lunedì 15 febbraio 2010

Cosa ci vedo in queste immagini

Io questa strada l'ho fatta tutti i giorni per alcuni degli anni più importanti della mia vita. Dietro la signora che parla alla fine c'è la porta del notaio che mi ha permesso di mettere il mio nome sull'atto di una casa che avrei dovuto ereditare ma che poi ho comprato. C'è il negozio di Mario di Gregorio, che mi ha regalato il mio miglior coltello da cucina, che adesso sarebbe da riaffilare, ma devo trovarmi qualcun altro che lo faccia.

C'è la biblioteca provinciale dove ho letto seriamente e per la prima volta tutto quello che Nicola Moscardelli ha pubblicato. E mi dispiace non potervi dire: andate a leggervelo, quello che ha scritto Moscardelli. Alla Provinciale dell'Aquila hanno tutto.

Ci vedo io o mia madre uscire da Colacchi cariche di libri. La casa dei miei amici dell'Accademia in via delle Aquile (la famigerata casa di via delle Aquile, dopo di loro rimase sfitta un paio d'anni, il trauma evidentemente) senza corridoio e si entrava da una stanza all'altra.

La merceria all'angolo, che andai la prima settimana all'Aquila a comprarmi un sacco di bottoni bellissimi, che io avevo la passione dei bottoni, e poi ci rimasi secca che ci avevo lasciato la metà dei miei soldi della settimana, che erano pochissimi e mia madre ancora si chiede come ho fatto a sopravvivere quegli anni, ma quello c'era e ce lo facevamo bastare.

C'è la prima casa da studente che vidi all'Aquila e da cui scappai via, perché non me la sentivo da dividerla con tre ragazze di Bussi che non conoscevo ("sono ragazze conosciute" mi faceva la padrona di casa e io no, grazie, proprio i fatti miei farli sapere per tutta Bussi e Ofena e l'Alta Valle del Tirino magari no, che io vengo a studiare soprattutto per la botta di vita che mi ci compro). Ma soprattutto la finestrona comunicante alta tra bagno e cucina, che io con il bagno ho sempre avuto un rapporto molto riservato e rischiavo di diventare stitica. Poi Mario mi dette il numero di un amico e così il primo anno ho vissuto dietro la Standa, alla fine di via Rosso Guelfaglione, di fianco a Santa Giusta. Che è venuta tutta giù.

Ci sono troppe cose. E sono contenta di vederle anche solo così. Anche se mi sparerei per doverle vedere così. E grazie per avermi segnalato anche questa.



Però a maggio se posso un giro cerco di farmelo. L'appuntamento è comunque l'otto maggio da Colacchi e la sera dal Boss, ma per allora ci risentiamo.

(Si sopravvive a tutto, evidentemente).

3 commenti:

emily ha detto...

bellissismo questo post. grazie barbara la città nn muore finchè ci sono questi ricordi

Mammamsterdam ha detto...

La città è già morta Emily. Perché come dice giustamente la signora impellicciata, al massimo ci rientreranno i nostri figli o nipoti, se succede un miracolo.

Perché quelli che vedi nel filmato sono 4 gatti e sempre i soliti.

Perché le devo ancora vedere le persone che ci tornano ad abitarci. Che ci tornano, ecco cosa intendo. Non che ci faranno una disneyland di lusso per gente che non ci aveva mai messo piede prima.

È morto tutto perché l'hanno voluto far morire nei mesi in cui aveva ancora un'utilità e un senso rifare tutto o fare almeno qualcosa di sensato.

Nessuno starà 10 anni accampato e provvisorio in attesa del miracolo, la gente, anche solo per i figli, per dargli una vita e un'infanzia normali NONOSTANTE, se ne sta già andando e non so se resteranno.

Quando con una frazione dei soldi che hanno speso inutilmente finora si poteva fare la differenza. 9 mesi fa, 8 mesi fa, 7 mesi, 6 mesi fa, 5 mesi fa si poteva ancora fare qualcosa. Adesso stanno tutti sparsi o acquiescenti per paura di perdere quel minimo che hanno.

E la vita va avanti, la gente muore, o dimentica e i ricordi se li porta il vento.

Anonimo ha detto...

Però forse quello che sta avvenendo in questi giorni darà una 2svegliata" anche a qualcun altro. E forse la prossima volta a forzare le transenne saranno 300 e non 30. E forse...
Io comunque lo giro ai miei contatti.
Grazie
alessandra