venerdì 14 marzo 2008

A gentile richiesta: risotto ai funghi

Caro Marco di Pannacotta (che ti faccio pubblicità),

Mi commuove che ti sia piaciuto il mio risotto improvvisato di domenica e visto che vuoi la ricetta, il che equivale a sputtanarmi in pubblico, che questo blog non lo leggono gli olandesi a cui posso mettere a credere le cose che voglio di cucina italiana, eccotela. Così ho la scusa di essere nostalgica.

Innanzitutto il brodo: io, devi sapere, 10 anni fa nel business plan di Madrelingua ho messo questa annotazione: il grande vantaggio di lavorare da casa è che quando sto a tradurre come una disperata posso sempre farmi un brodo o un sugo come si deve.

Qualche anno prima, invece, quando dovevo reinventarmi una professionalità in Olanda e puntavo sempre sulla conoscenza delle mie sette lingue e l'esperienza di management (e battevo quindi tutte altre strade), mi ero pure fatta una lista di: cosa voglio e cosa non voglio dal mio futuro lavoro, e ricordo che nella prima colonna avevo messo che volevo un lavoro in cui potevo mettermi in tailleur, che era ancora la fase insicurezza=powersuit. Adesso invece giro in calzamaglie a fiorami verdi se sono in servizio fuori casa, o direttamente in pigiama se non devo uscire. Per dire, come cambiano le aspirazioni lavorative della gente.

(Al brodo del risotto ci sto arrivando, sappi che sono ellittica).

Il discorso è che nella mia ingenuità, al mio primo lavoro dai diamantari ad Amsterdam, ci avevo preso gusto a lavorare in uniforme e tacchi alti e presentarmi la mattina al lavoro dopo una grassa e tranquilla colazione leggendo il giornale e ascoltando Astrid Seriese, mentre i capelli mi prendevano la piega nei bigodini (altri tempi, ora cara grazia se esco spettinata ingollando una tazzina di caffé e latte mentre sprono le belve a scendere, mettersi la giacca, mettersi le scarpe e poi comunque ce n'è sempre uno che deve fare la cacca e possiamo ricominciare daccapo, che son dettagli scatologici, ma è la pura verità).

Che dopo tutta questa tranquillità del mattino, che vivevo da sola e mi sentivo sola, ma godevo, appunto dei piccoli vantaggi della solitudine, poi arrivavo al lavoro per ricevere tutti i consigli sul maquillage dai colleghi, specie i maschi, che erano una via di mezzo tra mia zia Ela e un image consultant (su mia zia Ela un'altra volta). Mi ero messa in testa che quel tipo di disciplina mi facesse bene, poi invece mi è venuta la depressione, adesso invece non posso permettermela la depressione, anche se a volte penso che un paio di settimane a dormire 18 ore al giorno mica mi farebbero schifo, ora come ora, ma vabbé.

La cosa bella di quel lavoro era però di avere come capo e collega N. un serbo che sa tremila lingue, infatti ci confidavamo in italiano, una faccia tosta come il vetro antiproiettile, ma grande viveur e uomo godereccio. Per dire che nella pausa pranzo andavamo al mercato, lui si comprava una bistecchina di tonno, se la condiva al lavoro a crudo con la salsa di soia, ci metteva un'insalatina, mentre noi pischelli mangiavamo schifezze.

In quel mercato mi presentò un giorno il suo macellaio di fiducia, che si faceva arrivare la carne fresca dalla Jugoslavia, che in quei tempi non si sottilizzava tanto sui confini. Io invece l'unica cosa che vidi in quel negozio fu una mensola piena di bustine blu di Vegeta. Inconfondibili.

"La Vegeta", riuscii ancora a mormorare, con il tono che altri riservano a una visione della Madonna.
"Ma sei proprio una polacca", sbottò lui.

Perché la Vegeta, in epoca non sospetta, era il condimento mitico dei polacchi. Fondamentalmente dado da brodo in polvere con quel bel colorino giallo del glutammato, ma aveva in più le carote e altre verdurine liofilizzate, il che gli dava quest'aura di prodotto genuino e autentico quasi come il brodo della nonna, che i polacchi a queste cose ci tengono. Prodotto in Jugoslavia, ed evidentemente tutti i polacchi al mare dell'epoca se ne riportavano delle tonnellate in patria.

