lunedì 31 dicembre 2007

Brutta cosa la malafede

Ma il mio retroterra Dietro la cortina di ferro mi rende molto difficile credere alle versioni ufficiali e i comunicati stampa. A casa mia tutte le notizie dei media si leggevano in trasparenza tra le righe (un'ottima e sana pratica anche nell'Italia degli anni 70, 80 e 90) e da bambina guardavo i miei genitori commentare i fatti con scetticismo e versioni alternative con l'aria di chi guarda un prestigiatore eseguire un trucco che tu neanche sai se c'è: ma come faranno mai?

Il tutto per dire che se qualcuno un giorno mi proverà indiscutibilmente che Benazhir Bhutto è morta sbattendo la testa incidentalmente, potrei anche crederci. Ma in questo momento sono scettica anch'io.

Per dire che vorrei anche crederci che domani il TG manderà prima gli auguri del presidente della Repubblica, come normale e giusto in uno stato laico, ma mi sa che ci sarà prima quello del papa.

Per dire che spero che nel 2008 ci siano grandi rivolgimenti per la giustizia, l'ambiente, la democrazia. Ma mi sa che l'ennesimo responsabile del G8 a Genova riceverà una promozione.

Però nel mio piccolo sono contenta di quello che ho realizzato fino al 2007, che spero di andare avanti così, crescere, migliorarmi, amare, sopportare con pazienza le persone moleste e creare qualcosa che lasci un segno anche nel 2008.

E così spero anche di tutti voi.

Il mio natale ideale

Quest'anno devo aver dormito circa 20 delle 24 ore che dura il 25 dicembre. Ogni tanto veniva qualcuno a scocciarmi, ma tanto mi riappisolavo. Ho fatto una splendida colazione di Natale, con tutti i prosciutti, salsicce e coppa in gelatina fatte in casa da una signora in campagna, e con le salse di rafano che ho comprato apposta per Flavia e devo pure provarle, no? poi sono andata a farmi un pisolino, il pomeriggio siamo andati a forza a fare un giretto, ma siamo rientrati che volevo andare a letto presto.

Il che conferma che una mamma di cuccioli dorme al meglio quando c'è la sua mamma nei paraggi a tenerle il forte, e c'è anche il papà dei cuccioli a evitare che i suddetti straniscano la povera nonna stanca e fresca di trasloco.

Perché mia madre è così, per pura cocciutaggine ha costretto tutti a finirle la ristrutturazione della casa mezz'ora prima del nostro arrivo. Inutilmente le spiegavo che se c'era un minimo di riscaldamento e un gabinetto, per il resto ci arrangiavamo con i materassi per terra e andavamo a fare il bagno dalla zia. Macché, ci ha accolti con i suoi muri tinteggiati in color magnolia, tutti i mobili al loro posto tra cui un fantastico divanone-letto king-size, in cui per 6 notti mi perdevo l'orsone della mia vita (ci dormivamo dentro come due parallele che non si incontrano mai) e la cucina quasi completa.

Bella la sua prima casetta autonoma nella vita, che si sta aggiustando come vuole lei, alla tenera età di 64 anni. Così spero anche di me, ma un po' prima, please.

Nel suo miniappartamentino da una stanza e mezza, con l'albero di Natale in un angolo, il divanone e il tavolone per la cena della vigilia, stretti stretti come nella stalla a betlemme ho festeggiato il mio natale ideale con i miei orsi e la mia mamma.

domenica 30 dicembre 2007

Ab ovo

Forse veramente potrei diventare madre di due mammoni. Ma per ora non ho tempo di preoccuparmene, semmai ci penseranno i/le loro partner futuri, che tanto sono sempre loro che ne pagano le spese. Per ora sono due mammole.

Per adesso il nostro gioco preferito per i momenti di pigrizia (i miei momenti di pigrizia, quando ho freddo, vorrei starmene a letto e loro invece pretendono di coinvolgermi in tutte attività che prevedano alzarsi, vestirsi e muoversi in giro) è quello di mamma gallina. Loro si avvoltolano sotto le coperte più o meno in grembo o intorno al grembo, o addosso alla mia pancia con vari gomitini aguzzi che si infilzano nelle parti molli (forse facevo meglio ad alzarmi, vabbé, ormai è tardi) e io devo cominciare a chiocciare, chiedendomi a voce altissima, sennò non vale, quanto tempo devo ancora covare le mie uova. A quel punto, prima l'uno, poi l'altro fa "crack", no anzi fa "craaaack" ed esce dall'uovo, comincia a pigolare chiamando "mamma, mamma" e io li accarezzo, li bacio e li coccolo. Con questa mega-incubatrice si fanno una ventina di covate in un quarto d'ora finché non ci siamo stufati ed è ora di cambiare gioco.

Orso in queste sessioni si definisce "un pulcellino" che non so se è una pulce pulzella, un porcello est-asiatico, ma no, è la sua interpretazione di "piccolo pulcino". Un pulcellino, per l'appunto.

Ma chi lo avrebbe mai detto che proprio io diventavo una mamma chioccia?

venerdì 28 dicembre 2007

Figli di mamma

Era l'espressione preferita della mia prozia Vittoria, diceva "Poveri figli di mamma" così come un altro direbbe "povere creature" o io "povere stelle". adesso invece ha per me un'altro significato, illustrato dalla parabola che segue.

