venerdì 27 agosto 2010

Amicizia

Certe volte mi dispiace non aver avuto più occasioni di conoscere meglio la migliore amica di mia madre. Sono stae bambine insieme a scuola, e poi adolescenti, andavano a teatro e al cinema, una volta addirittura in gita sociale sul Caucaso, con l'associazione dei giovani comunisti di cui nessuna delle due faceva parte, ma un amico di lei si, ascoltavano le canzoni di Brecht e traducevano i dischi che mandava mio padre dall'Italia

con la cinquecento di papàaa
"Che dice?"
"Il numero, vabbé quello si sa, poi Cinquecento, periodo storico es. "le volte del cinquecento""
"Naaa, e che c'entra?"
"Senti, ma forse vuol dire che quando esce il papà gli da cinquecento lire per le piccole spese?"
"E quante sono cinquecento lire?"
"Boh".
"Però, dì quello che vuoi, non ci si capisce niente, ma l'italiano, ah, che bella lingua".

Poi mamma è venuta in Italia e si è sposata, e anche l'amica si è sposata, e hanno avuto un figlio quasi in tandem, io e lui, di pochi mesi più grande. Per anni non si sono più viste, perché non c'erano i low cost, non c'era niente, non c'erano neanche i soldi a dirla tutta, e così si sono riviste, secondo me, solo la mitica estate che io, mamma e mio fratello ce ne siamo andati a fare una full-immersion di Polonia, io avevo appena fatto le elementari, e ho conosciuto questa mitica signora che si chiama come me, cosa che mio padre ha sempre borbottato contro, perché a lui gli amici, i parenti e il retroterra di mia madre li vedeva sempre come una cosa nebulosa e vagamente minacciosa, e comunque incomunicabili.

Mia madre dice di non averci neanche pensato, al nome dell'amica, quando si è trattato di battezzarmi, e ci credo, perché queste associazioni hanno vie sotterranee.

E quell'anno l'ho conosciuta, e ho conosciuto anche suo figlio, un ragazzino dolce, educatissimo, gentile, sembrava finto, io che ero abituata ai mini-pescatori bestemmianti di Tortoreto, così perfetto e gentile quel ragazzino che mi imbarazzava.

E anche lei mi adora, perché in fondo su alcune cose abbiamo gli stessi gusti ("Inutile, tu ti vesti proprio come Baska" fa mia madre quando tiro fuori la vena etnica), i libri, quanti libri formativi non mi ha regalato questa donna, solo che erano in polacco e io non li leggevo, fino a che non mi ha messo in mano Bridget Josen in traduzione che avevo già letto e ho mandato giù di corsa, e poi altri che finalmente un pelo li seguivo, perché quando una lingua non la sai bene, è inutile darsi alla letteratura, l'intrattenimento si capisce molto meglio.

Che adesso lo so, e in fondo l'ho sempre capito, che quando hai un figlio maschio ci si affeziona per forza alle figlie delle amiche, specie quelle che senti affini, ma allora mi imbarazzava anche quello. Eh, le crisi di lealtà dei figli, che brutta cosa. Toccherebbe rimproverare a mio padre e sua madre tutta quella loro diffidenza emotiva verso l'altra parte di vita di mamma che loro non condividevano e di cui erano forse gelosi, ma che ci vogliamo fare.

Lei questo figlio l'ha tirato su con tutte le sue passioni culturali, teatro, libri, musica, cinema, musei (lei ci ha lavorato una vita al museo) e il padre che era un appasionato di aria aperta, andava in montagna, nei boschi, per funghi, riportava quantitativi innominabili di lamponi e mirtilli con cui lei faceva succhi che poi nessuno beveva e allora, se poco poco eravamo nei paraggi, arrivavano a noi, che a me si che piace il succo di lamponi fatti in casa, una mia madeleine tutta polacca di quando zia Tosia lo faceva con i lamponi del loro appezzamento di città e ce lo allungava col selz, che da allora la voglio pure io una bombola da seltz vintage in colori pastellosi (le bombolette di carica le ho già, perché in un mio tentativo di cucina molecolare per il mio quarantesimo compleanno ho fatto fuori la bombola che mi ero regalata).

