mercoledì 14 settembre 2011

Come (non) ho conosciuto Bianca


Abbiamo una prima offerta da Bianca per i pernottamenti e passaggi in macchina per la gita sulla Statale 17 verso l' Aquila il 22 e 23 ottobre, se cercate dove dormire vi invito a controllare regolarmente quella pagina per vedere cosa si aggiunge mano a mano.

Però a questo punto vi devo raccontare come ci conosciamo con Bianca. che devo ancora vedere di persona, come un mucchio di gente che (non) conosco e (non) frequento personalmente, ma in tempi di blog e social network quale sarà mai il problema, mica ci vogliamo formalizzare per così poco?

Bianca, lo dico per quelli di voi, e mi sa che sono molti - che amano leggere Paolo Rumiz, è questa Bianca qui e la sua locanda è pure lei questa.

Insomma, un paio di venerdì santi fa mi ritrovo all' Aquila per la prima volta dopo il terremoto, e mi ci serviva, come scusa, la trasmissione di Fahrenheit in Piazza Duomo con gli scrittori del terremoto, tra cui moi-même. Senza scusa io all' Aquila ancora non avevo veramente avuto la pancia di rientrarci.

Ho fatto di tutto per perdere autobus da Pescara, dove avevo dormito, all' Aquila. e quando sono arrivata alla stazione dei pullman, con tutta una topografia da reinventarmi, perchè dalla stazione a Piazza Duomo prima ci si andava con le scale mobili scavate nella roccia, capitemi a me, già comunque una cosa nuova perchè ai miei tempi gli autobus li prendevo in Piazza della Fontana Luminosa e quelle scale mobili lì le avrò fatte due volte nella mia vita. Oppure, sarei passata per Porta Bazzano e Costa Masciarelli, ma adesso erano serrate con i soldati in mitra di guardia (quei soldati, anzi, una era una ragazza giovane giovane, davanti a cui cercavo di non piangere l' estate dopo, quando con i miei figli guardavamo attraverso le transenne e gli dicevo: "Guarda, lì ci siamo passati l' altra volta con Lucrezia, ve lo ricordate?").

Insomma, come dio vuole sono arrivata sola sola in piazza, chiedendo un paio di indicazioni quando incrociavo qualcuno e poi per fortuna ho trovato Orfeo e Maura che mi hanno fatto le coccole, ho visto Marcello che era passato a salutarmi dopo una grassa ventina d' anni che ci sentivamo per mail e telefono, ma vederci vederci propriamente ancora non eravamo riusciti a vederci (e lì mi sono posta una delle domande spartiacque della vita: ma com' è che quando rivedi gli amici di gioventù dopo 20 anni, loro hanno le tempie grige e le rughette attorno agli occhi che fanno tanto charmeur mentre noi abbiamo le zampe di gallina e le meches, e bene che vada ci siamo immatronite? No, ditemelo com' è prima di parlarmi di parità. Fermo restando che tutta l' altra caterva di amici di gioventù che incontrerò nei mesi successivi dopo vent' anni, in genere si sono imbolsiti o sono direttamente diventati calvi, per cui una si dice che in fondo dio c' è e smette di farsi i patemi, chiudo questa parentesi).

Quando è ora salgo sul palco, facciamo quello che dobbiamo fare e devo dire che è stato un bell' incontro, anche se a un certo punto ho commesso l' errore, parlandone, di voltarmi verso le finestre del bar in cui ho allattato Ennio mentre ci stavamo sbracando di bomboloni e cappuccini con Vic che finalmente dopo anni rivedevo da sola per un tete a tete tra amiche, nel lounge fighissimo in pelle bianca al primo piano del bar - che in una vita precedente era il negozio storico di stoffe in cui ho preso le tende della cucina che da allora non tessono più, era una di quelle stoffe che il proprietario imbiancato di capelli a suo tempo mi aveva fatto tagliare dal 'ragazzo', un ragazzo che aveva bellamente superato i sessant' anni, ma per capirci, che tipo di negozio c' era prima del bar infighettito - che però anche il bar ormai era diventato una mia pietra miliare aquilana, ci ho allattato, che diamine, ho segnato il territorio, che se non fosse stato per le bifore che davano sulla chiesa non sembrava manco L' Aquila, un bar quasi milanese, volendo.

E mentre parlavo con il gran capo di tutti i libri italiani di Fahrenheit ho commesso l' errore di guardare quella bifora lì, perdere un paio di battute e ho fatto appena a tempo a mettermi i provvidenziali occhiali da sole che mi ero portata apposta, e per fortuna che avevo sul groppone una serie di produzioni teatrali, tutte con la battuta che mi taglia le gambe e passo mesi di prove a cercare di dirla senza piangere e alla fine ci riesco pure, solo che poi alla prima la dico sempre con quest' increspatura invisibile nella voce, che solo io e i miei compari sappiamo bene cos' è, ma che il pubblico in genere, perlomeno quelli sensibili e non troppo distratti, intendo, si piegano secondo il verso di quell' increspatura e alla fine piangono loro. che mi sa che poi il senso di quelle battute lì nell' economia dell' universo sia proprio quello di stappare certi tappi e ognuno conosce i suoi.

