mercoledì 30 settembre 2009

Idea geniale per la schiena

La mia schiena, poveretta, deve volermi un gran bene perché le faccio cose orribili da quando ho l'età della ragione. Poi ogni tanto mi scuso, vado a farmi la bottarella di pilates, faccio un mutuo al chiropratico. E lei per un po'chiude un occhio.

Anni fa ho persino fatto la Back School. Che serve a poco se ti insegnano che la posizione con cui volti la testa quando fai marcia indietro è assolutamente dannosissima. Vabbé, e allora che faccio, chiamo il carro attrezzi ogni volta che devo parcheggiare? Ma l'ho fatta con Fausto, e chiunque conosca Fausto non può far altro che scuotere la testa e dire: tzk tzk.

Adesso, ecco adesso la povera mi presenta il conto. E me lo presenta pure in ritardo, perché gli ultimi due mesi (se vogliamo stendere un velo pietoso sull'ultimo anno, e anche i 41 precedenti), non ho fatto altro che alzare e spostare scatoloni da un piano all'altro, cercando d rendere un pelo vivibile questa casa.

Poi sono andata a caricarmi e scaricarmi mattoni e piastrelle di cemento. Poi ho tentato di metter mano al giardino, e anche se a volte mi sedevo sullo sgabellino invece di spenzolare in avanti, sempre quello era.

Poi abbiamo avuto il periodo dei mostri nel buio e dell'insonnia, e ogni sera c'era uno gnorpolo addormentatosi nel mio letto da riportare a letto suo (vi dico solo che stamattina presto io e il capo ci siamo incontrati nel letto di Ennio), su per le scale, senza corrimano, che ancora non lo rimettiamo (le scale olandesi, le conoscete no? Pendenze tipo K2 che solo con la piccozza e la bombola di ossigeno, ma preferibilmente un paio di sherpa che ti portino a spalla, si fanno).

Poi a comprar 26 sacchi di terriccio da 30 kg. per il giardino, e caricali e scaricali (e menon male che ancora non li spando, in compenso Orso mi ha sparso psu tutte le piastrelle metà del saccone di concime). Poi arrivano le piastrelle e il pallet non ci passa, quindi me lo lasciano fuori dalla porta. E tutti quei sacchi di carta con dentro cemento e fughe, che faccio, li lascio sotto la pioggia che incombe? Lo sapete quanto pesa un sacco di semento? Hai voglia a usare il carrellino della spesa, non giravano più le ruote dal peso.

Poi con il piastrellista spostare la cassettiera di Molteni, che se c'è una cosa da cui il mobile di marca si distingue dall'IKEA, ditemi quello che vi pare, è il peso specifico.

Insomma, sono tre mattine che appena alzata non posso far niente, neanche respirare a fondo, senza accompagnarlo da urletti di dolore. Specialmente vestire gli gnorpoli, che vogliono si che gli allacci le scsrpe o gli sistemi la canottiera nella mutande o tirar su la cerniera, ma preferibilmente da due metri di distanza e di lato, manco fossi un primate.

Oggi dopo due settimane di assenza mi sono trascinata a yoga, che ho appena iniziato, perché non se ne poteva più. Ha aiutato? Non so, so solo che Nel a un certo punto è andata a prendere una palla e mi ci ha fatto stendere sopra di schiena. Che ha aiutato, non lo nego, ma poi ho anche scoperto che se mi sdraio sulla schiena non ne vengo più su. Sia voltarmi su un fianco qualsiasi che tirarmi su è una cosa superiore alle mie forze.

E, mi lamentavo, pensa che il 15 mi mettono la cucina e poi posso ricominciare a portar giù dal secondo piano e dalla soffitta tutte le cose che ci vanno, in cucina.

Poi mi è venuta un'idea:

Ma se il 16 o il 17, che poi ci sono le vacanze, io mi metto a cucinare che quello mi fa sempre bene, invito tutti, ma proprio tutti, e invece di portare io giù 60 scatoloni ognuno può portarne giù uno, no è che ci divertiamo tutti di più? E riallaccio i contatti con tutta la gente da cui sono scomparsa e, mi dicono, a volte si preoccupano che fine abbia fatto.

"Fallo, io ci vengo" ha detto Nel.

Con una botta solo neutralizzo due pensieri limitanti negativi:

il primo è che la mia schiena non me la perdonerà mai se davvero non la metto un pelino a riposo;

il secondo è: ma tutta la gente che ha mangiato a casa mia gli ultimi 10 anni (dal 1998 al 2008, per essere precisi) dove cavolo erano quest'ultimo anno in cui avrei volentieri accettato qualsiasi invito a pranzo, cena, colazione o merenda, pur di non dovermi inventare per l'ennesima volta un pasto sano e completo con una sola piastra elettrica sempre più zoppicante e un bollitore? E le valvole che saltano ogni due per tre?

Lo so che è un pensiero incattivito e ignorante, ma tanto me lo chiedo comunque. E talvolta non ci dormo su.

Io adesso lo frego, il pensiero negativo, intendo, cucinando una volta ancora per tutti questi stronzi e se non mi svuotano la soffita è meglio che non si facciano più vedere.

O rischiano che davvero gli lancio l'anatema. Non ce lo scordiamo, io so togliere il malocchio anche se non l'ho mai fatto. Cerchiamo di non scoprire tutti insieme se so anche lanciarlo.

martedì 29 settembre 2009

Questa sera alla radio

... ci sono io sola soletta a fare da supplente, quindi se avete voglia di chiacchiere/monologhi, musica e buone letture, fatemi un fischio.

Ma si, dai, che vi leggo un pezzetto di Statale 17.

Dalle 20 alle 21 in italiano: www.salto.nl, cliccare su Wereld FM e poi su LIVE.

Dalle 21 alle 22 in olandese: www.salto.nl, cliccare su Stad FM e poi su LIVE.

Un ragionamento che non fa acqua

Posso plaudire al comune australiano che ha messo al bando l'acqua in bottiglia?

Dico la verità, a me una bollicina moderata piace. E l'acqua nelle bottiglie di vetro pure. Ma la plastica la considero da sempre un male necessario, e quest'estate che eravamo al mare, e si faceva la raccolta differenziata, e la casa aveva l'autoclave quindi l'acqua del rubinetto era meglio non berla e dopo 4 giorni ho dovuto portare giù un quantitativo scandaloso di bottiglie, ho detto basta e mi sono comprata la brocca filtrante Brita.

L'acqua ha un sapore ottimo, la uso sempre, soprattutto per bollitore e caffettiera, che anche il caffé è meglio con l'acqua filtrata. E Simona si è comprata l'apparecchietto per le bollicine, che funziona bene anche quello.

Ricapitolando, con l'acqua che una famiglia beve in un mese ti compri la brocca con il filtro, che ti filtra un sacco di cose, alla faccia di chi dice che l'acqua degli acquedotti non sarebbe buona. Ogni 5 settimane ti cambi il filtro, che è si pattume, ma nulla in confronto alle bottiglie di plastica.

E poi vuoi mettere la diossina che non ti bevi quando in estate i pallet di bottiglie stanno in un parcheggio sotto il sole cocente?

La mia più grossa sopresa l'ho avuta all'Aquila anni fa. L'Aquila, che si chiama così perché viene da Acculae, un posto ricco di acque, ha acque buonissime, la migliore si dice che sia quella della fontanella alla Villa.

Bene degli aquilani bevevano acque in bottigliate altrove perché secondo loro quella aquilana faceva venire i calcoli. I calcoli? Ma sai quanto ci possono mettere i calcoli a farsi intanto che bevi acqua? Hai voglia. Contemporaneamente, a mia madre che i calcoli li aveva, consigliavano la Santa Croce, un'acqua locale.

A casa mia si chiama l'arte dei pazzi. E l'acqua di casa ti evita di trascinare dentro quei pacchi pesantissimi di bottiglie e riportar fuori i vuoti.

Non so voi, per me questo è l'argomento definitivo. I venditori di prodotti minerali e derivati dal petrolio urlano vendetta, ma vedi che sono i più bravi a riciclarsi.

Adesso aspetto il divieto al consumo e la vendita di aria fritta, che anche quella va molto di moda.

lunedì 28 settembre 2009

Come comprare il libro e altri fatti

Allora, in attesa di informazioni dettagliate, chi vuole, e a quanto pare volete in tanti, per fortuna, così mi raffiato, Maura mi dice di contattarla qui
Specificando che si tratta di Statale 17 e lei ve lo spedisce.

Per le presentazioni in Italia, devo ringraziare la vostra generosità. Siamo in ballo con Piemonte, una proposta per Trento (magari), una cosa bella, lunga e complicata a Firenze e siccome la cosa più bella è la fase di pianificazione, io intanto mi diverto così, poi appena ci sono cose concrete ve le raccontiamo, ma dal ristorante a km. zero, pssando per la libreria dell'usato e finire agli amici jazzisti, sappiatelo, non saranno presentazioni normali. Portatevi il salvagente.

Aggiornamenti seguiranno, per ora ho il piastrellista in casa (praise the lord) e la settimana che viene, anche se succedono cose carine, tipo canzoncine sconce su Sinterklaas, che pare vada accolto sulla soglia a pallettoni ("Ma quali palle?", si informa il capo che per lui l'etimologia è una fede "Quelle del pipitto" fa Ennio, e poi in bagno Orso che si informa come sia possibile le palle del pipitto e gli dico "guarda bene", e mi fa "Ma io ne ho una" e a me viene un coccolone perché di Ennio mi ricordo benissimo che quando è nato con tutta la documentazione c'era una cartolina azzurra, la carta delle palline (balletjeskaart) che attestava l'avvenuta discesa delle stesse, ma sul momento di Orso non ricordavo più come era messo e mi terrorizzo (che a darmi della madre degenere faccio subito) e lui mi tranquillizza "Si, a volte ne ho due e a volte una", che sono patemi per una povera madre, ma conferma anche che più figli si hanno più cala l'attenzione ai dettagli e con me l'ottavo rischierebbe di nascere ermafrodito e io me ne accorgerei solo quando si sposa, per dire, dicevo, succedono cose carinissime, ma io sto a spostar scatole e verniciare, quindi ve le racconterò in futuro.

Intanto però l'informazione saliente c'è e ce la teniamo.

Giochi da grandi

Finalmente gli Gnorpoli cominciano a scoprire giochi diversi dalla costruzione di km. di ferrovia, o lancio di macchinine e palle rimbalzanti dalle scale, o l'espressione artistica con colori acrilici indelebili su tavolo, sedie e pareti varie, per tacer dei vestiti.

La prima scoperta, tutta grazie alla mia santa madre, è stata quella di Ennio per i giochi a carte e la battaglia navale. Poi è passato a scacchi, ma ci può giocare solo con il padre che io non sono capace, anche se ho proposto alla bimba dei vicini di imparare.

Giovedì sera però anche Orso ha scoperto le carte. Con quelle da ramino abbiamo giocato una cosina semplice, semplicemente prendere le carte uguali o fare le somme, e bastava guardarlo deliziato, quando si accorgeva di avere la carta giusta in mano, con l'occhione felice e incredulo.

Poi abbiamo aggiunto la variante assopigliatutto, e lì sono esplosi i drammi, perché gli assi sono solo 4 e giocando in tre è un problema. Ci abbiamo rinunciato.

Sabato invece dopo il calcio siamo andati in uno dei miei negozi preferiti di giocattoli, Grote Beer in Linnaeusstraat di fronte all'HEMA, che ha tutte le cose di legno, creative, i trenini della brio, giochi da tavolo vario e cosettine, perché il pomeriggio c'era un compleanno congiunto di due compagni di scuola.

A lei abbiamo preso un diario per i segreti con il lucchetto, a lui un giochino logico-matematico, ai nostri Carcassonne e a noi due giochi che ha scelto il capo e ancora non ho tempo di guardare, uno si chiama Isla Boonita e dal nome direi che è un'ampliamento di Bonanza, un gioco fantastico, piccolissimo perché sono un mazzo di carte, fondamentalmente, ma con cui puoi intrattenere un gruppetto di adulti per interi dopocena.

Carcassonne è una delizia di gioco. Di suo mi sembra la versione principianti dei Colonisti di Catan, altro gioco che con i suoi infiniti set di ampliamento ci ha intrattenuti negli anni pre-figli.