Ecco, caro Marco, se ti interessa ne producono ancora, di Vegeta, sempre nelle bustine metallizzate blu con lo chef arrapato sopra stampato, e si vende in tutti i negozi etnici di Amsterdam e forse forse pure al supermercato. Ecco, tu mi chiedevi cosa cavolo ci ho messo nel risotto di domenica che aveva un sapore così buono, c'era una spezia insolita, mi dicevi al telefono. Io non lo giurerei sulla testa dei miei figli, però forse forse era proprio la Vegeta.

Che domenica vi volevo fare pasta e fagioli, poi avete insistito per il risotto e io da quando ho due figli, tempo per tirarmi un brodo di carne mentre traduco ne ho sempre di meno, specialmente a marzo, che è il mio mese campale da qualche anno.

Quindi con la Vegeta, due cipolle messe ad appassire nel burro, poi il risotto a tostare, poi un fondo di vino rosso che avevano regalato al capo per l'ultimo giorno dal cliente editore, e che essendo il capo astemio mi sono prima ubriacata in solitario e poi ho usato il resto per bagnare il riso nella cipolla, poi il brodo alla Vegeta mentre con Margherita, Maria Laura e Alma in cucina si parlava di sesso, sex-shop, seni rifatti, ammucchiate e biancheria comprata nel sex-shop, che sembra un dettaglio, ma considerato che io il risotto lo faccio solo se ho compagnia allegra in cucina mentre aggiugno un mestolo di brodo alla volta e mescolo, che io sono di mio impaziente e odio stare delle ore a fare lo stesso gesto, ho pure smesso di stirare, ecco, magari invece era quello.

Che nel frattempo ho messo un paio di manciatone di porcini secchi a riprendersi nell'acqua calda, che me ne sono riportata un bustone da mezzo kg. e lo tengo in un barattolone di latta cinese in cui tenere il the verde, ecco, poi ci ho aggiunto i porcini ammollati e anche se non si dovrebbe, un pochino dell'acqua del bagno, non troppa che a volte è amara, assaggia prima, poi un sacco di parmigiano grattuggiato non da me, che io odio grattuggiare il parmigiano ed e meglio se lo fa qualcun altro di quelli che mi parlano di sesso in cucina mentre faccio il risotto, ecco, aggiungici che eravamo stati tutti, ma quasi tutti due giorni in fiera ed avevamo una fame bestia, secondo me è per questo che è venuto bene il risotto. E la prossima volta faccio porzioni più grosse.

Fammi sapere come ti viene.

6 commenti:

andrea matranga ha detto...

Pagherei per cuci8nare insieme a voi. deve essere troppo divertente. Furba ti mette a far palare di sesso la tua amica così presa dalla foga (con la G) non si accorge della rottura di.... della grattugiata di formaggio.Sei Una grande baci ai cuccioli.

Anonimo ha detto...

Ma come scrivi, te. Ma come scrivi. Che gusto, donna!
Io ci ho un Vegeta-equivalente: il dado dell'Alce Nero, che è la prima cooperativa biologica d'Italia sorta, guardacaso, qui a due passi, tra le verdi colline marchigiane.
Vale uguale?

Anonimo ha detto...

e il riso? scusa è se mi intrometto, ma il riso conta, mica son tutti uguali i risi... io peresempio per il risotto uso il carnaroli o al max il vialone nano! (dalle mie parti c'è solo un piatto tipico, ed è proprio il risotto)
ciaociao
Trasparelena

Mammamsterdam ha detto...

@andrea: o vieni tu ad Amsterdam, o mi tocca venire giù a me. Ma che ci cucineremo cose buonissime non ho dubbi

@mamikazen: grazie dei complimenti, che bello, che scrivere è la cosa a cui tengo più di tutte. Quando scengo (tanto devo arrivare in Abruzzo) vengo a fare le scorte di Alce Nero o ti porto la Vegeta

@trasparelena: sante parole, carnaroli ora e sempre, meglio se del Principato di Lucedio (ma è carnaroli il loro? comunque è ottimo) che però non so più dove trovare. Tieni presente che il risotto ho imparato a farlo da Fulvio Platini, chef piemontese ahime ora in pensione.

Ciao a tutti,

Ba

Anonimo ha detto...

La Vegeta (stessa confezione che descrivi) qui la trovo al supermercato Spar...
La uso per cucinarci la pastina alla bimba quando sono di fretta!

Boona, la Vegeta.

[La usano anche in Ungheria, non solo in Polonia...]

Mammamsterdam ha detto...

Grande la SPAR. Sono non per nulla i miei clienti preferiti.