con la gru dal pisolo, Ennio mi ha detto: Ma perché vai a lavorare se stai male? ma quando guarisci se continui a lavorare?
Ecco, forse delle volte dovrei semplicemente dargli retta, ma me li potevo perdere gli abruzzesi ad Amsterdam?
L'Aquila censura Internet come la Cina (forse peggio)
Al peggio non c'è mai fine, come conferma questa mail mandatami da un amico. Adesso gli sfollati alla caserma della GdF all'Aquila non possono neanche collegarsi più a google, Facebook ecc. Peccato perché soprattutto per chi lavora, per gli studenti e per chi per forza di cose da mesi ha tutti gli amici e parenti sparsi ai quattro venti, Facebook è una mano santa. se io non sono clerata ad aprile è stato solo perché grazie a FB mi sono potuta rassicurare sulla sorte di parenti e amici.
certo, il problema di Internet è che nel suo piccolo incrina il trionfo di marketing della comunicazione sul post-terremoto all'Aquila. Io la veridicità della notizia non sono in grado di controllarla subito, ma se non è vero, dati tutti i precedenti, è purtroppo tanto verosimile.
E mi chiedo: ma dopo la genialata della Brambilla di istituire una task force per modificare le notizie sull'Italia date dai media all'estero, a quando una task force per martellare i calli agli sfollati ogni due ore? No, perché davvero, solo questo ancora gli manca.
***************************************
Posso controllare la veridicità diSalve a tutti, perché scrivo a tutti quelli che ho in rubrica.
Da giovedì 8 ottobre gli sfollati ospiti della Scuola sottuff. Guardia di Finanza (quindi anche la sottoscritta) hanno avuto la sorpresa di essere tagliati fuori da tutti i social network, da youtube, dai meetups, da molti video presenti nei vari blog, quotidiani online ecc. Hanno usato un filtro che si chiama Fortinet/ fortiguard o qualcosa del genere.
Alla mia richiesta di spiegazioni alla protezione civile hanno addotto una serie di risposte improbabili tipo:
"Sa... bisogna impedire ai bambini che usano i computer della ludoteca di accedere a certi siti. Ma non si preoccupi, ci stiamo lavorando..." oppure, altra perla: " Sa, il server non ce la fa a caricare tutte queste cose e rallenta il lavoro dei soccorritori, quindi abbiamo dovuto intervenire..."
Gli ho spiegato gentilmente che se il loro intento era proteggere i bambini della ludoteca (da che poi, da facebook?), era sufficiente isolare i singoli ID dei singoli computer, e che il server targato G8 è il server più veloce e potente con cui mi sia capitato di navigare, insomma, nessun rallentamento, mai.
A che gioco stanno giocando?
Due ipotesi, tra le quali non saprei scegliere:
1- tagliare fuori gli sfollati residenti qui da ogni tipo di comunicazione immediata (anche nel senso di non-mediata)
2 - qualche raccomandato ignorante, al quale è stato ordinato di isolare i computer dei dipendenti che invece di lavorare perdevano tempo sui social network, ha fatto tutt'erba un fascio e ha isolato TUTTI.
Ci sono persone qui disperate perché non riescono neanche più a lavorare. Il canale di comunicazione dato dai network in certi casi è vitale: pensate che qui 70 persone hanno trovato lavoro (temporaneo) nelle reception tramite un annuncio su FB! Per non parlare degli studenti. Tante cose non si saprebbero in tempo utile senza questi strumenti.
Scusate se vi ho stancato, ma ho bisogno di aiuto.
Per favore, fate girare questa lettera a quelli che pensate possano essere sensibili a quello che accade, e poi, se qualcuno di voi o dei vostri amici conosce un modo per aggirare 'sto filtro, me lo faccia sapere.
Tutti i proxi che ho trovato tramite google sono irraggiungibili grazie a FORTINET!
Che bello!
Sul serio, se conoscete qualche trucco, scrivetemi.
E non vi stupite se non rispondo su FB: non posso usarlo!
Grazie a tutti, e se qualcuno di voi è in grado di fare pressione sulla protezione civile, lo faccia presto, è troppo grave quello che succede...
certo, il problema di Internet è che nel suo piccolo incrina il trionfo di marketing della comunicazione sul post-terremoto all'Aquila. Io la veridicità della notizia non sono in grado di controllarla subito, ma se non è vero, dati tutti i precedenti, è purtroppo tanto verosimile.
E mi chiedo: ma dopo la genialata della Brambilla di istituire una task force per modificare le notizie sull'Italia date dai media all'estero, a quando una task force per martellare i calli agli sfollati ogni due ore? No, perché davvero, solo questo ancora gli manca.
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Posso controllare la veridicità diSalve a tutti, perché scrivo a tutti quelli che ho in rubrica.
Da giovedì 8 ottobre gli sfollati ospiti della Scuola sottuff. Guardia di Finanza (quindi anche la sottoscritta) hanno avuto la sorpresa di essere tagliati fuori da tutti i social network, da youtube, dai meetups, da molti video presenti nei vari blog, quotidiani online ecc. Hanno usato un filtro che si chiama Fortinet/ fortiguard o qualcosa del genere.
Alla mia richiesta di spiegazioni alla protezione civile hanno addotto una serie di risposte improbabili tipo:
"Sa... bisogna impedire ai bambini che usano i computer della ludoteca di accedere a certi siti. Ma non si preoccupi, ci stiamo lavorando..." oppure, altra perla: " Sa, il server non ce la fa a caricare tutte queste cose e rallenta il lavoro dei soccorritori, quindi abbiamo dovuto intervenire..."
Gli ho spiegato gentilmente che se il loro intento era proteggere i bambini della ludoteca (da che poi, da facebook?), era sufficiente isolare i singoli ID dei singoli computer, e che il server targato G8 è il server più veloce e potente con cui mi sia capitato di navigare, insomma, nessun rallentamento, mai.
A che gioco stanno giocando?
Due ipotesi, tra le quali non saprei scegliere:
1- tagliare fuori gli sfollati residenti qui da ogni tipo di comunicazione immediata (anche nel senso di non-mediata)
2 - qualche raccomandato ignorante, al quale è stato ordinato di isolare i computer dei dipendenti che invece di lavorare perdevano tempo sui social network, ha fatto tutt'erba un fascio e ha isolato TUTTI.
Ci sono persone qui disperate perché non riescono neanche più a lavorare. Il canale di comunicazione dato dai network in certi casi è vitale: pensate che qui 70 persone hanno trovato lavoro (temporaneo) nelle reception tramite un annuncio su FB! Per non parlare degli studenti. Tante cose non si saprebbero in tempo utile senza questi strumenti.
Scusate se vi ho stancato, ma ho bisogno di aiuto.
Per favore, fate girare questa lettera a quelli che pensate possano essere sensibili a quello che accade, e poi, se qualcuno di voi o dei vostri amici conosce un modo per aggirare 'sto filtro, me lo faccia sapere.
Tutti i proxi che ho trovato tramite google sono irraggiungibili grazie a FORTINET!
Che bello!
Sul serio, se conoscete qualche trucco, scrivetemi.
E non vi stupite se non rispondo su FB: non posso usarlo!
Grazie a tutti, e se qualcuno di voi è in grado di fare pressione sulla protezione civile, lo faccia presto, è troppo grave quello che succede...
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Abruzzo nel cuore,
sono una donna non sono una santa
lunedì 12 ottobre 2009
Cronache dell'Egoarca, una fantasia benniana
Dispiace quasi perder tempo a parlare di uno che si comporta esattamente come in un romanzo di Stefano Benni, Elianto, uscito nel 1996 (ricordate questa data, direbbe Lucarelli). Insomma 13 anni fa un libro a forte componente satirica parlava né più né meno di quello che sta succedendo adesso, il che vuol dire che tutto era già prevedibile, o che la realtà supera la fantasia.
E sempre Benni, ne La compagnia dei Celestini uscito nel 1992 conia il termine Egoarca, riferito all'Egoarca Mussolardi, un termine che Repubblica e non solo stanno usando sempre più spesso per definire 'iddu'.
Insomma, da un po' di mesi l'incarnazione della satira, detto anche satiro, sta superando in velocità qualsiasi scrittore, che la preveggenza artistica sarà una cosa splendida ed è per questo che hanno fatto fuori Pasolini, tanto per dire, ma la scrittura ha i suoi tempi, il delirio ne ha altri.
Allora, chi è e che ha fatto e dove vorrebbe arrivare il nostro beneamato Egoarca, ce lo riassume Repubblica qui
Quello che vuol ulteriormente imbrigliare i giudici che non ha ancora potuto comprare perché hanno assolto dall'insulto 'buffone' a lui rivolto in quanto una goliardata. io gli dò ragione, tutto sommato:
Perché uno che ha avuto dichiarati contatti mafiosi, ha messo su un impero monstre mediatico che ci influenza tutti a botte di leggi ad hoc, inganna la giustizia e la finanza, scopa minorenni, concede favori a chi porta donne e cocaina alle sue feste, mente compulsivamente, si è vendito il terremoto dell'Aquila agli immobiliaristi della camorra sulla pelle di chi è stato per mesi nelle tendopoli o in diaspora per farne uno show di marketing mediatico, considera le donne come fa (e trova pure le cretine che gli danno ragione, ma per fortuna anche quelle che si sottraggono, a partire dalla moglie e ho detto tutto, aspetto anzi fra 20 anni l'autobiografia di Veronica), ci sputtana in tutto il mondo e non da poco e sa solo il cielo quante altre magagne ha, non ultimo un figlio talmente liscio e muscoloso da sembrare un'icona gay, beh, che dire, dargli del buffone mica è una goliardata.
È un understatement. Un complimento, toh.
Per fortuna sto parlando di un personaggio di fantasia, uno che popola i sogni di uno scrittore di satira. Uno così come quello che descrivo mica può esistere sul serio. Però trovo che sia ora di rivalutare Benni come scrittore politico, perché, onestamente, quelli che lo conoscono e lo apprezzano solo per i vari bar Sport non sanno cosa si perdono.
E sempre Benni, ne La compagnia dei Celestini uscito nel 1992 conia il termine Egoarca, riferito all'Egoarca Mussolardi, un termine che Repubblica e non solo stanno usando sempre più spesso per definire 'iddu'.
Insomma, da un po' di mesi l'incarnazione della satira, detto anche satiro, sta superando in velocità qualsiasi scrittore, che la preveggenza artistica sarà una cosa splendida ed è per questo che hanno fatto fuori Pasolini, tanto per dire, ma la scrittura ha i suoi tempi, il delirio ne ha altri.
