venerdì 29 gennaio 2010

M.E.L.M.A., M.E.L.M.A., M.E.L.M.A.

Stasera prima di M.E.L.M.A., teatro da camera per trenta e non più di trenta spettatori. Domani replica.

Entrambe straesaurite, quindi lo dico ai vecchi amici che manco hanno fatto la mossa di prenotare, tanto vuoi che non ci facciano entrare? No, non ce la facciamo a farvi entrare se non avete prenotato, a meno che non abbiate scoperto qualche trucco per l'incompenetrabilità dei corpi.

Però, ufficiosamente perché dobbiamo confermarcela noi, a marzo si replica. Cominciate a dirlo a Roberto su info@ondaitaliana.org e tenetevi la serata libera, prenotate la babysitter, insomma, fate voi. Perché non sia mai detto che Quelli di Astaroth deludono i fan.

Ringrazio pubblicamente Panzallaria per avermi regalato il copione della Rivincita del calzino spaiato da cui ho tratto i due brani che interpreterò stasera. Peccato per la Frollina e Tino a cui fischieranno le orecchie.

Tutte le informazioni su http://www.ondaitaliana.org/Italiano/site/Teatro.htm.

E se volete restare informati delle nostre attività tramite Facebook, dovete solo iscrivervi

giovedì 28 gennaio 2010

Educazione morale all'IKEA

Il mercoledi pomeriggio è dedicato ai figli, 'ndramindre, come diceva mio madre, ovvero nel mentre faccio anche altre cose.

Qui venerdì si esordisce con il teatro da camera, io devo imparare la parte, fuori c'era un ghiaccio scivoloso e la mia bici è parcheggiata di fronte al ciclista che non ho cuore di riprendermela con il freddo becco che ha fatto martedì quando ero costretta a portarcela, quindi si prende la macchina e si va all'IKEA a comprare le 8sedie che ci mancano (In serata, tempo 3 ore, il ghiaccio si è sciolto).

Stavolta i bambini invece di precipitarsi a Smaland chiedono di mangiare al ristorante ("ristorante"). Al ristorante la Playstation è spenta, Orso è al bagno e Ennio interrompe la ruminazione patatina per dirmi:

"Ma noi a casa lo facciamo un armadio con dietro una scalinata?"
Mi viene un dubbio.
"Perché lo vorresti?"
"Per nascondersi quando c'è la guerra e arrivano i soldati".
"Ne avete parlato a scuola? Avete parlato di Anna Frank?"
"Chi è Anna Frank?"
"Una bambina che quandoc'era la guerra si è nascosta ad Amsterdam in una casa dietro, e di giorno dovevano stare molto zitti altrimenti li scoprivano".
"E perché dovevano stare zitti?"
"Perché sotto la casa c'era un negozio e quelli che lavoravano nel negozio non se ne dovevano accorgere".

Insomma, abbiamo parlato di Hitler che era piccolo, incazzato e stronzo, della diaspora, dei campi di concentramento, del papà di Babcia che se ne è fatti tre ma poi è tornato a casa perché doveva tornare dalle sue bambine.

Dei bambini che venivano nascosti dai contadini, qui in Olanda, dei treni, di quando qualche madre ha dato di nascosto un neonato a qualcuno prima di salire.

Lì mi sono messa a piangere nel bicchiere della coca cola perché ho pur sempre l'ormone ballerino e non credo che con l'età questo possa migliorarmi. Per fortuna Ennio è andato a cercarsi il fratello in bagno, e poi è tornato a chiamarmi per i rinforzi, che Orso aveva fatto una delle solite, sane, sante megacacche, ma quando ho fatto irruzione nel bagno dei maschi, per fortuna vuoto, aveva risolto tutto.

A me piace andare all'IKEA con i bambini, saltano sempre fuori cose inaspettate. E quest'anno che il giorno della memoria me lo volevo fare per fatti miei, comunque c'è riuscito Enniuccio mio a tirarlo fuori, che le nostre ossessioni personali fanno subito a salta fuori quando qualcuno ti dà l'azzico, o quantomeno vogliamo farcelo dare, e così abbiamo risolto la parte educativa.

mercoledì 27 gennaio 2010

E com'è il dopoparto per i padri? Il coté fisico e non solo

Un commento di Dude (e altre) al post precedente, un commento per scherzo di Josif Brodskij nello Zauberfumoir, il fatto che io ho ereditato da mio padre manco una lira ma il dono di attirarmi le confidenze di chiunque si (anche quelle di cui faresti a meno) mi hanno catalizzato ultimamente tutta una serie di riflessioni, nanetti e fatti vari che vorrei mettere insieme in qualche modo per rispondere alla domanda:

Esiste una vita sessuale sdopo il parto? e, corollario, come vivono i neopadri il dopoparto, che noi madri stiamo lì a raccontarcela da sempre in tutti i dettagli, anche quelli di bassa macelleria, ma sti maschi che non parlano dei fatti intimi con gli amici, che vita fanno?

La mia prima considerazione è che pare che un sacco di padri coetanei abbiano interiorizzato a tal punto la propria presenza in sala parto che proprio non si pongono più il problema: vado o non vado, ma piuttosto quello: come reagirò, che effetto mi farà, rischierò di svenire?

Il che se per certi aspetti è un notevole passo avanti, a me sembra che proprio su questo punto ci sia poca discussione tra maschi e che quindi il neopadre si trova un po' buttato agli squali senza salvagente, fatto salvo il sostegno o il dialogo con la propria compagna, che però è femmina, è parte interessata, ha anche un certo diritto di prelazione sulla faccenda e quindi, come la mettiamo?

A me sembra che un primo dubbio inespresso sia quello: come sarà dopo? Mi ci perdo dentro, avrò bisogno della mappa, dei maniglioni antipanico, del salvagente? Fateci caso, è su questa paura atavica che si aggrappano come le sanguisughe tutte quelle mail che ti arrivano con Enlarge your penis. Il maschio si adatta a quelle che lui prevede circostamze cambiate con i mezzi che può (magari da piccolo ha comprato pure gli occhiali a raggi X per vedere le donne nude).

Sfatiamo un mito: anche se dalla vagina esce un bambino intero e questo fenomeno come padre presente in salaparto te lo segui in technicolor, a 3 D e pure con tutti gli odori e sapori e un paio di altri sensi che al momento ignoravi di avere, questa non è una condizione permanente. Lo so da me che è impressionante ed emotivamente un ottovolante, però tranquilli, ricordatevi che è assolutamente vero quello che dicono: dopo il parto ti scordi tutto.

Cioè, noi madri in genere perdiamo la memoria fisica del dolore provato ed è questo che ci permette di rifare altri figli. La paura invece forse ci vuole più tempo a perderla: una mia amica che per una serie di sfighe e comunicazioni sbagliate per i primi 10 minuti dopo la nascita ha creduto seriamente che la bambina fosse morta, ha detto subito che la prossima volta avrebbe adottato, e solo adesso, 6 anni dopo, sta pensando di rifarne un altro.

Però la paura, o comunque almeno il pensiero del neopadre è un altro: tonrerà il corpo di mia moglie quello che ra prima? E non si riferisce alle smagliature, al blubber di pancia, alla megatetta che prima o poi si sgonfia dal latte, ai venti chilinpiù da perdere, all'instabilità dell'anca. No, lui pensa alla passera.

Lo vogliamo tranquillizzare?

Cavolo, se persino l'utero che di solito ha le dimensioni di un mandarino piccolo, e poi cresce e poi se tutto va bene entro una settimana torna alle condizioni originarie riesce a restringersi in fretta, vuoi che il resto non segua? Il fatto che il canale possa allargarsi da far passare il bambino è un fenomeno assolutamente temporaneo, creato da una congiunzione astrale spaventosamente complicata di ormoni, doglie, contrazioni, articolazioni che in gravidanza si allentano ed è per questo che prendiamo delle distorsioni spaventose, perché coinvolge tutte le articolazioni e non solo quelle del bacino, tranquilli che non è una condizione permanente (Dude, sei più tranquillo adesso?).

Con grande delusione del futuro padre che mi confessava di sperare di poter soddisfare dopo la nascita la sua fantasia più segreta nel favoloso sesso dopoparto che si immaginava, ovvero quella pratica universalmente nota con il suo nome inglese composto da due parole che iniziano per effe e la seconda finisce al gerundio.

Io, lo ammetto, quando sento certe cose mi scende un po' il latte alle caviglie, poi il maschio in questione mi è parente e sono l'unica femmina a cui a volte confessa certe cose inconfessabili e io con tutta la delicatezza di cui sono capace ho risposto sghignazzando: eccerto, e il piede no? Il ragazzo è intelligente, ci sarà forse rimasto male ma ha capito di aver forse detto una cosa che non andava e si è andato a documentare. Ecco, documentatevi anche voi, mica posso dirvi tutto?

Però una cosa posso dirla: mentirei se dicessi che torna tutto identico a prima. Ci sono lacerazioni, ci sono tagli, ci sono punti, tessuti che cicatrizzano più o meno bene. è un problema? Dipende, dal lato estetico qualcosina cambia ma uno può prenderla come una nuova entusiasmante aventura, il nuovo look della donna che ami e che d'improvviso sembra un'altra. ci si possono fare delle gran belle fantasie, volendo, altro che scambi di coppia.

Sono un problema per riprendere a fare l'amore? Oh, sentite, io so per certo di coppie che quando è arrivata l'ostetrica per rimuovere i punti ha scoperto che ci avevano pensato benissimo da soli, nell'urgenza di riabbracciarsi, che insomma, sono casi documentati.

Ma non succede sempre: sicuramente spesso c'è un disagio fisico della madre, dolori, ferite, cicatrici, ragadi, stanchezza.

Più spesso c'è un lato mentale, senso di inadeguatezza, rifiuto del proprio corpo così com'è cambiato, il pensiero fisso al bambino, le montate lattee che uno direbbe sono un problema fisico ed è vero, ma anche mentale, se ti senti ridotta a mucca e non ti piaci, o comunque ti devi abituare.La depressione postnatale, la mancanza di voglia per via degli ormoni. Gi odori, anche questi gli ormoni.

Una mia amica non si è più riabituata all'odore del marito, le puzzava, non ce la faceva a baciarlo, alla fine si sono lasciati (per tutta una serie di altre cose, ma alla fine il suo motivo di pancia è stato questo e se ne è accorta anni dopo, quando ha ritrovato un uomo che a pelle le faceva un gran sangue, proprio lei che credeva di essere diventata frigida dopo i figli).

