giovedì 21 luglio 2011
#donnexdonne: Lavori da donna e l' imprenditoria femminile
A questa iniziativa sono stata invitata da Monica di Ponti Tibetani. Fatevi un giro in rete e cercate i vari contributi.
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Io mi sono laureata a Magistero all' Aquila, prima che cambiasse nome, e penso che basti già solo il nome della facoltà per capire la quantità di studenti maschi che ci giravano, sia in termini assoluti che in percentuale.
Nella vita per pagare l' affitto ho fatto un sacco di lavori da femmina: ho insegnato, ho fatto l' inserviente di cucina nelle mense, la commessa, la guida turistica, la hostess alle fiere e da 20 anni faccio soprattutto la traduttrice e l' interprete. Lo faccio da imprenditrice, ma tant' è. E l' unica volta che mi definivo/definivano direttrice, lo ero di una scuola. Di lingue. Basta come stereotipi? Basta.
(La badante, la volontaria, la mamma che partecipa alle attività a scuola lo faccio gratis quindi tengo un attimo fuori dal discorso queste funzioni accessorie).
Per dire che una volta che mi hanno mandata a un incontro di informazioni per imprenditori olandesi che ci tenevano ad andare oltre confine organizzato dal ministero degli affari esteri, e mi sono presentata a qualcuno con quella che era la mia funzione lì, consulente, questo ha risposto con una risata: "Ah, ah, consulente Avon?". Magari voleva essere simpatico, io spero che con quella testa nel frattempo sia fallito. E lavori per un capo donna di quelli incarogniti. Ma la legge del contrappasso funziona solo in Dante.
Anche quando mi sono diplomata sommelier l' ho fatto in un periodo in cui le donne in classe con me erano quasi più degli uomini e siccome il vino non lo vendo, ma lo comunica, rieccoci che sto di nuovo nella comunicazione come tipica funzione femminile.
Ora, io mi vorrei concentrare su due di queste figure professionali, l' imprenditrice e la traduttrice/interprete.
Nel mio periodo imprenditorio ho frequentato tutta una serie di gruppi professionali: e le donne imoprenditrici di piccole e medie imprese, e Black Woman che era sulle straniere imprenditrici, e l' associazione di categoria interpreti e traduttori (in cui rivesto la funzione di Commissione feste e se vi sembra che sia un lavoretto di tutto riposo pensate un attimo voi a organizzare un 45mo e 50 lustro per intero per 1600 soci, del 50mo devo aver parlato in precedenza nel blog), e il network dei trainer di lingue e l' associazione di categoria insegnanti di lingue vive (azzo, pure quello ho fatto), e parecchie altre cosette.
Per finire pure un paio d' anni di consiglio genitori all' asilo, e non si trattava di fare i lavoretti di Natale o comprare i fiori alle maestre, per quanto abbiamo fatto pure quello. Nel periodo in cui eravamo menbri del consiglio madri, che quello eravamo, ci siamo praticamente dovute sedere sulla sedia della direzione a cui il management aveva tagliato le gambe e quindi, e per fortuna eravamo qualificate, far venire le ispezioni ASL, indirizzare la formazione delle maestre, fare il sondaggio qualità tra i genitori, (io in particolare seguivo la spesa per consigliare prodotti alternativi e più sani ove possibile - tipo buttar fuori come succo di frutta il Wicky che è un concentrato di glucosio e coloranti, senza mezzo grammo di furtta, e inserire quelli veri, anche da succhi concentrati, ma senza troppi additivi, robe così), rimettere a posto la comunicazione con i genitori che se ne volevano andare a mazzetti ma non potevano, consolare le maestre in malattia, con l' esaurimento, che se ne andavano, e fare persino una newsletter. Il tutto nei ritagli di tempo e con il terrore che quel nido, per quanto disastroso, chiudesse visto che era l' epoca delle liste di attesa di due anni e se chiudeva davvero ci ritrovavamo col culo a terra tutti quanti, ma d' altro canto andava migliorato e di corsa prima che tutte le maestre se ne andassero con l' esaurimento nervoso e il posto chiudesse lo stesso, e prima che qualche bambino facesse una brutta fine. E se possibile anche acquistare un po' di giocattoli adatti ai 3- e 4- enni che si annoiavano a morte.
Ovviamente non pagato, ovviamente per una ditta privata (ex-pubblica, poi semipubblica, poi fallita e riaperta un paio di volte) ovviamente con(tro) il testa di cavolo sessantenne e ignorante con moglie a casa che dirigeva la regione e creava tutti quei casini, e ce ne siamo liberati il giorno che l' hanno promosso ad altre funzioni e finalmente hanno permesso a quel paio di persone competenti - donne - che lui bloccava su tutto, di fare il proprio lavoro e farlo bene.
Posso dirlo? Di buone prassi al femminile ne ho viste a caterva negli anni. Donne con o senza figli, qualificate, che lavorano duro, che si fanno un culo tanto e che hanno sempre tempo per consigliare una collega in panne, tirar su uno stagista imbranato, ritirare d' emergenza dall' asilo il figlio della vicina che sta lavorando a 300 km. di distanza ma il bambino ha la febbre, fare una minestra per l' amica o collega o vicina che sta in crisi di tempo tanto la sta facendo anche per se, che ci vuole prendere la pentola grande e farne il doppio, cercare la casa di riposo per il suocero demente, donne che tengono su da sole un ufficio quando tutti i colleghi figliomuniti sono in ferie scolastiche obbligatorie (ma meglio non farle vedere un bambino in quei periodi o li fa al forno), donne mobbizzate che vanno avanti per la propria strada ma a che prezzo, donne mobbizzate che rinunciano e si rifanno una vita altrove ma anche no.