Allora, chi è e che ha fatto e dove vorrebbe arrivare il nostro beneamato Egoarca, ce lo riassume Repubblica qui
Quello che vuol ulteriormente imbrigliare i giudici che non ha ancora potuto comprare perché hanno assolto dall'insulto 'buffone' a lui rivolto in quanto una goliardata. io gli dò ragione, tutto sommato:
Perché uno che ha avuto dichiarati contatti mafiosi, ha messo su un impero monstre mediatico che ci influenza tutti a botte di leggi ad hoc, inganna la giustizia e la finanza, scopa minorenni, concede favori a chi porta donne e cocaina alle sue feste, mente compulsivamente, si è vendito il terremoto dell'Aquila agli immobiliaristi della camorra sulla pelle di chi è stato per mesi nelle tendopoli o in diaspora per farne uno show di marketing mediatico, considera le donne come fa (e trova pure le cretine che gli danno ragione, ma per fortuna anche quelle che si sottraggono, a partire dalla moglie e ho detto tutto, aspetto anzi fra 20 anni l'autobiografia di Veronica), ci sputtana in tutto il mondo e non da poco e sa solo il cielo quante altre magagne ha, non ultimo un figlio talmente liscio e muscoloso da sembrare un'icona gay, beh, che dire, dargli del buffone mica è una goliardata.
È un understatement. Un complimento, toh.
Per fortuna sto parlando di un personaggio di fantasia, uno che popola i sogni di uno scrittore di satira. Uno così come quello che descrivo mica può esistere sul serio. Però trovo che sia ora di rivalutare Benni come scrittore politico, perché, onestamente, quelli che lo conoscono e lo apprezzano solo per i vari bar Sport non sanno cosa si perdono.
sabato 10 ottobre 2009
Puttane, settenni e i difficili discorsi dei genitori sui casi della vita
No, a differenza di Patrizia alle prese con un problema simile, io le cose le chiamo come sono, tanto i pervertiti e i pedofili già mi trovano per conto loro (guardate i referrer).
Posso dirlo che è tutta colpa di Francesco Tricarico e dell'amico che mi ha consigliato di comprarne il CD che gli sembrava carino da usare in radio? Lo ascolto la prima volta e mi dico boh. Poi lo scoprono i bambini in macchina e vuoi "Il drago verdolino", vuoi tutto questo mondo onirico-sognante-terrificante (e spiegagli perché il tipo ha avvelenato con il cianuro l'acquadotto, però poi è rimasto da solo in una città mrta, ergo NON bisogna avvelenare nessuno), insomma, è diventato uno dei nostri top 10 in macchina.
Tanto loro ascoltano sempre le stesse canzoni e le parole che non sanno non ci fanno caso, che loro con l'italiano sono ancora alla fase di riconoscere le parole che conoscono già.
Insomma, oggi lascio Ennio in macchina a sentir canzoni mentre entro in farmacia e come rientro mi fa:
"Mamma, cosa vuol dire puttana?"
Come mi suggerisce sempre la maestra simpatica del doposcuola quando mi vede arrivate trafelata e schizzata, inspiro ed espiro. Un paio di volte.
"È una parola bruttissima che non devi mai ripetere e ti spiego perché".
"Perché?"
Mentre ci penso sopra inspiro ed espiro.
"Allora, tu lo sai che quando due persone si vogliono bene si danno i bacetti e si fanno tante coccole. Però ci sono persone che non gli vuole bene nessuno e le coccole le vorrebbero anche loro."
"Perché?"
"Perché a tutti piacciono le coccole. Ma se qualcuno è brutto, antipatico o è un puzzone, lui paga una signora, a volte anche dei signori, ma soprattutto le signore, per dargli i bacetti e fargli le coccole. Queste signore si chiamano prostitute. Chi fa questo lavoro non fa niente di male, ma a me non piacciono i signori che invece di cercare di essere loro più carini e gentili e trovare anche loro qualcuno che gli vuole bene, preferiscono pagare, perché è più facile".
Che è proprio il mio punto di vista in proposito e mio padre da ragazzina in un momento di confidenze sui fatti della vita, mi spiegò proprio questo. Di non sposare mai un uomo che frequentava prostitute, perché vuol dire che non vuole fare uno sforzo verso le donne. Che mio padre era tanto prude e terrorizzato per me, però quando si era fatto un paio di bicchieri gli calavano i freni inibitori e riusciva a dirmi cose importanti.
Tipo, una volta che stavamo tornando da un battesimo e guidavo io, e il capo era già nella mia vita, lui iniziò un discorso sulle gravidanze indesiderate. E io gli dissi: tranquillo, ci stiamo pensando, una cosa che non avrei mai pensato possibile dire a mio padre, ma lui voleva chiarire un altro punto. Che se ci fossero mai stati incidenti di percorso non dovevo mai pensare di avere come unica scelta un matrimonio o un aborto. Che un bambino si può anche farlo da sole e che la famiglia esiste proprio per aiutarti.
"Guarda, mi fece, se una cosa del genere capitasse a 16 anni, lì non avrei dubbi, devi ancora crescere e svilupparti e una gravidanza rischia di rovinarti la salute o quanto meno di interferire per parecchi anni, guarda tua cugina. Ma quando uno ha la tua età ed è capace di intendere e di volere, deve poter decidere con serenità".
E io mi veniva da dirgli: ma se tu a 16 anni non mi facevi quasi uscire di casa per paura che trovassi un ragazzo da baciare, che poi ero così imbranata, che altro che gravidanza. Ma non gliel'ho detto, che i momenti topici con mio padre erano così rari che andavano rispettati e mi faceva una tenerezza enorme questo mio povero padre che un padre non l'ha mai conosciuto ed è stato allevato da una vedova devota e una monaca di casa ed era assolutamante impreparato a fare il padre di figlia femmina nei gloriosi anni '80 e '90. Che quando gli ho portato tremebonda il capo in casa, che vallo a sapere cpme reagisce all'idea di un uomo per la sua bambina, lo ha amato teneramente ed era terrorizzato che qualcosa potesse andar male tra noi, anche se senza saperlo i peggio danni li faceva proprio lui camminando sulle uova.
Ecco, però almeno lui ci aveva bevuto sopra, io invece sto qui quasi digiuna, rintronata dal raffreddore, squassata dalla tosse, con rivolgimenti di pancia e se non è la suina poco ci manca.
Vabbé, it's a dirty job but someone gotta do it. perché mio figlio mi guarda e attende e io sono a una rotatoria pericolosa.
"Però siccome molti signori non sono contenti che nessuno gli vuole bene, le chiamano puttane, ma questa è appunto la parola bruttissima che non devi dire".
"Perché gli dicono così?"
"Perché sono stupidi e cattivi. E poi ci sono tante persone che pensano che non è un bel lavoro. Perché non gli vogliono bene, lo fanno per i soldi."
"Allora si guadagna tanto?"
"Si, ma non è molto piacevole se devi baciare uno che non ti piace o che puzza".
"E anche tu puoi guadagnare tanto così?"
"No mai. Non lo farei mai perché le coccole preferisco farle a papà, a te e Orso. Ma ci pensi che brutto, prima devo baciare uno che puzza, poi come faccio a baciare te?"
Vedo che gli sfuggono ancora un paio di implicazioni, ma decide di prendere per buono quello che gli dico.
"Posso rimettere la musica della serpe?" chiedo per darmi un attimo di respiro(è un cd di pizziche salentine, che almeno sono in dialetto e non si capisce).
Annuisce pensoso. Poi gli viene in mente dell'altro.
"Metti pauze. Ma perché allora c'è chi dice puttana se è una parola brutta?"
"Amore, molti uomini hanno paura delle donne e allora gli dicono delle parole brutte. E gli sembra più semplice dire così che dire stupido o brutto (involontariamente penso a chi sapete voi contro chi sapete voi)".
"Ma perché hanno paura?"
"Non lo so, però se ci fai caso lo fanno spesso, anche con il lavoro. I capi, i direttori, i presidenti spesso sono uomini, perché se c'è un lavoro dove si guadagnano tanti soldi gli altri uomini non lo danno alle donne, lo danno a un maschio come loro. E non è giusto, ma ci sono tante cose che hanno a che fare con questo, per questo tu devi essere gentile con le donne".
Notato che non dico più signore e signori? Che qui la conversazione sta diventando un sacco adulta.
Insomma, rimettiamo la musica, andiamo a fare la spesa, risaliamo in macchina, mi fa rimettere pauze, elaboriamo ancora un po' sul tema, gli raccomando davvero di non dirla questa parola, a nessuno, perché altrimenti tutti pensano che anche lui è uno di quei maschi sfigati e puzzoni, e poi l'argomento cade.
Tanto so che è solo questione di tempo e poi mi metterà a parte delle sue conclusioni.
Insomma, non mi sembra di essermela cavata male, per star male e rintronata dall'influenza.
Ricordo la prima volta che feci la stessa domanda a mia madre, anche se ero un po'più grande, perché avevo visto la parola su un titolo di un settimanale. Era epoca di femminismo e il titolo diceva: Sono puttana perché voglio fare a modo mio.
32 anni dopo e siamo sempre lì. Certe volte è sconfortante chiedersi che tipo di mondo stiamo lasciando ai nostri figli.
Posso dirlo che è tutta colpa di Francesco Tricarico e dell'amico che mi ha consigliato di comprarne il CD che gli sembrava carino da usare in radio? Lo ascolto la prima volta e mi dico boh. Poi lo scoprono i bambini in macchina e vuoi "Il drago verdolino", vuoi tutto questo mondo onirico-sognante-terrificante (e spiegagli perché il tipo ha avvelenato con il cianuro l'acquadotto, però poi è rimasto da solo in una città mrta, ergo NON bisogna avvelenare nessuno), insomma, è diventato uno dei nostri top 10 in macchina.
Tanto loro ascoltano sempre le stesse canzoni e le parole che non sanno non ci fanno caso, che loro con l'italiano sono ancora alla fase di riconoscere le parole che conoscono già.
Insomma, oggi lascio Ennio in macchina a sentir canzoni mentre entro in farmacia e come rientro mi fa:
"Mamma, cosa vuol dire puttana?"
Come mi suggerisce sempre la maestra simpatica del doposcuola quando mi vede arrivate trafelata e schizzata, inspiro ed espiro. Un paio di volte.
"È una parola bruttissima che non devi mai ripetere e ti spiego perché".
"Perché?"
Mentre ci penso sopra inspiro ed espiro.