C'è anche un lato mentale del padre: dopo aver visto cosa ha passato la madre, forse fai fatica a rivederla come amante, come oggetto, nel senso più bello, del tuo desiderio, come la donna con cui ami fare l'amore. Forse fai fatica a penetrarla 'dopo' e ti immagini un sacco di cose che oggettivamente non sono, ma la fantasia in fondo è tutto.

Il padre, pover'uomo, spesso non è che stia meglio: anche lui deve riadeguarsi al proprio ruolo, ricrearselo, anche lui deve essere la roccia di sostegno della mogli stanca, debole e rincoglionita, anche lui avrebbe bisogno di qualcuno con cui parlare dei suoi dubbi e paure, ma non ce l'ha.

Esiste, lo dice Desian, anche una depressione postnatale dei padri alle prese con il proprio cambiamento di ruolo.

Però che un figlio ti cambi la vita in tanti sensi in qualche modo lo sappiamo tutti prima di cominicare a farlo, il punto è che a vlte te la cambia in mdoi che mai ti saresti immaginato.

E ricordiamoci che per un sacco delle paturnie che tolgono voglia al sesso alla neomadre, si, il neopadre può fare un sacco, ma deve farlo con coerenza, affidabilità e su cose che con il sesso non hanno niente a che vedere.

Io non sono un'esperta in materia, un paio di cose le so perché le abbiamo imparate con sudore, lacrime, sangue e sperma (e rigurgitini dei figli, per completare la lista). Altre le so perché me le hanno raccontate o le ho intuite da quello che non ti raccontano.

Ma sono convinta che il neopadre abbia molte cose da dire. Intanto cominci con il regalare ala madre le palline con la scusa del pavimento pelvico e l'incontinenza, poi se due si piacciono, si vogliono bene e hanno ancora qualcosa da dire, basta rimettersi a giocare. che la leggerezza e le risate a mio avviso rimangono sempre il miglior ingrediente dell'amore, e, vivaddio, anche del sesso.

E dopo essere passati per tante pippe mentali con la leggerezza forse ci si rimette a sperimentare, e scorpire cose, che voi umani, veramente, non ci sareste mai arrivati.

Per cortesia neopadri, aspiranti, maschi in genere e donne che amano gli uomini, mi dite la vostra in proposito? Che la maggior parte dei problemi è perché se ne parla troppo poco.

martedì 26 gennaio 2010

Il regalo per la neomamma


Premesso: le smart-balls che vedete in foto avrebbero dovuto regalarmele il giorno che mi hanno dimessa dal reparto maternità. Dovrebbero consigliartele di default in farmacia il giorno che vai a comprare la prima pastina senza glutine. Dovrebbero parlarne in tutti i manuali.

Invece col cavolo. Per puro culo qualcuno (anzi qualcuna, anzi Betta, che all'epoca era il mio coach di respirazione, mai soldi per me sono stati spesi meglio) me le ha suggerite per caso. E così sono entrata tutta tremebonda nel primo sex-shop della mia vita, con l'amica Cinzia che invece di sostenermi spirtulmente si è messa a guardare certi completini maliziosi a rete per il marito, che la cannottiera a rete nera con il bordino rosso fa sicuramente tanto per un matrimonio affettuoso, ma non era quello al momento il mio punto urgente.

"Ehm, sto cercando, come dire, quelle palline dopoparto?"

che uno potrebbe dire, si, ciao, gli eufemismi, ma era proprio così, sulla scatola c'era scritto in quattro lingue: consigliato dall'associazione di categoria delle ostetriche, solo in francese c'era una cosa che sembrava più fisioterapisti, fisiatri, vallo a sapere che rapporto hanno i francesi con le palline.

Ora, uno dice le palline, la libido del dopoparto, il pavimento pelvico sminchiato, la ginnastica postnatale che io ci ho provato, ma quando mai sono riuscita non dico ad andarci, ma a iscrivermi? Perché un corso di ginnastica postnatale al mattino con la possibilità di portarsi il neonato mentre gli altri frutti della passione sono a scuola voi l'avete mai visto? Io nemmeno.

Le palline risolvono.

Ma mi sono consolata con la reazione dell'amica Anna a cui ad acquisto effettuato ho telefonato con la lieta novella. Ha avuto un attimo di silenzio poi ha chiesto:
"Ma possibile che siamo solo noi le deficienti?"

Ecco, possibile che siamo solo noi che dopo i figli tutto il discorso sesso si scinde improvvisamente dalla procreazione, anzi, diciamoci la verità, è la procreazione che ci frega, ci toglie il sonno, ci distrugge, occupa la nostra mente 24 ore su 24 e i neopadri, porelli, quelli che riescono a riprendersi in breve dal trauma del loro oggetto del desiderio in fase parto, perché noi stiamo lì a urlare e a spingere, ma loro sono fuori e vedono tutto e poi devono fare i conti con un prima e un dopo che ha anche tutto un altro aspetto e i punti e la cicatrice eccheppalle, la pianto qui sennò rischiamo di morire tutti vergini.

I primi tentativi cauti, tanto per capire se ci ricordiamo ancora come si fa. Che magari con tutta la buona volontà uno se lo vorrebbe pure ricordare, ma la tetta comincia a schizzare latte, il pargolo si sveglia, tu schianteresti addormentata ogni due per tre, il neopadre partecipa ma l'uomo è sempre l'uomo, e anche se ci prova a non fare il troglodita insensibile la carne è debole e il malumore striscia.

E alla fine di tutto ciò, perché qui è il punto fondamentale della pallina, teniamolo bene a mente, ogni mattina alle 4, che tu di sonno ne avresti e anche il pargolo magari è in coma latteo cosa succede? Devi fare pipì. Ci provi a trattenerla e riaddormentarti, ma niente, lo stimolo ti tiene sveglia.

Ecco, io adesso lo dico e ci metto pure la faccia: ma dell'incontinenza del dopoparto parla mai nessuno? No, dico. Che ti fai una risata o un colpo di tosse e ti senti immediatamente reparto geriatrico? Altro che storie, secondo me la depressione postnatale tutta lì sta.

Io queste palline, dico la verità, mi faceva impressione usarle, già non uso i tamponi, e infatti le ho usate pochissimo e molto meno di quello che mi avrebbe fatto bene. Quindi non vi parlo delle mie esperienze personali, vi riferisco le istruzioni della signora del negozio nella mia traduzione.

Usa del lubrificante, su ENTRAMBE le palline (scordatelo una volta e capirai perché). Olio di mandorle, gel K-Y, quello che ti pare. Olio di oliva extravergine spremuto a freddo esclusivamente con procedimenti meccanici, aggiungo io, che quello mi sa che in casa ce l'abbiamo un po' tutti.

Belle sdraiate e rilassate inserite le palline. Ora, all'inizio e dopo il parto una può stare messa male, in teoria ci si può camminare e muovercisi in casa, ma non è detto che all'inizio funzioni. Non scoraggiamoci, cominciamo da sdraiate e se abbiamo voglia proviamo a fare gli esercizi di contrazione che ci hanno insegnato (ma ce li hanno poi mai insegnati?) al corso di preparazione al parto.

Ma se non hai tempo e voglia puoi anche dormirci e basta, qualcosa fa comunque, perché ci sono dentro i contrappesini che si muovo e credo sian quelli che ti mettono in moto la muscolatura involontaria, che la muscolatura involontaria è tutto nella vita. Ma a risultati pratici, cosa fa esattamente?

Beh, intanto ti cominci a svegliare alle cinque con lo stimolo di andare al bagno. Poi alle sei. Alla fine, con un po' di culo persino alle sette, se nel frattempo non insorgono altri fattori sveglianti. Ma facciamo finta che viviamo in un mondo perfetto.

E per quanto mi riguarda già questo basta, avanza e ce ne ricorderemo con gratitudine quando entreremo in menopausa. Meglio una pallina oggi che un pannolone domani. Ecco, l'ho detto.

Ma c'è anche la fase advanced, anche se per quanto mi riguarda, con i cinque anni di insonnia che mi hanno regalato i figli forse solo ora potrei cominciare a pensarci (infatti ci penso e mi sono ricordata delle palline e le ho regalate alla neomamma, sperando non mi si stranisca).

La fase advanced vuol dire che come ci rimettiamo in piedi quel tanto da trattenercele, le palline, cominciamo a camminarci per casa. Non dico sia l'ideale avere anche 22 chili di bambino che ti si precipitano in braccio proprio mentre ti sei seduta un attimo, ma approfittiamo magari delle ore di sonno dei pupi (che questa storia di approfittare delle ore di sonno dei pupi, non so, pare che una ci possa ricostruire il colosso di Rodi, se penso a tutte le cose che una rimanda a quei magici momenti lì). Ecco, teniamole quando siamo dietro al computer.

Ora, io non credo che arriverò mai al punto cui arrivò l'amica dell'amica di cui mi hanno detto che ci è andata a fare persino equitazione divertendosi molto. A me solo l'immagine mi ha fatto contrarre di tutto per l'impressione, ma magari sono io. E poi preferisco divertirmi con il neopadre dei miei figli.

Il quale neopadre adesso è avvertito, ed invece di spazientirsi e sentirsi frustrato e isolarsi dietro ai siti porno su internet, che saranno pure una panacea ma meglio non diventino il motivo per evitare di andare a letto presto quando finalmente si approda a quella fase meravigliosa di rimettersi a dormire, non sempre e non tantissimo, ma un pochino.

Venga invece a fare le misurazioni del caso. No, ma quale sesso, solo ossevazioni impersonali e scientifiche sui progressi della muscolatura.

Che io lo so che insistendo un pochino una può anche arrivare a schiacciarci le noci con il pavimento pelvico, ma noi non siamo fenomeni da baraccone. Siamo madri e siamo compagne e mogli e francamente ci sta benissimo così.

With a little help from my friends, naturalmente.

