Siamo tutti quanti solo umani, troppo umani. Siamo buoni, generosi e amiamo il prossimo ed è proprio con questo che ci chiedono contributi per chi ha meno, per chi è più sfigato di noi, minacciato di morte, di indifferenza, di una vita peggio della morte. Adesso a Natale, il nostro momento istituzionalizzato di bontà, più spesso che mai.
È giusto e sano. Un momento di spreco e folleggio accompagnato dalle doverose e rituali riflessioni su chi ha molto ma molto di meno. Count your blessings.
Perché lo facciamo? No, veramente, perché ci commuoviamo, ci indignamo, ci mobilitiamo?
Perché siamo fortunati e lo sappiamo. Ecco, adesso mi rivolgo a me e a voi tutti. Abbiamo un computer con tutto il potere che ciò comporta (anche economico, se non ci dispiace), lo usiamo per scrivere e per leggere.
E siamo perfettamente consapevoli che non abbiamo fatto un tubo per meritarcelo, che è solo per uno scherzo del destino che a noi è andata bene e ad altri, non per loro colpa, no.
Che se abbiamo un computer abbiamo presumibilmente anche da mangiare, da bere, da dormire, da scaldarci, da pagarci le piccole spese, e a volte anche quelle grandi. Che ci vediamo, presumibilmente, che abbiamo due mani o almeno una o mezza per battere sui tasti. Il resto, tutto il resto che abbiamo, mancia.
Che c'è chi non ha nulla di tutto questo. Che, al contrario di noi, sta molto più vicino (o lontano) dalla soglia della pura sopravvivenza. Che in questo momento, in Europa, ma forse anche semplicemente nella nostra città, nel nostro paese, sotto casa, c'è chi non ha niente. Neanche un amico o qualcuno che lo pensa in bene.
Non ce lo scordiamo, conosciamo ancora anche noi chi per periodi più o meno lunghi non aveva niente. Cioè, aveva freddo, aveva fame, aveva voglia di conforto, di una coccola, di comprensione. Noi siamo cresciuti con il mito della nutella, con le proteine delle fettine e delle bistecche magre.
E anche adesso che è Natale la nostra canzone più tipicamente autoctona ci ricorda che si nasce anche al freddo e al gelo. Insomma, nell'imprinting ce l'abbiamo bello forte, che si può stare tanto, ma tanto peggio di noi.
Allora, come rendimento di grazie, per scaramanzia, per allontanare la malasorte, per non dirci: ma come sono in fondo fortunata, che per carità, dirlo o anche solo pensarlo equivale ad attirarsi la sfiga settanta volte sette, noi doniamo.
Aiutiamo chi ha meno, ci diamo da fare per le buone cause, usiamo internet per mandare a tutti i nostri amici e conoscenti mail su bambini malati, genitori disperati, scrittori minacciati, casi umani vari. Tutto, pur di poterci non dire, che anche già solo quello porta sfiga, a me no.
Io sono sana, ricca, felice ed amata, lo sono i miei bambini, lo è mio marito, le nostre famiglie allargate, i nostri amici, i nostri vicini (no, non dirlo, sei pazza, porta male). È un equilibrio fragile e precario, perché non lo siamo sempre stati. Già mio padre, mia nonna, per dire, hanno avuto tanto, ma tanto di meno, e non per colpa loro. È un'emancipazione recente, troppo.
Per questo abbiamo paura di avvicinarci troppo a chi tutto questo non lo ha. Al barbone alla stazione che vende il giornale, o sta solo buttato in un angolo, sul marciaiede umido, al freddo e al vento. A non accogliere in casa chi ha un problema. Poi vede tutto quello che abbiamo noi, ne diventa geloso e la gelosia può far cadere i regni, figuriamoci un equilibrio piccolo e precario come il nostro.
Allora, continuiamo a tesoreggiare come la nostra ricchezza e fortuna più grande, quella consapevolezza di essere dei privilegiati. Non abbiamone paura. e spargiamola in giro. Perché un piccolo gesto, e delle volte non è solo un gesto finanziario, ma di solidarietà, una firma, una lettera un disegno, fanno miracoli. Non abbiamo paura di perderla, e neanche di allargarla.