"Allora, tu lo sai che quando due persone si vogliono bene si danno i bacetti e si fanno tante coccole. Però ci sono persone che non gli vuole bene nessuno e le coccole le vorrebbero anche loro."
"Perché?"
"Perché a tutti piacciono le coccole. Ma se qualcuno è brutto, antipatico o è un puzzone, lui paga una signora, a volte anche dei signori, ma soprattutto le signore, per dargli i bacetti e fargli le coccole. Queste signore si chiamano prostitute. Chi fa questo lavoro non fa niente di male, ma a me non piacciono i signori che invece di cercare di essere loro più carini e gentili e trovare anche loro qualcuno che gli vuole bene, preferiscono pagare, perché è più facile".
Che è proprio il mio punto di vista in proposito e mio padre da ragazzina in un momento di confidenze sui fatti della vita, mi spiegò proprio questo. Di non sposare mai un uomo che frequentava prostitute, perché vuol dire che non vuole fare uno sforzo verso le donne. Che mio padre era tanto prude e terrorizzato per me, però quando si era fatto un paio di bicchieri gli calavano i freni inibitori e riusciva a dirmi cose importanti.
Tipo, una volta che stavamo tornando da un battesimo e guidavo io, e il capo era già nella mia vita, lui iniziò un discorso sulle gravidanze indesiderate. E io gli dissi: tranquillo, ci stiamo pensando, una cosa che non avrei mai pensato possibile dire a mio padre, ma lui voleva chiarire un altro punto. Che se ci fossero mai stati incidenti di percorso non dovevo mai pensare di avere come unica scelta un matrimonio o un aborto. Che un bambino si può anche farlo da sole e che la famiglia esiste proprio per aiutarti.
"Guarda, mi fece, se una cosa del genere capitasse a 16 anni, lì non avrei dubbi, devi ancora crescere e svilupparti e una gravidanza rischia di rovinarti la salute o quanto meno di interferire per parecchi anni, guarda tua cugina. Ma quando uno ha la tua età ed è capace di intendere e di volere, deve poter decidere con serenità".
E io mi veniva da dirgli: ma se tu a 16 anni non mi facevi quasi uscire di casa per paura che trovassi un ragazzo da baciare, che poi ero così imbranata, che altro che gravidanza. Ma non gliel'ho detto, che i momenti topici con mio padre erano così rari che andavano rispettati e mi faceva una tenerezza enorme questo mio povero padre che un padre non l'ha mai conosciuto ed è stato allevato da una vedova devota e una monaca di casa ed era assolutamante impreparato a fare il padre di figlia femmina nei gloriosi anni '80 e '90. Che quando gli ho portato tremebonda il capo in casa, che vallo a sapere cpme reagisce all'idea di un uomo per la sua bambina, lo ha amato teneramente ed era terrorizzato che qualcosa potesse andar male tra noi, anche se senza saperlo i peggio danni li faceva proprio lui camminando sulle uova.
Ecco, però almeno lui ci aveva bevuto sopra, io invece sto qui quasi digiuna, rintronata dal raffreddore, squassata dalla tosse, con rivolgimenti di pancia e se non è la suina poco ci manca.
Vabbé, it's a dirty job but someone gotta do it. perché mio figlio mi guarda e attende e io sono a una rotatoria pericolosa.
"Però siccome molti signori non sono contenti che nessuno gli vuole bene, le chiamano puttane, ma questa è appunto la parola bruttissima che non devi dire".
"Perché gli dicono così?"
"Perché sono stupidi e cattivi. E poi ci sono tante persone che pensano che non è un bel lavoro. Perché non gli vogliono bene, lo fanno per i soldi."
"Allora si guadagna tanto?"
"Si, ma non è molto piacevole se devi baciare uno che non ti piace o che puzza".
"E anche tu puoi guadagnare tanto così?"
"No mai. Non lo farei mai perché le coccole preferisco farle a papà, a te e Orso. Ma ci pensi che brutto, prima devo baciare uno che puzza, poi come faccio a baciare te?"
Vedo che gli sfuggono ancora un paio di implicazioni, ma decide di prendere per buono quello che gli dico.
"Posso rimettere la musica della serpe?" chiedo per darmi un attimo di respiro(è un cd di pizziche salentine, che almeno sono in dialetto e non si capisce).
Annuisce pensoso. Poi gli viene in mente dell'altro.
"Metti pauze. Ma perché allora c'è chi dice puttana se è una parola brutta?"
"Amore, molti uomini hanno paura delle donne e allora gli dicono delle parole brutte. E gli sembra più semplice dire così che dire stupido o brutto (involontariamente penso a chi sapete voi contro chi sapete voi)".
"Ma perché hanno paura?"
"Non lo so, però se ci fai caso lo fanno spesso, anche con il lavoro. I capi, i direttori, i presidenti spesso sono uomini, perché se c'è un lavoro dove si guadagnano tanti soldi gli altri uomini non lo danno alle donne, lo danno a un maschio come loro. E non è giusto, ma ci sono tante cose che hanno a che fare con questo, per questo tu devi essere gentile con le donne".
Notato che non dico più signore e signori? Che qui la conversazione sta diventando un sacco adulta.
Insomma, rimettiamo la musica, andiamo a fare la spesa, risaliamo in macchina, mi fa rimettere pauze, elaboriamo ancora un po' sul tema, gli raccomando davvero di non dirla questa parola, a nessuno, perché altrimenti tutti pensano che anche lui è uno di quei maschi sfigati e puzzoni, e poi l'argomento cade.
Tanto so che è solo questione di tempo e poi mi metterà a parte delle sue conclusioni.
Insomma, non mi sembra di essermela cavata male, per star male e rintronata dall'influenza.
Ricordo la prima volta che feci la stessa domanda a mia madre, anche se ero un po'più grande, perché avevo visto la parola su un titolo di un settimanale. Era epoca di femminismo e il titolo diceva: Sono puttana perché voglio fare a modo mio.
32 anni dopo e siamo sempre lì. Certe volte è sconfortante chiedersi che tipo di mondo stiamo lasciando ai nostri figli.
Chiacchiere tra donne
L'amica G. ha preso in mano la cosa e organizzato un venerdì sera tra madri straniere (un' americana, un'inglese, una indonesiana cinese, una greca, io, con l'iraniana, l'irlandese e la polacca assenti giustificate) alla Kompaszaal, che è l'ex sala di partenza dei transatlantici per le Americhe su KNSM-laan, un bel posto dove si mangia bene, a volte c'è musica dal vivo ed è enorme.
Sottratteci quindi ai doveri materni e coniugali ci siamo ritrovate, abbiamo ordinato un primo giro di vinelli, acqua e the alla menta. Poi preso antipastini e torta goduriosissima al cioccolato.
Poi ordinato un secondo giro. E li si sono spalancate le cateratte, che come tutte sappiamo le madri al secondo giro cominciano a raccontarsi dei rispettivi parti. Che quando una è straniera, abituarsi ai parti in Olanda ci vuole veramente un moto di fede non indifferente. Io, adesso che ho capito come funziona, non vorrei altro, ma ci ho messo 5 mesi di gravidanza per arrivarci.
L'amica G. invece è ancora traumatizzata. Lei nel suo afflato di integrazione aveva scelto per un parto in casa, poi l'hanno portata di corsa in ospedale dove tutto era diverso da quello che si aspettava lei da un ospedale.
"Eh, ma pure tu, che decidi di partorire in casa, inutile, noi non ci abbiamo la costituzione per certe cose, lasciamole alle olandesi".
L'inglese, invece, con una storia di diabete in famiglia, alla 14esima settimana doveva essere controllata per vedere se ce l'aveva anche lei. No, lo facciamo alla ventesima. No alla ventiduesima. Insomma lo hanno fatto quando lo hanno fatto. "Ma tu hai il DIABETE! Andava controllato prima. Vabbé adesso non c'è niente da fare preparati a un bambino di 4 chili e mezzo". Poi le è nato di tre e mezzo.
Io invece alle ultime settimane scherzavo con l'ostetrica:
"Che dici, li facciamo 4 chili e mezzo?"
"Ma no, come ti viene in mente?"
Sono diventati 4.750 con Ennio. Orso un po' meno, ma era anche nato tre settimane abbondanti prima del fratello. Pr dire, se hai culo e tutto va più o meno bene il moto di fede basta e avanza.
Ordiniamo un altro giro. E lì le cose diventano davvero interessanti. Si parla di preliminari.
Una delle signore una volta, esaurita la solita routine, ha fatto presente al marito se non stavano facendo qualcosa di sbagliato. Non so, fa lei, ma tutte quelle storie di gente che si titilla per due ore prima di arrivare al dunque.
"Sciocchezze", fa il marito, già in posizione flessione con il bicipite turgido, che della posizione del missionario c'è da dire di buono che tira fuori quel bel muscoletto esterno piccolo e tondo così carino da coccolare "la media è 6 minuti".
Ma è terribile, non ci si crede, fa la povera, ma sa anche che quanto a statistiche il marito quelle che sa non sbaglia mai, ci spiega. E un rapido calcolo silenzioso da parte delle presenti, che non hanno approfondito la cosa, deve aver portato grosso modo alle stesse conclusioni. Meglio tacere e berci sopra, fosse pure un the alla menta.
"Tanto", le fa lui prima di immergersi "i tuoi di preliminari durano 2 settimane".
Che per fortuna era un marito a me sconosciuto, quello citato, che a volte poi non riesci più a rimanere seria quando incontri un uomo in società.
A quel punto era d'uopo ordinare il quarto giro.
Poi mi è scaduto il parcheggio e sono scappata via, ma chissà cosa non mi sono persa. Che queste serate di madri in libera uscita, sono una cosa tremenda.
Sottratteci quindi ai doveri materni e coniugali ci siamo ritrovate, abbiamo ordinato un primo giro di vinelli, acqua e the alla menta. Poi preso antipastini e torta goduriosissima al cioccolato.
Poi ordinato un secondo giro. E li si sono spalancate le cateratte, che come tutte sappiamo le madri al secondo giro cominciano a raccontarsi dei rispettivi parti. Che quando una è straniera, abituarsi ai parti in Olanda ci vuole veramente un moto di fede non indifferente. Io, adesso che ho capito come funziona, non vorrei altro, ma ci ho messo 5 mesi di gravidanza per arrivarci.
L'amica G. invece è ancora traumatizzata. Lei nel suo afflato di integrazione aveva scelto per un parto in casa, poi l'hanno portata di corsa in ospedale dove tutto era diverso da quello che si aspettava lei da un ospedale.