E dopo tutto questo outing pubblico voglio sapere da voi tutti, e potete anche dirmelo anonimamente, come è stato il dopoparto per voi, neomadri e neopadri. Da tutti i punti di vista. Non per curiosità morbosa, a puro scopo scientifico.

lunedì 25 gennaio 2010

8


(Se qualcuno si aspetta un post nostalgic-tenero su il mio bambino sta crescendo, sappia che le provo tutte queste cose, da domenica mi sarò ripassata mentalmente almeno 5 volte il parto, sempre con un gran senso di gioia e tenerezza e lo ripartorirei di corsa sui due piedi, ma qui non ne troverete un briciolo).

Gnorpo One compie otto anni. Io ho appena completato 26 confezioni regalo per la classe. Scoprendo alle 21 e a supermercato chiuso che i sacchetti che pensavo di avere per avvolgere uno Ya***t 9l'ha voluto lui), una barretta Liga supersana al lampone e un scatolino contenente salviettina quadrata di spugna stampata e liofilizzata in dimensioni mini, non li trovo.

Ma Mammamsterdam non si perde d'nimo: avevo giusto giusto una trentina di centrini da torta, quelli di carta, usati come placemat per i miei 40 anni, e li ho avvolti formato bomboniera. Se qualcuno si azzarda domani a commentare che è un regalo da femmina, mi tocca fargli la lezioncina che li ha fatti la sua mamma e per puro caso la sua mamma è femmina.

La festa fuori con gli amici comunque prima di due settimane non se ne parla che venerdì abbiamo la prima, sabato la seconda e domenica, giorno papabile, c'è il compleanno dell'amichetto odietamo di Orso e ce lo piazzo a dormire pure.

Il 6 si fa il compleanno congiunto con il capo, la sacra famiglia e gli amichetti di famiglia con i genitori, poi si farà la cernita su quali amici invitare all'uscita selvaggia e dopo giorni di trattativa è felice di portarseli a teatro.

"Ma perché non li porti al TunFun come vuole lui?"
"Perché farli uscire dal TunFun lo scorso anno lui e suo fratello è stato un incubo, perché non sopporto l'idea di stare di nuovo 4 ore in un tunnel che rimbomba di bambini urlanti, perché se per una volta se ci vai tu con loro a me va benissimo e perché ho l'ambizione di farli divertire con qualcosa di educativo".

Sull'educativo mi ha guardato con compatimento ma non ha ribattuto. Perché mi sa che 4 ore di TunFun urlante sono troppi anche per il capo.

Questi maschi hano un tale culo che ci sono io a sbattermi per i loro compleanni che da maggio è meglio che si mettano tutti e tre al lavoro per organizzarmi il mio. Che una volta tanto la vorrei pure io una festa in cui devo solo vestirmi e presentarmi.

Vane speranze.

(Comunque con un paio di tappi nelle orecchie il TunFun è il posto ideale per far sfogare le energie di qualsiasi bambino vivace e sicuramente me lo tengo buono per i momenti di emergenza. Però se capitate da queste parti con i bambini, fatecelo un giro: wwww.tunfun.nl).

sabato 23 gennaio 2010

Aggiornamenti telegrafici

Giovedì sera ho fatto da interprete a Carlo Cracco (e il suo chef Diego che sono due tesori), mi ha aperto un mondo di sperimentazioni culinarie che prima o poi mi ci dedico e mi ha insegnato a mangiare le ostriche senza dover poi sputacchiare le schegge di guscio (cioè, io sto a una serata di gala per VIP, ho modo di conoscere ed assaggiare le cose buonissime che gli chef stellati d'Olanda fanno, il tutto nel mio unico vestito da sera comprato per il capodanno 20 gg. prima della nascita di Ennio, che ero un elefante obeso, E CI ENTRO ANCORA, e mi ritrovo a sputacchiare scheggie di ostrica in giro, non fa un bel vedere). In più la mattina dopo 7 mesi di taglio selvaggio sono andata a farmi rimettere a posto in capelli da Miss Sheree di Chemical Blond, che già di suo è un miracolo.

Venerdì ho incrociato Animapunk in trasferta costì, ho fatto una prova, messo su un pezzo di Astarotheatro (proprio materialmente i pezzi), pranzato con Marina nel miglior Dim Sum di Amsterdam, fatto un colloqui con l'enoteca nelle cantine dell'Hermitage e scoperto che non sono ancora in grado di tenere un corso di certificazione, ma che possiamo organizzare una bella serie di degustazioni a tema, comprato dei calici bellissimi per la lezione di domenica + tutta l'ordinaria economia domestica, e schiantata a letto alle 20;30 saltando la prova serale. Però causa telefonino scarico per strada mi sono persa clamorosamente la toccata e fuga di Graz.

Oggi ho messo a punto i vini e la presentazione del corso di domani e festeggiato in famiglia il compleanno del cognato preferito a Rotterdam. Il tutto dopo aver dormito con due gnorpoli che come loro solito, uno ti si spalma addosso di schiena e concilia da matti il sonno, l'altro ti punta due ginocchia ossute e agitate al fianco e ti tiene sveglia, il tutto perché il capo vedendomi schiantata e stanca morta è discretamente andato a dormire sul letto degli ospiti per non disturbarmi.

Domani prova, arredo locali e lezione e degustazione, e se dice bene, arriva il neopadre 3 per lavoro e magari ci scappa una birretta, che già so cosa regalare alla neomamma, una cosa che io ho scoperto 1 anno dopo la nascita di Gnorpo due, ma avrebbero dovuta darmela di serie appena dimessa dall'ospedale e prima o poi ne parlo meglio.

Che sono quei regali che te li deve per forza consigliare/regalare un'amica, che dopo il parto se lo fa il marito una magari fraintende e si incazza.

No, ecco, e pensare che mi sto rimandando tutta una serie di cose belline e pure con le foto, ma tocca aspettare un momento di respiro.

Buona domenica, intanto.

giovedì 21 gennaio 2010

Ju nnummere quettre

In macchina da noi si parla in codice:

"Mamma, metti il numero due!"
"Posso mettere in moto prima?"

Il che mi ricorda l'aneddoto della Banda di Bussi, che per far figo e far vedere che avevano innumerevoli pezzi in repertorio (ma ne avevano solo tre, l'Inno di Mameli, Papaveri e Papere e un altro che non ricordo) finito l'Inno di Mameli il solista faceva al direttore:
"O Fré, che seneme?"
"Ju nnummere quettre".
"Lo sai che i papaveri....."

Ecco, a me i miei figli che mi chiedono il numero due mi fanno pensare alla Banda di Bussi. Anche se il loro repertorio è più ampio, ieri Orso nel momento in cui all'ingresso erano arrivate bimbe dei vicini accompagnate dal padre, perché era il turno del capo portarli a scuola, in piedi sulle scale dove era stato seduto per farsi mettere le scarpe (che il tentativo di fingere di mettersi le scarpe da solo di mio figlio consiste nel tentare di infilare cocciutamente un piede in una scarpa ermeticamente chiusa da due strisce di velcro e incazzarsi se queste non si aprono magicamente sotto i suoi piedi) insomma, in piedi lì e perfettamente consapevole del suo pubblico (sorrisetto obliquo sotto i baffi), si è cantato tutta "Billie Jean".

Poi salgono in macchina, chiedono il numero due e attaccano con:
"Master, master" che vorrei tanto fosse un' invocazione alla sottoscritta, ma sono solo i Metallica.

Che vi dedico con testo e tutto, che il testo conta purtroppo in questi tempi di pupi e pupari che muovno i fili e mi chiedo mai se ci saranno democrazia, una giustizia equa e diritti civili rispettati al mondo. O nello specifico, in Italia.

Mi consolo con i pupetti miei che fanno ancora tanta tenerezza, perché davvero, ho scorso i titoli su due testate stamattina e già sono incazzata come una biscia.

Buon processo breve tutti.

mercoledì 20 gennaio 2010

Il candy all'uncinetto

Allora, io ciò da un po' di tempo degli intrallazzi extra moenia con Bonasorte, che mi abita pure relativamente vicina (Bruxelles? Dietro l'angolo praticamente). Quali intrallazzi esattamente lo saprete a tempo debito.

Che questo periodo ho da fare e quando ho da fare ho la testa per tante nuove cose creative, ma non per la manutenzione ordinaria, ovvero aggiornamento link su questo blog. O lavare i piatti, per dirne un'altra.

Per cui lei e il suo candy ve li linko qui, se volete darci un'occhiata, basta che non concorrete per la rana che quella la voglio io.

Poi c'è da dire che l'uncinetto mi sta intrippando da quando Roberta ha linkato su FB un filmino su come fare un cappellino all'uncinetto,mche durante una botta di insonnia alle tre del mattino mi sono messa a guardarlo senza audio, che il capo dormiva, e prima o poi uncinetto. Ma i piatti continuo a non lavarli.

Insomma, la rana all'uncinetto mi sta facendo sedimentare un mucchio di cose, tipo la collezione di rane che dopo 8 forse 9 anni in scatolone da trasloco sta riapparendo alla luce e quindi una nuova ce ne vuole.

Perché mi stupisco?

Come uno schiaffo in faccia, leggere questo titolo.

E adesso mandiamo il bravo Bertolaso ad Haiti a insegnare noi come si gestisconon i terremoti catastrofici. 'Azz, quanto siamo bravi.

Così lo scempio che è diventata la protezione civile, pretoriani al servizio del padrone e dei suoi interessi, adesso diventa un modello da esportazione nelle intenzioni. Beh, che dirvi, in un posto come Haiti ci starebbe pure bene, se questi poveri cristi non avessero ben altri problemi. Vai ad esportarlo in Giappone, il modello vincente.

Cioè, intendiamoci, se la magnifica coppia è riuscita a fare un casino spaventoso in Abruzzo, un terremoto che come morti, dispersi e sfollati ha davvero cifre minori rispetto a quest'ultimo (che io riesco a valutare nella sua spaventosità proprio perché ho visto quanto male è riuscito a fare il mio, che proporzionalmente e come danni, che dire, nella disgrazia dobbiamo pure dire di essere stati fortunati), stavolta come minimo il nostro, che ama tanto il presidenzialismo, riesce a farsi eleggere al posto di Obama, che poveretto già perde consensi e pure il Massachussets.

Certa gente, proprio la faccia come il culo. Il brutto è che con tutte le palle che hanno diffuso sulla magnifica gestione dell'emergenza in Abruzzo, ce ne saranno troppi che ci pure credono, che siamo in grado di fare qualcosa.

martedì 19 gennaio 2010

Tutto esaurito per MELMA (cos'è poi?)


