lunedì 27 settembre 2010

Si può vivere senza fede? (A me sembra che ci si riesca benissimo)

Tempo fa, ma neanche tanto, avevo buttato giù una piccola riflessione sulla fede, da cui è scaturita una bella discussione, che direi esemplare. Non è stato uno dei miei post più ragionati, ma come sempre, evidentemente, le cose mi frullavano in testa e così avevo intanto iniziato a buttarle giù, come viene viene.

Mi scrive nel frattempo una lettrice di questo blog che mi parla del suo percorso di fede, crisi e studio. È stata una bella lettera, sentita e affettuosa e la cosa più bella è che vuole farmi un regalo, una bibbia, un libro che amo e leggo molto, grazie al fatto anche che mio padre le raccoglieva in tutte le versioni e in tutte le lingue. Il fatto di aver studiato per un esame la Judith anglosassone, uno dei vangeli apocrifi che a noi si guardano bene dal far leggere in chiesa, mi ha insegnato altre cose appunto sulle varie versioni che circolano nelle varie congregazioni cristiane.

Sullo studio diretto della Bibbia ho anche un aneddoto carino su zia Filomena. A un certo punto la mia santa ed ascetica zia monaca di casa decise di mettersi a leggere la Bibbia. Fu un trauma, povera. E tremando disse a mia nonna: "Peppina, per carità, non leggerla mai, ci sono tante di quelle cose scandalose".

A me nei miei anni di lettura folle le cose scandalose ci andavo a nozze, e questo fu un ulteriore invito a leggermi l'antico e il nuovo testamento. Peer dire che le vie del Signore sono davvero infinite.

Bene, io sono grata a chi mi ha scritto perché ho avuto immediatamente l'impulso di risponderle, l'ho fatto di getto, e queste sono le riflessioni che lei mi ha tirato fuori e che voglio condividere con voi, sperando di chiarire meglio la mia posizione se fosse utile a chicchessia, ma soprattutto di suscitare altre riflessioni in altri, perché i circoli virtuosi iniziano sempre da uno scambio civile di idee.

"Intanto ti ringrazio per esserti presa la briga di pensare a me e
scrivermi questa bella e lunga lettera. Da quello che dici mi rendo
conto che abbiamo un percorso molto simile, anch'io leggo da sempre la
bibbia, ma anche i vangeli apocrifi, vite dei santi (a casa di mia
nonna ho riordinato a un certo punto il settore agiografie, tutte le
letture edificanti della famosa zia Filomena che leggevo da piccola e
rileggo da grande) e mio padre, che in fondo viene dallo stesso nido,
solo si faceva meno domande di me (e soprattutto non si è mai posto il
problema della coerenza che attanaglia me) ha sempre raccolto testi
sacri di tutte le confessioni e in tutte le lingue, quindi siamo ben
forniti sulla cristianità, ma anche sul resto (ha un corano e un testo
indù in inglese, ma anche il libretto rosso di Mao e quello verde di
Gheddafi, solo che questi non li ho mai letti).

Quello che nel blog, che io scrivo sempre d'impulso, forse non ho
fatto a tempo a chiarire è questo. Io non è che non ho fede perché non
mi sia sforzata o non abbia studiato. Ho conosciuto anch'io persone
bellissime, sacerdoti ispirati e più o meno avversati dalla chiesa ma
che per me rappresentavano veramente la santità così come la possiamo
vedere in un uomo o una donna di fede. E ho imparato molto da queste persone. Solo che la fede non è una malattia da contatto.

È solo il passo successivo che mi manca, ovvero vedere nella storia
del Cristo qualcosa in più di una metafora per spiegare a tutti delle
cose complesse. E quando ti metti a studiare le cose anche in
prospettiva storico-politica, come fa un mio amico che invece di
andare in vacanza al mare se ne va in Israele o altri posti a
frequentare seminari, tutta la storia del Getsemani e dell'arresto di
Gesù, il luogo, la scelta, il contesto, cos'era davvero quella porta
di Gerusalemme vicino al Getsemani ecc. capisci che dal punto di vista
dei romani e dei contemporanei in genere quello che stavano facendo
nell'ultima cena era un preparativo di colpo di stato (dice il mio
amico che me l'ha spiegata bene in tutti i dettagli, ma lui ci è stato
un mese a studiarle queste cose e io le so per sentito dire, quindi
magari qualche dettaglio mi sfugge). La Bibbia parla di colpo di stato? Ma quando mai, in fondo neanche la TV italiana parla davvero dei processi di Berlusconi. I dettagli salienti si perdono per strada e alla fine ne resta una versione che però proprio perché purgata solleva più domande di quelle a cui pretende di rispondere.