"Eh, ma pure tu, che decidi di partorire in casa, inutile, noi non ci abbiamo la costituzione per certe cose, lasciamole alle olandesi".
L'inglese, invece, con una storia di diabete in famiglia, alla 14esima settimana doveva essere controllata per vedere se ce l'aveva anche lei. No, lo facciamo alla ventesima. No alla ventiduesima. Insomma lo hanno fatto quando lo hanno fatto. "Ma tu hai il DIABETE! Andava controllato prima. Vabbé adesso non c'è niente da fare preparati a un bambino di 4 chili e mezzo". Poi le è nato di tre e mezzo.
Io invece alle ultime settimane scherzavo con l'ostetrica:
"Che dici, li facciamo 4 chili e mezzo?"
"Ma no, come ti viene in mente?"
Sono diventati 4.750 con Ennio. Orso un po' meno, ma era anche nato tre settimane abbondanti prima del fratello. Pr dire, se hai culo e tutto va più o meno bene il moto di fede basta e avanza.
Ordiniamo un altro giro. E lì le cose diventano davvero interessanti. Si parla di preliminari.
Una delle signore una volta, esaurita la solita routine, ha fatto presente al marito se non stavano facendo qualcosa di sbagliato. Non so, fa lei, ma tutte quelle storie di gente che si titilla per due ore prima di arrivare al dunque.
"Sciocchezze", fa il marito, già in posizione flessione con il bicipite turgido, che della posizione del missionario c'è da dire di buono che tira fuori quel bel muscoletto esterno piccolo e tondo così carino da coccolare "la media è 6 minuti".
Ma è terribile, non ci si crede, fa la povera, ma sa anche che quanto a statistiche il marito quelle che sa non sbaglia mai, ci spiega. E un rapido calcolo silenzioso da parte delle presenti, che non hanno approfondito la cosa, deve aver portato grosso modo alle stesse conclusioni. Meglio tacere e berci sopra, fosse pure un the alla menta.
"Tanto", le fa lui prima di immergersi "i tuoi di preliminari durano 2 settimane".
Che per fortuna era un marito a me sconosciuto, quello citato, che a volte poi non riesci più a rimanere seria quando incontri un uomo in società.
A quel punto era d'uopo ordinare il quarto giro.
Poi mi è scaduto il parcheggio e sono scappata via, ma chissà cosa non mi sono persa. Che queste serate di madri in libera uscita, sono una cosa tremenda.
giovedì 8 ottobre 2009
Abruzzo in Piemonte il 15 ottobre
La cifra 3.32 a voi cosa fa venire in mente? A molti di noi il momento in cui è stato registrato il sisma del 6 aprile all'Aquila. Per questo 3 e 32 è il nome che uno dei comitati cittadini dell'Aquila si sono dati per portare avanti le loro richieste: 100% trasparenza e ricostruzione del centro storico.
O, come spiegano meglio loro: Comitato 3.32: l’ora dell’apocalisse, ma anche l’ora della ripartenza per L’Aquila. Il nome e il comitato sono nati su iniziativa di un gruppo di giovani. All’inizio doveva chiamarsi “Comitato per la rinascita dell’Aquila” poi si e’ deciso di optare per l’ora della scossa che ha distrutto la citta.
“Vogliamo ripartire proprio da quell’istante”
Grazie a Odilia di TRA ME, conosciuta incidentalmente per quelle trame sotterranee tra blogger (e grazie a Giuliana che me l'ha 'presentata'), il 15 ottobre a Carignano si terrà una serata dedicata all'Abruzzo chiamata
... a proposito diterremoto! con un incontro con il Comitato 3.32 dell'Aquila.
Alberto Puliafito – regista di IK Produzioni di Torino, presenta il suo film
“Yes, we camp – appunti sul cratere”
immagini, testimonianze, voci dalle tendopoli, dal G8 ad oggi.
Inoltre verrà presentato in contumacia, nel senso che purtroppo non potrò esserci,
STATALE 17
storie minime transumanti
di Barbara SUMMA - ÉXÒRMAEDIZIONI
(ne avevate già sentito parlare di questo libro, vero?)
Però, chissà, magari potrà esserci qualcuno di voi. Quanto a me spero davvero di poterci arrivare prima o poi anch'io, per conoscerci dal vero e ringraziarvi per lo spazio che state dando a una storia raccontata, finora, molto ma molto male dai media.
Spero che Alberto possa raccontarvi cosa sono stati esattamente questi ultimi mesi nel cratere. Io invece nel libro racconto com'era. E Animapunk che l'ha letto, ne ha già fatto una recensione in cui mi ritrovo molto.
Quindi, riassumento, appuntamento il 15 ottobre 2009 alle 20.30 PRECISE (oh, sono sabaudi questi) presso:
TRA ME
Via S .Pellico 34/c – CARIGNANO
E salutatemeli voi.
Sembra inoltre che il 16 la bottega del commercio equo e solidale di Trofarelloe e il 17 ottobre a Cirié altri due centri presenteranno lo stesso programma. Appena li ho vi segnalo i dettagli.
O, come spiegano meglio loro: Comitato 3.32: l’ora dell’apocalisse, ma anche l’ora della ripartenza per L’Aquila. Il nome e il comitato sono nati su iniziativa di un gruppo di giovani. All’inizio doveva chiamarsi “Comitato per la rinascita dell’Aquila” poi si e’ deciso di optare per l’ora della scossa che ha distrutto la citta.
“Vogliamo ripartire proprio da quell’istante”
Grazie a Odilia di TRA ME, conosciuta incidentalmente per quelle trame sotterranee tra blogger (e grazie a Giuliana che me l'ha 'presentata'), il 15 ottobre a Carignano si terrà una serata dedicata all'Abruzzo chiamata
... a proposito diterremoto! con un incontro con il Comitato 3.32 dell'Aquila.
Alberto Puliafito – regista di IK Produzioni di Torino, presenta il suo film
“Yes, we camp – appunti sul cratere”
immagini, testimonianze, voci dalle tendopoli, dal G8 ad oggi.
Inoltre verrà presentato in contumacia, nel senso che purtroppo non potrò esserci,
STATALE 17
storie minime transumanti
di Barbara SUMMA - ÉXÒRMAEDIZIONI
(ne avevate già sentito parlare di questo libro, vero?)
Però, chissà, magari potrà esserci qualcuno di voi. Quanto a me spero davvero di poterci arrivare prima o poi anch'io, per conoscerci dal vero e ringraziarvi per lo spazio che state dando a una storia raccontata, finora, molto ma molto male dai media.
Spero che Alberto possa raccontarvi cosa sono stati esattamente questi ultimi mesi nel cratere. Io invece nel libro racconto com'era. E Animapunk che l'ha letto, ne ha già fatto una recensione in cui mi ritrovo molto.
Quindi, riassumento, appuntamento il 15 ottobre 2009 alle 20.30 PRECISE (oh, sono sabaudi questi) presso:
TRA ME
Via S .Pellico 34/c – CARIGNANO
E salutatemeli voi.
Sembra inoltre che il 16 la bottega del commercio equo e solidale di Trofarelloe e il 17 ottobre a Cirié altri due centri presenteranno lo stesso programma. Appena li ho vi segnalo i dettagli.
La fuga dei talenti: raccontate la vostra storia
Vi ricordate tutte le voci (false e tendenziose, naturalmente) sul fatto che molti, in particolare giovani, vanno via dall'Italia in cerca di migliori condizioni di lavoro e carriera altrove?
Su questo tema Sergio nava ha pubblicato un libro e un blog e cerca le storie di altri italiani emigrati per mantenere desta l'attenzione su questo punto.
Un elemento che nelle discussioni in Italia sull'argomento non viene mai fuori è anche questo: intanto in Italia la discrepanza tra chi si iscrive a un'università e chi ne esce con una laurea è una delle più basse tra i paesi avanzati. Cos'è che non funziona?
Non dico che una persona che studia per 3-4- anni e poi per i tanti motivi della vita, che possono essere di natura squisitamente personale piuttosto che accademici, non si laurea, abbia sprecato il proprio tempo, perché tutto fa crescere e ci forma e indica una direzione in cui andare nella vita. però un lavoro al proprio livello fa poi fatica a trovarlo o se lo deve inventare.
Ma un l;aureato che ha studiato nel proprio paese e si costruisce una carriera altrove ci impoverisce tutti quanti: mantenere un'università 9e anche, visti i tempi, un sistema scolastico pubblico) decente, al passo con il livello di civiltà e benessere a cui siamo abituati, costa. costa denaro della collettività.
Il motivo per cui lo facciamo è perché un laureato che utilizzi le competenze che gli vengono dal percorso di studi per andare avanti, restituisce molto di più al mondo, alla propria azienda e alla società in generale di quanto abbiamo speso come collettività per permettegli di laurearsi.
E rendiamoci conto, parlo di quello che so, che alcuni corsi di laurea in italia hanno un tale fondamento teorico che magari in altri sistemi manca, che poi chi vuole fare il ricercatore all'estero in certi ambiti, è molto ambito rispetto ai laureati locali, che nelle loro università magari si privilegia quell'approccio pragmatico che ti permette si di trovare un lavoro con cui aprirti un mutuo, ma ti fa fare più faica se volessi fare ricerca pura.
Poi c'è magari un altro aspetto, per non fermarci solo ai laureati. Il fatto che all'estero, specialmente se ci vai perché gli stipendi sono più alti, sei più pronto a fare la gavetta, a cominciare come lavapiatti, per dire, e poi migliorarti. questo, senza andare troppo lontano, lo si vede molto bene con gli emigrati in Italia. Quante badanti o manovali hanno un diploma?
Io ho conosciuto un signore di mezza età che faceva il factotum in un'azienda agricola e nel tempo libero mi ha fatto dei lavori elettrici. Si scopre che è ingegnere elettrico appunto, ma gli stava bene lavorare alcuni anni in Italia come bracciante per comprarsi la casa.
"Cavolo", mi fa l'idraulico del paese quando gliel'ho detto, "ma allora non è uno stupido qualunque".
Difficile.Perché lo stupido qualunque se non ce lo portano le organizzazioni criminali come carne da macello, difficilmente va all'estero, qualsiasi sia il lavoro che fa.
Insomma, questa della fuga dei talenti all'estero per me è una discussione ancora aperta, quindi mi fa piacere dare spazio all'iniziativa di Sergio e se gli volete raccontare la vostra storia (o me la volete raccontare qui), ditecelo pure.