Partiti alle 7 di mattina e arrivati alle 21 a Cracovia, nonostante un tratto di strada in Germania completamente ghiacciato, dove procedevamo a 20 all' ora e i bambini si distraevano a guardare tutte le auto tamponate, slittate e diversamente incidentate da entrambi i lati dellla strada. Niente di veramente serio, ma per un po' ci siamo chiesti se fosse il caso di continuare.

Nel tentativo di distrarre i bambini, il capo continuava con la sua tiritera biblica dei progenitori (Ennio ormai li sa tutti a memoria, ed e' la prima cosa che ha riferito alla nonna appena arrivati) cercando di convincere Orso che anche lui era figlio di Berend ecc.

"No, ha interrotto il mio treenne deciso, "io sono figlio di mamma". e non c'e' stato verso di convincerlo che l' uno non esclude l' altro. Un bel regalo di Natale, devo dire. Ma mia madre si chiede se non stia crescendo un figlio mammone.

sabato 22 dicembre 2007

Parto (parto?)

... ma dove arrivo se parto? Con un giorno di ritardo sto finendo di far valige e vado a Cracovia dalla mamma. Auguratemi buon viaggio.

venerdì 21 dicembre 2007

Partenza per la Polonia

Domani si chiude casa (chiude: ce n'è di gente in giro provvista delle mie chiavi che verrà a fare bagordi in nostra assenza, di cosa mi illudo), recupero i cuccioli dai nonni e poi si parte per Cracovia.

Vado a fare Natale dalla mamma e dalla zia, com'è giusto per noi povere madri indaffarate. Non cucino, al massimo apparecchio e lavo piatti, e mi preparo spiritualmente a tutte le cosine buone e nostalgiche ch mangerò in questa settimana natalizia. Perché tutti i nostri Natali sono sempre stati nel segno della vigilia di magro polacca, anche quando vivevo in Italia.

Quindi: cappelletti ai funghi con la minestrina agra di rape rosse, carpa, aringa alla panna acida e cipolle, kompot, davvero neanche ci voglio pensare che già ingrasso. Se trovo una connessione aggiornerò il blog in tempo reale, altrimenti mi arrangio al ritorno.

Ma la cosa più importante è che spero che le mie belve ricevano l'imprinting del vero Natale italo-polacco con cui sono cresciuta io, e farò certo fatica a decidere se abbandonarmi al favoloso maiale alle prugne di mia zia, o imporre un bollito misto.

Per tacere dei miei dolci preferiti. Signore, dammi la forza di accontentarmi di piccole porzioni.

giovedì 20 dicembre 2007

Al freddo e al gelo

Ieri sera il mio Orsetto come Gesù bambino a Betlemme. Abbiamo fatto la festa di Natale della scuola di Ennio, loro in classe a cenare tutti insieme con tavolate imbandite e colorate, noi genitori e fratelli piccoli in cortile in stile Dickens diceva l'invito, con tre bracieri, tanti lampioncini e Gluhwein. Ovviamente ho proposto una superminestrona corroborante e altrettanto ovviamente tutti hanno accettato.

Arriviamo alle 17:30 in bici da carico carica: 3 pentoloni di minestra avvolti in piumini e cuscini, tre thermos di Gluhwin senza vino per gli astemi, mestoli e un Ennio giubilante che annunciava a tutti da sotto il piumino "Ho tre pentole di minestra e le ha fatte la mia mamma" (se un giorno dovessi decidere di commercializzare le minestre al mercato userò lui come imbonitore).

Orso, prontamente ritirato dall'asilo e infilato in un paio di calzamaglie e pile extra ("ho i pantaloni di Peter Pan" annunciava, che è stata una mia trovata geniale per riconciliarlo con le calzamaglie che non metteva da tanto) era contento della festa, ma neanche his usual self.

"Non è proprio stata la sua giornata" mi avverte la favolosa maestra Bianca/nera, che per l'occasione si è fatta fare una serie di treccine a salsicciotto che sono una meraviglia. (Anche le maestre dell'asilo hanno la festa di Natale stasera, solo loro stanno dentro al caldo). "A me mi sa che non è la sua giornata da tre settimane", replico e Bianca/nera concorda.

La maestra Bianca/nera e Noa sono state all'inizio motivo di discussioni serie all'asilonido sul fatto che alcuni hanno la pancia nera, altri ce l'hanno rosa, che non si comincia mai abbastanza presto ad abituarcisi.

Alla festa Orso non smentisce le previsioni: è affascinato come sempre dalle fiamme, ma stavolta ne ha paura, anche se sta in posizione strategica, dall'alto del castelletto-scivolo a guardarle. Mangia una ciotolona di riso tiepido, poi ha sete, poi piange, poi ha freddo alle mani, poi piange, poi andiamo a scaldarci le mani al termosifone e ci mettiamo i guanti, poi piange che non gli entrano i pollici nei guanti, poi che le sue dita sono troppo corte per riempire i pollici dei guanti. "Mamma, voglio i pollici lunghi" urla.

Messaggio chiarissimo: "Orso amore della tua mamma, vogliamo metterci nel cassone della bici sotto le coperte al caldo?"