Ma neanche faccio a tempo ad annunciare il prossimo spettacolo che e' gia' esaurito e tocca annunciare la replica (vabbé, teatro da camera, max. 30 posti, si fa subito ad esaurire).

E va bene, annuncio la replica: "Quelli di Astaroth" presenta M.E.L.M.A. Ovvero Media E La Mia Anima.

Si tratta di teatro da camera, ovvero Astarotheatro, insomma la solita ora e un quarto di spettacolo dedicata a 30 spettatori (abbiate pazienza, di più
no che si sta stretti). Comunque visto che anche per la replica stanno arrivando le prime prenotazioni, se vi interessa affrettatevi a mandare una mail presso: info@ondaitaliana.org.

E di che si tratta? beh, di questo.
Quando: Sabato 30 gennaio 2010, ore 20.30
Dove: Sint Jansstraat 37 - Amsterdam

ASTAROTHEATRO - TEATRO DA CAMERA
presenta

M.E.L.M.A.
(Media E La Mia Anima)

un impasto di diversi incontri mediatici

Intervista, di Edoardo Erba
interpretazione di Roberto Bacchilega e Sebastiano Gentile

Grimilde, di Stefano Benni
interpretazione di Silvia Terribili

Da La rivincita del calzino spaiato, di Francesca Sanzo:
Svezzamento questo sconosciuto e Come farsi venire i sensi di colpa in quattro semplici mosse
interpretazione di Barbara Summa

Musiche e canzoni a cura di Sebastiano Gentile e Stefano Bocconi.

Introduzioni e conclusioni a cura di Marina Vizzinisi

Tutto il resto che vi interessa sapere lo trovate su: www.ondaitaliana.org

Pronto soccorso

Venerdì mentre cercavo di far scendere le belve a colazione, dopo averli più o meno fatti vestire a forza, e raccogliendo nel frattempo tutti i panni che strabordavano dal secchione di raccolta bucato, pensando a cosa gli avrei messo nei panini del pranzo e se non mi stava uscendo il caffé, che ancora una volta e mi ritrovo la guarnizione flambeé, mentre mi chinavo a raccogliere un calzino, ho dato una sopraccigliata/tempiata allo spigolo di un armadietto per terra in attesa di collocazione definitiva.

Per fotuna ero in camera e ho fatto subito ad affondare la parte lesa nel piumone disfatto ululando con "au, au, au" tutto il mio dolore.

In mezzo secondo Ennio era al mio fianco e mi massaggiava leggermente la schiena, come faccio io quando piangono, piano per non distrarli dal dolore, ma funziona.

"Cosa hai fatto?"
"Ho sbattuto contro uno spigolo" chiedendomi per un attimo se conosce la parola spigolo.

Si, la conosce, perché pensava intendessi quello della parete.

"Guarda un po', probabilmente sta uscendo in livido, giusto?"
Annuisce deciso ma incerto, e mi chiedo se conosca la parola livido. In realtà non era riuscito a dirmi che mi usciva del gran sangue. Poi me ne sono accorta perché mentre spegnevo il caffé, dopo aver sceso il bidone dei panni con lui che mi seguiva rccogliendo i pezzi sparsi (maledetti calzini spaiati), mi sono sentita lo sgocciolone che doppiava il crinale del sopracciglio.

E guardandomi nell specchio dell'ingresso non ho potuto fare a meno di apprezzare il mio look simil-duomo. Tanto fa l'enfiagione e il rivolo di sangue.

Sono stati bravissimi, hanno mangiato, non hanno urlato, hanno chiamato il padre prontamente accorso per infilarli nelle scarpe e nelle giacch e nei guanti che è sempre la fase più dur del mattino. padre che mi ha portato un cerotto già che c'ero.

E prima di uscire ritorna indietro Orso:
"Ti devo dare un bacetto sulla guancia".

Non ci sono neanche andata dal medico a farmelo incollare. Con un primo soccorso cme questo, mi terrò una bellissima, orgogliosa cicatrice. Voi quando me lo chiedete, fate finta di crederci che me la sono fatta in duello.

Cavolo, mi hanno pure lasciata in pace sabato quando avevo il mal di testa.

lunedì 18 gennaio 2010

Ascanio Celestini, La Rivoluzione

Una delle cose per cui rimpiango di non aver vissuto in Italia negli ultimi 15-16 è che mi perdo, o scopro in ritardo, tanti artisti che invece mi piacciono un sacco.

Insomma, io secondo i vostri parametri magari arrivo, ma prima Noi siamo gli asini, ascoltato per puro caso su un Cd della radio (e i miei figli che erano convinti che si trattasse di de André/Mercanti di Liquore e mi facevano: metti il numero 6, quello del gorilla), però dopo tutta la discussione di un paio di giorni fa sul fascismo, mi è piaciuto tanto l'intro di questa canzone, che vi dedico in una giornata grigia e noiosa.



E rimpiango tuttora di non aver mai avuto occasione di ascoltare Celestini dal vivo, ma conto di approfittarne appena possibile.

Assenze dal lavoro

Non avendo mai lavorato da dipendente in italia, perché me ne sono andata che ancora studiavo, non so con esattezza quale sia il trattamento per le assenze dal lavoro per, poniamo, matrimoni propri e altrui, funerali e fatti vari della vita.

In Olanda sia da scuola che dal lavoro ci sono delle regole precise: quelle dei funerali dipendono dal grado di parentela (per esempio per il funerale della nonna del capo i bambini hanno avuto un giorno libero da scuola e il capo dal lavoro.

Ora la cosa che mi suscita curiosità è questa: ma per andare alla ricorrenza della morte di Craxi, il ministro Brunetta che ci è andato, pare, a titolo privato, ha sacrificato un giorno di ferie o l'ha fatto in orario di lavoro?

No, è importante saperlo, anche considerando che un ministro, con quello che prende di stipendio, una sua giornata in cui va a spasso per conto suo invece di lavorare ci costa come collettività molto di più dell'impiegato che nella pausa pranzo va a fare la spesa e rientra tardi.

Sorvolando sul fatto che forse pure il volo gliel'abbiamo pagato noi.

Ripeto, un funerale di una persona che per te ha significato molto è un dolore privato. La maggior parte della gente lo fa nel proprio tempo privato.

Un funerale di stato, indipendentemente da quanto uno abbia conosciuto il defunto e dal dolore che la circostanza può provocare, è un impegno di lavoro.

Ma la ricorrenza di un latitante morto all'estero proprio per sottrarsi alla giustizia del proprio paese? (No, che prima di beatificarla mediaticamente la gente, ricordiamoci un attimo i loro precedenti). A me più privato di così non sembra, senza neanche entrare nel merito di quali piaceri privati possa concedersi un personaggio pubblico per coerenza sul suo ruolo (che dopo le minorenni, le escort e i trans non dovrebbe stupirci più niente e abbiamo dimostrato di avere lo stomaco per digerire di tutto).

mica è una polemica. Ma visto che sono anche le tasse mie che pagano lo stipendio a Brunetta, mi piacerebbe saperlo. E mi piacerebbe anche sapere che iniziative intende prendere nei confronti di quei due altri assenteisti che sono andati con lui. A meno che non ci siano andati nel tempo loro e a spese loro. Cosa di cui mi permetto di dubitare a meno che qualcuno non pubblichi le pezze d'appoggio del contrario, tanto di questi tempi si pubblica di tutto, metteteci per una volta il cuore in pace.

domenica 17 gennaio 2010

Trappole

Rientra il capo carico di valigette e valigione. Il nostro cuore esulta.

"Orso,"fa dall'ingresso "guarda che la giacca la devi appendere, mica puoi lasciarla qui per terra, quante volte tocca dirtelo?"
"Ma no, papà, quella è una trappola".
"Per farmi inciampare? Bene".
"No", sospira con il tono di quello che ha il padre deficente "è una trappola contro i ladri".

Orso Diga, futura star del genio guastatori.

venerdì 15 gennaio 2010

E il terrorismo nero ce lo siamo scordati? (per la serie: non ci siamo fatti mancare proprio niente)

Non è solo dall'anniversario di piazza Fontana, ma già sempre più spesso, a proposito e a sproposito, si cita la stagione degli anni di piombo. Questo non mi sorprende perché, per quanto all'epoca fossi bambina e vivessi nella provincia abruzzese sicura e tranquilla, persino io so che è un periodo della nostra storia recente con cui non abbiamo mai davvero fatto i conti.

Non abbiamo mai davvero fatto i conti con questo periodo, come non li abbiamo fatti con il fascismo grazie al rivolgimento di culo per cui quelli che ci venivano ad invadere per liberare il resto dell'Europa non allineato con il nazifascismo si sono invece ritrovati accolti da Alleati e liberatori e ci è voluta tutta la nostra ben nota paraculaggine italiana perché fosse questa la versione passata alla storia.

Con tutto che sappiamo benissimo, a volerci far caso, che questo processo di liberazione è stato tutt'altro che indolore, tutt'altro che semplice, tutt'altro che chiaro, ma semplifichiamoci la vita, gli alleati ci hanno liberato da sud, i partigiani da nord, e noi siamo tutti buoni e vittime del fascismo come il resto, che in quegli anni però ci combatteva.

Fa nulla perché siamo in ottima compagnia, l'Austria è un altro paese che con questo suo passato ha preferito non fare i conti e raccontarsi le storielle rassicuranti a cui con il passare del tempo credono tutti. Mica come la Germania, che ci hanno messo 50 anni a liberarsi di questa pesante eredità (che, lo ricordo, noi finché a Benito faceva comodo abbiamo condiviso), ma che con sudore, lacrime e sangue i conti li hanno fatti e chiusi come si deve.

In quest'ottica capite che delicatezza, che signorilità, che potenza argomentativa sia stato dare del kapò a Schulz. Questo lo dico perché un paio di sere fa Videocracy alla fine l'ho visto, e la faccia di Fini in quell'occasione è stata un poema. Che volendo ci dice pure tutto quello che sta succedendo oggi tra i due alleati. Ma meglio che non divaghi.