Per questo ripeto che la fede è appunto una questione di fede e io per
caso non ce l'ho. Il che non vuol dire che non prenda seriamente la
religione, e quella cattolica romana in particolare, visto che ci
sono cresciuta e l'ho studiata per venire fuori dalla contraddizione.
Ciò non vuol dire che non abbia una buona conoscenza del catechismo in
tutte le sue varie ripuliture, visto che come dicevo sono cresciuta
con quello preconciliare di mia zia e solo dopo mi sono aggiornata.

E non vuol dire quindi che io e quell'ateo di mio marito non siamo dei
buoni cristiani, che accogliamo i pellegrini sconosciuti che il fato
ci porta incontro, visitiamo gli ammalati, seppelliamo i morti, diamo
da mangiare agli affamati e diamo da bere agli assetati. Forse siamo
dei cristiani migliori di altri, visto che non ci aspettiamo nessuna
ricompensa, né qui né nel regno dei cieli, ma lo facciamo perché è il
nostro dovere etico di essere umani.

Quello che in generale mi infastidisce, e qui Speranza sappi nel modo
più assoluto che non mi riferisco a te, che mi hai scritto con una
delicatezza che scalda il cuore, è quel modo di fare di tanti
cristiani che per il fatto stesso che certe cose le fanno in nome
della fede e per precetto divino, si sentono superiori agli altri e
ciò traspare in tutte le loro parole e modo di rivolgersi a chi non è
santo come loro. Bella forza, compiere azioni virtuose per i precetti
venuti dall'alto. Ci hanno mandato milioni di persone nei campi di
concentramento con questo principio qui. Got mit uns e Dieux le veut.

Io invece rivendico la fatica di vivere in modo virtuoso e coerente e
senza gli impicci della fede, se possibile, in nome dell'umanità
comune a me e agli altri, che abbiano fede o meno. E non mi aspetto
niente di meno da nessun altro, anche se so che non me lo regala
nessuno questo.

Che problema c'è a vivere in modo onesto, coerenti ai propri principi
e prendendosi le responsabilità delle proprie azioni? Io certe volte
penso che sarebbe ancora più semplice per più persone se non ci si
mettessero di mezzo le ideologie. Perché facci caso, tutte le
religioni che io conosco hanno sempre il principio di esclusione: chi
non è come me è contro di me e va convertito a tutti i costi, con la
forza se necessario, tanto è dio che sta dalla nostra parte.

Ecco, lì faccio un po' fatica a seguire il ragionamento (e rischio
senza volere di diventare polemica). Quindi la pianto qui, perché in
ogni caso mi ha fatto un gran bene ricevere le tue parole e
sull'anonimato non c'è problema, sul web siamo tutti anonimi in fondo,
ma è bello avere un nome per non confondersi i vari interlocutori.
Come diceva mia zia, male non fare, paura non avere.

E ti ringrazio, perché anche se ho scritto di getto questa risposta mi
accorgo che è straordinariamente coerente (cavolo, persino gli errori
di battitura sono meno del solito) il che vuol dire che era un
ragionamente che mi portavo appresso da tempo e che il post precedente
aveva soltanto iniziato a tirare fuori. E un confronto rispettoso fa
sempre bene.

Per questo credo che metterò questa mia risposta nel blog, perché mi
hai stimolata a proseguire un discorso che per i miei gusti era
rimasto a metà, e te ne ringrazio.

Con affetto,

Barbara

14 commenti:

lorenza ha detto...

Che bel post! E' uno di quei post seri che dovrei scrivere in questo periodo ma che non ho la forza di scrivere!! :) Da milanese, non posso che citarti la Cattedra dei non credenti, una serie di incontri che si tennero duemila anni fa (o, almeno, così parrebbe)... Non so se esistano libri o materiali sparsi, ma erano davvero affascinanti.

Una delle cose che mi colpì di più (e che mi lascia sempre perplessa, ma in senso buono di stupita) è che la fede è conoscenza ma è anche (come la conoscenza, in fondo) prima sempre un'esperienza ed un incontro (per carità, mi rendo conto di avere utilizzato delle parole abusate da un certo movimento, ma lungi da me intenderle in quel modo!!)