Fondamentalmente sono 32 tessere quadrate ognuna delle quali raffigura dei pezzi di strada. Mettendoli uno accanto all'altro si crea una specie di carta stradale con intorno prati, ponticelli, edifici in pianta, e sulle strade bambini vestiti in quattro colori: i classici rosso, verde, giallo e blu. Poi ci sono 8 pupazzetti di legno per colore, per cui ogni giocatore tira su una tessera, la colloca in modo che confini con almeno un'altra per creare una strata. Quando la strada ha un'inizio e una fine i giocatori possono metterci sopra, in corrispondenza dei disegni dei bambini del loro colore, uno dei pupazzetti. Vince chi piazza per primo tutte le figurine in legno.

Insomma, un gioco di una semplicità e rapidità estrema, non devi tirare dadi, non devi contare, semplicemente prendi la tessera e la piazzi. Poi più sono grandi i giocatori, più puoi pensare anche alle mosse strategiche, ma anche così è un gioco piacevolissimo. Orso magari si arrabbia se per un po' di tempo non escono tessere con il suo colore e si vendica interrompendo le strade a casaccio.

Io non vedo l'ora di avere la cucina pronta, con il tavolone per fare tutti questi giochi dopocena e al mattino dopo colazione, che come incentivo per tirarli giù dal letto e farli vestire e mangiare velocemente ("dai, che se avanza tempo facciamo un gioco, però dovete sbrigarvi") è ottimo, quasi meglio della doccia.

E prima o poi riprendiamo in mano Risiko, Scala quaranta, Machiavelli e tutti i giocho che piacciono pure a me. Che il capo a Machiavelli si stressa, perché gli sposto tutte le carte, le ricombino in modi assurdi, per poi concludere che no, tutto sommato non ci riewsco e mi tocca rimettere tutto come prima. E nel frattempo lui perde le coordinate di quello che voleva fare lui. Ma è una strategia anche questa.

Che con gli uomini è sempre così, come cerchi di giocare alle regole che divertono te, loro si demotivano, gli cala il desiderio di giocare e cambiano gioco. Sarà per questo che al mondo esiste ancora il soffitto di cristallo.

venerdì 25 settembre 2009

Candy pure io: il mio libro



La Statale 17 corre in Abruzzo tra la conca aquilana e il piano di Navelli. Ricalca un antico tratturo e rivela una storia stratificata e complessa.
Questo è un libro di storie e rivelazioni.

Da noi si dice che la robba de campagna
è di Dio e di chi se la magna.
La casa di Ofena è di chi ci ha vissuto.
Il terremoto è di chi lo ha subìto.
Le storie sono di chi me le ha regalate e mie
che le ho prese, e vostre, se le volete ascoltare.
******

Io questo libro lo devo tutto a Occhiomagico (che oltretutto in 30 secondi, al telefono da Barcellona, mi ha spedito questa immagine sopra). E a Maura e Orfeo che ci hanno creduto al punto di buttarci soldi loro.

E adesso a Occhiomagico gli devo pure che tra ottobre e novembre mi organizzerà un banchetto per presentarlo, questo libro, a Barcellona, durante la sua mostra di foto sull'Abruzzo.

AGGIORNAMENTO UTILE: DOVE COMPRARLO?
In attesa che la gente si picchi e faccia la fila per ordinarlo vi metto alcuni indirizzi dove comprarlo:
A Roma presso le librerie Arion
In Abruzzo e Marche del sud nelle librerie La Nuova Editrice
Dall'Italia in proprio o per farlo ordinare da qualsiasi altro posto, direttamente da Maura
Dall'Olanda tramite la Libreria Bonardi

E altrimenti, facciamo una bella cosa, scrivete a me: orsovolante@gmail.com

Però oltre a comprarlo, qualcuno potrebbe anche vincerlo. Insomma, un'ottima ragione finalmente per organizzarlo io un candy, che in genere sono quelle azioni per regalare qualcosa che organizzano quelle fantastiche madri bricoleur che fano cose bellissime e talvolta le regalano (no, lo spiego perché capitano anche dei maschi qui sopra).

Questo è il mio libro e ne voglio regalare una copia. Ne regalerei di più, potendo, ma siamo autofinaziati, autogestiti e non abbiamo grandi editori e grandi distributori alle spalle, le copie bisogna venderle. Che i soldi per ricostruirmi la casa a Ofena non me li danno, e toccherà che ci pensi io, se voglio che mia madre ci rientri (e anche noi).

Funziona così:

-mandatemi una mail presso orsovolante(chiocciola)gmail.com con in oggetto: Statale 17 e contenente un vostro nome o pseudonimo e indirizzo postale e blog,
- io vi spedisco l'attachment per mettere sul vostro blog questa stessa immagine di cui sopra con hyperlink (eddai, se ce la faccio io ce la fa chiunque)
- voi lo pubblicate
- e faremo fare agli Gnorpoli un' estrazione per regalarne una copia.

Poi, periodo ipotetico, vi dico anche che dal 16 al 24 ottobre i bambini hanno le vacanze e io potrei essere libera di venire se decidete di organizzarmi una presentazione dalle vostre parti, nella vostra libreria o biblioteca o associazione preferita. Io in cambio vi racconto dell'Abruzzo, vi recito il mio manuale della perfetta fattucchiera, ci conosciamo e secondo me ci divertiamo un sacco.

Che per avere la scusa di farsi un giro in patria una povera madre deve arrivare a scrivere un libro, pensa te.

Good vibrations



Visto che Zaub è in trasferta forse posso farlo io un post cazzariello del venerdì.

E poi sarà il caso per una volta di dare soddisfazione a tutti quelli che nei referrer almeno quelle 5-6 volte al giorno inseriscono come termine di ricerca robe come pompino, per entrare nel sex-shop per prenotere la merce (ecco, adesso posso dirtelo, clicca sull'immagine sopra e vedi), culo amante marito (e a me lo vieni a chiedere), madre esibizionista (sei decisamente nel posto giusto, ma magari non nel senso che intendi tu), eccetera eccetera, che uno cerca un po'di brivido erotico su internet e si ritrova qui, capite che mi dispiaceva deludere la gente. et voilà.

Perché come forse ho detto, il nostro ufficio si trova al confine tra piazza Dam e quartiere a luci rosse, ed arrivarci dalla stazione significa per me farmi la Warmoesstraat in bici, scampanellando alle pecore che vagolano per strada invece che sul marciapiede, se non vogliono farsi mettere sotto.

La Wamoesstraat che è quella via senza vetrine con donzelle ma con tanti negozi di vario tipo, quelli che abitando ad Amsterdam manco ci metti piede, però i turisti li conoscono tutti, e alcuni ristoranti che persino noi locali ci andiamo con piacere.

Cito, ma non è esaustiva come lista, il ristorante specializzato in fondute, il negozio storico di caffé e te, la condomerie con profilattici di tutte le forme, colori e sapori, il negozio che sembra uno di quegli stilisti minimal vagamente giapponesi poi se guardi bene quella camicia bianca asimmetrica appesa in aria è una camicia di forza per giochini di dominanza (mi pare sia lì abbiamo comprato pure la frusta per la scorsa produzione tetrale), la bottega di machere della commedia dell'arte in pelle di Juan Carlos Tajez, I love you di cui avevo già parlato un paio di annetti fa, etceterà etceterà.

Insomma, sabato scorso mentre arrivvo in ritardo alla riunione, scampanellando e sfanculando i turisti stronchi formato percoroni per strada, mi cade l'occhio su una vetrina nuova.

"Toh, mi faccio, ma sti negozi di iPod e telefonini non hanno più limiti?"

Al ritorno ho guardato meglio: e sissignore, si trattava di questo. che una come me che il telefonino l'ha adottato tardi e controvoglia, un iPod non ce l'ha e manco saprebbe usarlo e un vibrstore neanche appartiene alle sue priorità essenziali, che dirvi: ho spalancato gli occhioni ed ho esclamato:
"OHMIBOD"!

Che di gadget che aprono una nuova dimensione ludica alle telefonate in cellulare e alla musica in iPod se ne sentiva enormemente la mancanza.

E forse, in nome del nonlofoperpiacermio, ma esattamente per voi, miei amati lettori, forse è il caso che contatti la ditta e gli proponga una botta di giornalismo partecipativo. Che dirvi, it's a tough job, but someone gotta do it, se volete mi sacrifico.

Poi, se del caso, vi riferisco. Oppure, se decidete di provarci, fateci sapere, anche anonimamente.

giovedì 24 settembre 2009

Mi sono arrivate le piastrellllllllleeeee!



No, il blog è una cosa santa per archiviare i fatti tuoi nulla da fare. Vi ricordate quanto tempo fa ho iniziato a cercare piastrelle? Ecco, prima di questo che è pur sempre datato aprile 2008.

Ma a casa nostra le decisioni importanti si prendono così: io sono per gli impulsi documentati e ragionati (cioè ragiono, mi documento e scelgo poi d'impulso una cosa diversa). Il capo è per i ragionamenti documentati e perfezionisti, meglio se ci si prende tutto il tempo per il resto nel frattempo.

Adesso però abbiamo le nostre piastrelle bellissime e carinissime e con un po'di culo gli slovacchetti vengono lunedi o martedi a mettercele. E alla fine seguirà, si spera la cucina arrivata a dicembre e da allora in paziente attesa di pavimento.

E poi forse cominceremo ad avere una vita normale: aprire le scatole, arredare la cucina, arredare tutte le stanze che finora sono prese dalle scatole e i mobili ammucchiati.

Cominciare a mangiare normalmente.

E finalmente per me la parte più bella, giocare con i colori della cucina.

Diventa una cosa così come nella foto, ma di questo colore:


Un pavimento grigio in casa mia, chi lo avrebbe mai detto.

Crediti foto: www.refin.it

Burka e veli al supermercato

Lo spunto immediato me lo dà quest'articolo qui, ma sono almeno 4-5 anni che mi interrogo sul velo islamico in Europa, e non riesco davvero a darmi una risposta.

La premessa è che la mia donna abruzzese e tutte quelle della sua generazione non sono mai uscite di casa senza il fazzoletto o lo scialle. che non stava bene. E a messa tiravano fuori quelle loro mantiglie di pizzo. mia madre invece, che quando il freddo si fa duro si metteva in testa i suoi fazzolettoni di lana da matrioska, a casa sua in polonia lo fa tranquillamente, qui in Olanda ha il complesso che la scambino per musulmana e si becca delle sinusiti spaventose.

Si diceva però del velo islamico.

Comincio dall'amica Daniela, una romagnola di quelle sanguigne e con il filo di follia, peraltro la persona più generosa che io conosca, ma con reazioni emotive enormi, che mi raccontava di non essere riuscita a rispondere al supermercato a una signora completamente coperta e con gli occhiali da sole che le chiedeva qualcosa. Le ha fatto proprio impressione questo fantasma e le ha voltato le spalle.

Ora, questo fatto me lo avrà raccontato almeno 10 anni fa, un periodo in cui lei viveva nel quartiere più islamico di Amsterdam. Io donne combinate così non ne avevo mai viste e sinceramente la sua reazione mi sembrava esagerata. Fino a che, qualche anno dopo, sulla Molukkenstraat, non ne ho visto dalla macchina ben due, e anche a distanza mi ha fatto impressione. Però devo dire che donne così esageratamente velate non ne vedo mai. Evidentemente stanno spesso in casa.

Un'altra impressione: qualche anno fa ho festeggiato il mio compleanno all'Hammam, che allora era questo bagno molto popolare, senza nulla di tutti quegli ammennicoli fighetti del wellness, ma proprio un posto per madri e figlie, spose e testimoni e vicine di casa che si rifanno l'henné, + un paio di maschietti sotto i 4 anni a seguito di madri e sorelle (rimpiango di non averci mai portato i miei finché si poteva).

Con la saletta da the per riposarsi dal vapore, bere the alla menta e mangiando anche la harira, la minestra di lenticchie. Visto che dilci, a parte il baklava, non ne avevano, ho chiesto se potevo portarmi io una torta. Nessun problema. E siccome non sapevo se erano attrezzate mi sono portata piattini e forchettine, che ci sono anche rimaste male, e me le hanno lavate ed asciugate prima di andar via.