Su questo tema Sergio nava ha pubblicato un libro e un blog e cerca le storie di altri italiani emigrati per mantenere desta l'attenzione su questo punto.
Un elemento che nelle discussioni in Italia sull'argomento non viene mai fuori è anche questo: intanto in Italia la discrepanza tra chi si iscrive a un'università e chi ne esce con una laurea è una delle più basse tra i paesi avanzati. Cos'è che non funziona?
Non dico che una persona che studia per 3-4- anni e poi per i tanti motivi della vita, che possono essere di natura squisitamente personale piuttosto che accademici, non si laurea, abbia sprecato il proprio tempo, perché tutto fa crescere e ci forma e indica una direzione in cui andare nella vita. però un lavoro al proprio livello fa poi fatica a trovarlo o se lo deve inventare.
Ma un l;aureato che ha studiato nel proprio paese e si costruisce una carriera altrove ci impoverisce tutti quanti: mantenere un'università 9e anche, visti i tempi, un sistema scolastico pubblico) decente, al passo con il livello di civiltà e benessere a cui siamo abituati, costa. costa denaro della collettività.
Il motivo per cui lo facciamo è perché un laureato che utilizzi le competenze che gli vengono dal percorso di studi per andare avanti, restituisce molto di più al mondo, alla propria azienda e alla società in generale di quanto abbiamo speso come collettività per permettegli di laurearsi.
E rendiamoci conto, parlo di quello che so, che alcuni corsi di laurea in italia hanno un tale fondamento teorico che magari in altri sistemi manca, che poi chi vuole fare il ricercatore all'estero in certi ambiti, è molto ambito rispetto ai laureati locali, che nelle loro università magari si privilegia quell'approccio pragmatico che ti permette si di trovare un lavoro con cui aprirti un mutuo, ma ti fa fare più faica se volessi fare ricerca pura.
Poi c'è magari un altro aspetto, per non fermarci solo ai laureati. Il fatto che all'estero, specialmente se ci vai perché gli stipendi sono più alti, sei più pronto a fare la gavetta, a cominciare come lavapiatti, per dire, e poi migliorarti. questo, senza andare troppo lontano, lo si vede molto bene con gli emigrati in Italia. Quante badanti o manovali hanno un diploma?
Io ho conosciuto un signore di mezza età che faceva il factotum in un'azienda agricola e nel tempo libero mi ha fatto dei lavori elettrici. Si scopre che è ingegnere elettrico appunto, ma gli stava bene lavorare alcuni anni in Italia come bracciante per comprarsi la casa.
"Cavolo", mi fa l'idraulico del paese quando gliel'ho detto, "ma allora non è uno stupido qualunque".
Difficile.Perché lo stupido qualunque se non ce lo portano le organizzazioni criminali come carne da macello, difficilmente va all'estero, qualsiasi sia il lavoro che fa.
Insomma, questa della fuga dei talenti all'estero per me è una discussione ancora aperta, quindi mi fa piacere dare spazio all'iniziativa di Sergio e se gli volete raccontare la vostra storia (o me la volete raccontare qui), ditecelo pure.
mercoledì 7 ottobre 2009
Rituali funebri nei Paesi Bassi
Bello, confortante e commovente ieri il funerale della nonna del capo. Diciamo che io mi ero fatta l'idea che tutti in un modo o nell'altro ci fossimo messi l'anima in pace: a 91 anni, con una vita che negli ultimi 2 anni le pesava, un passato di depressione, la malattia ecc. ma quanto tempo bisogna pur stare al mondo prima di adempiere ai propri doveri nei confronti della vita?
Alcune cose belle e che mi hanno colpito: la zia ha portato dei pennarelli colorti in modo che potessimo scrivere tutti un messaggio o un saluto sulla bara, semplice, di legno chiaro, coperta con cuscini di rose rosa.
Ennio ha firmato con tre cuoricini digradanti e Orso ha disegnato una macchina, il ponte e il suo nome con solo un'inversione di lettere.
I 4 nipoti, capo e fratelli, hanno portato la bara in chiesa e acceso i ceri intorno. Proprio in quel momento pronipotino unenne è caduto di brutto tra i banchi (anche Orso ha rischiato di cadere, perché eravamo tutti distratti dall'ingresso della bara) e con sua madre è scomparso per il rest del pomeriggio, ha fatto proprio un brutto boink, quello lo abbiamo sentito tutti, prima di mettersi a piangere.
Tutti con molto aplomb, ma vedevo la mascella di cognato 1 contrarsi regolarmente.
Poi il sacerdote ha letto dei brani sulla vita di Oma-mà, scritti da mia suocera e ad ogni momento saliente uno dei parenti saliva sull'altare ad accendere uno dei sette ceri nel candelabro. Orso lo ha fatto per primo con la nonna, Ennio ha acceso il suo e poi una seconda volta al posto di tante Trudi, la miglior amica e cugina di secondo o terzo grado di Oma, che non era in grado di farsi quei sette scalini ripidi senza corrimano.
Belli, compresi, sicuri, questi miei figli. Specie Ennio. Ma tutti i maschi Diga giovani erano elegantissimi e bellissimi in giacca e cravatta, che di solito sono così abituata a vederli circolare con le pezze al culo, che fa davvero impressione. ho persino detto a cognato 1 che deve assolutamente trovarsi un lavoro che preveda il doppiopetto, gli sta troppo bene (e fosse la volta che rimedia una fidanzata).
Poi siamo andati al crematorium, che lo so che è un nome che fa impressione, infatti sta un pochino ai bordi della città, tra un parco e gli alberi.
Abbiamo prima bevuto u caffé nella sala per la famiglia, arredata con due divani, un tavolone, con sedie, un frigo pieno di bevande.
Poi siamo entrati nell'Aula dove già si trovavano gli ospiti, la bara su un podietto circondata dai fiori, compresi quelli portati dagli ospiti, con una bella foto di Oma messa sopra.
Un minimo di direzione la vori lo faceva la signora delle pompe funebri, una trentenne bionda in gwssato pantalone, che ha dato il benvenuto a tutti anunciando che le figlie e i generi avrebbero letto qualcosa. Ha cominciato Genero 1, ringraziando e incartandosi in una cosa che non si è capita, e di fianco a me ho visto cognato 1 fare una smorfia, che non si capiva se quella che stava trattenendo fosse una risata o la botta di commozione.
Mia suocera ha raccontato un po' la vita di Oma, sua sorella delle vacanze che da bambine trascorrevano a Rockanje con due amici che loro chiamavano zia e zio in una fattoria.
Il capo e i suoi fratelli, cui la bionda aveva messo in mano una rosa a stelo lungo che poi hanno deposto sulla bara, hanno detto in breve cose loro, su quando erano bambini e andavano a trovarla. Tra un discoro e l'altro ci sono stati dei brani musicali scelti tra i CD di Oma, tra cui anche Con te partirò, che pare sia nella top 10 dei brani da funerale in Olanda.
(Il capo a suo tempo ne ha fatto la canzone della nascita di Ennio, cantandomela come Con te partorirò). ecco, l'i ho cominciato a piangere pure io, ma nelle pause altre persone si alzavano e andavano a scrivere un messaggio sulla bara, o lasciare dei fiori.
Poi, proprio mentre eravamo lì lì per metterci a piangere in coro, la bionda ha invitato tutti ad uscire lasciando per ultima la famiglia, o proponendo a tutti di cogliere l'occasione per un ultimo saluto. Così siamo passati tutti davanti alla bara, chi l'ha toccata, chi si è fermato, chi le ha mandato un saluto ad alta voce, e siamo passati nella saletta rinfreschi, con tavolini e seggioline in legno chiaro rivestite di stoffa lilla penitenzial-allegra.
Sono stati serviti caffé, rinfreschi, vino, bocconcini da aperitivo salato, che ormai con la logistica il pranzo era bello che saltato. Con mia suocera vlevamo andare noi per i vari tavoli a salutare, sua sorella invecew è rimasta lì quindi alla fine si è formata la fila di condolenti, abbiamo chiacchierato con qualcuno.
Io mi sono fatta presentare la suora che l'ha vegliata una notte la settimana scorsa, suor Teodolpha, che insieme alla signora van Damme che era lì con lei hanno conosciuto oma quando, dai 56 ai 65 anni ha lavorato come receptionista in una casa di riposo. Questo lo sapevo, e sapevo anche che l'avevano presa nonostante l'età (in Olanda gli stipendi salgono con l'età, quindi conviene sempre assumere persone giovani) proprio perché sapeva parlare molto bene con gli ospiti, che si andavano tutti a confidare con lei.
abbiamo incrociato dei parenti alla lontana che non conosco, tre sorelle più o meno mie coetanee che hanno vissuto da bambine nella strada e adesso ci vive ancora la madre.
Oma prima di andare a lavorare alla casa di riposo ha gestito per anni un negozio di giocattoli sopra al quale abitava, le bambine le ha tirate su lei da sola, e quindi era conosciuta in tutto il quartiere. Persino una volta che era andata in Romagna con tante Trudy negli anni '60 credo, la prima persona che ha beccato in spiaggiaera un suo ex cliente. E lei che sperava di farsi una vacanza staccando dal quotidiano.
Insomma, quello che è emerso da tutti i ricordi è che Oma era una donna con tanti racconti e anche se a volte si ripeteva ("Questa però te l'avevo già raccontata, vero?"), come ha detto il capo nella sua orazione funebre, anche ripetuta rimaneva una bella storia.
Prima o poi racconteremo anche queste storie qui.
Poi dopo il rinfresco, siamo tornati nella casa di riposo, non siamo neanche saliti nell'appartamento, ma ci siamo arenati al ristorante a prezzi popolari del pianoterra, abbiamo fatto un brindisi, cenato e chiacchierato. Come in tutti i bei funerali di famiglia che si rispettino.
Alcune cose belle e che mi hanno colpito: la zia ha portato dei pennarelli colorti in modo che potessimo scrivere tutti un messaggio o un saluto sulla bara, semplice, di legno chiaro, coperta con cuscini di rose rosa.
Ennio ha firmato con tre cuoricini digradanti e Orso ha disegnato una macchina, il ponte e il suo nome con solo un'inversione di lettere.
I 4 nipoti, capo e fratelli, hanno portato la bara in chiesa e acceso i ceri intorno. Proprio in quel momento pronipotino unenne è caduto di brutto tra i banchi (anche Orso ha rischiato di cadere, perché eravamo tutti distratti dall'ingresso della bara) e con sua madre è scomparso per il rest del pomeriggio, ha fatto proprio un brutto boink, quello lo abbiamo sentito tutti, prima di mettersi a piangere.
