Mio padre è ormai morto da 15 anni e mi ci sono voluti tutti. Mi ci sono voluti tutti non solo per dare un posto al mio quotidiano senza di lui, ma anche per scendere a patti con il fatto che non ci potevo più litigare. Non potevo più contestarlo. Rimproverargli quella cosa che aveva detto o fatto e che mi era costata tanti patemi e decisioni sbagliate nella vita.
Oh, io fino a un paio di anni fa, ma cosa dico, ancora adesso a volte mi ritrovo a litigarci nlla mia testa a rimproveragli cose che da vivo e al momento opportuno non ho potuyto fare, a incazzarmici. Con tutto che la prima cosa che ho pensato davanti a quel letto in terapia intensiva era la gratitudine per essere tutti in pace tra noi, che ci sono famiglie che un letto di morte si sbranano, mi dicono, e invece noi ci siamo sentiti ancora più uniti.
Io poi ero veramente un caso limite di daddy's girl, amore folle fino all'adolescenza per poi piombare nella contestazione ad oltranza. Mio padre in fondo è sempre stato una compagnia piacevole e mi ci sono fatta tante risate, solo che, povero, veniva (e si era notevolmente affrancato, c'è da dire pure questo) da un ambiente e una mentalità che sono anni luce dalla mia. Insomma, il modello dell'uomo e del tipo di relazione che non avrei mai voluto per me, e infatti si vede, mi sono sposata il capo.
"Ma insomma, Freud l'avrai pure letto" mi disse la compagna di studi olandese, quella che sarebbe andata in Italia al mio posto con lo scambio Erasmus e che mi aveva invitata a cena insieme all'altra studentessa con cui sarebbe partita per saperne di più su cosa aspettarsi dall'Aquila.
Chiacchierando chiacchierando avevamo iniziato a tirar fuori le foto degli sposi e alla mia Yvonnefece di botto: "Ma questo è Berend".(Ci era andata insieme al liceo).
Gertrude le prese la foto: "Ma è vero, è proprio Berend".
Che anche Groningen in fondo era una piccola cittadina universitaria dove tutti conoscevano tutti, o almeno gli studenti di lettere. E dal fidanzato al padre, e dal padre alle differenze tra i due, ecco Yvonne mi ricordò Freud.
Insomma, per dire i modelli maschili con cui una cresce, e come influenzano le tue scelte sentimentali.
"Tuo padre è un fascista" si sfogò in un paio di occasioni il Berend in questione ai primi tempi di quella che mia nonna chiamava "l'amicizia".
"Ma no, ma no, poveretto, è che proprio non ci arriva".
Il bello è che i modelli maschili e femminili della tua vita certe volte, anzi sempre, non si limitano ai tuoi genitori ma inglobano i genitori dei tuoi amici.
Diciamo la verità, quanti di noi figli di madri che lavorano invidiavano segretamente le amiche con le madri che stavano a casa e quindi sempre a disposizione come autista, confidente delle amiche, stiratrice eccetera eccetera?
Io questo ce l'avevo molto con la madre di Monica, ma c'è da dire che tra me e lei c'era anche un'affinità di carattere che aiutava. E anche lei riconosceva nei conflitti con mio padre delle cose che lei aveva con il suo.
Però ci sono anche i padri delle amiche, quelli ironici, intellettuali, che ti passano tutti i libri e la musica che ti formano. Quelli che non urlano, che sono distaccati, che sanno dare i consigli senza parere. Quelli che delle volte capisci pure che hanno i loro limiti nei confronti delle loro figlie tue amiche, come tutti i padri e per carità il tuo è sempre meglio, però delle volte ti chiedi davvero: dove sarei adesso se avessi avuto un padre così invece?
Per questo quando la tua migliore amica, e in fondo tutta la famiglia tua migliore amica perde un padre, un po' è come se lo avessi perso anche tu.
E ti dici: ma se quella volta fossi andata a trovarlo, ma quante volte mi sono detta, sapendo che stava male, che mi sarebbe piaciuto andarmici a fare una bella chiacchierata, che diceva sempre cose interessanti.
In quest'ultimo anno, che in Abruzzo ci sono stata così tante volte, me lo sono detta spesso, ma la vita mi inseguiva. E dovendo scegliere sceglievo di stare con sua figlia, che è pur sempre la mia migliore amica. A cui in questo momento vorrei davvero tanto essere vicina fisicamente, e non posso.
E quanto mi dispiace che sapendo che quello era il destino, non sia potuto morire in pace nella sua L'Aquila e neanche a Francavilla, ma sia stato sbattuto a Padova, così lontano o fuori strada per tutti quelli che gli volevano bene.
Perché quando insegni tutta la vita in un liceo della piccola città, beh, è un po' come la storia di Berend che a Groningen lo conoscevano tutti. Anche a Piero all'Aquila lo conoscevano tutti. Non ci si potevano fare 20 metri in centro perché ogni centimetro qualcuno lo riconosceva e attaccava bottone.
Ce ne sono di persone a cui hai messo in mano un libro risolutivo per il loro diventare adulto, a cui hai dato consigli fondamentali e lezioni impagabili. E adesso sono tutte sparse e comunque tutte lontano e manca quel passaparola della comunità perché non c'è neanche la comunità.
Grazie Piero Vicari, grazie professore per Zazie nel metro e Gli esercizi di stile, per tutto Pennac, per la Beat generation, per il Sing Out, e per aver potuto condividere la tua casa e la tua tavola e tutte le fantastiche conversazioni attorno alla tua tavola negli anni più formativi della mia vita adulta. E grazie per tua figlia Barbara e per quello che è anche lei.
A Barbara, Letizia, Giuseppe e soprattutto alla signora Leonilde non so proprio cosa dire, se non grazie anche a voi. E che mi dispiace e che anche se è poca cosa rispetto a quello che provate voi, lo sto piangendo un pochino anch'io e già mi manca. Immagino voi.
3 commenti:
Io se penso che Ortorex non è eterno mi manca il fiato già adesso
:-(
/graz
So qui che vorrei scrivere qualcosa, ma mi sa che te lo dirò a voce.
"Ma come fa Summa a fare tutte queste cose?"
"Ma certo che tutto quello che fa lo fa bene"
"Ma certo che scrive proprio bene"
"Ma a te per esempio non piace scrivere?" (e qui confesso che io, che preferisco disegnare, mi sono un po' ingelosita).
Grazie Ba', a nome di tutti.
Anch'io certe volte penso che vorrei saper disegnare. Mi sa che è per questo che ci compensiamo.
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