Ora, specie nell'anniversario di piazza Fontana, con tutta la cronaca duomistica che è seguita, a me sorprende come nessuno dei Soloni che ci ammaestrano abbia fatto lo sforzo di ricordarsi che la nostra stagione degli anni di piombo sia stata inaugurata dal terrorismo nero. Un terrorismo di cui ancora bisogna dire ad alta voce i mandanti, perché mandanti ne ha avuto. E i cui responsabili accertati non mi pare siano stati mai perseguiti dalla giustizia o linciati mediaticamente nella misura in cui, per usare un'espressione vintage dell'epoca, nella misura in cui, dicevo, è avvenuto alla controparte.

Vabbé, mi si dirà, ma quelli erano comunisti e per fortuna che S c'è a salvarci da oltre vent'anni dal comunismo. Peccato abbia iniziato all'epoca della caduta del muro di Berlino, il che mi ricorda un po' la trasformazione chimica invasore->alleato di cui dicevo sopra. Ma non stiamo a farne questioni di lana caprina.

Terrorismo rosso, terrorismo nero, se chiedi agli italiani chi abbia messo la bomba alla stazione di Bologna ti dicono per il 70% che sono state le BR. Che ti vuoi discutere.

Tutto questo mi sono decisa a scriverlo perché ieri alla libreria Fort van Sjakoo in cui sono entrata per la prima volta, dopo 15 anni di Amsterdam (e a cui dedicherò un post a parte prima o poi), ho trovato un librino in inglese, di tale Stuart Christie, intitolato: Stefano delle Chiaie, portrait of a black terrorist.

E meno male che esistono le lingue straniere e la capacità di leggersi, ascoltarsi, vedersi tutto quello che i media in Italia dimenticano di ricordarci, e noi poveri, con la memoria corta.

Adesso me lo leggo criticmente e vi saprò dire. Perché tra i miei infiniti difetti a suo tempo io ho pure seguito un corso monografico di storia contemporanea sul terrorismo e fa solo bene, a ventanni di distanza, ripassarsele le cose.

Vi traduco solo brevemente questa nota introduttiva a pag. 1:

"FASCISMO
Il fascismo è un movimento populista, collettivista e statalista opposto ai 'monopoli' capitalismo e comunismo. Sebbene il fascismo recluti proseliti da tutte le classi sociali esso attrae soprattutto la classe media in quanto sembra offrire una "alternativa al bolscevismo" e al contempo permette loro di mantenere i propri interessi ponendosi come la Terza Forza tra multinazionalismo e capitalismo di stato.
Il fascismo (corsivo mio) si nutre dell'insoddisfazione, del rancore, di un nazionalismo esagerato, dell'anticomunismo e del pregiudizio razziale: tutti elementi che fioriscono in tempi di insicurezza politica e sociale.
Il fascismo non ha mai prodotto un sistema razionale di idee e attrae particolarmente coloro a cui manca l'abilità critica, nel valutare una situazione e le proprie emozioni, di mettere insieme tutti i fatti e i fattori di rilievo; gente che o per abitudine o per inerzia è diventata completamente dipendente da altri per ottenere le proprie opinioni e che trova comoda e vantaggiosa l'obbedienza acritica all'autorità."

Vi ricorda qualcuno? No, per dire.

Per questo vi dico pure che a seguito di questo post per un po'di tempo i commenti anonimi manco li leggo, li cancello direttamente. Lo dico soprattutto alla mia mamma, che nel frattempo le ho spiegato come potrebbe commentare anche senza farsi un profilo, ma per stavolta ma', meglio soprassedere.

martedì 12 gennaio 2010

If winter comes

Oggi, nulla da fare, mi è toccato ritrovare le chiavi della bici latitanti da Natale, causa serie di appuntamenti in centro. E io che speravo di arrivare al disgelo evitando la bici. Meglio questo però che la pioggia, lo dico subito.

Mi sono persino truccata, ma il riguardo è finito lì. Con la pantacalza termica sotto i pantalonacci della tuta del capo, unica cosa che mi entra con dell'altro sotto, gli scarponcini viola con una punta di arancione, niente suola carrarmato purtroppo, ma caldissimi e comodi, maglione guanti sciarpa e cappello, vi dirò, si stava benone.

Sul selciato a mattoncini dei canali si sclittava parecchio sia in bici che a pidi che in macchina, ma in bici di più, mentre asfalto e piste ciclabili andavano ancora. Il Keizersgacht è ancora tutto ghiacciato, gli altri canali, vuoi perché ci passano i battelli, vuoi perché sono magari meno fondi o ci sono degli scarichi caldi, no, e le schiazze di ghiaccio, tra acqua e monnezzina, non troppo, mi piacciono meno di quella bella lastra liscia. Mi fanno disordine.

Bello e stancante questo giro d'inverno che mi ha costretta a ripassare le tecniche di guida di bici su neve imparate tanti inverni fa in Canada, e in seguito risultate utilissime anche in macchina, che i riflessi, si sa, restano.

Epperò. In questa giornata grigia, ma tanto grigia, di neve e di freddo, il crepuscolo tutto blu, con i lampioni gialli e il riverbero bianchissimo della neve hanno preso improvvisamente una pennelata di primavera quando sono passata vicino a un paio d'alberi in cui svariati stormi di uccelli vari hanno deciso di fare la tribuna elettorale.

E tutto quel cicche-e-ciaccolare fortissimo e assertivo, nela luce blu del crepuscolo, non so voi, ma a me da un senso da sera d'estate bellissimo.

O wind, if winter comes, can spring be far behind?

Mi sa che sta arrivando la primavera.

lunedì 11 gennaio 2010

Videocracy e politica: una discussione informale

Io non so se ce la faccio ad andarci, ma domani martedì 12 gennaio 2010, alle ore 20
a Pizza Taxi, Ceintuurbaan 121 Amsterdam ci si incontra informalmente per parlare di politica.

In tale occasione verrà proiettato anche il filmato di Videocracy, di Erik Gandini, che mi sembra un'ottimo spunto di conversazione.

Certo, se poi voi siete quelli che in pizzeria ci vanno solo quando c'è il maxischermo e le grandi partite di calcio, domani potreste almeno approfittarne per annusare l'ambiente, così poi alla prossima coppa del mondo avete già un posticino in cui rifugiarvi.

Non ringraziatemi, lo faccio per voi :-)

Vini d'Italia, prossima lezione

Domenica 24 gennaio, ore 17-18, presso la Scuola d'Italia , sint Janstraat 37, dietro il Dam (di fronte all'ingresso del garage dell'hotel Kransapolski).



Ci sono ancora 3 giorni (e 4 posti liberi) per iscriversi alla prossima lezione che terrò sul tema Vini d'Italia. Non so come sia successo, ma la maggior parte di chi si è iscritto finora vuole fare la lezione in italiano, quindi a seconda di quanti ancora si iscriveranno la seconda lingua sarà olandese o inglese.

Assaggeremo almeno 6 vini (ma ne arriveranno sicuramente ancora un paio, visto che Edy Tomasi, che ne importa di notevoli, ha detto che ci mette da parte un paio di bottiglie speciali) ognuno insieme a degli assaggini buonissimi, così non vi ubriacate subito a stomaco vuoto e alla fine fate ancora a tempo a rotolare nella distilleria storica del vicolo accanto per concludere la serata.

Quello che noto a questi corsi è come all'improvviso alla gente si apra il naso. Nel senso che a uno magari può anche piacere il vino, però nel momento in cui lo si invita a notare certe cose, come dire, è come se improvvisamente scoprissi delle capacità sensoriali del tuo corpo che prima ignoravi.

Insomma, chi può e vuole provarci, o chi ha ancora un regalo in sospeso, pensateci, io per altre 4 persone un posto ancora ce l'ho, e se si riuscisse a fare tutto in italiano, sai come ci divertiamo?

E i figli, se ha figli, sono distanti

sabato 9 gennaio 2010

Il mio lettor giovine


Perché è proprio vero che i bambini bisogna tirarli su da subito con l'amore per i libri. Soprattutto quelli con la copertina morbida.

venerdì 8 gennaio 2010

Dove andremo a finire? (ditemelo voi)

Mi scuso da subito perché so che questo è un post molto di pancia, ma spero di lanciare un paio di dubbi nella speranza che chi di voi che sa formulare meglio le cose a mente fredda e con praticità mi aiuti a capire le domande che vorrei farmi.

Che quando ci sono questi momenti tellurici sotterranei in genere è:
1) farfalle nella pancia e siamo felici
2) farfalle nella pancia del genere quinto mese + che è la vibrazione tellurica più bella che mi ricordi, sfortunatamente preclusa a non incinti
3) maledizione di Tutankhamon (e sceglilo meglio il ristorante, porca miseria, che l'uomo è tanto quello che mangia)
4) paura pura e semplice
5) paura del futuro che non riesco a spiegarmi logiamente ma mi fa paRura lo stesso.

Come vedete sono una persona semplice, in questo momento non me ne vengono in mente altre. Questo post cerca di definire l'oggetto di una vibrazione di tipo 5, e lo fa prendendola alla larga.

Ovvero. Mia madre, santa donna, si ritrovò decenni fa a dovermi spiegare il terrorismo. Come, quando, a che proposito non lo so più, ma mi disse: il problema è che uno può anche agire per ideologia, ingenuità, il desiderio tutto normale in una persona giovane di voler cambiare il mondo con le proprie mani. E fin qui va bene. Uno raramente comincia col dire: entro nelle BR perché ho una gran voglia di prendere un'arma in mano e gambizzare qualcuno (traduzione mia).

Però cominci a volantinare o organizzare un'assemblea studentesca e un po' alla volta, a piccoli passi, alla fine non sai neanche più come ci sei arrivato, ti trovi in un giro da cui non sai più come uscirne. E magari vorresti tanto uscirne prima che la spirale peggiori, ma ci sei dentro, sei ricattabile, o magari sai che ti fanno fuori direttamente, da una parte o dall'altra.

Ecco, a me il discorso dei cattivi maestri è quello che mi è rimasto più impresso di tutti. Perché tutto comincia con un piccolo passo di cui spesso non puoi prevedere l'esito.

Io per esempio (divagazione nr. 2) avevo iniziato un blog per mia mamma, mio fratello e un paio di amici lontani. Adesso le foto dei miei figli stanno sbattute ai 4 venti. È pericoloso? E che ne so. So che lo fanno un sacco di blogger. Che si mettono in piazza con la faccia e quella dei figli e tanti dettagli, che uno li scrive a pancia, un po' qua, un po' là, che te lo scordi, ma chiunque può metterli insieme ed entrarti in casa, volendo. Ho un sacco di amici che si rifiutano di mettere checchessia su internet. Non fanno nulla di male, ma i fatti loro sono loro.