Tutti con molto aplomb, ma vedevo la mascella di cognato 1 contrarsi regolarmente.
Poi il sacerdote ha letto dei brani sulla vita di Oma-mà, scritti da mia suocera e ad ogni momento saliente uno dei parenti saliva sull'altare ad accendere uno dei sette ceri nel candelabro. Orso lo ha fatto per primo con la nonna, Ennio ha acceso il suo e poi una seconda volta al posto di tante Trudi, la miglior amica e cugina di secondo o terzo grado di Oma, che non era in grado di farsi quei sette scalini ripidi senza corrimano.
Belli, compresi, sicuri, questi miei figli. Specie Ennio. Ma tutti i maschi Diga giovani erano elegantissimi e bellissimi in giacca e cravatta, che di solito sono così abituata a vederli circolare con le pezze al culo, che fa davvero impressione. ho persino detto a cognato 1 che deve assolutamente trovarsi un lavoro che preveda il doppiopetto, gli sta troppo bene (e fosse la volta che rimedia una fidanzata).
Poi siamo andati al crematorium, che lo so che è un nome che fa impressione, infatti sta un pochino ai bordi della città, tra un parco e gli alberi.
Abbiamo prima bevuto u caffé nella sala per la famiglia, arredata con due divani, un tavolone, con sedie, un frigo pieno di bevande.
Poi siamo entrati nell'Aula dove già si trovavano gli ospiti, la bara su un podietto circondata dai fiori, compresi quelli portati dagli ospiti, con una bella foto di Oma messa sopra.
Un minimo di direzione la vori lo faceva la signora delle pompe funebri, una trentenne bionda in gwssato pantalone, che ha dato il benvenuto a tutti anunciando che le figlie e i generi avrebbero letto qualcosa. Ha cominciato Genero 1, ringraziando e incartandosi in una cosa che non si è capita, e di fianco a me ho visto cognato 1 fare una smorfia, che non si capiva se quella che stava trattenendo fosse una risata o la botta di commozione.
Mia suocera ha raccontato un po' la vita di Oma, sua sorella delle vacanze che da bambine trascorrevano a Rockanje con due amici che loro chiamavano zia e zio in una fattoria.
Il capo e i suoi fratelli, cui la bionda aveva messo in mano una rosa a stelo lungo che poi hanno deposto sulla bara, hanno detto in breve cose loro, su quando erano bambini e andavano a trovarla. Tra un discoro e l'altro ci sono stati dei brani musicali scelti tra i CD di Oma, tra cui anche Con te partirò, che pare sia nella top 10 dei brani da funerale in Olanda.
(Il capo a suo tempo ne ha fatto la canzone della nascita di Ennio, cantandomela come Con te partorirò). ecco, l'i ho cominciato a piangere pure io, ma nelle pause altre persone si alzavano e andavano a scrivere un messaggio sulla bara, o lasciare dei fiori.
Poi, proprio mentre eravamo lì lì per metterci a piangere in coro, la bionda ha invitato tutti ad uscire lasciando per ultima la famiglia, o proponendo a tutti di cogliere l'occasione per un ultimo saluto. Così siamo passati tutti davanti alla bara, chi l'ha toccata, chi si è fermato, chi le ha mandato un saluto ad alta voce, e siamo passati nella saletta rinfreschi, con tavolini e seggioline in legno chiaro rivestite di stoffa lilla penitenzial-allegra.
Sono stati serviti caffé, rinfreschi, vino, bocconcini da aperitivo salato, che ormai con la logistica il pranzo era bello che saltato. Con mia suocera vlevamo andare noi per i vari tavoli a salutare, sua sorella invecew è rimasta lì quindi alla fine si è formata la fila di condolenti, abbiamo chiacchierato con qualcuno.
Io mi sono fatta presentare la suora che l'ha vegliata una notte la settimana scorsa, suor Teodolpha, che insieme alla signora van Damme che era lì con lei hanno conosciuto oma quando, dai 56 ai 65 anni ha lavorato come receptionista in una casa di riposo. Questo lo sapevo, e sapevo anche che l'avevano presa nonostante l'età (in Olanda gli stipendi salgono con l'età, quindi conviene sempre assumere persone giovani) proprio perché sapeva parlare molto bene con gli ospiti, che si andavano tutti a confidare con lei.
abbiamo incrociato dei parenti alla lontana che non conosco, tre sorelle più o meno mie coetanee che hanno vissuto da bambine nella strada e adesso ci vive ancora la madre.
Oma prima di andare a lavorare alla casa di riposo ha gestito per anni un negozio di giocattoli sopra al quale abitava, le bambine le ha tirate su lei da sola, e quindi era conosciuta in tutto il quartiere. Persino una volta che era andata in Romagna con tante Trudy negli anni '60 credo, la prima persona che ha beccato in spiaggiaera un suo ex cliente. E lei che sperava di farsi una vacanza staccando dal quotidiano.
Insomma, quello che è emerso da tutti i ricordi è che Oma era una donna con tanti racconti e anche se a volte si ripeteva ("Questa però te l'avevo già raccontata, vero?"), come ha detto il capo nella sua orazione funebre, anche ripetuta rimaneva una bella storia.
Prima o poi racconteremo anche queste storie qui.
Poi dopo il rinfresco, siamo tornati nella casa di riposo, non siamo neanche saliti nell'appartamento, ma ci siamo arenati al ristorante a prezzi popolari del pianoterra, abbiamo fatto un brindisi, cenato e chiacchierato. Come in tutti i bei funerali di famiglia che si rispettino.
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martedì 6 ottobre 2009
Sensazioni tattili
L'ho visto. L'ho toccato. Devo restituirlo, ma ieri mi sono finalmente letta la copia di Statale 17 che Marina ha riportato dall'Italia (le ho telefonato mentre stava per le scale con il valigione).
E spero che stasera Paola me ne porti una copia mia, che le poste, signora mia, non sono più i tempi.
OT: Ieri toccata e fuga con Pizza da Pizza Taxi, c'era una famiglia con una tipa di qualche TV che per una serie di bambini di cinque anni che sanno fare qualcosa di particolare stava torturando una bimba che parlava italiano e doveva ordinare una pizza e da bere al signor Romano e Paolo.
Io ne avevo un altro di bambino di cinque anni che sapeva parlare italiano, ma per fortuna non me l'hanno cagato.
Veramente, i giornalisti della televisione sono così coglioni a volte. Da rifiutarti di mettergli in mano dei bambini, tanto non sanno come gestirli (questa era una ragazza giovane, ma davvero, meglio che faccia reportage che non metterla in un doposcuola).
E Marina ha riportato a Orso la maglietta di Ronaldinho, che adesso ce l'ha anche lui l'uniforme. Ora tocca comprargli la tuta invernale.
E spero che stasera Paola me ne porti una copia mia, che le poste, signora mia, non sono più i tempi.
OT: Ieri toccata e fuga con Pizza da Pizza Taxi, c'era una famiglia con una tipa di qualche TV che per una serie di bambini di cinque anni che sanno fare qualcosa di particolare stava torturando una bimba che parlava italiano e doveva ordinare una pizza e da bere al signor Romano e Paolo.
Io ne avevo un altro di bambino di cinque anni che sapeva parlare italiano, ma per fortuna non me l'hanno cagato.
Veramente, i giornalisti della televisione sono così coglioni a volte. Da rifiutarti di mettergli in mano dei bambini, tanto non sanno come gestirli (questa era una ragazza giovane, ma davvero, meglio che faccia reportage che non metterla in un doposcuola).
E Marina ha riportato a Orso la maglietta di Ronaldinho, che adesso ce l'ha anche lui l'uniforme. Ora tocca comprargli la tuta invernale.
lunedì 5 ottobre 2009
Interviste ad Amsterdam durante la manifestazione di sabato
La parte in olandese è un'intervista a Judith Sargentini, europarlamentare olandese. Ma trovo che anche le solite cose dette e ridette sia interessante risentirle dalla voce degli italiani d'Olanda.
Statale 17 colpisce ancora (il 15 e forse 16 ottobre in Piemonte)
La cosa di cui più avevo paura nel metter fuori le storie che compongono Statale 17 era di sentirmi un'usurpatrice. ma come, non ci vivo, non c'ero quando c'è stato il terremoto, come pretendi di avere qualcosa da dire su questo posto e sulla gente che lo fa?
Poi dicono i pensieri limitanti. Quello che mi ha bloccato la scrittura a giugno è luglio è stato questo, perché la sottoscritta senza seghe mentali e mettersi continuamente in discussione non riesce a far nulla.
Ne scrivevo a un compagno di scuola, che anche se il liceo e tutto il resto lo abbiamo fatto sulla costa, anche lui, cioè suo padre, era originario dell'altopiano. E mi ha risposto con una cosa bellissima che vi voglio regalare:
Ma dai, io credo che tu abbia solo raccontato qualcosa che ti appartiene profondamente come appartiene a me ed a tanti. Hai raccontato il tuo Abruzzo, la tua ss 17. Io se penso alla mia, penso a Peltuinum a Capestrano, ai gamberi di fiume, all'odore del timo mentre salgo verso il castello di Barisciano, alle vecchine vestite di nero che mi chiedevano di chi ero figlio o nipote e mi abbracciavano quando dicevo che ero il nipote di Ciccij' j'arrotino (Ciccillo l'arrotino - mio nonno che in realtà faceva il sarto ma siccome la madre era di origine di Campobasso ed a Campobasso si facevano le forbici e le lame in generale......!!!!). La mia ss17 è anche quella violentata dalla mano dell'uomo e della politica con stupide ed inutili superstrade.....è il viaggio per seppellire mio padre.....è mille altre cose e sono tutte vere come lo sono le tue e quelle che ti hanno raccontato!
(Poi non mi dite che la botta di poesia non ce l'abbiamo genetica, lui il libro ancora non lo legge nemmeno e mi parla dela sua ss 17, ma poteva essere benissimo la quarta di copertina, questa).
E l'altra mail bellissima mi è venuta stamane da Paola, che ho conosciuto a maggio mentre me ne andavo a cercar vivi e contar morti, e che mi ha permesso di piangere, Paola con la sua enorme aura di maternità. Il cui giudizio temevo più di tutti, proprio perché mi ha fatto tanto:
Cara Barbara,
Ho letto il tuo libro giovedì scorso, tutto d'un fiato, in un letto d'ospedale. Non ho parole per esprimerti la gioia, la bellezza, la "riconoscibilità" che mi ha messo addosso. Tanto che venerdì mi hanno dimessa, pronta ad affrontare il viaggio ad Amsterdam, a cui pensavo di dover rinunciare.
