lunedì 30 maggio 2011

Yugoslavia


Questo che vedete è il tribunale per la Yugoslavia all' Aja. Quello dove Milosevic è riuscito a tirarla talmente tanto per le lunghe che alla fine gli è venuto un infarto un paio di mesi prima della sentenza. Quello dove fra poco verrà giudicato Ratko Mladic per genocidio, crimini contro l' umanità e varie altre cose. E dove si parla di voler mettere insieme i processi di Karadzic e Mladic per evitare di tirarla per le lunghe come con Milosevicz. In questo caso si può perchè Karadzic e Mladic sono sempre andati a doppio filo e anche le prove a carico sono le stesse, le fosse comuni finalmente le stanno aprendo e identificando i corpi, ma ci sono voluti 10 anni.

Ora, se inizio così uno pensa che chissà come sono informata bene sulla storia della Yugoslavia prima e dopo e invece no, so poco e niente. Sono passati in fondo 16 anni dalla caduta di Srebrenica, la città d' argento e dai massacri dei musulmani a opera di Mladic e dei suoi. Mladic che tuttore ha lo status di eroe nazionale e padre della patria per un mucchio di gente.

Io invece non so niente, conosco solo dei nomi e delle persone, ma sono storie e non Storia.

So che pochi anni prima dell' inguacchio, io ero forse al secondo anno di università, siamo approdati in Yogoslavia con i miei per un viaggio di affari. Che a un certo punto ci siamo persi e in un baretto di paese che sembrava tanto uno chalet di montagna fuori stagione, mentre col mio esperanto slavo di polacco e 4 parole russe chiedevo informazioni, saltò su una signora anziana, bassottina, con i capelli neri, che si scoprì parlava un italiano perfetto, ci portò a casa sua, altro chalet di caccia sparso nel nulla e da suo marito Tone, un signore forse ottantenne, alto e un po' curvo, con tutti i capelli bianchi, dolcissimo, che faceva il baciamano amia madre e per quel paio di volte che l'ho visto a me ventenne in cerca di identità fece proprio venire in mente, chiarissimo, il ritratto del gentiluomo decaduto. Quello che era.

Basta, quella sera Gianna, che così si è presentata e così l' abbiamo sempre chiamata per gli anni che è durata questa strana amicizia, dopo averci offerto di stare da lei e mia madre, che in fondo casa sua agli estranei l' ha sempre aperta sui due piedi, ma poi quando toccava a lei accettare faceva storie e cerimonie, ci ha trovato un alberghetto, siamo andati a cena in un altro ristorante dall' aria dello chalet con quantitativi mostruosi di carne grigliata (ma quanto era buona la carne in Yugoslavia? Nenad, altro serbo fuoruscito con cui ho lavorato anni dopo mi presentò una volta il suo macellaio slavo in Alber Cuyp ad Amsterdam e l' unica cosa che io vidi era una mensola colma di sacchetti blu in fila, con la faccia del cuoco gioviale e l' unica cosa che mi uscì di bocca fu: guarda, hanno pure la Vegeta con il tono di chi ammira un Eden perduto e la madeleine di Proust a noi ci fa un baffo, per sentirmi rispondere: ma sei proprio come tutti i polacchi, perchè, scoprii in quell' occasione, i polacchi hanno questo feticcio per la Vegeta, un dado da brodo in polvere con le verdure liofilizzate dentro che per questo sembra una roba tanto sana e naturale).

E nel ristorante, torno indietro alla Yugoslavia, c' era questa orchestra che era la versione genuina e autentica di paese di quella che qui si chiama A Caspian Hat, un gruppo di fuorusciti di varie provenienze tra cui un paio di iraniani che fanno musica balcanica dal matrimonio al funerale e invece noi eravamo lì the real thing, a parte che io e mamma ci facevamo i patemi che papà si ubriacasse smodatamente, ma anche noi ci siamo divertite, abbiamo cantato e parlato.

Io non so perchè, cioè si, lo so benissimo, sono la lingua che non conosci ma capisci, e certi paesaggi e l' arretratezza come in certi posti sperduti da noi in Abruzzo, mi sono sempre sentita a casa in Yugoslavia. È che abbiamo lo stesso mare e per me l' adriatico così verde e opaco fa l' effetto cullante del liquido amniotico.