Vuole, per fortuna. Lo metto sopra i cuscini, ancora caldi delle pentole, lo arrotolo nel piumino, in 30 secondi dorme. Poi arrivano Oma e Opa a prelevarli tutti e due per un soggiorno nonni prenatalizio, lui ancora dorme, si è svegliato lì stamattina e al telefono ci ha comunicato che dai nonni è già Natale, perché c'è l'albero.

Però per un'oretta, nel cortile della scuola, dormiva pacifio al gelo come il bambinello. Che anche quello, e non solo l'albero, fanno tanta atmosfera di Natale.

Radio di Natale

Un grazie pubblico e sentito a coloro che ci hanno fatto compagnia martedi scorso al programma di Natale di Radio Onda Italiana. Si è parlato dei piatti italiani delle feste, di cibi simbolici, del valore emotivo di certi profumi e certi sapori e di tutto quello che può minacciare questo paradiso felice.

Sto parlando di Andrea Matranga (www.andramatranga.blogspot.com) che ci ha raccontato come fa i panettoni, trattandoli come teneri neonati da avvolgere nella copertina perchénon prendano freddo durante la lievitazione, di Sigrid Verbert (www.cavolettodibruxelles.it) che ci ha spiegato come ha fatto a farsi prendere sul serio, lei belga, dagli italiani in fatto di cucina e come vengono accolte e sue proposte fusion. Il bello di Sigrid è che naturalmente ha parlato direttamente in olandese per il programma in questa lingua, con il suo tenerissimo accento belga, che io trovo tanto bello. Grazie inoltre a Marina Vizzinisi, che, buttata allo sbaraglio in studio ha dato prova del suo talento giornalistico sia con Andrea che con Sigrid, e che ha spiegato cosa sia il Gambero Rosso agli ascoltatori olandesi, che povere anime, bisogna dirgli proprio tutto.

Infine, in absentia, in quanto si trattava di un'intervista registrata precedentemente, un grazie di cuore a Giorgio Locatelli, che oltre a ricordarci con grande passione come tutta l'industria agro-alimentare moderna abbia buon gioco nel convincerci che cucinare è un problema, anzi, un grande problema, che però loro ci risolvono con le scatolette e i prodotti precotti (e dopo avercele vendute vanno a mangiare alla Locanda Locatelli spendendo 900-1000 sterline per una bottiglia di vino), ci ha ricordato con un frizzante esempio, che non solo l'uomo è quello che mangia, ma anche che quello che mangiamo, diventa indissolubilmente parte di noi.

Cito da King George: "Cioè, se io mi compro un paio di mutande di Armani, io sono Giorgio Locatelli con le mutande di Armani. Se invece mangio del culatello, quel culatello diventa Giorgio Locatelli, è tutta qui la differenza".

Auguro quindi a tutti noi che nei prossimi giorni di festa, tante cose buone e cucinate con amore diventino parte di noi, come è giusto che sia.

lunedì 17 dicembre 2007

Il sangue non è acqua

... perché in questo momento Orso, figlio di Berend, figlio di Eli, figlio di Berend eccetera eccetera mi sta ronfando accanto, abbracciato al suo papà che ronfa un po' di meno, e sono la donna più felice del mondo.

Chi siamo, da dove veniamo

Questa sera, durante la sessione igienica collettiva in bagno, Ennio ci ha fatto una domanda che dal tono gli stava molto a cuore, ma non ci abbiamo capito niente. Gliela abbiamo fatta ripetere 4 volte, e poi ci siamo arresi. cominciava con: Ma come è possibile che tutte le mamme e i papà e tutti i signori [mumble mumble] i bebè, come è possibile?"

Secondo me si chiedeva come è possibile che un bebè prima non c'è, e poi di colpo le mamme e i papà riescono a farlo arrivare? Ottima domanda, me lo chiedo anch'io a volte.

Ed è lì che il capo mi ha sorpreso: con la massima serietà lo ha guardato negli occhi, quel grumo irrefrenabile del suo sangue e della sua carne e gli ha detto: "Tu lo sai chi sei? Tu sei Ennio, figlio di Berend, figlio di Eli, figlio di Berend, figlio di Jilt, figlio di Wiebe, figlio di Berent, figlio di Maarten, figlio di Lubbert, figlio di Jan".

Biblico, non c'è che dire. Un ateo biblico, che a me in quel momento mi veniva da pensare "E Abramo generò Isacco generò Giacobbe ecc. ecc.".

Ho sposato un boscimane, un ottentotto, cosa sono poi mai, uno di quelli in grado di citare tutti i propri antenati. E mentre scrivo questo, e i tre maschi di casa accanto a me stano guardando Tom e Jerry su youtube, sento dire: "Aspetta, forse so anche come si chiama il padre di Jan" apre una finestra tra grandi proteste dei figli, va sul sito con l'albero genealogico, e si, di quel Jan c'è anche il patronimico. Sappiamo quindi che è figlio di Jan.

I miei figli possono citare i loro dieci antenati. Il che è più di quello che posso fare io. Ma proprio un archivista informatico mi dovevo sposare?

sabato 15 dicembre 2007

Segni del cielo

Poi quando le cose cominciano a diventare più di quelle che umanamente puoi gestire, ti si ammala un bambino. e le tue priorità si rimettono al posto giusto.