Ho avuto una gran voglia di abbracciarti, di ringraziarti, di...
Ne parlo a tutti del tuo libro, e domenica mattina lo leggevo a mamma mentre ammassava la pasta.
Ci vediamo eh? Che ti devo abbracciare per tutto quello che mi hai dato con le tue splendide, ironiche, acute, dolorose osservazioni sui pur tanto amati Abruzzesi!
Questi comunque sono abruzzesi di altura, eh, gente che è andata fuori.
Io il libro invece ancora non ce l'ho in mano, mi sa che fate prima voi. e comunque il 15 e forse anche il 16 ottobre, in contumacia, potrete vederlo a due incontri sull'Abruzzo in Piemonte. Appena ho tutti i dettagli ve li posto.
Poi dicono i pensieri limitanti. Quello che mi ha bloccato la scrittura a giugno è luglio è stato questo, perché la sottoscritta senza seghe mentali e mettersi continuamente in discussione non riesce a far nulla.
Ne scrivevo a un compagno di scuola, che anche se il liceo e tutto il resto lo abbiamo fatto sulla costa, anche lui, cioè suo padre, era originario dell'altopiano. E mi ha risposto con una cosa bellissima che vi voglio regalare:
Ma dai, io credo che tu abbia solo raccontato qualcosa che ti appartiene profondamente come appartiene a me ed a tanti. Hai raccontato il tuo Abruzzo, la tua ss 17. Io se penso alla mia, penso a Peltuinum a Capestrano, ai gamberi di fiume, all'odore del timo mentre salgo verso il castello di Barisciano, alle vecchine vestite di nero che mi chiedevano di chi ero figlio o nipote e mi abbracciavano quando dicevo che ero il nipote di Ciccij' j'arrotino (Ciccillo l'arrotino - mio nonno che in realtà faceva il sarto ma siccome la madre era di origine di Campobasso ed a Campobasso si facevano le forbici e le lame in generale......!!!!). La mia ss17 è anche quella violentata dalla mano dell'uomo e della politica con stupide ed inutili superstrade.....è il viaggio per seppellire mio padre.....è mille altre cose e sono tutte vere come lo sono le tue e quelle che ti hanno raccontato!
(Poi non mi dite che la botta di poesia non ce l'abbiamo genetica, lui il libro ancora non lo legge nemmeno e mi parla dela sua ss 17, ma poteva essere benissimo la quarta di copertina, questa).
E l'altra mail bellissima mi è venuta stamane da Paola, che ho conosciuto a maggio mentre me ne andavo a cercar vivi e contar morti, e che mi ha permesso di piangere, Paola con la sua enorme aura di maternità. Il cui giudizio temevo più di tutti, proprio perché mi ha fatto tanto:
Cara Barbara,
Ho letto il tuo libro giovedì scorso, tutto d'un fiato, in un letto d'ospedale. Non ho parole per esprimerti la gioia, la bellezza, la "riconoscibilità" che mi ha messo addosso. Tanto che venerdì mi hanno dimessa, pronta ad affrontare il viaggio ad Amsterdam, a cui pensavo di dover rinunciare.
Ho avuto una gran voglia di abbracciarti, di ringraziarti, di...
Ne parlo a tutti del tuo libro, e domenica mattina lo leggevo a mamma mentre ammassava la pasta.
Ci vediamo eh? Che ti devo abbracciare per tutto quello che mi hai dato con le tue splendide, ironiche, acute, dolorose osservazioni sui pur tanto amati Abruzzesi!
Questi comunque sono abruzzesi di altura, eh, gente che è andata fuori.
Io il libro invece ancora non ce l'ho in mano, mi sa che fate prima voi. e comunque il 15 e forse anche il 16 ottobre, in contumacia, potrete vederlo a due incontri sull'Abruzzo in Piemonte. Appena ho tutti i dettagli ve li posto.
domenica 4 ottobre 2009
Come perdersi un bambino al Nemo
Questo weekend, nell'ambito del mese della scienza, Nemo era aperto gratis ed ho deciso di portarci le belve, pensando che avrebbe fatto bene anche a me staccare dal casino di casa. Anche se per strada ero nera all'idea di tutto quello che avrei potuto fare se avessi lavorato un paio d'ore prima di uscire.
Perché si sa come va, l mattino ha l'oro in bocca, i bambini invece una volta che rientri ti hanno distrutta e si fa più fatica a metter mano ai lavori, e adesso imbunisce presto ecceterà eceterà.
Poi ci raggijungono gli amici e tutto diventa più facile e piacevole, anche se sempre una faticata, signora mia. Alle 13.25 decidiamo di andarcene. Strappo Orso alle bolle di sapone, gi dico che andiamo e di aspettarmi lì mentre strappo il fratello, tempo 30 secondi ed era scomparso.
Ve la faccio molto breve, l'ho ritrovato 45 minuti dopo fuori, immobile e congelato vicino alle biciclette, perché ovviamente era uscito senza giacca. Gli dico usciamo, lui esce, elementare Watson.
Ora, quello su cui ho molto da dire è l'organizzazione del Nemo, che è un museo della scienza e della tecnica costruito apposta per i ragazzini, su come gestire queste cose. perché se sei una struttura per un pubblico infantile, un bambino che si perde ogni tanto lo devi mettere nel conto.
Per esempio Artis, lo zoo, per dire dove si è perso Orso l'ultima volta, ha un posto di guardia vicino all'uscita in un gabbiotto da cui tengono d'occhio la stessa, e chiunque, dalla singora che pulisce i bagni all'addetto alla cassa sa dirti che se ti perdi un bambino devi andare subito lì.
Vado dalla sorvegliante del primo piano e piena di fiducia le chiedo (dopo aver cerato io per un buon quarto d'ora vicino a tutte le attrazioni che lo avevano colpito per vedere se non fosse lì):
"Ho perso un bambino da un po', da chi bisogna rivolgersi da voi in questi casi?"
"Vada al bancone giù che le fanno un annuncio".
Sono passata per cinque persone, la maggior parte ragazzini a cottimo, a tutti e cinque ho raccontato la storia, tutti e cinque hanno detto di star avvertendo la persona che avrebbe fatto l'annuncio, a tutti e cinque ho spiegato che è un bambino di cinque anni e per favore dirgli che mamma lo aspetta giù vicino alla scala grande.
A un paio ho proposto di farlo fare a me l'annuncio, così riconosceva la voce, ma non si può assolutamente (perché? Boh, non me lo hanno spiegato). Diciamo che altri 5 minuti in cui avrei potuto cercarlo li ho persi appresso a questa gente.
Alla fine indico la mia amica accampata con gli altri bambini tra l'ingresso e la scala e ricomincio a cercarlo. Qua e là, nei vari bar e attrazioni, ogni volta che vedo una persona in divisa ripeto la storia e chiedo di avvertire giù se vedono un bambino con l'aria persa. Tutti mi dicono di rivolgermi sotto al bancone.
Poi sento l'annuncio, come tutti gli annunci degli altroparlanti in posti grandi e affollati comprensibile come una poesia d'amore sussurrata all'orecchio al risveglio:
"Orso Diga è pregato di recarsi al bancone della cassa per informazioni".
Fantastico, adesso qualcuno mi spiega come, ammesso che abbia sentito il proprio nome, un bambino di cinque anni capisca dov'è la cassa, che oggi è gratis e manco ci siamo passati, e soprattutto il bancone e le informazioni come me le traducono. e pensare che ho detto tanto bene per cinque volta: mamma, giù, scala grande. Più chiaro di così.
Continuo a cercare, il capo viene, Gina chiama suo marito per portarsi via i bambini e darmi una mano, arriva un'altra madre della scuola che lo conosce e viene subito allertata, se lo vede spedircelo sotto.
Poi Gina ha un'idea geniale, e mi indica le telecamere spra alla porta:
"Non si potrebbero guardare le immagini, tanto per capire se è uscito?"
Il sottotitolo non detto è: per vedere se è uscito con qualcuno?
Torno al bancone, respiro profondamente e con il tono più calmo del mondo (perché in tutto questo giro ho pure beccato l'addetto che mi ha fatto notare che non mi stavo rivolgendo a lui con il tono giusto) chiedo:
"Ma c'è un responsabile oggi (della serie: posso parlare con un vero adulto che sa e decide qualcosa? Che ne so, quello che ha le chiavi, o che si occupa della sicurezza?"
"La bimba con lócchio glauco e limpido mi fa:
"Ma veramente della sicurezza ci occupiamo un po' tutti"
Chiamate l' esercito, la guardia civile, i marines e i granatieri di Sardegna, per favore, o prendo un mitra e sparo.
"Si, ma io mi riferisco a qualcuno che può metter mano alle immagini delle telecamere e comunque ora sono davero preoccupata perché è passato troppo tempo, quindi fra 15 minuti telefono alla polizia".
Alla fine mi torna la tipa mia coetanea, che dopo 5 minuti mi recupera anche un tizio responsabile degli annunci, gli chiedo di rifarlo in termini comprensibili da un bambino, oppure di farne uno ai colleghi chiedendo di dare un occhio se notano un bambino dall'aria spersa (ma la sanno riconoscere l'aria spersa questi pischelli?)
"Ha provato a vedere fuopri?" mi fa la tipa.
"No, perché volevo tener d'occhio la porta finché non abbiamo controllato bene dentro, ma se mi ci butta lei un'occhio adesso vado".
Esco e mi guardo tutti i pontili e le barche. Tiro fuori il telefono e faccio il 112.
"Il numero da lei chiamato non esiste".
(C'è da dire che venerdì è morto il display del telefonino quindi i numeri li faccio alla cieca).
Rifaccio il 112, mentr continuo a girare per quei ventosi pontili intorno al Nemo. Segnale libero.
Tuut. Tuut. Tu- eccolo vicino alle bici. Serio e immobile.
"Amore, ti abbiamo cercato dapertutto, che paura, ti sei messo paura?"
Mi viene in braccio e piange piano.
Torno dentro ad avvertire che è tornato e immediatamente nel walkie talkie c'è: avverti tutti che Orso è stato trovato.
Poi gli regalano un minerale da martellare fino a che non compare la pietra che c'è dentro. Poi ci mangiamo gli hot dog e le patatine e io mi faccio una tisana di anice stellato.
Poi chiamiamo papà che non deve più venire.