A me sembra esagerato rifiutare facebook a priori. Come mi sembra esagerato rifiutare il telefonino a priori. O la gelatiera elettrica, a priori pure quella.

Epperò, rispondigli a chi la pensa così. Magari sotto sotto ti rendi conto che tutti i torti mica ce l'hanno.

Domanda quindi: se qualcuno ci chiedesse: tu i fatti tuoi privatissimi, a parte il confessore di turno, a chi li racconteresti? Nessuno dice: a cani e porci, ma poi è quello che facciamo.

Ora leggo di Roberto Cotroneo una bella osservazione sul fatto che mostrarci senza vestiti a un estraneo lo si fa a cuor leggero se l'estraneo lo fa nell'esercizio delle proprie funzioni e solo in quell'ambito. Sanitario, doganiere al body scanner, chi ci pare. E che il problema è che nessuno ci garantisce che fine faranno le immagini al body scanner.

E allora uno pensa a tutti i pezzetti di cazzi propri e privacy che cediamo per vanità, per paura, per ingenuità e fiducia nel mondo, per "tanto non ho niente da nascondere" (scusate, ho letto troppi thriller e Malausséne per non credere che chiunque mettendo insieme i puntini sparsi della vita di qualcun'altro nel modo sbagliato non riesca a disegnare un elefante invece di una pulce).

Penso a tutti quelli che vedono un blog come un nemico da abbattere. Penso a tutta la gente che deve sfogarsi su qualcuno, preferibilmente più debole o meno all'erta.

E poi penso a quante belle persone e cose mi sono capitate grazie a questo blog. E poi penso all'amico blogger che a un certo punto si ritrovava a ricevere tra i milioni d'insulti di gente frustrata, l'annuncio che gli avrebbero violentato la ragazza, e il blog l'ha chiuso.

E poi penso che ultimamente si dicono e si fanno tante cose che finiranno per chiuderci tutti in una casa di vetro con quattro serrature e buttata in fondo al mare, come fa il djinn delle Mille e una notte con la propria sposa di cui è gelosissimo, e io in fondo al mare nella cassa di vetro con le 4 serrature non è che mi divertirei e non sono neanche il tipo come la sposa del djinn, che alla faccia sua e della cassa lo ha comunque tradito con 100 uomini diversi da cui si è fatta dare l'anello ed ha cento anelli per vendetta.

E mi chiedo in quanti piccoli passi ci arriveremo e se esistono anche i passi indietro.

(E poi aggiungo, che non c'entra niente, Emma for president).

giovedì 7 gennaio 2010

Signore e signori, il Ricciotti Ensemble



Si, sono fatti così, l'orchestra più veloce del mondo. Arrivano, scendono di corsa dal pulmaan trascinandosi dietro gli strumenti, di corsa prendono posto e attaccano a suonare. E ne fanno di cose strane. Qui il concerto alla piscina Mirandabad di Amsterdam

mercoledì 6 gennaio 2010

Orso e la poesia della neve


"Mamma, il cielo ci ha fatto un regalo".
"Ah si?"
"Si, la neve".

Mia madre si sdilinquisce subito manco la nonna di Giacomo Leopardi. Anche perché a noi la neve piace, specie a vederla cadere da dietro un vetro.

Mai come oggi però. Mentre riportavamo Ada a casa ha iniziato a nevicare. Il tempo di arrivarci, 10 minuti e stavamo messi così:
.

Il tempo di deviare per lo zoo, perché la fila si era bloccata e stavamo messi così:

Un'ora e mezzo per fare 500 mt. in una strada stramega secondaria e tranquilla, e forse un po'troppa gente ha pensato la stessa cosa, devio per la strada tranquilla.

A quel punto orso si è addormentato sul sedile di dietro, la macchina condivisa che non tiene il minimo manco a morire si spegneva di continuo e a me veniva il patema che si scaricasse la batteria. Il vento soffiava, la neve cadeva e i pedoni e ciclisti tentavano ad ogni piè sospinto il suicidio, che sarà una deformazione amitudinaria, non dico di no, ma ciclista benedetto di dio, vuoi scendere e spingertela a mano quella bici che è un'emergenza, tu stai lì lì in equilibrio sui pedali e noi slittiamo come pazzi e non possiamo controllare un bel niente in questa fila a passo d'uomo paralizzato? che se ci finisci sotto ti fai un gran male, a parte che il resto della fila è la volta che ti lincia?

Chiama il capo:
"Stavo per partire ma segnalano 150 km. di code e tutte intorno ad Amsterdam".
"Resta dove sei e mandaci un elicottero per tirarci fuori".
Allora ho fatto molto bene a fare la stradina tranquilla, se non avevo Ada da riportare minimo minimo alle 15.30 salivo sulla tangenziale ed ero rovinata.

Rinnovo almeno due volte l'orario di riconsegna dell'auto, a un certo punto faccio le 19 così sto tranquilla.

Ecco, in un'ora e poco più saranno caduti almeno 15 cm. di neve, nel momento in cui mi appoggio al marciapiede per scaricare i miei, due auto a fianco tamponano e una si spegne e cerchiamo di spingerla sul marciapiede, e sotto è talmente ghiacciato che la povera ragazza cade di culo spaventosamente.

Però, lo ribadisco, la poesia della neve che cade al cader della sera, finché non sono in autostrada, l'apprezzo moltissimo.

Il capo che poi è partito, sta ancora in coda.

Domani speriamo che parta l'aereo di mia madre, ma anche se resta qui un altro paio di giorni non è che mi dispiace, mi sa che però lei ormai ne ha abbastanza e vuole casetta sua.

martedì 5 gennaio 2010

Odi et Amo

"Bambini, smettete di giocare al computer perché è ora di dormire".
"Aaaaaaaarrrghhhhhh". Gesù, l'aria continua a vibrare almeno 40 secondi.

Lo sollevo di peso mentre il fratello se la squaglia. Lui si appiccica alla poltrona e si dibatte.

"Benissimo vai subito a letto" mentre lo trascino sopra. Calma. Non farti provocare. Non farti mettere sotto. Fermezza e decisione. Ha cinque anni e secondo il libro che mi ha rivelato un paio di cose, gli stanno spallinando i livelli di testosterone, non è colpa sua.

"Pigiama, pipì, denti". Si dibatte, urla e protesta.
"Io dal mio letto urlo fortissimo, e poi vi sveglio a tutti".

Gli tiro giù i pantaloni e lo metto sedere sul water.
"Dai, fai la pipì" mentre gli tolgo i calzini e gli infilo i piedi nel pigiama.
"Noooooo".

Mi impiastro un po' a tirargli tre strati di magliette e maglioni in un colpo solo e prima di staccargli le orecchie torno indietro.
"Scusa. Prima il maglione, così. Adesso la maglietta di Star Wars. Adesso la maglietta a collo alto. Adesso il pigiama, bravo. Denti?"
"No".
"Va bene, non te li lavi. Però adesso vai a letto".
"Io odio tuttooooo. Odio tutti gli animali del mondoo. E ti odiooooo".
"Va bene amore. Senti, va bene, puoi odiarmi. Ma io non ti odio mai, io ti voglio bene anche se mi odi perché sei il mio bambino".

"E vado a dormire nel tuo letto".
Lo prendo per un ramo d'ulivo.
"OK. Vuoi lavarti i denti adesso?"
"Si".
OK ha funzionato. Un paio di anni fa mi crucciavo che non sapevo cosa pensasse questo bambino. Poi mi sono tranquillizata perché mi sono accorta comunque che sapevo cosa sentiva. adesso non so, mi sembra così trasparente. Al contrario del fratello che sembra me dodicenne, tutta una crisi di pianto.

I denti se li lava benissimo, mentre il fratello perfettamente impigiamato osa venire a reclamare la sua pipì.

Lo accompagno giù, al mio letto.

Di fianco c'è il padre schiantato un attimo con i vestiti e tutto. Gli rimbocco le coperte. Mi spupazzo gli ospiti che aspettano sotto imperturbabili, ci facciamo un sacco di risate, li riaccompagno e qualche ora dopo li recupero, tutti e tre nel mio letto. Ennio dal mio lato, dorme compostissimo. Orso con la testa incuneata sotto l'ascella del padre, quando cerco di tirarlo fuori scopro che il capo gli schiaccia tutto un braccino sotto di sé. Dormono come massi.

Me lo porto nel lettone degli ospiti perché è l'unico dei tre che posso portare di peso sopra, nel sonno mi abbraccia, dormiamo insieme. Poi lo sposto perché è caldo come una stufetta e scalcia via le coperte, che a me invece servono tutte.

Cavolo, io speravo che con i terrible two trascinatesi nei terrible three poi la faccenda si normalizzava. Mi salta fuori il testosterone.

Però povera stella, mi fa una tenerezza. E ribadisco, meglio questo che una figlia adolescente come me da giovane.

PS Per chi volesse chiarirsi i misteri della fragile psiche maschile in crescita, a me Crescere figli maschi di Steve Biddulph mi ha chiarito un paio di cose. Ha altre carenze, come no, ma aiuta. Peccato non faccia parola della crisi adolescenziale degli otto anni, però visto che quella si sta normalizzando un po' alla volta, vuol dire che mi arrangio da me.

lunedì 4 gennaio 2010

Mai prendere il tempo sul serio, ad Amsterdam (e spiego perché)


Ieri mattina giornata ideale per un giretto in città, che mia madre vuole dei pantaloni di lana tipo i miei e ci avviamo verso i saldi di Claudia Strater. Ce la facciamo a piedi sui resti di neve pesta fino al traghetto, poi per le vie del centro, poi ci incrociamo brevissimamente con la bloggerfamily italiana in visita. Tempo da shopping, niente vento gelido, non fa neanche poi troppo freddo, soprattutto non piove e quel po' di fanghiglia nevosa per terra in città si è sciolta quasi tutta.