Si è trattato di un febbrone notturno, preceduto il pomeriggio prima da mal di pancia e mal di testa. Un giorno a casa e passa la paura. Adesso tocca a me.

giovedì 13 dicembre 2007

Sempre di corsa, druk druk druk

Ma perché prima delle due grandi vacanze annuali deve esserci sempre questa corsa contro il tempo? Come è possibile che mi si accumuli di tutto e non riesco a combinare nulla? Devo imparare a dire più spesso di no? E come faccio a dire di no a tutto se ci sono tante cose belle al mondo.

In tutto ciò ieri Ennio e il suo amichetto ADHD mi hanno coperto di impronte un muro, e Orso ha pensato bene durante gli ultimi tre minuti di cena, mentre ero a prepararmi per uscire e suo padre ancora non rientrava, di svuotare il barattolo di zucchero per tutta la stana da pranzo e portarselo dietro attaccato ai vestiti e alle scarpe per mezza casa. Sta ancora lì, esco per una giornatona di lavoro, e confido in santa Karolina che senza di lei ero ricoverata. Speriamo me la perdoni.

A volte vorrei chiudermi la porta alle spalle e rientrare il 2 genaio, ma ancora non posso. Mi manca l'aperitivo della scuola porca miseria, all'aperto nel solito cortile ventoso alle 18 di mercoledi, meno male che quando ho proposto di fare la zuppona calda per 100 persone nessuno mi ha detto di no. Spero di potermi portare dietro uno scaldaletto di rame e sedermici sopra.

mercoledì 12 dicembre 2007

Radio Anema e core

Ieri seconda trasmissione in olandese con Gilberto per Radio Onda Italiana, e abbiamo deciso che ci piace lavorare insieme, che di per sé è una bella cosa. Abbiamo anche deciso uno schema di format, ci siamo divisi le competenze e vogliamo mettere su un blog per interagire meglio con gli ascoltatori.

Come musica, è venuta un po'da sé, ma ci piace, abbiamo deciso che trasmettiamo tutto quello che non ha una data di scadenza. Molta musica-folk-etnica (avete notato quanti etnomusicologi in giro per l'Italia trasformano in musica viva le loro ricerche?), il nostro canone classico (Jannacci, de André, Gaber, Fo) un tot di cantautori, ma anche tutta una serie di autori cult-camp di gioventù (La vita l'è bela, di Cochi e Renato, una riscoperta recente grazie ai bambini, per i quali compro sempre i libri di una serie deliziosa, canzoni illustrate.

Così capita in effetti che mio figlio in bici attacca con "e sempre allegri, bisogna stare che il nostro piangere fa male al re" (ma le canzoni di Fo gli piacciono da quando ha due anni, e anche i Blues Brothers).

A me di Radio Onda limita un po' la scelta di musica esclusivamente italiana, perché sono altri gli artisti che ascolto per me (o che mi fa scoprire il capo). Molte donne, ora che ci penso: An Pierlé (bello, la settimana prossima ho il cavoletto in trasmissione e le dedico An Pierlé, si, devo invitare più belgi cosi ho la scusa), Fiona Apple, Michelle Shoked, Tori Amos etc. E il gospel classico anche, ma quello non lo imporrei a nessuno, è un vizio privato.

Così, dati i rispettivi interessi miei e di Gilberto, i due temi onduttori saranno teatro e cibo, con tutte le sovrapposizioni tra i due (come evento simbolico, come patrimonio antropologico-culturale e quakcos'altro che ci inventeremo per strada.

Scappo a portare numero 1 a scuola, sperando che numero 2 nel frttempo decida di svegliarsi, che oggi l'asilo gli tocca.

martedì 11 dicembre 2007

Piccoli maschi crescono

Una volta l'anno succede anche a casa nostra: si passa il sabato sera sparapanzati sul divano a guardare un film, de casu Notting Hill regalatomi dal capo, con i cuccioli tra i piedi che però si fanno distrarre da treni e accrocchi vari da maschi.

Ogni tanto però il cucciolo 5enne commenta passaggi del film degni di nota. Julia Roberts bacia Hugh Grant, e lui commenta: "Sono innamorati, vero?" e poi torna a uno svincolo ferroviario particolarmente complesso.

A un certo punto, al momento in cui lei si porta lui in albergo per scoprire che il suo fidanzato (di lei) era arrivato a farle una sorpresa mi viene da commentare ad alta voce: "oh povero"!"

Perché, si informa Railroad Man?

Come si spiega il tradimento mancato a un ingegnere di 5 anni? "Beh, perché lui era innamorato, ti ricordi, però adesso lei ha un altro" mentre lui si guarda bene lo schermo e io mi chiedo se non sia diseducativo Notting Hill a quest'età.

"Beh, capita" filosofeggia grattandosi la testa con un binario di legno. Poi torna al suo ponte.

sabato 8 dicembre 2007

Il nome della cosa

Dura la vita delle madri di maschi. Ho appena superato il trauma della fase pipitto del mio grande, che la primavera scorsa solo di quello parlava e sempre a sproposito, e già mi ritrovo con le domande difficili.

Mentre lo aiuto in bagno dalla logopedista, che fra un attimo dobbiamo riuscire e c'è un tempo da lupi, e si va in bici fino a casa ed urge quindi infilare la canottiera nelle mutande, la maglietta nei pantaloni ecc. mi parla del suo pipitto.