Poi andiamo a fare il giro della nave dei pirati ormeggiata fuori.
Poi telefoniamo a papà che è meglio che ci venga a prendere al traghetto, che per oggi ho già donato.
(Poi ho litigato con il servizio clienti del media Market perché non può essere che un telefonino comprato due settimane fa e Nokia per di più sia inutilizzabile. Mi propongono una riparazione che può durare dalle 3 alle 5 settimane, ma non uno nuovo. Poi con il capo ci siamo ricordati che l'ultima volta che ci abbiamo comprato un lettore dvd che non funzionava la riparazione è durata 8 mesi, ci hanno dato un altro dvd usato che non funzionava che ci siamo tenuti con il risultato che i bambini hanno sviluppato un orecchio fantastico per l'inglese, visto che il telecomando non ha funzionato finché non abbiamo comprato un altro lettore, altrove.)
Per dire, fino alla fine dell'anno la mia dose di sfighe l'ho avuto (è il secondo Nokia che mi muore da aprile) se adesso non cominica ad andare tutto bene mi vedrete sclerare.
E pensare che mi compiacevo quest'anno con me stessa che rispetto agli altri settembre ero meno stressata del solito. Decisamente non ci si può mai adagiare.
Adesso non ho più neanche posto per il panico da quanto sono incazzata.
E meno male che proprio ieri al negozio turco in svendita mi sono comprata la palla apotropica con gli occhi scacciajella. Mi sa che la devo appendere.
Perché si sa come va, l mattino ha l'oro in bocca, i bambini invece una volta che rientri ti hanno distrutta e si fa più fatica a metter mano ai lavori, e adesso imbunisce presto ecceterà eceterà.
Poi ci raggijungono gli amici e tutto diventa più facile e piacevole, anche se sempre una faticata, signora mia. Alle 13.25 decidiamo di andarcene. Strappo Orso alle bolle di sapone, gi dico che andiamo e di aspettarmi lì mentre strappo il fratello, tempo 30 secondi ed era scomparso.
Ve la faccio molto breve, l'ho ritrovato 45 minuti dopo fuori, immobile e congelato vicino alle biciclette, perché ovviamente era uscito senza giacca. Gli dico usciamo, lui esce, elementare Watson.
Ora, quello su cui ho molto da dire è l'organizzazione del Nemo, che è un museo della scienza e della tecnica costruito apposta per i ragazzini, su come gestire queste cose. perché se sei una struttura per un pubblico infantile, un bambino che si perde ogni tanto lo devi mettere nel conto.
Per esempio Artis, lo zoo, per dire dove si è perso Orso l'ultima volta, ha un posto di guardia vicino all'uscita in un gabbiotto da cui tengono d'occhio la stessa, e chiunque, dalla singora che pulisce i bagni all'addetto alla cassa sa dirti che se ti perdi un bambino devi andare subito lì.
Vado dalla sorvegliante del primo piano e piena di fiducia le chiedo (dopo aver cerato io per un buon quarto d'ora vicino a tutte le attrazioni che lo avevano colpito per vedere se non fosse lì):
"Ho perso un bambino da un po', da chi bisogna rivolgersi da voi in questi casi?"
"Vada al bancone giù che le fanno un annuncio".
Sono passata per cinque persone, la maggior parte ragazzini a cottimo, a tutti e cinque ho raccontato la storia, tutti e cinque hanno detto di star avvertendo la persona che avrebbe fatto l'annuncio, a tutti e cinque ho spiegato che è un bambino di cinque anni e per favore dirgli che mamma lo aspetta giù vicino alla scala grande.
A un paio ho proposto di farlo fare a me l'annuncio, così riconosceva la voce, ma non si può assolutamente (perché? Boh, non me lo hanno spiegato). Diciamo che altri 5 minuti in cui avrei potuto cercarlo li ho persi appresso a questa gente.
Alla fine indico la mia amica accampata con gli altri bambini tra l'ingresso e la scala e ricomincio a cercarlo. Qua e là, nei vari bar e attrazioni, ogni volta che vedo una persona in divisa ripeto la storia e chiedo di avvertire giù se vedono un bambino con l'aria persa. Tutti mi dicono di rivolgermi sotto al bancone.
Poi sento l'annuncio, come tutti gli annunci degli altroparlanti in posti grandi e affollati comprensibile come una poesia d'amore sussurrata all'orecchio al risveglio:
"Orso Diga è pregato di recarsi al bancone della cassa per informazioni".
Fantastico, adesso qualcuno mi spiega come, ammesso che abbia sentito il proprio nome, un bambino di cinque anni capisca dov'è la cassa, che oggi è gratis e manco ci siamo passati, e soprattutto il bancone e le informazioni come me le traducono. e pensare che ho detto tanto bene per cinque volta: mamma, giù, scala grande. Più chiaro di così.
Continuo a cercare, il capo viene, Gina chiama suo marito per portarsi via i bambini e darmi una mano, arriva un'altra madre della scuola che lo conosce e viene subito allertata, se lo vede spedircelo sotto.
Poi Gina ha un'idea geniale, e mi indica le telecamere spra alla porta:
"Non si potrebbero guardare le immagini, tanto per capire se è uscito?"
Il sottotitolo non detto è: per vedere se è uscito con qualcuno?
Torno al bancone, respiro profondamente e con il tono più calmo del mondo (perché in tutto questo giro ho pure beccato l'addetto che mi ha fatto notare che non mi stavo rivolgendo a lui con il tono giusto) chiedo:
"Ma c'è un responsabile oggi (della serie: posso parlare con un vero adulto che sa e decide qualcosa? Che ne so, quello che ha le chiavi, o che si occupa della sicurezza?"
"La bimba con lócchio glauco e limpido mi fa:
"Ma veramente della sicurezza ci occupiamo un po' tutti"
Chiamate l' esercito, la guardia civile, i marines e i granatieri di Sardegna, per favore, o prendo un mitra e sparo.
"Si, ma io mi riferisco a qualcuno che può metter mano alle immagini delle telecamere e comunque ora sono davero preoccupata perché è passato troppo tempo, quindi fra 15 minuti telefono alla polizia".
Alla fine mi torna la tipa mia coetanea, che dopo 5 minuti mi recupera anche un tizio responsabile degli annunci, gli chiedo di rifarlo in termini comprensibili da un bambino, oppure di farne uno ai colleghi chiedendo di dare un occhio se notano un bambino dall'aria spersa (ma la sanno riconoscere l'aria spersa questi pischelli?)
"Ha provato a vedere fuopri?" mi fa la tipa.
"No, perché volevo tener d'occhio la porta finché non abbiamo controllato bene dentro, ma se mi ci butta lei un'occhio adesso vado".
Esco e mi guardo tutti i pontili e le barche. Tiro fuori il telefono e faccio il 112.
"Il numero da lei chiamato non esiste".
(C'è da dire che venerdì è morto il display del telefonino quindi i numeri li faccio alla cieca).
Rifaccio il 112, mentr continuo a girare per quei ventosi pontili intorno al Nemo. Segnale libero.
Tuut. Tuut. Tu- eccolo vicino alle bici. Serio e immobile.
"Amore, ti abbiamo cercato dapertutto, che paura, ti sei messo paura?"
Mi viene in braccio e piange piano.
Torno dentro ad avvertire che è tornato e immediatamente nel walkie talkie c'è: avverti tutti che Orso è stato trovato.
Poi gli regalano un minerale da martellare fino a che non compare la pietra che c'è dentro. Poi ci mangiamo gli hot dog e le patatine e io mi faccio una tisana di anice stellato.
Poi chiamiamo papà che non deve più venire.
Poi andiamo a fare il giro della nave dei pirati ormeggiata fuori.
Poi telefoniamo a papà che è meglio che ci venga a prendere al traghetto, che per oggi ho già donato.
(Poi ho litigato con il servizio clienti del media Market perché non può essere che un telefonino comprato due settimane fa e Nokia per di più sia inutilizzabile. Mi propongono una riparazione che può durare dalle 3 alle 5 settimane, ma non uno nuovo. Poi con il capo ci siamo ricordati che l'ultima volta che ci abbiamo comprato un lettore dvd che non funzionava la riparazione è durata 8 mesi, ci hanno dato un altro dvd usato che non funzionava che ci siamo tenuti con il risultato che i bambini hanno sviluppato un orecchio fantastico per l'inglese, visto che il telecomando non ha funzionato finché non abbiamo comprato un altro lettore, altrove.)
Per dire, fino alla fine dell'anno la mia dose di sfighe l'ho avuto (è il secondo Nokia che mi muore da aprile) se adesso non cominica ad andare tutto bene mi vedrete sclerare.
E pensare che mi compiacevo quest'anno con me stessa che rispetto agli altri settembre ero meno stressata del solito. Decisamente non ci si può mai adagiare.
Adesso non ho più neanche posto per il panico da quanto sono incazzata.
E meno male che proprio ieri al negozio turco in svendita mi sono comprata la palla apotropica con gli occhi scacciajella. Mi sa che la devo appendere.
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la sfiga ci vede benissimo,
Piezz' e core
Com'è poi andata la manifestazione ad Amsterdam
Ecco, qui si potrebbe aprire un dibattito. Io capisco esattamente il punto retorico che si vuole raggiungere con questa frase, ma alla lettera non sono d'accordo. È vero, io da un po' di anni non mi sento più un'emigrante (expat non mi ci sono mai considerata per motivi che esporrò in un altro post, un giorno chissà).
Ma da alcuni anni mi sento invece una fuoruscita, proprio perché so che in Italia, l'Italia da cui sono partita per accidenti della vita e del destino, non è più il paese in cui rientrerei per crescerci dei figli e mandare avanti un'azienda.
E siccome anni fa ho trovato molto illuminante leggermi le Memorie di un fuoruscito di Gaetano Salvemini, è una lettura che consiglio a tutti i bastardi, a tutti gli emigrati, a tutti i fuorusciti o aspiranti tali.
Anche da fuori ci si può opporre, dissociare e fare qualcosa per cambiare le cose. Ma basta teoria, passiamo alle foto.
Tante domande, nessuna risposta. O meglio, le vie giudiziarie sono una risposta anch'esse.
I poster davanti all'Istituto italiano di cultura.
La manifestazione in Leidseplein.
Non essendoci stata pirzunalmenti di pirzuna per motivi di lutto in famiglia, vi lascio alcune foto della manifestazione ad Amnsterdam di ieri. che anche qui ci si sbatte, che vi credete.
Foto: me le hanno mandate su Facebook quelli che c'erano.
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