Intanto cade qualche fiocchetto di neve, ma talmente scarso e sporadico che manco ci facciamo caso. Poi ci infiliano per i vicoli fino al ristorante preferito che è chiuso, 10 mt. dopo al ristorante preferito nr. 2 ma a mia madre non piace e si rifiuta di entrarci, scegliamo un Thai a caso in Nieuwmarkt e gia mi rode, perché basta leggere la carta per capire che ci danno le stesse cose surgelate dell'altro al doppio del prezzo e il tizio al bancone non è Thai, ma sembra proprio della razza: voglia di lavorare saltami addosso, parla al telefonino, non ci caga, ci porta un'ordinazione senza riso e si meraviglia quando dopo averla guardata raffreddarsi per un po' glielo chiediamo e sospirando lo aggiunge all'ordinazione dal megaterminal dietro al bancone.


Poi è un Thai di quelli moderni minimalisti, piastrelle in finta ardesia grigia al pavimento, pannellature quadrate di fintapelle alle pareti, grigie in una sala, rosse nell'altra, tavoli laccati grigio antracite e placemat di paglietta lurida e sfilacciata, un locale che sarà il tipo antipatico al bar, ma mi dà tutta l'aria di quei posti messi su per riciclre soldi sporchi, come ce ne sono tanti. E la maniglia del bagno che ti resta in mano e potresti restarci intrappolata dentro.

Il bello è che il cibo non è che sia meno commestibile della trattoria delle signore, ma è la sensazione di essere finita in una trappola per turisti (e il rodimento che uno rifiuti di andare nel localino che io so per certo che ci mangio bene) che mi rovina il pranzo. Per dire il potere dell'immaginazione, che il locale è vuoto vuotissimo e solo dopo scopro che c'è un'altra sala dietro piena di gente più soddisfatta di me e mi rassicuro.

Però mentre mangiamo la nevicatina indecisa di poco fa, con il palazzo delle Pesa pubblica sullo sfondo che è sempre un bello sfondo con qualsiasi tempo, diventa sempre più decisa, con a un certo punto dei fiocconi enormi che cadono lentissimi. Il tempo di mangiarci una zuppetta e un antipasto in due e la piazza è tutta ricoperta.

Io propongo una metro alla vecchia madre stanca con ginocchio che protesta (che se non era il ginocchio col cavolo che entravo in quel ristorante lì, che 200 mt. dopo c'è n'era una sfilza dei miei preferiti), lei invece vuole camminare nella neve e ci facciamo tutta la Zeedijk (quella della prima foto) a piedi, sulla strada perché è meno scivolosa del marciapiedi e una ciclista a momenti ci mette sotto ma è anche l'unica su ruote che passa.

Ce la facciamo a piedi fino a casa e per allora, in 10 minuti la nevicata è finita, scendiamo dal traghetto e sullo stradone dove passano più macchine anche l'asfalto è di nuovo nero e compassiono quei turisti italiani da tossico-tour che abbiamo incrociato mentre pronunciavano la parola 'spacciatori' all'inizio di Zeedijk, ma che in effetti erano disperati all'idea di doversi trovare un riparo, e la coppia americana peraltro giovane di cui lui con tono deciso ha detto: "torniamo immediatamente in albergo".

Perché queste variazioni di tempo repentine ad Amsterdam non vanno prese così sul serio da decidere di tornare al rifugio: basta entrare in un baretto e prendersi una cioccolata calda, o farsi un giro di shopping in uno dei grandi negozi e per quando sei uscito la precipitazione è rientrata e con un po' di culo splende pure il sole o forse no.

Viceversa, quando ti svegli e vedi una di quelle giornate smaglianti che ti dici: oggi è proprio da farsi un bel giretto a piedi in città, portati una sciarpa ed un ombrello che non si sa mai, e non vorremo mica star lì a farci influenzare dai capricci del tempo in questo paese ventoso, altrimenti faremmo prima a ritirarci nelle catacombe e seguire la vita esterna da una telecamera fissa.

La fregatura di mia mamma è che dopo averci azzeccato di cappotto, guanti e cappello, nell'indecisione alla fine non si è portata le scarpe più pesanti, il che, ribadisco: portatevi delle belle scarpe solide, comode e antipioggia, che i tacchetti sui sampietrini si scrostano.

domenica 3 gennaio 2010

Sono un fenomeno a letto!



Io di marketing devo sempre averci capito poco.

Pattini d'argento e altre storie di neve e dune



Basta, persino la mia pigrizia circum-festiva (prima, durante e dopo) ha un limite, specie se in casa ho due bambini che da soli non escono e che passano il tempo a litigare su chi ha giocato mezzo secondo in più al computer.

Sciò, tutti a portare a spasso le pulci oggi che c'è il sole. E con nonna e nipoti siamo partiti con il seguente programma: prendere il latte dal contadino, andare al parco delle duen a Vogelezang, vicino Haarlem, nella zona dei bulbi, e finire in bellezza inugurando i pattini nuovi alla pista su ghiaccio di Haarlem. Dixi, feci.

Nei villaggetti fuori Amsterdam i fossi sono tutti ghiacciati, povera barca intrappolata. Pochi metri prima avevo visto davanti una casa due bambini imbacuccati e impattinati mentre la madre scendeva cautamente sul fosso a saggiare il ghiaccio.

Mi sono fermata: "Che dice, tiene il ghiaccio?"
"Si, ma ci ha nevicato sopra ed è tutto irregolare, pieno di bolle".

Se me lo dice la madre esperta, che io quel tanto di portare la nonna a comprare i pattini prima di Natale ce l'ho fatta, ma personalmente non ci capisco niente, meglio proseguire per la pista.

A Heemstede abbiamo affrontato il parco delle dune da un'ingresso secondario, quello della Leyduin, dove non si paga l'ingresso come a quello principale a Vogelzang. A quello principale ovviamente c'è il caffé che fa le frittelle sempre strapieno, e i giochetti per bambini all'esterno, per cui non si entra mai, e l'abbiamo evitato questa volta.


L'obiettivo era quello di cercare di vedere i cerbiatti, ma un po'non ci siamo addentrati più di tanto tra le dune (saggiamente, perché dopo 200 mt. Orso ha iniziato a lamentarsi dei piedi freddi e voleva tornare ed ha dichiarato che non ci sarebbe venuto mai più.


Ennio invece non voleva andarsene prima di vedere i cerbiatti e quando abbiamo girato per tornare da un altra strada si è offeso e ha dichiarato di non voler tornare mai più.

A me cominciava a venire da fare la pipì. Insomma, è stato bello finché è durato.

E allora ce ne siamo andati al complesso sportivo, dove dal ristorante si vedevano i campi di hockey su prato e pallamano e dove ci siamo sbafati un quantitativo impressionante di toast. Ennio mi ha stupito con effetti speciali perché un paio di ordinazioni è andato a farle lui da solo al bano, cosa che ancora quest'estate si vergognava a fare. Crescono, madonna se crescono, me lo faceva osservare stamattina mia madre, che con Ennio da quando è nato ha un rapporto privilegiato, ed improvvisamente stavolta lo ha visto fare benissimo a meno di lei.

Poi siamo usciti per andare alla pista, ma visto me mancava un'ora scarsa alla chiusura ho rinunciato ad affittarmi un paio di pattini per me. L'anello esterno era per chi si allenava alla velocità, tutti in circolo ognuno alla sua velocità, alcuni con i pattini a cerniera che si sono inventati alcuni anni fa per migliorare la velocità.

Al centro invece, raggiungibile dal sottopassaggio, c'era di tutto, ma soprattutto bambini e genitori. Ragazzine che piroettavano, bambini piccoli e piccoilissimi e tutti a caccia del magico cancelletto di metallo per reggersi. A un certo punto una signora un po' anziana mi ha fatto cenno che mi avrebbe ceduto il suo se la seguivo alla panchina dove aveva le scarpe.

E questo ha salvato Ennio. Perché i bambini sono già stati un paio di volte a pattinare con la scuola o il doposcuola lo scorso anno, però mentre Orso ha i pattini da principiante, quelli a lama doppia che si attaccano direttamente alle scarpe che hai, ennio per la prima volta ha dovuto arrangiuarsi sulle lame singole, che sono difficilissime.

Dopo un giro però ha preso confidenza, ha cominciato a stare meglio in equilibrio ed ha ceduto l'aggeggio al fratello.



Alla fine hanno preferito tutti e due andare a fare a palle di neve con altri ragazzini al mucchio dove accumulano la polvere spazzata via dalla macchina di volta in volte, ed io ho scoperto come regolarmi i pattini di Ennio (misura 38-41) sul 41 e tentare di fare un giro. Ho rinunciato subito, perché come ho visto che era successo a lui, abituare le caviglie a star dritte sui pattini non va da sé e erano ormai gli ultimi 5 minuti di apertura, troppo tardi per recuperare un cancelletto e provarci seriamente.

Per fortuna le previsioni del tempo annunciano freddo, si parla già persino di un inverno da Corsa delle 11 città, la famosa gara di pattinaggio in Frisia che si fa solo se si è stati 11 giorni almeno sotto zero e il ghiaccio è solido. Ogni inverno tutti aspettano con ansia questa botta di freddo, ma non succede più tanto spesso.

Fosse la volta che imparo anch'io a pattinare.

venerdì 1 gennaio 2010

Glossario aquilano contemporaneo

Grazie a Marcello per avermelo passato, l'originale lo trovate quiGLOSSARIO parte 1

SFOLLATO, agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di sfollare].
Genìa strana, promiscua, di difficile intelligenza e dai costumi incerti. Nei bestiari medievali non trova allocazione, e nelle liste di Linneo compare come allucinata perversione del genere: di ridotta umanità, perspicacia e capacità, si distingue per una sorta di reductio absurda del principio intellettivo, quasi che in essa permanga attiva solo l’anima vegetativa, e tutto il resto si trovi trasformato in una sorta di apparato provvisorio, privo di rizomi, insomma tale che l’intero organismo si presti ad un pronto e rapido travaso, alla sistemazione, temporanea o più o meno stabile, in terreni diversi per natura e qualità. È esempio classico di arrendevolezza e indecisione (disposto a tutto pur di non avere più nulla a cui pensare). Esposto al gelo, non si lamenta; tormentato dal solleone estivo, di tanto in tanto invoca sommessamente un condizionatore.