Io dall'epoca del trauma, sono sempre parecchio laconica, in proposito. Incoraggiante ed entusiasta si, che non si dica che l'ho represso, il complesso di castrazione eccetera, il tuo pipitto amore è bellissimo ma è una cosa tua privata, ma sono sempre dell'idea che nel momento in cui un maschio al bagno si arrangia da solo, sua madre deve intromettersi il meno possibile con suo pipitto, salvo motivi igienico-sanitari.

Insomma, mi descrive i fenomeni mutatori del suo pipitto per chiedermi a bruciapelo: perché tu no? Poi ci ripensa e fa: ah già, tu non hai il pipitto. Ma come si chiama quello che hai?

Gesù, e come si chiama quella che ho? Io non ho avuto la mamma italiana, quindi in italiano non la chiamavamo (anzi non si nominava, devo dire l'innominata?) Cosa dicono le mie amiche madri di femmine? Ecco, Daniela dice passerina.

"Si chiama passerina", dico poco convinta. Al maschio viene da ridere di cuore. "O rosellina" aggiungo debolmente, che sto pensando a 3000 e mi ricordo mia nonna diceva così e a me rompeva tanto come nome. Ma almeno è letterario, rosafrescaulentissima prima o poi glielo devo leggere. Ma già non mi dà più retta ed esce dal minibagno.

Vabbé, sono una madre pedagogicmente incapace. Però meglio così. In fondo il suo amichetto N. anni fa in una fase in cui il nostro manco faceva le frasi di due parole, o le faceva a fatica, ma N. aveva già tre anni, ci spiegò un giorno, sempre in bagno che sono ambienti che stimolano la conversazione: il mio papà ha il pipitto e la mia mamma la vagina.

Io e il capo ci guardammo, un po' ci veniva da ridere, un po' ammiravamo l'enorme proprietà linguistica del cucciolo. Ma vagina ha dei suoni tanto freddi e duri, porca miseria, proprio non posso, non mi viene con mio figlio di 5 anni.

Di qui un appello: femmine italiane, voi quando non la chiamate vagina, come ve la chiamate?

venerdì 7 dicembre 2007

Ricetta indonesiana: oblok oblok

Vivere ad Amsterdam mi ha aperto orizzonti culinari inaspettati, non mi stancherò mai di ripeterlo. E allora tanto vale ondividere questa ricetta di un piatto che quel vegetariano di mio marito aveva scoperto al nostro asporto indonesiano preferito di un po'di anni fa, fatto con il tempeh e il latte di cocco. Per un po' ci siamo limitati ad ordinarlo ogni volta che capitava, poi una volta mi sono fatta dare la ricetta da un paio di colleghi indonesiani.

Grazie a quest'unica ricetta sono riuscita a dare una collocazione agli infiniti ingredienti misteriosi del supermercato cinese in Nieuwemarkt, e da allora fare esperimenti è diventato più semplice. Roba strana in casa ne ho comunque, talvolta guardo ome mi si sedimenta nella pentola. Consideriamo questa ricetta come una guida ragionata a nuovi ingredienti.

Premesso che qui vale la regola della cucina Thai secondo mio marito: quando mentre mangi ti tiri fuori dal piatto mano a mano un sacco di ingredienti e foglie legnosi e coriacei, che danno un sapore buonissimo in cottura ma che non si lasciano masticare, allora è originale e non è fatto con le basi pronte di spezie.

Ingredienti:
- olio di sesamo (quello vero, non quello dove se guardate bene c'è scritto flavoured)
- 2 scalogni o una cipolla grande a pezzettini
- due fettine di zenzero (non si mangia)
- un paio di cm. di laos (o galanga) che assomiglia un po' allo zenzero ma è più smilzo e senza pellicina sopra, e ha un'altro sapore
- mezzo stelo di lemon grass o sereh, intero o a fettine (non si mangia)
- alcune foglie di lauro indonesiano o salam. Meglio non mettercelo che sostituire con lauro nostro perché ha comunque un'altro sapore. Come le melanzane thai, che la prima volta mi sembravano dei piselli cresciuti.
- 1 peperoncino rosso lungo a fettine (se troppo piccante, ridurre la quantità o eliminare i semi, o sostituirne una parte con fettine sottilissime di peperone rosso, che fa un bel vedere)
- un cucchiaino da the o un blocchettino tipo dado di trassi, polvere o pasta secca di gamberetti
- una manciatina di gamberetti secchi che rinvengono in cottura

Tutte queste belle cose le mettete insieme o quasi a soffriggere nell'olio di sesamo, cominciando dallo scalogno/cipolla e proseguendo in ordine e tempi di pulizia e taglio con tutti gli altri ingredienti. Nel frattempo vi tagliate in blocchetti poco più grandi di una zolletta di zucchero:
- 1 panetto di tempeh (o tempè) da 400 gr. circa, che è un derivato dalla soia. A differenza del tofu il tempeh mostra tutti belli i chicchi interi di soia tenuti insieme da uno strato bianco lattigginoso. Insomma, l'idea è della saponetta di chicchi di grano, se doveste vederlo nei negozi di cibi naturali;

che poi aggiungerete a tutto il resto finchè non prende il sapore di tutto. A questo punto si unisce:
- 1 lattina di latte di cocco
- 1-2 cucchiaini di zucchero di palma o gulahmerah
- salsa di pesce thai per aggiustare di sapore salato, q.b.