Insomma, scendo stropicciata emotivamenre dal palco dopo aver detto due cose molto poco rai, una era la voce del verbo "farsi seghe mentali" e l' altra la mia geniale invenzione delle mutande come topos letterario (l' amante virtuale che mi ascoltava da qualche centinaio di km. di distanza in quel momento si è detto: è proprio lei), e mi viene incontro un signore dell' età circa di mio padre, che mi fa (abbiate paziena, a Bianca ci sto per arrivare):
"Io sono di Villa" e intende Villa Santa Lucia degli Abruzzi, un paesino sopra Ofena sulla via della montagna. Dove mio padre ventenne insegnava alle medie e ci arrivava in moto con la Rumi (e lì gli avevano coniato la frase: arriva Rumi con il Sumi) oppure, in inverno quando c' era neve, a piedi tagliando per la mulattiera.
"E io sono la figlia di Ennio Summa", rispondo, perchè noi dei clan, come gli ottentotti e gli aborigeni australiani, ci presentiamo citando il paese di provenienza e i nostri antenati per 12 generazioni addietro.
"Lo so", mi fa, "mi ha fatto la scuola".

Poi un paio di settimane fa ho incontrato a Campo Imperatore Francesco Barbone l' idraulico di Villa, che ci ha offerto gli arrosticini e anche lui era stato a scuola da mio padre, e gli ho detto di quel signore che adesso abitava all' Aquila.
"Ma si, quello è Luigi, stava due anni avanti a me, lui con tuo padre ci è entrato in terza, io invece in prima". Che nei clan ci si scambiano le notizie di quelli che incontri altrove.

E dopo quel signore mi si avvicina un' altra signora, ma una di quelle che io tendo a chiamare ragazze, finchè non mi ricordo che da fuori sono una signora pure io, che mi dice essere originaria di Caporciano e che sua cugina ha letto il mio libro, le è piaciuto tanto e le piacerebbe, se voglio, salutarmi per telefono, perchè adesso sta a Roma. E mi passa per telefono una signora, che come le rispondo si mette a piangere. E siccome il mio di pianto me lo sono già fatta, adesso possiamo parlare.

Ecco, questa signora è Bianca che allora mi aveva raccontato di questa sua locanda a Balsorano, che per lei era stata una di quelle avventure che fai una volta nella vita quando ti rendi conto che ti vuoi riavvicinare a casa, e se proprio a casa non puoi cerchi un compromesos a metà strada e la metà strada tra Roma e Caporciano è stata appunto Balsorano, ma che adesso dopo il terremoto aveva perso ogni fiducia in un checchessia futuro, e le radici e insomma, che ve lo dico a fare, io ci ho scritto un libro per tappare il buco di quello stesso preciso senso di perdita. La capivo e stavo a sentire (che uno non ci crederebbe conoscendomi, ma a volta ascolto pure io).

Che l' ho pensato molte volte e non so quante l' ho detto e a chi, mi sa al capo no e tnto vale che se lo legga qui, ma qui lo dico: se io dopo il terremoto avessi avuto ancora casa a Ofena il mio primo istinto sarebbe stato di andarci a vivere un anno con i bambini e mandarli a scuola a Capestrano. Ecco. Alla faccia del mutuo.

Insomma, Bianca mi diceva di come si fosse sentita mancare tutto sotto i piedi fino a che non ha letto il mio libro che l' aveva riconsolata e mi aveva voluto salutare per quello.

Questa è stata l' unica vlta che con Bianca ci ho parlato per telefono e data l' occasione e il tempo che è passato magari quello che mi ricordo io non è quello che si ricorda lei. Il suo invito ad andarla a trovare alla locanda con i maschi vari ancora non riesco a realizzarlo, ma ci siamo poi cercate su facebook, scritte, e alla fine eccoci qua e magari il 23 ottobre finalmente ci guardiamo in faccia.

Perchè sappiatelo, il bello delle transumanze è che ci si mette in strada tutti insieme e si finisce sempre per incrociarsi. Per tutto questo che ho detto qui, capirete che non si poteva fare diversamente, questo viaggio all' Aquila io lo dovevo fare. E sono contenta che in molti lo vogliate fare con noi.

Poi a Maura a un certo punto, quando questo tipo di frase tra gli abruzzesi che incrociavo e che avevano letto Statale 17 cominciava a diventare stranamente ricorrente, glil' ho pure chiesto, sennò che ce l' hai a fare una editor?

"Maura, ma che cavolo ho scritto che tutti dicono di riconoscere, indipendentemente dall' età, da quello che fanno ecc? Perchè mica l' ho ancora capito?"
"Gli hai ricordato chi siete e da dove venite".

Ah, era quello. È vero, noi veniamo dalle pecore, lo dico sempre io.

6 commenti:

bianca ha detto...

grazie per le parole perfette anche nella memoria, forse ci siamo finalmente, un abbraccio veramente pecorino come piace a me. Bianca

bianca ha detto...

Grazie delle parole perfette anche nella memoria. Forse finalmente riusciamo ad incontrarci. Un abbraccio molto pecorino come piace a me. Bianca

Speranza ha detto...

Sei veramente mitica. Se non esistessi bisognerebbe inventarti. Auguri per la tua bellissima iniziativa. Dalla Sardegna. Grazie a Dio anche a noi non ci mancano le pecore!

carla regina ha detto...

che bello questo post....che bello come scrivi....che bella che sei tu.
baci transumanti nell`anima Carla

Mammamsterdam ha detto...

Carla, con te sono una schifezza, non sono tornata a trovarti e i pantaloni di Lia ormai aspetteranno la prossima neonata di quella taglia l^`. Che vergogna (ma grazie per il transumante, tu mi hai spinta fin dall' inizio a reagire ed è vero che senza di te un paio di belle cose non le avrei fatte.

Anonimo ha detto...

Questa sono iniziative che fan bene al cuore..già solo a leggerne!
potessi organizzarei un viaggio fin là solo per questo... ma chissà, prima o poi...!