In quel gineceo avevamo notato una ragazza nera molto, ma molto incinta, con un pancione enorme, che tutte noi femmine in età fertile ci siamo ammirate, perché era davvero bellissima, Eva, ecco. Poi l'abbiamo rivista vestita per uscire, con un vestito sportivo a cannottiera con le fasce bianche sui fianchi, lungo fino ai piedi, che l'avrei voluto uguale di corsa. Una bella nera hip e incinta, come ne vedi tante ad Amsterdam.

Finché non si è infilata sopra il soprabito lungo tradizionale con il cappuccio che penzola sulla schiena con la nappina, e un velo e lì ha cambiato completamente faccia. E ci ho pensato sopra.

Adesso che abito di fronte a uno dei supermercati della catena olandesissima, economica e di famiglia, un'istituzione in Olanda, niente manager leccati come quelli di tutto il retail, ma una famiglia di olandesoni di campagna con il senso del supermercato, ho notato una cosa. Che della loro uniforme delle cassiere, peraltro orenda, fa parte per chi lo vuole un velo pendant con il cravattino.

Fateci caso anche voi, negli altri supermercati neanche possono fare a meno delle cassiere islamiche, che le pagano poco più di tre euro l'ora e trovami l'olandese che lavora a tanto. Piuttosto va a fare le pulizie in nero a 10. Ma per la cassiera islamica lavorare per una grande catena e a contratto è anche un segno di integrazione ed emancipazione, sfugge un po' al corsetto del proprio gruppo. Però nelle altre catene, che se vuoi hanno uniformi anche più belline, il velo è a discrezione della cassiera. Ognuna si mette il suo e ce ne sono di tutti i tipi.

Per esempio adesso tra le ragazzine, queste ragazzine magrissime, con le gambe lunghe fasciate nei jeans strettissimi a pelo e il vestitino o la minigonna sopra, va di moda un fazzoletto di raso lucido in colori e fantasie pendant, ma molto vistosi, il rosso è gettonatissimo, portato sopra una specie di chignon grosso e alto che fa così a queste ragazze una testa da divinità classica, aggiunge quei 7-8 cm al tacco da 10, che tutto fa nell'alzarsi un po'. Allacciato dietro alla nuca.

Oppure quelle più tranquillo e aderente bicolore, sotto la fascetta elastica a metà che copre bene l'attaccatura dei capelli, di solito bianca o nera, sopra il velo propriamente detto, allacciato davanti o dietro, sempre aderentissimo che gli fa una testina da sommozzatore, e di colore contrastante anch'esso abbinato all'abbigliamento.

Il Dirk invece niente, tutte le cassiere hanno il velo pendant e dal punto di vista dell'immagine aziendale fa parecchio, come senso di ordine e omologazione. Tanto ci pensano i gioielli, il trucco, le unghie decorate con le stelline e i piercing a fare la differenza.

La differenza la fa anche il fatto che abitano in parecchie nel quartiere e le vedi chiacchierare o scherzare con i clienti che conoscono, madri, zie, cugine, amiche.

Ora: è un bene, è un male? Io dico che da adolescente timidissima ma ferma nei principi e bastian contrario per vizio, e buttata dal paesello alle superiori nella cittadina un po' più grande, a me un burka mi sarebbe piaciuto tanto. Mi avrebbe tranquillizzato, permesso di esulare da quegli infiniti codici fisici e estetici dell'adolescenza, il loro senso di inclusione o esclusione, mi avrebbe permesso di ignorare il mio corpo che stava cambiando, cosa che ho fatto comunque ma con più fatica.

Mi avrebbe permesso di concentrarmi sullo studio, che non a caso dicono che le ragazze nelle scuole femminili prestano meglio nelle materie scientifiche e non vengono distratte dai galli nel pollaio che gli guardano il culo, con il loro desiderio di esibizione e dominanza dell'attenzione. Ho rimediato con degli sciarponi enormi e rigidissimi, dentro cui mi nascondevo, tipo scafandro, quando la vita mi si faceva troppo dura.

Quindi capisco benissimo queste ragazzine, che un po' per la pressione familiare e sociale, un po' per senso di sfida (sono nata qui e continuate a trattarmi da cittadina di serie B? E allora ve lo sbatto in faccia, il mio velo, vediamo se continuate a guardarmi come se fossi trasparente) a una certa età decidono di mettersi il velo e farne un fashion statement. Capisco molto meno le bambine di 8 anni, ce ne sono un paio, poche, ma ci sono anche loro.

Mia zia a suo tempo, insegnante in Francia, sosteneva che se qualche ragazza le si presentava al liceo in velo la avrebbe buttata fuori, visto che era appena uscita la legge. Poi le abbiamo fatto notare che l'alternativa sarebbe stata che la ragazza non è che le sarebbe venuta a scuola senza velo, ma proprio avrebbe smesso di venire, condannandosi a un futuro di disoccupazione, e lì ci ha ripensato, che mia zia non è cretina, è solo categorica.

In Olanda una discussione del genere è emersa a proposito della magistratura: lì il divieto al velo è stato messo perché sono vietati tutti i simboli esterni di appartenenza religiosa, la croce o la stella di Davide. La toga serve infatti a simboleggiare l'assoluta imparzialità di chi amministra la legge, e in questo senso la propria appartenenza religiosa, etnica o altro deve starne fuori. Ecco, questo è il caso che faccio meno fatica a capire e contestare, lì c'è un motivo e siamo tutti d'accordo.

Ma il burka? Eccheccazzo, stiamo in Afganistan a combattere i taliban che si erano inventati questa bella cosa, e a casa nostra non offriamo questa scappatoia dalle convenzioni e dalle pressioni del gruppo ad altre donne? Chi viene a vivere e lavorare all'estero lo fa per cambiare vita. Noi siamo abituati a guardarci in faccia e riusciamo a relazionarci con gli altri solo in questo modo. Per favore veniteci incontro, perché altrimenti ci discriminiamo a vicenda.

(Per esempio, l'amica M. ora curatrice di arte asiatica al Rijksmuseum, quando se ne andava a fare le ricerche di indologia in Pakistan, il burka ce l'aveva e se lo metteva, che lei era lì per poco, con una borsa di studio, una missione e non aveva tempo per farsi le pippe di principio. Ma al Rijks ci va in minigonna e tailleur, che le sta tanto bene).

mercoledì 23 settembre 2009

Questioni di letto, confessioni parentali e la fregatura della casualità

Stavamo insieme da forse una settimana (una settimana da quando gli avevo detto "baciami, stupido" che davvero bisogna dire proprio tutto al mondo) quando il capo mi accoglie drammaticamente:
"Ho detto tutto a mia madre!".

Che detta così sembra una di quelle battute con chiudere la puntata di una telenovela. Cavolo ci sarà stato da dire, mi chiesi pure.

Insomma era andata così, il capo ci siamo conosciuti quando stava per lasciare la casa dello studente per prendersi un appartamentino con l'opera case popolari insieme al suo amico d'infanzia Freek (in una via di casette belline, ma tremendamente ciminale, negli anni che ci ha vissuto due assassinii e una volta ha chiamato la polizia alle 5 di domenica mattina perché i due tossici dirimpettai a pianoterra si sono messi a litigare, lui l'ha buttata fuori dalla finestra sfondandola - forse, le versioni contrastano- e la settimana dopo erano di nuovo a tubare, una di quelle vie lì), che verso i vent'anni, o studi o lavori, è ora di rendersi un pelo autonomi ed imparare a gestirsi in proprio le bollette.

E con la scusa che finalmente aveva lo spazio, l'imbecille va a chiedere alla madre se non poteva riciclarsi un lettone di casa della nonna, che tanto non li usa nessuno, visto che in quella casa ci abita lo zio zitello, taciturno e ursigno, il più orso di tutti gli orsi che abbiamo in famiglia, quindi non c'è rischio gli occorra per gli ospiti, anzi, può approfittare della stanza svuotata per metterci tutto il modello di trenino che da anni, con gioia immensa dei nipoti bambini, stava in soffitta da mia suocera. I classici due piccioni con una fava.

4 mesi prima di andare per un anno in Canada vuole il lettone. Io non so voi, ma a me da madre un dubbio sarebbe venuto. E infatti era venuto pure a lei, povera donna, che quattro figli e mai un filarino, una simpatia, un'amicizia, qualcosa che indicasse un minimo di attività ormonale in questi figli, lei che a vent'anni era sposa e madre, sarà pure che c'era uscito l'inguacchio, però quella di sposarsi era pure stata una decisione meditata seriamente.

Insomma, per dire, in quel periodo a mia suocera persino sua madre le aveva chiesto se questo fatto di metter su casa proprio con Freek, e si, sono amici per la pelle da quando hanno 4 anni, ma magari c'è anche dell'altro, e forse si potrebbe parlarne serenamente con questo povero figlio, che non sono più i tempi che si devono nascondere, povere anime, e poi diciamocelo, una ragazza una non l'ha mai avuta e si che è un bel ragazzone, fosse che.... La nonna, dico, quella che ha 91 anni adesso (e, en passant, ha deciso di tenerseli i 91 anni con le sue forze, che pesa 30 chili adesso, ma ci ha ripensato sull'eutanasia).

"Ma come mai proprio adesso, che poi tanto parti" mia suocera, diplomatica, che tanto i suoi polli li conosce bene.
"Perché l'ultima volta che Barbara è rimasta a dormire poi ho avuto un mal di schiena strano per qulche giorno".

"E tu hai detto così a TUA MADRE?" ho ululato, ma tanto il sottotitolo era: come cazzo ti permetti di andare a raccontare a tua madre i fatti miei, ma vabbé, era fatta.

Ecco, no, per dire, sulle questioni sentimentali i figli quanto l'hanno fatta patire mia suocera, lei che in fondo si vede benissimo come la matrona, quattro figli, sedici nipoti, ah che bello che sarebbe a Natale e nelle feste comandate.

E invece prima si sono dovuti accontentare per un bel po' degli Gnorpoli, poi è arrivato anche Brunetto, che due cugini, uno Orso e l'altro Bruno, ma non ci potevamo pensare per tempo?

E insomma anche figlio numero tre si è sistemato, con un'ungherese stavolta. Mentre figlio numero due che aveva questa ragazza fantastica, finalmente aveva rimediato persino lui che ormai non ci speravo più, poi tanto olandese, e le vedevo, loro due, mia suocera e la cognata, capirsi al volo con mezzo respiro, bello devo dire, che con noialtre di importazione ci sono comunque voluti tutti i loro bei percorsi, anche se ci ama come due figlie pure a noi. Poi niente, numero due e sposa batava si sono lasciati per quei tipici motivi batavi, ci vogliamo un gran bene e siamo grandi amici, ma magari nella vita c'è forse anche dell'altro che vivere con il tuo migliore amico (come poi scopri anche il capo a suo tempo, ma sto divagando).

Figliafemmina invece, laureata, divagato per lavori vari, finalmente trovato quello giusto, finalmente uscita definitivamente di casa dove era rientrata dopo l'università, piazzata anche lei in un appartamentino tutto suo, però, eh, sta ragazza, bellissima, devo dire, un culo che Orso abbia i suoi colori con questa pelle bianchissima e le lentiggini simpatiche, gli occhioni azzurri e i capelli scuri, un tesoro di donna, devo dire e lo dico pure, che la conosco da quando aveva 13 anni, ma sul coté du coeur, silenzio radio da un po' di anni.

Adesso è andata una settimana in Spagna, i nostri stavano andando dalla nonna a Rotterdam, facciamo una bella cosa, si sono detti, andiamola a prendere all'aeroporto facendole la sorpresa, pensa che bello, e poi la portiamo con noi a salutare la nonna, che questa vacanza la poveretta ci è arrivata con le unghie e i denti, tanto ne aveva bisogno, ma con questa cosa in sospeso della nonna era pure partita con il patema.

E così la aspettano al gate, telefonino silenziato ovviamente, e si dicono facciamo così aspettiamo mezz'ora e se non arriva ce ne andiamo per fatti nostri, poi lei improvvisamente gli passa davanti, "Ciao" le fanno, "Ciao" risponde lei automaticamente senza manco guardarli o riconoscerli e poi prosegue perché c'è questo tipo che la sta aspettando e alla fine a casa dei genitori l'ha riportata lui. Che anche lui è originario del paesello, anzi per dirla tutta è il fratello della sua migliore amica, mi dice il capo, che lo hanno aggiornato e questa storia delle agnizioni mancate in aeroporto ha fatto persino ridere la nonna.