Servire con riso a grano lungo o vermicelli lessati.

Il riso a grano lungo tipo basmati o altro, si cuoce in abbodate acqua salata o meno, a seconda dei gusti (a me piace senza, se ho già una bella salsetta gustosa da metterci sopra), si scola, si rimette in pentola senz'aqua e con il coperchio sopra si fa asciugare alcuni minuti a fiamma bassissima (o 10 minuti senza fiamma se usate un tegame bello isolato e con il fondo spesso).

Io davvero non ho idea in Italia dove procurarsi gli ingredienti, anche se vedo che nelle grandi citta con molti immigranti ci sono sempre negozi etnici che hanno tutte queste cose. Se questo weekend ci riesco faccio un pò di foto agli ingredienti e spezie. Ma non prometto niente, che fuori dal blog ho almeno tre vite parallele che mi impegnano.

Però a parte la soddisfazione di farsi un giro in un negozio dove di solito non comprate niente per vedere se finalmente si riconosce qualcosa, essa è seconda solo a quella di ritrovarsi a Kuala Lumpur, che sarà pure in Malesia ma sempre Bahasa parlano come in Indonesia, e riuscire senza fallo a identificare la bustina dello zucchero (dal creamer, sale, peperoncino ecc. ecc.) perchè sopra c'è scritto "gulah".

Che se permettete per una povera europea limitata è pure una bella soddisfazione.

Un colpo di vento

Gli olandesi non hanno un carattere facile, sicuramente per noi italiani. Certe volte li trovo arroganti, troppo assertivi, so-tutto-io, incapaci di gestire anche le minime deviazioni dal programma che hanno in testa. Con tutte le regole e regolette che li mandano avanti, la loro ossessione per la privacy che si esprime in case dalle finestre enormi senza tende che tanto mandano fuori di testa gli italiotti in visita, cose così.

Però sono poi gli stessi gentili e capaci di gesti dolcissimi nei confronti di perfetti sconosciuti. In nome dello stesso spirito di contraddizione che li porta a darti aiuto se glielo chiedi ma mai ad importelo per non metterti in imbarazzo. Lo stesso aiuto che ti danno, se beninteso non gli impiccia il programma.

Per esempio mia madre alcune volte si sconvolgeva se qualcuno per strada inciampava e cadeva tra l'indifferenza dei passanti che rallentavano, ma non si fermavano. Lei si sarebbe precipitata a fare la gru, io la trattenevo, lei si incazzava a tanta indifferenza. Io le facevo notare che almeno trenta persone stavano in "red alert" ma si sarebbero fatte avanti solo in caso di effettiva necessità (e in quel caso tre avrebbero sostenuto il ferito, il quarto avrebbe chiamato l'ambulanza, il quinto avrebbe trattenuto l'autobus per non farlo perdere ai samaritani, il sesto e il settimo sarebbero accorsi con un bicchiere d'acqua e una sedia anche in mezzo al deserto). Ma non prima di aver accertato l'effettivo stato di bisogno. Per non imbarazzare il povero caduto, che magari si sente un po' scemo se ha il culo di non essersi fatto niente.



Insomma, la vedete la foto? Quello piccolissimo colorato in basso a sinistra è l'edificio provvisorio della nostra scuola, asilo e doposcuola. In alto ci sono due palazzi e in mezzo la pista ciclabile. Quel punto li tra i palazzi, dove la ciclabile si affaccia sulla stradona e sul ponte, è una vera e propria galleria del vento. Certi giorni, se ti azzardi ad arrivarci in bici magari con un bambino davanti e uno dietro, non tieni l'equilibrio, e se va bene c'è sempre qualche pedone che corre a sostenerti.

Una volta ho dovuto portare a mano l'amichetto di mio figlio da scuola all'inizio della pista ciclabile, perché la babysitter richiava le volasse via la carrozzina con la bimba di un anno dentro. Le ho trovate con la carrozzina incastrata tra la nicchia del muro e il corpo della Lous. Un punto così, anche quando non c'è vento, lì resta il vortice.

Oggi niente di così grave, stavo attraversando la strada e mi è volato il cappello sul ponte. Mollo la bici contro la stessa nicchia di Lous la volta scorsa e corro verso la strada per recuperarlo prima che mi voli in acqua. Non c'è bisogno. Una macchina si è fermata all'imbocco del ponte, dal lato del passeggero è scesa una signora che me lo porta a metà strada e la macchina dietro attende pazientemente che finiamo e si riparta.

Insomma, queste cose mi inteneriscono, anche dopo tanti anni. E compensano le spaventose incazzature che mi prendo il resto del tempo.

mercoledì 5 dicembre 2007

Sinterklaas, the real thing (fine)

Se dio vuole Sinterklaas con tutti gli Zwarte Piet al seguito stanotte rimonta sul vapore, torna in Spagna e si leva di torno fino all'anno prossimo, che non se ne può più. Prima però porta i regali, che da noi sono stati abbondantemente anticipati, quindi stanotte una robina simbolica e fine.

