domenica 23 marzo 2008

Il favoloso Circus Renz Berlin

Oggi siamo andati al circo, una cosa che non facevo da anni (i bello dei figli). Solo io e le belve, il resto della famiglia ha dato forfait. Perché per Pasqua ci siamo tutti riuniti in Drenthe, regione bucolica del nord dei Paesi Bassi, dove abitano opa e oma. C'erano tutti gli zii preferiti, tranne la zietta, che invece se ne è andata in vacanza a Tenerife a castrare randagi (la zia veterinaria, che non ha ancora ben deciso cosa farà da grande, ma che per le vacanze va in giro con dei programmi di riduzione randagi per il mondo, che mi sembra una cosa impressionante ma eticamente giusta).

Non so bene questi olandesi miei parenti come la pensino, noto delle resistenze sul tema circo. Una pare dipenda dal fatto che i clown mettono paura. Che ne so io che traumi di gioventù hanno avuto i Diga. A me i clown sono sempre sembrati scemi.

Poi il capo mi fa di certe domande:
"Fammi capire bene, quindi, tu compri la carne biologica, ma poi va al circo"
("Embé?")

Chissà cosa ne pensa la zia veterinara della sorte degli animali da circo. Lei mi avrebbe illuminata.

Vabbé, siamo andati con le mie belve eccitatissime. Prendiamo posto sui banchetti in penultima fila, con dietro noi otto ragazzini locali con un paio di padri (non ho capito se fossero insieme o era solo banale contiguità da locale pubblico). Se li guardo bene, i bambini di campagna, li vedo diversi dai nostri compagnetti di Amsterdam. Sarà lo stile dei parrucchieri locali, o la dieta materna, ne ho visti alcuni bianchi e rossi con le guanciottone, da cui puoi quasi misurare il livello di colesterolo che avranno a 30 anni. O il diabete che potrebbe venirgli, che non sia mai, far mancare qualcosa di così essenziale ai figli di oggi.

Non so, noto che nella nostra scuola non ci sono bambini grassi e neanche sovrappeso. Al doposcuola stanno in un gruppo che mangia quantitativi spaventosi di frutta, come snack. Solo un paio di pischelloni/e prepuberi delle classi grandi stanno facendosi tondi, ma mi sa che sono tutti ormoni. Ma si diceva, il circo (le osservazioni nazisociologiche le rimando ad altra occasione di ricerca sul campo).

A me il circo piace tanto: in Polonia mi ci portava mio nonno da piccola, e poi per anni a casa nostra circo voleva dire: Wanda e Giorgio. W&G, che G in realtà si chiama Jurek, erano due amici dei miei, artisti circensi, che nella mia infanzia hanno girato l'italia facendo spettacoli nei night. Tra uno spogliarello e l'altro, loro ondeggiavano sui monocicli, si lanciavano cerchi, palle e clavette, facevano numeri acrobatici.

Lui aveva una faccia tonda da polacco buono, con i capelli neri lisci con la scrimetta da un lato. Lei era una donnina magra, segaligna, con dei dentoni da cavallo (suoi) più un paio di incisivi d'oro, i capelli tinti di un rosso polacco, ma quando entrava sul palco, apriva prima un braccio e poi l'altro in questo ampio gesto di saluto al pubblico, con tutti e trentadue i denti spalancati in un sorriso mentre l'incisivo d'oro brillava sotto i riflettori, be', era davvero una diva. Altro che Wanda Osiris.

Ecco, ho pensato oggi a loro quando è entrato in scena un duo, lui che faceva rimbalzare, volare, circolare palle e clavette, lei una figa con un costume blu elettrico corto con degli inserti color carne qui e là, il capello biondo lungo e sciolto, gli stivali con un tacco a superspillo alla Crudelia, che con grandi pose gli passava i vari attrezzi prendendoli da un cesto. Insomma, penseresti, la classica figa decorativa che non fa nulla, a parte spostare il peso dall'una all'altra gamba in posa plastica, come siamo abituati in TV. Invece no, che alla fine hanno cominciato a lanciarsi clavette a velocità supersonica, dimostrando quindi che un paio di cose le sapeva fare anche lei.

L'altra cosa affascinante di W&G erano i costumi di scena. E anche oggi al circo le livree, gli alamari, i gonnellini e le calzamaglie si sprecavano. Che l'occhio vuole pure la sua parte.

Al Circo Renz di oggi c'erano due numeri con gli animali, che mi sembravano tutt'altro che maltrattati, uno con 4 cavalli impennacchiati e l'altro con 4 cammelli. W&G invece non facevano numeri con gli animali, ma si portavano dappertutto la barboncina Bella, una bestia prima nera poi grigia, con il suo ciuffetto morbidissimo, ancora più diva della padrona, con la differenza che non andava in scena, ma restava a fare la guardia alla roulotte, parcheggiata sotto casa nostra.

Ecco, a me, quando vado al circo, lo spettacolo piace ancora di più perché penso a che vita dura sia in fondo quella degli artisti circensi. perché mi commuove vedere la trapezista prima alla cassa a far biglietti e poi nella pausa a girare matasse di zucchero filato. Perché un circo è davvero una grande famiglia e per i divismi c'è anche poco spazio, tutti devono rimboccarsi le maniche e poche storie.

Specie i piccoli circhi itineranti, che oggigiorno tutti si guardano il circo in TV, o vanno a Le Cirque du Soleil, e quindi un circhetto così lo snobbano, senza chiedersi invece perché uno sceglie per una vita così. Non per fare la diva, ma perché gli piace, o perché si è innamorato di qualcuno che conosce solo quella vita lì.

A me invece mi affascina. E ogni volta penso a Wanda e Giorgio, che avevano fatto la scuola del circo di Mosca, si sono conosciuti lì e avevano amici fraterni dappertutto, quando si incontravano tra colleghi era tutto un tirar fuori il numero di Tizio, o ti ricordi Caio. Probabilmente tutti gli artisti itineranti fanno così, i ballerini, i cantanti, gli attori, sono tutti piccoli mondi incestuosi. Ma in qualche modo per me la differenza con il circo è nell'immagine della trapezista di oggi: appesa a un cerchio mandato su e giù dai quattro ragazzi in livrea, che ti devi fidare che la tengano ben ferma quella corda, intanto che tu ci stai sopra appesa per un piede a testa in giù. E che 20 minuti dopo mi ha dato lo zucchero filato.


I cuccioli si sono divertiti tantissimo: Orso in braccio a me assolutamente basito, guardava concentratissimo quello che succedeva sulla pista. Ennio invece faceva un po' il clown pure lui, per farsi guardare dagli otto maschietti dietro di noi. ed esultava ogni volta che il direttore e il clown si dicevano parole italiane come "pronto", "finito", "bravo".


Alla fine erano esausti, Orso voleva tornare a casa già prima della pausa, prima della fine della seconda parte erano cotti e ce ne siamo andati, passando per il bosco e dietro il Mensinge.

Una passeggiata di neanche 300 m., ma dopo tutta la neve e la grandine e il freddo di questi giorni, un'occhiata agli alberi prima di partire mi ci voleva.

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