Ma dicevo di Gianna. Gianna che era nata, come diceva lei, nell' isola di Vejo, che era in realtà Veglia ovvero Krk. Che era stata campionessa olimpica di equitazione ai tempi, e che a un certo punto da giovane l' avevano arrestata per attività politica. E sua mamma le mandava da mangiare in prigione, e i suoi erano di buona famiglia e quindi dovevano mandare cibo per tutta la cella o non passava niente e allora sua mamma faceva questi pentoloni di zuppa per la prigione perchè ne mangiasse un po' anche lei, noblesse oblige.

Poi è uscita e ha sposato Tone, che era anche lui un nobile di campagna, solo che a un certo punto ai nobili hanno tolto tutto, ma lui è potuto rimanere a vivere in quello che appunto era il capanno di caccia della tenuta di famiglia nel frattempo sequestrata e che era la casetta dove siamo andati anche noi. Che poi hai voglia a dire il socialismo e gli aristocratici, in campagna se vieni da certe famiglie un minimo cercano tutti di attaccarti al suo carretto, e Tone era una persona troppo buona per dire di no a chicchessia. figli non ne hanno avuti, ma sono rimasti insieme una vita, lei questa piccoletta bruna che era un vulcano di energia, e lui così alto, buono e dolce.

E lei ogni tanto e avrà avuto sicuramente quella sessantina abbondante verso i settanta anni, prendeva il traghetto da Spalato e veniva a trovarci, come una qualsiasi massaia con le borse della spesa piene di conserve di verdure e funghi e sempre una tanichetta di plastica da 5 litri con la Slivovitz fatta in casa. Veniva in italia, andava a trovare i vari amici italiani che aveva e poi tornava a casa.

Un' estate mi ha invitata a Szibenik da una sua cugina e così ho conosciuto Nikitsa. Nikitsa che aveva forse 13 anni e io magari 19 o 20, che abbiamo dormito insieme e giravamo per le stradine di Szibenik, scendendo giù attraverso scorciatoie per gli orti di qualcuno che lei conosceva, che mi presentava a tutti quei ragazzini in strada dicendo con orgoglio che io non parlavo solo italiano ma anche polacco e russo e così prese l' uso da parte mia dell' esperanto slavo che tanto avrebbe fatto quando lavoravo per i diamantari con colleghi di tutta la slavilandia e gli occasionali ugro-finnici.

Una vacanza, per me ventenne che all' epoca in estate lavoravo 16 ore al giorno in albergo e per una volta che avevo una settimana libera in estate avrei tanto voluto spassarmela, invece ero lì, in famiglia che non era la mia, in un posto noioso peggio di Ofena, con il mare bellissimo ma non ci andavamo quasi mai, la nonna di Nikitsa che era il prototipo della strega di paese, un mare di differenza tra lei e la cugina, e anche un po' approfittatrice nei suoi confronti.

Però Gianna organizzò questa gita bellissima in un parco nazionale, con le cascate, i boschi e un monastero su un isolotto in mezzo al lago, portati in macchina dal vicino e io la Yugoslavia me la ricordo così, tutta verde e con quell' acqua minerale quasi salata che mi piaceva tantissimo, ne bevevo a litri, e poi boschi, montagne, valloni, dirupi, anche tutta la costa dove avevamo guidato di notte e fuori stagione con i miei ed era tutto buio, pochi posti aperti, nei tornanti lungo il mare a volta una macchina arrugginita abbandonata nell' acqua dove era cascata, e i migliori calamari ripieni della mia vita fatti in un baretto sulla strada alla griglia, uno di quei posti improbabili di cui scrivono le guide.

Di quei due viaggi mi sono rimasti gli sguardi estatici quando si nominava Tito buonanima, ah, Tito, quanto ha fatto di buono per questo paese, dicevano, poi però alle feste nazionali serbe o croate o albanesi meglio stare in casa che fuori si prendevano a mazzate. Perchè questo scoprii allora in quel prima viaggio lungo la costa e poco nell' interno con i miei, le scritte sulle strade erano in lingue diverse, mentre io allora come tutti avevo quest' idea di un paese unico, vallo a sapere che non nera così.