Oggi però è venuto a scuola e all'asilo, ed è stato un bel vedere. Il bello di tutta la Sintomania olandese è che tutta la nazione più o meno regge il gioco, quindi non solo i sindaci che lo accolgono con le chiavi della città in mano, il telegiornale di Sinterklaas che per un paio di settimane va avanti, ma anche associazioni, gruppi, volontari di tutti i tipi che si danno da fare per il prossimo e per i bambini.

Come appunto le scuole superiori che per raccogliere fondi per qualche opera pia si affittano come Sint e Piet. Per esempio quelli che stamattina sono arrivati alla nostra scuola ed asilo. Alle 8,30 eravamo tutti fuori, ogni classe nel suo riquadro disegnato per terra con il gesso, i genitori in quello contrassegnato genitori ("Che cosa cretina, sbuffa Monique, ma pensano che non ci arriviamo da soli?") e l'asilo in quello con su asilo.

Dopo mezz'ora di congelamento chiappe al freddo, che non pioveva ma piovigginava che è molto peggio, e tirava vento perché la scuola sta su un promontorio ventoso che detto così fa tanto Donna del Tenente Francese, ma non è male, si vede una barchetta giungere in lontananza. Ovvio che tutti i 15 metri di molo di fronte alla scuola erano occupati da un barcone. Sulla barchetta della gran roba rossa e nera.

Il rosso sono il mantello e la mitria di Sinterklaas, che armato di pastorale e barbona e riccioloni candidi che neanche Gandalf, viene tirato sul molo dai Piet riuniti, nei loro vestitini in velluto da paggio e la faccia dipinta color nerofumo, che i Piet sarebbero nell'ordine:

- o schiavetti neri (dicono quelli che considerano Sinterklaas una festa di sporhi colonialisti)
- forse rappresentazione del diavolo (dicono gli antropologi, infatti i Cechi hanno anche Sinterklaas vestito da vescovo, accompagnto da un angelo e da un diavolo)
- chiunque siano, gente che bazzica i camini per portare i regali e logicamente si sporca di fuliggine).

I bambini, qualcuno vestito da Zwarte Piet con il berretto con la piuma di struzzo e i calzoni a sbuffo, la 1/2 A con delle mitrie di cartoncino rosso in testa, la 1/2 B con delle specie di cappelloni da ussaro tutti decorati, i grandi esenti da copricapi, che forse neanche ci credono più ma reggono il gioco per avere i dolci e i regali, che mi sembra la ragione più umana per credere (o far finta di credere) in qualcosa. E poi domani hanno dalla terza in su il test di metà anno e quindi tempo da perdere a fare lavoretti non ne avranno avuto.

Per tutta la mezz'ora di attesa hanno cantato le canzoni di Sinterklaas, abbondantemente appoggiati dai genitori che erano ovviamente quelli che si divertivano più di tutti e come tutti i genitori scattavano foto. Avevamo persino la mamma regista con telecmera professionale, che se so come funziona la vita dei liberi professionisti, anche se ha uno studio di post-production in casa non arriverà mai a farsi il montaggio dei filmini dei figli. Ma spero per me che ci riesca.

Arriva Sinterklaas preceduto dai Piet che distribuivano dolcetti a casaccio (e fateci caso, c'è sempre il bambino timido sfigato che 10 volte su 10 viene sorpassato, mentre c'e quello tenero che per tutta la vita gli metteranno cosine buone in mano anche se non gliene importa nulla, da tanto che ci è abituato. So ist das Leben). Sinterklaas stringe la mano a tutti i bambini uno a uno e li precede dentro la scuola. Ennio mi implora di non lasciarlo, ma devo consegnare Orso all'asilo con gli altri e gli prometto che passerò a fargli un salutino dietro il vetro della porta.

Rientrati all'asilo, troviamo, come da tradizione, le scarpe che avevano esposto piene di un sacchetto di panpepatini e con un mandarino avvolto in carta stagnola, tutte le sedie per terra e impronte colorate di mani e piedi su tutto il pavimento e le porte. che i Piet porteranno anche i regali, ma tradizionalmente lasciano un gran casino dietro.

Orso comincia a raddrizzare tutte le sedie e metterle intorno al tavolo, poi si siede e fa la guardia alla propria scarpa. La sposta dal centro del tavolo al suo lato. Mi indica la pala di stagnola "È un mandarino" mi spiega. Mentre le maestre spogliano i grandi che sono usciti e recuperano i piccoli che sono rimasti dentro, ognuno si dirige verso la propria classe, mentre io vado a controllare che il mio grande sopravviva al trauma della visione di Sinterklaas. Che fa finta di niente ma secondo me ha la coda di paglia, sa benissimo che non è affatto stato bravo come avrebbe potuto.

Oggi dopo la scuola è stato incredibilmente laconico in proposito, l'unica cosa che è riuscito a dire è che il Sint leggendo nel librone ha chiesto se c'era qualcuno che abitava al nostro indirizzo e forse gli ha detto di si. solo il giorno dopo ho coperto che gli ha anche regalato un pirata playmobil.