Purtroppo in Italia siamo talmente carichi di sovrastrutture e di ideologia che pensiamo di sapere tutto della Bibbia, e nessuno l'ha mai letta (per quello che è, cioè: un libro).

Mi ricordo in particolare un incontro con Cacciari, mi colpì molto perché lui aveva compiuto tutto il percorso logico, e ad un certo punto si era fermato perché l'esperienza in fondo non è proprio tutta logica...

Quello che mi colpisce, della Bibbia, è che non racconta affatto di uomini bravi (se ci pensi, Davide non è che fosse un gran esempio di virtù umane), ma di uomini appassionati della vita e di Dio (senza pensare all'aldilà, che chissenefrega, in fondo, nessuno o quasi è mai tornato a raccontarcelo).

Bah, la fede uno ce l'ha o non ce l'ha, si dice. Io mi chiedo cosa significhi dire di avere fede....

barbara ha detto...

Tema da far tremare le vene e i polsi, soprattutto se si vogliono dire due parole di corsa prima di andare a sparecchiare, che domani si va a scuola.
Si può vivere anche senza la fede, io ci riesco, almeno per ora. Ma se da millenni uomini e donne sentono il bisogno di credere in un Dio a loro immagine e somiglianza, al punto da creare interi sistemi religiosi e filosofici a sostegno di tutto ciò, evidentemente c'è qualcosa di profondo alla base a cui è difficile sottrarsi. Tant'è che poi è chi non crede che si sente in dovere di giustificarsi e si riconosce il diritto di non aver fede solo se può dimostrare di aver studiato ed esplorato bene tutte le altre possibilità ("ho provato a credere in Dio ma proprio non ci riesco, e tutto sommato sto bene anche così". Nessuno che dica "ho provato a trovare un senso alla vita senza dover ricorrere alla religione, ma proprio non ci riesco e tutto sommato sto meglio così").

Mammamsterdam ha detto...

Ma ti dirò, io un senso nella vita lo vedo benissimo. Però quello che mi scoccia è che gli atei pare si debbano giustificare del fatto che dio li ha fatti così. Mia madre mi ha passato il libro di Odifreddi e dopo poche pagine ho dovuto chiuderlo per il nervoso e la frustrazione, perché se ci mettiamo a confutare le cose in questo modo, ragazzi, facciamoci esorcizzare tutti e poi chiediamo perdono, perché facciamo prima.

emily ha detto...

nn ho problemi con gesù cristo. è il suo fan club che mi fa venire la pelle d'oca.....scusami la caxxata ma dopo 12 anni di collegio di suore nn riesco ancora a digerire la religione cristiana, e crescendo hos viluppato lo stesso sentimento di repulsione x tutte le religioni.
in molte cose che scrivi mi ritrovo, ma io nn ho nessuna sete di conoscenza sull'argomento. rigetto tutto in blocco.
atteggiamento da ignorante, atteggiamento da difesa???
eeeeeee pazienza, ho diritto di difendermi eheheheh

Giorgia ha detto...

A proposito del perché gli uomini sentano da millenni il bisogno di religioni e divinità, c'è una teoria neuroevolutiva molto interessante che ci hanno illustrato a un workshop di ipnosi clinica a cui ho partecipato questa primavera. In sintesi la mente umana come la conosciamo oggi (unicamerale, cioè con emisfero destro e sinistro che lavorano in modo coordinato), si è evoluta da un cervello bicamerale, in cui l'emisfero destro, sede dei bisogni primari (fame, sete, sesso...), era indipendente e comandava al sinistro come agire.
Si ipotizza che questa modalità fosse percepita dagli uomini del 4000 a.C. come una voce nella testa, a cui come spiegazione "logica" fu attribuita una provenienza o divina o dai vecchi saggi ormai defunti che parlavano dall'aldilà.
Questo ha portato alla nascita dei primi sistemi religiosi, caratterizzati in tutto il mondo dalla costruzione di statue e alte torri (ziggurat, piramidi, ecc) che fossero visibili ovunque, perché fosse immediato il ricollegamento delle voci alla deità o ai defunti.
Ovviamente c'erano anche altri aspetti sociali molto più complessi affetti da questa particolare modalità di funzionamento del cervello (anche la letteratura, Iliade e Odissea ad esempio, sembrano confermare questa ipotesi).
...continua...

Giorgia ha detto...

...continua....