TERREMOTATO, agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di terremotare].
Specifica della v. precedente. Sottogenere. Dei tanti sfollati possibili, per fame o carestia, per diaspore politiche, guerre o stragi varie, lo sfollato terremotato rappresenta l’esemplare più invidiato e ricercato dagli amministratori per la sua versatilità. Salutarmente privo di nerbo politico, reso ancor più arrendevole da mesi di permanenza in tenda, in albergo o in “autonoma sistemazione” (v.), può efficacemente essere esibito come dimostrazione vuoi dei successi, vuoi degli insuccessi dei governanti di turno. È antica e irrisolta questione la possibilità di attribuirgli responsabilità giuridica e autonomia decisionale. Purtuttavia i Padri della Chiesa gli riconoscono un’anima. Ma che sappia cosa farne, è cosa dubbia.

SINDACO TERREMOTATO, s.m. + agg.
Tipico del teatro d’antàn, evoca il passato glorioso degli scavalcamontagne delle scene italiane, di cui però perpetua l’aspetto meno eclatante e discutibile. Sostanzialmente è un generico con tendenze di promiscuo che, alla maturità degli anni, si prova a passare prim’attore e capocomico. Salto non sempre coronato da successo, per la storica incapacità del ruolo di esercitare sugli altri comprimari una qualsiasi autorevolezza. Di maggiore presenza nei drammi pirandelliani come alter-ego del “brillante”, con cui spesso intreccia un fitto dialogo fatto di impossibilità espressive e linguistiche, contorna le sue rare tirate di amletica incapacità, di cui si pasce. La progressione del ruolo è tratteggiata nella linea che da “Ma non è una cosa seria” corre fino a “Questa sera si recita a soggetto”, passando per “Il gioco delle parti”… Col celeberrimo “Il sindaco del rione Sanità” di Eduardo, si eclissa. Dubbio il tentativo di alcuni autori contemporanei di resuscitarne le funzioni, frazionando il personaggio in aspetti prismatici e poco complementari come, appunto, il sindaco, il presidente del consiglio di amministrazione, l’onorevole, il medico ecc. Coinvolto in questo gioco, si rivela sempre più vittima della sua origine di coadiuvante e deuteragonista, poco incline al passaggio al ruolo maggiore di antagonista o oppositore.

CAPO, s.m., della PROTEZIONE CIVILE (v.)
Figura sostanzialmente nuova, di derivazione indubbiamente cinematografica, unisce in sé caratteristiche che vanno da Robin Hood (in particolare quello di S. Connery, vicino alla pensione) ad Indiana Jones: come il primo, ama passeggiare nel suo bosco privato, trasformato per esigenze di scena in tendopoli; come il primo è spesso introvabile, inattaccabile, preciso e funzionale. Del secondo ha la immediata intelligenza filmica della situazione, il gusto dell’apparizione “al momento giusto” e la capacità di operare scelte che, quantunque discutibili, restano comunque irrevocabili e costituiscono il motore dell’azione a venire. In tal modo rilancia sempre al massimo il suo futuro. Sostiene nella drammaturgia il ruolo fondamentale di chi ispira fiducia e dispensa buoni consigli. La sua semplice apparizione dona sicurezza e tranquillità, che elargisce volentieri e a piene mani. Coltiva una non segreta vocazione umanitaria che potrebbe, un giorno, farlo approdare ad una “missione impossibile” africana, ultimo (per ora) atto della serie che lo ha reso celebre: “Alla ricerca dell’inceneritore perduto”, “Il capo della Protezione Civile e l’ultimo terremoto”.

C.A.S.E.
Acrostico con probabile finalità apotropaica, compare enigmaticamente in terre devastate da terremoti. Gli etnologi lo leggono in funzione del classico processo di “destorificazione del negativo” tipico del mondo magico. Simile al “breve” che ancora in Abruzzo si tramanda (S. Pio delle Camere), può essere esibito come progetto di allontanamento del male. I latinisti preferiscono leggervi una traslitterazione del “caseus abundeat semper eis”, beneaugurante e diffuso motto per gli sposi novelli, dal sottile richiamo fallico. Per altri, andrebbe sciolto tenendo conto del sistema di classificazione delle abitazioni colpite da sisma, alla più gravemente lesionata delle quali si attribuisce la lettera “E”. Dunque, CASA “E”, ovvero per crasi CAS’ “E”. Ma anche “CASA È”, dal grido di dolore degli abitanti de L’Aquila al vedersi abbattute senza appello né preavviso le abitazioni in cui risiedevano prima del sisma. Ultimamente, alcuni dialettologi propongono di leggere che a esse è, indicante un generico difetto di proprietà di un immobile, comunque tale da giustificare l’allontanamento forzoso dell’occupante il bene stesso. Sottilmente, uno storico contemporaneo ne propone l’integrazione con il motto della città dell’Aquila (dove per primo l’acrostico è comparso): P. H. S. // IMMOTA MANET // C.A.S.E.! che decifra come “La Protezione Civile (Publica Salus) resta ferma qui (Hic Immota Manet), con loro grande soddisfazione (Cum Amplissima Satisfactio Eorum)”, nel che si può leggere un velato richiamo ai costi dell’operazione Abruzzo nel 2009. Tuttavia l’interpretazione ha avuto scarso seguito. Più coerente appare l’ipotesi del frazionamento ad uso esclamativo o declamatorio, per scandire il vocabolo nei cortei di protesta dei senzatetto: C.A.S.E., C.A.S.E., ecc.”

AUTONOMA, agg., SISTEMAZIONE, s.f.
Elegante e colto richiamo all’antica arte di arrangiarsi, indica coloro che sanno spesso fare di necessità virtù. Il soggetto è in “a.s.” quando, né richiuso nelle tendopoli, né ospite forzato di una stanza d’albergo, pur di non disturbare riesce a scomparire nel nulla, evitando di essere compreso in liste, graduatorie, classificazioni o stime ufficiali. Capace di moltiplicare i pani e i pesci, perennemente in equilibrio instabile tra il biblico e il leggendario, l’autonomo-sistemato finisce spesso per vivere in un mondo solipsistico e debole, una provvisoria bolla di sapone che si frange poeticamente contro l’inevitabile durezza del reale. Assuefatto a equilibrismi e prestidigitazioni, non reagisce quando diventa egli stesso oggetto di esperimenti da baraccone; se, ad esempio, il Capo della Protezione Civile volesse gratificarlo di un 700 o 800 – facciamo per dire – euro, ecco che egli, modestamente, non potrebbe accettarne più di 100, o al massimo 200. Coltiva privatamente una sua vaga incertezza, una trasparenza sfumata ed impossibile, tanto che in fondo è il primo a dubitare della sua stessa esistenza.

Capodanno a Nieuwmarkt



Allora, la bloggerfamily italiana è arrivata e siamo andati a prenderli in campeggio.
Come i re magi sono arrivati carichi di oro incenso e mirra in forma di salsicce, soppressata e cesto di robine buone. Prego di notare la sciccheria della salsicciona in forma di stella.

Abbiamo mangiato a casa e abbiamo saltato d'ufficio i fritti (che le frittelle ce le siamo sbafate a colazione con il capo, io farcite di soppressata e lui di miele e stasera ci riproviamo che i topinambur aspettano). Spedito i figli a letto, orso ha dormito e poi ha fatto una fatica bestia a svegliarsi, Ennio ha finto, ma poi è tornato a farsi fare le coccole.



Arrivati in macchina in centro, parcheggiamo sotto lo Stopera insieme a un numero infinito di francesi, del genere ex-coloniale, tutti in ghingheri che fa un bel vedere, ma casinisti al massimo. E nessuno trovava la scalinata di uscita dal parcheggio perché ce n'era aperta solo una. Una claustrofobia, con Ennio in piena rottura adolescenziale che quindi cammina, balla, non sta in fila, ho sempre il patema che una macchina parcheggiante se lo ficchi sotto, e Orso non ancora del tutto sveglio che si fa tirare per mano.

Usciamo dal lato del'Amstel, con la torre della zecca bella illuminata a distanza e lì Orso parla e capiamo che si è definitivamente svegliato.

Quanto mi iace questa parte vecchia della città tra i vecchi valli difensivi del porto, il Kloveniersburgwal, l'Oudezijde d'innanzi e quello di dietro. Abbiamo risalito l'Oudezijde voorburgwal fino alla Damstraat che in quel punto in realtà ha un'altro di quei bei nomi medievali. I nomi medievali della parte di Amsterdam intorno al porto, la pesa e piazza Dam, con come mio culmine preferito la Wijde Lombardsteeg e la Enge Lombardsteeg proprio intorno alla Borsa, e ci stanno tanto bene.

Perché in parecchie lingue del nord, tra cui il polacco, il lombard non è uno che vota lega, ma quello che presta soldi a pegno (sempre strozzini sono). Noi intanto arriviamo a Sint Jan e depositiamo le borse in ufficio, e poi via per i vicoli fino a Nieuwmarkt, dove il figlio preadolescente viene introiettato attraverso un vicolo di signore in vetrina, con il padre che gli fa i paraocchi (povero figlio, che non aspettava altro, chissà quante ne avrà da raccontare agli amici).

"Ma chi sono quelle donne?" fa Ennio con il suo ben noto spirito scientifico che mi fa sempre le domande.

Coerenza, ci vuole coerenza nelle risposte, visto che è il secondo capodanno di seguito che passiamo per quel vicolo per vedere i fuochi.

"Lavorano. Stanno lì per farsi vedere. In un certo senso, fanno la pubblicità ale mutande" che uno potrebbe dirmi: ma se fai così fatica e ti tocca quasi mentire a tuo figlio per spiegarglielo con concetti già noti, che ce lo porti a fare per il secondo anno consecutivo?


Perché la logistica Capoddanizia al centro vecchio di Amsterdam più di tanto non consente, e i fuochi al Nieuwmarkt ne sono davvero valsi la pena. L'anno prossimo giuro che ritrovo per tempo le chiavi della bici, che mi latitano da almeno dieci giorni e lo so che mi sono scomparne nella furia di riordino apparente prima di Natale, ecco, il prossimo nno ci andiamo in bici, sempre almeno che il traghetto passi, che non si capiva se passava quello principale sempre e comunque, o se avrebbe ripreso dopo le due come tutto il trasporto pubblico.

Comunque data la splendida idea di trasferire i festeggiamenti di Capodanno dal Dam alla piazza dei Musei, in centro c'era meno ressa dgli altri anni, e sia noi, che i rgazzini francesi ben vestiti e con la porporina nei capelli che abbiamo reincrociato rientrando al parcheggio, ce la siamo proprio goduti.

Così spero anche di voi.