E vi posso dire una cosa, questo riesce molto, ma molto bene tutte le volte che parliamo di donne con una certa autonomia di gestione del proprio lavoro. Magari in casa sono incastrate nei ruoli e negli schemi, magari hanno hobby o non ne hanno più, magari hanno passioni che permettono loro di tenersi il lavoro col mobbing, il marito fedifrago e i figli in crisi adolescenziale senza morire troppo, ma da qualche parte hanno una grossa dose di autonomia che permette loro di tenere su tutto.
Certe volte non è quasi neanche più necessario che siano autonome finanziariamente, basta che lo siano di testa. Chi l' ha detto che le giornate hanno 24 ore? Un uomo, sicuramente. Le giornate delle donne con vite piene sono flessibili.
L' imprenditoria femminile, o la libera professione, o la partita IVA sono certe volte l' unica soluzione per sfuggire agli schemi rigidi del lavoro fisso che invece di usarla questa forza e flessibilità femminile le tarpa le ali.
E vi lascio con un nanetto del convegno Black Women anni fa, in cui una tizia supermanager della Rabobank (o era un' altra banca, boh?) dovendo presentare le finaliste del concorso imprenditrice dell' anno, osservava, a mò di incoraggiamento, che quello che l' aveva colpita nel leggere le domande per il concorso era come le donne spesso non spieghino le ali. Fanno un business plan senza pensare ai milioni, alla crescita, si danno obiettivi piccoli. Osate di più, diceva, le aziende fanno così.
Porella, lei lo diceva in buona fede, ma il pubblico l' ascoltava basita con un' aria da: ma da dove viene questa qui? Non l' hai capito che una donna che si mette in proprio raramente lo fa per diventare la più grossa del settore, in genere lo fa per diventare la migliore, per lavorare meno e meglio e usare il tempo che avanza per tutte quelle cose che la grande azienda non deve fare (vedi lista sopra, compreso il suocero anziano e bisognoso) per creare un modello di buone pratiche, per fare rete. E durante la pausa pranzo si scuoteva la testa sconsolate dicendo: e, vabbè, però è pure vero che lavora per una banca. Che le banche, diceva il mio cliente banchiere, servono per far crescere le imprese. Le donne imprenditrici che conosco io dalle banche si tengono alla larga preferendo la crescita organica.
Lo abbiamo visto dove ha portato questa mentalità di crescita a oltranza, le banche sono finite un paio di anni dopo con il culo a terra e le hanno salvate i nostri soldi, delle nostre tasse, delle nostre piccole imprese tirate su con fiducia, cautela e competenza.
Le buone prassi femminili? Per me sono proprio queste: inventarsi lavori nuovi, puntare a essere le migliori, fare rete. Non mi interessa se poi vinciamo o meno il premio Black Woman dell' anno, tanto basta guardarsi i rapporti internazionali per capire che oggi in Italia le donne sono come i negri nei campi di cotone: manodopera alla mercè dei favori padronali, non un interlocutore con diritti da esercitare. E questi diritti e la forza interlocutoria tocca allora prenderseli da sole, visto che non ci sarà nessuno a regalarteli.
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6 commenti:
Ba, questo post me lo stampo e me lo incornicio sulla scrivania.
E il mio primo romanzo s'intitolerà: "senza morire troppo".
Ed è vero, è vero, è vero, la lotta per la sopravvivenza nostra è la lotta per restare libere dentro, che a noi quello ci basta, ci fa, e ci dà l'energia di diecimila centrali nucleari per fare tutto il resto.
e mi fa venire in mente il mio film preferito di quando ero adolescente, "il colore viola", che quella volta io e mia mamma siamo uscite dal cinema, ci siamo guardate sulla faccia, ci siamo dette "rientriamo? rientriamo" e ce lo siamo riguardato tutto subito. e quella volta non capivo nemmeno perché mi ci fossi trovata tanto, ma evidentemente invece avevo già capito.
e 'fanculo ai campi di cotone.
(ps: ti ho mandato una mail per un amico che viene ad amsterdam, ma l'avrai già vista, immagino.)
Urca, m'è venuto da piangere. Mi sono sentita riconosciuta e stimata nei miei tentativi di sopravvivenza come donna in toto. Ti avevo citata in un post su Bebeblog, sui cui lavoro da un po', ma per altri motivi. Mi piace molto come scrivi, come pensi, come trasmetti quello che pensi. Urca.
Ragazze, ma grazie, adesso mi commuovo pure io (evidentemente il mio talento scrittorio sta nella catarsi altrui, va bene). Devo dire che mi ci riconosco anch' io e un po' tutte le donne che conosco e hanno qualcosa da dire, e anche quelle che scelgono di dedicarsi a una cosa sola, siano la carriera o figli, o se stesse. In qualche modo corriamo sempre e riusciamo a tenere tutto insieme solo grazie all' aiuto degli altri. Che nel mio caso, sono molto più spesso altre.
Concordo in pieno con la metafora dei negri nella raccolta del cotone e ovviamente anche nel resto. La capacità delle donne di essere da sempre (dalle caverne) quello che ora si chiama, con grande prosopopea, multitasking, o più semplicemente farsi un mazzo tanto per sopravvivere!
Sì, le donne come negri nei campi di cotone! Esco da un periodo lavorativo in cui così mi sono sentita: lavoratrice che doveva solo eseguire senza porre domande o proporre alternative. Vietato interloquire con "i comandanti" (tra+l'altro donne....).
Lorma
Brava brava brava brava..all'infinito.
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