"Ma allora lo conosci anche tu" faccio al capo "chi è, com'è?"
"Guarda, è il tipo che piacerebbe a te" mi fa mio marito.

Alla faccia.

Poi si è scoperto che mi piacerebbe dove abita, che lui lavora per il porto di Rotterdam, sta spesso all'estero e si è comprato una barca d'epoca, che siccome è anche ingegnere marittimo o robe del genere ci si è fatto un bilocale, la sta restaurando tutta e quando sarà pronta si sceglierà un attracco, che una bella barca del genere pare che i moli facciano a botte per farle attraccare e così rischiamo che si ritrovi in centro, a vivere sulla barca.

Che vivere sulla barca è sempre stato il mio sogno, stroncato sul nascere dal capo che non ce la pensa.

"Ma tua madre non sospettava proprio niente?"
"No, anzi, quando sono rientrati a casa le ha fatto: bell'uomo quello che ti è venuto a prendere, ma in realtà mia sorella una volta le aveva chiesto una di quelle cose che ti fanno venire i sospetti".
"Tipo?"
"Ma, tipo che le ha chiesto se sapeva dov'era il secondo cuscino che fa pendant con quello che si era comprato per il letto suo e a che ti serve un secondo cuscino se dormi da sola nel letto a una piazza e mezzo?"

(Che era poi il famoso primo letto nostro che alla fine si è comprato il capo, che quelli della nonna erano troppo corti, e poi il primo weekend di Pasqua dai miei suoceri lo abbiamo passato a verniciarlo, un romantico, certe cose).

Ma 'sti fratelli Diga, il signore li benedica e perdoni, sempre con queste questioni di arredo letto confessano le cose alla madre? E sono anche questi dei bei percorsi. A questo punto forse è il caso che mi dia al ricamo e cominci a preparare un bel lenzuolo nuziale ai miei due.

Pulizie d'autunno

Cosa mi piace di più dell'autunno? La luce, quando c'è quel sole un po' più tiepido e pallido e debole di quello estivo, ma c'è e ancora non cede il passo alle nebbie e alla pioggia e al buio (aiuto, il cambio dell'orario incombe) Che da un pò di giorni alle 7, la nostra ora solita di risveglio, è buio e ci vogliono quei 15 minuti perché venga luce al mattino.

Ma la luce di giorno con il sole! Un tipo di luce che con il colore delle foglie che stanno seccando ci sta di un bene.

Ecco, a me il sole d'autunno mi fa come i temporali estivi, mi rende felice e mi carica di energie e voglia di fare e poi riposare.

E visto che ho deciso di uscire, tirandomene fuori con la gru, da tutto il periodo di paturnie varie, niente di meglio di una giornata di sole come quella di oggi per affrontare troppe cose rimandate.

E visto che quando una comincia le cose le vanno bene per forza, a un certo punto mi ha richiamata l'ometto che doveva venire a farmi dei lavoretti ieri ma che ci eravamo persi, è poi arrivato verso le 13 e mi ha cominciato a dipingere le porte di ingresso che ormai si trascinavano peggio della Fabbrica di san Pietro.

A quel punto, visto che gli scaffali per i libri sono pronti e mezzi pieni mezzi no, mentre quello dei fumetti non lo è ed ho la nostra unica stanza vivibile ingombra di scatoloni, ho cacciato tutta la letteratura dal sottoscala in camera nostra, l'ho sistemata in ordine alfabetico, spolverando già che c'ero gli scaffali, e risistemando nel sottoscala quello che mi stava tra i piedi.

Ho fatto un altro minestrone con tantissimo sedano, che prende subito un meraviglioso profumo di brodo, anche se era tanto vegan. E ho fatto il pane con la macchina, che nel frattempo non impasta più perché c'è qualcosa di bloccato, allora ho impastato in una ciotola e via. E avendo impastato ad occhio come faccio normalmente, con una pasta compatta e liscia, ho aggiunto nella forma anche dell'acqua, che secondo me la macchina del pane ha bisogno di più acqua. Quindi la pasta si è rifatta tutta la lievitazione con quell'acqua e poi è venuto benissimo, riempiendo la casa di profumi di casa.

E negli intervalli ho fatto 4 lavatici, che quando una prende il ritmo poi va.

Ed avendo svuotato una serie di scatoloni, ho deciso di portarli all'amica in fase di trasloco, e visto che avevo fretta e non mi andava di cercare una borsa ho preso in mano il portafoglio dicendo all'ometto pittore: le chiavi le lascio, tanto ci sei tu in casa.

Ed essendo l'ometto uscito per aiutarmi a caricare gli scatoloni in macchina, la porta si è chiusa e siamo rimasti senza chiavi. Fuori. Con le due case a pianoterra accanto che non sono ancora abitate. Altri vicini che non conosco un po' più in là assenti. La macchina a nolo che scadeva. La vicina simpatica che conosciamo, che speravo il capo le avesse lasciato una chiave di scorta, che non l'aveva ma mi ha seguita con una vecchia carta di credito e un appendino, nella speranza di infilarlo nella buca delle lettere e cercare di tirar giù la maniglia.

E la terza delle figli eccitatissima che chiedva: cosa sta succedendo, cosa state facendo? Ed era felicissima dei calzettoni nuovi grigi a stelle verdi.

E ho così scoperto che i profili antieffrazione che abbiamo fungono benissimo, con la carta di credito non ci arrivi ad aprire. e neanche con l'appendino.

Siamo allora andati in due con l'ometto a scaricare gli scatoloni e riprendere i bambini, qualche anima geniale ha deciso di chiudere una delle corsie del tunnel all'ora di punta e in concomitanza con un ingorgo straordinario e spaventoso sulla tangenziale est mentre la tangenziale ovest, oltre ad avere un tunnel sfigato di suo (ci convergono due autostrade e quindi c'è il semaforo, a turni ci si entra dall'una o dal'altra) attualmente pare abbia una perdita da qualche parte e non ho capito se l'hanno chiuso o no.

Siamo arrivati facendo il km. lanciato a cinque minuti dalla chiusura del doposcuola, sono stati così carini da riaccendermi il computer per farmi prolungare il noleggio, che poi alla fine sono pure arrivata precisa al minuto dell'orario vecchio, ma senza stress, vuoi mettere.

Al ritorno trovo un vicino tante porte più in là che mi fa entrare in giardino e mi trova una scaletta per salire sul tetto delle baracche. Che adesso abbiamo tutte le impalcature per ripitturare gli infissi dell'intero blocco tranne casa nostra, e i giardini posteriori sono stati resi comunicanti da una serie di passarelle tra una baracca e l'altra, che di giorno dal primo piano ti guardi sempre negli occhi con quache bonazzo in tuta che ci cammina sopra e il capo ha infilato un asciugamano nella finestra del bagno per fare da tenda, che io ce la volevo mettere una tenda e mia suocera che diceva: ma no, chi vuoi che ti ci guardi al secondo piano?

E siccome nella casa accanto ala nostra non ci abitano, i pittori avevano lasciato due scalette in giardino, le ho viste mentre stendevo i panni, una comodamente appoggiata alle baracche, da cui quindi non mi sono dovuta spenzolare per scendere. E così anch'io mi sono trovata per un attimo faccia a faccia con una quasi dirimpettaia basita a cui ho spiegato: ci siamo chiusi fuori, e lei ha annuito, comprensiva.

Poi ho allungato la scaletta, che menomale che ne abbiamo una uguale, l'ho poggiata al balcone, fortunatamente aperto che oggi c'era il sole, appunto e sono salita entrando nella cucina da campo in concomitanza con Ennio, che avendo il braccino piccolo e con qualche attrezzo, che abbiamo il giardino davanti pieno di attrezzi, è riuscito ad aprire la porta e rientrare.

Pero vuoi mettere il gusto della passeggiata a mezz'aria tra i giardini e il contatto con vicini sconosciuti?

Che le pulizie d'autunno servono a tante cose, oltre che a ritemprare il corpo e lo spirito.

martedì 22 settembre 2009

Sciamanesimo de noantri

Un giorno una mia amica e compagna di studi di russo all'Aquila salto su che avrebbe fatto una tesi congiunta tra Etnologia e Russo sullo sciamanesimo siberiano. così, quelle cose che mi schiantano, perché io lo sciamanesimo manco sapevo cosa fosse. E l'ha pure fatta, pensa te, adesso mi dispiace non aver più avuto l'occasione di leggerla.

No, perché per me all'epoca, come per tutti gli ignoranti, sciamanesimo al massimo aveva associazioni con cose di questo tipo.

Ed è in fondo una cosa buffa, perché da brava abruzzese, scettica e materialista e ignorante quanto ti pare, però tutto il mio bagaglio di piccola magia spicciola quotidiana e domestica ce l'ho sempre avuto. Lo posso mettere in discussione, posso dire non ci credo (ma sarà pur vero), posso sentirmi saggia e illuminata perché io a quelle superstizioni lì, no guarda, lasciamo perdere. Però ce l'ho.

So togliere il malocchio, per dire, anche se non l'ho mai fatto. Ma mia nonna, quando erano questi periodi particolarmente sfigati come adesso da noi, arrivava sempre il momento che prendeva un piatto d'acqua, la lampada ad olio e via. So di famiglie in cui lo facevano anche per scacciare il mal di testa.

No, ve lo dico perché il giorno stesso che ho consegnato il libro mi sono resa conto che con tante cosette che raccontavo che presuppongono in fondo tutto questo background, io non ho mai pensato di metterci un capitolo su magia e superstizione. Ma proprio neanche l'ho vista come una cosa da raccontare, degna di essere annotata: il destino delle cose talmente scontate che non le vedi più.

Quello che avevo scritto, anni fa e per una serata ad hoc, era il Manuale della fattucchiera, un altro dei miei libelli a metà tra parodia e manuale. Che l'ho scritto in un pomeriggio e poi è rimasto lì. Fino alla settimana scorsa che Silvia mi ha chiesto di riprenderlo in mano e farne un pezzo teatrale, cosa che farò prima di novembre ma non ora.

Il punto è che ci hanno rovinato gli anni 60. A me con tutti i fricchettoni, i fattoni, quelli che vanno in India e cercare sé stessi e o ne ritornano tutti loveandpeace e con un nome indiano, che mi verrebbe da dire, ma parla come mangi (e infatti mi diventano pure vegetariani) o completamente sfatti, che mò Goa ciavrà pure delle gran belle spiagge, ma sappiamo tutti come finisce quando decidi di andare a farti una nuotata di là.

Insomma, io ho sviluppato una certa allergia per tutti quelli che si mettono in bocca parole come Spiritualità, l'espansione degli stati di coscienza, per non dire di tutti quelli che mi spiegano e gli ufo, e il riallenamento dell'asse terrestre che sta per arrivare e ci fa fuori tutti, e Atlantide e Thule e tutte queste robine qui. Da questo punto di vista il mio manuale vaderetro è Il pendolo di Foucault, perché nulla come il termine Rosacroce per farmi venire l'orticaria.

Per non parlare dello yoga, io è vero che adesso faccio di tutta l'erba un fascio, ma tutti questi amici yogi vegetariani che ho, bravissime persone per altro, membri utili della società che hanno un lavoro, pagano le tasse, tirano su i figli, si ficcano la caviglia dietro alla nuca come se niente fosse, li invidio un po' per questo e per quell'aria buddica, serena e distaccata dalle passioni, che vorrei vederli davvero se gli scippano il portafoglio se gli resta, o se grazie allo yoga fanno un attimo a scatenare i riflessi di inseguimento e farsi restituire il maltolto. No, perché io resterei lì piantata come un palo traumatizzato e più di un urlo non credo che i miei riflessi mi farebbero reagire più di tanto.

Insomma, sono una schifezza di materialista, davvero non mi venite a parlare di erbe, funghi, cactus, meditazione bendati per 7 giorni di seguito. Al massimo capisco il concetto di ritiro spirituale, che però a me basterebbero alcuni giorni per conto mio da qualche parte con una pila di libri, una passeggitina nella natura ogni tanto e vedi mò, come mi fa bene.

