venerdì 1 gennaio 2010

Glossario aquilano contemporaneo

Grazie a Marcello per avermelo passato, l'originale lo trovate quiGLOSSARIO parte 1

SFOLLATO, agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di sfollare].
Genìa strana, promiscua, di difficile intelligenza e dai costumi incerti. Nei bestiari medievali non trova allocazione, e nelle liste di Linneo compare come allucinata perversione del genere: di ridotta umanità, perspicacia e capacità, si distingue per una sorta di reductio absurda del principio intellettivo, quasi che in essa permanga attiva solo l’anima vegetativa, e tutto il resto si trovi trasformato in una sorta di apparato provvisorio, privo di rizomi, insomma tale che l’intero organismo si presti ad un pronto e rapido travaso, alla sistemazione, temporanea o più o meno stabile, in terreni diversi per natura e qualità. È esempio classico di arrendevolezza e indecisione (disposto a tutto pur di non avere più nulla a cui pensare). Esposto al gelo, non si lamenta; tormentato dal solleone estivo, di tanto in tanto invoca sommessamente un condizionatore.

TERREMOTATO, agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di terremotare].
Specifica della v. precedente. Sottogenere. Dei tanti sfollati possibili, per fame o carestia, per diaspore politiche, guerre o stragi varie, lo sfollato terremotato rappresenta l’esemplare più invidiato e ricercato dagli amministratori per la sua versatilità. Salutarmente privo di nerbo politico, reso ancor più arrendevole da mesi di permanenza in tenda, in albergo o in “autonoma sistemazione” (v.), può efficacemente essere esibito come dimostrazione vuoi dei successi, vuoi degli insuccessi dei governanti di turno. È antica e irrisolta questione la possibilità di attribuirgli responsabilità giuridica e autonomia decisionale. Purtuttavia i Padri della Chiesa gli riconoscono un’anima. Ma che sappia cosa farne, è cosa dubbia.

SINDACO TERREMOTATO, s.m. + agg.
Tipico del teatro d’antàn, evoca il passato glorioso degli scavalcamontagne delle scene italiane, di cui però perpetua l’aspetto meno eclatante e discutibile. Sostanzialmente è un generico con tendenze di promiscuo che, alla maturità degli anni, si prova a passare prim’attore e capocomico. Salto non sempre coronato da successo, per la storica incapacità del ruolo di esercitare sugli altri comprimari una qualsiasi autorevolezza. Di maggiore presenza nei drammi pirandelliani come alter-ego del “brillante”, con cui spesso intreccia un fitto dialogo fatto di impossibilità espressive e linguistiche, contorna le sue rare tirate di amletica incapacità, di cui si pasce. La progressione del ruolo è tratteggiata nella linea che da “Ma non è una cosa seria” corre fino a “Questa sera si recita a soggetto”, passando per “Il gioco delle parti”… Col celeberrimo “Il sindaco del rione Sanità” di Eduardo, si eclissa. Dubbio il tentativo di alcuni autori contemporanei di resuscitarne le funzioni, frazionando il personaggio in aspetti prismatici e poco complementari come, appunto, il sindaco, il presidente del consiglio di amministrazione, l’onorevole, il medico ecc. Coinvolto in questo gioco, si rivela sempre più vittima della sua origine di coadiuvante e deuteragonista, poco incline al passaggio al ruolo maggiore di antagonista o oppositore.

CAPO, s.m., della PROTEZIONE CIVILE (v.)
Figura sostanzialmente nuova, di derivazione indubbiamente cinematografica, unisce in sé caratteristiche che vanno da Robin Hood (in particolare quello di S. Connery, vicino alla pensione) ad Indiana Jones: come il primo, ama passeggiare nel suo bosco privato, trasformato per esigenze di scena in tendopoli; come il primo è spesso introvabile, inattaccabile, preciso e funzionale. Del secondo ha la immediata intelligenza filmica della situazione, il gusto dell’apparizione “al momento giusto” e la capacità di operare scelte che, quantunque discutibili, restano comunque irrevocabili e costituiscono il motore dell’azione a venire. In tal modo rilancia sempre al massimo il suo futuro. Sostiene nella drammaturgia il ruolo fondamentale di chi ispira fiducia e dispensa buoni consigli. La sua semplice apparizione dona sicurezza e tranquillità, che elargisce volentieri e a piene mani. Coltiva una non segreta vocazione umanitaria che potrebbe, un giorno, farlo approdare ad una “missione impossibile” africana, ultimo (per ora) atto della serie che lo ha reso celebre: “Alla ricerca dell’inceneritore perduto”, “Il capo della Protezione Civile e l’ultimo terremoto”.