Pensate veramente che enorme evoluzione abbiamo avuto in Italia in soli 50 anni. Io non ho più avuto la fame di mio padre da bambino. I miei figli ancora di meno. Ricordiamocene e ricordiamoci che hanno ragione in fondo gli Americani: tutti abbiamo diritto alla felicità e alla realizzazione di sé. E io voglio credere che sul lungo termine, questo varrà per la maggior parte delle persone. Perché essere felici e realizzati da soli con i barbari che premono alle porte, ma che gusto c'è? non c'è gusto, e infacci ci proviamo a non farlo succedere.
Non credo affatto che adesso viviamo in un periodo di decadenza e che davanti ci resta solo il lungo, freddo inverno, fatto di mosche e di paludi e silenzio. Nella più grande decadenza, resta l'uomo. Cioè noi, l'umanità, quella scintilla divina che ci ha portati qui, dove siamo. L'uomo nella sua grandezza e miseria, nello spirito e nella ferinità. Siamo corpo, ma siamo anche memoria. Ricordiamocene. Siamo fortunati e se ce ne ricordiamo, può solo andare ancora meglio per noi e tutti. Quasi tutti.
PS: c'è una molto libera citazione di Benni da qualche parte. No, per dire, non è tutta farina del mio sacco. Devo dirlo, hai visto mai...
2 commenti:
Guarda, io credo che tendiamo a girare gli occhi da un'altra parte perchè siamo consapevoli che l'immagine di coloro che hanno di meno - molto di meno - potrebbe tranquillamente essere la nostra. Perchè del diman non c'è certezza. Perchè, come dici tu, tutto sommato ci è andata di culo e ne siamo consapevoli.
E tutto ciò ci spaventa.
Non ce ne frega poi granchè di far nascere delle invidie, neanche per scaramanzia. Piuttosto non vogliamo pensare che non ci sono delle vere ragioni per cui noi con i piedi al caldo e quello/quella/quelli con il culo gelato. E se non ci sono vere ragioni ecco che tutto può cambiare e ... oggi a te domani a me non è necessariamente un bel pensiero.
Poi però sappiamo anche che tutto ciò non è un bel sentire allora ci mettiamo in pari con azioni periodiche che possano riequilibrare un pò la faccenda, giusto per non farsi troppi debiti con la sorte .. so to speak.
E tutto ciò è talmente ovvio e palese che giù fioccano gli appelli a sostieni questo e quello, specialmente nei periodi istituzionali.
Ed il tutto mi sembra abbastanza bruttarello se debbo essere franca.
D'altro canto mollare qualcosa ogni tanto male non fa, e Natale è ormai (almeno dalle nostre parti, qua mi sembra un pò diverso, sbaglio?) una corsa al consumo così spudorata che trasformare l'acquisto dell'inutile in un segno di tangibile solidarietà mi sembra un modo per rendere il tutto (Natale di consumi e cattiva coscienza) un pò meno bruttarello ...
Solo - e questo è del tutto personale - non sopporto sostenere l'apparato delle organizzazioni (anche se so che serve, almeno in parte, pure quello) e cerco situazioni in cui il corto circuito tra una donazione e chi ne ha bisogno sia il più immediato possibile.
Questo sembra esserlo, no? /graz
È ovviamente bruttarello, ma proprio per questo dicevo che fa parte, nel bene e nel male, della natura umana. E la natura umana, anche se la irregimenti o ci provi, per il suo bene, talvolta ti sorprende nel bene.
Si, questa organizzazione è decisamente partita tutta dal basso e non hanno un apparato da mantenere. Solo un minimo di spese inevitabili per Nikolaj e il suo accompagnatore.
Diciamo anche che Kleine Herze è fondamentalmente una madre che ha adottato tre bambini ukraini e un altro paio di persone fisse che l'aiutano nella crociata di sostenere gli orfanotrofi.
E siccome ci sono sempre bambini inadottabili, vuoi perché hanno magari un nonno o qualche parente sparso che non può tenerli ma li viene a trovare, o perché sono già grandi e non li puoi sradicare del tutto con un'adozione internazionale, quello che cercano di fare è di costituire delle case-famiglia dove farli abitare in gruppetti da 8-10.
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