lunedì 16 marzo 2009

Una domenica al caffé



Dicevo ieri che dopo la benedizione buddista, con maritanza e figliolanza partiti, siamo andati con tutti i parenti ed amici al Caffé storico di Bet van Beeren sullo Zeedijk.

Due parole sul contesto: lo Zeedijk attualmente è la Chinatown di Amsterdam, non a caso ci hanno costruito il tempio buddista. È una via molto carina piena di caffé di tutti i colori e con un sacco di ottimi ristoranti asiatici, un paio a suo tempo li ho citati, ma prima o poi ne parlo meglio.

In passato, parlo dell'inizio del secolo, era la strada dei caffé, data anche la vicinanza con il porto e il quartiere a luci rosse, per cui anche i provinciali che volevano concedersi una botta di vita nella grande città, cominciavano da lì.

Negli anni '80 invece è iniziato un brutto periodo: l'eroina ha preso possesso della zona (ovvero gli spacciatori di), criminalità, gente che nei caffé faceva i regolamenti di conti sparandosi addosso en plein air e compagnia cantante. è stato in quel periodo che il caffé in questione, che in realtà si chiama het Mandje, ovvero il cestello, ha chiuso.

Bet van Beeren, da tutti conosciuta come la zia Bet, lo aveva aperto nel 1927 e ne aveva fatto il primo caffé in cui uomini e donne omosessuali potessero essere chi volevano. Non che ci si potesse baciare in pubblico, Bet non lo permetteva, ma a Koninginnedag, il giorno della Regina, gli uomini potevano ballare con gli uomini, e le donne con le donne.

Nella foto c'è Bet che gioca a biliardo con il barista Mooie Karel, ovvero Karel il bello. Lei è quella con la sigaretta.

Non solo: per quanto Bet, in privato, non passasse inosservata, in sella alla moto in giacca di pelle, con dietro sul sellino la sua ragazza del momento, è soprattutto ricordata per la beneficenza, in particolare ai bambini e agli anziani del quartiere.

Vero è che a volte aveva la mania di tagliare la cravatta agli avventori ed appenderla al soffitto, che basta guardare gli interni, soffitto e pareti sono ricoperte letteralmente di foto, cartoline, documenti, che adesso in parte sono finiti all'archivio storico di Amsterdam, in parte all'archivio della società per l'Omosessualità e in parte all'archivio privato di famiglia. Invece una fondazione ha preso in mano le sorti del caffé, riaprendolo.

Bet è morta nel 1967, ma siccome era la maggiore di 12 figli, una sua sorella di 21 anni più giovane prese in gestione in caffé fino all'82, quando per via della criminalità in zona decise di chiudere. Abitando al piano di sopra, però, lo teneva sempre a posto, spolverato lindo e pinto. In modo che chi passava davanti se lo vedeva come un museo.
Anche un'espressione tipica di Amsterdam per definire gli eterosessuali, uil, ovvero gufo, deriva dal fatto che quando aveva avventori di cui non si fidava e di cui pensava potessero essere omofobi o agenti della Buoncostume accendeva una candela dentro un lume a forma di gufo e a buon intenditor poche parole.
Ecco, quando ieri in almeno 15 siamo entrati in questo caffé minuscolo, io questo non lo sapevo. Per me era uno degli innumerevoli bruin café di cui la città è ricca, e mi è piaciuto immediatamente quando entrando ho sentito Ben e Jan, il duo degli Scandalosi, con organetto e voce intrattenere i clienti.
Non appena hanno sentito che c'erano degli italiani, si sono rivolti alla mamma dello sposo dicendole:
"Bella signora, si lei, in onore di quel suo bello chignon, le dedichiamo O sole mio. E lo dedichiamo a tutti gli Amsterdammer con il cuore italiano".
Io addirittura credevo li conoscessero, invece no, così, ci hanno messi in fila e vai maestro con il coretto. Poi ci hanno fatto cantare Mamma.
Poi hanno attaccato con i vecchi classici jordanesi, che il capo ha sempre trovato enormi affinità tra le canzoni popolari del quartiere Jordaan all'inizio del secolo e la canzone napoletana, ed anche ieri non abbiamo potuto fare a meno di notarlo, lo stesso e sentimentalismo. E talvolta le stesse canzoni, solo tradotte.
A quel punto il fratello di Wim ha invitato a ballare prima sua madre, poi me, poi Marina (il cui marito ha filmato il tutto) nonostante il mezzo metro quadrato che avevamo a disposizione, alla musica di Aan de Amsterdamse grachten che potete ascoltare qui.
E tutti abbiamo cantato a piena voce, che secondo me tutti i presenti, oriundi e import, si sentivano di sottoscrivere il testo: ai canali di Amsterdam ho ipotecato per sempre il mio cuore, e dateci torto.
Poi il duo ha scoperto degli scozzesi e si sono lanciati, sempre con il coretto, con una serie di evergreens, poi hanno trascinato questa Fiona, una bionda forse sessantenne, a cantare la canzone nazionale scozzese, di cui conoscevo la melodia ma non chiedetemi il titolo (semmai ditemelo).
Poi han distribuito dei testi in giro e ci hanno fatto cantare un tot di canzoncine popolari, alcune del genere vagamente pecoreccio tipo Janus prendimi di nuovo (pak me nog een keer), oppure l'omonima del caffé, ovvero het Mandje:
Quando la notte svanisce e il sole riappare
quando vedo il Cestello risuona una sinfonia
e tu sai quanto t'amo
tutto il mio Cestello è spalancato per te
di quelle cose, che oh, ragazzi, gli ermetici ci fanno un baffo, che ancora non ho capito se è vagamente oscena o puro nonsense, che ci stanno entrambe tutte (che è abbastanza orenda, invece, non c'è dubbio, ma insomma, questa ci hanno fatta cantare e al secondo Cestello le signore dovevano fare un gesto che non sto a ripetervi).
Poi ci hanno riproposto Marina, e menomale che l'omonima se ne era appena andata, che di solito tira fuori il mitra quando la sente.
Poi ce ne siamo andati anche noi come siamo entrati, in fila come un sol uomo. Mentre una signora vicino alla porta sospirava:
"Che peccato, vanno già via".
La clientela era molto bellina, habitué, locali di passaggio, quel paio di turisti. Ma Ben e Jan ci hanno assicurato che loro sono lì tutte le domeniche e mi sa che ci vado con mia madre e i bambini che a loro tutte le canzoni lagnose e sentimentali piacciono da matti, per non parlare della fisa. E abbassiamo almeno l'età media sui 50 degli avventori.
Anche perché la sciura elegantissima tra i sessanta e i settanta portati bene che Seba mi ha indicato a un certo punto:
"Guarda quella signora come si è tirata su la gonna sopra le ginocchia"
e faceva tenerezza, una signora tutta seduta composta a fare un gesto così coquette da giovincella, e mi stavo giusto dicendo che queste signore qui, sono di quella bella generazione che si fa la messimpiega con i bigodini e non c'è paragone con noialtre che usciamo con i capelli a spinacio o al massimo rattoppati con la schiuma che dura il tempo che trova e lo sappiamo.
Altro che una signora tutta distinta e con gli occhiali e questa bella messimpiega, così bella, ma così bella che sembrava finta, e infatti quando ci è passata davanti per andare alla toilette mi sono resa conto che in effetti era finta, una parrucca, anzi, meglio ancora, la signora era veramente un uomo. Portato bene, ma uomo.
Ma ribadisco che signore con il culto di quella messimpiega lì fatta in casa, sono una razza estinta. E allora fanno bene a fare un museo al pian superiore del caffé.