Questo detto da una che si è fatta il suo bravo coaching di respirazione che in fondo mi ha fatto tanto bene a rilassarmi e chiarirmi le idee, che con la sua coach dell'epoca si è pure fatta portare a fare quel paio di camminate sul fuoco. ecco, lì ci sono veramente andata con l'idea: vediamo cos' è, tanto so benissimo quali meccanismi te lo fanno funzionare, e sissignore, una cosa bellissima per passare un sabato sera. No, dico, invece di partecipare a una cena noiosa e ubriacarsi, molto ma molto meglio una camminata sul fuoco o una seduta di meditazione di gruppo.

Però proprio mi manca il fisico e la disciplina per farlo a casa, in proprio, o andarmi a fare di funghi allucinogeni, che ne parlavamo tempo fa, una vive ad Amsterdam e uno smart-shop o coffee shop manco lo ha mai visto da vicino. È che non ne sento la necessità, ma soprattutto mi dissocio da certe persone e da certe subculture. Ma insomma, dico io, se riesci ad arrivare alla settimana dopo solo perché ogni weekend ti disfi di alcool, cannoni o altro, fatti una bella cura, vai da uno psicologo o un cnfessore, sai come si risolve.

Però un po' questo, un po' l'amica sciamana che ultimamente ci ritelefoniamo e mailiamo spesso, e ci siamo persino accoppiate su facebook, che lei su Facebook ha tutti i contatti con questi sciamani indiani, sudamericani, che hai voglia lo sciamano e le vecchiette delle erbe, di questi tempi stanno su Facebook pure loro. Mica solo i fattoni con la scusa della spiritualità.

E finalmente mi sono decisa a chiederle di mandarmi un po' di informazioni, e me le cerco su google alla voce sciamanesimo sardo, che ho capito i siberiani e i Navajo, ma ce li abbiamo anche noi i nostri e le nostre brave e belle sciamane. Ecco, questa settimana mi sto informando su queste cose. Non so cosa ne verrà, ma qualcosa verrà.

Intanto mi è venuto in mente di chiedere all'amica in questione di venire a farci una bella conferenza sulle tradizioni sciamaniche, lei sa un mucchio di cose e mi raccontava che ci sono tradizioni tipo quella del Suriname, o altro, che proprio guarda, uguali alle nostre, che tutto il mondo è paese e tutte le società povere, con un'alta mortalità infantile e vita dura, qualcosa per consolarsi e motivarsi tutte le sfighe del mondo se lo sono dovute inventare, no?

E una bella conferenza a me piace, che vuoi che gli interessati non si trovino? Ma ne troviamo a chili, che i tempi sono duri e la gente ha bisogno di conforto anche adesso.

Comunque mi piacerebbe sentire se anche voi, da varie regioni italiane, mi sapete dare qualche dritta o link sui vostri riti magici tradizionali, medicina naturale, racconti di streghe, che sono sicura che uno scongiuro, o un decotto, o una tradizioncina per la luna piena o la luna nuova, vuoi che le vostre nonne non ve ne abbiamo mai parlato?

E magari come con me, fa talmente parte di un retaggio quotidiano, tipo io che se si rovescia il vino a tavola non posso farne a meno, devo intingerci la mano e strofinarmi la nuca (no, ve lo dico se mi doveste invitare a pranzo), che non ci avete mai fatto caso o non vi è mai venuto in mente che potesse essere una cosa vostra e che noialtri qui fuori non ne sappiamo niente. Però adesso sapete che mi interessa.

lunedì 21 settembre 2009

Il diritto di dirsi basta

Non ne voglio fare un post di dichiarazioni di principio. È da mesi che ci pende in testa questa spada di Damocle della nonna e del suo cancro alla gola. A un certo punto non poteva più inghiottire niente ed era arrivata a pesare 37 kg.

Poi un medico le ha trovato in quella gola da scricciolo un po' di spazio per un tubicino attraverso il quale poteva almeno ingerire cibi liquidi. Non è che sia riuscita a mettersi all'ingrasso, ma ha smesso di perder peso.

E fondamentalmente da febbraio, che le hanno dato tre mesi, stiamo aspettando. Una cosa che pesa molto sul capo e sua mamma e come in tutti i drammi di famiglia che si rispettino c'è sempre la figlia o il parente che si impiccia e dà consigli non richiesti ai medici, cose così.

Venerdì con i vari amici mi sono proprio detta questo: speriamo finisca presto così almeno noi ricominciamo a vivere. Ed avendo gli amici che ho, ognuno con le sue storie alle spalle, hanno ammesso tutti quanti di aver avuto un momento del genere in vita loro, pensando a una persona cara.

Quando è morto mio padre mi sono messa per un po'di mesi a fare ricerche sul lutto e i riti funebri, e la conclusione fondamentale è che quando ti muore qualcuno, tutti quelli che gli sono vicini hanno un periodo in cui anche loro vivono tra vita e morte, in questo limbo, ed è per questo che esistono i riti funebri, per far superare ai vivi il passaggio in quel limbo.

Mi consola saperlo? Ma neanche per sogno.

E adesso l'attesa pare finita. Ha deciso che domani lei dirà basta. E io e tutti siamo grati per il fatto che le sia permesso dirlo. E farlo. Anche se non sappiamo nulla dei dettagli, mia suocera ha parlato brevemente con il capo mentre stava per salire in macchina.

(Non lo so per niente come regolino queste cose nei fatti, ad eccezione che bisogna firmare dei moduli dal proprio medico che poi li sottopone a un secondo medico o a un collegio, non so bene. So solo che non è una cosa arbitraria e lasciata al caso, è una cosa severa e regolatissima, e insomma, non è che ti permettano di morire semplicemente perché la tua vita per te ha smesso di aver valore.

No, lo dico, perché vuoi che non mi capiti da queste parti il solito cattolico che mi deve spiegare come abbiamo o meno il diritto di gestirci i nostri lutti in questa famiglia? Lo dico subito preventivamente, se ci credete in dio vi autorizzo a dirle una preghiera silenziosa, perché lei ci crede. E se ci credete poi tanto, fatemi un favore, non mi venite a dire niente).

domenica 20 settembre 2009

Ricette e verdure del Noordermarkt

Ho deciso finalmente che i weekend li dedicherò alla famiglia e a me stessa. È stata un po' dura annunciarlo ieri ai miei amici della fondazione, perché in fondo il volontariato lo facciamo nel tempo libero e le mattine del sabato e della domenica erano pur sempre quelle comode per tutti, ma non se ne può.

È stato Corepeloso, l'uomo con i piedi per terra che capisce le donne, a dirmi che nn devo sentirmi in colpa. ecco, meno male, io non l'avevo mica capito che era così che mi sentivo.

E allora dopo questa riunione me ne sono andata al mercato biologico del sabato a Noordermarkt, che dalla settimana prossima verrà trasferito in Westerstraat per un paio di mesi, mentre il mercato dei panni del lunedì mattina sarà in Lindengracht. Adesso lo sapete. In piazza devono fare dei lavori, per questo li spostano temporaneamente.

Ho fatto il pieno di odori: carote, porro (che l'amica sciamana mi ha sconsigliato l'uso di aglio e cipolla), sedano, sedano rapa e radice di prezzemolo, due peperoni, pomodorini e delle susine piccole e dolcissime che Orso si sta mangiando con entusiasmo, sputando i noccioli in giro per tutta la casa.

E poi una piantina di basilico, una di salvia a foglia tonda, che è buonissima da friggere in pastella, una di menta ananas, che è vero è menta ma ha un profumo dolce e fruttato.

Ecco le ricette:

1) Odori sotto sale in barattolo
Nel robot ho tritato finemente i porri, le carote, i ritagli della radice di prezzemolo che avevo fatto a cubetti, del sedano le foglie e i gambi piccoli, le coste me le tengo da parte. li ho messi in un colino con un cucchiaio di sale, mischiato e lasciato spurgare fino al giorno dopo, rimescolandolo ogni tanto (bastano anche alcune ore).

Poi ho messo il tutto in barattolo di vetro sterilizzato e conservo in frigo, ma chi vuole potrebbe anche surgelarselo in monoporzioncine da 2 cucchiai.

Lo aggiungo alle minestre, come soffritto e ovunque vogliate mettere verdure.

2) Minestrone

Ho soffritto un paio di cucchiai del trito di cui sopra, ho poi aggiunto le seguenti verdure a cubetti i pezzetti:

patate
carote
cubetti di radice di prezzemolo
pezzetti e foglie di gambo di sedano, i gambetti piccoli
acqua e sale q.b.

fatto cuocere e servito così.

Il rimanente riciclato il giorno dopo come passato, in cui ho aggiunto le stelline (avevo finito i tubetti) da cuocere. Grazie alle patate e al prezzemolo viene un passato aranciato, non color fango cme quelli in cui ci sono molte foglie verdi.

Volendo ci si possono aggiungere legumi cotti a scelta (ieri ci avanzavano dei flageolets), ma anche bieta o altre foglie.

Mi restano adesso tutte le foglie del sedano, mi sa che le trito, faccio asciugare stese piatte e congelo così come sono, da raschiar via dalla vaschetta a seconda della bisogna.

Comunque un sano sabato di mammite/verdurite mi ha riconciliato con l'esistenza. Ne ho anche approfittato per spiegare seriamente a Ennio che adesso sta diventando grande, che è normale che comincia a non aver più tanto bisogno di me e che non c'è niente di male nel crescere.

Mi si è subito appiccicato a cozza, allora l'ho rassicurato che le coccole possiamo sempre farcele e che quando diventerà un ragazzone più alto del padre, vuol dire che per dargli i bacetti dovrò salire sullla scaletta. Questo l'ha fatto ridere.

L'amica sciamana dice che lui probabilmente si è accorto del mio disagio negli scorsi mesi e che tutte le sue richieste di attenzione (incontinenza, non voler dormire da solo, appiccicosaggine, lagnaggine e paturnie varie) sono la sua soluzione per distrarmi ed aiutarmi, ma che lui personalmente non ci soffre.

Orso invece ha adottato la strategia opposta: fa il mio bambino grande e serio, è tranquillo, non scoccia troppo anche se è sempre un testone e gli fa piacere venire con me a fare la spesa o altre cose in cui bisogna stare tranquilli. Oggi me lo sono persa al Mediamarket, ma l'ho ritrovato subito e fra un po' andiamo alla festa di strada più in là nel nostro stradone sui gonfiabili e a vedere cosa c'è.

Domani arriva l'ometto tutto fare che mi aiuterà a sgombrare, appender veneziane en pitturare cosette, e mercoledi le piastrelle.

venerdì 18 settembre 2009

Tante domande, poche risposte, conclusioni: boh?

Mio marito è un antimilitarista così convinto, che è riuscito a farsi riformare alla visita di leva come rompiscatole. Meglio perderlo che trovarlo, uno così, anche forse perché il suo anno era l'ultima leva obbligatoria.

Ovviamente si sfoga frustrando i figli: per anni ha rifiutato qualsiasi giocattolo benché minimamente bellico (li buttava direttamente, se dione;iberi qua;lcuno di provava a regalarli), Mi ha bocciato l'acquisto dell'unica bici dai colori belli e un perlino sobri per Ennio piccolo, perché sul quel trionfo di sabbia e beige ci stava bene un sellino mimetico.

Inutilmente gli cito la Bustina di Minerva di Eco in cui difende i giochi bellici dei bambini come un passo importante per apprendere la simbolicità del gesto di fare 'Pam, pam". Se necessario con il dito, la forchetta, la penna. Insomma, alla fine un paio di pistole fotoniche e spade da star wars e costumi da cavalieri crociati saranno pure entrati in questa casa.

E quest'estate, all'Aquila, Ennio impressionato dallo spiegamento di forze dell'ordine che vedeva, dichiarava a ogni piè sospinto: io voglio diventare soldato in Italia.

"Meglio di no, e comunque meglio in Olanda, a qesto punto".

Parlandone cercavo di spiegargli che il nocciolo dell'addestramento al mestiere di soldato è che ti insegnano ad ammazzare altra gente. Giriamola come ci pare, ci sono tanti mestieri dove il rischio di far fuori qualcuno, volenti o nolenti, è presente, ma fare il soldato secondo me è quello che per definizione è quello. Inutile girarci intorno.