Ad un certo punto c'è stata l'evoluzione verso il cervello unicamerale, con la scomparsa della bicameralità, delle voci imperative e quindi con l'emergere della coscienza: la coscienza ha permesso l'evolversi della nostra specie, dando pieno valore al libero arbitrio, ma ha anche provocato una crisi nell'uomo per la mancanza della guida degli dei (le voci).
Le religioni sarebbero quindi il frutto di una nostalgia per quella bicameralità perduta, per la semplicità di affidarsi a una guida senza dover esercitare uno sforzo cosciente di giudizio.
Spero di non offendere nessuno, questa è solo una teoria sull'evoluzione della mente e della coscienza, non dà giudizi sulla fede o la religione. Però mi piace, è un'ipotesi ben costruita e le prove che vengono portate sono convincenti (se vi interessa, Julian Jaynes "Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza").

Mammamsterdam ha detto...

Che per molte persone la religione, cito sia "la semplicità di affidarsi a una guida senza dover esercitare uno sforzo cosciente di giudizio" è quello che ho sempre pensato (ma lo penso, per esempio, anche per chi vota Lega o altri partiti europei impresentabili).

Non lo dico per offendere, è che molta gente che incontri nella vita ti chiedi se escano mai dal modus cervello rettile di sopravvivenza e tentino di produrre un solo pensiero cosciente o meno.

Mia nonna, povera donna, tentava di rissolvere il mio problema di fede facendomi presente quante persone, nel corso dei secoli, avessero creduto in dio e se questa non era la prova quantitativa del fatto che la religione non poteva essere tanto campata in aria. Ovviamente con il mio caratteraccio questo `è un po' l'ultimo argomento al mondo con cui convincermi di qualcosa.

il caso di Emily neanche mi stuisce, perché come moltissime persone che vivono il sistema dal di dentro, il rigetto totale è un classico, perché assisti quotidianamente alla scissione tra precetto e vita (fà come il prete dice e non come il prete fa, altro precetto di mia nonna).

Che dirvi a me le religioni con il loro precetti sessisti, omofobi, sessuofobi e altro sono solo un mezzo di controllo delle masse per mandarle a fare i pogrom o manipolarle a puro scopo di potere personale.

Ripeto, amare il prossimo e comportarsi bene è anche una cosa che si può fare contro proprio invece che conto terzi.

barbara ha detto...

Non so se mi sono spiegata bene. Io sono d'accordo con te. Non sento il bisogno di cercare un senso alla vita nella religione: si cerca di vivere in un certo modo e secondo certi principi perché lo si ritiene giusto, secondo la propria etica, indipendentemente da precetti, premi e punizioni in questo mondo o in un altro. Che tante persone però non ci riescano mi dà da pensare, e tra queste ve ne sono molte delle quali mi risulta difficile pensare che semplicemente non siano in grado di formulare un pensiero autonomo.
E anche sul fatto che "tutte le religioni" siano uguali non so, il buddismo per esempio è molto diverso dal cattolicesimo, non mi risultano guerre per imporlo con la violenza su altri popoli. E' vero che molti lo considerano una filosofia e non una religione, ma francamente non so se sono solo i non buddisti.

Chiara ha detto...

Argomento che mi sta molto a cuore, come sai. Un giorno scrierò un post serio anche io? Meglio sarebbe farci una bella chiacchierata...

Pythya ha detto...

La fede è un fatto personale, credo, che non può essere discusso. Io non ce l'ho, in qualche momento della mia vita avrei voluto credere in una trascendenza, ma non ci sono riuscita per vie razionali, ma va. Per percorso di vita, di letture e di studi ho incontrato la Bibbia, che ho letto ed apprezzato, in particolare i libri sapienziali. Libro che consiglio a chiunque, di qualunque credo, come consiglio il Corano, o i libri che parlano id buddismo zen. Ho incontrato uomini e donne straordinari a volte dotati di fede (ed in loro ho ammirato la grandissima serenità, quando sorretta da una immensa e sincera fede) a volte no, ma non per questo meno sereni o meno radicati nella loro etica. Scusa, divago, è che la filosofia a volte mi ha rovinato la testa. Cerco sempre il rovescio della medaglia e diffido sempre delle certezze granitiche. Insomma, oltre al Got mit uns, c'è anche In God we trust, insomma, sul denaro, povero Cristo che brutta fine (presente Mistero Buffo?). Poi ho sempre distinto tra religione (qualsiasi essa sia) e bisogno religioso. Già. perché alla fine in qualcosa, forse, abbiamo bisogno di credere, che sia trascendente o meno, che sia una società futura o una umanità migliore o semplicemente "credo nella ragione umana" (Popper). Questo, per me, è il bisogno religioso, che forse abbiamo tutti. A mio modesto avviso. Ma c'entra poco con quello che è venuto dopo Cristo. Insomma, ognuno crede in qualcosa. Io, credo che andrò a farmi una birra, come ho letto in un celebre libello di battute raccolte da GIno e Michele (gruppo Smemoranda, Linus eccetera) anni fa.