Mi è rimasto quel tono normale con cui mi dicevano, noo, non comprarlo qui il gelato, sono albanesi, sono sporchi. O quando dicevano: perchè loro sono stati sotto i turchi, per questo sono grezzi e cafoni, mentre noi stavamo sotto l' Austria-Ungheria.

E poi? E poi in autunno dopo quell' etsate e io ero già in Olanda e Hariklia, la mia compagna di casa greca che doveva tornare a casa in aereo con una linea aerea yugoslava che in tempi di non low-cost si volava con quello che si poteva, nulla, non arrivò mai in aereo perchè chiusero lo spazio aereo, e atterrò non so più dove se a Sarjaevo o altrove e se la fece tutta in treno fino a Salonicco, che adesso sembra quasi un racconto di spie dell' orient-express, attraverso un paese che si stava cominciando a sfasciare.

E i miei che sarebbero tornati da Gianna finalmente per prendere questi contatti con la fabbrica di cristalli a Maribor e già che c' erano si sono fermati da certe suore su uno dei laghi in Nord Italia, che all' epoca mia madre aveva tutti questi contatti con le suore polacche e non che accoglievano ospiti, e improvvisamente successe il patatrac, le suore si sentivano telefonicamente con le consorelle di là dal confine e queste dicevano delle sirene che suonavano giorno e notte, che non smettevano mai di suonare.

Non so voi, ma a me le sirene mi fanno questo effetto di bombardamenti e rifugi antiaerei.

I miei comunque restarono sul lago di Garda.

E poi tutte quelle notizie che non ci si capiva niente, chi fossero i buoni, chi fossero i cattivi, i profughi, gli stupri come arma di guerra, La NATO, i bombardamenti, i cecchini, la sniper avenue, le storie tremende di eccidi di massa e fosse comuni e io pensavo tutto il tempo a Nikitsa, quando sentivi queste storie tremende degli stupri di massa su donne e bambine e Emma Bonino, all' epoca alto commissario ai Rifugiati, che in TV in inglese diceva che non so più dive, non so più quando, tra le colonne di profughi che stavano accogliendo mancavano le donne giovani e le ragazze e quella volta mi sono sentita tremendamente orgogliosa di un politico italiano (per la prima e forse ultima volta), perchè chiaramente su questa storia degli stupri degli alti comandi militari dei paesi coinvolti e della Nato non poteva fregare di meno, quando mai, gli stupri fanno parte del bottino di guerra dalla notte dei tempi. E invece quella volta lì venne proprio nominato come crimine di guerra e mi sembra che sia anche stato merito di Emma e di donne come lei.

Insomma, io in Yugoslavia non ci sono poi mai più ritornata, non ce l' ho mai fatta, anche se una mezza idea me l' ha fatta venire Vera, che ho conosciuto l' ottobre scorso a Carignano, dicendomi perchè non andavo a trovarli in Montenegro per portare i bambini al mare?

Vera che sarà pure sposata in Italia da anni, ma che è una serba del Kossovo e la pulizia etnica l' hanno fatta di brutto anche lì, lo dicevo che non ci si capisce niente su chi fossero i buoni e chi fossero i cattivi, e i suoi con troppi altri stanno in Montenegro appunto.

Vera che grazie agli amici militari italiani di stanza lì e con il suo passaporto italiano è riuscita a tornare un giorno al suo paese, rivedere casa sua e persino andare a prendersi il caffè a casa dei vecchi vicini. Ma quando ha voluto fare una foto alla casa, per ricordo, le sono saltati addossi in tanti per impedirglielo, gli amici italiani l' hanno immediatamente caricata e portata via prima che succedessero casini e ormai non ci può tornare più. Ovvio, una foto di casa tua è una terstimonianza tangibile che quella casa prima era davvero tua e adesso non lo è più e questo guasta la vulgata degli usurpatori scacciati per far posto ai legittimi autoctoni. Leggetevi L' Urlo del Kossovo di Alessandro di Meo, edizioni Exorma, se volete capire un po' di più come che la guerra in Yugoslavia è stata fatta finire e a che prezzo, e vi spiegherete anche perchè Mladic viene ancora considerato un eroe invece del criminale che è.