Orso invece è sopravvissuto benissimo, ultimo bambino ritirato dall'asilo (che tutto chiude alle 17 oggi, per andare a casa ad aprire i regali, tranne casa nostra, lo ritiro come al solito alle 18:20, pelo pelo). Mi fa vedere orgoglioso il trenino e gli altri regali che Sint ha portato all'asilo (anche al doposcuola hanno fatto fare una lista ai bambini e hanno scelto due o tre regaloni da lì. Tra cui un nuovo blocco cucina in legno ("Per giocare a mamma e papà" ci ha spiegato ieri Ennio, "Ah,si, chiede suo padre, e tu sei la mamma o il papà?", "Io sono il gatto" ci fa).

Che belli i misteri spaventosi dei bambini, quest'anno la cosa l'ho organizzata alla sanfasò come mio solito, ma l'anno prossimo mi dò da fare meglio per non contraddirmi e non farci beccare. Perchè in fondo è una cosa così carina che mi piace farla durare il più possibile. Per me, più che per loro.

martedì 4 dicembre 2007

4 dicembre: santa Barbara

Santa Barbara che va per campi
va cogliendo le rose bianche
chiama Cristo e san Giovanni
che ci scampi dai tuoni e dai lampi


Oggi è santa Barbara, mio onomastico, come mi hanno appena ricordato la mia mamma e mia zia, e dedico questea poesiola che diceva sempre mia nonna Peppina, a tutte le omonime co-festeggianti.

Che con il catechismo preconciliare con cui sono stata cresciuta da nonna e zia Filomena (sono l'ultima della mia generazione, credo, ad aver sempre e regolarmente recitato il rosario in latino dall'età della ragione, e non me ne ricordo quasi nulla, tranne un paio di litanie) e l'accento abruzzese che chi non lo conosce non si perde molto, io capivo sempre Santa Barbara va peccando che foneticamente aveva più senso, e logicamente, forse anche, con tutti quei santi che peccavano, poi fulminati sulla via di Damasco si pentivano e diventavano santi.

Per dire, questo è il mio imprinting sulla santità. Che si fa ancora a tempo a diventarlo, mica ci si deve nascere. E proprio in un paese di calvinisti sono andata a finire. Il mio problema con l'Olanda si gioca tutto sulla predestinazione. Deo gratias.

PS: fiori, cioccolatini, auguri e regalini vari, che la jella di essere quella che fa i regali di Sinterklaas a tutti è che poi nessuno li fa a me, sono ovviamente tanto graditi. Ringrazio commossa per il pensiero.

lunedì 3 dicembre 2007

Sinterklaas preview


È solo il 3 dicembre, Sinterklaas arriva il 5 a portare regali ai bambini e io ne ho già fin sopra ai capelli. Sabato festa con le due amichette preferite e rispettivi 4 genitori. Tre madri straniere che facevano del proprio meglio per integrarsi ed integrare i figli. La mamma polacca niente di che, san Nicola lo festeggiano anche loro. Ma la più convinta era la mamma iraniana. Lei, se le avesssimo dato retta era pronta ad affittare un costume e metter di mezzo qualcuno che si prestasse a fare il Sinterklaas con il librone dei buoni e dei cattivi. L'abbiamo ignorata finché non ci ha ripensato.

Il pomeriggio ho spedito i maschi di casa a fare la spesa (con la lista scritta da me, che a che serve una donna per una volta che non ci va lei?) così ho potuto impacchettare tutti i regali, precedentemente sempre da me comprati. E sono orgogliosa di me stessa perché ho pure scritto le rime in olandese per tutti, compresi i parenti che invece sono venuti domenica.

Perché quella di Sinterklaas, prima che il serpente si mangiasse la cosa e il marketing und consumismo prendessero il sopravvento, era la festa con cui gli olandesi hanno inventato il marketing. Famiglie povere che una volta l'anno volevano fare qualcosa di bello per i bambini con i mezzi che avevano e molta fantasia nel presentarli.

La cosa funziona così: il regalo vero e proprio costa poco, però va presentato con la cosiddetta surprise che non è una sorpresa. È una specie di conto profitti e perdite dell'anno passato. La susprise e relativa rima devono riferirsi ad alcuni aspetti del ricevente, con cui lo si vuole prendere in giro bonariamente (!) e/o fargli notare aspetti del suo comportamento, fisico, modo di fare ecc. suscettibili di revisione. Che dirvi, noi cattolici la confessione la facciamo in privato, qui gli sputtanamenti sono pubblici. O altrimenti a cosa credete che tutte quelle case olandesi con finestre enormi e senza tende a che servissero?

Insomma hai un nasone? Il regalo te lo avvolgono nel depliant di un chirurgo plastico e lo impacchettano in un nasone di cartapesta (e magari già che ci siamo ti regalano direttamente un Pinocchio o un elefante di marzapane) e ti scriveranno una rima otorinolaringoiatrica. Tanto per dare un'idea. Che tu magari abbia già per fatti tuoi il complesso del nasone e che avrebbero fatto meglio a farti la colletta per il terapeuta non conta, tanto è Sinterklaas.

Devo dire che le rime più perfine mi sono venute per i due padri. Quello in dolce attesa ha ricevuto un coniglio di marzapane, l'altro che è stato a sbronzarsi a Barcellona con gli amici una bottiglia di Martini, che era l'unica bottiglia intonsa che avevo in casa. Cose così.

Sul Sinterklaas con i parenti mi dilungherò un'altra volta.