E, ma è ancora piccolo per dirglielo, da madre io non voglio che mio figlio faccia un mestiere in cui lo stipendio giustifica il fatto che stia a fare il tiro al bersaglio. Come i poliziotti, per dire.

Io ho un rispetto enorme per la polizia, anche se a volte la mentalità sbirra veramente li mette in condizione di non poter ragionare normalmente con le persone che non hanno niente da nascondere (sto pensando al cazziatone del poliziotto olandese pochi mesi fa quando ho tentato di denunciare lo smarrimento del mio passaporto, mannaggia a me e la mia dabbenaggine, mi scordavo che un poliziotto per definizione non crede a Biancaneve e che io delle volte sono troppo ingenua ed idealista nella mia fiducia nelle forze dell'ordine e di dirgli tutta la verità perché sono lì per aiutarti. Macché), dicevo che rispetto la polizia perché in un modo o nell'altro sta lì a farsi sparare per noi nelle situazioni di criminalità pesante.

Però da lì a dire che mio figlio debba fare il poliziotto, meglio l'impiegato al catasto, direi. Tantomeno il soldato.

Parò poi succede che qualcuno deve pur farlo, anche se è uno sporco mestiere, anche se te lo camuffano da missione di pace, anche se sei giovane e non sai che potresti ritrovarti dalla parte dei cattivi ad Abu Ghraib. Non voglio che a mio figlio venga insegnato in nessunmodo l'astrazione dal valore dell'essere umano. È solo un bersaglio, un nemico, una formichina nel visore. Danni collaterali. La semantica, che brutta cosa.

Noi siamo i buoni e perciò
abbiamo sempre ragione
andiamo dritti verso la gloria.


Ecco. No, grazie.

Per questo non posso far altro che concordare con ogni virgola di Roberto Saviano.

E penso che anche se abbiamo passato la fase in cui ci spaccavamo il cranio a vicenda con le clave, in cui facevamo a pezzi a sassate gli animali per divertimento, in cui un'impiccagione in piazza era una festa, mi chiedo se si possa fare ancora un passettino avanti.

(E si, leggiamocelo bene Saviano, e ripehsiamoci ogni volta che ci facciamo una canna o un tiro ludico, tanto cosa vuoi che sia, me la gestisco benissimo. Gestirsela è un conto, regalare grandissimi soldi a degli assassini è un altro. Un piccolo passetto avanti, ci vuole così tanto? se proprio ci dobbiamo stravolgere per dare un senso alla nostra vita, a questo punto meglio il vino. E non lo dico da sommelier).

giovedì 17 settembre 2009

Lo perdono

Questa donna ha la mia età. Ma ho dovuto leggerlo nell'articolo, dalla foto non l'avrei mai detto.

Da madre la compatisco. Ha due bambine di età intorno a quella dei miei. E ne aveva un'altra più grande, che ha perso.

Per il resto, chi ha un dio farebbe meglio ad affidarsi a lui.

Io per fortuna ho sposato un ateo. E non devo perdonare nessuno perché sono convinta che ognuno si debba perdonare da solo. Che è il solo modo di assumersi le proprie responsabilità.

Assente giustificato

Sono un po' di settimane che sono in pena per Ennio. Niente di grave, niente che ci impedisca di andare avanti, o a me di sbuffare e urlare quando siamo stanchi tutti e due e lui recalcitra. Da una decina di giorni ha una tosse sconquassante che stiamo cercando di togliergli e che lo fa dormire male.

In realtà la prima settimana di scuola mi sono lanciata in uno di quei tour informativi che fanno presagire grandi decisioni radicali. Poi ho parlato con la nuova maestra, che è supplente, ma comunque molto in gamba, e abbiamo deciso di dargli il tempo di abituarsi alla nuova classe, alle nuove maestre, al fatto che adesso che hanno imparato a leggere, scrivere e fare bene i conti è ora di lavorare sul serio.

Poi il calcio che gli piace tanto e gli permette di sfogarsi. Poi il balletto, che ha iniziato a rimorchio del fratello, ma gli piace un sacco e gli permette di soddisfare e disciplinare il lato diva. Poi le due lezioni di piano con il mio vecchio maestro di canto Ronald, un sant'uomo, molto dolce e comprensivo e che immediatamente lo ha interessato.

Settimane di aggiustamenti per decidere se tutto questo non sia troppo per due bambini, se non debba dargli più opportunità di giocare con gli amici, per sistemarci tutti. Settimane in cui il capo è impegnatissimo al lavoro e non nelle migliori condizioni, io davvero trovo strabiliante come quest'uomo sia in grado di motivarsi e cercare risultati perfetti anche senza incoraggiamenti e riconoscimenti, anzi.

Insomma, persino il capo si è preso un giorno di malattia che era già in autostrada per andare al lavoro, ci ha messo un'ora e mezza per fare dietrofront, si è schiantato a letto ed è stato incosciente tutto il giorno. Però secondo lui non devo esagerare con Ennio, lui patisce anche il casino in casa (martedi arrivano le piastrelle se dio vuole) e che tutto ha una ragione non esoterica.

Oggi quindi tocca a Ennio, che ieri per una volta si è addormentato presto e stamattina alle sette mi è arrivato nudo e crudo nel lettone. Il capo che era partito alle 5, ci ha chiamati come radiosveglia e per discutere due cose che dovrò fare.

"Io non voglio andare a scuola".
Ci pensa un secondo.
"Ho mal di pancia".

Ho fatto un po'di domande e ho deciso che oggi, che comunque rientrerebbe alle 14, è meglio se resta a casa. Non farà giochetti al computer, mi aiuterà a mettere a posto e parleremo.

Gli spiegherò anche che non deve raccontarmi storie di mali di pancia né marciarci, ma che se qualche volta si sente stanco e demotivato, non ho nulla in contrario a tenerlo a casa una o due volte l'anno.

I miei lo hanno sempre fatto con me: se non hai voglia di andare a scuola un giorno per qualsiasi motivo, resta piuttosto a casa a dormire invece di fare filone. Non nego che l'anno della maturità un paio di volte l'ho fatto strategicamente per saltare un computo di matematica. Ma è bello sapere che se a volte la vita ti pesa troppo, i tuoi genitori capiscano senza dovergli raccontare palle.

Adesso mi tocca avvertire la scuola. Ma il lato logistico è sistemato, Orso torna con la vicina, che guarda caso, ha la grande esattamente con la stessa patologia. Ne avevamo parlato un mese fa, magari oggi le andiamo a trovare e ci torniamo sopra.

martedì 15 settembre 2009

Stasera in radio...

... io e Marina come sempre per il terzo martedi. Per collegarvi www.salto, cliccare su Wereld FM e poi su LIVE.

Dalle 20 alle 21 su Radio onda Italiana (e si, parleremo di ricette e cose carine).

Citazione grafica

L'ho preso da qui

E secondo me non c'è niente da aggiungere.

Statale 17, storie minime transumanti

Questo è il titolo del mio libro, l'ho visto stamattina presto, dopo che ieri sera tardi mi è arivata una telefonata che ho preso dicendomi: speriamo che non sia mia suocera, che a quell'ora poteva solo essere una brutta notizia sulla nonna.

Invece era l'Artista Borderline con i suoi compari editori che mi hanno chiesto: chi vuoi nei ringraziamenti? E che cavolo ne so io, a quest'ora. Mi sarò scordata di tutto.

Perché Maura stanotte ha rifatto per la milionesima volta le ore molto piccole e poi mi ha mandato il .pdf del libro che oggi va in stampa. So quindi il titolo, ho visto le foto (belle) che ci hanno messo, me lo sono riletta attentamente, ho ovviamente pianto dove dovevo piangere, che è sempre utile per definire le pagine che non dovrò mai leggere in pubblico. E mi sono rasserenata, perché in fondo è un libro divertente, che mi serviva per mettere insieme tutti quei pezzi di passato aquilano che fisicamente non ho più, però anche, quanto mi sono divertita intorno alla statale 17.

Io spero che si divertiranno anche quelli che lo leggeranno (mia madre, per dire, mia madre non ha letto una riga. E neanche il capo).

Invece non mi sono divertita per niente a leggere questo.

Perché sembra quasi un prolungamento a tutto quello che non ho potuto dire nel libro, perché in fondo parlava d'altro. Ma Paganica la conosco bene, Ugo de Paolis pure, e sono stata in tutti i paesetti che adesso e da aprile stanno andando in malora sotto il maltempo, perché il censimento delle persone che ci dovevano abitare lo hanno fatto ad agosto, quando le CASE, di pezzature e metrature sbagliate erano già in costruzione. Perché quel paio di piccole cose che ci avrebbero fatto tanto bene a tutti, altro che sostegno psicologico, tipo portar via qualche sasso, un po' a testa, anche in carriola, sgombrare le strade, buttar giù quelle macerie che adesso al primo soffio di vento o alla prima nevicata verranno giù portandosi dietro case intatte, tante piccole cose di buon senso che bastava un sindaco, un pompiere, a non legargli le mani, a farle per tempo, non ce le hanno fatte fare.

In compenso i soldi li hanno spesi inutilmente. Basti vedere che il premier canadese non ha potuto tenersi il librone da 23 chili perché il suo valore supera quello che un presidente estero, in nome della trasparenza, può accettare come regalie personali. Abbiamo speso soldi in regali inutili e scomodi e le case che si potevano salvare stanno crollando perché la protezione civile non passava ai vigili del fuoco il legname per metterle in sicurezza.

Non è stata identificata un'area in cui accumulare le macerie. In compenso l'amianto triturato in tutta fretta i primi giorni e imboscato in mezzo ai detriti normali, e la macchina che hanno usato, sono riusciti a imboscarla in una cava.

E alla faccia di tutti i piani regolatori, per le casette perfettamente arredate, così ci guadagnano anche i vendipiatti e i vendibicchieri, lo spazio lo hanno pure trovato. Tutto, hanno deciso gli altri, manco lo sfizio di riportarti a casa qualcosa di tuo. Tutti dispersi, omologati e dimenticati.

NON CI HANNO PERMESSO DI FARE NIENTE. E adesso arriva l'inverno.

Io almeno ho scritto un libro, per togliermi questa rabbia e questo sopruso di dosso. Ma voi, che oggi vi vedrete a reti unificate la consegna ufficiale delle case di Onna, costruite peraltro dalla provincia di Trento, pensateci per favore. Che quelle vengono consegnate e io sono felice per quelle persone che almeno un posto dove stare ce l'hanno. Ma pensate ai tanti di più che non hanno un posto, non hanno certezze e sono stati sbattuti lontano dagli amici e i parenti.

E nessuno che se li fila, nessuno che gli dia il permesso di tirar giù quei sassi prima che facciano danno, nessuno che gli dica cosa farne di sé stessi e del loro paese in malora.

E pensate a quelle copertine di marmo.

No, tanto per ricordarci il contesto.

lunedì 14 settembre 2009

Quando portavo la coppa D


Avvertenza: questo è un libello scritto per l'amica D, quindi non cominciate a fraintendere e chiedermi le foto in topless, che non ce l'ho. Però l'indirizzo dei miei (e di D.) spacciatori preferiti di reggiseni ad Amsterdam ve li spedisco volentieri. Per ora vi lascio con due foto della mia stilista preferita di biancheria, Marlies Dekkers.

Introduzione

 Quando portavo la coppa D pesavo 15 chili di meno
 Quando portavo la coppa D ero una bonazza. Ora sono una bonazza al quadrato
 Quando portavo la coppa D le tette ed io arrivavamo insieme. Ora mi si vede 5 minuti dopo
 Quando portavo la coppa D non immaginavo neanche che esistessero i reggiseno riduttori
 Quando portavo la coppa D mettevo i reggiseno a balconcino. Per esagerare
 Quando portavo la coppa D non me la menavo tanto
 Quando portavo la coppa D ero single
 Quando portavo la coppa D non spendevo in reggiseno l’equivalente dell’1% del PIL di un piccolo stato povero
 Quando portavo la coppa D, non avevo i solchi sulle spalle che ho ora
 Quando portavo la coppa D, talvolta, potevo permettermi un’uscita senza reggiseno
 Quando portavo la coppa D…

Coppe A: potete pure schiattare


Fenomenologia del reggiseno

Il reggiseno, come il femminismo (che ai bei tempi li bruciava) è un’invenzione moderna. Per la femmina d’oggi, il primo reggiseno è un rito di passaggio. Rito per rito, sempre meglio dell’infibulazione. Ma la vera maturità si riconosce dal momento in cui una donna impara a comprare un reggiseno che le stia alla perfezione. Alcune non ci arrivano mai. Ma come diceva sempre mio padre:
“Chi prima, chi dopo, chi un po’ alla volta” (ma non si riferiva al reggiseno).