Poi un anno Kuba è stato da noi un'estate, lavoravamo insieme, era sempre educatissimo e un pelo estraniato dal mondo, le altre ragazze polacche che lavoravano con noi a volte ridacchiavano quando lui al mattino le salutava:
"Buongiorno mie belle signore" e io ci avevo sempre poca confidenza e non lo conoscevo più di tanto, ma il fatto è anche che lavoravo un sacco pure io in quel periodo, 18 ore al giorno a nervi tesi e intanto prepravo 3 esami, che erano la mia unica speranza di fuga da tutto questo, e non avevo tempo per l'emancipazione altrui perché la mia veniva prima.

Poi è saltata fuori la bomba e l'ho capito pure io perché sembrava così estraniato dal modno e da sé stesso, lui ha avuto un sacco di rogne di salute, riabilitazioni varie, un'epatite che l'ha stroncato. Però aveva una ragazza che viveva con lui e la madre che viveva per lui, poveri figli unici, pensi, delle volte, vivono di aspettative altrui. Insomma, è stato l'unico che si è finito tutto il percorso di svariati anni, forse perché si era stufato pure lui.

Aggiustava di tutto, stereo, computer, aggeggi. L'anno che non poteva quasi uscire di casa se non per andare a fare la terapia, una cosa massacrante in culo al mondo con i mezzi tre volte la settimana, e lui già così debole, e la madre che di nascosto al padre gli comprava tutte le medicine costosissime che la mutua non gli passava, ho fatto una raccolta tra tutte le aziende mie clienti di computer e attrezzature che non utilizzavano più, che qui per motivi fiscali gli uffici cambiano attrezzature ogni volta che possono, e lui se li sistemava, li aggiustava, li vendeva, ma soprattutto finalmente ne aveva uno suo per collegarsi al mondo.

Poi niente, ha superato i quaranta, ma giusto quelli. E verso la fine è toccato dirglielo, al padre, cosa avesse di preciso, che io non lo so, ma sono sempre quelle cose che fai fatica a dire a un padre che per una vita cercava di interessare suo figlio alla montagna, alla pesca, alla raccolta di funghi, ma niente, lui era proprio un ragazzo di città.

E questo suo padre, che io non ci credo che non sapesse o immaginasse proprio niente, ma ci sono delle famiglie così, che per quieto vivere finché non salta fuori qualche casino grosso stanno più sereni a non parlarne, ma io non li capisco lo stesso, però ognuno ha i suoi percorsi come dice il mio di migliore amico, e allora ognuno se li percorre come può. Insomma, il punto è che il padre soffriva spaventosamente di cuore e per quello lo tenevano un po' all'oscuro.

Però il cuore è una brutta bestia e adesso se ne è andato pure lui. Subito dopo.

Cosa rimane?

Be, rimangono le cose pratiche, il riconoscimento all'obitorio, il funerale, il post funerale, i tranquillanti. Tutte cose per cui è meglio avere un'amica a fianco.

Che ti porta a mangiare al baretto con trattoria vicino alla vecchia scuola
"perché questa usanza italiana, di portare il pranzo cucinato alle persone in lutto, è buona, uno depresso cosi non mangia il pasto caldo da giorni".

Insomma, l'amica di mia madre non ce l'ho ma ho la mia, e lei ha sua figlia che riempio di vestiti, mutande a cuoricini e calzette rosa tutte le volte che posso, perché questi percorsi di amicizia attraverso i figli, non ci possiamo niente.

E più di un matrimonio, delle volte, ci sono per te nella buona e nella cattiva sorte, e meno male che è così.

4 commenti:

LGO ha detto...

Che storia triste.

barbara ha detto...

Ma il post è bellissimo.

barbara ha detto...

E sono sempre dell'idea che dovresti raccogliere tutte queste storie che conosci e lavorarci e scrivere un libro di racconti.

Mammamsterdam ha detto...

Lo so è triste.

Ba, è proprio come dici tu: il lavorarci è quello che mi frega.