Per questo sono contenta che sia stato trovato, dicono, per caso durante un controllo di routine (ok, allora stiamo parlando di un paese dove la polizia fa i controlli di routine nelle case, bene, benvenuti in Europa). Per questo deve essere processato e giudicato, non solo per tutti quelli che sono scomparsi nelle fosse comuni e spostati pure da una fossa all' altra, quelle fosse che solo 10 anni dopo si è cominciato a riaprirle e cercare di identificare i morti e dire a donne e ragazzi che si, mettetevi l' animo in pace, è veramente morto.

Per questo in una scuola superiore questa settimana alla festa per la maturità il direttore ha deciso di non invitare i genitori: si sarebbe trovato una sala praticamente vuota, visto che a quasi tutti i ragazzi manca il padre e anche molte madri nel tempo non ce l' hanno fatta.

La politica internazionale è un grosso gioco di ipocrisia, lo prova il fatto che non abbiamo neanche iniziato a capire i danni e gli errori enormi fatti in Yugoslavia che si è ricominciato paro paro con l' Irak e adesso tutto il resto.

Pensate a questa sfilza: Demjanjuk condannato, Osama ammazzato e Mladic arrestato. Tutti i criminali di guerra con il tempo diventano degli innocui vecchietti malaticci, ed è giusto, utile e incoraggiante che debbano comunque venire condannati per quello che hanno fatto. Basta con la certezza dell' impunità.

Lo dobbiamo alle vittime e a noi stessi e la Yugoslavia e l' arresto di Mladic ci ricordano quante schifezze ci sono successe davanti casa neanche troppo tempo fa, che le abbiamo fatte succedere, che siamo in parte conniventi e che è inutile che adesso gli xenofobi di casa nostra stiano a piangere e far crescere la paura dello straniero, del profugo e del mafioso albanese, perchè sono sempre gli xenofobi ad avviare queste cose, poi ci vanno di mezzo tutti.

Un ragazzino albanese ventenne che fece con me gli esami per il diploma di olandese, mi diceva: sai che non ci ho mai capito nulla, vivevamo insieme tutti, non succedeva mai niente e poi di colpo hanno iniziato ad ammazzarsi e per fortuna che mi hanno fatto venire in Olanda. E io dentro di me mi dicevo: perchè tu forse eri troppo giovane per sentirti dire che i gelatai albanesi sono sporchi o per fare a mazzate in strada alle feste.

Poi vi volevo raccontare di Vilma che è nata a Novi Sad nel secolo scorso da famiglia ungherese, ma non ricordo se l' ho fatto qui o altrove. Ci ritornerò.

5 commenti:

lerinni ha detto...

belle le tue storie con la e. ne conosco parecchie anch'io, lo sai. non sono storia, ma, forse da sciocca, credo che la storia sia fatta di tante storie. anche le tue, anche le mie. grazie di averle raccontate. io lo faccio ai miei figli, ogni volta che posso, perchè anche queste sono storie da non dimenticare, per evitare che la storia - come fa spesso - si ripeta.

Erika ha detto...

se non lo hai già letto ti consiglio venuto al Mondo di Margaret Mazzantini...

emily ha detto...

i miei ricordi sull'ex yugoslavia sono meno poetici dei tuoi, ci andavo al mare con la tendina xkè costava poco.
la guerra però l'ho vissuta con ansia, mi sembrava impossibile che accadesse a pochi km da qui, x anni abbiamo aiutato uan ragazzina con cui siamo rimasti in contatto.
e quando hanno arrestato questo bastardo ho esultato, nessuna pena è abbastanza

Mammamsterdam ha detto...

leri, lo so e infatti prima o poi vengo a farmi raccontare storie anche da te.
Erika, grazie della dritta, non lo conoscevo
Emily: facile avere i ricordi idilliaci quando in un posto ci stai poco e sei piccolo, quindi no devi organizzare e decidere nulla.

extramamma ha detto...

Bella storia, sulla Yugoslavia sono peggio di Emily, da piccola andavo al mare sull'adriatico e la Yugoslavia era nominata di solito dai genitori in questi modi: "Se lasci andare così il materassino arriva fino in Yugoslavia!"

Mi è rimasta in testa e l'ho ripetuta anche in Liguria qualche anno fa :D