Sembra niente, ma se si fa caso ai materiali che ne costituiscono il contenuto, si capisce perché il reggiseno sia un’opera di alta ingegneria meccanica. Stiamo parlando di un sacchetto in materiale elastico e molto fragile, riempito di un quantitativo variabile di tessuti lipidici e acqua. Più si sottopone il sacchetto a stress, tensioni, manipolazioni o la semplice forza di gravità, più questo si allenta e comincia a penzolare da tutte le parti. È così grave? E chi lo sa. Come l’inferno, è tutta questione di fede. Chi ci crede ci finisce, chi è ateo no.

La forma del contenuto dipende in fondo tutta dalla gravità, si modifica, si sposta, aumenta, diminuisce insieme al peso corporeo complessivo. Se cresce troppo in fretta si riempie di smagliature che non vanno più via. Se diminuisce di peso, si riempie di grinze. Un po’ come quei collant che vengono lavati a temperature troppo alte e poi tirano al cavallo e fanno le pieghe alle caviglie. Non so se avete presente. Per capire bisogna avere dimestichezza intima e quotidiana con collant e reggiseno in azione, non tutti ce l’hanno.

Insomma, se il reggiseno stringe troppo, il contenuto si schiaccia, assume forme innaturali, rischia di sparire alla vista. Se non tira su abbastanza, allora è inutile spenderci una lira, non serve. Un quesito apparentemente irrisolvibile, po’ come il sesso degli angeli.

Un buon reggiseno si riconosce dalla sua discrezione, fa il proprio dovere senza che il seno in questione neanche entri in campo. Per esempio, io mi chiedo dove compri i reggiseno Condoleeza Rice. Sono perfetti, ti scordi persino che sotto quei tailleur c’è una femmina. E non ci credo che Condi abbia una coppa A o B, no, no, non è tipo.

Un ottimo reggiseno va un gradino più su. In questo caso non esistono dubbi che la portatrice sia una donna, nossignore: ma si notano le tette, non il reggiseno.

Un cattivo reggiseno si fa notare in absentia: una pensa immediatamente: “Ma perché questa donna non si mette un reggiseno, che starebbe tanto meglio?”

Quanto detto, vale indipendentemente dalla taglia: dalla coppa A alla FF i postulati suesposti sono sempre validi.

Poi ci sono i reggiseno che piacciono agli uomini: sempre di due taglie troppo piccoli, che strizzano le tette in fuori con pericolo che il capezzolo schizzi via. Ma a loro piace così, e a caval donato… Fateci caso, il buyer di tutti i costumi delle ballerine, veline e bellezze al bagno varie o è un uomo, o odia le donne, di solito entrambi, tipo Gianni Versace bonanima.

Insomma, il reggiseno ideale deve sorreggere, ma non strizzare, abbracciare ma non stringere, resistere a una mareggiata, ma non alle dita di un amante che tenta di slacciarlo. Il reparto Ricerca e Sviluppo della Playtex ha un budget maggiore del CNR, tanto per dire. Il dubbio socratico, amletico, nevrotico è: ma allora un buon/ottimo reggiseno deve per forza costare un patrimonio? Non necessariamente, ma aiuta.


Anatomia del reggiseno

Fondamentalmente esistono due famiglie base di reggiseno: quelli con il ferretto e quelli senza. Quelli senza sono più comodi, ma reggono di meno. Devono ovviare quindi con imbottiture, cuciture e scollo a lupetto. Diciamocelo chiaramente, un reggiseno scollato e senza ferretto, o ricade d’ufficio tra i cattivi reggiseno, o è una mosca bianca, o non va oltre la coppa A. Insomma, categoria “gabinetto delle rarità”.

Non a caso i reggiseno senza ferretto per eccellenza sono: o quelli sportivi o quelli da allattamento. Gli sportivi spalmano letteralmente il proprio contenuto tenendolo ben saldo e appiccicato al torso in modo che nessuna rotazione, circonduzione, salto e spaccata ne causino il benché minimo movimento. Per non correre rischi sono fatti di fasce elastiche imbottite, con scollatura ad Y sul dorso, che lascia le spalle libere. Le fighette che in palestra mostrano di avere un seno, non ne avranno per molto. Perché anche in questo campo prevenire è meglio che curare.

Quelli da allattamento sono molto accollati e sostenuti in basso, ma hanno il trucco dello sportellino. E poi diciamocelo, quando si allatta, con le montate lattee che schizzano da tutte le parti, i ritmi sonno-veglia sballati e gli ormoni che ballano, la cosa importante è non portare quelle magliette così strette che si vedono gli assorbenti del latte. Quella si che è una cosa orripilante, alla faccia di quelli che sostengono che la donna che allatta attizza. Attizzerà pure, ma è un concentrato di sindrome pre- e postmenstruale (strano, visto che giusto allora non si mestrua, sarà la legge del contrappasso) e di un gatto arrabbiato a cui tirano la coda. Meglio starle alla larga, non solo dalle tette, ma in generale. Insomma, è un problema che non si pone.

La naturale evoluzione del processo Post-Barbie sono invece i reggiseno da t-shirt. Praticamente con le coppe preformate realizzate nello stesso materiale con cui vengono rivestite le testate nucleari, perché dio ne liberi si veda la sagoma di un capezzolo, siamo rovinati. Il capezzolo ci ricorda che il sesso è un processo in cui entrano in gioco tessuti erettili, si suda e ci si scambiano fluidi corporei. Che schifo, meglio un po’ di sano sesso virtuale che almeno non ci si sporca. Praticamente il reggiseno di Lara Croft. Scomodi, sono di una qualche utilità solo a chi ha le tette piccole, che ci guadagnano con il mezzo cm. di spessore.

Conclusioni
Ma quanto sono più felice da quando non porto più la coppa D. Adesso porto la F. Voi no? Che peccato.

Ricetta: insalata di rape rosse

Le rape rosse, dice mia mamma, fanno benissimo, ma non le mangiamo mai. Poi ieri le ho comprate, tagliete in blocchetti e le ho condite con:

1 cucchiaino di salsa di rafano (fa tanto bene pure quella)
2 cucchiai di panna acida (1 di pana e uno di yogurth greco va pure)
2 cipolline tagliate ad anellini.

Adesso me ne sono avanzate due, il capo mi sta spaventosamente tra i piedi e non posso attaccare il giardino, gli ho quindi proposto un pranzetto con:

le due rape avanzate a cubetti,
un barattolo di ceci lavati e sgocciolati
il resto delle cipolline ad anelli
sale e olio, forse una puntina di aceto

Vediamo cosa succede.

Smemorata

Il bello è che Orso ultimamente di punto in bianco comincia a farmi tanti ragionamenti carini, ma io me li scordo prima di segnarmeli.

Tipo domenica in bagno, che il bagno a casa nostra è un luogo pubblico di passaggio indipendentemente da chi ci sta facendo cosa. In piena attivita mintoria mi ritrovo accanto Orso che mi annuncia:
"Anch'io devo fare pipì, la faccio nel bidet?"
"No, aspetta, serve a me, ho fatto".

Ispeziona il water, incerto se tirare l'acqua o no, con il dito sul pulsante.

"Devo vedere se puzza", spiega. "Perché anche le persone (Orso divide il mondo in bambini e persone, abbreviato di persone grandi) sentono la puzza, solo che il mio collo è corto e allora io la sento prima".

Ineccepibile. Urge però progettazione cum installazione del bagno delle femmine o quanto prima divento stitica (il problema del bagno dei maschi, nostro unico bagno completo al momento, è che ci deve ripassare il falegname per mettere il vetro alla finestra sopra la porta e sistemare un paio di dettagli minori della porta stessa. Propendo per una serratura a codice numerico).

Stamattina invece si è svegliato relativamente bene, relativamente contento (mentre il fratello faceva il cadavere di Lazzaro prima che arrivasse Gesù nel mio letto, dove ha dormito stanotte sconquassato dalla tosse) e stava finendo di vestirsi da solo, reggendo con aria attenta le mutande.
"Prima devi aprirle, così" spiegava "Tutti devono imparare a mettersi bene le mutande. Tranne i neonati, perché loro hanno il pannolino".

Poi ci si è incartato con i piedi, si è arrabbiato, ha cominciato a litigarci e ho dovuto intervenire tenedogliele io.

A quel punto ho trascinato Lazzaro in pigiama davanti alla pappa di avena sperando che si svegliasse e sissignore, ce l'ha fatta il nostro eroe.

Madri di figli più grandi, vi prego aiutatemi a reggere: ma a che età cominciano a vestirsi da soli prima di andare a scuola? No, perché sullo svegliarli e tirarli giù dal letto con la gru tutte le sante mattine ormai mi sono messa l'anima in pace, ma mi chiedo, ipoteticamente: è possibile creare una situazione in cui loro si alzano, vanno al bango per conto loro (l'acqua, devo dire, la tirano già da soli) e si vestono da soli, poi fanno il caffé è me lo portano a letto? No, per dire, so di gente che ha insegnato al gatto ad usare il water. Magari riesco anch'io a riappropriarmi delle mie mattine pigre prima della loro maggior età, sennò che l'ho scelta a fare la libera professione?

domenica 13 settembre 2009

Orsococcole

Ennio stanotte ha dormito dall'amichetto J. che oggi viene al cinema con noi, mentre io per giustificare la prima riunione/prova della stagione, che stavo per ritirami tutta la settimana, cioè, io mi sento come mi sento, ce la farò mai a rimettere mano a una produzione? (Si, ce la farò, è stata la conclusione. Ma stavolta ce la prendiamo con calma, solo il grupetto collaudato dei 4 che ci autogestiamo, e basta gestire tremila esterni) mi sono dovuta portare dietro Orso su ingiunzione del capo.

Con la borsa piena di perline da infilare, un librino carino, MM's e copioni siamo partiti ed è stato bravissimo. Ha disegnato, infilato, letto no, ma giocato con una pallina da ping pong e soprattutto mi è stato spalmato addosso tranquillo un sacco di tempo a darci i bacetti. con la promessa del gelato buonissimo alla fine, che come so motivare io la gente (a volte), veramente mi meraviglio di me stessa.

Torno a casa con l'ordine di ridurre e sistemare un brano su una fatticchiera che era troppo lungo e dispersivo, ma soprattutto di riprendere il mio vecchio manuale della fattucchiera e farne un pezzo teatrale. E lo farò volentierissimo.

E torno carica di scrocchi, un pigiama e una canottiera nuovi per Orso e cosine varie dell'HEMA. Mai visto un bambino così contento per un pigiama nuovo.

"Ho un pigiama bellissimo, ma quant'è bello il mio pigiama" trillava mentre si infilava il sopra.
"Oh, guarda, ha persino i pantaloni uguali" mentre si infilava il sotto, che in effetti tutti i igiamo sono degli spezzati, ma questo no.

Poi mamma si è fatta un pisolo, poi siamo usciti per andare ad un'inaugurazione di casa nuova appena fuori Amsterdam, qui vicino, preticamente fuori dalla tangenziale.

Cioè, l'idea era di uscire presto, andare al centro di giardinaggio a comprare quei 20 sacchi di terra che mi servono ed un regalino giardinesco ai neo-traslocati, solo che l'autostrada era bloccatissima. Allora siamo arrivati puntualissimi e a mani vuote. E ci siamo divertiti un sacco con Orso che si è arrampicato su un paio di alberi e faceva l'assistente al BBQ e tanti altri bambini e genitori.

Poi a sera, mentre lo mettevo a letto (si è scoperto che il capo si è abbioccato sul letto di Ennio proprio mentre stavamo uscendo, e io che pensavo fosse uscito per fare qualche spesa al volo) abbiamo fatto quel bel rituale appreso da un papà blogger, di raccntarci la cosa più bella e la cosa più brutta della giornata.

"La più bella è che stamattina sono veuto con te alla tua scuola. La più brutta che Ennio sta da J." (e io no, sarà stato il sottotitolo).