C.A.S.E.
Acrostico con probabile finalità apotropaica, compare enigmaticamente in terre devastate da terremoti. Gli etnologi lo leggono in funzione del classico processo di “destorificazione del negativo” tipico del mondo magico. Simile al “breve” che ancora in Abruzzo si tramanda (S. Pio delle Camere), può essere esibito come progetto di allontanamento del male. I latinisti preferiscono leggervi una traslitterazione del “caseus abundeat semper eis”, beneaugurante e diffuso motto per gli sposi novelli, dal sottile richiamo fallico. Per altri, andrebbe sciolto tenendo conto del sistema di classificazione delle abitazioni colpite da sisma, alla più gravemente lesionata delle quali si attribuisce la lettera “E”. Dunque, CASA “E”, ovvero per crasi CAS’ “E”. Ma anche “CASA È”, dal grido di dolore degli abitanti de L’Aquila al vedersi abbattute senza appello né preavviso le abitazioni in cui risiedevano prima del sisma. Ultimamente, alcuni dialettologi propongono di leggere che a esse è, indicante un generico difetto di proprietà di un immobile, comunque tale da giustificare l’allontanamento forzoso dell’occupante il bene stesso. Sottilmente, uno storico contemporaneo ne propone l’integrazione con il motto della città dell’Aquila (dove per primo l’acrostico è comparso): P. H. S. // IMMOTA MANET // C.A.S.E.! che decifra come “La Protezione Civile (Publica Salus) resta ferma qui (Hic Immota Manet), con loro grande soddisfazione (Cum Amplissima Satisfactio Eorum)”, nel che si può leggere un velato richiamo ai costi dell’operazione Abruzzo nel 2009. Tuttavia l’interpretazione ha avuto scarso seguito. Più coerente appare l’ipotesi del frazionamento ad uso esclamativo o declamatorio, per scandire il vocabolo nei cortei di protesta dei senzatetto: C.A.S.E., C.A.S.E., ecc.”

AUTONOMA, agg., SISTEMAZIONE, s.f.
Elegante e colto richiamo all’antica arte di arrangiarsi, indica coloro che sanno spesso fare di necessità virtù. Il soggetto è in “a.s.” quando, né richiuso nelle tendopoli, né ospite forzato di una stanza d’albergo, pur di non disturbare riesce a scomparire nel nulla, evitando di essere compreso in liste, graduatorie, classificazioni o stime ufficiali. Capace di moltiplicare i pani e i pesci, perennemente in equilibrio instabile tra il biblico e il leggendario, l’autonomo-sistemato finisce spesso per vivere in un mondo solipsistico e debole, una provvisoria bolla di sapone che si frange poeticamente contro l’inevitabile durezza del reale. Assuefatto a equilibrismi e prestidigitazioni, non reagisce quando diventa egli stesso oggetto di esperimenti da baraccone; se, ad esempio, il Capo della Protezione Civile volesse gratificarlo di un 700 o 800 – facciamo per dire – euro, ecco che egli, modestamente, non potrebbe accettarne più di 100, o al massimo 200. Coltiva privatamente una sua vaga incertezza, una trasparenza sfumata ed impossibile, tanto che in fondo è il primo a dubitare della sua stessa esistenza.

2 commenti:

Pythya ha detto...

Vai sul sito della Rai e vediti la puntata di Blob di oggi, capodanno 2010 (fai prima ad andare su www.blob.rai.it) . Titolo odierno "caoscalmo", dedicata a L'Aquila, con introduzione di Albertazzi (terzo dell'Inferno, ovviamente, per me si va nella citta dolente eccetera), con interviste varie tra cui Anna Colasacco. Penso si possa linkare, io stasera non l'ho ancora trovata sul sito, credo sia disponibile fra un paio di giorni. A proposito, Buon Anno!!!
CIAO CIAO noio

Anonimo ha detto...

Ciao Barbara
Un caro augurio dalla "inquieta" terra d'Abruzzo, da una torre crollata, ma da una voglia di riscatto mai cessata..
Da Sextantio
Giovanni