7 commenti:

MarinaV ha detto...

Il mitra soltanto?
Bel pomeriggio davvero. E ballare il valzer con il fratello dello sposo in uno storico caffè gay sulle note di Aan de Amsterdamse grachten è stata veramente un'esperienza once in a lifetime!

Anonimo ha detto...

ma che esperienze incredibili...noi ce le sognamo qui al paesello!!!

Mammamsterdam ha detto...

Mah, noi siamo andati in famiglia a bere qualcosa, abbiamo cantato e ballato il valzer e tutta la storia del caffé storico gay l'ho scoperta stasera su internet.

Non è che al paesello facessi cose troppo diverse.

Anonimo ha detto...

Ba, mi prenoto senza per un giro al Mandje la prossima volta che sono ad A'dam! e magari gli uomini li lasciamo da qualche parte a parlare di computer, che non so il tuo, ma il mio in ambienti allegri e caciaroni (che io adoro) tende a inchiocciolirsi come pochi.

o magari questa è la volta che lo sento cantare Aan de Amsterdamse grachten, o magari Ketelbinkie che è più nelle sue corde.

Mammamsterdam ha detto...

Farouche, ci andiamo di corsa. Se penso che sta 50 mt. prima dell'asiatico fusion dove abbiamo mangiato la volta scorsa.

Comunque si, se gli diamo una botta in testa e li trasciniamo quei due maschi nostri, poi ci bensano Ben e Jan a coinvolgerli, che ne avranno visti di olandesi musoni sciogliersi.

Ti ricordo però che Ketelbinkie è più Rotterdam (e che andrebbe cantato con quell'accento lì), ma tanto mi hanno fatto cantare la Zuiderzeeballade, che quella si che secondo me è il vero inno nazionale olandese. O forse perché vengo da un paese di pescatori anch'io.

Che l'ho imparata perché suocero e cognati la cantano sempre mentre lavano i piatti, così l'hanno annunciata anche loro, dedicata a Barbara che l'ha imparata lavando i piatti, e poi nel pezzo in cui si parla dello zio scomparso in mare da giovane durante una tempesta, be, noi dei paesi di pescatori ne abbiamo sempre uno in famiglia e lì piango sempre.

(Ah, la sentimentale anima slava, mi frega sempre).

Anonimo ha detto...

il fatto è che il Capo dei Capi è nato per un disguido a Rotterdam, e anche se ne è partito quando aveva tre mesi continua a sentirsi Rotterdammer (che scritto così pare una parolaccia) nell'anima: viva Fejenoord abbasso Ajax e via dicendo, e per questo quando siamo ad A'dam ha sempre quella faccia un po' così. ma secondo me è ancora seducibile, se non da Ben e Jan in persona, almeno dalla loro musica.

Anonimo ha detto...

Bellissimissimo...
ci andremo senz'altro con Brigitte e Carlo e Eva, due giuovini romani freschi freschi di espatrio...
sneti un po' mamma, quando prendiamo un caffe` insieme?
ciao,
Giulio