"Anche per me la più bella è stata che siamo stati insieme tutto il giorno e la più brutta che c'erano le code in autostrada."

Poi ci ha raggiunti nel lettone che non voleva stare da solo:
"Sai papà, la cosa che mi è piaciuta di meno oggi è stata la coda in autostrada".

Poi si è addormentato, poi il capo lo ha riportato sopra nel lettone di Ennio e ha dormito con lui stanotte e io da sola giù.

Tutto questo mi ricorda una vecchia rivista dell'IKEA con un articolo riservato ai letti che esordiva dicendo che i bambini di notte vanno a spasso e che nessuno si sveglia mai nel proprio letto. ecco, uguale. mi sa che quando prima appendo delle amache.

venerdì 11 settembre 2009

Tenerezze e coccole

È un periodo che Ennio si rivolge a me chiamandomi Bellezza. Mamma e Barbara sono anche intercambiabili, come raccontavo, ma adesso mi chiama bellezza, mi da i bacetti ed è generalmente coccoloso e appiccicoso.

Diciamo che so da dove viene, io chiamo un po' tutti bello, bella ecc. Mio fratello è belva. Sul mostro invece reciprochiamo. Bellezza mi ci chiama il capo, a volte. Insomma, il bimbo ha capito l'andazzo. Gli ho spiegato che mi piace moltissimo e che deve ricordarsi che piace un po' a tutte le donne sentirsi fare i complimenti (specie da un bonazzo come lui, aggiungo di nascosto).

Però rimane una cosa per me, gli avevo suggerito di provarci con qualche maestra a scuola o al doposcuola e vedere l'effetto che fa ma si è vergognato mentre glielo dicevo. Bene, ho l'esclusiva.

Di tenerezze ne ho tutto il bisogno possibile perché sono un po' giù. Motivi al limite ce ne sarebbero, ma sempre i soliti, stanchezza, casa che sembra la fabbrica di san Pietro, però incasinata, stress generale, il libro che ieri lo abbiamo corretto per telefono un pezzo e oggi andava in stampa e manco so quale sarà il titolo definitivo. Che è come un figlio che esce di casa, se mi posso permettere il paragone. Non ce l'ho più in mano io, adesso vive di vita propria.

Le paturnie strisicanti che l'inverno scorso mi hanno fatto patire tanto, non vorrei si ripresentassero (e si, dovrei davvero andare dall'amica agopunturista finché è gratis).

Insomma, sono arrivata a casa di Laura a riprendermi i panni stirati (dio continui a benedirla) e mi sono messa a piangere in cucina, mentre mi faceva una camomilla, un po' zompettando sul piede non ingessato, un po' spostando in giro le stampelle. Poi mi ha spalmato un toast di formaggino e mi ha tagliato a metà degli acini d'uva per metterceli sopra, una combinazione mai vista, e mi ha fatto delle tartinette bianche e verdi.

Che dire, mi sono subito rasserenata: che di gente che mi spacca il capello in quattro ne ho sempre avuta assai come tutti, ma un'amica che mi spacca gli acini d'uva in due, vuoi che non apprezzi lo sforzo?

No, per dire, sono così stravolta che per due giorni di seguito sono arrivata dal contattologo per il controllo dele lenti nuove, ed entrambe le volte non le avevo addosso. Mi ricordavo l'appuntamento ma non di mettermi le lenti.

Per fortuna domenica il capo ci porta tutti al cinema.

giovedì 10 settembre 2009

Ben Ryé 2007

Il passito di Pantelleria è forse il primo vino di cui ho avuto coscienza di aver assaggiato da bambina, e di ricordarmi che mi fosse piaciuto.

Poi oggi alla fine di una giornata lunga e trafficata in cui ho fatto in tutto 98 km. per andarmi a raccattare dei mattoncini decorativi per il giardino, che i quantitativi che servono a me non me li vende nessuno, tanto sono pochi, però mi riesce benissimo farmeli regalare da chi gli avanzano;

e ho dovuto affittare una station che però vicino casa mia non c'era e me la sono andata a prendere in centro;

e domani c'è la giornata di studio delle maestre quindi i bambini non vanno a scuola, mentre il capo aveva una cena di lavoro;

e allora scaricati i mattoncini a casa, caricata la bici di Ennio abbiamo deciso di cenare in centro ai magazzini Hema (che poi per strada sono diventati uno snack bar turco), facendoci a piedi e in bici dal Brouwersgracht alla Nieuwendammerdijk, passando per un vicoletto, e passando quindi davanti a un negozietto, guardarci dentro e gridare:
"Andrea",
che ho conosciuto alla degustazione del Gambero Rosso Road Show, terminata giustappunto con un Ben Ryé che io e Marina ci siamo guardate bene dallo sputare, anzi, ci siamo rubate pure i bicchieri della fila di assenti dietro, e lui ha detto di averlo in negozio, e sapevo vagamente che era in centro ma non che fosse lì e così ci sono entrata, l'ho preso, abbiamo mangiato dal turco, siamo andati da HM a comprargli le magliette bianche a manica lunga per danza, siamo tornati a casa senza cedere alla tentazione del gelato, lavati e messi a letto e cantate 3 canzoncine e adesso una povera donna se non si cura il mal di schiena con questo fantastico passito, che pare voglia dire, il nome intendo, figlio del vento, e se mi date retta è un ottimo motivo per scordarsi a volte di essere astemi, ecco, non so quali altre gioie attendermi da questa serata se non che il capo rientri felice e pimpante, mi trovi sbronza a letto e magari mi zompa addosso o ci mettiamo a ronfare in stereo, che tutto è possibile.

Buonanotte a tutti.

Afflato religioso

Prima che Raperonzolo mi togliesse le parole di bocca stavo rimunginando su tutto il discorso del Vaticano che non vuole l'ora di storia delle religioni, con motivazioni pretestuose.

Vogliamo dirlo invece che in Italia gli insegnanti di religione li nomina il vescovo decidendo da sé se siano qualificati o meno (vi ricordo en passant il mazzo di punteggi, qualifiche e titoli che bisogna avere per poter anche un attimo pensare di poter insegnare in Italia)? Fare di religione una vera materia significherebbe sottrarre alla chiesa questo controllo che ha sulla nostra scuola pubblica.

E visto che sono in malafede, mi viene da dire quanto clientelismo, o quanti stipendi di religiosi che per il voto di povertà rientrano decisamente nelle casse della chiesa andrebbero perduti?

Meno male che i miei figli sono in una scuola pubblica in Olanda e quindi non hanno l'ora di religione. Infatti ieri Orso, andando a scuola mi ha chiesto:
"Mamma, noi però il Ramadan non facciamolo, che non voglio".
"Amore, si farebbe fatica, visto che non siamo islamici, e perché non vuoi?"
"Perché possono mangiare solo di notte".

"E chi sono gli islamici?" si impiccia il fratello.
"Sono quelle persone che hanno la moschea vicino casa nostra, che chiamano il loro dio Allah e alcune delle signore portano un fazzoletto in testa. Come alcune delle mamme a scuola, ma non tutte".
"E perché mangiano di notte?"
"Perché pensano che al loro dio faccia piacere così".

Posso sempre contare su Orso perché mi dica cosa non gli piace. Non appena il gioco si farà duro gli spiego della Quaresima e i fioretti, e ci sistemiamo pure questa.

Però, ecco, il mio punto è che a volersi informare un pelo in modo da poter rispondere alle domande dei figli, e a metterli in condizione di farle le domande, l'ora di religione in fondonnon serve. Tanto siamo noi con quello che facciamo a determinare gli insegnamenti dei nostri figli. ese ci scoccia ripassarcelo noi il catechismo, si può sempre portarli in parrocchia.

Io davvero quest'ora di propaganda cattolica (no, ribadisco, i ciellini al mio liceo ne approfittavano anche per dirti per chi votare, già che stavamo parlando di dio) nella scuola pubblica di uno stato laico proprio non ne vedo l'utilità.

Chissà perché ne vedo invece i danni.

Se fossi costretta a chiudere il blog

Quando ho deciso consapevolmente di metterci la mia faccia sul blog, l'ho forse fatto con la spensieratezza di chi non ha nulla da nascondere. Cioè, intendiamoci, a volte leggo di quelle cose tra le mie blogger anonime preferite, citazioni dal marito per esempio, e sospiro dicendomi che metterci la faccia significa pure che a volte stai attenta a non perderla troppo. È chiaro che mi perdo dei pezzetti di libertà, a volte, per non sputtanare le persone a cui voglio bene o di cui parlo.

Quello a cui non ho mai pensato invece è l'eventualità di dover chiudere il blog perché costretta. Cioè, non posso neanche pensare cosa sarebbe per me doverlo fare. Se qualcuno mi minacciasse, per esempio sui figli, che ne so? Nel frattempo sono meno ingenua e ho scoperto che i pazzi esistono. Cosa li motivi non lo so, ma ci sono e vengono a leggersi quello che scrivo.

Certo, uno adesso può venirmi a dire: ma non essere paranoica, chi vuoi che gliene freghi qualcosa di te e dei fatti tuoi, sei una dei tanti blogger che invece di mettersi in analisi o andare a botte di Prozac, per citare Italian Mom (guai a te se cambi lo slogan), scrivono e si divertono senza fare del male a nessuno. Uno sport innocuo, in fondo. E poi abito ad Amsterdam. Infatti sono tranquilla.

Però ho appena appreso con molta amarezza he un mio amico ha deciso di chiudere il blog perché i soliti ignoti, sempre quelli, che da anni lo insultano ovunque, sui blog degli altri, vantandosi oltretutto di farlo per sport, quello di andare a rompere le scatole sui blog degli italiani all'estero, adesso sono passati alle minacce. Circostanziate. E siccome lui nel frattempo va via da Amsterdam, cambia proprio paese, non ha voglia che lo vengano a ripescare pure lì.

Quanto all'estero bisogna andare per togliersi di dosso gli psicopatici? E questa gente, che vive in Italia evidentemente sotto grandi frustrazioni personali, fino a che punto sono pericolosi?

Cioè, dopo che noi diciamo in tutte le salse che da fuori vedi con chiarezza cosa succede a casa, e adesso il loro grande capo da mesi non fa che dimostrare pubblicamente di essere il mentecatto concusso che è sempre stato, forse gli ha fatto venire il dubbio di non vivere in fondo nel miglior paradiso possibile, visto che a loro personalmente di persona non c'è nessuno che gli porti gnocca e cocaina gratis che non contano niente. E se la prendono con chi gridava da tempo che il re è nudo (e vi assicuro, questo re qui, nudo, non fa un bel vedere).

Ecco, amico mio, io ti ribadisco quello che ho detto. Denunciali. Hai il codice del loro computer e se penso agli orari secondo me ti/ci scrivevano pure dal lavoro. Abbiamo le minacce, perché ti venivano a minacciare anche da me. Materiale per una denuncia seria ce n'è. Perdiamo un paio d'ore, vengo io con te dalla polizia.

Sono d'accordo che non serve a niente. Mica li arrestano. Ma almeno ne rimane traccia in un atto legale. Visto che la legalità ultimamente nel nostro paese è sempre più sputtanata, e visto che anche questo ci ha convinti/costretti ad andarcene, fingiamo di prenderci sul serio. Denunciamoli.

Fingiamo almeno noi che ci crediamo che esiste una giustizia. Perché lo preferisco a chiudere il blog. No, davvero, se qualcuno si permettesse di venire a toccare me o i miei come hanno fatto con te, sono io che andrei a cercarli.

Nel frattempo mi consolo sognando una Liesbeth Salander che me li depili informaticamente. Peccato non ne conosca nessuna.

mercoledì 9 settembre 2009

Non ci credo al qualcosa di bianco

A parte che è il colore sbagliato. Meglio rosso, rosso sangue. O blu occhio pesto. O verde livido. Bianco a chi, a parte che per i cinesi è il colore del lutto.

Per quanto riguarda la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, non ho niente da dire. Ho già dato. Abbiamo dato. Il resto sono chiacchiere.

(Oh, ma ci rendiamo contro di quante giornate internazionali ci sono su tutto? Il canarino zoppo e la pasta e fagioli, la sciatica impenitente. le agenzie di comunicazione le sfornano a getto continuo).

È un periodaccio di spallamento e sfiducia, chiamiamolo con il suo nome, và.