Speranza ha detto...

Scrivo al volo prima di andare a scuola.
Meno male che hai capito il senso di ciò che ho scritto: non volevo assolutamente convertirti. Già ho problemi a convertire me stessa! Figurati convertire gli altri. Credevo che fossi una di quelle sfigate che ha incontrato solo pessimi cristiani e non conoscesse il vero messaggio di Cristo.
Invece ne sai più di me. Poi tutte quelle bibbie in tutte le lingue del mondo! Rido da tre giorni per questa specie di gaffe, ma è troppo divertente.
"Sesi troppu toga"
(sei troppo simpatica).
Buona giornata

Mammamsterdam ha detto...

Speranza, meno male, pure io sto da tre giorni con il dubbio che magari ti potevo offendere. È che ha ragione Pythya, che peraltro mi conosce da tanto: io che ci sia un bisogno di credere lo so e forse per questo ancora non mi metto in pace con questa storia. non sono molto d'accordo con le incoerenze e le contraddizioni del fan club di dio, come lo chiama Emily.

Però intanto mi dimostri che si può credere e parlare di fede senza la necessità di convertire gli altri, che è un dono rro e quindi preziosissimo.

A me tutta la riflessione la prima volta me l'ha scatenata la constatazione che un paio di persone che conosco, che erano quelle apparentemente serene e zen e convinte ed orgogliose della propria fede, ultimamente mi sono crollate sotto il peso delle troppe sfighe, e capisci che noi che cresciamo con il mito della pazienza di Giobbe, dispiace vedere persone a cui vuoi bene sentirsi tradite da quel dio nelle cui mani si sono sempre messe con (a mio parere, eccessiva ed acritica, ma chi sono io) fiducia.

E allora ti chiedi perché abbiamo bisogno di credere e l'unica risposta che ho è per avversare il caos cosmico che meno male che non lo possiamo intuire in tutta la sua portata o ci nasconderemmo in un buco nella sabbia per il resto dei nostri giorni.

graz ha detto...

Io non ho mai frequentato la chiesa, di nessun genere e tipo, nè ho mai desiderato di frequentarla. Mio padre ci ha rifilato i sacramenti obbligatori perchè "fascisti e preti sono sempre andati a braccetto e sempre ci andranno, se torna il fascismo e voi non siete battezzati/cresimati etc quelli capace che vi perseguitano" (citazione praticamente testuale dai miei anni infantili).

Non ho pertanto interesse (nè cultura che vada al di là di quel minimo di catechismo che ancora ricordo) verso la trascendenza di casa nostra o altrui e non sento la necessità di avere fede.

Non penso neanche niente di particolare di coloro che invece credono o che vorrebbero credere, posto che non pretendano di dire a me come debbo vivere la MIA vita secondo i LORO precetti, perchè questa è proprio una cosa che mi fa incaxx tantissimo.

E si che qualche sfiga di primo livello l'ho incontrata nella mia vita. E quando è successo ho desiderato poter affidare il mio sconforto nelle mani di una supermadre o di un superpadre che, per quanto difficile a credersi, ci avrebbe pensato lei/lui a rimettere le cose a posto oppure a predisporre una sorta di postfazione positiva a cotanta sfiga.

Penso da sempre che comunque la si metta il sentimento religioso risponda all'incapacita' ed alla conseguente paura dell'uomo ad affrontare la solitudine esistenziale che fatalmente la vita comporta. In fondo sei solo davanti ai grandi eventi, e quando questi sono difficili (come spesso accade) è tanto più facile riporre le tue sofferenze nella mani di un qualcunaltro che per forza di cose non può che essere un essere superiore.

Che poi questo anelito dell'animo umano sia stato sfruttato - a prescindere dal tipo di credo - come regolatore sociale e potente leva di controllo non credo sia negabile.

/graz

Aukje ha detto...

I suoi pensieri sulla fede etc.li condivido
Salutoni